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Massarosa in guerra 1940-1945

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

Dipartimento di Civiltà e forme del sapere

Corso di laurea in Storia e Civiltà

TESI DI LAUREA

MASSAROSA IN GUERRA

1940-1945

Relatore:

Gianluca Fulvetti

Candidato:

Jonathan Pieri

Anno accademico 2013-2014

(2)

4

(3)

5

INDICE

-

ACRONIMI E ABBREVIAZIONI

6

-

INTRODUZIONE

8

-

PARTE PRIMA 1940-1943

11

Capitolo I – Massarosa 12

Capitolo II – Un comune in guerra 23

Capitolo III – Gli sfollati 1940-1943 49

Capitolo IV – I massarosesi sotto le armi 73

Capitolo V – Caduti e dispersi 95

-

PARTE SECONDA 1943-1945

113

Capitolo VI – L’armistizio 114

Capitolo VII – Massarosa 1943-1944 134

Capitolo VIII – La Resistenza 169

Capitolo IX – La terribile estate del 1944 188

Capitolo X – La liberazione 230

Capitolo XI – L’immediato dopoguerra 247

-

CONCLUSIONI

254

-

APPENDICI

261

-

BIBLIOGRAFIA

312

(4)

6

ACRONIMI E ABBREVIAZIONI

- AAA: Anti Aircraft Artillery

- AOI: Africa Orientale Italiana

- APM: Archivio della Parrocchia di Massarosa

- ARMIR: ARMata Italiana in Russia

- ASCM: Archivio Storico del Comune di Massarosa

- ASL: Archivio di Stato di Lucca

- Btg.: Battaglione

- C.le: Caporale

- C.M.: Caporalmaggiore

- CC.NN.: Camice Nere

- CLN: Comitato di Liberazione Nazionale

- CPC: Casellario Politico Centrale

- CSIR.: Corpo di Spedizione Italiano in Russia

- FEB: Força Expedicionária Brasileira

- FF.AA.: Forze Armate

- GNR: Guardia Nazionale Repubblicana

- IMI: Italienischen MilitärInternierten (Internati Militari Italiani)

- MK: Militärkommandantur (Comando Territoriale)

- NAAF: Northwest African Air Forces

- OBS: Oberbefehlshaber Süd (Alto Comando della Wehrmacht,

sud)

- OKW: Oberkommando der Wehrmacht (Alto Comando della

Wehrmacht)

(5)

7

- PPI: Partito Popolare Italiano

- RCT: Regimental Combat Team

- RFSS: «Reichsführer SS» (Divisione)

- Rgt.: Reggimento

- SAP: Squadre d’Azione Patriottiche

- S.C.: Sottocapo

- SEPRAL: Sezione Provinciale dell’Alimentazione

- TA: Toscana Arkivi

(6)

8

INTRODUZIONE

Di opere sulla Seconda guerra mondiale ne esistono migliaia e trattano degli argomenti più disparati, dalla grande strategia al piccolo scontro a livello di plotone, dall’alta politica che muoveva le fila del conflitto alle vicende quotidiane di un piccolo paese coinvolto nella guerra. Come è ovvio quindi, alcuni temi sono stati letteralmente sviscerati e analizzati da molteplici punti di vista, tanto che molto difficilmente su di essi è possibile scrivere qualcosa di realmente nuovo. Ma in quel grande, immane evento quale fu la Seconda guerra mondiale esiste una tale quantità di episodi e un tale numero di storie che molto deve essere ancora reso noto: le vicende che videro coinvolto il comune di Massarosa è uno di questi casi.

È stato versato inchiostro riguardo a Massarosa: si è scritto delle sue origini, del suo sviluppo, della sua gente e del suo dialetto. Si è scritto anche di vicende belliche, soprattutto riguardo alle stragi di civili compiute dalle truppe tedesche nell’estate del 1944 e al movimento di resistenza che si sviluppò nel suo territorio e in quelli limitrofi dopo l’8 settembre 1943. È anche possibile conoscere qualcosa di ciò che accadde nel comune durante il periodo bellico, ma ciò che è stato pubblicato riguarda solamente alcune lettere, alcune vicende occorse durante l’occupazione tedesca e poco altro. La verità è che la storia di Massarosa nel periodo 1940-1945 è un vero e proprio buco nero di cui ben poco è noto, perfino ai massarosesi stessi.

È quindi soprattutto per curiosità personale che ho deciso di scrivere la mia tesi di laurea magistrale su Massarosa – mio paese natale –, delle cui vicende belliche ero quasi del tutto all’oscuro fino a che le mie ricerche non mi hanno portato a scavare nella documentazione contenuta negli archivi e ad intervistare i testimoni dell’epoca, i quali purtroppo, per motivi anagrafici, sono sempre meno.

In molti casi è stato necessario basarsi quasi esclusivamente su documentazione d’archivio e questo, come più volte verrà ribadito, ha presentato più di una difficoltà. Il fondo Prefettura dell’Archivio di Stato di Lucca è inventariato solamente fino agli anni

(7)

9 ’20 del XX secolo, motivo per il quale è molto complicato riuscire a trovare materiale utile all’interno delle centinaia di faldoni di cui è composto. Allo stesso modo, pur essendo stato recentemente riordinato, anche la ricerca tra le carte dell’Archivio Storico del comune di Massarosa non è stata esente da difficoltà, quale la perdita di una parte indefinita di documenti a causa di infiltrazioni d’acqua nei locali dove era stato precedentemente collocato. Questi problemi, uniti a quelli di carattere temporale, hanno impedito una ricerca veramente completa. Ad esempio è evidente che, a causa della mancanza di un inventario, l’impossibilità pratica di visionare tutta la documentazione presente nel fondo Prefettura ha portato a tralasciare una certa quantità di informazioni, forse anche importanti. La speranza è che, tramite ulteriori ricerche, determinati temi che non è stato possibile affrontare qui possano in seguito essere discussi, mentre altri vengano ulteriormente approfonditi.

Naturalmente mi sono basato anche su un’estesa bibliografia, sia per poter definire il quadro militare generale nel quale il comune di Massarosa era inserito, sia per ricostruire le vicende belliche e sociali più circoscritte relative alla provincia di Lucca. Molto utile a questo scopo è stato senza dubbio il libro di Giuseppe Pardini intitolato La

Repubblica Sociale Italiana e la guerra in provincia di Lucca (1940-1945), che in molti casi

ho usato come vera e propria base sulla quale poi aggiungere le informazioni provenienti da altre fonti. Altrettanto indispensabili si sono rivelati i lavori, così come in consigli, di Gianluca Fulvetti, in particolar modo il suo Uccidere i civili, senza il quale probabilmente non sarei riuscito a scrivere il capitolo sulle stragi.

Sia per motivi pratici che storici, il lavoro è stato suddiviso in due parti, la cui cesura è rappresentata dall’armistizio dell’8 settembre 1943, il quale portò all’insediamento dei tedeschi in Lucchesia e alla creazione del governo della RSI. A sua volta ho ritenuto opportuno strutturare i vari capitoli per argomenti ben precisi, che rispecchiano sia l’importanza da me attribuitagli, sia la disponibilità di fonti a mia disposizione. Tutti sono comunque collegati da un preciso filo cronologico. Infine, ho trovato utile aggiungere un’estesa appendice che aiuti e ampli la lettura, resa altrimenti troppo pesante da lunghe liste di caduti militari e civili. Purtroppo queste liste sono incomplete sotto molti punti di vista, soprattutto a causa della scarsità e della

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10 contraddittorietà delle fonti utilizzate per compilarle. All’interno della suddetta appendice sono stati anche trascritte alcune importanti fonti primarie, come le annotazioni più salienti della Cronistoria della Parrocchia di Massarosa negli anni 1941-1944 e alcuni atti delle indagini attorno a crimini di guerra commessi nel comune e rinvenuti tra la documentazione «provvisoriamente archiviata» nel 1960.

Questa tesi è soprattutto frutto di una lunga ricerca d’archivio, resa più ardua dalla mia inesperienza in questo tipo di lavoro. Non c’è dubbio che essa sia incompleta e migliorabile sotto molteplici aspetti, ma l’obiettivo era quello di far luce per la prima volta su una periodo importante della storia del comune di Massarosa, una realtà che ormai, nel 2014, ha raggiunto una notevole importanza per la Versilia e per tutta la provincia di Lucca. Considerando tutti i limiti – delle fonti, di tempo e anche miei – ritengo che questo obiettivo sia stato raggiunto.

(9)

11

Parte prima

(10)

12

Capitolo I

MASSAROSA

Massarosa, con il suo territorio e le sue numerose frazioni, non passò indenne le vicende belliche della Seconda guerra mondiale. Pagò anzi a caro prezzo l’occupazione tedesca che fece seguito all’armistizio italiano, e sperimentò sulla pelle dei suoi abitanti la brutalità della tristemente nota 16. SS Panzer-Grenadier Division «Reichsführer-SS», la quale fu la principale responsabile dei numerosi massacri di civili che ebbero luogo a cavallo della linea Gotica1 nell’estate del 1944. Nella tarda primavera di quell’anno gli Alleati erano infatti finalmente riusciti a sfondare la linea Gustav, che correva a sud di Roma ed era stata in grado di resistere per tutto l’inverno precedente, frustrando le aspettative anglo-americane di una rapida avanzata verso nord. Quando, dopo ripetuti scontri, per lo più infruttuosi e che per alcuni aspetti ricordarono le terribili battaglie di posizione della Grande Guerra2, la linea cedette, le Forze Armate germaniche furono

1 La denominazione linea Gotica non era di uso comune tra i tedeschi, i quali chiamavano questa potente

linea difensiva - che tagliava tutta la penisola grossomodo da Massa sul mar Tirreno a Rimini sul’Adriatico – Grüne Linie, cioè Linea Verde. Il termine Gotenstellung era comunque usato.

2

Le quattro battaglie di Cassino furono un vero e proprio tritacarne e le prime tre non portarono a nessun risultato concreto in termini di conquista territoriale, a discapito delle pesanti perdite subite dagli Alleati. A questo proposito cfr., Mattew Parker, Montecassino. 15 gennaio-18 maggio 1944. Storia e uomini di una

grande battaglia, Il Saggiatore, Milano 2004. Durante la pressoché contemporanea battaglia di Anzio, un

testimone oculare ricorda «una battaglia che, per lunghissimi mesi, pareva far parte di una battaglia di posizione del primo conflitto mondiale: una lotta nel fango, con le passerelle di tavole sul fondo delle trincee, coi colpi di mano sulle posizioni avversarie e con le pattuglie nella terra di nessuno: una Passchendaele in miniatura nell’era del Blitzkrieg». Wynford Vaughan-Thomas, Anzio, Garzanti, Milano 1963, p. 12.

(11)

13 costrette ad una lunga ritirata lungo lo stivale, prima di riuscire ad attestarsi definitivamente sulle fortificazioni della linea Gotica. Fu durante questa fase relativamente fluida della Campagna d’Italia3 che i tedeschi, probabilmente sentendosi anche messi alle corde dall’avanzata alleata e, nelle retrovie, da un movimento di Resistenza sempre più aggressivo e consistente, si macchiarono di numerosi e ingiustificati atti di brutalità nei confronti della popolazione civile. Toponimi quali il Padule di Fucecchio, Sant’Anna di Stazzema o Monte Sole sono ormai entrati nell’immaginario collettivo a causa dell’alto numero delle vittime, ma tutta la «Terribile Estate» del 1944 è costellata di massacri e distruzioni di beni perpetrati da unità delle Forze Armate tedesche4.

Anche le tristi vicende che caratterizzarono il territorio del comune di Massarosa in quell’estate sono ormai ben note, grazie al lavoro di numerosi studiosi locali, di storici di fama internazionale e di inchieste giudiziarie5. Ciò che invece non è stato in alcun modo trattato dalla storiografia locale è come la guerra, dal 10 giugno 1940 alla liberazione del settembre del 1944, venne vissuta all’interno del comune. Quando, a partire dal 1944, la Seconda guerra mondiale investì con tutta la sua violenza Massarosa, i suoi abitanti erano infatti in guerra da già quattro anni, trascinati insieme a tutto il Paese dall’infelice decisione di quel 10 giugno 1940. Il comune cominciò a pagare il suo dazio al conflitto, che nelle intenzioni di chi lo iniziò avrebbe dovuto essere rapido e vittorioso, molto prima dell’estate del 1944 e molto prima dell’8 settembre.

3

Cfr. Alan G. Shepperd, La campagna d’Italia 1943-1945, Garzanti, Milano 1975.

4

Per una buona visione d’insieme delle operazioni militari alleate e della Resistenza in questa fase della campagna d’Italia, si consiglia la lettura de L’anno terribile, dello storico britannico James Holland, Longanesi, Milano 2004.

5

Si veda ad esempio Mimmo Franzinelli, Le stragi nascoste. L’armadio della vergogna: impunità e

rimozione dei crimini di guerra nazifascisti 1943-2001, Mondadori, Milano 2003, pp. 149-150. Franzinelli

cita il fasc. n. 1.296, nel quale i carabinieri della compagnia di Lucca denunciarono i capitani delle SS Ganzerc e Cosmann e il tenente Stilgher per omicidio. I crimini contro i civili commessi nel territorio del comune di Massarosa sono stati ben descritti anche nel recente volume di Gianluca Fulvetti, Uccidere i

(12)

14

1.

Aspetti geografici e storici

Il comune di Massarosa, uno dei 35 che compongono la provincia di Lucca, nacque ufficialmente il 1° maggio 1870, dopo l’entrata in vigore del Regio Decreto del 18 dicembre 1869 che separava l’abitato di Massarosa e alcune frazioni dal comune di Viareggio6. Il territorio sotto la sua amministrazione, dall’estensione di circa 68 km/q, si sviluppa in parte sulle colline che costeggiano la sponda orientale del lago di Massaciuccoli, le quali si allungano poi verso nord stagliandosi sulla pianura versiliese. Il resto del territorio è invece di natura pianeggiante e comprende una grande area paludosa e di bonifica che si frappone quasi interamente tra i comuni di Massarosa e Viareggio ad est e quello di Vecchiano a sud. Le frazioni sono costituite da Bargecchia, Bozzano, Compignano, Corsanico, Gualdo, Massaciuccoli, Mommio, Montigiano, Montramito, Piano del Quercione, Piano di Conca, Piano di Mommio, Pieve a Elici, Quiesa, Stiava e una piccola porzione di Valpromaro.

Per secoli, fin dall’antica colonizzazione di epoca romana, tutta l’area era stata piagata dalla malaria, in seguito quasi completamente debellata a partire dai lavori di bonifica proposti dal bresciano Bernardino Zendrini negli anni ’30 del 17007, ma rimasta presente nella zona palustre fino almeno alla fine degli anni ’20 del 19008. Gli interventi sul territorio proseguirono nei secoli successivi e, allo scoppio della Seconda guerra mondiale, l’area del comune di Massarosa era sottoposta ormai da più di un decennio ad estese bonifiche idrauliche, promosse dal Regime fascista nel contesto della cosiddetta «Battaglia del grano». Le operazioni di prosciugamento vennero portate avanti con comprovata inefficienza9, ma una fetta rilevante di terreno coltivabile venne comunque strappato alle acque stagnanti, al tempo ancora molto estese per tutta l’area

6

Paolo Dinelli, Massarosa. Dalle origini ai giorni nostri, Vallecchi, Firenze 1955, p. 89. Per qualcosa di più specifico sulla sola Resistenza cfr., Santo Peli, La Resistenza in Italia, Einaudi, Torino 2004.

7

Tommaso Fanfani, Gli antefatti: il territorio e la bonifica prima del consorzio, in Id., Terra ed acqua. Una

bonifica per lo sviluppo, Pacini, Pisa 2006, pp. 27-30

8

Guglielmo Lera, Massagrausi, Tipografia Massarosa, Massarosa 1966, p. 58.

9

Le famose bonifiche della Paludi Pontine ebbero risvolti simili, con il denaro pubblicò che andò a gonfiare le tasche di pochi. Richard J. B. Bosworth, L’Italia di Mussolini. 1915-1945, Mondadori, Milano 2007, p. 441.

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15 pedemontana di Massarosa10. Gli investimenti relativamente importanti fatti per il prosciugamento delle acque stagnanti e la valorizzazione dell’attività estrattiva della torba dalle acque del lago di Massaciuccoli, resero molto popolare il Regime tra la popolazione del Comune.

Dal censimento della popolazione del 1936, che all’epoca ammontava a circa 13.000 persone, risulta che nel comune l’attività economica di gran lunga più importante fosse quella agricola, che impegnava il 66,6 per cento della popolazione attiva, lasciando un 24,4 per cento all’industria ed il rimanente al settore del commercio11. Questi dati non devono comunque impressionare, visto che all’inizio degli anni ’30 del Novecento il 40 per cento della popolazione italiana era ancora costituita da contadini, nonostante il loro contributo al reddito nazionale fosse calato, tra il 1921 e il 1940, dal 38,3 al 29,8 per cento12. Inoltre, nel caso di Massarosa, la percentuale molto alta di popolazione attiva in agricoltura deve essere interpretata con correttezza, in quanto questa categoria include anche coloro che integravano le loro scorte alimentari con i prodotti del bosco – molto esteso in tutta l’area collinare del comune –, con la pesca o con la caccia. Queste ultime due attività erano molto praticate e lo rimasero per diversi decenni dopo la fine del conflitto.

La questione alimentare sarebbe stata cruciale negli anni di guerra e la provincia di Lucca aveva delle debolezze intrinseche che si sarebbero acuite durante il periodo bellico. Qui vengono riportati alcuni dati sulle disponibilità pro capite di alcuni beni agro-alimentari, da me rielaborati sulla base di quelli riportati da Cianferoni e Pagni durante il Convegno Internazionale di Studi Storici sul Settore Occidentale della Linea Gotica del 1°, 2 e 3 settembre 199413:

10 Sono stati evidenziati estesi fenomeni di corruzione all’interno dei consorzi di bonifica e una troppo

estesa proliferazione di questi ultimi. Giuseppe Conti, Le bonifiche e l’organizzazione consortile nei

comprensori Versilia – Massaciuccoli tra le due guerre, in Fanfani (a cura di), Terra ed acqua. Una bonifica per lo sviluppo.

11

Dati riportati dal VIII Censimento generale della popolazione, Volume II, Provincia di Lucca, disponibile all’indirizzo web:

http://lipari.istat.it/digibib/censpop1936/IST0005672Volume2Province/IST0005750_Vol2_Province_48_Lu cca+OCR_ottimizzato.pdf

12

Bosworth, L’Italia di Mussolini 1915-1945, cit., p. 271.

13

Reginaldo Cianferoni-Roberto Pagni, Le condizioni socio-economiche della popolazione nelle provincie di

Lucca e di Apuania prima e durante la Seconda guerra mondiale, in Lilio Giannecchini – Giuseppe Pardini (a

(14)

16

Bene/Area Lucca Toscana

Frumento Kg 57,4 147,9 Granturco “ 44,4 33,6 Cereali minori “ 6,2 26,0 Riso “ 1,2 0,1 Barbab. Da zucchero “ 1,2 31,4 Patate “ 42,0 56,2 Fagioli “ 3,7 5,9 Uva “ 133,5 268,9 Olive “ 26,8 36,2 Castagne “ 98,8 58,5 Bovini capi 0,11 0,15 Ovini “ 0,21 0,34 Suini “ 0,05 0,11 Densità ab/kmq 209 134

Il confronto con la media toscana è impietoso e solamente alcuni indici risultano essere un po’ più alti (nello specifico il granturco, il riso, e le castagne). Questa situazione era dovuta almeno in parte ad una densità abitativa quasi doppia rispetto a quella toscana, ma era ulteriormente acuita da determinate caratteristiche geografiche che sfavorivano l’agricoltura. Circa la metà del territorio della provincia aveva infatti un’altitudine superiore ai 500 metri e i tre quarti di esso aveva pendenze superiori al 15 per cento difficilmente coltivabili. A loro volta, le difficoltà di collegamento tra il capoluogo e varie località della Lucchesia, specie le aree montane della Garfagnana, complicavano le capacità di trasporto, le quali inevitabilmente si fecero sempre più gravi durante il periodo bellico. Naturalmente le condizioni variavano, almeno in parte, da comune a comune e, pur mancando di dati precisi, è probabile che la situazione in quello di Massarosa fosse leggermente migliore rispetto alle medie provinciali riportate nella

(15)

17 tabella. Questi dati risalgono al 1929 e, negli oltre dieci anni intercorsi prima dello scoppio del conflitto, nel territorio comunale, grazie a bonifiche idrauliche, venne ampliata in misura sensibile l’area coltivabile, cosa che favorì la produzione di grano e granturco. Inoltre, a quel tempo era ancora importante la coltura del riso, nonostante stesse attraversando da anni un lento declino. È quindi possibile, e alcune testimonianze lo confermano, che il problema relativo alla quantità di farina e riso, sempre più sentito dalla metà del 1941 in avanti, fosse meno acuto a Massarosa – almeno per alcune categorie sociali – rispetto al resto della provincia, soprattutto nei comuni della Garfagnana o in quelli del litorale, questi ultimi avendo spesso un’alta densità abitativa e un’economia basata sul turismo e sulla cantieristica.

Per quanto riguarda le principali attività industriali del massarosese, esse al tempo riguardavano solamente alcuni opifici nella frazione di Quiesa, il calzaturificio «Apice» nella confinante Bozzano14, la grande fabbrica di laterizi in attività dal 1920 lungo la via Sarzanese nei pressi della località «La Ficaia»15 e le importanti attività di estrazione della torba nell’area palustre del lago di Massaciuccoli.

In caso di conflitto il territorio del comune presentava dunque scarsi obiettivi di natura militare, che di fatto allontanavano quasi completamente il pericolo di bombardamenti aerei fintanto che il fronte fosse rimasto lontano. Gli unici veri bersagli erano costituiti dalle vie di comunicazione stesse, in particolar modo l’importante tratto ferroviario Lucca – Viareggio che, dopo essere sbucato dalla galleria dei «Ceracci» sotto il monte Quiesa, correva lungo gli abitati di Quiesa, Bozzano e Massarosa per poi deviare verso sud, attraverso la zona paludosa, in direzione di Viareggio16. La principale arteria stradale era invece rappresentata del tratto Lucca – Pietrasanta della rotabile Sarzanese, che si allungava per circa 30 km passando dal valico del monte Quiesa per poi attraversare l’omonima frazione, quindi Bozzano, Massarosa, Piano del Quercione, Piano di Conca, Piano di Mommio ed entrare infine nel comune di Camaiore nei pressi del «Ponte di Sasso», sul fiume Camaiore. In località Montramito alla rotabile si innestava

14

Dinelli, Massarosa, cit., pp. 96-97.

15

Aquilio Lugnani - Emma Tomei Marrano, Massarosa e dintorni, Tipografia Massarosa, Massarosa 1980, p. 61 e p.64.

16

(16)

18 l’importante diramazione di circa 2,5 km che, dopo aver costeggiato le propaggini settentrionali della zona paludosa, portava alla città di Viareggio.

Per quanto il territorio amministrato dal comune sia rimasto lo stesso fin dalla sua creazione, nel 1869, a settanta anni dalla fine della Seconda guerra mondiale esso è radicalmente cambiato. Le bonifiche degli anni ’50 e ’60 hanno ristretto notevolmente la zona paludosa e oggi esse sono molto più estese rispetto agli anni ’40. Al contempo, si è grandemente sviluppato il settore industriale, soprattutto lungo la strada provinciale che da Montramito giunge a Viareggio e attraversa le cave di sabbia in località «San Rocchino». Infine, a partire soprattutto dagli anni ’60, la popolazione residente è andata continuamente aumentando, arrivando ormai a sfiorare i 30.000 abitanti.

2.

Lo scoppio della guerra: i provvedimenti iniziali

L’Italia entrò nella Seconda guerra mondiale il 10 giugno 1940. A tale decisione si arrivò dopo mesi di tentennamenti e alla fine il Duce vi fu spinto dal timore che il rapido, ma soprattutto imprevisto, crollo dell’esercito francese di fronte all’urto delle

Panzerdivisionen tedesche, portasse alla fine della guerra prima che l’Italia fascista fosse

riuscita ad intervenire. Alle ore 18 in punto di quel 10 giugno Mussolini si affacciò dal balcone di Palazzo Venezia e pronunciò il celebre discorso, che concluse con le parole «Popolo italiano: corri alle armi, e dimostra la tua tenacia, il tuo coraggio ed il tuo valore». La dichiarazione di guerra ufficiale era stata però consegnata agli ambasciatori francese e britannico – François-Poncet e Percy Lorraine – rispettivamente alle ore 16.30 e 16.45 di quello stesso giorno17.

Nonostante l’apparente acclamazione con la quale vengono accolti il discorso del Duce e la dichiarazione di guerra, il popolo italiano è in generale disorientato e attonito, una reazione del tutto simile a quella che l’anno precedente si era registrata in Gran Bretagna, Francia e perfino in Germania18. Particolarmente stridente è il confronto con quanto accadde poco più di venticinque anni prima allo scoppio della Grande Guerra,

17

Franco Bandini, Tecnica della sconfitta, vol. II, 1940: Le sei incredibili settimane, Longanesi, Milano 1969, p. 179.

18

(17)

19 quando folle osannanti avevano festeggiato la «fine delle incertezze» e lo scoppio di un conflitto da molti atteso da tempo e ritenuto inevitabile19. A San Giuliano Terme, comune in provincia di Pisa confinante con quello di Lucca, le reazioni furono ad esempio discordanti, ma testimoni rammentano che «le persone anziane erano tutte mosce», mentre solo qualche giovane era realmente entusiasta di questa avventura del Duce20.

A Massarosa però il panorama era leggermente differente, in quanto la componente fascista nella popolazione era relativamente numerosa, mentre il dissenso era molto basso. La dichiarazione di guerra venne quindi accolta favorevolmente e nella piazza di fronte al Municipio, luogo di raduno per ascoltare i discorsi del Duce trasmessi da un camion dotato di altoparlanti, ci furono applausi e manifestazioni di gioia sincera21. Al contrario, le dimostrazioni di dissenso furono poche e sporadiche, con solamente alcuni piccoli gruppi che rimasero inerti, senza applaudire o tradire alcuna partecipazione all’importante discorso che era stato appena trasmesso22. Del resto nel database online del Casellario Politico Centrale risultano schedate solamente 14 persone, per lo più indicati come anarchici e comunisti23. Come vedremo però, una volta che le illusioni di un conflitto di breve durata svanirono, anche in un comune prevalentemente fascista come quello di Massarosa i malumori della popolazione cominciarono rapidamente ad aumentare. D’altra parte sarebbe necessario dimostrare quanto a fondo l’ideologia fascista fosse realmente penetrata nella mentalità della popolazione massarosese o se, viceversa, nonostante l’apparente entusiastica adesione, essa non fosse rimasta ad uno stadio meramente superficiale.

Non c’è dubbio infatti che il fascismo riuscì ad ottenere il sincero consenso di una grande fetta degli italiani, con lo stesso che raggiunse l’apice dopo la proclamazione

19

Per una panoramica dell’esperienza delle Forze Armate italiane durante la seconda guerra mondiale, Cfr. Giorgio Rochat, Le guerre italiane 1935-1943, Einaudi, Torino 2008, pp. 239-436.

20

Gianluca Fulvetti – Stefano Gallo, Antifascismo, guerra e Resistenza a San Giuliano Terme, ETS, Pisa 2014, p. 72.

21

Queste informazioni sono desunte principalmente dalla testimonianza di Solimano Berrettoni, undicenne all’epoca della dichiarazione di guerra. Solimano Berrettoni, intervista rilasciata all’autore a Massarosa, 12 dicembre 2013.

22

Ibid.

23

Il database del Casellario Politico Centrale (CPC) è disponibile all’indirizzo:

http://www.archiviocentraledellostato.beniculturali.it/index.php?it/305/la-nuova-interfaccia. Si rimanda alle appendici per la lista dei nomi.

(18)

20 dell’impero nel 1936. La difficile situazione postbellica permise a Mussolini di trovare terreno fertile per la sua stessa affermazione, mentre il fascismo divenne ben presto quasi un tutt’uno con la sua figura. Le capacità oratorie del Duce e i suoi viaggi in lungo e in largo per il Paese fecero il resto, cementificando il consenso popolare al regime24. È però difficile giudicare quanto in profondità il fascismo si fosse radicato negli usi e costumi della gente, come l’ottimo studio di Richard J. B. Bosworth sulla popolazione italiana ha cercato di dimostrare. In linea di massima infatti, l’ideologia mussoliniana non riuscì affatto a cancellare il marcato localismo delle tante Italie che componevano la penisola, né a penetrare realmente nei cuori di molti italiani25. Quando il Paese si gettò a capofitto nella Seconda guerra mondiale – a fianco di un alleato che da molti non era ben visto – e le cose cominciarono a prendere una piega sbagliata, il consenso al regime cominciò a calare sempre più repentinamente, per culminare infine nella notte del 24-25 luglio 1943. Del resto la delegittimazione del Regime, se fu dovuta in larga parte al conflitto e alle sue conseguenze economico-sociali, era un processo già in atto alla data del 10 giugno 1940, anche se non bisogna esagerare sull’entità dell’opposizione interna che il fascismo dovette affrontare. La ripresa dell’antifascismo fu relativamente tarda – in pratica successiva solo allo sbarco anglo-americano in Nord-Africa (novembre 1942) – e fino ai primi rovesci subiti in Grecia il malcontento per la guerra stessa rimase circoscritto, grazie anche alla repentina resa della Francia e dalla convinzione della brevità del conflitto26.

Come in tutta la provincia di Lucca, le prime conseguenze della guerra furono relative ai consumi – che vennero ridotti –, alla sospensione del caffè e dei dolciumi, alla drastica riduzione della circolazione delle automobili e alle norme, in verità piuttosto blande, per l’oscuramento27. In quelle prime settimane la popolazione reagì abbastanza bene a queste restrizioni, probabilmente perché era convinzione diffusa, anche a causa della propaganda martellante, che il conflitto sarebbe stato di breve durata e ben presto

24

Emilio Gentile, Il culto del littorio, Laterza, Roma 2003.

25 Cfr., Bosworth, L’Italia di Mussolini 1915-1945. 26

Renzo De Felice, Mussolini l’alleato – I. L’Italia in guerra 1940-1943 – 2. L’agonia del regime, Einaudi, Torino 1990, p. 680.

27 Alessandra Celi F. e Simonetta Simonetti, Con il cuore e con la mente. Vite femminili in Lucchesia tra

(19)

21 sarebbe tornata la normalità28. Da questo punto di vista l’area di Massarosa si trovava in condizioni relativamente migliori rispetto a quella della Versilia storica, dove già nel periodo immediatamente precedente all’entrata in guerra si erano registrate diverse crisi economiche e occupazionali dovute all’andamento ciclico delle tradizionali attività estrattive e dell’edilizia29. Inoltre, l’area del litorale aveva fatto sempre affidamento sugli introiti provenienti dal turismo estivo e balneare, la cui contrazione causata dalla guerra era inevitabile. Così si pronunciava il questore al Capo della polizia il 31 luglio 1930:

Un grave disagio economico si manifesta in tutto il litorale, da Viareggio a Forte dei Marmi. Questa zona ha sempre fatto largo affidamento sui proventi della stagione balneare, impegnando, prima ancora di averli realizzati, i guadagni che l’esercizio dell’industria alberghiera normalmente le assicurava. […] Quest’anno però lo stato di guerra e le condizioni atmosferiche avverse hanno ostacolato e compromesso il favorevole andamento della stagione balneare […] È da prevedere che tale situazione determinerà numerosi fallimenti e sfratti30.

A Massarosa i malumori rimanevano per il momento isolati grazie alla grande rilevanza che l’agricoltura aveva per l’economia del comune, ma anche questo settore era stato gravemente colpito, visto che il mese di giugno era stato funestato da condizioni atmosferiche avverse che avevano causato la tracimazione dei fiumi Versilia e Serchio. Con luglio la situazione era migliorata, ma la produzione granaria si attestò ad un 20 per cento in meno rispetto all’anno precedente e anche quella di altri prodotti della terra – patate, granturco, barbabietole, fagioli – aveva subito ingenti danni31. A causa degli allagamenti in alcune zone del comune, specialmente nelle aree di

28 Ibid.

29

Ivi, p. 278

30

Giuseppe Pardini, La Repubblica Sociale Italiana e la guerra in provincia di Lucca (1940-1945), S. Marco Litotipo, Lucca 2001, p. 14.

31

(20)

22 Massarosa e Massaciuccoli, non si sarebbe potuto coltivare il granturco e il riso – due prodotti importanti nel massarosese – per qualche tempo32.

Il conflitto non era certamente iniziato con il migliore degli auspici per la popolazione della Lucchesia, anche se nel massarosese la situazione appariva più rosea rispetto ad altre aree della provincia. Eppure ben presto anche qui l’illusione della guerra breve sarebbe svanita, sostituita dalle crescenti difficoltà quotidiane che gli abitanti di Massarosa si sarebbero trovati ad affrontare.

32

(21)

23

Capitolo II

UN COMUNE IN GUERRA

1.

Le condizioni di vita nel comune

Le condizioni del fronte interno italiano peggiorarono costantemente durante tutto l’arco della Seconda guerra mondiale e questo è tanto più valido per le regioni settentrionali del Paese, fino all’ultimo sottoposte alle privazioni causate dal conflitto, alle incursioni aeree e all’occupazione tedesca. La vita quotidiana, spesso già precaria, venne sconvolta: la carne era razionata addirittura dal 1939 e quasi tutti gli altri generi alimentari vennero sottoposti a razionamento fin dal giugno 1940. I prezzi dei prodotti, perfino quelli ancora disponibili in quantità, come il pesce, ben presto iniziarono a crescere nonostante tutti i tentativi di controllarli, mentre fin dall’inizio al mercato ufficiale si affiancò quello nero, dove si trova tutto, ma a costi esorbitanti33. Infine, Il 27 settembre 1941, il Consiglio dei ministri dispose per il razionamento dei pane, un provvedimento in realtà promulgato in ritardo nella convinzione che la guerra sarebbe stata breve, ma che avrebbe avuto un impatto estremamente negativo sul morale già

33 Marco Patricelli, L’Italia sotto le bombe. Guerra aerea e vita civile 1940-1945, Laterza, Bari 2009, pp.

(22)

24 basso degli italiani34. Il prezzo della farina si attestò subito su un minimo di 30 lire, con picchi di 40, quando un operaio portava a casa un salario medio di 500 lire al mese35. Al contempo divenne sempre più difficile riuscire a reperire pasta, zucchero, riso, grassi, carne e sapone; la tessera annonaria riusciva a coprire solamente un terzo del fabbisogno calorico giornaliero, che per gli italiani era già di per se ridotto36.

La vita di campagna era relativamente più semplice rispetto a quella nelle città. Qui, nonostante l’istituzione degli «orti cittadini», i più non avevano alcuna possibilità di prodursi anche solo una piccola parte del proprio fabbisogno alimentare; inoltre la campagna rimase al sicuro dalle incursioni aeree nemiche, sempre più violente a partire dalla fine del 1942. Per quanto fin da subito insorgessero problemi riguardo alla distribuzione capillare delle scorte alimentari – e ancora una volta a farne le spese furono i centri urbani – per tutti i primi tre anni di guerra la produttività generale dell’agricoltura non subì gravi contraccolpi, anche se la provincia di Lucca sotto questo aspetto fu un’eccezione. Una famiglia contadina poteva quindi contare su un buon quantitativo di scorte alimentari, soprattutto se riusciva a nascondere alle autorità una parte dei prodotti della terra o dei capi di bestiame37. Nonostante i controlli sugli accantonamenti di cereali, legumi e sul bestiame – ad esempio non si poteva conservare più di 2 quintali di grano all’anno per ogni membro della famiglia38 –, l’arte dell’arrangiarsi permetteva di aggirare abbastanza agevolmente queste norme; la pratica di nascondere parte dei prodotti della terra, o di macellare in segreto capi di bestiame, divenne molto comune39.

Nel comune di Massarosa erano presenti alcune condizioni favorevoli che per lungo tempo mitigarono le conseguenze negative della guerra. La grande aliquota di terreno coltivabile molto fertile permetteva ad una fetta piuttosto ampia di popolazione

34 Ivi, p. 65. 35 Ibid. 36

Tra il 1941 e il 1944 l’apporto calorico delle razioni del consumatore medio in Italia fu il più basso di tutta l’Europa occupata. Solamente quello del Governatorato Generale nel 1941 e nel 1943 fu più basso, ma anche esso superò quello italiano nel 1942 e nel 1944. A titolo di paragone in Germania il valore calorico medio fu circa il doppio di quello italiano per tutto l’arco di tempo preso in considerazione. Alan S. Millward, Guerra, economia e società 1939-1945, Fabbri, Milano 1983, tabella p. 275.

37

Introduzione di Enzo Collotti, p. XV, in ivi.

38Patricelli, L’Italia sotto le bombe, cit., p. 68. 39

(23)

25 di disporre di prodotti della terra, mentre non erano poche le famiglie che possedevano bestiame, soprattutto maiali e pollame. Per quanto ridimensionata rispetto a qualche decennio prima, la coltivazione del riso, localizzata in molte delle limitrofe aree paludose, era ancora rilevante. Infine, c’era la possibilità di integrare la dieta con i prodotti dei folti boschi che ricoprivano le colline e con il pescato proveniente dal lago di Massaciuccoli. Ciononostante la situazione produttiva dell’agricoltura nella provincia di Lucca non era buona. Sebbene il raccolto del 1940 fosse stato rovinato dalle avverse condizioni meteorologiche, quello dell’anno successivo fu peggiore. Il raccolto di cavolfiori fu superiore di 59.380 quintali, ma quello del grano, anche se tra i più colpiti nel 1940, lo fu solo di 12.570 quintali40. E le buone notizie finiscono qui. Il raccolto delle patate, già in diminuzione negli anni precedenti, subì un brusco tracollo di 49.311 quintali (40% in meno)41, mentre quello del granturco calò del 30% e quello dell’olio del 10%42. A questa crescente penuria si aggiungevano anche i problemi di distribuzione dei prodotti nelle aree più periferiche della provincia, soprattutto in Versilia. La carenza di mezzi a motore, di pezzi di ricambio e di pneumatici, e in seguito i danneggiamenti subiti dalla rete ferroviaria e le requisizioni messe in atto dai tedeschi, complicarono progressivamente il trasporto di prodotti alimentari e di prezioso carbone in molte zone della Lucchesia.

Comunque, pur grave che fosse la situazione, alcuni di coloro che abitavano nel comune di Massarosa al tempo della guerra ammettono di non aver mai realmente sofferto la fame. Tosca Francesconi, quindicenne all’epoca dell’ingresso dell’Italia del conflitto, ricorda che «forse qualcuno la fame l’ha patita, ma io per la verità non posso dirlo: polenta, pane, [si mangiava] quella roba lì»43. Inoltre, abitando vicino ai campi, c’era «chi aveva la bestia, quindi ti dava il latte. No, la fame non posso dire di averla patita. La polenta: quella non mancava mai»44.

La situazione era naturalmente più variegata. Solimano Berrettoni, classe 1929, si ricorda bene che anche nel massarosese, a causa del razionamento, furono in molti a

40

Archivio di Stato di Lucca (ASL), Fondo Prefettura (FP), b. 5886, fasc. Alimentazione, s.fasc. Disciplina

servizi annonari, doc. Dati relativi alla produzione nell’anno agrario 1941-1942.

41

Ibid.

42

Pardini, La Repubblica Sociale Italiana e la guerra in Provincia di Lucca (1940-1945), cit., p. 32.

43 Tosca Francesconi, intervista rilasciata all’autore a Massarosa, 10 dicembre 2013. 44

(24)

26 soffrire della mancanza di un’adeguata alimentazione. Egli però fa una netta distinzione tra i contadini, che a sua avviso riuscivano a cavarsela egregiamente, e il resto della popolazione che se la passava molto peggio:

[i contadini] avevano nascosto tutto il grano nelle damigiane e nelle cantine, che non erano pavimentate. Avevano fatto un foro e ci avevano nascosto questo grano nelle damigiane, che si manteneva. Poi avevano tante altre risorse, avevano di tutto i contadini45.

È interessante notare come, dalle parole di Solimano, emerga un luogo comune, ancorché soprattutto cittadino, dell’Italia della Seconda guerra mondiale, e cioè che «i contadini se la passavano sempre bene»46. Nel caso di Massarosa essi interravano il grano all’interno delle damigiane, nascondendolo così alle autorità pubbliche e riuscendo in questo modo a conservare ben più di quei due quintali annui consentiti dallo Stato. Questo, unito alla usuale grande disponibilità di animali da fattoria, che fornivano carne e latte, permetteva effettivamente a molti contadini di risentire con meno asprezza delle ristrettezze della guerra. Infatti, Berrettoni continua dicendo che il resto della popolazione se la passava molto peggio: «la fame, la fame nera, come noi, io e la mia famiglia, abbiamo patito la fame […]. Abbiamo patito una fame tremenda, che se ci penso mi vengono i brividi ancora»47.

Tutto questo ovviamente non impedì anche alla classe contadina di soffrire tremendamente a causa della guerra, con donne, bambini ed anziani rimasti a casa che spesso dovevano sobbarcarsi il lavoro nei campi perché gli uomini erano sotto le armi. Inoltre, se le considerazioni di Berrettoni possono valere per Massarosa e una parte dei piccoli proprietari terrieri italiani, le condizioni di gran parte di essi potevano definirsi solo come miserande, soprattutto nell’Italia meridionale. Vale la pena comunque ricordare come lo stesso Mussolini, durante la breve parentesi di Salò, fece suo questo luogo comune dichiarando che «in Italia il problema del cibo riguardava solamente i 16

45

Solimano Berrettoni, 12 dicembre 2013.

46 Bosworth, L’Italia di Mussolini. 1915-1945, cit., p. 484. 47

(25)

27 milioni di italiani (su 46) che non lavoravano la terra»48. Le fonti disponibili non consentono comunque, per Massarosa, di stilare un bilancio definitivo, se non che nella memoria collettiva dei suoi abitanti è rimasta la convinzione della condizione «privilegiata» dei contadini del Comune.

Nel comune i primi veri malumori dovuti alla carenza di beni di prima necessità iniziarono a manifestarsi all’inizio del 1941, come traspare da alcune lettere per il fronte scritte tra il febbraio e l’aprile di quell’anno:

Qui a Massarosa nei negozi ben poco si trova, da circa 15 giorni faccio il mangiare dello spirito; siamo tutti convinti però che dipende dai dirigenti del paese, perché a Viareggio e Lucca il carbone e altri generi non mancano mai49.

I questo caso ci si lamenta della carenza di carbone, probabilmente perché al momento della stesura della lettera si era in piena stagione invernale e il problema del riscaldamento doveva essere molto sentito.

La carenza di generi alimentari era però al centro delle principali lamentele, infatti in aprile la razione di pane giornaliera era di circa 400 gr. a testa, per di più di pessima qualità, mentre la carne si era già ridotta ad un etto a testa a settimana. Iniziavano a formarsi le prime file di fronte ai panifici e alle macellerie: «alle 5 [di mattina] ciera (sic) già pieno che non si entrava in macello. Non si sa più cosa mangiare»50. A trovarsi in queste condizioni erano soprattutto gli abitanti del centro e delle frazioni: piccoli commercianti, artigiani e operai che non disponevano di appezzamenti di terra o di bestiame. In questa fase, chi poteva contare su un pezzo di terra, animali da allevamento o semplicemente di buone risorse economiche, se la cavava meglio.

48

Bosworth, L’Italia di Mussolini. 1915-1945, cit., p. 484.

49

Giuseppe Pardini, Sotto l’inchiostro nero. Fascismo, guerra e censura postale in Lucchesia (1940-1944), M.I.R., Montespertoli 2001, p. 40. Pardini per il suo libro si è basato in larga parte sulle Relazioni

Settimanali della Censura Postale presenti all’interno del Fondo Prefettura dell’Archivio di Stato di Lucca. La busta, senza nome, è stata trovata, ma risulta vuota e non contenente alcun documento. Anche una ricerca nell’Archivio dell’Istituto Storico della Resistenza e dell’età contemporanea non ha dato frutti.

50

(26)

28 Già nel maggio del 1941 la situazione nel paese cominciava ad essere tesa, con la razione giornaliera di pane che si era ulteriormente dimezzata rispetto all’inizio di aprile:

A questi punti non ero mai arrivata con 200 gr. di pane e nulla più. Ti puoi immaginare quanto si può sfamare con 200 gr. di pane al giorno, e poi non si trova più niente ne carne ne olio (sic). […] qua siamo tutti pieni. Sabato passato tutto il popolo di Quiesa si era partito per andare a Massarosa, ma il nostro segretario politico non ha voluto che andassero a Massarosa perché ha detto che pensava lui a farci aumentare il pane sono già 6 giorni e non si vede nessun risultato aspettiamo fino a sabato e poi ci vanno sul serio51.

Questa era la condizione in cui versava una parte degli abitanti di Massarosa alla metà del 1941 e tale situazione aveva già portato all’esasperazione alcune massaie, le quali più di tutte sentivano il peso della carenza di generi alimentari. Fin dalla fine di aprile le proteste per i viveri erano scoppiate a Torre del Lago e il 3 maggio esse si diffusero anche a Massarosa. Il fulcro della protesta fu la frazione di Pieve a Elici, sulle colline a nord del capoluogo, dove la Fiduciaria delle Massaie Rurali convinse alcune donne a recarsi in massa dal podestà Lollusa. Il gruppo, composto da un centinaio di donne – numero decisamente non irrilevante – venne convinto dal podestà e dai carabinieri a sciogliersi pacificamente, ma alcune delle dimostranti più accalorate vennero diffidate e alla Fiduciaria venne ritirata la tessera del partito52. La protesta finì in un nulla di fatto, ma la tensione era palpabile e, visto l’andamento del conflitto e la sua inattesa durata, le cose non potevano che peggiorare.

Innanzi tutto, come vedremo in dettaglio nel prossimo capitolo, fin dalle primissime battute della guerra a Massarosa cominciarono a giungere, a fasi alterne, gli sfollati obbligatori e volontari provenienti da varie zone d’Italia. In teoria gli sfollati obbligatori, cioè quelli sgombrati in seguito a provvedimenti ufficiali, rimanevano a carico dello Stato per tutto il tempo in cui essi risiedevano nelle zone di sfollamento. Gli

51 Ibid. 52

(27)

29 sfollati volontari invece, per lo più provenienti da regioni minacciate o già bombardate dalle aviazioni nemiche, avevano a loro carico gli affitti degli alloggi e il proprio sostentamento. I problemi però sorgevano in ogni caso, con famiglie numerose che a loro volta dovevano fare posto a nuclei familiari consistenti, per lo più composti da anziani e bambini con difficoltà di sostentamento, essendo assolutamente insufficienti gli aiuti erogati dallo Stato e dal comune53. A questo proposito è importante sottolineare che, nonostante i profughi fossero obbligati a pagare l’affitto, i proprietari di immobili vuoti o di vani inutilizzati non potevano rifiutarsi di metterli a disposizione. Proprio a questo scopo le autorità comunali, anche spronate dalla provincia, effettuarono censimenti periodici per stabilire le capacità di assorbimento del comune.

Poteva poi capitare che le famiglie massarosesi, soprattutto per motivi di solidarietà, ospitassero conoscenti che avevano abbandonato le proprie case, minacciate o meno dall’attività nemica. In questo caso difficilmente, per ovvi motivi, veniva chiesto il pagamento di un affitto, per quanto gli sfollati cercassero di fare la loro parte nel mandare avanti l’economia domestica. Tosca Francesconi si ricorda, ad esempio, che a casa loro a Massarosa erano venuti a stare alcuni loro conoscenti di Viareggio e, per quanto l’abitazione non fosse molto grande, si adattarono alla convivenza54. Questo però poteva aggravare una situazione già precaria di per se a causa della penuria di beni di prima necessità o di puro e semplice spazio. Nella corrispondenza per il fronte intercettata dalla censura emerge spesso la disperazione per il crescente peggioramento delle condizioni di vita all’interno del comune e, come sempre, la prima preoccupazione riguardava i generi alimentari. In una lettera del febbraio 1942 al capitano Alberto Duccini di Stiava, in forza al 28° Reggimento d’Artiglieria, i genitori esprimevano tutta la loro frustrazione:

Sentiamo i più atroci dolori per non trovare più sostentamento per Alfiero e Enzo, che me li vedo più pallidi un giorno dall’altro e non

53 Venivano concessi degli aiuti economici alle famiglie numerose e nel caso uno o più membri del nucleo

familiare fossero stati richiamati alle armi. Soprattutto in quest’ultimo frangente gli aiuti erano spesso insufficienti per il fatto che i richiamati – il padre di famiglia e i figli in età di leva – erano quelli che mandavano economicamente avanti la famiglia.

54

(28)

30 poterci fare niente, comprendi in noi genitori quali strette al cuore

sentiamo e non poterli satollare. La gente fischia per la fame55.

Di un mese dopo è la missiva della madre al caporalmaggiore Otello Alarani, la quale senza mezzi termini afferma che «[…] qui si muore di fame, non si trova più nulla. Alle botteghe non si trova più nulla, vanno a ricavare le patate che si sono seminate per mangiarle […]»56.

Queste lettere erano state intercettate dalla censura, quindi lo scambio di notizie tra i fronti di guerra e la gente a casa avveniva con difficoltà e non tutto riusciva a filtrare. Ciò però non significa che al fronte non si conoscessero le condizioni in cui versavano i propri cari rimasti in Italia. I bombardamenti e, come nel caso di Massarosa, la penuria di generi di prima necessità, senza dubbio influivano sul già basso morale delle truppe, che di conseguenza si vedevano aggiungere altre preoccupazioni a quelle che comunemente ogni soldato sperimenta durante il servizio al fronte. Alcuni comunque, rispondendo alle lettere da casa, cercavano di consolare come meglio potevano i congiunti. «Non vi lamentate se c’è poco da mangiare», scriveva l’artigliere Raffaello Angeli alla moglie Norma, rimasta nella sua casa a Bozzano, «[…] da altre parti non c’è niente in confronto all’Italia»57. Angeli era in forza al CDLI Gruppo Artiglieria Appiedata, che in quel periodo – era la fine di luglio del 1942 – si stava trasferendo sul fronte orientale insieme al resto dell’8ᵃ Armata italiana. Come molti altri soldati dell’ARMIR58 rimase probabilmente colpito dalle condizioni in cui versavano i civili ucraini e russi, che vivevano una vita molto precaria già prima della guerra e che adesso, sotto l’occupazione tedesca, subivano privazioni e vessazioni di ogni tipo. Probabilmente è anche per questo motivo che l’artigliere si espresse in questi termini rispondendo alla moglie, la quale evidentemente doveva avergli scritto, in una precedente missiva, delle miserevoli condizioni in cui versava la gente di Massarosa. Forse egli non si rendeva conto, o sottovalutava, il dazio che due anni di guerra stavano facendo pagare al fronte interno italiano.

55

Lettera di Ulisse e Arduina ad Alberto Duccini in Pardini, Sotto l’inchiostro nero, cit., p. 99.

56

Lettera della madre a Otello Alariani in Ibid., p. 101

57 Lettera di Raffaello Angeli a Norma Angeli in Ivi., p. 124 58

(29)

31

2.

Normale amministrazione?

A dispetto di tutti i problemi, il comune di Massarosa non venne direttamente toccato dalla guerra fino al tardo 1943, di conseguenza, nonostante il costante peggioramento degli approvvigionamenti alimentari e di generi di prima necessità, così come il numero crescente degli sfollati, al suo interno rimase una parvenza di normalità. L’amministrazione pubblica, fino al 1944 diretta dal podestà Antonio Lollusa, continuò in parte il proprio lavoro di normale amministrazione del territorio comunale. Quindi lo scoppio della guerra non impedì ad esempio di liquidare le spese di un lavoro di consolidamento effettuato pochi mesi prima alla sorgiva dell’acquedotto di Quiesa59. Ancora il 7 settembre 1943, ad un giorno dall’annuncio del già firmato armistizio di Cassibile, la giunta comunale approvò la rilevante spesa di 10.000 Lire per la costruzione di una linea elettrica in località Canipaletti per l’illuminazione della zona di Panicale, a confine tra i comuni di Massarosa e Camaiore60. Vale comunque la pena sottolineare che le condizioni finanziare del comune non erano floride, come del resto quelle della grande maggioranza dei comuni italiani61. Le autorità provinciali competenti, dopo le analisi dei dati dei bilanci dei vari comuni, dichiararono la situazione finanziaria del comune di Massarosa come «mediocre» nel 1942 e «non buona» nell’anno successivo, nonostante un’integrazione statale di 80.000 lire. Ciononostante Massarosa si collocava in una posizione intermedia all’interno della provincia di Lucca, con comuni come quelli di Camaiore, Borgo a Mozzano, Coreglia Antelminelli, Gallicano, Minucciano e molti altri

59Toscana Arkivi (TA), Archivio Storico del Comune di Massarosa (ASCM), Master (m.) 1258, fasc.

Deliberazioni della Consulta 1941-42. L’Archivio Storico del Comune di Massarosa è stato completamente

riordinato nel 2006 e attualmente si trova presso la Toscana Arkivi con sede a Bozzano. L’archivio consiste in 261 unità archivistiche, è ben tenuto e ragionevolmente inventariato. Purtroppo però una parte del materiale è stato danneggiato da infiltrazioni di acqua nel vecchio stabile in cui era alloggiato; diversi documenti infatti riportano i segni di umidità, ma non è chiaro se e quanti sono andati completamente perduti. Allo stesso modo, pur essendo presente un inventario per sommi capi che aiuta molto il ricercatore, alla prova dei fatti esso non risulta completo e alcuni faldoni contengono la documentazione sbagliata. Non è quindi nemmeno da escludere che ulteriore materiale relativo agli sfollati esista, ma che richieda il vaglio completo dell’Archivio Storico per essere reperito.

60 ASL, FP, b. 3426. 61

A titolo di paragone, nel comune di San Giuliano Terme i lavori pubblici vennero immediatamente ridotti al minimo e interrotti del tutto a partire dal 1942. Nel novembre del 1941 non erano disponibili nemmeno i fondi per le scritte murali inneggianti al Duce. Fulvetti – Gallo, Antifascismo, guerra e Resistenza San

(30)

32 la cui condizione finanziaria veniva definita «critica» o addirittura «criticissima»62. Lo stato delle finanze dei comuni della Lucchesia era quindi a dir poco preoccupante, e non si era che al 1942.

Continuarono anche i raduni e le manifestazioni. Si ebbe così, ad esempio, «la settimana della giovane e dell’adolescente» – dal 12 al 19 aprile del 1942 – che riscosse un notevole successo63. Il 7 giugno dello stesso anno ci fu invece un raduno politico del Partito fascista a cui partecipò anche il segretario federale Piazzesi. Nonostante la notevole partecipazione popolare, il compilatore del diario della parrocchia, nel registrare l’evento, non si esime da commentare sarcasticamente come la relazione del segretario del fascio locale fosse nient’altro che una «semplice auto-esaltazione»64. D’altro canto le sfilate in uniforme, le adunate e le parate facevano ancora una certa presa sulla cittadinanza, soprattutto sui più giovani. Come ricorda Tosca Francesconi, nata nel 1925, a lei e alle sue coetanee piaceva veder sfilare i giovani in uniforme e con gli stivali tirati a lucido, nonostante il consenso nei confronti del fascismo stesse ormai declinando anche a Massarosa e la sua famiglia fosse sempre più disillusa65. È probabile che molti ormai trovassero in queste manifestazioni niente più che un diversivo dalla frustrante quotidianità del tempo di guerra.

Durante questi duri anni di guerra la parrocchia di Massarosa fu molto più attiva dell’amministrazione pubblica e del locale partito fascista. Le consuete festività religiose continuarono ad essere celebrate, per quanto con minore sfarzo a causa della situazione di emergenza causata dal conflitto. Al Natale, alla Pasqua e alle varie ricorrenze si aggiunsero anche, periodicamente, quelle in favore dei soldati e della patria. Così dopo la prima del 2 febbraio 1941 e che ebbe un grosso successo, con circa 1.300 ostie dispensate durante la comunione, ci furono quelle del 20 aprile e 28 settembre 1942. Nel 1942 ci furono invece celebrazioni di questo tipo il 14 gennaio, il 1 febbraio e il 31 maggio66. Particolare partecipazione ebbe la festa in onore dei soldati del 28 febbraio 1943, nella quale vennero raccolte numerose offerte che, presumibilmente, vennero

62

Pardini, La Repubblica Sociale Italiana e la guerra in Provincia di Lucca (1940-1945), cit., p. 63.

63 Archivio della Parrocchia di Massarosa (APM), Cronache 1938-1966 (B-F 65 372), Breve cronistoria della

Parrocchia di Massarosa dall’anno 1938.

64

Ibid.

65 Tosca Francesconi, 10 dicembre 2013. 66

(31)

33 indirizzate alle persone più bisognose del comune67. È molto interessante come l’ultima messa promossa in onore dei soldati svoltasi prima dell’Armistizio in data 5 settembre 1943, invocasse anche alla pace68. Sintomo, questo, di come la caduta del fascismo di un mese e mezzo prima e la generalizzata stanchezza della guerra avessero contribuito a modificare anche la percezione verso il conflitto nutrita dagli ecclesiastici di Massarosa. L’opera della parrocchia si rifletteva anche nelle attività della Gioventù Femminile, che negli anni del conflitto si rese partecipe ad alcuni eventi, come alla tradizionale Festa del Carmine, e che di solito riusciva a radunare un cospicuo numero di persone.

La comunità religiosa di Massarosa riuscì anche a salvare dalla fusione la campana più grande del campanile della chiesa. In seguito ad un’ordinanza, in data 26 giugno 1943 una ditta si presentò al parroco per prelevarla: era destinata, insieme ad altre migliaia di sue simili, ad essere fuse e riutilizzate per la produzione bellica. Il cappellano, poi parroco, don Amedeo Chicca, riuscì a convincere gli operai ad andarsene, mentre il giorno successivo, durante la santa messa, lanciò un appello alla popolazione: donare denaro, argento, bronzo e ottone in modo in cambio del salvataggio della campana. Secondo i resoconti in appena otto ore vennero raccolte donazioni per un valore di addirittura 34.060 Lire, salvando virtualmente la campana. Purtroppo però il 30 giugno la campana venne ugualmente rimossa e inviata a Lucca. «[…] Ma con una furbesca manovra si riuscì a tenerla ferma, poi a nasconderla agli occhi dei fascisti e dei tedeschi per poi in tempi migliori riportarla a Massarosa»69. La campana sarebbe ritornata la vigilia di Natale del 1944, a liberazione ormai avvenuta, e prontamente venne rimessa al suo posto sul campanile della chiesa. In un’impresa analoga riuscì anche don Giuseppe del Fiorentino, parroco di Bargecchia. Le campane del campanile erano di particolare importanza storica perché il celebre compositore Giacomo Puccini si era ispirato al loro suono per il primo atto della «Tosca». Del Fiorentino inviò un’appassionata lettera al sovrintendente Vittorio Invernizzi a Pisa il 1° dicembre 1942:

67

Ibid.

68

Ibid., già in una precedente occasione, per la precisione il 30 maggio 1943, la celebrazione era stata fatta in onore dei soldati e della pace.

69

(32)

34 Le quattro campane furono fuse in Bargecchia, cioè in questa

terra, […] ed i bargecchini le considerano come loro creature e le circondano di cure amorose. Hanno poi un sono bello e dolce, e quando suonano tutte e quattro il loro doppio o concerto è armonioso solenne in accordo minore, quale non è dato di sentire in tutta la Versilia. Si dice, ed è la verità, che il Maestro Giacomo Puccini, celebre compositore nostro, restava sempre ammirato al suono di queste nostre campane. […] furono fuse qui in paese nell’agosto del 1885 da Lorenzo Lera e figlio Serafino70.

Nonostante un iniziale rifiuto, ulteriori insistenze da parte del parroco di Bargecchia riuscirono a convincere Invernizzi e ad impedire la fusione delle suddette campane71.

Dai sarcastici commenti sul raduno fascista del 7 giugno 1942 e da quelli appena riportati relativi alle manovre per salvare la campana, si rileva che tra la comunità religiosa massarosese e le autorità fasciste dovevano esserci degli attriti. Dalla cronistoria utilizzata qui come fonte ciò non è immediatamente evidente, ma colloqui con il curatore dell’Archivio della Parrocchia di Massarosa, Virgilio del Bucchia, hanno fatto luce su una vicenda molto spiacevole accaduta alla fine dell’ottobre del 1941. Il cappellano don Magnani, più volte incorso in attacchi diretti nei confronti del fascio locale, venne con l’inganno fatto uscire a tarda sera per dispensare un’estrema unzione. Nei pressi della chiesa venne aggredito da un gruppo di cinque fascisti – i cui nomi, conosciuti, Del Bucchia ha preferito tenere per se – che lo picchiarono selvaggiamente. Pochi giorni dopo, ufficialmente per problemi di salute, Don Magnani venne allontanato ed inviato come rettore della Chiesa di San Rocco a Borgo a Mozzano. Proprio il parroco di questa chiesa, don Amedeo Chicca, prese il posto di Magnani, giungendo a Massarosa

70

Nicola Laganà, Il sacrificio del clero nella provincia di Lucca durante la Seconda guerra mondiale, San Marco Litotipo, Lucca 2010, p. 86. Oggigiorno, sotto il cartello che indica il paese di Bargecchia, sulla via comunale Delle Sezioni, ne è stato apposto un altro con la scritta «Le campane di “Tosca”»

71

(33)

35 il 30 novembre. Vista l’anzianità del rettore della parrocchia, don Costantino Nannini72, Chicca esercitava a tutti gli effetti le funzioni di parroco73.

L’intensa attività della parrocchia senza dubbio contribuì ad alleviare almeno in parte le sofferenze causate dal conflitto; la notevole partecipazione della cittadinanza alle varie iniziative e celebrazioni lo dimostra ampiamente. Le risorse poi non dovevano mancarle, perché in piena guerra, nel 1943, vennero presi in considerazione alcuni importanti lavori di restauro ed ampliamento delle strutture della chiesa, per i quali venne proposta la creazione di un Comitato Permanente formato da tutti i dirigenti delle locali associazioni maschili dell’Azione Cattolica e da altri parrocchiani74. Soprattutto però, in un comune in cui il fascismo si era ben insediato e dove godeva di un discreto sostegno, la Chiesa di Massarosa rimase per lungo tempo il più importante veicolo del dissenso, per quanto sempre sottotraccia75. La resistenza opposta alla fusione della campana e le sue riuscite manovre per nasconderla, la celebrazione del 5 settembre 1943 in favore della pace da una guerra voluta dal fascismo e il precedente barbaro pestaggio di don Magnani sono tutti segni che tra le autorità fasciste e la Parrocchia non doveva esserci molta sintonia. Essa avrebbe ricoperto un ruolo fondamentale anche nel terribile periodo successivo all’armistizio, con l’occupazione tedesca, i saltuari spezzonamenti e le stragi.

3.

Cibo

Intanto, le condizioni di vita nel massarosese e in generale in tutta la Lucchesia stavano peggiorando costantemente. Dai rapporti sulla situazione dei generi alimentari e non alimentari nella provincia, relativi al novembre del 1942, risulta che riso, zucchero, frattaglie, carne, salumi, burro, formaggi e grassi non solo erano disponibili in

72

Nannini sarebbe morto il 5 maggio 1946 all’età di 81 anni. Era parroco di Massarosa fin dal 1897, ricoprendo quindi questo ruolo per ben 49 anni.

73

Virgilio del Bucchia, colloquio con l’autore, 25 febbraio 2014. Del Bucchia specifica che la reprimenda pronunciata da Magnani contro alcuni fascisti si riferiva ad una festa, della durata dell’intera notte, in cui gli eccessi stridevano con l’austerità causata dalla guerra, con le crescenti difficoltà della popolazione civile e con le preoccupazioni per i congiunti al fronte.

74 APM, Cronache 1938-1966 (B-F 65 372), Breve cronistoria della Parrocchia di Massarosa dall’anno 1938. 75

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36 quantitativi insufficienti, ma la maggior parte non riusciva neppure ad essere distribuita regolarmente76. Questo significa che alla popolazione civile giungeva una parte ancora più ridotta rispetto ad un totale che già di per se non era sufficiente. Nel deposito di prodotti razionati del comune di Massarosa, che si trovava a Quiesa, alcuni generi alimentari erano ormai scomparsi, come i formaggi o la marmellata. Altri più importanti rimasero fortunatamente sempre disponibili, anche se le rimanenze risultarono a volte drammaticamente basse, come nel dicembre del 1942, quando alla sera del 26 erano rimasti solamente poco più di un quintale di pasta e nove quintali di riso77. D’altra parte già a marzo nei depositi del Consorzio approvvigionamenti alimentari della provincia erano rimasti solamente 7 quintali di farina da pane, 438 chili di pasta, 928 chili di riso, 1.500 chili di zucchero e 400 chili di sapone, tutti generi razionati78.

In questo periodo i problemi principali riguardavano soprattutto la distribuzione dal centro ai depositi comunali periferici. I problemi di trasporto implicavano che la maggior parte dei generi alimentari giungesse con ritardo o ad intermittenza ai vari comuni, come nel marzo del 1943 quando, per carenza di convogli ferroviari, solamente la distribuzione del riso poté iniziare regolarmente79. Non che questo fosse un problema esclusivo della provincia di Lucca – nella quale semmai esso veniva esacerbato dall’aspro territorio montagnoso –, infatti altre realtà urbane soffrivano degli stessi inconvenienti, come nel bolognese o a La Spezia, dove l’occupazione tedesca e le requisizioni ebbero gli stessi nefasti impatti sulla già disastrata situazione dei trasporti80.

Anche le consuete inefficienze burocratiche contribuivano a peggiorare la situazione. Lo stesso rapporto relativo al marzo 1943 sottolineava come la vendita delle sardine in scatola non poteva iniziare perché il fornitore della merce, a Roma, non aveva ancora comunicato i relativi prezzi di vendita fissati dal Ministero81. Questa situazione andava avanti da più di un mese, nonostante i ripetuti solleciti telegrafici e telefonici con

76

ASL, FP, b. 5686, fasc. Alimentazione, s.fasc. Disciplina servizi annonari, doc. Prodotti industriali

alimentari e non alimentari – novembre 1942.

77

ASL, FP, b. Approvvigionamenti alimentari, fasc.Pasta, riso, zucchero, sapone, formaggio, marmellata, doc. Rimanenze generi alimentari razionati – 26 dicembre 1942.

78 Pardini, La Repubblica Sociale Italiana e la guerra in Provincia di Lucca (1940-1945), cit., p. 53. 79

ASL, FP, b. Approvvigionamenti alimentari, fasc. Pasta, riso, zucchero, sapone, formaggio, marmellata.

80

Paola Zagatti, Il problema dell’alimentazione, in Della Casa – Preti (a cura di), Bologna in guerra

1940-1945, pp. 247-248.

81

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