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Politiche pubbliche e giovani: mobilità e formazione nei programmi comunitari. Studio di caso

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Academic year: 2021

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Università di Pisa

Dipartimento di Scienze Politiche

Corso di Laurea magistrale in Studi Internazionali

Tesi di Laurea

Politiche pubbliche e giovani: formazione e mobilità nei

programmi comunitari.

(Studio di caso)

Relatore:

Candidata:

Prof. Massimiliano Andretta

Caterina Pacella

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Young people everywhere: Have aspirations and want to participate fully in the lives of their societies. Are key agents for social change, economic development and technological innovation. Should live under conditions that encourage their imagination, ideals, energy and vision to flourish to the benefit of their societies. Are confronted by a paradox: to seek to be integrated into the existing society and to serve as a force to transform it. (United Nations)

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Indice

Introduzione ... pag. 6 Capitolo I

Le politiche pubbliche ... pag. 10

1. Definizione di “Politica” ... pag. 10 2. Un‟altra faccia della realtà politica: le politiche pubbliche ... pag. 15

2.1. Tipi di politiche ... pag. 16 2.2. Le diverse fasi delle politiche: i processi decisionali come

politiche pubbliche ... pag. 24 2.3. Chi interviene? ... pag. 39 3. Metodologia della ricerca politica ... pag. 44 4. Conclusioni ... pag. 47

Capitolo II

Cenni introduttivi sulla condizione giovanile ... pag. 49

1. Differenti condizioni giovanili in differenti contesti ... pag. 52 2. Importanza dei giovani e del loro ruolo in società ... pag. 58 3. Definizioni sulle politiche giovanili ... pag. 63 3.1. Definizione europea e cenni storici ... pag. 66 3.2. Definizione in Italia e cenni storici ... pag. 70 4. Conclusioni ... pag. 75

Capitolo III

Il diritto dei giovani: dal piano internazionale a quello nazionale, passando per quello europeo ... pag. 76

1. Le Nazioni Unite ... pag. 76 2. Il Consiglio d‟Europa ... pag. 80 3. ERYICA ... pag. 87

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4. European Youth Forum ... pag. 93 5. Italia: dal POGAS al Dipartimento della Gioventù e del Servizio

Civile Nazionale ... pag. 98 6. Conclusioni ... pag. 112

Capitolo IV

ERASMUS: il programma per eccellenza dei giovani europei ... pag. 113

1. Nascita e breve storia del programma ... pag. 113 1.1.Caratteristiche generali ... pag. 119 1.2.Specificità e obiettivi ... pag. 123 2. Evoluzione del programma ... pag. 125 2.1. LLP/Erasmus (2007-2013) ... pag. 125 2.2. Erasmus+ (2014-2020) ... pag. 133 2.3. Le differenze tra i due Programmi ... pag. 143 3. Erasmus+: importanza dell‟apprendimento non formale e

informale per i giovani ... pag. 146 4. Un‟azione chiave per i giovani europei: scambi giovanili in

Europa e cooperazione con i Paesi partner nel mondo ... pag. 150 5. Conclusioni ... pag. 154

Capitolo V

“4 SOUTH. Da Nord-Sud a Sud-Sud”: un progetto del CISS

(caso studio) ... pag. 157

1. Che cos‟è il CISS e di cosa si occupa? ... pag. 157 2. “4 SOUTH. Da Nord-Sud a Sud-Sud”. Un progetto per i giovani:

le loro prospettive ai nuovi approcci della cooperazione allo

sviluppo ... pag. 161 2.1. Come nasce l‟idea di promuovere questo progetto e quali

sono gli obiettivi principali... pag. 163 3. Il progetto in pratica ... pag. 168 4. Le voci e le esperienze dei giovani all‟estero: testimonianze

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direttamente da Guatemala, Brasile, Grecia e Romania ... pag. 175 5. Conclusioni ... pag. 190

Politiche giovanili: alcune conclusioni ... pag. 191 Bibliografia ... pag. 199 Sitografia ... pag. 201 Documenti ... pag. 204 Appendice ... pag. 207

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Introduzione

La scelta dell‟argomento che verrà trattato nel presente lavoro è stata dettata da due motivi principali. Innanzitutto, da un interesse personale nei confronti del tema principale dell‟intera tesi, nonché i giovani e le politiche; a incrementare tale interesse si è, inoltre, aggiunta la partecipazione diretta a un progetto di scambio interculturale sulle politiche giovanili promosso da una ONG con sede a Palermo, CISS – Cooperazione Internazionale Sud Sud, presso cui ho svolto la mia attività di tirocinio.

I giovani sono oggigiorno al centro di moltissime discussioni, prospettive future, progetti e obiettivi del nuovo millennio e così via. Questo perché “adorano

ciò che è stato da sempre celebrato: la gioia di vivere, la scoperta di se stessi, la libertà” (Jim Morrison), caratteristiche che consentono loro di distinguersi e

acquisire quelle capacità per poter andare avanti e guardare al futuro con occhi diversi e non contaminati dai problemi che affliggono la realtà. Soprattutto nell‟età contemporanea dove, la crisi in primis sta causando serie problematiche all‟intera società. Se da un lato questo favorisce, per esempio, la criminalità e la “malavita”, dall‟altro stimola i giovani a un miglioramento, a un atteggiamento di reazione e rivincita, nonché di cambiamento e rivalsa.

Per cercare di procedere verso un livello più profondo e non superficiale di quanto è stato definito finora, ho strutturato il mio lavoro di tesi procedendo dal generale al particolare, con un caso studio (il progetto di cui sopra). Per facilitare questo percorso, è stato suddiviso in cinque capitoli, le cui linee generali verranno di seguito illustrate.

Nel primo capitolo, innanzitutto, ho ritenuto opportuno fare una breve introduzione sulle politiche pubbliche. Prima di far questo, però, era necessaria una premessa in merito a qualcosa di cui si parla ogni giorno alla radio, nei programmi televisivi, nei giornali, in internet o col semplice vicino di casa: la politica. Come si vedrà nel capitolo in questione, è difficile riuscire a dare una definizione univoca della “politica” anche se molti filosofi, storici e studiosi stanno da tempo ormai cercando di farlo. Se è vero che la politica ha tre facce –

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che una delle tre. Ci si riferisce alla policy, intesa come programmi di azione, provvedimenti e interventi che vengono proposti dagli attori politici e decisi nelle sedi politiche e che ricadono, di conseguenza, sulla vita quotidiana dei cittadini., il cui studio serve a rilevarne i costi, i benefici e il processo decisionale che vi sta alla base. I vari studi su di esse condotti, hanno permesso l‟individuazione di diversi tipi di politiche pubbliche e l‟identificazione di alcune fasi che si evidenziano e svolgono al loro interno e che verranno anche considerate come punto di riferimento nell‟intero lavoro. Lo stesso discorso vale per la “metodologia della ricerca politica”, il cui approfondimento in un paragrafo specifico serve da linea guida per meglio comprendere la struttura della presente tesi.

Dopo una premessa simile, era necessario ingrandire la lente sui veri protagonisti non soltanto del lavoro, ma anche della società contemporanea in generale. I giovani hanno sempre assunto ruoli importanti nello scenario globale ma, ancor di più oggi, sono considerati delle miniere da sfruttare. Nel secondo capitolo, infatti, viene fatta leva sulla rilevanza che assumono e il ruolo che svolgono all‟interno della nostra società e, inoltre, si cercherà di dare una definizione – oltre che di “giovani” – sulle politiche giovanili in Italia e in Europa, non tralasciando le differenze che possono emergere mettendo a confronto diverse realtà. Non è possibile, infatti, parlare di “giovani” in generale, in quanto è sempre fondamentale considerare i contesti a cui si fa riferimento, con problematiche, caratteristiche e tratti distintivi propri.

Questa importanza rivolta ai giovani trova riscontro in moltissimi atti, documenti, rapporti, etc. redatti sia da istituzioni di livello internazionale, sia da organismi su scala nazionale e locale. Sembra, infatti, che il loro interesse nei confronti delle nuove generazioni stia aumentando sempre più, con lo scopo di rendere omogeneo il contesto sociale, politico ed economico in cui sono immersi. Questo è quanto viene trattato nel terzo capitolo, in cui si farà un excursus del diritto dei giovani procedendo dal piano internazionale (con il ruolo svolto, per esempio, dalle Nazioni Unite e dal Consiglio d‟Europa) a quello nazionale (dal POGAS al Dipartimento della Gioventù e del Servizio Civile Nazionale),

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passando per quello europeo (considerando il ruolo svolto da ERYICA e dall‟ European Youth Forum).

Nel quarto capitolo, invece, è stata analizzata una delle politiche giovanili per eccellenza, nonchè il programma per eccellenza dei giovani europei: l‟Erasmus. Limitante e restrittiva è la concenzione comune che si ha di tale programma a cui partecipano sempre più giovani europei che abbiano intenzione di effettuare un‟esperienza di studio o tirocinio presso una qualsiasi università o ente convenzionato. Analizzando l‟evoluzione subita dal programma, dalla sua nascita a oggi, è emerso quanto significativo è stato l‟incremento del numero dei partecipanti dall‟inizio ai giorni nostri. Questo ha senza dubbio stimolato l‟Unione Europea a un miglioramento dello stesso, a un perfezionamento di obiettivi e azioni speciafiche ai fini di un‟ottimizzazione del programma. Si vedrà come quest‟ultimo sia ormai considerato un punto di riferimento anche per molti datori di lavoro e dopo aver analizzato caratteristiche generali e obiettivi specifici, verranno approfondite le principali fasi della sua vita: dal Lifelong Learning

Programme della programmazione 2007-2013 all‟Erasmus+, dell‟attuale

programmazione 2014-2020. Non potevano che essere messe in evidenzia le differenze tra le due, così come non potevano non essere approfonditi due punti focali contenuti all‟interno del programma e di notevole rilevanza per la tesi stessa e, nello specifico, per l‟ultimo capitolo, di natura empirica. Si fa riferimento all‟analisi dell‟apprendimento non formale e informale per i giovani e un‟azione chiave per gli stessi: gli scambi giovanili in Europa e la cooperazione con Paesi partner nel mondo.

Come è già stato anticipato, l‟ultimo capitolo è di natura empirica, in quanto basato sulla mia partecipazione diretta a un progetto appartenente all‟Azione 3.2 del sotto-programma Youth in Action e promosso dal CISS, organizzazione non governativa con sede a Palermo, la quale si occupa principalmente di cooperazione internazionale e risulta, inoltre, particolarmente

attiva in campagne di sensibilizzazione dell‟opinione pubblica, nonché in processi e progetti che si occupano dell‟educazione degli studenti e dei giovani, sulle tematiche dello sviluppo. “4 SOUTH. Da Nord-Sud a Sud-Sud”, titolo del progetto sopra citato, ne è un esempio. Come si vedrà dettagliatemente nel

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capitolo a esso dedicato, una delle attività principali prevista dal progetto è stata la realizzazione di uno scambio interculturale tenutosi a Palermo con giovani provenienti da quattro Paesi: due europei, Grecia e Romania, e due “non europei”, Brasile e Guatemala, importanti partner dell‟organizzazione palermitana. Le attività svolte durante la Conferenza sono state basate principalmente sull‟apprendimento non formale: workshop, laboratori, tavole rotonde, attività ricreative hanno permesso la fusione di culture diverse e, di conseguenza, la comparazione delle diverse realtà di cui fanno parte, con particolare riferimento alle politiche giovanili attuate all‟interno delle stesse e i nuovi obiettivi del millennio in relazione ai giovani. Ciò ha dato modo di elaborare proposte ai fini di un miglioramento delle condizioni a livello nazionale, ma soprattutto globale, basato sulla cooperazione. Per avere un riscontro in relazione agli obiettivi raggiunti dal progetto, ho voluto dar voce diretta a coloro i quali hanno partecipato. Come si vedrà nel capitolo a cui si sta facendo riferimento, sono stati da me elaborati due test: il primo somministrato alle organizzazioni e il secondo ai giovani partecipanti, che mi hanno permesso di trarre conclusioni – anche a livello generale – grazie a un‟analisi approfondita degli stessi.

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10 Capitolo I

Le politiche pubbliche

Prima di addentrarsi nel pieno della stesura del lavoro e nell‟analisi del tema di riferimento per l‟elaborazione della seguente tesi, che avrà come protagonisti i giovani – e in particolare i giovani di oggi, visti come la chiave per migliorare il futuro, e le politiche di cui sono protagonisti – è opportuno volgere uno sguardo a cosa si trova dietro la loro esistenza, a cosa sta al di sopra di essi e a cosa o chi agisce su di essi.

Bisogna soffermare l‟attenzione su qualcosa che oggi spesso si dà per scontato o acquisito, su cui spesso si dibatte a causa di disaccordi sui punti di dialogo, sulle modalità di svolgimento di determinati lavori, sugli obiettivi da perseguire, su cosa utilizzare per poterlo fare, o quant‟altro.

Così, nel seguente capitolo, partendo dal cercare di dare una definizione di un qualcosa di “comune”, nonché della “politica”, è stato ritenuto opportuno analizzare un‟altra faccia della realtà che la riguarda e, cioè, quella delle politiche pubbliche. Risulta importante capire i diversi tipi di politiche, le fasi che le caratterizzano, così come gli obiettivi, le metodologie e gli strumenti utilizzati, per poter capire meglio anche il tema principale della tesi e, di conseguenza, i capitoli successivi.

1. Definizione di “Politica”

Il termine “politica” è una costante delle giornate di ogni uomo; è sempre più presente in ogni tipo di dialogo, nelle più diverse situazioni, in televisione, alla radio, tra amici o in famiglia. Il suo comune e frequente utilizzo non presuppone, però, una vera conoscenza di ciò che sta dietro questa parola.

Da secoli, ormai, riuscire a dare una definizione univoca su cosa sia la politica è l‟obiettivo di molti filosofi, storici, studiosi che si occupano di scienza politica. Il loro interesse nasce dall‟importanza dell‟esperienza definita “politica”

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nella vita degli uomini di oggi, così come quelli del passato. Si tratta di un‟importanza “vitale” se a essa si associa la realizzazione di condizioni di pace e di sicurezza all‟interno e all‟esterno di uno Stato o l‟esatto contrario; una più ampia protezione sociale o condizioni legate alla prevalenza dell‟emarginazione , così come una maggiore uguaglianza o meno nelle opportunità concesse; le garanzie della libertà o il prevalere dell‟oppressione.

Ed è stata proprio la storia ad averci insegnato questo se si prendono in considerazione, per esempio, le vicende che hanno caratterizzato il XX secolo: le stragi causate dai regimi totalitari nazista e stalinista, le uccisioni e le torture di cui sono stati responsabili numerosi governi autoritari, nonché le innumerevoli vittime delle guerre civili e delle ricorrenti guerre convenzionali.

Quindi, risulta importante, per non dire fondamentale capire cosa effettivamente sia la politica, per poterla affrontare al meglio e con la giusta consapevolezza di ciò che potrebbe causare un determinato atteggiamento rispetto a un altro. Trovare, però, una definizione univoca sembrerebbe quasi impossibile. Ne pervengono diverse, in base anche ai periodi di riferimento: da Aristotele a Cicerone, da Hobbes a Locke, o dai più recenti filosofi e studiosi come Weber (1922), Schmitt (1932), Sartori (1972), Stoppino (1997). Questa difficoltà nel trovare una linea univoca di definizione non è altro che, da un lato il riflesso di una realtà multiforme, dall‟altro è il risultato della notevole diversità delle visioni e degli obiettivi degli studiosi he si sono imbattuti in tale impresa. Nell‟ottica a cui si fa qui riferimento, nonché quella della scienza politica, è opportuno cercare una definizione empirica, che sia in grado di cogliere la realtà concreta, che indichi caratteristiche essenziali e ricorrenti. Questo non è di certo ciò che coincide se si considera la definizione di un qualsiasi cittadino che vede la politica come un qualcosa a cui partecipare esclusivamente al momento delle elezioni e, di conseguenza, vi partecipa con sempre maggiore distacco e disinteresse rispetto al passato.

La “politica”, il cui termine deriva dal greco “polis” che significa “città”, non è solo potere o la lotta per influenzarlo è anche un‟attività o una sfera di azioni che abbiano come obiettivo principale da perseguire quello di risolvere

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problemi di rilevanza collettiva. Si tratta di un‟attività pratica relativa all‟organizzazione e all‟amministrazione della vita pubblica. È l‟arte del governo; non è fatta solo di momenti topici come ad esempio la vita elettorale o l‟approvazione di una legge, ma di una serie di azioni, discussioni, progettazioni, che vengono svolte in diversi contesti e su diversi livelli anche all‟interno dello stesso sistema politico.

Nel modo più immediato, la politica si manifesta attraverso gli attori e i propri comportamenti, tanto che a primo impatto si potrebbe definire la politica come “ciò che fanno i politici” dato che, nell‟era contemporanea, essa è fatta da un ceto ben individuato di professionisti a tempo pieno, di uomini che vivono “di” e “per” la politica. Secondo il sociologo tedesco Weber, la politica non è solo ed esclusivamente una professione; la considera piuttosto una vocazione1. Nonostante ciò, nella scena politica contemporanea, intervengono anche altri attori, che hanno un passato “non politico”, legato a un‟attività professionale autonoma, a risorse accumulate in un‟attività economica (agricola, industriale, commerciale), a una notorietà raggiunta attraverso i media, a un posto dirigenziale in strutture associative di diversa natura, e così via. Non si tratta, quindi, di attori politici e basta, in quanto si collocano a cavallo tra la politica e l‟economia, o la cultura, l‟amministrazione, la religione, o altre sfere di attività ad ampio raggio di azione. Così come non si deve tralasciare l‟importanza della famiglia in tale circostanza e definizione. Proprio le famiglie sono state i principali attori politici del passato e, anche se in maniera più ridimensionata, lo sono ancora adesso (per esempio, grazie ai casi di parentela discendente o collaterale durante gli eventi elettorali o nella vita delle grandi organizzazioni come i partiti).

Riassumendo, la politica non può essere considerata soltanto il terreno di azione di attori che abbiano un‟identità unicamente politica. Prevede la convergenza e l‟afflusso di soggetti provenienti da diversi ambiti, da cui traggono le loro caratteristiche e risorse principali. Di conseguenza, appare difficile definire il confine tra la politica e altri mondi, ma questo non significa che non ci siano

1 È stato da lui affermato in una conferenza tenuta dal sociologo il 28 gennaio 1929 a Monaco di Baviera, intitolata “La politica come professione” che, in lingua originale (tedesco) si traduce in

“Politik als Beruf”, laddove per “Beruf” si intende un’espressione di ambivalenza lessicale che

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differenze tra essi e lo dimostra il fatto che gli scambi tra queste sfere non riguardano in pari misura tutti i soggetti che ne fanno parte. Alcuni, per i propri caratteri distintivi, saranno destinati a emergere.

Ciò che caratterizza la politica sembrerebbe un modus operandi basato sulla non violenza e sul dialogo, piuttosto che sulla coercizione; o ancora si tratterebbe di decisioni prese e imposte da autorità e non basate sul libero scambio; così come si ricorrerebbe a valutazioni di interesse pubblico piuttosto che a quelle dettate dalla razionalità utilitaristica economica; o ancora l‟opinione e la ricerca del consenso prevarrebbero sulla ricerca della verità. Di conseguenza, rispetto a quanto è stato appena affermato, risultano numerose e diverse tra loro le forme in cui si esprime ciò che viene definito con il termine “politica”. Esiste, per esempio, una differenza abbastanza evidente tra un modo “politico” di risolvere i conflitti, nonché pacifico e basato sul dialogo, e un modo coercitivo basato sull‟utilizzo della forza e della violenza. Questa differenza è il risultato di un particolare tipo di esperienza politica, in cui la violenza non è del tutto sconosciuta, in quanto può assumere connotazioni violente e coercitive.

Di certo, anche il concetto di potere diventa fondamentale in una ricerca sul modo di essere della politica. Il possesso del potere corrisponde alla capacità di indirizzare i comportamenti di altri soggetti nella direzione che si ritiene più opportuna ed è una condizione abbastanza ovvia tra gli attori politici. Nell‟attività di quest‟ultimi le cose che occupano un posto preminente sono, senza dubbio, la ricerca, la conquista, l‟utilizzazione e la difesa del potere, fenomeno che appare così tanto diffuso da lasciare le tracce in ogni sfera.

Una caratteristica fondamentale della politica è quella di avere la capacità di assorbire modelli di comportamento che siano il risultato di esperienze molto diverse tra loro. Così, non ci si stupisce se si considera che il dialogo, la violenza, la convinzione, la coercizione, la decisione e la non decisione, ricorrono e coesistono all‟interno della vita politica.

Se ci si chiede, invece, dove l‟esperienza politica si colloca e quale sia il suo luogo privilegiato, la risposta si trova nella radice etimologica della parola stessa che, come è già stato affermato all‟inizio del paragrafo, deriva dal greco

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“polis”, città. La politica appare sempre legata a una collettività definita che, però, non può corrispondere a uno Stato o a un sistema politico. Esiste anche una politica senza lo Stato o al di fuori di esso (nell‟ambito di un‟associazione, per esempio), così da parlare di ubiquità della politica. Le unità politiche sono molto differenziate, rispetto a più di una dimensione e, di sicuro, rispetto allo spazio.

Si trova altresì una grande e vasta eterogeneità in base agli obiettivi che la politica si propone. Sembra, infatti, impossibile definire uno scopo preminente proprio della politica. Nonostante ciò, secondo alcuni filosofi e studiosi come Bobbio2, il fine ultimo della politica risiede nell‟ordine, che servirà come mezzo per riuscire a raggiungere altri fini. Questa teoria non è universale, in quanto per altri l‟ordine viene considerato esclusivamente come un fine intermedio, in vista di altri obiettivi da perseguire. Legata a questo concetto vi è la possibilità di prendere decisioni a cui si arriva scegliendo tra alternative diverse che abbiano conseguenze sulla collettività di riferimento: questo non fa altro che attribuire dei contenuti multiformi alla politica.

Riassumendo e considerando gli aspetti principali dell‟argomento in questione, è possibile affermare che la politica deve fare riferimento a una sede collettiva che non deve necessariamente corrispondere a uno Stato. In questo ambito, che risulta abbastanza variabile, deve essere in grado di distribuire valori e risorse, attraverso un preventivo stabilimento dell‟ordine che può essere garantito attraverso strumenti di varia natura, coercitivi o pacifici. All‟interno della comune categoria della politica si differenziano, di conseguenza, delle politiche particolari, diverse tra loro, con tratti fortemente distintivi. La politica, quindi, riguarda la gestione della collettività responsabile dell‟ordine pacifico.

Come accennato, è di politiche pubbliche che si parlerà nei paragrafi successivi e nell‟intero capitolo, in quanto strettamente connesso all‟argomento di analisi e di discussione della tesi.

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15 2. Un’altra faccia della realtà politica: le politiche pubbliche

Come si è visto nel paragrafo precedente, nelle grandi realtà politiche dell‟era contemporanea, il potere politico assume un peso di grande rilevanza.

All‟interno della politica possono essere, infatti, individuate tre facce, così elencabili:

1) Politics: è lo studio del potere, della sua natura (quali siano

le basi di legittimità, di quali risorse e strumenti si serva), della sua distribuzione e trasmissione (chi lo detenga e quali siano i passaggi nella sua titolarità), nonché il problema del suo esercizio e dei limiti (come possa essere prevenuta l‟utilizzazione arbitraria ed eccessiva da parte dei suoi detentori). È uno studio articolato su due piani e cioè l‟analisi dei regimi politici e lo studio degli attori e dei processi che vi si svolgono;

2) Policy: intesa come programmi di azione, provvedimenti e

interventi che vengono proposti dagli attori politici e decisi nelle sedi politiche e che ricadono, di conseguenza, sulla vita quotidiana dei cittadini. Si parla, quindi, di politiche pubbliche (che verranno approfondite nei prossimi paragrafi), il cui studio serve a rilevarne i costi, i benefici e il processo decisionale che vi sta alla base;

3) Polity: intesa come definizione dell‟identità e dei confini

della comunità politica, nonché il territorio e la popolazione che vi risiede, con le relative strutture e i relativi processi i mantenimento e cambiamento. Si distinguono, al suo interno, polity fortemente centralizzate e omogenee e polity a elevato grado di decentramento e differenziazione.

Nonostante la politica abbia un ruolo importante nella società contemporanea, esiste una faccia delle tre sopra elencate che tocca più direttamente gli individui, i quali partecipano soltanto saltuariamente e con poca intensità alla prima (per esempio, attraverso le elezioni). Si fa così riferimento al grande flusso di decisioni, scelte, provvedimenti prodotti continuamente dalle istituzioni politiche e che si percuotono in modo diretto o indiretto sulla vita quotidiana degli individui, nonché delle famiglie, dei gruppi, delle aziende, ma

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anche degli altri Stati3: le politiche pubbliche. I destinatari delle politiche variano per portata e importanza e cioè possono riguardare sia gruppi cospicui della popolazione o cerchie ristrette; possono, inoltre, avere delle scansioni temporali più o meno precise, ed esaurirsi in un breve o lungo termine.

Studiare le politiche pubbliche presuppone la possibilità di collegare tra loro i vari eventi che riguardano uno stesso problema, il quale abbia rilevanza collettiva. Significa porre al centro della ricerca le specifiche azioni che vengono intraprese dalle diverse autorità pubbliche per affrontare, rinviare o eludere i vari problemi sorti in un particolare ambito. Le politiche pubbliche sono, quindi, un modo per collegare tra loro eventi eterogenei che avvengono in differenti contesti istituzionalizzati, che si dipanano spesso per lunghi periodi di tempo e che abbiano molteplici protagonisti ma che, nonostante ciò possono essere ricondotti a un tratto comune. L‟operazione che permetta di rintracciare il filo, la matrice comune che collega gli eventi, anche quelli più disparati, non è affatto semplice. L‟unità analitica fondamentale è, innanzitutto, costituita da uno specifico problema di rilevanza pubblica: questo evidenzia che, caratteristiche diverse, e anche molto contrastanti tra loro, possono essere predicate per uno stesso attore o per uno specifico livello istituzionale. Un altro aspetto comune è dato dall‟interdisciplinarità, data la necessità di utilizzare informazioni provenienti da settori diversi. O ancora, un altro aspetto comune può essere ricercato nel riconoscimento del carattere convenzionale della delimitazione del campo di indagine, considerando che i confini di una politica pubblica non sono oggettivi, scontati ed evidenti. Un‟altra caratteristica comune, infine, è la molteplicità dei filtri utilizzabili per la selezione dei fatti significativi ai fine della ricostruzione di una politica pubblica4.

Se si ragiona in termini di politiche pubbliche, si devono porre al centro dell‟attenzione le relazioni aggregate da un‟ipotesi di trasformazione di un aspetto della vita collettiva. Le politiche pubbliche sono di per sé delle astrazioni e ciò che le costruiscono sono determinati schemi di comportamento.

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Possono considerarsi due esempi un nuovo codice della strada e la scelta di aderire alla moneta unica dell’Unione Europea.

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Lasswell5 definisce le politiche pubbliche come un programma di azioni proiettato verso il futuro che si basa sull‟individuazione degli obiettivi che abbiano valori prioritari e prevede procedure e atti che abbiano come fine il raggiungimento di questi. Questa definizione è stata accettata da molti studiosi ed evidenzia il carattere intenzionale dell‟intervento delle autorità all‟interno della rete sociale, economica e culturale, nonché il carattere pragmatico di questo intervento.

Non è di certo l‟unica definizione che è stata data in merito alle politiche pubbliche. Hugh Heclo6, per esempio, ha sottolineato che secondo lui le politiche pubbliche non sono “fenomeni che si autodefiniscono, bensì categorie analitiche i cui contenuti sono identificati dall‟analista più che dallo stesso polity maker”. Da questa definizione emerge che le politiche non esistano nella realtà, ma si tratti più che altro di costruzioni analitiche.

È possibile fare una distinzione tra definizioni “ristrette” e “ampie”7

. Le prime riconducono la politica pubblica a una prospettiva tradizionale, considerandola come un fenomeno molto simile alla decisione politica discreta, all‟atto di violizione degli attori pubblici o attività processuali degli stessi. Questa visione, del tutto legittima, non consente, però, di cogliere alcuni aspetti rilevanti dei processi decisionali e cioè, per esempio, quali attori partecipano, quali interazioni sussistono tra loro, e così via. È ciò che, invece, accade con le seconde: le definizioni più ampie favoriscono, infatti, l‟inclusione di una pluralità di dimensioni e di elementi rilevanti di tali processi. Questo consente, di conseguenza, di avere una prospettiva maggiormente realista in relazione alla concretezza dei processi decisionali, in quanto si cerca di comprendere come si intersecano nella quotidianità della loro dinamica i fattori di cui sopra.

All‟interno di questi due gruppi emergono alcune definizioni significative. Tra coloro che danno definizioni ristrette si ricorda Dye, il quale considera le

5

LASSWEL e KAPLAN, Power and Society a Framework for Political Theory, Yale University Press, 1950.

6 Definizione tratta da un articolo dello stesso H. Heclo, intitolato Policy Analysis, contenuto

all’interno del British Journal of Political Science, a cura dell’Università di Cambridge, 1972

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CAPANO, PIATTONI, RONIOLO, VERZICHELLI, Manuale di scienza politica, il Mulino, Bologna 2014 (pp. 297-299)

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politiche pubbliche come “Ogni cosa che i governi scelgono di fare o non fare”8

; o ancora Lowi le considera come una “deliberata coercizione, cioè un insieme di statuizioni finalizzate a fissare i propositi, i mezzi, i soggetti e gli oggetti della coercizione"9. Secondo Mény e Thoenig10 le politiche pubbliche non sono altro che “il prodotto dell‟attività di un‟autorità dotata di potere politico e legittimità a governare”.Tra coloro che, invece, danno definizioni “ampie” di politica pubblica si ricordano: Friedrich, il quale la considera come “un corso di azione intenzionale di una persona, un gruppo o governo all‟interno di un dato ambiente che presenta opportunità e vincoli che la policy si ripromette di utilizzare e superare nello sforzo di raggiungere un fine o realizzare un obiettivo o un‟intenzione”11

; Ranney ritiene la politica pubblica come “un particolare oggetto o gamma di oggetti che sono intesi concernere un desiderato corso di eventi, una selezionata linea di azione, una dichiarazione di intenti e una implementazione degli intenti”12

. Può essere considerata parte di questo gruppo anche la definizione di Dunn, il quale intende la politica pubblica come “l‟insieme delle azioni compiute da un insieme di soggetti, che siano in qualche modo correlate alla soluzione di un problema collettivo – e cioè, un bisogno, un‟opportunità o una domanda insoddisfatta – che sia generalmente considerato di interesse pubblico”13

.

Nonostante le diversità tra le varie definizioni, è comunque possibile trovare dei punti comuni. Analogie e differenze possono essere individuate partendo innanzitutto dal definire cosa NON può essere considerato una politica pubblica. È chiaro che, parlando di politica pubblica non si fa riferimento alle leggi, nonostante esse siano un punto di riferimento fondamentale nei processi di policy. Non si tratta neanche di procedimenti amministrativi, nonostante siano parte integrante dei processi di attuazione delle politiche. Non sono neppure decisioni, anche se ovviamente gli attori di policy prendono decisioni, ma le

8

DYE, Understanding Public Policy, Englewood Cliffs, NJ: Prentice-Hall, 1972, p.1. 9 CAPANO, PIATTONI, RONIOLO, VERZICHELLI, p.315.

10

MENY e THOENIG, Le politiche pubbliche, Il Mulino, Bologna,1991, p. 129. 11

FRIEDRICH, Man and His Government: An Empirical Theory of Politics, McGraw-Hill, New York, 1963, p. 79.

12

RANNEY, Political Science and Public Policy, Markham Publishing Company, Chicago, 1968, p.7. 13

DUNN, Public Policy Analysis: An Introduction, Prentice-Hall, University of Michigan, 1981, p. 60.

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politiche sono un qualcosa di più grande e più articolato rispetto a una singola decisione.

Questo non basta. Esistono anche dei punti in positivo condivisi dagli studiosi e cioè: in primis, il fatto che le politiche siano caratterizzate da un‟intenzionalità perseguita dagli attori coinvolti, nonché i veri protagonisti delle politiche; in secondo luogo, le politiche vengono considerate cone un fenomeno dinamico e processuale che si sviluppa nel tempo. Ed è proprio considerando gli attori, l‟intenzionalità e la dinamicità, che si basa la distinzione precedentemente fatta tra definizioni “ristrette” e definizioni “ampie” di politiche pubbliche.

Quando parliamo di politica pubblica, dunque, facciamo riferimento a un programma di azione pubblica che:

- Generalmente si compone di una pluralità di provvedimenti (anche se in qualche caso un singolo atto di grande importanza può costruire da solo una politica);

- Promana da autorità pubbliche, dunque dotate di una peculiare legittimità alla quale si associa il controllo diretto o indiretto di risorse coercitive;

- Ha valore normativo;

- Si riferisce a un determinato ambito di problemi sociali;

- E di esso fanno parte integrante sia i processi a monte della decisione che quelli a valle di attuazione14.

Risulta, quindi, facile capire perché non è così difficile incontrare delle difficoltà nel vedere e analizzare le politiche pubbliche. Questo ha, però, un vantaggio, in quanto rende immediatamente evidenti i margini di discrezionalità insiti nella loro identificazione. Una politica pubblica, infatti, non è per questo un fenomeno oggettivo che abbia un profilo evidente, ben definito e delineato, compiutamente formalizzato come, per esempio, una legge, un trattato, un‟organizzazione burocratica dai contorni certi.

14

COTTA, DELLA PORTA, MORLINO, Scienza politica, Nuova edizione, Il Mulino, Bologna, 2008. (p.428)

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20

Per questa serie di motivi, le politiche costituiscono l‟oggetto di studio per molte discipline. L‟analisi delle politiche pubbliche si sviluppa all‟interno della scienza politica – una scienza sociale che studia il fenomeno politico attraverso la metodologia delle scienze empiriche – ma è fortemente contaminato da altre discipline, quali l‟economia, la sociologia, la statistica. Consiste in un lavoro di ricerca che ha come unità di analisi fondamentale un problema collettivo nei confronti del quale le autorità pubbliche decidono di fare qualcosa o meno. Di conseguenza, l‟approccio a tale studio può variare a seconda dei metodi adottati e delle finalità.

2.1. Tipi di politiche

La scienza politica, più che occuparsi dei contenuti delle politiche pubbliche, ha ritenuto opportuno concentrarsi sul loro modus operandi. Da ciò, emerge che sono di varia natura le modalità con le quali le politiche agiscono sulla realtà, avendo rilievo sia sulle conseguenze di una politica, ma anche su ciò che sta a monte e cioè sui processi che portano alla sua definizione.

Esiste, così, un‟ampia varietà di politiche pubbliche come per esempio: - Un provvedimento di agevolazioni alle imprese che assegna aiuti pubblici di natura finanziaria a tutte le aziende che presentano determinate caratteristiche;

- Una riforma del fisco che aumenta la progressività del prelievo alleggerendo il carico fiscale delle fasce meno abbienti di cittadini e appesantendo quello delle fasce più ricche;

- Misure che introducono determinati standard qualitativi ecologici nella produzione di beni alimentari;

- La decisione di creare un‟agenzia regolativa in un

determinato settore (ad esempio una autorità Antitrust)15.

15

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Da questi quattro esempi di politiche emerge una chiara differenza tra i loro modi di operare, all‟impatto che possono avere sui cittadini, agli strumenti utilizzati per raggiunger i propri obiettivi.

A tal proposito, lo scienziato politico Theodor Lowi16, ha formulato la più nota classificazione riguardante i vari tipi di politiche, con l‟intento di suddividere i diversi provvedimenti pubblici a seconda delle finalità perseguite. Partendo dal presupposto che per lo studioso le politiche pubbliche non sono altro che “norme

formulate da un‟autorità governativa che esprime l‟intenzione di influenzare il comportamento dei cittadini, individualmente o collettivamente, attraverso l‟uso di sanzioni17”, egli individua le seguenti quattro categorie di politiche in base al

loro oggetto:

1) Politiche distributive. Si tratta di politiche caratterizzate

dalla distribuzione di benefici su basi individuali e particolaristiche. Prevedono la distribuzione di un qualcosa a tutti i destinatari, senza comportare un confronto ravvicinato tra coloro che vengono favoriti e coloro che vengono danneggiati. Tali politiche ricorrono alla coercizione soltanto in casi remoti e i loro benefici si applicano direttamente agli individui18.

2) Politiche redistributive. Si trovano al polo opposto rispetto

alle prime, in quanto è loro caratteristica principale togliere qualcosa a qualcuno per darla ad altri. Di conseguenza, si tratta di politiche che comportano un confronto diretto tra categorie collettive, classi sociali, gruppi beneficiati e danneggiati. Comportano dei condizionamenti sistemici in cui la coercizione non è così remota19.

3) Politiche regolative. Si tratta di politiche che comportano

una limitazione dei comportamenti considerati ammissibili all‟interno di

16

LOWI, La scienza delle politiche, Il Mulino, Bologna, 1999. 17 Vedi: http://www.simone.it/catalogo/v252.pdf

18

Tipico di tali politiche è il cosiddetto log rolling e, cioè, un tipo di pratica frequente in sede parlamentare, in base alla quale ciascun attore va incontro alle richieste di un altro attore nel settore che non lo interessa da vicino, con la consapevolezza che potrà poi contare sul suo favore quando, invece, si tratterà di prendere delle decisioni su ciò che invece gli interessa.

19

Tali tipi di politiche si associano allo scontro ideologico tra partiti o fronti contrapposti e la logica decisionale è quella maggioritaria.

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un determinato ambito o prescrivono degli adempimenti specifici. La loro caratteristica principale è quella di individuare nell‟immediato e con assoluta precisione una particolare categoria di soggetti – come per esempio le imprese, i guidatori, etc. – i quali vengono limitati nella loro libertà di azione. Tali limitazioni vengono considerate legittime in nome di un interesse pubblico e generalmente nella tutela di altre categorie (i consumatori, i lavoratori,etc.). Questo tipo di politiche si basa sulla possibilità immediata del ricorso alla coercizione, ma si applicano all‟ambito individuale di azione20

.

4) Politiche costituenti. Si tratta, in questo caso, di politiche

connesse con la costituzione di un Paese e, di conseguenza, hanno al loro centro norme sui poteri oppure norme sui governanti. Esse tendono a creare nuove autorità o a modificare quelle già esistenti. Così, emerge che la loro azione sull‟insieme della cittadinanza è maggiormente indiretta rispetto alle altre tipologie. In tale contesto, l‟impiego della coercizione ha un carattere remoto e si associa a un effetto di tipo complesso sull‟ambiente21

.

Alla base di questa classificazione, è facile notare come Lowi abbia individuato un elemento non trascurabile dato che le politiche pubbliche non sono altro che programmi di azione di autorità pubbliche (e, quindi di autorità che hanno il pieno controllo sull‟esercizio della coercizione): ci si riferisce al rapporto tra le politiche e la coercizione. Si è visto che l‟impiego della coercizione può essere immediato oppure remoto. Nel primo caso, la politica prevede sanzioni di tipo diretto al fine di assicurarne l‟applicabilità; nel secondo, invece, la politica non comporta sanzioni, oppure possono essere collegate ad essa in maniera molto più indiretta. Il suo ambito di applicazione può, inoltre, riguardare l‟azione individuale o l‟ambiente all‟interno del quale si volgerà l‟azione stessa.

20 Il modo più caratteristico di questa tipologia di politiche è il cosiddetto negoziato tra le parti in causa, alla ricerca di un compromesso accettabile per entrambe.

21

A differenza degli altri casi, qui risulta più difficile stabilire se ci sia e quale sia la caratteristica principale di queste politiche.

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A differenza di Lowi, Wilson22 ritiene opportuno approcciarsi alle diverse tipologie delle politiche tenendo conto dei loro costi e dei loro benefici. Il punto di partenza di questo approccio è la constatazione che in linea di massima, una politica comporta dei benefici – che possono essere materiali o meno – per qualche categoria di cittadini e, accanto a essi, di costi – anch‟essi possono essere più o meno materiali. È facile capire come i costi e i benefici non siano distribuiti in maniera equa tra le diverse politiche. Si distinguono, così, costi e benefici concentrati e costi e benefici diffusi.

Si parla di benefici concentrati quando questi andranno a favore di una categoria di persone o di enti ben definita e particolarmente ristretta. Un esempio può essere considerato un contributo pubblico alle aziende che investono in un‟area meno sviluppata di quel determinato Paese o che introducono certe innovazioni tecnologiche. Lo stesso discorso può essere fatto in merito ai costi concentrati quando, per esempio, i contributi alle aziende possono essere pagati dallo Stato aumentando le tasse a carico dei contribuenti più ricchi e, di conseguenza, a spese di una categoria più ristretta.

I benefici diffusi, invece, si riferiscono a una più ampia platea di cittadini oppure a tutti in generale, come per esempio la riduzione del debito pubblico. Si parla di costi diffusi quando si fa riferimento all‟indebitamento pubblico a spese di tutti i cittadini, sui quali vengono scaricati tali costi.

I due studiosi partono da presupposti totalmente diversi e, quindi, si evince che non è possibile trovare e definire una classificazione univoca delle politiche perché, a seconda delle esigenze di analisi, ne possono essere proposte diverse. Riferendosi alla molteplicità di studi in materia, è possibile affermare che, come nei due casi presi qui in esame, hanno acquisito una maggiore importanza le classificazioni che riescono a far emergere al meglio le problematiche di potere, conflitto e consenso, insite nelle politiche stesse.

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24 2.2. Le diverse fasi delle politiche: i processi decisionali come politiche

pubbliche

Data l‟eterogeneità della materia, molti studiosi di policy studies hanno identificato una serie di fasi distinte per mettere meglio a fuoco e con maggiore precisione l‟intero processo attraverso il quale si svolge una politica, soffermandosi anche sui problemi specifici di ogni singolo momento che lo compone. L‟individuazione delle fasi e della loro sequenza si basa spesso su un modello razionale e funzionale di decisione e, infatti, le fasi corrispondono a passaggi logici di una decisione di tipo razionale e alle funzioni che devono essere svolte per consentirla.

La classica differenziazione delle fasi è quella basata, in ordine, sui seguenti punti: individuazione di un problema, formulazione di una politica, decisione, attuazione della decisione, valutazione dei risultati, continuazione o fine della politica. Procedendo con ordine, vengono di seguito analizzate le singole fasi, facendo anche riferimento allo schema illustrato in basso.

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Fonte: Y. Meny e C-J. Thoenig, Le politiche pubbliche, Il Mulino, Bologna,1991, (p. 127)

1) Individuazione di un problema.

Questa prima fase delle politiche pubbliche è assolutamente significativa e consiste nell‟inclusione all‟interno dell‟agenda politica di uno dei molteplici problemi possibili che possono riguardare la realtà sociale, facendogli così assumere una determinata rilevanza per la vita politica. Questo potrà, di conseguenza, portare alla soluzione del problema. Dal momento che il problema viene condiviso – e non solo rilevato e interpretato come problema collettivo – si inserisce nella fase politica di definizione dell‟agenda setting, che prevede appunto la soluzione di quei problemi che appaiono rilevanti in un determinato

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momento e, per questo, meritevoli di ricevere l‟attenzione da parte di soggetti competenti e delle istituzioni pubbliche. L‟aspetto centrale di tale fase consiste proprio nel fatto che, nel momento stesso in cui qualcosa si definisce come un problema sul quale si deve decidere, si prestruttura l‟ambito delle soluzioni possibili. Cobb, Ross e Ross (1976) hanno formulato una tipologia dell‟agenda setting che individua tre modelli di formazione dell‟agenda, concentrando l‟attenzione sugli attori che promuovono l‟accesso di una questione nelle agende23:

- Nel primo tipo (outside initiative model) un attore

collettivo, esterno alle reti istituzionali, agisce al fine di inserire una questione nell‟agenda politica, auspicando che i decisori la inseriscano nell‟agenda istituzionale;

- Nel secondo tipo (mobilization model) sono gli attori politico-amministrativi che, intendendo decidere su una data questione, agiscono per inserirla nell‟agenda politica mirando a suscitare l‟interesse popolare al fine di costruire il supporto necessario alla decisione;

- Il terzo tipo (inside access model) assume che le questioni entrino in agenda per vie interne al circuito politico-amministrativo, sulla base delle interazioni del sistema partitico, delle richieste degli apparati amministrativi e dei gruppi di interesse privilegiati, delle scadenze istituzionali prefissate (ad es. la legge di bilancio; il rifinanziamento del debito pubblico; etc.)

Questa tripartizione delle dinamiche di agenda consente di coglierne la varietà ma, contemporaneamente di evidenziare come una buona parte delle questioni che entrano nell‟agenda decisionale abbiano origine all‟interno del sistema politico-amministrativo. Tale aspetto non esclude, però, l‟interazione tra la dinamica interna e quelle esterne, che può insistere sia sul cambiamento della definizione dei problemi istituzionalizzati sia sull‟inclusione di nuovi problemi e di nuove soluzioni.

23

CAPANO, PIATTONI, RONIOLO, VERZICHELLI, Manuale di scienza politica, il Mulino, Bologna 2014. (p.303)

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Considerando l‟innumerevole quantità di problemi presentati all‟interno di una società, è facile comprendere come possa delinearsi un carattere competitivo in questo processo. Ed è importante sottolineare come non sempre i problemi abbiano un carattere naturale e oggettivo. L‟individuazione di un problema non segue, infatti, costanti criteri di oggettività, diventando suscettibile a diverse costruzioni. Aspetti che in un primo momento vengono affidati alla responsabilità dei singoli (assumendo carattere privato), in un secondo momento potrebbero diventare, per esempio, considerevoli e degni di ricevere un intervento da parte di autorità pubbliche (assumendo carattere pubblico) o viceversa. E lo stesso può accadere con un problema che può essere considerato nazionale e/o locale. Di conseguenza, è facile intuire che il “gioco” della politica fa sì che soggetti diversi tenderanno a identificare problemi diversi e probabilmente a costruire in modo differente uno stesso problema. E una volta costruito un determinato problema, sarà sempre più difficile scomporlo e ricostruirlo in un altro modo, qualora si volesse.

In questa prima fase diventa, quindi, rilevante il ruolo degli attori, in grado di influenzare l‟agenda politica. Se nell‟Europa del XX secolo sono stati determinanti i partiti politici, oggigiorno tale importanza in questo senso viene affidata ai gruppi di interesse, ai vari movimenti in campo, ma soprattutto ai mass media.

Può accadere che il processo di produzione di una politica si areni in questa prima fase, senza procedere con le fasi successive. Una simile situazione può verificarsi se per gli attori i costi risultano troppo alti o se la possibile soluzione al problema genera conflitti e perdita di consensi. I politici più furbi, così, si limitano soltanto a presentare il problema ai fini propagandistici senza voler trovare una soluzione, con la consapevolezza che questa possa risultare nociva per l‟interesse dei propri partiti e/o dei propri gruppi di appartenenza.

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2) Formulazione di una politica

Una volta individuato un problema e una volta inserito all‟interno dell‟agenda politica, inizia la ricerca delle soluzioni a tale problema e, di conseguenza, di formulazione di una policy.

Questa seconda fase prevede la messa a punto di una serie di attività e provvedimenti attraverso le quali le autorità pubbliche pensano di dare una risposta almeno parziale o temporanea al problema in questione, in cui l‟esito è, appunto, la decisione. È più strutturata rispetto alla fase precedente anche perché si svolge quasi totalmente all‟interno delle istituzioni politiche e amministrative, nonostante sia in stretta interazione con l‟esterno.

È la fase in cui, quindi, si delinea il contenuto della decisione e si costruisce il consenso politico per poterla formalizzare. Per questo, risulta opportuno iniziare con un‟attività di analisi che ha come obiettivo quello di cogliere la realtà e la complessità del problema in questione. Talvolta può essere più lunga e approfondita e svolta da organismi permanenti, istituzionalmente preposti a questo compito (es. staff dei ministeri o gli uffici di documentazione parlamentare) oppure appositamente costituiti (es. commissioni parlamentari e non, commissioni di inchiesta); in altre occasioni, invece, può essere molto più superficiale e, in questo caso, si fa riferimento a informazioni giornalistiche e conoscenze personali dei policy makers, considerate sufficienti.

A uno stesso problema possono essere proposte più soluzioni e, così, si deve effettuare una selezione delle diverse alternative e questo comporta sia una dimensione tecnica che una dimensione politica. Secondo Ripley (1985), infatti, la fase di formulazione deve essere divisa in due sotto-fasi:

- L‟elaborazione tecnica, la quale avviene all‟interno degli apparati amministrativi e, cioè, i ministeri, gli assessorati, etc. Si tratta di individuare la soluzione più appropriata ai fini del raggiungimento dell‟obiettivo prefisso, sulla base di conoscenze specifiche;

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- La decisione politica vera e propria, nonché la costruzione

del consenso politico, la quale avviene all‟interno delle istituzioni politiche in senso stretto – il consiglio dei ministri, le giunte del governo locale, le assemblee legislative – sulla base delle alternative tecnicamente possibili fornite dalle burocrazie. In questo caso, acquisiscono rilievo e importanza i valori e le finalità, così come gli interessi, che devono essere privilegiati ai fini della ricerca della soluzione al problema.

Nella scelta di una determinata soluzione, i politici tenderanno a fare una valutazione anche e soprattutto dei costi e dei benefici che ne potrebbero derivare in termini di consensi elettorali, prima che ancora per la comunità. La soluzione che verrà adottata, di conseguenza, non andrà a ricadere solo ed esclusivamente a beneficio della collettività e dei cittadini che ne sono destinatari; in termini politici, avrà altresì rilevanza sugli stessi attori che hanno provveduto alla formulazione. Di conseguenza, potrebbe verificarsi una situazione in cui, pur in presenza di un problema riconosciuto come uno di grande rilievo e importanza, i conflitti che emergono tra gli attori politici coinvolti blocchino il processo di

policy making.

La fase di formulazione è quella in cui, più che rispetto alle altre, si organizzano delle strutture relazionali specifiche e tendenzialmente persistenti nel tempo e che hanno poco a che fare con una visione meramente formale dei processi decisionali. Queste relazioni coinvolgono esperti, tecnici, politici, burocrati, rappresentanti di gruppi di interesse, i quali si aggregano attorno a un insieme di problemi. Ciò comporta un‟enfasi analitica sui policy networks, termine con cui si indica, secondo Giuliani (1996) “un reticolo di attori, pubblici

e privati, dotati di risorse quantitativamente e qualitativamente diverse, e operanti all‟interno di uno spazio definito dal problema di policy”24

.

24 I principali tipi di network che individua sono:

- Il triangolo di ferro, rappresenta una struttura relazionale caratterizzata dalla presenza di rapporti istituzionalizzati, anche se informali che, all’interno di uno specifico settore di politica pubblica, legano in modo stringente gli apparati burocratici di riferimento, le commissioni parlamentari e i gruppi di interesse più importanti del settore. Focalizza l’attenzione sulla possibilità che questi attori abbiano la massima convenienza a gestire la formulazione delle politiche in arene isolate dall’influenza dell’opinione pubblica e

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3) Decisione

È la fase in cui viene conferita l‟autorità pubblica a un determinato programma, con tutte le conseguenze che questo può avere sul piano della sua efficacia. Questa autorità viene attribuita, in genere, tenendo conto di un requisito fondamentale e, cioè, la legittimità del momento decisionale; gli strumenti più importanti delle politiche vengono decisi in parlamento, quindi all‟interno dell‟organismo considerato la massima espressione della sovranità popolare. È pur vero che, all‟interno e accanto ai meccanismi di decisione formali, si possono trovare quelli informali che correggono le modalità concrete di questa fase in misura non trascurabile.

degli altri attori politico-amministrativi. Ha bisogno di: una forte autonomia dell’assemblea legislativa, così come da parte dei parlamentari rispetto al partito di appartenenza, nonché di una capacità degli apparati amministrativi di resistere alla pluralità di pressioni esterne e di una capacità di alcuni gruppi di interesse di agire come oligopolisti nel proprio settore di riferimento e di catturare l’interesse politico-amministrativo;

- L’issue network, contrariamente al primo, è caratterizzato dalla presenza di un numero potenzialmente elevato e imprevedibile di attori, da un’elevata instabilità e volatilità e dall’improbabilità che una decisione venga presa. Si tratta di reti relazionali che si formano sulla base di una spinta emotiva, dove l’unica cosa in comune tra gli attori partecipanti è la condivisione del fatto che esista un problema comune. È un tipo di network poco efficace nel medio e lungo periodo in quanto risulta difficile definire una strategia comune e anche la condivisione di interessi e prospettive future.;

- La policy community, si caratterizza per rappresentare una vera e propria comunità in senso sociologico. I membri che ne fanno parte condividono non solo un comune interesse per un settore di politica pubblica, ma anche il riconoscimento reciproco. È composta da un numero stabile e non elevato di attori che tendono a negoziare tutte le questioni relative a un determinato settore di policy con uno stile consensuale. È tendenzialmente stabile nel tempo e questa caratteristica gli permette di classificarsi come una risorsa di riferimento e di legittimazione delle decisioni per i decisori politici; - L’advocacy coalition, delinea il processo decisionale come un’arena in cui si

contrappongono almeno due network, coalizioni che competono per imporre le proprie soluzioni. Si tratta di network composti da insiemi di “attori appartenenti a una varietà di istituzioni pubbliche e private a tutti i livelli di governo che condividono un determinato insieme di credenze fondamentali e che cercano di manipolare le regole, le risorse finanziarie pubbliche, e il personale delle istituzioni governative al fine di raggiungere i loro obiettivi nel corso del tempo” (Sabatier e Jenkins-Smith 1993). La loro principale caratteristica, di conseguenza, è la condivisione di uno specifico insieme di valori da perseguire, e di strumenti e strategie da utilizzare. Il network predominante, così, impone le proprie decisioni in un contesto in cui, però, viene continuamente sfidato da almeno un altro network, generando cambiamenti nelle soluzioni dominanti.

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Elementi importanti della fase di decisione, possono essere già rintracciati nelle fasi precedenti, infatti, nel passaggio da una fase all‟altra si realizza generalmente una sorta di imbuto che riduce progressivamente le scelte possibili. In alcuni casi può accadere che, ciò che avviene all‟interno del luogo istituzionalmente sarebbe deputato alla decisione, finisce per essere non altro che una ratifica formale di un qualcosa che è già stato definito altrove.

In questa fase è importante capire chi siano coloro che partecipano alla decisione (chi?), dove avviene la decisione (dove?) e secondo quali procedure e in base a quali principi (come?). Così25:

- Il chi in questione riguarda principalmente la natura degli attori coinvolti nella fase di decisione (possono essere tecnici o esperti; politici espressi dai processi di rappresentanza e cioè leader di partito, parlamentari o uomini di governo; uomini dell‟amministrazione; esponenti dei gruppi di interesse; i cittadini, tramite strumenti di partecipazione diretta) e, di conseguenza, anche le motivazioni che li spingono in tal senso e le risorse di cui si servono e di cui possono valere nel momento della decisione. In base al numero degli attori, pochi o molti, dipendono anche le decisioni e, questo numero inciderà anche sulle modalità perseguite, il come;

- Il dove non è altro che una sede istituzionale e pubblica (per esempio un‟aula parlamentare), ma può anche essere costituito da luoghi informali e riservati. È importante per capire sia il chi che il come della fase decisionale;

- Il come si arrivi alla decisione, prevede diverse modalità. E cioè:

A somma zero, in cui vincitori e vinti vengono lasciati sul campo di battaglia, come nel caso delle decisioni prese a maggioranza in sede parlamentare, così come quelle adottate in

25

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luoghi differenti, in cui la parte dotata di maggiori risorse (coercitive, finanziarie, simboliche), si impongono sulle altre;

Il bargaining, ovvero la negoziazione di ampi

pacchetti decisionali tra le diverse forze politiche, sociali o sindacati, attraverso la quale si cerca di trovare un punto di equilibrio tra le esigenze delle diverse parti;

Il log rolling, cioè quel metodo che si realizza quando ciascuna delle parti in causa, nel conseguire la politica pubblica, si ritaglia un proprio specifico interesse autonomo. A ciascuna parte che interviene nella decisione viene offerto un vantaggio, costruendo così una coalizione positiva di tutti gli interessi.

4) Attuazione della decisione (implementazione)

Questa è la fase che della cosiddetta messa in opera: si occupa di ciò che succede quando una determinata politica viene formalizzata, ovvero quando un disegno di politica pubblica, avendo trovato il consenso politico necessario, viene approvato e assume una veste giuridica sotto forma di legge, regolamento, delibera etc. Spesso si ritiene che la decisione in sé produca quasi automaticamente degli effetti, ma in realtà qualsiasi decisione politica non produce alcun impatto sulla realtà se prima non viene trattata attraverso una serie di azioni senza le quali la decisione non assumerebbe alcun effetto pratico. Il processo decisionale, quindi, non produce effetti sulla realtà, se non attraverso l‟avvio di un processo nuovo, in cui esiste il rischio che gli obiettivi prefissati non vengano raggiunti, ma vengano distorti, tale processo decisionale prende, appunto, il nome di attuazione o implementazione, termine con il quale ci si riferisce alle azioni che si pongano come fine ultimo il raggiungimento degli obiettivi posti da precedenti decisioni di policy.

Secondo gli studiosi di policy studies, la fase dell‟implementazione della decisione si realizza attraverso due procedimenti opposti:

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- Top down, quando la messa in opera procede dall‟alto verso

il basso, nonché viene posta dall‟autorità politica per poi essere trasmessa agli uffici burocratici e, da quest‟ultimi ai destinatari secondo una logica lineare. I sostenitori di tale procedimento ritengono che, per evitare le distorsioni implementative, si deve prestare particolare attenzione al contenuto della decisione politica;

- Bottom up, quando i dettagli operativi dell‟attuazione

vengono definiti, selezionati e tradotti in pratiche specifiche, in particolar modo dagli operatori che agiscono a diretto contatto con i fruitori delle politiche pubbliche. Coloro che sostengono questo procedimento invitano a focalizzare l‟attenzione sui gruppi dei destinatari delle politiche e sulle burocrazie in carico dell‟attuazione e sul loro contesto di riferimento, le loro percezioni e le loro interazioni.

In tale contesto risulta importante fare due precisazioni26:

- Quando si passa dalla definizione astratta di una politica e dalla sanzione decisionale che questa ha avuto all‟applicazione dei suoi contenuti, è necessario un processo di adattamento alle concrete e specifiche realtà alle quali si riferisce la politica stessa. Dal momento che la realtà è molto più diversa rispetto a quanto preventivato dai policy

makers, vengono maggiormente richiesti processi di ridefinizione e

riaggiustamento delle decisioni iniziali. Di conseguenza, i soggetti coinvolti durante la messa in opera vengono caricati di una responsabilità che precluda una buona capacità di adattamento e di interpretazione;

- L‟attuazione di una determinata politica non è demandata a

soggetti – persone o organizzazioni – autonomi, ma a soggetti che abbiano come caratteristiche distintive la qualità, la capacità e degli interessi specifici. Questi potranno entrare in scena nella fase di messa in opera di una politica in diversi modi: facilitandola e potenziandola o rallentandola e riducendola o, addirittura, facendola naufragare. In questa fase assumono un ruolo importante anche i destinatari della politica, i quali avranno la

26

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possibilità di influenzarne l‟applicazione. Il suo successo dipenderà principalmente dall‟atteggiamento dei destinatari, i quali possono decidere di accettare o rifiutare la politica stessa, adottando atteggiamenti cooperativi o antagonistici.

Oggi, la maggior parte delle decisioni viene messa in opera attraverso questa seconda modalità che permetterebbe a una classe politica attenta e capace, di reggere una comunicazione con gli operatori di base e di migliorare o re-indirizzare la politica stessa.

La fase dell‟implementazione è in continua evoluzione – senza alcuna sostanziale soluzione di continuità – delle fasi precedenti e presenta ogni tipo di problematicità27.

La fase in esame è, inoltre, influenzata da diversi fattori considerati “micro”, come ad esempio le caratteristiche spesso economiche e socioculturali del territorio in cui essa opera e insiste; le capacità tecniche; le caratteristiche del sistema politico di riferimento. Così, il processo di implementazione di un programma di politica pubblica è destinato a produrre effetti abbastanza diversificati a seconda dei vari contesti di riferimento.

5) Valutazione

Questa è un‟altra fase costitutiva dell‟intero processo decisionale delle politiche pubbliche. Si tratta di una serie di attività a livello conoscitivo e di giudizio che servono ad accertare gli effetti che sono stati conseguiti da una politica stessa. Erroneamente si potrebbe pensare che concerna esclusivamente

27

Nello specifico:

- Chi ha perso nelle fasi precedenti cercherà di ribaltare la situazione con azioni finalizzate a diluire le soluzioni che sono state decise;

- La dinamica della messa in opera può essere difficilmente di tipo autoritativo. Di conseguenza, si sviluppa sulla base di logiche negoziali tra gli attori partecipanti che strutturano anche l’implementazione come uno strumento di mutuo aggiustamento partigiano. L’esito può essere quello della ridefinizione dei fini della decisione politica, adattandola allo specifico contesto di riferimento;

- Il contenuto delle decisioni è spesso frutto di logiche incrementali, risultando così multiobiettivo, senza una lineare gerarchia tra le finalità da raggiungere.

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