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I militari massarosesi e l’armistizio: i cadut

Nel documento Massarosa in guerra 1940-1945 (pagine 122-125)

Parte seconda

4. I militari massarosesi e l’armistizio: i cadut

Furono almeno cinque i militari massarosesi che caddero in seguito agli eventi dell’8 settembre. Si aggiunsero ai circa 15.000 soldati italiani che, in Italia e nelle guarnigioni sparse in tutto il Mediterraneo, perdettero la vita in azioni di combattimento contro i tedeschi, fucilati da questi ultimi dopo la resa, oppure affondando insieme alle navi che li avrebbero condotti in Germania come prigionieri e che vennero attaccate dagli Alleati durante la navigazione. Due di essi, Mario Gragnani e Celso Gemignani, furono tra le vittime di due dei più significativi e sanguinosi eventi che segnarono i confusi giorni che fecero seguito all’armistizio.

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125 Il 2° Capo Meccanico Mario Gragnani, nato a Quiesa il 17 febbraio 1912356, era imbarcato sulla nave da battaglia Roma, ultima nata della classe «Littorio» e vanto della Regia Marina. Entrata in servizio tardi durante il conflitto, non avrebbe però partecipato ad alcuna azione bellica. Il Roma era a La Spezia quando venne annunciato l’armistizio e dopo qualche ora di indecisione l’ammiraglio Bergamini, comandante della squadra navale, decise di partire con tutte le navi in grado di muoversi verso La Maddalena, in Sardegna. Poco dopo le 14 del 9 settembre, mentre la formazione era ancora in rotta verso la Sardegna, Supermarina357 inviò un messaggio urgente a Bergamini, informandolo che La Maddalena era caduta in mani tedesche e che le navi si sarebbero dovute dirigere verso il porto di Bona (oggi Annaba) in Algeria, per consegnarsi agli Alleati. Il destino del Roma si decise nell’ora successiva, perché i tedeschi non erano rimasti con le mani in mano. Il primo attacco aereo andò a vuoto, ma alle 15,50, una innovativa bomba guidata SD 1400 impattò l’acqua a poca distanza dallo scafo, causando gravi danni. Pochi istanti dopo un’altra bomba colpì direttamente la nave tra il torrione di comando e la torre soprelevata prodiera da 381 mm. Il colpo fu fatale: i depositi delle munizioni deflagrarono e la nave immediatamente iniziò ad inclinarsi sempre di più, per poi capovolgersi ed affondare in due tronconi358. Dei 1948 uomini dell’equipaggio 1352 persero la vita, tra i quali lo stesso ammiraglio Bergamini e il meccanico Mario Gragnani; la sua famiglia, come altre centinaia, non avrebbe neppure avuto un corpo da seppellire o una tomba da visitare.

Il marconista Celso Gemignani, nato a Stiava il 24 aprile 1921359, fu invece tra i caduti nell’episodio di resistenza militare più significativo dopo l’armistizio italiano: quello a Cefalonia e Corfù della Divisione «Acqui»360. La vicenda è ancora controversa, nonostante le pubblicazioni in merito non manchino, ma in definitiva molto nota nei suoi punti salienti. Sulle due isole, dopo che si venne a conoscenza dell’armistizio, la «Acqui»

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ASCM, m.1254, b. Prigionieri a Saldo, fasc. Mario Gragnani.

357

L’Alto Comando della Regia Marina.

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Rocca, Fucilate gli ammiragli, cit., pp. 313-314.

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ASCM, m. 1254, b. Prigionieri a saldo, fasc. Celso Gemignani.

360 Esiste una vasta bibliografia sugli eventi occorsi a Cefalonia nel settembre 1943, molta della quale è

quasi apologetica e quindi non soddisfacente. Per un saggio critico che ricostruisce la vicenda e i suoi risvolti politico-storiografici, cfr., Paolo Paoletti, Cefalonia 1943. Una verità inimmaginabile, Francoangeli, Milano 2007. Si veda anche il breve saggio di Isabella Insolvibile, La resistenza di Cefalonia tra memoria e

126 e altri piccoli reparti (soprattutto carabinieri ed elementi della Regia Marina) decisero di non cedere le armi ai tedeschi e di resistere. Il 22 settembre però, dopo alcuni giorni di scontri, il generale Gandin, comandante dell’unità, dovette optare per la resa generale delle sue truppe a Cefalonia, mentre a Corfù la resistenza cessò il 25361. La vendetta tedesca per la resistenza dei soldati italiani fu tremenda, e centinaia furono gli ufficiali e i soldati fucilati nei giorni successivi alla resa.

È impossibile stabilire dove e quando cadde il marconista Gemignani, in quanto il suo fascicolo riporta solamente la data in cui egli diede le ultime notizie: il 3 settembre 1943. I caduti della «Acqui» furono infatti circa 3.200 – nonostante i primi calcoli elevassero la cifra a circa 9.000, la quale, pur essendo del tutto esagerata, venne riportata da numerosi studi successivi –, ma sono suddivisi tra quelli occorsi durante i combattimenti, quelli che fecero seguito alle fucilazioni sommarie ed infine tra coloro che morirono nell’affondamento di tre navi che li avrebbero dovuti trasportare sul continente362. Questi ultimi raggiungono la rilevante cifra di circa 1.300 unità e questo rende ancora più incerto il destino ultimo di Gemignani.

Massarosa ebbe un caduto anche nella difesa di Roma. Si tratta di Giorgio Brocchini, nato nel 1916 a Massarosa e in forza al 1° Reggimento Granatieri di

Sardegna363. La divisione granatieri era parte del Corpo d’Armata Motocorazzato, che stazionava nei pressi della capitale. Fin dalla mattina del 9 settembre essa fu duramente impegnata dalla 2. Fallschirmjäger-Division tedesca e, pur combattendo valorosamente, fu costretta a ripiegare364. Per tutto il 9 e il 10 la divisione sostenne alcuni dei più pesanti combattimenti attorno a Roma e tra le vittime ci fu anche Brocchini, il quale risulta caduto in combattimento contro i tedeschi proprio nella giornata del 9365.

Gli altri due caduti massarosesi dell’8 settembre sono il soldato Attilio Lipparelli, nato a Quiesa il 3 gennaio 1921 ed in forza al 2° Btg. dell’83° Rgt. Fanteria, aggregato alla 19ᵃ Divisione di Fanteria «Venezia»366 di stanza in Montenegro. Mentre l’altro è il soldato Idilio Albiani, nato a Pieve a Elici il 19 agosto 1912, il quale nel settembre del

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Rossi-Giusti, Una guerra a parte, cit., pp. 289-297.

362 Ivi, p. 300. 363

ASCM, m- 1254, b. Presenti alle bandiere, fasc. Giorgio Brocchini.

364

Riccardo Rossotto, La tragedia dell’armistizio, parte 2ᵃ, in «Storia Militare», Anno XI, N° 113, p. 49.

365 ASCM, m. 1254, b. Presenti alle bandiere, fasc. Giorgio Brocchini. 366

127 1943 si trovava in Grecia con la sua unità di trasporto367. La sorte di entrambi non è nota, ma entrambi i decessi potrebbero risalire a un periodo molto posteriore all’8 settembre. La divisione di Lipparelli rimase infatti abbastanza integra dopo l’armistizio e non entrò in combattimento contro i tedeschi prima della metà di ottobre368. L’unità rimase comunque intatta e a dicembre venne fusa assieme ai resti della «Taurinense» – divisione che, viceversa, era stata quasi completamente annientata nei giorni seguenti all’armistizio – andando a formare la divisione partigiana «Garibaldi», la quale combatté per 18 mesi nei Balcani e tornò in Italia ancora unita, unico caso di questo genere369. Le ultime notizie note di Attilio Lipparelli risalgono alla fine di agosto del 1943 e il Ministero della Difesa riporta l’8 settembre come data del decesso370, data standard in questi casi, ma che difficilmente corrisponde al vero. Per quanto ne sappiamo il militare massarosese potrebbe essere caduto in un qualsiasi momento compreso tra l’ottobre del 1943 e il rientro della divisione «Garibaldi» in Italia.

Le stesse incertezze rimangono anche per Idilio Albiani, le cui ultime notizie certe risalgono al 3 settembre 1943, ma che testimoni ritengono di averlo visto a Belgrado nel novembre del 1944371. Anche in questo caso però il Ministero della Difesa da il soldato per disperso l’8 settembre 1943372.

Nel documento Massarosa in guerra 1940-1945 (pagine 122-125)