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Internazionalizzazione e trasformazione digitale: nuove opportunità per le PMI. Caso di studio: Luna s.r.l.

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UNIVERSITÀ DI PISA

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

Corso di Laurea Magistrale in

Strategia, Management e Controllo

TESI DI LAUREA

INTERNAZIONALIZZAZIONE E

TRASFORMAZIONE DIGITALE: NUOVE

OPPORTUNITÀ PER LE PMI.

Caso di studio: Luna s.r.l.

Candidato Relatore

(2)

A te, al tuo appoggio incondizionato e

alla tua piena comprensione nonostante i noti sacrifici, le temporanee distanze e i tanti “non posso, devo studiare”.

Al futuro, che abbondi di sogni realizzati.

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INDICE

INTRODUZIONE...1

1. LE PMI: PROTAGONISTE DELL’IMPRENDITORIA MONDIALE...3

1.1 Definizione e diffusione delle PMI in Europa...6

1.2 Lo Small Business Act a favore delle PMI...9

1.3 Il ruolo delle PMI nella Repubblica Popolare Cinese...13

1.4 L’influenza politica nelle PMI cinesi...20

2. LUNA S.R.L....22

2.1 Cenni storici...23

2.2 Il sistema prodotto e i canali distributivi ...25

3. LA RICERCA DELLA COMPETITIVITÀ OLTRE CONFINE ...28

3.1 L’origine del processo di internazionalizzazione ...29

3.2 Le strategie di internazionalizzazione...32

3.3 La selezione del mercato target ...35

3.4 Le strategie di entrata nei mercati esteri...37

3.5 Le barriere all’internazionalizzazione...41

3.6 Luna s.r.l. e l’idea di internazionalizzare il proprio business ...44

4. LA TRASFORMAZIONE DIGITALE PER LO SVILUPPO AZIENDALE...51

4.1 L’E-Business...53

4.2 Da insufficienza ad eccesso di informazioni ...56

4.3 I drivers dell’E-Business ...58

4.4 I cambiamenti organizzativi richiesti dall’E-Business ...61

4.5 L’impatto sulla redditività dei settori...63

4.6 L’impatto sulla catena del valore ...66

5. UNA NUOVA DIMENSIONE DEL COMMERCIO...69

5.1 Definizione di E-Commerce...71

5.2 Benefici e limitazioni dell’E-Commerce...74

5.3 La formulazione della strategia...77

5.4 L’impatto delle differenze culturali sul successo della strategia ...81

5.6 L’E-Commerce nella Repubblica Popolare Cinese...84

5.7 Strategie di entrata nell’E-Commerce Cinese...87

(4)

6. LUNA S.R.L. VERSO L’E-COMMERCE CINESE...96

6.1 Strategy Initiation: la SWOT analisi...96

6.2 Strategy Initiation: benchmark competitivo ...100

6.3 Strategy Formulation: analisi e considerazioni finali...104

CONCLUSIONI ...110

RINGRAZIAMENTI ...112

BIBLIOGRAFIA ...114

APPENDICE A - Questionario ...119

(5)

INTRODUZIONE

Scattando idealmente un’istantanea al sistema imprenditoriale europeo si nota che esso è composto da due sottoinsiemi, uno dei quali comprende quasi la totalità degli elementi. Si parla del sottosistema delle PMI, il quale conta il 99,8% del totale delle imprese. La rilevante dimensione di questo rende agevole comprendere l’ovvietà dell’importanza che tali tipologie di organizzazioni hanno per lo sviluppo e la crescita di un intero sistema economico. Oltre alla dimensione, anche alcune loro caratteristiche peculiari contribuiscono a rendere tale classe di imprese risorsa essenziale per un paese, in particolare qui l’attenzione viene posta sulla flessibilità che generalmente ne contraddistingue la gestione. Questo carattere raggiunge l’apice del suo valore in contesti di cambiamento, incerti e turbolenti, contesti nei quali un pronto adattamento alle mutate condizioni ambientali può rappresentare la chiave per raggiungere e mantenere un vantaggio competitivo. Le PMI sono state protagoniste del risollevamento economico europeo post-crisi, e guardando oltre i confini comunitari, sono state la forza motrice che ha guidato la trasformazione del sistema economico cinese, la quale ha generato quella che è oggi una delle più grandi potenze economiche mondiali. Negli ultimi tempi però la loro sopravvivenza ed il loro sviluppo è sottoposto alla pressione di due pesanti forze (la globalizzazione e la trasformazione digitali) le quali sono portatrici di vantaggi ma al contempo di potenziali svantaggi. Evidenziando proprio questi ultimi si nota come la globalizzazione frantumi i confini dei mercati domestici costringendo le imprese a competere internazionalmente anche senza una loro consapevole intenzione, e come la trasformazione digitale a sua volta abbatti la redditività dei settori ed escluda dall’arena competitiva le organizzazioni che non di adattano ad essa. Di contro, i vantaggi offerti dalle due forze sopraddette sono numerosi e difficilmente numerabili in modo esaustivo, tra quelli maggiormente palesi si evidenzia la possibilità di ampliare il proprio bacino clienti oltrepassando i confini nazionali ed i risparmi di costo che l’introduzione delle innovazioni tecnologiche/digitali nella catena delle attività di un’organizzazione comporta.

(6)

Lo scopo del presente elaborato consiste proprio nel dare evidenza delle opportunità che l’internazionalizzazione e la trasformazione digitale riservano alle imprese, sopratutto quando vengono congiuntamente considerate. Oggetto principale dell’analisi sono proprio le PMI in quanto esse nel condurre i due processi citati (internazionalizzazione e trasformazione digitale) trovano a loro ostacolo un numero maggiore di barriere, basti pensare alla scarsa disponibilità finanziaria che limita le scelte operative.

Nel primo capitolo evidenzia l’essenzialità del ruolo delle PMI nel sistema economico di un paese e verrà fatto particolare riferimento a due diversi contesti economici: quello Europeo e quello Cinese.

Il secondo capitolo delinea i caratteri del caso aziendale oggetto di studio, la società toscana Luna s.r.l., il cui processo di internazionalizzazione rappresenta il filo conduttore di tutta la trattazione.

Il terzo capito approfondisce il tema dell’internazionalizzazione con particolare attenzione alle strategie attuabili nonché alle barriere che ostacolano il passaggio del confine del mercato domestico per le PMI.

Il quarto capitolo introduce il tema della trasformazione digitale individuando i benefici ed i limiti che da essa conseguono ed analizzando i cambiamenti richiesti affinché un’impresa possa vivere in modo reattivo tale trasformazione in luce degli effetti registrati sulla redditività dei settori e sulla catena del valore. Il quinto capitolo estrapola dalla trasformazione digitale il tema del commercio elettronico. Dopo avere illustrato in modo generale i caratteri principali dell’e-commerce nonché le implicazioni strategiche che comporta scegliere di usufruire di tale strumento di vendita, viene illustrata in modo particolare la realtà cinese con focus sugli attori e sui consumatori qui individuabili nonché sulle strategie d’ingresso che un’impresa estera può implementare.

Infine, il sesto ed ultimo capitolo fornisce maggiori dettagli sul processo di pianificazione strategica condotto dalla società Luna s.r.l. al fine di individuare una strategia valida per entrare nel mercato cinese tramite i canali online.

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1. LE PMI: PROTAGONISTE DELL’IMPRENDITORIA

MONDIALE

Da molti anni le PMI rappresentano la spina dorsale del sistema economico italiano ed europeo, un sistema rafforzato dalla grande capacità tipica di queste organizzazione di fare impresa anche in situazioni di finanza, di sistema e di prospettive non facili.

Il ruolo delle PMI in questi anni è stato fondamentale, sopratutto nel contesto italiano, dove il loro peso sulla struttura produttiva dell’economia è superiore rispetto a quello osservato altrove. È proprio nelle PMI che si è evidenziata la maggiore flessibilità rispetto agli effetti della crisi e si sono concentrate le iniziative di micro-imprenditorialità da parte di molti lavoratori rimasti fuori dei circuiti produttivi. Nel corso della crisi, le micro imprese sono perfino riuscite a incrementare l’occupazione in esse registrata attraendo 375mila posti di lavoro in più fra il 2011 ed il 2015. Infatti, rappresentando uno sbocco occupazionale alternativo al lavoro alle dipendenze, esse sono state un importante mezzo di assorbimento della manodopera espulsa altrove (REF Ricerche, 2016).

Le PMI stanno affrontando oggi sfide importanti legate al cambiamento strutturale imposto dai mutamenti nella tecnologia e dalla globalizzazione dell’attività economica. Da molti anni, un punto di forza delle PMI italiane è il distretto industriale in cui molte di esse sono inserite. I distretti industriali 1

rappresentano la caratteristica specifica principale del sistema produttivo italiano e si distinguono per la loro specializzazione produttiva nei settori tradizionali (come il tessile-abbigliamento, le pelli-carature, il legno-mobilio,

Il termine distretto industriale è stato utilizzato per la prima volta dall’economista

1

inglese Alfred Marshall (1920) per descrivere la realtà delle industrie tessili di Lancashire e Sheffield. Egli diede la seguente definizione: «Con il termine distretto industriale si fa riferimento ad un’entità socioeconomica costituita da un insieme di imprese, facenti generalmente parte di uno stesso settore produttivo localizzato in un’area circoscritta, tra le quali vi è collaborazione ma anche concorrenza». Partendo dalla definizione marshalliana l’economista italiano Beccantini (1979) scrive: «Definisco il distretto industriale come un'entità socio-territoriale caratterizzata dalla compresenza attiva, in un'area territoriale circoscritta, naturalisticamente e storicamente determinata, di una comunità di persone e di una popolazione di imprese industriali. Nel distretto, a

(8)

ecc.) e nella meccanica leggera. Essi sono strettamente legati al cosiddetto “Made in Italy” , ovvero ai prodotti di un complesso di settori fortemente 2

associati all’immagine del nostro paese nel mondo (Schilirò, 2010). Nei circa 150 distretti industriali presenti in Italia, le imprese operano dividendo tra loro i compiti e organizzando la produzione in modo efficiente, come in una grande imprese ma con una flessibilità maggiore, e sfruttano le opportunità offerte dal contesto territoriale in cui sono inserite. L’appartenenza ad un distretto industriale consente ad una PMI di superare i limiti legati alla sua minore dimensione, in tal senso il modello distrettuale italiano ha dimostrato per molti anni di costituire un paradigma di perdurante competitività seppur frenato a livello di sistema-paese da vincoli cronici, basti pensare al peso della burocrazia, alla fiscalità eccessiva, all’elevato debito pubblico o alle carenze infrastrutturali (ivi). Nei tempi recenti tuttavia, la pressione competitiva imposta dalla globalizzazione e dall’innovazione tecnologica rende tale appartenenza non più sufficiente per il sostenimento ed il rinnovamento di una posizione di vantaggio. La competizione oggi avviene su un diverso campo di battaglia, dove l’accumulazione di competenze e capitale umano, l’innovazione e l’internazionalizzazione sono le armi necessarie per poter vincere. Le relazioni economiche sono state travolte da un processo di trasformazione radicale destinato a guidare le tendenze anche nei prossimi anni. Le imprese vedono allargarsi la dimensione internazionale dei rapporti economici che le stesse intrattengono, direttamente o indirettamente, fra di loro o con i consumatori finali. Aumenta il contenuto di conoscenza alla base di molte attività e la struttura della forza lavoro tende a polarizzarsi a discapito delle mansioni di livello medio, non di rado spiazzate proprio dall’onda dell’innovazione. Le nuove tecnologie ad esempio presuppongono un aumento dell’istruzione e delle competenze delle risorse umane, fortunatamente le PMI italiane di questo sono coscienti infatti dal 2007 la quota dei laureati presenti nella loro struttura occupazionale ha verificato una crescita di circa il 25%. È inoltre aumentato in misura significativa il numero di addetti alle attività di R&S nelle PMI, si parla in particolare di un incremento del 48% rispetto al 2007 (REF Ricerche, 2016). Le

Il Made in Italy può essere definito come l’insieme di valori culturali e di patrimonio

2

umano, produttivo, tecnico, scientifico, creativo che caratterizza il sistema produttivo in Italia. È sinonimo di qualità ed è riconosciuto a livello mondiale (Schilirò, 2010).

(9)

nuove tecnologie legate all’ICT sono un fattore di competitività determinante per aumentare l’efficienza dei processi produttivi e per supportare le organizzazioni di medie e piccole dimensioni nei processi di internazionalizzazione. Le PMI, e in generale tutto il sistema imprenditoriale italiano, su questo versante presentano però ancora un ritardo rispetto ai partner europei. Significativo è il Digital Economy and Society Index (DESI) del 2017 che vede l’Italia 3

classificarsi 25esima, seguita solo da Grecia, Bulgaria e Romania, per stato di avanzamento del digitale nell’economie e nella società. L’indice in esame ha verificato una crescita pari al 10% rispetto al 2016, maggiore della crescita media UE per lo stesso periodo (pari al 6%). Nonostante l’andamento positivo evidenziato, i risultati in termini di competenze digitali risultano comunque scarsi rischiando così di porre un freno allo sviluppo dell’economia e della società italiana.

L’ormai diffusa consapevolezza circa il ruolo da protagonista svolto dalle PMI nel contesto economico italiano ed europeo ha portato le istituzione ad intraprendere azioni a favore della loro digitalizzazione e internazionalizzazione, riconoscendo in questi i drivers del cambiamento in atto nel sistema economico globale, ed ha inoltre spinto molti studiosi ad interrogarsi sui benefici o sugli svantaggi che il cambiamento in esame apporta alle imprese di dimensioni minori.

In questo capitolo verranno dapprima analizzati i tratti caratteristici delle PMI europee, ponendo attenzione sui requisiti di classificazione e sul ruolo da esse svolto nell’economia. Verranno poi illustrati i principali interventi pubblici volti a supportare le PMI nelle loro azioni di risposta ai cambiamenti in atto. Sarà tema centrale dei capitoli successivi l’analisi dei benefici conseguibili dalle imprese di minori dimensioni tramite un processo di internazionalizzazione, sopratutto quando supportato dall’utilizzo delle ICT.

Il DESI (Digital Economy and Society Index) è l’indice elaborato dalla Commissione

3

Europea per valutare lo stato di avanzamento degli Stati membri dell'UE verso un'economia e una società digitali attraverso cinque indicatori: connettività; capitale

(10)

1.1 Definizione e diffusione delle PMI in Europa

4

La disciplina comunitaria riguardante i criteri attualmente validi per la definizione delle micro, piccole e medie imprese è contenuta nella raccomandazione della Commissione Europea 2003/361/CE del 6 maggio 2003. Con particolare riferimento all’Italia, il Ministero delle Attività Produttive (MAP) ha adeguato i criteri identificativi nazionali a quelli comunitari con il decreto del 18 aprile 2005. L’Art. 2 dell’appena citato decreto stabilisce che:

1. La categoria delle microimprese, delle piccole imprese e delle medie imprese (complessivamente definita PMI) è costituita da imprese che:

a) hanno meno di 250 occupati, e


b) hanno un fatturato annuo non superiore a 50 milioni di euro, oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 43 milioni di euro.

2. Nell’ambito della categoria delle PMI, si definisce piccola impresa l’impresa che:

a) ha meno di 50 occupati, e


b) ha un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 10 milioni di euro.

3. Nell’ambito della categoria delle PMI, si definisce microimpresa l’impresa che:

a) ha meno di 10 occupati, e


b) ha un fatturato annuo oppure un totale di bilancio annuo non superiore a 2 milioni di euro.

4. I due requisiti di cui alle lettere a) e b) dei commi 1, 2 e 3 sono cumulativi, nel senso che tutti e due devono sussistere.

[…]

Le tre categorie di imprese sopra identificate rappresentano complessivamente il 99,8% del panorama imprenditoriale europeo, creano il 57,4% del valore aggiunto e occupano il 66,8% della forza lavoro. Tra queste le più diffuse sono

I dati riportati in questo paragrafo si riferiscono alle PMI appartenenti al non-financial

4

business sector. Come riportato nell’Annual Report on European SMEs 2015/2016 il non-financial business sector «consists of all sectors of the economies of the EU28 or Member States, except for financial services, government services, education, health, arts and culture, agriculture, forestry, and fishing» (European Commission, 2016a).

(11)

le microimprese (92,8%), seguite dalle piccole imprese (6,0%) e dalle medie imprese (1,0%). Le grandi imprese, a loro volta, occupano il restante 0,2%, rappresentando l’insieme meno popoloso (European Commission, 2016a).

Fig. 1 - Numero delle imprese europee per classe dimensionale

[Fonte: Eurostat, National Statistical Offices and DIW Econ]

Spostando l’analisi dalla densità numerica al valore aggiunto creato, primeggiano le grandi imprese con la creazione del 43% del totale del valore aggiunto, seguono prima le micro imprese con il 21% e poi le piccole e medie imprese, entrambe con il 18%. Considerando infine i lavoratori l’ordine si mantiene perlopiù stabile con le grandi imprese al primo posto (esse occupano il 33% del totale della forza lavoro europea), le micro imprese al secondo (con il 30%), le piccole imprese al terzo (con il 20%) e per ultime le medie imprese (con il restante 17%) (ivi).

Fig. 2 Valore aggiunto e impiego per classe dimensionale

(12)

L’importanza delle PMI nel sistema produttivo comunitario è quindi evidente, questo gruppo complessivamente considerato genera il 57% del valore aggiunto ed impiega il 67% del totale della forza lavoro. Tali dati risultano ancora più significativi se si considera il solo contesto italiano. Delle 3.736.232 imprese italiane, infatti, 3.733.146 sono PMI (99,9% del totale), tra le quali 3.552.531 rientrano nella categoria di microimprese (95,1%). Le porzioni di valore aggiunto creato e di forza lavoro utilizzata dall’insieme delle PMI italiane risultano rispettivamente 70% e 80%, e superano in entrambi i casi la percentuale comunitaria di ben 10 punti (European Commission, 2016b).

Le PMI, come ampiamente detto, rappresentano quasi la totalità dell’imprenditoria europea e italiana, allo stesso tempo però esse costituiscono la parte del sistema imprenditoriale il cui sviluppo è maggiormente ostacolato da limiti di diversa natura causati proprio della ridotta dimensione delle organizzazioni di cui si parla. Un sondaggio condotto da EC DG Internal Market, Industry, Entrepreneurship and SMEs in collaborazione con la Banca Centrale Europea nel 2015 ha verificato quali tipologie di barriere sono maggiormente percepite dalle PMI (European Commission, 2016a). In particolare, le difficoltà 5

riscontrate da queste, non solo in presenza di aventi straordinari, ma anche nella gestione quotidiana del loro operato rientrano nelle seguenti classi:

1. Finding Customers

2. Availability of skilled staff or experienced managers 3. Competition

4. Regulation

5. Costs of production or labour 6. Access to finance

Utilizzare le ITC consente di oltrepassare alcune di queste barriere. In particolare una presenza capillare sul mercato, sia nazionale sia estero, può essere acquisita tramite l’utilizzo di piattaforme di vendita online (e-commerce), le quali richiedono investimenti minori. Questo consente di raggiungere un numero maggiore di consumatori e, al contempo, di acquisire su di essi una

L’elenco è stato ordinato seguendo le percezioni delle PMI intervistate, dalla più

5

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grande quantità di dati utili a formulare offerte personalizzare e ad aumentare il Conversion Rate aziendale. Tuttavia, questa stessa azione, richiede l’impiego 6

di risorse umane con maggiori competenze nel campo ICT, andando ad aumentare la pressione esercitata dalla seconda barriera riportata nell’elenco sopra. Come è evidente, i benefici apportati si scontrano con le maggiori difficoltà emergenti causando nelle PMI la propensione ad un atteggiamento statico nei confronti dei cambiamenti di cui si è parlato prima. Il risultato finale è un freno allo sviluppo non solo della singola organizzazione ma dell’intero paese in cui essa opera. Le azioni e gli incentivi promossi dalle istituzioni assumono in questa situazione una grande importanza, rendendo le difficoltà emergenti meno limitative aumentano la percezione dei vantaggi perseguibili dalle PMI con una conseguente maggiore propensione ad affrontare il cambiamento in modo reattivo. Come si vedrà meglio nel proseguo della trattazione, la competitività del sistema imprenditoriale di un paese ne risulterà rafforzata, anche nel contesto internazionale.

1.2 Lo Small Business Act a favore delle PMI

Le micro, piccole e medie imprese, come già detto, rappresentano il 99,8% di tutte le imprese dell'UE. Nel 2015, poco meno di 23 milioni di PMI hanno prodotto un valore aggiunto pari a 3.900 miliardi di EUR e dato lavoro a circa 90 milioni di persone. È ormai ampiamente riconosciuta l’importanza della loro presenza nel tessuto imprenditoriale comunitario, lo stesso Parlamento Europeo infatti le definisce fonte essenziale di imprenditorialità e innovazione, ovvero fonte essenziale di quegli elementi ritenuti fondamentali per la competitività delle società dell’Unione Europea.

Sono stati adottati diversi programmi d'azione per il sostegno alle PMI con l’obiettivo principale di aumentare la loro competitività attraverso la ricerca e

The Conversione Rate is the percentage of visitors who take a desired action. The

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desired action can take many forms, varying from site to site. Examples include sales of products, membership registrations, newsletter subscriptions, software downloads, or just about any activity beyond simple  page browsing. A high conversion rate depends on several factors, like the interest level of the visitor, the attractiveness of the

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l'innovazione e di semplificare l'accesso ai finanziamenti. La più completa e ampia iniziativa sulle PMI finora adottata è stata presentata dalla Commissione nel giugno 2008 sotto forma di comunicazione focalizzata sullo Small Business Act (SBA). Lo SBA intende creare un nuovo quadro programmatico che integri gli strumenti esistenti sulla base della Carta europea per le piccole imprese e della Politica moderna a favore delle PMI per la crescita e l'occupazione. Anziché proporre una soluzione comunitaria a pieno titolo, esso adotta un approccio di partenariato politico tra Unione Europea e Stati membri (www.europarl.europa.eu). Lo SBA promuove lo sviluppo e la rimozione degli ostacoli alla crescita della PMI ed esplicita dieci principi guida per 7

l’implementazione delle strategie nazionali a supporto delle organizzazioni di minori dimensioni. L’Italia è stato uno dei primi paesi ad approvare lo SBA e a trasportare i sui principi nella legislazione nazionale. Dal 2015 al primo trimestre del 2016 sono stati 27 gli interventi promossi dallo stato Italiano seguendo i principi divulgati con lo SBA ai quali si sommano gli ulteriori interventi promossi nei periodo successivi. Di seguito sono brevemente illustrati quelli attuati

I dieci principi guida per la formulazione e l’attuazione delle politiche a favore delle

7

PMI sia a livello dell’Unione Europea che dei singoli Stati membri sono i seguenti (European Commission, 2016a):

1. Entrepreneurship: Creating an environment in which entrepreneurs and family businesses can thrive and entrepreneurship is rewarded.

2. Second Chance: Ensuring that honest entrepreneurs who have experienced bankruptcy are promptly given a second opportunity to succeed.

3. Think Small First: Designing rules modeled on the Think Small First principle. 


4. Responsive Administration: Making public administrations responsive to the needs of SMEs. 


5. State Aid and Public Procurement: Adapting public policy tools to suit SME needs - facilitating SMEs’ participation in public procurement and ensuring better access to State Aid for SMEs.

6. Access to Finance: Facilitating SMEs’ access to finance and developing a legal and business environment conducive to the specific requirements of SMEs, including timely payments in commercial transactions.

7. Single Market: Helping SMEs to benefit more from the opportunities offered by the Single Market. 


8. Skills and Innovation: Promoting the enhancement of skills in the SME workforce and all forms of innovation. 


9. Environment: Enabling SMEs to transform environmental challenges into economic opportunities while acting sustainably.

10.Internationalization: Encouraging SMEs to benefit from the growth of global markets

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nell’ambito dell’Internazionalizzazione e nell’ambito delle Competenze ed dell’Innovazione.

INTERNAZIONALIZZAZIONE - Dal 2008, le iniziative implementate a 8

supporto dell’internazionalizzazione delle PMI sono state diverse. Tra di esse si citano:

• L’apertura del portale ww.italtrade.com a cura di ICE-Agenzia per la promozione all'estero e l'internazionalizzazione delle imprese italiane. Si tratta di una piattaforma interattiva ideata con lo scopo di agevolare le organizzazioni italiane nei processi di promozione e vendita dei propri prodotti sui mercati esteri (European Commission, 2016b) e di supportarle nella ricerca di partner commerciali con sede altrove.

• Il Voucher per l’Internazionalizzazione. Esso consistente in un contributo a fondo perduto sotto forma di voucher, in favore di tutte quelle PMI che intendono guardare ai mercati oltreconfine attraverso una figura specializzata (il cd. Temporary Export Manager o TEM) capace di studiare, progettare e gestire i processi e i programmi sui mercati esteri (www.mise.gov.it).

• I finanziamenti agevolati per programmi di inserimento sui mercati extra UE. Si tratta di finanziamenti a tassi agevolati finalizzati a sostenere progetti di inserimento in mercati extra UE, attraverso l’apertura di strutture (uffici, show room, negozi, corner) per la diffusione o il lancio dei prodotti/servizi ovvero il potenziamento di strutture già esistenti (www.mise.gov.it).

COMPETENZE ED INNOVAZIONE - Il governo, negli ultimi anni, ha posto

sempre maggiore attenzione su tale area supportando l’innovazione nelle PMI

Oltre agli interventi brevemente illustrati nel presente paragrafo, si citano: contributi ai

8

Consorzi per l’internazionalizzazione per attività promozionali; contributi alle Camere di Commercio italiane all’estero; finanziamenti agevolati per la realizzazione di studi di fattibilità e programmi di assistenza tecnica in Paesi extra UE; finanziamento agevolato a favore delle PMI esportatrici; contributi al credito all’esportazione; assicurazione dei crediti all’esportazione.

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attraverso incentivi fiscali, contributi e formazione elargita. Tra le azioni implementate a partire dal 2008 si evidenziano:

• Il Voucher per la digitalizzazione delle PMI. Esso consiste in una misura agevolativa per le micro, piccole e medie imprese che prevede un contributo, tramite concessione di un voucher, finalizzato all'adozione di interventi di digitalizzazione dei processi aziendali e di ammodernamento tecnologico (www.sviluppoeconomico.gov.it).

• L’Agenda Digitale Italiana (ADI). Istituita nel marzo 2012, raccoglie l'insieme di azioni e norme per lo sviluppo delle tecnologie, dell'innovazione e dell’economia digitale. L’ADI rappresenta l’elaborazione della  strategia nazionale italiana e individua le priorità e le modalità di intervento, nonché le azioni da compiere e da misurare sulla base di specifici indicatori, chiamati digital scoreboard , dell’Agenda Digitale Europea (www.agid.gov.it).9 10

• Il progetto Eccellenze in Digitale. Promosso da Unioncamere e Google, esso ha l’obiettivo di supportare le aziende nello sviluppo di competenze digitali e di avviare un dialogo sulle opportunità economiche della rete fornendo più di 500 seminari formativi ed il supporto di 12 tutor digitali .11

Quelle sopracitate sono solo alcune delle azioni promosse dal Governo Italiano a favore delle PMI, l’insieme delle politiche a supporto delle imprese di minori dimensioni infatti è ben più vasto ed una trattazione onnicomprensiva non rientra negli obiettivi del presente elaborato. Ciò su cui si vuole focalizzare l’attenzione è l’essenzialità dei caratteri di internazionalizzazione e digitalizzazione all’interno delle PMI, essenzialità riconosciuta anche dagli organi istituzionali, i quali offrono incentivi alle organizzazioni col fine di indurle a prendere parte al cambiamento economico in atto. Tuttavia, sebbene gli

The digital scoreboard measures the perfomance of Europe and the Member States

9

in a wide range of areas, from connectivity and digital skills to the digitalization of businesses and public services. The digital scoreboard includes data from the Digital Economy and Society Index (DESI) and the European Digital Progress Report (EDPR) (www.ec.europa.eu).

L’Agenda Digitale Europea è una delle sette iniziative faro della strategia Europa

10

2020, che fissa gli obiettivi per la crescita nell’Unione europea da raggiungere entro il 2020. In particolare, l’Agenda Digitale Europea interessa quegli obiettivi volti a sviluppare l'economia e la cultura digitale in Europa.

Maggiori informazioni al sito web https://gweb-eccellenzeindigitale.appspot.com/

11

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stimoli esterni rappresentino degli acceleratori, l’accensione della volontà di vivere e non subire il cambiamento è prerogativa interna all’organizzazione.

1.3 Il ruolo delle PMI nella Repubblica Popolare Cinese

La semplicità della struttura organizzativa, la flessibilità della gestione, la limitatezza dei livelli gerarchici, il numero esiguo delle aree funzionali, la scarsa divisione del lavoro e la comunicazione informale sono alcuni dei caratteri distintivi delle imprese di dimensioni ridotte. Si tratta di caratteri non definibili positivi in modo assolutistico in quanto spesso fonte di limiti o barriere per le PMI (si fa riferimento ad esempio a figure manageriali assenti, risorse finanziarie limitate, avversione verso l’apertura del capitale di rischio) ma che assumo importanza in contesti di cambiamento, sia esso economico o tecnologico. Come già più volte sostenuto, l’innovazione tecnologica e la globalizzazione stanno apportando significative modifiche alle relazioni economiche, alle modalità di fare impresa ed in generale a tutto il contesto economico globale. Si potrebbe quasi affermare di essere nel bel mezzo di una nuova rivoluzione industriale guidata dai dati digitali, dall’informatica, dall’innovazione generalmente intesa, la quale abbatte i confini nazionali e obbliga le imprese a competere a livello mondiale. Si è più volte accennato al ruolo di rilievo dalle PMI, definite fonti essenziale di innovazione, esse rappresentano gli acceleratori dello sviluppo economico dell’UE.

La presenza quasi totalitaria di PMI non è però una peculiarità della sola struttura imprenditoriale europea. In questo paragrafo in particolare si vuole approfondire il tema con riferimento alla Repubblica Popolare Cinese. È rilevante notare come le PMI abbiamo supportato la trasformazione da economia centralmente pianificata ad economia di mercato implementata dal Governo Cinese a partire dal 1978. Ancora una volta si dà evidenza della grande idoneità ad affrontare contesti incerti e di cambiamento mostrata dalla PMI, grazie anche alla flessibilità che ne caratterizza la gestione. In questo caso si tratta di un cambiamento diverso, comprendente anche aspetti di tipo culturale a tratti più difficilmente valicabili, di un cambiamento incubatore di

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Di seguito vengono approfonditi i temi dello sviluppo, della definizione e della diffusione delle PMI in Cina per evidenziare il ruolo da esse ricoperto nella fase di crescita economica vissuta del paese negli ultimi 40 anni. È invece oggetto dell’ultimo paragrafo di questo capitolo l’approfondimento di una peculiarità riscontrabile nelle PMI cinesi: il legame con l’organo politico.

SVILUPPO - Molti studiosi (Anderson et al., 2003 e Chen, 2006) individuano la

nascita delle PMI in Cina nella fase di trasformazione economica del paese (1978). L’economia pianificata centralmente , implementata a partire dagli anni 12

’50 fino alla rivoluzione culturale, aveva portato l’economia nazionale sull’orlo del collasso (Yongdao, 2011) e intraprendere un radicale cambiamento sembrava l’unica possibile via d’uscita. Come veniva annunciato durante il Consiglio di Stato nel 1984, le graduali riforme intraprese avrebbero portato lo stato a controllare i soli aspetti macroeconomici dell’economia e lasciato agli individui il compito di operare a livello microeconomico, proprio come richiesto dall’economia di mercato. Così è stato e nuovi tipi di proprietà si sono rapidamente diffusi. Le PMI private, prima inesistenti, in venti anni raggiunsero il numero di 10 milioni mentre la presenza delle SOEs (State Owned Enterprises) diminuì gradualmente, dal 77% nel 1978 al 28% nel 1999.

Le PMI private hanno ricoperto un ruolo di estrema importanza durante il processo di transazione ed hanno contribuito in modo decisivo alla successiva crescita economica del paese. Tutt’oggi ad esse può essere attribuito il merito del mantenimento del vantaggio competitivo nazionale, sopratutto con

Sistema economico alternativo all’economia di mercato, introdotto da J.V. Stalin in

12

URSS nel 1928. La pianificazione centralizzata sostituì le decisioni  produttive prese dagli imprenditori privati nell’economia di mercato con un piano produttivo determinato dagli obiettivi strategici stabiliti dal Partito comunista sovietico e resi operativi con matrici input-output costruite in termini fisici. I prezzi erano amministrati e non svolgevano alcun ruolo nel determinare l’incontro della domanda e dell’offerta, mentre la moneta aveva solo un compito passivo. (Fonte: Vera Zamagni - Dizionario di Economia e Finanza Treccani 2012)

(19)

riferimento alla Knowledge Economy (Shi et al., 2006). Il loro contributo è 13

stato di primaria importanza anche in campo occupazionale, ed esempio i 19 milioni di lavoratori licenziati dalle SOEs dal 1998 al 2003 sono stati reimpiegati prevalentemente in PMI private. Sempre ad esse è attribuibile il merito della riscoperta dei caratteri dell’imprenditorialità e della managerialità, entrambi necessarie per lo sviluppo aziendale sopratutto in un contesto di crescente complessità e variabilità (Marchi, 2014). Come riportato da numerosi studiosi, dopo la decisione del governo di permettere l’esistenza di organizzazioni private, il tradizionale spirito imprenditoriale riemerse in quasi tutti gli angoli del paese (Malik, 1997) e questi nuovi imprenditori diventarono per la Cina il “genio magico appena uscito dalla lampada” (Tan, 2001). Anche la managerialità, prima soffocata nelle SOEs dalla troppa burocrazia e dalla mancanza di incentivi, oggi è perfettamente presente in quasi ogni organizzazione.

Per meglio comprendere lo sviluppo delle PMI private nell’economia cinese è opportuno richiamarne le principali fasi:

I FASE (1978 - 1992) - Il Governo Cinese supporta ed incoraggia la nascita di TVEs (Township and Village Enterprises), imprese collettive ed imprese 14

individuali per incentivare lo sviluppo economico e sociale del paese.

II FASE (1992 - 2002) - Il Governo Cinese focalizza la sua attenzione sulla riforma delle PMI possedute dallo stato e sullo sviluppo dei settori non pubblici. Vengono adottate diverse misure come fusioni, acquisizioni, ristrutturazioni, joint-venture, leasing e vendite per diminuire gradualmente la presenza di PMI statali ed incentivare lo sviluppo di PMI private.

III FASE (dal 2002 in poi) - Il Governo Cinese emana in data 19 febbraio 2002 la Legge per la Promozione delle Sviluppo delle PMI Cinesi con lo scopo di: incentivare lo sviluppo delle PMI; rimuovere eventuali barriere istituzionali per le

“We define the knowledge economy as production and services based on

13

knowledge-intensive activities that contribute to an accelerated pace of technological and scientific advance as well as equally rapid obsolescence. The key components of a knowledge economy include a greater reliance on intellectual capabilities than on physical inputs or natural resources, combined with efforts to integrate improvements in every stage of the production process, from the R&D lab to the factory floor to the interface with customers.” (Powell et al., 2004)

TVEs include enterprises sponsored by townships and villages, the alliance

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imprese private; rendere equo l’ambiente competitivo; promuovere l’innovazione tecnologica e la ricerca scientifica; ottimizzare la struttura industriale delle PMI; migliorare la qualità generale e la competitività delle PMI. Riepilogando, due fattori in particolare hanno giocato un ruolo fondamentale per lo sviluppo delle PMI in Cina: la rapida diffusione delle TVEs durante la prima fase (le dimensione medie possedute da queste imprese consentono di catalogarle tra le PMI) ed il rapido sviluppo delle imprese private iniziato nella seconda fase e ancora attivo (Chen, 2006) incentivato dalla privatizzazione delle aziende statali di minori dimensioni.

DEFINIZIONE ATTUALE - Il Regolamento sugli Standards per la

Classificazione delle Piccole e Medie Imprese Cinesi emanato in data 18

giugno 2011 dal Ministero dell’Industria e della Tecnologia Informatica, in comunione con il Ministero del commercio, l’Agenzia Nazionale di Statistica e la

Commissione Nazionale per lo Sviluppo e le Riforme riporta in modo puntuale

la definizione di PMI attualmente valida per la legislazione cinese. In particolare, le PMI vengono suddivise in tre categorie (mini-imprese, piccole-imprese e medie-imprese) utilizzando come criteri selettivi il settore di appartenenza, il numero dei dipendenti, il totale attivo di bilancio e/o il fatturato. La classificazione completa è riportata nella tabella che segue:

Tab.1 Classificazione di mini, piccola e media impresa nella Repubblica Popolare Cinese

INDUSTRY

Specific Standards (upper limit)

Medium Small Mini

Agriculture, forestry, livestock farming, fishery Operating Revenue < 200 million Operating Revenue ≥ 5 million and ≤ 200 million Operating Revenue ≥ 0,5 million and < 5 million Operatin Revenue < 0,5 million

Heavy industry Number of employees < 1.000 Or, Operating Revenue < 400 million Number of employees ≥ 300 and ≤ 1.000 And, Operating Revenue ≥ 20 million and ≤ 400 million Number of employees ≥ 20 and < 300 And, Operating Revenue ≥ 3 million and < 20 million Number of employees < 20 Or, Operating Revenue < 3 million INDUSTRY

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Architecture Operating Revenue < 800 million Or, Total Asset < 800 million Operating Revenue ≥ 60 million and ≤ 800 million And, Total Asset ≥ 50 million and ≤ 800 million Operating Revenue ≥ 3 million and < 60 million And, Total Asset ≥ 3 million and < 50 million Operating Revenue < 3 million Or, Total Asset < 3 million Wholesale trade Number of employees < 200 Or, Operating Revenue < 400 million Number of employees ≥ 20 and ≤ 200 And, Operating Revenue ≥ 50 million and ≤ 400 million Number of employees ≥ 5 and < 20 And, Operating Revenue ≥ 10 million and < 50 million Number of employees < 5 Or, Operating Revenue < 10 million

Retail industry Number of employees < 300 Or, Operating Revenue < 200 million Number of employees ≥ 50 and ≤ 300 And, Operating Revenue ≥ 5 million and ≤ 200 million Number of employees ≥ 10 and < 50 And, Operating Revenue ≥ 1 million and < 5 million Number of employees < 10 Or, Operating Revenue < 1 million Transportation industry Number of employees < 1.000 Or, Operating Revenue < 300 million Number of employees ≥ 300 and ≤ 1.000 And, Operating Revenue ≥ 30 million and ≤ 300 million Number of employees ≥ 20 and < 300 And, Operating Revenue ≥ 2 million and < 30 million Number of employees < 20 Or, Operating Revenue < 2 million Warehousing industry Number of employees < 200 Or, Operating Revenue < 300 million Number of employees ≥ 100 and ≤ 200 And, Operating Revenue ≥ 10 million and ≤ 300 million Number of employees ≥ 20 and < 100 And, Operating Revenue ≥ 1 million and < 10 million Number of employees < 20 Or, Operating Revenue < 1 million

Postal industry Number of employees < 1.000 Or, Operating Revenue < 300 million Number of employees ≥ 300 and ≤ 1.000 And, Operating Revenue ≥ 20 million and ≤ 300 million Number of employees ≥ 20 and < 300 And, Operating Revenue ≥ 1 million and < 20 million Number of employees < 20 Or, Operating Revenue < 1 million Specific Standards (upper limit)

Medium Small Mini INDUSTRY

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Accommodatio n industry Number of employees < 300 Or, Operating Revenue < 100 million Number of employees ≥ 100 and ≤ 300 And, Operating Revenue ≥ 20 million and ≤ 100 million Number of employees ≥ 10 and < 100 And, Operating Revenue ≥ 1 million and < 20 million Number of employees < 10 Or, Operating Revenue < 1 million Restaurant and catering industry Number of employees < 300 Or, Operating Revenue < 100 million Number of employees ≥ 100 and ≤ 300 And, Operating Revenue ≥ 20 million and ≤ 100 million Number of employees ≥ 10 and < 100 And, Operating Revenue ≥ 20 million and < 1 million Number of employees < 10 Or, Operating Revenue < 1 million Information transmission industry Number of employees < 2.000 Or, Operating Revenue < 1 billion Number of employees ≥ 100 and ≤ 2.000 And, Operating Revenue ≥ 10 million and ≤ 1 billion Number of employees ≥ 10 and < 100 And, Operating Revenue ≥ 1 million and < 10 million Number of employees < 10 Or, Operating Revenue < 1 million Software and IT service Number of employees < 300 Or, Operating Revenue < 100 million Number of employees ≥ 100 and ≤ 300 And, Operating Revenue ≥ 10 million and ≤ 100 million Number of employees ≥ 10 and < 100 And, Operating Revenue ≥ 0,5 million and < 10 million Number of employees < 10 Or, Operating Revenue < 0,5 million Real estate development industry Operating Revenue < 2 billion Or, Total Asset < 100 million Operating Revenue ≥ 10 million and ≤ 2 billion And, Total Asset ≥ 50 million and ≤ 100 million Operating Revenue ≥ 1 million and < 10 million And, Total Asset ≥ 20 million and < 50 million Operating Revenue < 1 million Or, Total Asset < 20 million Property management industry Number of employees < 1.000 Or, Operating Revenue < 50 million Number of employees ≥ 300 and ≤ 1.000 And, Operating Revenue ≥ 10 million and ≤ 50 million Number of employees ≥ 100 and < 300 And, Operating Revenue ≥ 50 million and < 10 million Number of employees < 100 Or, Operating Revenue < 5 million Specific Standards (upper limit)

Medium Small Mini INDUSTRY

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(I redditi e gli attivi sono espressi in RMB )15

DIFFUSIONE - Secondo quanto riportato dal National Bureau of Statistic of

China nel report relativo all’ultimo censimento effettuato (anno 2016), a fine 2015 in Cina erano operative 383.148 imprese industriali così suddivise:

• Grandi Imprese 3% • Medie Imprese 14%

• Piccole e Mini Imprese 83%

Come evidenziato, quasi la totalità delle imprese industriali (97%) rientra nella definizione di PMI. Nonostante le limitazioni dei dati statistici, dove è possibile trovare riferimenti sono al settore industriale, è ragionevole estendere tale considerazione anche agli altri settori in accordo con quanto generalmente osservato dagli studiosi (Chen, 2006).

Sempre nel 2015, secondo il China Statistical Yearbook, le PMI cinesi hanno contribuito per circa il 58% al PIL ed hanno effettuano circa il 68% delle esportazioni totali. I loro asset, complessivamente, rappresentavano il 53,4% del totale nazionale (inteso come somma degli asset di tutte le imprese cinesi) ed il complessivo dei loro redditi corrispondeva a circa il 64% del totale (inteso come somma dei redditi prodotti da tutte le imprese cinesi). Inoltre le PMI hanno svolto e continuano tutt’oggi a svolgere un importante ruolo per l’aumento del tasso d’occupazione nazionale, esse impiegano circa 82% della forza lavoro complessiva e creano circa il 75% dei nuovi posti di lavoro ogni anno.

Tenancy and business services industry Number of employees < 300 Or, Operating Revenue < 1,2 billion Number of employees ≥ 100 and ≤ 300 And, Operating Revenue ≥ 80 million and ≤ 1,2 billion Number of employees ≥ 10 and < 100 And, Operating Revenue ≥ 1 million and < 80 million Number of employees < 10 Or, Operating Revenue < 1 million Other unlisted industry Number of employees < 300 Number of employees ≥ 100 and ≤ 300 Number of employees ≥ 10 and < 100 Number of employees < 10 Specific Standards (upper limit)

Medium Small Mini INDUSTRY

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1.4 L’influenza politica nelle PMI cinesi

Il modo in cui i rapporti politici influenzano l’operato delle imprese cambia in relazione al contesto economico del paese specifico. È stato dimostrato come in paesi con elevato tasso di corruzione e con un sistema legale debole il valore di un’impresa sia molto influenzato dai rapporti che essa intrattiene con l’organo politico del paese in cui è stabilita (Faccio, 2006). La Cina presentava nel 2016 un Corruption Perception Index (CPI) pari a 40, stabilendosi alla 79esima 16

posizione nella classifica mondiale stilata da Transparency International. Il CPI medio dello stesso anno è risultato essere pari a 43 . Il semplice confronto tra i 17

due indici consente di catalogare la Cina come paese il cui tasso di corruzione è superiore alla media. È interessante allora analizzare come le performance delle PMI private cinesi siano influenzate dai rapporti con l’organo politico. Come visto nel capitolo precedente, le PMI hanno attraversato un’intesa fase di sviluppo durata circa trent'anni e sostenuta dal Governo. Nonostante la presenza di regolamenti che incentivassero la formazione di PMI private, queste hanno sempre subito discriminazioni sia in campo politico che in campo sociale. Ragioni ideologiche portavano gli uomini impiegati nell’organo politico a considerare le PMI come una forma di proprietà di importanza inferiore, di natura dubbia, ignobile e disonorevole. Ancora oggi l’ambiente economico pone non pochi ostacoli allo sviluppo delle PMI private poiché il Governo, proprietario della maggior parte delle risorse, avvantaggia le imprese statali nell’ottenimento di prestiti bancari ed altri importanti input. In questo contesto sfavorevole è quindi comunemente ritenuto necessario stabilire connessioni con l’organo politico per poter progredire senza troppi ostacoli. Molti imprenditori cercano di curare i propri rapporti con il Partito, così facendo entrano in contatto con altri

First launched in 1995 by Transparency International, the corruption perceptions

16

index has been widely credited with putting the issue of corruption on the international policy agenda. “Each year we score countries on how corrupt their public sectors are seen to be. Our Corruption Perceptions Index sends a powerful message and governments have been forced to take notice and act. Behind these numbers is the daily reality for people living in these countries. The index cannot capture the individual frustration of this reality, but it does capture the informed views of analysts, businesspeople and experts in countries around the world” (Fonte: trasparency.org)

Il CPI medio si riferisce alle 176 nazioni attualmente classificate impiegando una

17

scala che va da 100 (per nulla corrotto) a 0 (altamente corrotto). (Fonte: repubblica.it 25 gennaio 2017)

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membri del Partito stesso facilitando l’instaurarsi di rapporti con le più alte cariche politiche cinesi, come ad esempio con i membri del Congresso del Popolo. Sebbene questo sia una convinzione molto diffusa tra gli imprenditori cinesi, alcuni studi hanno dimostrato che in realtà avere stretti rapporti con l’organo politico non porti i vantaggi ricercati. Uno studio pubblicato da Zhao Na, Wang Fusheng e Tian Hao del HIT (Harbin Institute of Technology, China) nel 2010 dimostra che i costi marginali derivanti da tali legami superano i ricavi marginali conseguibili con una conseguente diminuzione del valore delle PMI cinesi . Gli interventi normativi in atto dal 2003 hanno come focus l’eliminazioni 18

delle suddette barriere e la creazione di un ambiente competitivo più equo per le PMI private nella consapevolezza del ruolo chiave da esse ricoperto nello sviluppo dell’intero paese. Tuttavia è ragionevole presumere che siano necessari ancora degli anni affinché nella Repubblica Popolare Cinese le PMI statali e le PMI private godano degli stessi benefici, e di ciò è responsabile la persistenza di fattori culturali e ideologici. Sebbene lo sviluppo delle PMI private sia avvenuto in soli trent’anni, si è consapevoli che i cambiamenti culturali richiedano un lasso di tempo di gran lunga maggiore. 


Lo studio è stato condotto su un campione di 150 PMI quotate alla Shenzhen Stock

18

Exchange. Per determinare il valore delle imprese selezionate è stato utilizzato il Tobin’s Q, una variabile dipendente definita come il rapporto tra il valore di mercato dell’impresa ed il costo di rimpiazzo del suo stock di capitale. È stato verificato che il 92% del campione aveva delle connessione con l’organo politico e nel 26% dei casi tali connessioni potevano essere definite forti (si parla di connessioni forti quando più del 40% del management dell’impresa presenta interessi politici). Lo studio dimostra che il valore del Tobin’s Q delle organizzazioni politicamente connesse risulta essere inferiore

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2. LUNA S.R.L.

Luna s.r.l. è una società con sede a Vicopisano, in provincia di Pisa, operante

nel settore calzaturiero. Essa rientra nel quasi totalitario gruppo delle PMI italiane ed in particolare nel sottogruppo delle piccole imprese. Si ricorda che ai sensi dell’art. 2 del decreto del 18 aprile 2005, un’impresa può godere dell’appellativo piccola solo se rispetta contemporaneamente i seguenti criteri:

numero di occupati inferiore a 50

fatturato annuo o totale di bilancio annuo non superiore a 10 milioni di euro La società in esame infatti alla data di chiusura dell’ultimo bilancio (anno 2016) occupava un totale di 7 dipendenti, aveva prodotto un fatturato di circa 3,5 milioni di EUR e presentava un totale di bilancio di poco inferiore ai 4 milioni di EUR , rispettando i criteri classificatori imposti dal legislatore italiano. 19

La volontà di reagire ai cambiamenti in atto causati dalla globalizzazione e dall’innovazione tecnologica per cercare di rimanere competitivi sul mercato e sfruttare le opportunità emergenti ha acceso l’interesse di Luna verso temi quali la digitalizzazione e l’internazionalizzazione. È stata chiaramente percepita dalle figure apicali della società la necessità di ampliare l’attuale bacino clienti oltrepassando i confini dell’Europa e di rinnovare il modello di business finora seguito. Tali obiettivi risultano altamente sfidanti per una piccola impresa, a causa soprattutto dei limiti conseguenti la sua ridotta dimensione (si cita ad esempio la scarsità di risorse finanziarie). A supporto del progetto di crescita pensato da Luna possono però essere impiegate le nuove tecnologie informatiche, si parla ad esempio di internet, le quali frantumano alcune delle barriere con cui le PMI si scontrano durante l’implementazione di una strategia di internazionalizzazione.

L’intero elaborato intende verificare l’effettivo supporto offerto dall’innovazione tecnologica alle PMI con particolare focus sui vantaggi che un loro impiego può apportare al processo di internazionalizzazione del loro business. Per fare ciò, quanto verrà teoricamente esposto sarà empiricamente verificato sulla società

I dati riportati sono stati presi dall’ultimo bilancio disponibile sul database AIDA

19

(27)

Luna con il fine ultimo di definire una strategia di internazionalizzazione adatta

al caso in esame.

Viene fornito di seguito un approfondimento sulla suddetta società, un breve accenno alla sua storia, al suo attuale sistema prodotto e alla strategia distributiva attuata costituisce un preambolo a quanto verrà in seguito sviluppato.

2.1 Cenni storici

Nel 1973 l’imprenditore Luciano Barachini, insieme ad altri quattro soci, costituisce la società Centauro. Nata per sopperire all’esigenza produttiva di

Etienne Aigner (fashion house con sede a New York City), Centauro dapprima

focalizza la sua produzione esclusivamente sul soddisfacimento delle richieste provenienti dal cliente americano. La pregressa esperienza dei soci fondatori nel settore calzaturiero consente a Centauro di conseguire risultati brillanti e di rispondere adeguatamente all’alto contenuto tecnico e all’alta qualità del prodotto richiesto. Le performance raggiunte permettono l’ampliamento dello stabilimento produttivo ed in questo vengono impiegati operai ed attrezzature altamente specializzati. La volontà di sfruttare la scia della crescita si trasforma nella decisione di produrre e vendere una propria linea di scarpe. In un primo momento i risultati non sono in linea con quanto sperato, il parziale insuccesso è dovuto principalmente all’inesperienza nello studio dei modelli, ad un’inefficace strategia distributiva, ad un’inappropriata strategia di posizionamento, all’incapacità di gestire i rapporti con i clienti insolventi. Presa coscienza dei propri errori e delle proprie mancanze, Centauro riesce nel tempo a stabilizzare la produzione della propria linea sulle 500.000 unità vendute all’anno. Questo consente il perdurare della società anche dopo la decisione delle fashion house americana di porre fine ai rapporti contrattuali tra loro esistenti. Etienne Aigner infatti, per godere di condizioni di costo più vantaggiose, decide di commissionare la produzione dei modelli finora prodotti da Centauro ad altre società site in Brasile e Spagna.

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liquidare i propri soci e costituire un consorzio (denominato Luna) insieme ad altre piccole aziende impegnate nella produzione di suole, tacchi, guarnizioni, pelle e altro. Non riuscendo a reperire personale specializzato nella cucitura delle tomaie in Italia, Luciano Barachini decide di rivolgersi all’estero ed in particolare all’Ungheria. Inizia quindi un periodo di produzione “mista”, le materie prime vengono acquistate in Italia e spedite in Ungheria dove avviene la produzione dei semilavorati, questi ultimi a loro volta vengono spediti in Italia per l’assemblaggio e per apportare le rifiniture necessarie ad ottenere un output di qualità. Questa parziale esternalizzazione permette di ottenere importanti benefici di costo senza sacrificare il riconoscimento “Made in Italy” per i propri prodotti.

Nel 2004 l’Ungheria entra a far parte dell’Unione Europea, il livello salariale aumenta e la strategia perseguita fino a quel momento diventa non più sostenibile. Si fa spazio l’idea di esternalizzare la produzione in oriente, in particolare a Foshan, nella provincia cinese del Guangdong, dove opera un’azienda già nota ai tecnici di Luna. Le reticenze in merito al carattere qualitativo degli articoli prodotti in Cina vengono presto superate, i controlli effettuati in loco dai tecnici italiani valutano la qualità prodotta in linea con le aspettative della società e soprattutto con quelle dei clienti finali. Dal 2004 la produzione non rientra più tra le attività svolte direttamente dalla società sebbene essa mantenga sempre uno stretto controllo sull’intero processo produttivo. Luna, tutt'oggi, si occupa esclusivamente della progettazione dei modelli, dell’acquisto delle materie prime (presso fornitori situati sia in Italia che all’estero) e della commercializzazione del prodotto finito.

Nel 2007 è Marco Barachini, figlio di Luciano, a prendere le redini dell’azienda. Il suo coinvolgimento nella gestione della società fondata dal padre rappresenta la delicata fase del passaggio generazionale ma al contempo rappresenta per l’azienda un momento di svolta. Al carattere dell’imprenditorialità, tipico delle piccole aziende familiari, si affianca il carattere della managerialità. Viene infatti posta maggiore attenzione nella selezione delle risorse da inserire in azienda, avendo riguardo al loro percorso di studi e alle esperienze maturate in altre realtà aziendali. Viene instituito un budget specifico destinato alle attività di marketing, prima superficiali e sporadiche, ora mirate e continuative. Viene

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rafforzare la presenza del marchio sui social media italiani come Facebook e Youtube.

Continua tutt’oggi l’impostazione gestionale iniziata nel 2007 con il Dott. Marco Barachini e la volontà di una profonda penetrazione nel mercato internazionale diventa sempre più impellente. L’attenzione oggi si sposta in oriente, sopratutto in Cina, dove la presenza commerciale del brand Luciano Barachini è ancora nulla ma le opportunità da sfruttare assumono un aspetto sempre più concreto.

2.2 Il sistema prodotto e i canali distributivi

Luna s.r.l., con sede a Vicopisano, è una società operante nel settore

calzaturiero. La sua principale attività è la commercializzazione di scarpe da donna con il marchio Luciano Barachini.

L’azienda presenta al mercato due diverse linee di prodotto (la linea Oggi e la linea Jewel) e rinnova la sua offerta due volte in un anno. Ciascuna linea si compone di varie tipologie di articoli, sono presenti infatti scarpe con tacchi di varie altezze (basso, mezzo tacco, alto) e diverse combinazioni di colore e materiale (per ogni modello vengono proposte da 4 a 12 combinazioni diverse). L’offerta viene inoltre completata con vari accessori, sopratutto borse, ideati per creare un outfit unico. Il target dell’azienda è la donna dai 20 ai 60, tale varietà di prodotti consente infatti di rispondere ad un ampio ventaglio di bisogni senza però mai perdere di vista le linee di base che caratterizzano il brand.

La scelta dei modelli da produrre viene svolta principalmente dal Dr. Marco Barachini. In un primo momento egli seleziona i prototipi da sviluppare sulla base dei disegni prodotti dagli stilisti, poi in collaborazione con l’ufficio commerciale, l’ufficio marketing, l’ufficio tecnico e gli agenti di commercio, seleziona tra i prototipi prodotti i modelli maggiormente in linea con i trends di moda prospettabili per l’imminente futuro. Questo processo di scelta viene messo in atto con largo anticipo (ad esempio, i modelli della collezione Primavera/Estate 2018 sono stati selezionati nel mese di Aprile 2017).

Tale strategia operativa incontra le esigenze della strategia distributiva scelta e perseguita ormai da tempo dall’azienda. Non possedendo negozi monomarca,

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organizzate per agevolare l’incontro tra domanda e offerta mettendo in diretto contatto i venditori con i compratori (in questo caso per compratori si intende i negozi multimarca di scarpe e abbigliamento). Ogni anno, nel mese di Settembre e nel mese di Marzo, viene organizzata a Milano da

Assocalzaturizici la più importante fiera italiana del settore calzaturiero 20

(theMicam) e per Luna è un appuntamento diventato ormai fisso. A Settembre 2017 gli espositori hanno presentato la collezione Primavera/Estate 2018, mentre a Marzo 2018 presenteranno quella Autunno/Inverno 2018. Questa indicazione consente di comprendere l’obbligatorietà di agire con un certo anticipo sulla scelta dei modelli. È di essenziale importanza esporre durante la fiera di settore l’offerta nella sua interezza, una non esposizione di alcuni modelli potrebbe precluderne la vendita.

Ruolo fondamentale viene dato agli agenti di commercio. Essi curano i rapporti con i clienti, incentivano le vendite ed evidenziano eventuali problematiche riscontrate nel prodotto. Ogni regione italiana ha un agente di riferimento e così ogni stato Europeo. Questo consente al brand Luciano Barachini una presenza capillare in Italia e saldi rapporti commerciali all’estero.

La società intrattiene buoni rapporti commerciali anche con il gruppo americano McArthurGlen proprietario di Designer Outlet Malls in tutto il mondo. In particolare, Luna vende eventuali rimanenze al Designer Outlet di Barberino di Mugello (FI) e questo, a sua volta, offre i prodotti acquistati al cliente finale praticando prezzi molto competitivi.

Altri canali di sbocco per il brand Luciano Barachini sono i siti e-commerce zalando.it, asos.it, amazon.it, yoox.com. Il canale di vendita anche in questo caso risulta essere indiretto, infatti i siti e-commerce sopra elencati fungono da intermediari tra azienda e consumatori.

Luna non si rivolge direttamente al cliente finale, non possiede negozi

monomarca né un sito e-commerce proprietario, ma si avvale del lavoro di diversi intermediari per attuare la propria strategia distributiva. È possibile quindi affermare che Luna usa esclusivamente canali di distribuzioni indiretti ed in particolare utilizza un canale indiretto breve quando il prodotto raggiunge il

Assocalzaturifici è l’associazione che  rappresenta a livello nazionale le imprese a

20

(31)

consumatore tramite la sola intermediazione dei siti e-commerce o del gruppo americano McArthurGlen, utilizza invece un canale indiretto lungo quando oltre al dettagliante (rappresentato dai negozi multimarca clienti di Luna) è presente anche la figura dell’agente. È proprio quest’ultima modalità distribuita la fonte principale del fatturato aziendale. 


(32)

3. LA RICERCA DELLA COMPETITIVITÀ OLTRE

CONFINE

Il termine internazionalizzazione è stato ampiamente studiato in dottrina e varie sono le definizioni che ad esso vengono associate: può essere considerato come un processo attraverso il quale un’impresa aumenta gradualmente la propria partecipazione al mercato internazionale (Johansons et al., 1977), come un processo di adattamento della struttura, della strategia e delle risorse di un’impresa all’ambiente internazionale (Calof et al., 1995), o ancora come un processo cumulativo nel quale le relazioni economiche internazionali sono continuamente stabilite, sviluppate, mantenute e dissolte al fine di raggiungere gli obiettivi aziendali preposti (Johanson et al., 1990). In ogni caso, ciò che caratterizza tutte le imprese in procinto di avviare un processo di internazionalizzazione, indipendentemente dalle definizioni che al temine sono state date, è la volontà di guardare oltre i confini nazionali. È, in altre parole, sinonimo di espansione geografica delle attività economiche di un’impresa oltre i limiti del mercato domestico.

Questo fenomeno negli anni ha assunto sempre maggiore importanza ed è diventato oggi una delle principali strategie perseguite per la ricerca e il mantenimento del vantaggio competitivo. Si è passati da un periodo in cui solo pochi individui o imprese, quelli maggiormente propensi al rischio, osavano intraprendere un processo di internazionalizzazione, a quello attuale dove un gran numero di imprese opera o intende operare in mercati diversi da quello domestico. Questo in parte è dovuto anche a: barriere al commercio internazionale, agli investimenti esteri e all’immigrazione più basse risposo al passato con conseguente agevolazione dei flussi di persone, prodotti e capitali tra paesi; miglioramenti nel regime giuridico internazionale con conseguente diminuzione dei rischi nell’intrattenere relazioni commerciali con partner poco conosciuti; miglioramenti negli strumenti di comunicazioni con conseguente facilitazione della diffusione di idee a livello mondiale; economie emergenti come quelle appartenenti al BRICs (Brasile, Russia, India e Cina) o al MINTs (Messico, Indonesia, Nigeria e Turchia) con conseguente generazione di

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diverse opportunità/sfide internazionali per le organizzazioni (Johnson, et al.

2017).

Il crescente uso di strategie di internazionalizzazione, sia da parte delle grandi che delle piccole imprese, è indice della presenza di reali benefici perseguibili con tale scelta, con riferimento non solo al rafforzamento della competitività nel medio-lungo periodo ma anche allo scambio di conoscenze, al miglioramento delle proprie capacità ed ad un aumento del fatturato.

In questo capitolo verranno analizzati i principali motivi che spingono le imprese ad avvicinarsi a nuovi mercati, gli scopi perseguiti e le strategie più comuni. Verranno inoltre individuate le principali barriere che potrebbero ostacolare il processo di internazionalizzazione, contro le quali l’impresa è chiamata a definire una linea d’azione. Quanto teoricamente esposto verrà poi applicato al caso aziendale oggetto di studio durante l’intera trattazione.

3.1 L’origine del processo di internazionalizzazione

Lo scopo perseguito nel processo di internazionalizzazione è per Wilson (2006) degno di estrema importanza, l’autore infatti afferma che la natura dello scopo è strettamente legata alla massimizzazione delle entrate e alla riduzione dei costi derivanti dall’attuazione del processo stesso. È interessante allora porsi due quesiti: come mai un’impresa decide di intraprendere un processo di internazionalizzazione? Cosa la spinge ad internazionalizzare il proprio business?

È importante fin da subito notare che le decisioni e le azioni intraprese dall’azienda in procinto di internazionalizzare il proprio business sono numerose e variano in relazione al settore in cui operano, alla dimensione dell’impresa, alle precedenti esperienze internazionali del management coinvolto. Consapevoli di quanto appena specificato, vengono riportati di seguito i principali scopi perseguiti dalle imprese nel processo di internazionalizzazione ed i motivi che spingono l’impresa ad intraprendere suddetto percorso.

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