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Caratteristiche principali dell'emissione di galassie ellittiche

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Sommario

Fin dalla loro scoperta, le galassie ellittiche hanno sempre suscitato grande curio-sit`a da parte degli astronomi, in quanto strutture dotate di dinamiche alquanto complesse. Spesso considerate meno affascinanti delle galassie a disco, esse vanta-no molteplici caratteristiche di carattere morfologico e radiativo; vanta-noi le osserviamo sulla Terra e fuori dall’atmosfera con ogni tipo di strumento, dato che tutto lo spettro elettromagnetico ne testimonia la presenza e, in molti casi, la piena atti-vit`a nucleare.

Obiettivo della presente dissertazione `e fornire una panoramica generale riguar-do le forme di emissione delle galassie ellittiche, approfondenriguar-do particolarmente i meccanismi principali e le modalit`a fisiche. Inizialmente vedremo brevemente come queste galassie vengono classificate e le leggi empiriche che ne descrivono alcuni importanti parametri osservativi; successivamente analizzeremo separata-mente le tre bande (Ottica, X e Radio) in cui l’emissione `e prominente, soffer-mandoci sui relativi meccanismi dominanti (rispettivamente: emissione di Corpo Nero, Bremsstrahlung e Sincrotrone) e le peculiarit`a.

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Indice

1 Cenni generali sulle galassie ellittiche 1

1.1 Classificazione . . . 1

1.2 Leggi fondamentali . . . 2

2 Caratteristiche dell’emissione di galassie ellittiche 4 2.1 La banda ottica . . . 4

2.1.1 Radiazione di Corpo Nero . . . 5

2.2 La banda X . . . 7

2.2.1 Radiazione di Bremsstrahlung . . . 8

2.3 La banda radio . . . 11

2.3.1 Radiazione di Sincrotrone . . . 13

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Nella nostra galassia ci sono quattrocento miliardi di stelle, e nell’universo ci sono pi`u di cento miliardi di galassie. Pensare di essere unici `e molto improbabile. Margherita Hack

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Capitolo 1

Cenni generali sulle galassie

ellittiche

Figura 1.1: Galassia ellittica M86

Le galassie ellittiche sono sistemi stella-ri dal contenuto estremamente esiguo (se non inesistente) di gas interstellare fred-do (CNM, Cold Neutral Medium, utile alla formazione di nuove stelle) e polvere. Le stelle nella maggior parte di tali galassie si trovano in stadi vitali molto avanzati, tan-to da avere et`a confrontabili all’et`a dell’U-niverso: ci`o `e consistente con l’assenza del sopracitato CNM. Per questo motivo que-ste galassie sono contraddistinte da un co-lore rossastro, dovuto al fatto che la

mag-gior parte delle stelle che le popolano sono rosse; tramite i telescopi X inoltre `e stato possibile scoprire la presenza di un buco nero supermassiccio al centro di questo tipo di galassie. A titolo puramente indicativo, le dimensioni di tali galassie possono raggiungere i 100Kpc ed ospitano da 109 a 1012 stelle, ossia dalle

109 alle 1013 masse solari.

1.1

Classificazione

La classificazione generale morfologica delle galassie pi`u comunemente accettata `e quella proposta da Edwin Hubble nel 1926: egli suddivise le galassie in ellittiche, spirali, lenticolari (o S∅) ed irregolari. Nel caso di nostro interesse, le galassie ellittiche si distinguono a loro volta in otto categorie identificate dalla lettera E seguita dal numero  (moltiplicato per 10) che rappresenta l’ellitticit`a, definito

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dalla formula:

 = 1 − semiasse minore semiasse maggiore

Si va dunque dalla classe E∅ di oggetti perfettamente circolari alla classe E7 di oggetti schiacciati e oblunghi (non sono mai state individuate galassie con  superiore a 0.7). Dal punto di vista delle dimensioni e della luminosit`a, `e possibile suddividere le galassie ellittiche secondo un’altra classificazione:

• Ellittiche Normali. Esse includono le ellittiche giganti, quelle di lumino-sit`a intermedia e le ellittiche compatte.

• Ellittiche Nane (dE). Esse hanno brillanza superficiale e metallicit`a molto inferiori rispetto alle compatte.

• Ellittiche cD (supergiganti diffuse). Estremamente grandi e luminose, si trovano solo nei centri degli ammassi di galassie.

• Ellittiche Nane Compatte Blu (BCD). Come suggerisce il nome, esse sono di colore pi`u blu rispetto alle altre ellittiche e presentano un maggiore contenuto di gas freddo.

• Ellittiche Sferoidali Nane (dSph). La luminosit`a e la brillanza superfi-ciale sono molto basse, e ci`o ha permesso di osservare solo quelle del Gruppo Locale (nei dintorni della Via Lattea).

1.2

Leggi fondamentali

Per quanto riguarda il comportamento dei parametri fisici delle galassie ellittiche, essi obbediscono ad alcune importanti leggi: il profilo di brillanza di De Vaucou-leurs e le leggi di Faber-Jackson e Kormendy.

Alla fine degli anni ’40, G`erard De Vaucouleurs scopr`ı una invarianza di scala tra i termini I(R)I(0) e RR

e, dove I(R) rappresenta l’intensit`a ad una distanza R dal

centro della galassia, I(0) l’intensit`a al centro e Re il raggio effettivo entro cui `e

emessa met`a della luminosit`a totale della galassia. Quest’ultimo `e definito dalla relazione: L 2 = Z Re 0 R I(R) dR

dove L `e la luminosit`a totale della galassia ellittica. Per mezzo di questa relazione, l’astronomo ricav`o la Legge di De Vaucouleurs, valida per la maggior parte delle galassie ellittiche:

I(R) = I(0) e−b(R/Re)1/4

in cui, empiricamente, b ≈ 7, 67 (figura 1.2). 2

(11)

Figura 1.2: Profilo di brillanza di una galassia ellittica (punti neri) e profilo di De Vaucouleurs (linea rossa)

Circa trent’anni dopo (1976), Sandra Faber e l’allora assistente Robert Jackson determinarono un’importante legge astro-fisica che porta il loro nome: la Legge di Faber-Jackson stabilisce infatti che

L ∝ σ∼4. (1.1)

Il significato sta nel fatto che nelle galas-sie ellittiche la luminosit`a totale `e correlata alla dispersione di velocit`a σ elevata alla (circa) quarta. Esso costituisce un buon metro delle distanze: una volta individua-ta una galassia ellittica, se ne misura la σ, quindi la luminosit`a L ed infine, per mezzo della magnitudine, si risale alla sua distanza. Tutt’ora la Legge di Faber-Jackson `e confermata dagli strumenti pi`u avanzati.

L’anno successivo (1977) l’astronomo John Kormendy stabil`ı la seguente legge empirica, nota come Legge di Kormendy:

L ∝ R∼1e . (1.2)

Nonostante Re sia apparentemente variabile (a differenza di σ che `e intrinseca),

`e comunque possibile calcolare la distanza degli oggetti per mezzo del parametro

L R2

e, detto ”Brillanza assoluta superficiale”, invariante della distanza.

Negli anni ’80 infine, il metodo della PCA (Principal Component Analysis) de-termin`o la correlazione di soli tre parametri fisici per le galassie ellittiche: L, σ e Re. Essi sono legati nella famosa equazione del Piano Fondamentale:

α logL + β logσ + γ logRe = costante.

Questa legge, rappresentata dall’equazione di un piano in tre dimensioni molto sottile (lo ”spessore”, ossia l’errore, `e del 5%), altro non `e che una proiezione tridimensionale delle leggi di Faber-Jackson (1.1), di Kormendy (1.2) e della re-lazione Dn-σ (tra il diametro fotometrico Dn e σ) studiata nel 1987 da Alan

Dressler. La correlazione tra i tre parametri stabilisce che le galassie ellittiche sono sistemi estremamente regolati tra loro (sulla struttura, la cinematica e le popolazioni stellari); dunque la formazione di questi oggetti deve essere stata un processo ”speciale”: maggiori sono le dimensioni degli oggetti, pi`u numerosi sa-ranno i possibili modi di formazione, e dunque il Piano Fondamentale tende a dilatarsi (rispetto a quel 5% sopracitato).

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Capitolo 2

Caratteristiche dell’emissione di

galassie ellittiche

2.1

La banda ottica

Figura 2.1: Spettro ottico di una galassia ellittica

L’emissione in banda ottica, pi`u vicina alla nostra esperien-za diretta (e che caratterizesperien-za anche il colore visibile della ga-lassia), `e dovuta ad alcuni fat-tori determinanti. In primo luogo, lo spettro elettromagne-tico tipico di una galassia el-littica ha una conformazione causata dalla sovrapposizione di tutti gli spettri delle singole stelle, ossia spettri di Corpo Nero. Come `e noto, le stelle possiedono uno spettro elettromagnetico approssimabile alla radiazione di Corpo Nero, alla quale ven-gono sovrapposte numerose righe in assorbimento (mentre quelle in emissione sono quasi inesistenti): ci`o costituisce la differenza principale in banda ottica tra galassie ellittiche ed a spirale (queste ultime presentano un maggior numero di righe in emissione, in particolare per l’Idrogeno e l’Elio). In secondo luogo, l’et`a avanzata delle stelle plasma la forma dello spettro: la stragrande maggioranza delle stelle di una galassia ellittica si trova in et`a estremamente avanzate (Gigan-ti Rosse), perci`o l’emissione `e maggiore a lunghezze d’onda maggiori, a differenza delle spirali, ricche di stelle giovani (classi O, B), per le quali lo spettro `e pi`u intenso nel Blu. La presenza di stelle vecchie grava inoltre sulla composizione chimica: `e alta infatti la metallicit`a, cio`e l’abbondanza di elementi pesanti, che

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causa un break spettrale intorno a 4000˚A ed alcune righe (in particolare Calcio e Magnesio); l’esplosione di Supernove di tipo Ia libera invece il Ferro.

2.1.1

Radiazione di Corpo Nero

Figura 2.2: Spettro di Corpo Nero in funzione della lunghezza d’onda

Un Corpo Nero, principale responsabile dello spettro di emissione delle galassie el-littiche in banda ottica, `e un oggetto idea-le che assorbe tutta la radiazione incidente aumentando la propria energia termica in-terna e riemette radiazione in maniera iso-tropa. Il potere emissivo (λ) del Corpo Nero uguaglia il suo potere assorbente µ(λ) ad ogni lunghezza d’onda λ, secondo l’e-quazione (λ) = µ(λ) = 1 (la condizione `e di equilibrio termico); ad una fissata tem-peratura, il Corpo Nero `e quello con il pi`u alto potere emissivo possibile. Vale inoltre la Legge di Kirchhoff:

J (ν) = µ(ν) B(ν, T )

che lega l’emissivit`a specifica J (ν) con il potere assorbente e la Brillanza Su-perficiale B(ν, T ) ad una data temperatura T e frequenza ν. La formula della Brillanza Superficiale di Corpo Nero viene chiamata Legge di Planck: essa pu`o essere espressa in funzione della frequenza

B(ν, T ) = 2hν 3 c2 1 ekThν − 1 [W m−2sr−1Hz−1] (2.1) oppure della lunghezza d’onda

B(λ, T ) = 2hc 2 λ5 1 eλkThc − 1 [W m−2sr−1µm−1] (2.2) dove compaiono la costante di Planck h = 6.626 · 10−34J s, la costante di Boltz-mann k = 1.38 · 10−23J K−1 e la velocit`a della luce c ≈ 3 · 1010cm s−1. Entrambe le formule danno origine ad un grafico (figura 2.2): `e importante ricordare che le curve di corpi a temperature diverse non si incrociano mai, ed anche che i massimi in funzione della frequenza non coincidono con quelli in funzione della lunghezza d’onda (λmax· νmax 6= c); ci`o significa che, aumentando la temperatura, il picco

della ”Planckiana” in frequenza si sposta verso energie (e brillanze) maggiori, mentre lo stesso in lunghezza d’onda si sposta verso valori di λ tendenti a 0.

(14)

Prendendo in considerazione l’equazione in frequenza (2.1), vi sono due approssi-mazioni della stessa a seconda che ν → 0 oppure ν → +∞: nel primo caso (bassa energia fotonica, hν  kT ) vale l’Approssimazione di Rayleigh-Jeans

B(ν, T ) = 2kT ν c

2

(2.3) mentre invece nel secondo caso (alta energia fotonica, ossia hν  kT ) vale l’Approssimazione di Wien B(ν, T ) = 2hν 3 c2 e −hν kT (2.4)

I valori in frequenza e lunghezza d’onda dei massimi delle due distribuzioni spet-trali dipendono esclusivamente dalla temperatura, e determinano il colore visibile dell’oggetto:

νmax = 5.88 · 1010[Hz K−1] · T λmax =

0.29[cm K]

T (2.5)

Le righe in assorbimento visibili nello spettro globale della galassia ellittica sono dovute al materiale assorbitore frapposto tra la sorgente e l’osservatore.

Integrando la Brillanza rispetto a tutte le frequenze si ottiene la Legge di Stefan-Boltzmann:

B(T ) = σT4 dove σ = 5.67 · 10−5[erg cm−2s−1K−4] (2.6) Ulteriore ed utile parametro `e la Temperatura di Brillanza:

TB=

c2

2kν2B(ν, T ) (2.7)

Essa non `e una temperatura reale: dato un corpo generico che emette un certo valore di Brillanza ad una determinata frequenza ν, la Temperatura di Brillanza rappresenta la temperatura che un Corpo Nero dovrebbe possedere per emettere la stessa Brillanza del corpo iniziale alla stessa frequenza.

(15)

2.2

La banda X

Figura 2.3: Immagine X dell’ellittica NGC1404 catturata dal satellite ROSAT sovrapposta all’immagine ottica

Generalmente, le galassie ellittiche emettono nella banda X con lumino-sit`a comprese in un range tra i 1039

e i 1042erg s−1 ed estensioni che

pos-sono raggiungere i 50kpc. Approssi-mativamente, su larga scala la brillan-za superficiale in banda X (IX(r)) `e

proporzionale alla brillanza nell’ottico (IB(r)) ed in particolare decresce

co-me r−2; chiaramente i profili di bril-lanza X hanno forme non osservabili in quelli ottici (figura 2.3), ed inoltre le costanti di proporzionalit`a delle re-lazioni citate variano a seconda delle caratteristiche di ogni singola galassia ellittica. Prendendo in considerazione le ellittiche con luminosit`a X pi`u forte, le osservazioni indicano che l’emissione

termica da gas diffuso `e la responsabile dei raggi X: la temperatura tipica del gas si aggira intorno ai 107K, dunque il gas appartiene alla categoria detta Hot Ioni-zed Medium (HIM); i profili spettrali mostrano che la densit`a del gas decrementa come r−32 a grandi distanze dal centro; la massa del gas inoltre si aggira tra le

109 e le 1011 masse solari. Questa grande quantit`a di gas caldo che emette in

banda X `e consistente con la perdita di massa stellare: se tutta la massa persa viene convertita in gas in un tempo t, la relazione tra massa gassosa e luminosit`a ottica diventa Mgas M ≈ 0.16LB L t 1010yr (2.8)

che `e vicina al valore osservato nelle ellittiche pi`u brillanti.

I meccanismi primari responsabili del riscaldamento del gas sono sostanzialmente due:

• le stelle nelle galassie ellittiche si muovono ad alte velocit`a rispetto alle stelle vicine: le nubi di gas emesse da stelle diverse (assieme al gas interstel-lare) possono termalizzare l’energia cinetica del moto del gas, raggiungendo temperature simili a quelle misurate;

• una piccola frazione di gas `e stata espulsa con enorme energia cinetica dall’esplosione di supernove di tipo Ia.

(16)

Di questi due meccanismi il pi`u probabile `e il primo, in quanto vi sono diversi mo-tivi che rendono il secondo inconsistente con le osservazioni in banda X; ulteriori cause di rilevazione di fotoni X risultano il processo di Synchrotron Self-Compton, di cui si parla a pagina 15, e la presenza di un buco nero supermassiccio nel cen-tro della galassia. Quale dunque il principale processo di emissione radiativa? Poich`e il gas in questione `e un plasma caldo e sottile, sono frequenti le interazioni elettrone-protone che generano fotoni X e provocano il raffreddamento del gas: il processo in questione prende il nome di Bremsstrahlung.

2.2.1

Radiazione di Bremsstrahlung

Si definisce Bremsstrahlung (o emissione free-free) la radiazione dovuta all’ac-celerazione di una carica libera (in genere un elettrone) nel campo coulombiano di un’altra carica (un protone). Quando infatti un elettrone libero penetra nel campo di un protone libero, il primo subisce l’azione del campo (accelerazione o decelerazione) che si traduce nell’emissione di un fotone da parte dell’elettrone, seguendo la Formula di Larmor:

P = dW dt = 2q2 ˙v2 3c3 dove ˙v = Ze2 m r2 (2.9)

che stabilisce che la potenza P emessa da una carica q `e proporzionale al quadrato della sua accelerazione ˙v (la quale dipende dal numero di protoni Z ed `e inversa-mente proporzionale al quadrato della distanza r tra le particelle). Dalla formula (2.9) si possono trarre alcune utili conclusioni: in primo luogo, la forza contraria (dall’elettrone sul protone) `e trascurabile; la potenza irradiata `e significativa per particelle leggere (elettroni, positroni, ecc.) e quando le cariche si trovano alla minima distanza; infine, se v `e la velocit`a della particella e b `e la minima di-stanza tra le cariche (detta Parametro d’Impatto), il tempo d’interazione `e dato da:

∆t ∼ 2b

v (2.10)

ovvero la particella decrementa la propria velocit`a durante l’emissione, motivo per cui quest’ultima viene chiamata Radiazione di Frenamento. La conseguenza di questa decelerazione `e che la curva che mette in relazione l’energia irradiata ed il tempo `e una campana asimmetrica, e la potenza emessa su tutta l’interazione di singola particella `e data da P ∆t ∝ (b3v)−1, da cui si intuisce che le particelle pi`u veloci perdono meno energia (a parit`a di b), mentre quelle che transitano a b minori ne perdono di pi`u (a parit`a di velocit`a). Applicando l’analisi di Fourier sulla singola interazione si ottiene un’approssimazione della frequenza massima di emissione (in un modello pi`u rigoroso):

νmax ≈

v

4b (2.11)

(17)

Poich`e un elettrone non pu`o emettere pi`u energia di tutta la propria energia cinetica (hν ≤ 12mv2), lo spettro in frequenza sar`a caratterizzato da un brusco decadimento esponenziale una volta raggiunta l’energia massima irradiabile. Si ottiene perci`o che l’energia irradiata per unit`a di frequenza da un singolo evento equivale a: P ∆t ∆ν ≈ P ∆t νmax ∝ 1 b2v2 (2.12)

Passando ad occuparci del caso reale, si consideri un plasma con densit`a elettroni-ca nee protonica np: l’emissivit`a totale della nube che emette per Bremsstrahlung

`e data da JBr(v, ν) = 32π e6 3c3m2 e 1 v nenpZ 2 log bmax bmin  (2.13) dove bmax e bmin sono rispettivamente il parametro d’impatto massimo e minimo;

in particolare:

• per il parametro massimo vale bmax ≤ v

• per il parametro minimo bisogna distinguere due casi: – nel caso classico, bmin−c≥ 2Ze

2

mev2

– nel caso quantistico, bmin−q ≥ 2πmhev

Nel limite in cui v ≥ 101c prevale il limite quantistico. Bremsstrahlung termica

Un gas all’equilibrio termico segue la distribuzione in velocit`a di Maxwell-Boltzmann: in quel caso, il processo finora descritto prende il nome di Bremsstrahlung ter-mica. Integrando l’emissivit`a specifica (2.13) tra una velocit`a minima (dovuta al sopracitato fatto che l’energia cinetica della particella deve superare l’energia emessa) e l’infinito, si ottiene l’Emissivit`a Totale:

JBr(ν, T ) = 6.8 · 10−38T−

1 2 e−

kT nenpZ2gF F(ν, T ) (2.14)

dove gF F(ν, T ) `e il Fattore di Gaunt (e vale 1 in molti casi). Il termine T−

1 2

rappresenta l’energia termica della particella; il successivo fattore esponenziale e−hνkT determina invece il cut-off ad alta energia: la misura della frequenza di

cut-off `e un modo per risalire alla temperatura del plasma; inoltre aumentando la temperatura il grafico (la JBr(ν, T )) si abbassa ed il cut-off si sposta ad energie

pi`u alte. Questo grafico infatti si mantiene pressoch`e costante per gran parte dello spettro, dalla banda radio fino alla X (a temperature intorno a 107K, tipiche degli

(18)

Essendo l’alone galattico un plasma dotato di energia termica che emette ad un certo tasso, il rapporto tra la prima quantit`a rispetto al’emissivit`a totale della galassia ellittica da origine al cosiddetto Tempo di Raffreddamento:

tBr = Et JBr = 6 · 10 3 negF F T12 [yr] (2.15)

Figura 2.4: Spettro di emissione di Bremsstrahlung

La dipendenza inversa dalla densit`a elettronica `e evidente: ci`o spiega il fat-to che le galassie ellittiche, che han-no densit`a estremamente basse, hanno tempi di raffreddamento molto supe-riori all’et`a dell’Universo; `e chiaro inol-tre che la temperatura dell’alone ga-lattico ha valori molto alti (∼ 107K),

e perci`o la Bremsstrahlung termica `e il principale processo di raffreddamen-to.

Notevole importanza infine merita il concetto di Autoassorbimento. Il coefficiente di assorbimento µBr(ν, T )

di fotoni emessi per Bremsstrahlung da una nube dipende fortemente dalla fre-quenza; alle alte frequenze esso diventa trascurabile (non vi `e autoassorbimento), mentre alle basse frequenze diventa significativo:

µBr(ν, T ) ≈ 0.2 · T−

3

2 ν−2nenpZ2 (2.16)

Di conseguenza, la brillanza di una nube che emette per Bremsstrahlung `e la seguente:

B(ν, T ) ≈ T ν2(1 − e−τ (ν,T )) (2.17) dove il parametro τ (ν, T ) `e chiamato Opacit`a e detemina il regime della nu-be: se τ (ν, T )  1 il regime `e Otticamente Spesso (forte autoassorbimento), se τ (ν, T )  1 il regime `e Otticamente Sottile (autoassorbimento trascurabile). Ri-sultato finale di tutti i fattori fin qui citati `e lo spettro in figura 2.4, nel quale si notano l’assenza di fotoni a basse frequenze dovuta all’autoassorbimento, l’inten-sit`a pressoch`e costante nella parte centrale ed infine il brusco cut-off esponenziale a frequenze maggiori.

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2.3

La banda radio

Figura 2.5: Radiogalassia 3C353. Si notano il nucleo centrale ed i lobi radio simmetrici

Nonostante parte dello spettro di una galassia ellittica sia do-minato dal contributo di molti miliardi di stelle (sezione 2.1), esso risulta essere molto pi`u esteso, dalla banda radio alla X (sezione precedente) e Gam-ma. Queste emissioni si gene-rano da una regione molto ri-dotta detta AGN (Nucleo Ga-lattico Attivo). La galassia che

lo ospita (detta Galassia Attiva) pu`o appartenere a varie categorie a seconda del-le caratteristiche di luminosit`a, emissione e forma delle righe spettrali. Nel 1963 fu scoperto un oggetto puntiforme con altissima magnitudine che mostrava li-nee allargate a lunghezze d’onda insolite: questo tipo di oggetti viene chiamato Quasar o QSO (Quasi-Stellar Object) ed emette a tutte le lunghezze d’onda; la morfologia delle QSO nel radio dipende dalla frequenza osservata e pu`o essere talvolta molto complessa. Nella maggior parte dei casi, il nucleo (nel quale `e presente un buco nero supermassiccio) emette potenti getti simmetrici di energia e materia, le cui estremit`a, dette Hot Spots (regioni brillanti e compatte che emettono per sincrotrone), generano shock nel mezzo interstellare sviluppando strutture chiamate lobi; le dimensioni di queste strutture sono impressionanti (fino a 1Mpc).

Queste Radiosorgenti possono essere classificate secondo vari criteri; dal punto di vista della luminosit`a troviamo le FRI (Fanaroff-Riley Tipo I), pi`u brillanti vicino al nucleo e con valori di luminosit`a Lν(1.4GHz) < 1032erg s−1Hz−1,

men-tre a valori maggiori vi sono le FRII (Fanaroff-Riley Tipo II), pi`u brillanti nelle zone esterne. Buona parte dei Quasi-Stellar Objects inoltre emette debolmente nella banda radio: `e il caso delle Radio-Quiet Quasars, che si contrappongono alle Radio-Loud Quasars per evidenti motivi.

Oltre alle brillantissime Quasar, vi sono altri tipi di oggetti che rientrano nella categoria degli AGN; tra i principali (che emettono in banda radio e sono riassunti nella tabella 2.1) incontriamo:

• le galassie di Seyfert Tipo 1, che presentano righe in emissione sia larghe (Broad Line Regions) che strette (Narrow Line Regions);

(20)

• le Radiogalassie, le quali altro non sono che galassie ellittiche con nucleo attivo (figura 2.5);

• i BL Lac Objects, caratterizzati dalla mancanza di righe intense in assorbi-mento ed in emissione: ci`o rende difficile, se non impossibile, determinarne il redshift;

• gli OVV (Optically Violently Variables), oggetti spesso forti emettitori in banda radio ma caratterizzati soprattutto da una forte e rapida variabilit`a di radiazione ottica;

• i Blazar, ovvero una sottotipologia di BL Lac ed OVV dotati di righe in emissione (tutti i Blazar conosciuti sono radiosorgenti).

Caratteristica comune a tutti questi modelli `e il buco nero supermassiccio (SMBH) al centro della sorgente: esso ha una massa compresa in un range tra 106 e 109 masse solari ed `e il principale responsabile degli spettacolari getti e

hot spots osservati in banda radio. Le evidenze della presenza del buco nero sono molteplici: in primo luogo, la presenza di un disco di accrescimento che lo circonda, che gli ruota attorno e gli fornisce la materia che esso espelle come energia; ulteriore spiegazione, proveniente dall’osservazione in banda radio, `e il moto superluminale (velocit`a apparentemente superiore a c) delle componenti dei getti. Siccome la velocit`a dei getti `e vicina a c (ma mai superiore!), essi devono originarsi in una regione in cui la velocit`a di fuga ha un valore confrontabile a c: gli unici due oggetti che hanno questa caratteristica sono le stelle di neutroni e i buchi neri. Poich`e tuttavia la massa del nucleo dell’AGN `e molto superiore di quella massima raggiungibile da una stella di neutroni, l’unica spiegazione plau-sibile `e l’esistenza di un SMBH, e che i getti si originano e vengono accelerati in una zona vicina al suo raggio di Schwarzschild.

Oggetto Puntiforme Banda Larga Righe larghe Righe strette Radio Radio-Loud Quasar Si Si Si Si Si Radio-Quiet Quasar Si Si Si Si Debole Broad Line radio galaxy Si Si Si Si Si Narrow line radio galaxy No No No Si Si OVV Quasar Si Si Si Si Si BL Lac Object Si Si No No Si Seyfert Tipo 1 Si Si Si Si Debole Seyfert Tipo 2 Si Si Si Si Debole

Tabella 2.1: Griglia riassuntiva dei principali AGN che emettono nella banda radio ed alcune loro caratteristiche; essa `e conosciuta come ”Krolik AGN Bestiary” (Cfr. [6])

.

(21)

2.3.1

Radiazione di Sincrotrone

Si definisce Radiazione di Sincrotrone l’emissione di fotoni da parte di elettroni ultra-relativistici accelerati da un campo magnetico. Detti ~p = m~v la quantit`a di moto dell’elettrone e ~H il campo magnetico, la variazione di ~p nel campo sar`a data da:

d~p dt =

e

c~v × ~H (2.18)

L’equazione 2.18 mostra che l’elettrone segue una traiettoria elicoidale nel campo magnetico; nel caso del sincrotrone `e possibile ricavare le espressioni del raggio della traiettoria nonch`e del periodo e della pulsazione semplicemente tenendo conto del fattore γ = (1 − v2/c2)−1/2 relativistico:

rrel = γ mc qHv⊥ Trel = γ 2πmc qH ωrel = qH γmc (2.19)

La curvatura del moto dell’elettrone `e determinante per l’emissione; se la velocit`a dell’elettrone `e approssimabile a c, la potenza emessa dal singolo evento `e data da: −dW dt = 2c σTγ 2H 2 8πsin 2θ ≈ 10−15 γ2H2sin2θ (2.20) dove σT `e la sezione d’urto Thomson (σT = 6.6 · 10−25cm−2) e θ `e l’angolo

compreso tra la direzione di ~v e le linee del campo magnetico. Nel sistema di riferimento di un osservatore esterno il tempo dell’emissione del fotone `e calcolato tenendo conto dell’effetto Doppler che abbrevia notevolmente l’impulso:

∆τ = 1 γ3ω rel ≈ 5 · 10 −8 γ2H [s] (2.21)

dove H `e calcolato in Gauss. Ci`o che ci si aspetta di vedere `e una serie di impulsi ben definiti e separati. Per mezzo dell’analisi di Fourier `e inoltre possibile risalire allo spettro energetico del singolo evento; la frequenza caratteristica per un singolo elettrone `e la seguente:

νc≈ 4.2 · 10−9γ2H [GHz] (2.22)

(qui H `e espresso in µG). Si notano bene gli effetti relativistici che inducono l’effetto Doppler sulla frequenza della radiazione: quest’ultima `e infatti ben γ2

volte superiore di quella nel caso di un elettrone non relativistico in un campo magnetico (caso del ciclotrone).

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La Legge di Potenza

Figura 2.6: Legge di potenza della emissione di Sincrotrone

Nel caso di un insieme di elettroni relati-vistici dotati di energie distribuite secondo la seguente legge di potenza:

N ()d = N0−δd (2.23)

(in scala logaritmica essa `e una retta, fi-gura 2.6), l’emissivit`a specifica dell’intera popolazione `e data da:

Js(ν) dν ≈ N0F (

ν νc

) −δd (2.24)

dove F `e una funzione che rappresenta la distribuzione attorno alla frequenza νc. Se supponiamo che tutta l’energia sia emessa alla frequenza νc, otteniamo

l’espressione:

Js(ν) ∼ N0H

δ+1

2 ν−α (2.25)

dove il termine α = δ−12 `e detto indice spettrale della radiazione di sincrotrone (rappresenta il coefficiente angolare della legge di potenza logaritmica). Lo spet-tro totale `e il risultato della sovrapposizione dei contributi elettronici, ognuno emittente alla propria frequenza caratteristica.

Particolare non trascurabile `e la possibilit`a da parte del plasma di assorbire i fotoni emessi dallo stesso per sincrotrone (autoassorbimento); in questo caso il coefficiente di assorbimento `e: µs≈ N0ν− δ+4 2 H δ+2 2 (2.26)

e l’espressione dell’emissivit`a diventa la seguente: Js(ν) ≈ ν− δ−1 2 H δ+1 2 ⊥ (2.27)

Le equazioni 2.26 e 2.27 permettono di ottenere la brillanza che tiene conto dell’autoassorbimento:

Bs=

Js(ν)

4πµs(ν)

(1 − e−τs(ν)) (2.28)

in cui τs(ν) `e ancora una volta l’opacit`a, che determina il regime:

• otticamente sottile (τ )  1 Bs(ν) ≈ ν− δ−1 2 H δ+1 2 ⊥ • otticamente spesso (τ )  1 Bs(ν) ≈ ν 5 2H −1 2 ⊥ 14

(23)

Ad alte frequenze prevale il primo regime (legge di potenza), mentre a frequenze minori prevale il secondo. Nel mezzo `e presente un picco di Bs, conoscendo il

quale si pu`o risalire all’intensit`a del campo magnetico: νp ≈ S 2 5 p θ− 4 5 H 1 5 ⊥(1 + z) 1 5 (2.29)

in cui Sp `e il flusso e z una costante.

L’emissione di fotoni per sincrotrone non ha durata indefinita: come per la Bremsstrahlung, `e possibile definire un tempo caratteristico (cooling time) come rapporto tra l’energia totale delle particelle ed il tasso di perdita:

t∗ = 1

Csync0H2sin2(θ)

(2.30) (in cui Csync`e un valore tabulato e 0 l’energia misurata) da cui si ricava l’energia

ad un certo istante t:

(t) = 0

1 + t/t∗ (2.31)

Le particelle di alta energia hanno tempi di raffreddamento pi`u brevi, perci`o lo spettro in emissione varia per via dell’esaurimento di queste particelle, producen-do un break spettrale; la ricerca del break `e uno strumento per stimare l’et`a della popolazione di elettroni relativistici.

Synchrotron Self-Compton

Menzione a parte merita un processo detto Synchrotron Self-Compton: in primo luogo, esso non `e un meccanismo di emissione ma di scattering, ossia di diffusione (che provoca una variazione nello spettro); inoltre i fotoni osservati relativi a tale processo non sono in banda radio ma si trovano in banda X.

I fotoni di bassa energia emessi da una nube elettronica relativistica magnetizzata possono interagire con gli elettroni tramite Inverse Compton: questi ultimi cedono parte della loro energia ai fotoni, che quindi compiono un salto di frequenza fino alle alte energie. Questo meccanismo diventa importante per temperature di brillanza superiori a 1012K, in quanto la luminosit`a dovuta all’Inverse Compton

`e amplificata di un fattore TB

[1012K]

5

rispetto al semplice sincrotrone; la sorgente perci`o irradia tutta l’energia in un tempo irrisorio (Catastrofe Compton), motivo per cui la temperatura limite di brillanza per le radiosorgenti `e 1012K.

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Bibliografia

[1] Peter Schneider. Extragalactic Astronomy and Cosmology: An Introduction. Springer, 2006.

[2] James Binney, Michael Marrifield. Galactic Astronomy. Princeton University Press, 1998

[3] George B. Rybicki, Alan P. Lightman. Radiative Processes in Astrophysics. WILEY-VCH Verlag GmbH & Co. KGaA, 2004

[4] Carla e Roberto Fanti Una finestra sull’Universo ”Invisibile”. Lezioni di radioastronomia. Dispense, 2012

[5] Craig L. Sarazin. X-ray Emission from Elliptical Galaxies. University of Virginia, 1996

[6] Julian H. Krolik. Active Galactic Nuclei: from the Central Black Hole to the Galactic Environment. Princeton Series in Astrophysics, 1998

Figura

Figura 1.1: Galassia ellittica M86Le galassie ellittiche sono sistemi
Figura 1.2: Profilo di brillanza di una galassia ellittica (punti neri) e profilo di De Vaucouleurs (linea rossa)
Figura 2.1: Spettro ottico di una galassia ellittica
Figura 2.2: Spettro di Corpo Nero in funzione della lunghezza d’onda
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Riferimenti

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