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L’incidente nella galleria dei «Ceracci»

Nel documento Massarosa in guerra 1940-1945 (pagine 161-168)

Parte seconda

6. L’incidente nella galleria dei «Ceracci»

Ciò che accadde all’interno della galleria dei «Ceracci» l’11 marzo 1944 può in parte essere ricondotto alle gravi condizioni in cui versava lo sforzo bellico tedesco e, indirettamente, anche alle azioni aeree alleate.

La galleria fa parte della tratta Lucca-Viareggio e collega la stazione di Nozzano con quella di Massarosa-Bozzano traforando il monte Quiesa; con i suoi 1.666 metri e la seconda per lunghezza di tutta la provincia di Lucca. Essa, durante la guerra, venne anche usata dai tedeschi per nascondere un loro potente pezzo di artiglieria installato su carro ferroviario491. Intorno alle 18 del 11 marzo un treno merci proveniente da Viareggio rimase fermo nella salita della galleria e l’emissione di monossido di carbonio della locomotiva, inevitabilmente rimasto circoscritto nell’angusto spazio del tunnel, provocò la morte di 10 persone e il ferimento di almeno altre venti492. Tra i deceduti ci furono anche alcuni soldati tedeschi e questo fece salire la tensione perché i comandi

490

Giannecchini – Pardini, Eserciti, popolazione, resistenza sulle Alpi Apuane, cit., pp. 514-515.

491 Citarella, Stazione di Lucca 6 gennaio 1944, cit., p. 102. 492

164 germanici temerono che l’incidente fosse stato provocato da un sabotaggio e le possibilità di una rappresaglia era tutt’altro che remote.

Già un rapporto del giorno successivo chiariva però che la causa del disastro era da attribuirsi alla mancanza di forza motrice che aveva impedito al treno di superare la salita all’interno della galleria e le vittime erano state provocate dalla grande emissione di anidride carbonica493. Venne aperta un’inchiesta ferroviaria e alla fine fu stilata una relazione che riporta con precisione l’andamento dei fatti. Vale la pena riportarne qui alcuni frammenti:

Verso le ore 17:30 dell’11 amrzo i militi Lochtmans Leone e Moriconi Vincenzo, del Distaccamento della G.N.R. di Massarosa, che effettuavano servizio di vigilanza all’imbocco della galleria «Ceraci» (sic) […], notarono passare un treno carico di materiale bellico tedesco, proveniente da Viareggio e diretto a Lucca, con a bordo diversi militari germanici di scorta e personale viaggiante italiano.

Poco dopo videro uscire barcollanti dalla galleria stessa, dei soldati tedeschi i quali avvertivano che il treno si era fermato all’interno della galleria e che la locomotiva emanava grande quantità di gas letali.

[…] Il Moriconi si recò prontamente al più vicino posto telefonico in Quiesa per avvertire il comando del suo Distaccamento di quanto stava accadendo e per dare l’allarme in paese.

Accorsero sul posto fra i primi il commissario del Fasci Repubblicano di quiesa Sig. Pecchia Massimo […], l’operaio Lucchesi Arcangelo […], ed il soldato Meneghetti Giulio […], appartenente al deposito del 7° Reggimento Autieri di Firenze, in licenza di convalescenza […].

Fra i primi ad accorrere sul luogo del disastro furono anche Corti Gori Ildo […] e Paolinetti Tranquillo […]. Resisi conto del grave ed

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165 incombete pericolo che minacciava le persone rimaste sotto la galleria,

i predetti, incuranti delle conseguenze che potevano ad essi derivare, si avventurarono diverse volte nella galleria, riuscendo ad estrarre e portare in salvo diversi militari tedeschi che in caso diverso sarebbero certamente periti […].

[…] Giunsero sul posto i vigili del fuoco di Viareggio e il milite scelto Giorgi Angelo e milite Pennati Marcello, del Distaccamento G.N.R. di Massarosa, che parteciparono all’opera di soccorso, slanciandosi a più riprese nella galleria ed estraendovi i militari germanici svenuti.

Dei vigili del fuoco due: Casali Mario […] e Anselmi Gerardo […], nel tentativo di salvataggio perdevano la vita e venivano estratti cadaveri dalla galleria.

Anche il soldato Meneghetti Giulio, che si distinse sopra gli altri per abnegazione e sprezzo del pericolo, dopo essersi avventurato varie volte sotto la galleria non fu più visto tornare. Altri soccorsi lo ricondussero fuori già cadavere.

Degno di segnalazione il comportamento del commissario del fascio Pecchia Massimo, del Paolinetti Tranquillo, del Gori Aldo e del milite Pennati Marcello, che si prodigarono con altruismo nell’opera di soccorso e vennero portati fuori dalla galleria in stato di svenimento per asfissia […].

Dei vigili del fuoco si distinse il vicebrigadiere Butoli Itali, il Capo Squadra Pugliesi Nello e il vigile Nei Ottorino […].

Oltre alle persone suddette numerosi furono i cittadini (da Quiesa, N.d.A.) accorsi sul luogo del disastro e che si prodigarono nel prestare aiuti ai soldati germanici che venivano portati fuori dalla galleria in stato di asfissia.

[…] Per mezzo di locomotive giunte da Viareggio il treno fu potuto trarre fuori dalla galleria dal lato di Massarosa, dove le squadre

166 di pronto soccorso […] prestarono le prime cure ai militari germanici e

personale civile svenuto. Nell’incidente trovarono la morte 5 soldati tedeschi, i due conduttori della locomotiva, il capo treno ed 1 viaggiatore italiano di fortuna, oltre il soldato Meneghetti Giulio e due vigili del fuoco […]494.

Interessante, a questo proposito, rilevare come, all’interno della suddetta relazione, si specifichi che le persone nominate sono di «buona condotta morale e politica, di razza ariana e di religione cattolica», come se questo fosse stato determinante nel far compiere loro questi atti di coraggio.

Il 25 aprile successivo, due giorni dopo la relazione riportata sopra, il podestà di Massarosa, alla luce degli eventi dell’11 marzo precedente, concesse alcune ricompense al valore civile al soldato Giulio Meneghetti e ai vigili del fuoco Mario Casali e Gherardo Anselmi (tutte e tre alla memoria). Le stesse onorificenze furono inoltre assegnate a Massimo Pecchia, Arcangelo Lucchesi, Angelo Giorgi, Marcello Pennati, Leone Lochtmans, Ildo Gori e Tranquillo Paolinetti, tutti sopravvissuti495.

Sono dodici quindi i morti sopravvenuti in seguito all’incidente nella galleria dei «Ceracci», anche se tale numero non è in realtà certo al cento per cento, in quanto Nicola Laganà, durante una sua ricerca nella documentazione dell’Archivio di Stato di Lucca, ha potuto appurare soltanto i nominativi di tre militari tedeschi, tutti sepolti a Porcari: il Wachtmeinster Karl Wolf, l’Unteroffizier Franz Reindl e il Kanonier Walter Kowitz496. Le scarse pubblicazioni riguardanti l’incidente riportano infatti alternativamente la cifra di 10 o di 12 deceduti.

Le cause del disastro non furono né un sabotaggio né, come si era pure ventilato, un attacco aereo che aveva danneggiato la locomotiva facendo perdere pressione alla macchina. L’attività aerea alleata però, come già accennato, fu indirettamente responsabile di ciò che accadde. La prima causa va infatti attribuita all’eccessivo peso del convoglio, dovuto alla volontà tedesca di spostare immediatamente quanto più

494

Ibid.

495 Ibid. 496

167 materiale bellico possibile da Viareggio, nei giorni precedenti (4, 13, 15, 16 e 17 marzo) duramente colpita da attacchi aerei497. Il convoglio era effettivamente formato da molti carri, trasportanti anche pesanti mezzi corazzati e intervallati da altri adibiti al trasporto passeggeri, tanto che il capostazione di Massarosa fece notare al macchinista che avrebbe potuto incontrare difficoltà a superare la salita della galleria e gli consigliò di sfruttare la breve discesa iniziale per guadagnare velocità498.

Una sua influenza la ebbe anche la scarsa qualità del carbone impiegato, in quanto quello utilizzato ormai da qualche tempo non era più quello, ottimo, proveniente dal bacino della Ruhr in Germania, ma quello che veniva importato dalla Jugoslavia, il quale però aveva un’alta percentuale di zolfo che ne inficiava il rendimento. Questo fattore, unito al peso del convoglio, fu determinante ai fini del disastro499.

Infine pesò la presenza degli inesperti soldati tedeschi, i quali non vollero innanzi tutto porre la dovuta attenzione agli avvertimenti riguardo il peso eccessivo del treno e, quando esso effettivamente non riuscì a superare la pendenza della galleria, fermandosi al suo interno, probabilmente pressarono a tal punto i ferrovieri da far loro violare le norme di sicurezza. Queste prevedevano che, in caso di treno fermo in galleria, non venisse fatta alcuna attività di manutenzione o riparazione al suo interno; bisognava invece sganciare la locomotiva e portarla singolarmente fuori dalla galleria dove sarebbero state svolte le necessarie operazioni di pulizia500. L’errore fatale fu quasi certamente quello dell’insistere nel tentare di trainare tutti i vagoni fuori dalla galleria, con il solo risultato di immettere nell’angusto spazio un sempre maggiore quantitativo di gas letali.

Le conclusioni dell’inchiesta ferroviaria e l’insistenza delle autorità locali, che come abbiamo visto insistettero molto sugli atti di eroismo in cui si erano prodigati i cittadini, le autorità ferroviarie e i vigili del fuoco – tra i soccorritori, lo ricordiamo nuovamente, vi furono tre vittime –, impedirono quasi sicuramente una rappresaglia da parte delle truppe tedesche che, convinte che all’origine di tutto ci fosse stato un atto di sabotaggio,

497

Citarella, Stazione di Lucca 6 gennaio 1944, cit., p. 111.

498

Ivi, p. 112.

499 Ibid. 500

168 avevano già preso in ostaggio alcuni abitanti della vicina Quiesa501. Questa estrema suscettibilità dei tedeschi e il loro trarre conclusioni così affrettate sulle cause del disastro sono da attribuire all’attività in continuo aumento delle bande di partigiani che operavano sulle colline versiliesi e lucchesi. I sempre più numerosi atti di sabotaggio e, nella primavera del 1944, la sconfortante situazione al fronte – con gli Alleati che finalmente riuscirono a sfondare la linea Gustav e ad avanzare verso nord – condussero ad ingiustificati atti di crudeltà il cui dazio fu pagato in larga parte dalla popolazione civile.

501

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Capitolo VIII

LA RESISTENZA

La Resistenza armata in Italia nacque immediatamente dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943. Essa inizialmente contava un numero estremamente limitato di membri attivi – circa 1.500 nella seconda metà di settembre502 –, ma la consistenza delle formazioni partigiane e dei GAP (Gruppi di Azione Patriottica) era destinata ad aumentare, spronata soprattutto dalla rigida occupazione tedesca volta a sfruttare quanto più possibile il Paese503. Le prime unità si formarono in seguito all’occupazione tedesca e allo scioglimento dell’Esercito Italiano, che garantì un afflusso iniziale di ex- soldati che volevano evitare la cattura e l’internamento in Germania. In seguito il numero delle formazioni aumentò, anche se le loro dimensioni avevano un andamento variabile, le quali erano determinate dalla stagione – in inverno era più difficile sostenere grosse unità in territori boscosi privi di tutto –, ma anche dalle periodiche amnistie volte proprio a scremare le unità della Resistenza.

Dal canto suo comunque , la stessa morfologia della penisola, che tanto influì sulle difficoltà incontrate dagli Alleati nella loro avanzata lungo lo stivale, allo stesso tempo favoriva le azioni di guerriglia, tipiche delle unità della Resistenza. In una guerra fatta di

502 Klinkhammer, L’occupazione tedesca in Italia, cit., p. 318. 503

170 azioni rapide, di imboscate e di sabotaggi, la capacità di ritirarsi rapidamente in territori impervi e difficilmente accessibili a grosse formazioni militari era fondamentale e i capi partigiani, spesso profondi conoscitori delle aree in cui operavano, sfruttarono fino in fondo questa possibilità.

Nelle aree appenniniche a cavallo della linea Verde – o Gotica –, queste condizioni erano presenti al loro massimo e ciò condusse, fin dalle prime settimane successive all’armistizio, alla formazione di numerosi e agguerriti gruppi di partigiani. Questi crebbero costantemente di consistenza e, quando nella primavera del 1944 il fronte della Gustav venne rotto e i tedeschi si trovarono nella necessità di dover terminare in fretta e furia l’ampiamente incompiuta linea Verde, la presenza di queste formazioni proprio nelle aree circostanti iniziò a diventare un serio problema per i comandi germanici. Il tragico epilogo del crescente nervosismo causato dall’incalzare degli eserciti alleati da sud, unito alla sensazione di retrovie sempre più insicure a causa dei numerosi attacchi partigiani, condusse ad una vera e propria stagione di sangue, con decine di stragi ed massacri che punteggiarono la Toscana e l’Emilia Romagna per tutta la tarda primavera e l’estate del 1944.

Nel documento Massarosa in guerra 1940-1945 (pagine 161-168)