2. IL VENETO E LA SUBCULTURA BIANCA
4.5 Modifiche normative e cambio di scenario
Questo capitolo ha tentato di fare alcune considerazioni da quanto emerso dalla mappatura del “campo di battaglia” trevigiano.
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Treviso si inserisce con la propria storia nell’attuazione delle politiche per la ricezione e accoglienza di richiedenti asilo piuttosto in linea con la mappatura che Ambrosini ha fatto del caso italiano.
Il “Decreto Sicurezza” è diventato legge e ha già configurato uno scenario diverso rispetto a quanto mappato nel caso trevigiano.
Il nuovo bando prefettizio per l’accoglienza nei CAS non vedrà la partecipazione di alcuni dei 16 enti gestori a cui appartenevano le accoglienze fino ad ora. Non parteciperanno Caritas Tarvinia, Caritas Vittorio Veneto e alcune delle cooperative, tra le quali LaEsse. Di fatto coloro che facevano parte della RTI, ormai RAD.
La decisione di non continuare ad accogliere richiedenti asilo riguarda le nuove disposizioni normative che, secondo questi enti gestori, andrebbero a vanificare qualsiasi tentativo concreto di inclusione degli accolti, non finanziando tutte quelle attività volte alla conoscenza del territorio e del contesto socio-culturale.
Questa decisione è stato oggetto di critiche da parte del Ministro dell’Interno, Matteo Salvini, che attraverso le sue pagine social ha condiviso l’articolo in cui si parla del passo indietro di questi soggetti, dichiarando: “La MANGIATOIA è finita, chi speculava con margini altissimi per fare "integrazione", spesso con risultati scarsissimi, dovrà cambiare mestiere.”168
Il ritiro dalla scena dell’accoglienza istituzionale di questi soggetti porterà i loro accolti ad essere ricollocati nel territorio della provincia.
La Prefetta Maria Rosaria Laganà ha dichiarato169 che gli accolti nelle strutture degli enti gestori che si presenteranno al prossimo bando saranno collocati presso le ex- Caserme Serena e Zanusso (un centinaio). I restanti saranno accolti presso le altre realtà che hanno deciso di continuare comunque l’accoglienza.
Pertanto, le caserme, i centri che hanno destato più clamore in fatto di opinione pubblica e scontri tra livelli di governo, rischiano di tornare in auge, nonostante il desiderio dichiarato del Ministro dell’Interno di andare a chiudere i grandi hub. Il sindaco di Treviso rispetto a queste nuove disposizioni ha dichiarato:
168 https://www.facebook.com/salviniofficial/posts/10156564101903155 il commento è stato scritto in riferimento alla condivisione da parte del Ministro di articolo di “Oggi Treviso” in cui si faceva presente il passo indietro della Caritas nel bando prefettizio per il 2019. Link articolo:
http://www.oggitreviso.it/node/207741?fbclid=IwAR1b3I7yD3bOEGhBeRdEPMh7yAm0r0wO8QzyZ_85S nDQFkqx4yRpFap5o5M
169
https://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/politica/19_aprile_30/decreto-salvini-pochi-soldi- associazionia-treviso-migranti-tornano-caserme-29913b28-6b09-11e9-96ee-4a67998c0c14.shtml
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“Non sarà qualche decina di persone a creare il problema, il processo di svuotamento è in corso […] Chiuderanno piccoli centri, la Serena garantirà maggiore controllo, i gestori sono sempre stati disponibili al dialogo. Piuttosto vorrei fare un calcolo di costi e ricavi, capire quant’era il margine di guadagno per le coop, ricordo che si tratta di una gestione umanitaria non di un’opportunità di business.”170
La questione ha sollevato anche la riflessione di alcuni sindacati sulla perdita del lavoro per gli operatori che fino ad allora avevano lavorato nelle accoglienze171, in linea con una riflessione nata anche a livello nazionale172 173(15000 i posti di lavoro a rischio secondo Oxfam).
Il cambio di scenario va quindi a modificare di fatto ciò che riguarda principalmente l’accoglienza nei CAS, andando ad aumentare la possibilità che gli scontri tra attori a favore, e contro gli immigrati, diventino sempre più numerosi e facendo presagire una lotta tra attori dell’accoglienza locali contro il livello centrale di governo, quello nazionale.
170 ibidem
171 Ibidem :«Il problema è reale – commenta il segretario della Cgil Mauro Visentin -, l’indotto occupazionale non è marginale, sono a rischio le famiglie». «Il Decreto Sicurezza ci fa fare un passo indietro nell’integrazione per perseguire un mero ideale elettorale – aggiunge la segretaria della Cisl Cinzia Bonan -. I lavoratori vedono vanificare anni di impegno e risultati».
172
http://www.ansa.it/sito/notizie/economia/2019/05/06/oxfam-a-rischio-lavoratori- accoglienza_970c0b90-0d10-4927-93e7-b54de1ea9d17.html
173 È nato a Trieste quello che vorrebbe diventare un percorso di mobilitazione dei lavoratori di CAS allo scopo di difendere il proprio lavoro e un sistema di accoglienza che sia diffuso e inclusivo:
https://www.meltingpot.org/Buonisti-un-CAS-in-FVG-nasce-un-percorso-di- mobilitazione.html#.XOQGoVIzbIU
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CONCLUSIONE
Il presente lavoro di ricerca ha cercato di comprendere come la dimensione verticale e orizzontale della MLG si articolino e interagiscano tra loro, nell’implementazione delle politiche di ricezione e accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati, nel piano locale. Le politiche relative all’accoglienza di rifugiati e richiedenti asilo comprendono una
governance che prevede l’interazione di una molteplicità di attori pubblici e privati. Per
questa ragione, il concetto di MLG inteso come studio, unicamente, degli attori a vari livelli di governo e delle relazioni tra loro va completato e rivisto. Fino ad ora, infatti, gli studi interessati da questo approccio analitico hanno privilegiato le interazioni nella dimensione verticale di governance (Ambrosini M. & Campomori F. 2018, 9), pertanto sembrerebbe più attrezzato per analizzare i rapporti intergovernativi, tra poteri pubblici. Tali soggetti, infatti, hanno frames simili e ricercano perlopiù un “ordine negoziato” nelle politiche. Lo studio delle interazioni tra poteri pubblici e società civile (dimensione orizzontale) non ha avuto la medesima attenzione teorica (Ibidem), gli attori in questa dimensione sono spinti spesso da frames diversi, agiscono in cooperazione ma anche in conflitto tra loro.
Ambrosini a tale ragione ha proposto l’immagine di un “campo di battaglia” per definire come i diversi stakeholders si muovano sul piano locale dell’implementazione delle politiche di ricezione e accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati.
Le politiche in tale materia acquisiscono una particolare rilevanza a livello locale: la molteplicità di attori presenti evidentemente condizionano i risultati delle politiche, perché riguardano anche il risultato delle interconnessioni tra loro.
L’agenda locale viene influenzata sia dai poteri pubblici in questo ambito, costituiti dall’ente locale e dalle prefetture che rappresentano il Ministero dell’Interno sul piano locale, sia da gruppi della società civile.
Per questa ragione è possibile individuare cinque gruppi favorevoli all’immigrazione: le ONG e soggetti del Terzo Settore che si occupano concretamente dell’accoglienza, attori organizzati (sindacati, associazioni di volontariato etc.), movimenti sociali, gruppi di sostegno e “battitori liberi” cittadini che a titolo individuale offrono tempo e/o mezzi a chi viene accolto.
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Esistono poi attori pubblicamente schierati contro l’immigrazione: movimenti politici di estrema destra e talvolta comitati cittadini che manifestano a sfavore dell’accoglienza. In base alle dinamiche che le interazioni tra questi attori scaturiscono si possono individuare diverse configurazioni dei rapporti tra loro: di chiusura, tolleranza, attivismo istituzionale contro la società anti-immigrati e cooperazione. Questo tipo di classificazione può essere ricondotta a tutte le fasi dell’accoglienza dal punto di vista locale, dall’avviamento di un progetto che sia CAS o SPRAR, fino al termine dell’accoglienza istituzionale per comprendere le proposte di post-accoglienza e il difficile decollo delle varie sperimentazioni.
Alla luce di queste riflessioni si è voluto tentare di ricostruire il campo di battaglia trevigiano. Allo scopo di ricreare le dinamiche presenti in tale luogo sono state svolte alcune interviste a soggetti che si sono distinti per voce pubblica e iniziative a Treviso. Coloro i quali non è stato possibile raggiungere per molteplici problematiche, si sono individuati attraverso lo studio della stampa locale.
Prima di raffigurare il campo di battaglia locale si è fatto un breve excursus sulla storia politica del Veneto e di Treviso, andando a chiarire il concetto di “subcultura bianca”. Il concetto di “subcultura” venne introdotto da uno studio promosso dall’Istituto Cattaneo di Bologna negli anni Sessanta (Galli G. et al. 1968), che indagava i dati elettorali italiani. Per comprendere i comportamenti elettorali degli italiani gli studiosi divisero la penisola in sei zone, alcune delle quali risultarono particolarmente schierate: il Veneto e il Friuli-Venezia Giulia privilegiavano la Democrazia Cristiana (subcultura bianca) mentre Toscana ed Emilia il Partito Comunista Italiano (subcultura rossa). La subcultura bianca è caratterizzata da presenza preponderante della Chiesa nella società e un localismo antistatalista con poca fiducia dei confronti delle istituzioni centrali174.
Per questa ragione dal crollo della Democrazia Cristiana, la Lega ha avuto in questa regione, ampio seguito, proponendosi come partito anti-establishment e anti-europeista. Anche se non gode della stessa fiducia incondizionata rivolta alla Democrazia Cristiana la Lega ha saputo farsi porta voce di alcuni elementi caratterizzanti del territorio quali: la rilevanza della famiglia, l’importanza delle autorità clericali, la sfiducia verso il governo centrale e il forte localismo.
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Treviso dal canto suo, ha sempre risposto alle logiche regionali in fatto di elezioni, governata da giunte di Democrazia Cristiana fino al suo crollo, ha visto successivamente l’imperversare di sindaci della Lega con una piccola eccezione dal 2013-2018, in cui vi è stata una giunta del Partito Democratico.
Alla luce del quadro istituzionale proposto si è poi inserita la ricerca vera e propria e la ricostruzione del campo di battaglia. Di fatto, ciò che ha riguardato il piano locale trevigiano non si è discostato dall’analisi proposta da Ambrosini e Campomori (2018). Dopo la “crisi dei rifugiati” del 2014 il sistema di accoglienza è stato maggiormente strutturato in una precisa divisione di responsabilità tra i livelli di governo (l.142/2015). Nonostante ciò, sono aumentati i conflitti istituzionali in particolare coinvolgendo il livello centrale e il livello comunale (Campomori F. 2018c, 10). A Treviso, come in altre zone d’Italia, si sono verificati scontri tra l’ente pubblico e la Prefettura, per l’apertura dei CAS. Il comune vedendosi bypassato dalla Prefettura e non coinvolto nella regia dell’accoglienza, ha più volte manifestato dissenso rispetto a quella modalità di ricezione dei richiedenti asilo soprattutto in riferimento ad un grande hub, l’ex Caserma Serena.
La dimensione di governance orizzontale, invece, quella che comprende le relazioni tra attori pubblici e privati presentano una elevata variabilità riconducibile ai differenti attori e al loro peso nella scena locale. Ad esempio, è emerso che alcuni soggetti del terzo settore hanno cercato di lavorare favorendo un approccio di cooperazione tra loro (RTI) poiché avevano frames simili. Lo stesso per le associazioni di volontariato, che hanno costituito un tavolo di lavoro presso il CSV per proporre iniziative sul tema e destinate a richiedenti asilo, ma non coordinandosi tra loro rispetto ai servizi proposti singolarmente (es. più associazioni si occupano di insegnamento della lingua).
I progetti di post-accoglienza, inoltre, sono prova di un coordinamento tra attori pubblici e privati che ha la necessità di essere maggiormente implementato, considerando che l’unico progetto promosso sul territorio è “Rifugiato a Casa Mia”. Affinché questo tipo di iniziative diano vita ad un nuovo tipo di advocacy, sarebbe necessario rendere maggiormente efficace la governance “aprire nuovi spazi di collaborazione in tutta la filiera dell’intervento, dalla progettazione al controllo di efficacia” (Sgritta in Campomori F & Feraco M. 2018, 154). Caritas ha deciso di aprire
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la possibilità di parteciparvi anche ai rifugiati non accolti direttamente da loro, ma anche coloro i quali vivono presso CAS delle altre realtà dell’RTI.
Questo elemento rappresenta di per sé un’apertura verso altri attori, tuttavia, ad oggi ci sono famiglie e parrocchie disponibili ad accogliere ma nessun candidato.
Non tutti i titolari di status possono accedere al progetto, vi sono dei criteri precisi, tuttavia, un coordinamento con altre realtà che accolgono e uno scambio di informazioni funzionale, potrebbero aprire la possibilità di un progetto oltre l’accoglienza istituzionale ad un maggior numero di beneficiari.
La recente modifica normativa (d.l. 113/2018) riguardo il tema della richiesta d’asilo e rifugiati sta andando a creare delle nuove dinamiche all’interno del campo di battaglia qui mappato. Probabilmente questo decreto andrà ad esasperare alcune tensioni già presenti (Campomori F. 2018c, 10), sia per quanto riguarda la dimensione verticale di
governance che quella orizzontale.
A Treviso alcune conseguenze sono già in atto. Il nuovo capitolato che diminuisce radicalmente i finanziamenti pro capite (i famosi 35 euro al giorno), andando a ridimensionare di molto gli standard dell’accoglienza ha fatto desistere alcune delle esperienze di accoglienza diffusa presenti nel territorio nel continuare i progetti di accoglienza (Caritas Vittorio Veneto, Caritas Tarvisina e la Cooperativa LaEsse).
Il referente per gli enti attuatori dello SPRAR a Treviso teme che si andrà in contro ad una possibile presenza di posti vuoti, poiché ora non possono più accedere al servizio richiedenti asilo né titolari di protezione umanitaria, che è stata abolita.
Queste considerazioni sul piano locale, in cui l’accoglienza viene implementata, si inserisce in un quadro più ambio di sempre maggior chiusura rispetto al tema. È necessario tenere conto del progressivo irrigidimento italiano ma anche dell’UE, per quanto concerne l’accoglienza degli immigrati che molto probabilmente ricadrà, come sta già succedendo, sulle modifiche apportate al sistema.
Questo lavoro di ricerca lascia aperte alcune questioni: lo studio maggiormente approfondito delle modifiche del “campo di battaglia” attuale, a seguito della nuova legge (d.l. 113/2018), e il confronto con altre realtà locali italiane. Infatti, l’inserimento di quanto emerso nel trevigiano, confrontato con altre realtà, potrebbe dare maggior vigore al concetto di “campo di battaglia” e verificherebbe il suo potenziale
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esplicativo175 (Ambrosini M & Campomori F 2018, 9). Paragonando quanto attuato nel trevigiano con un’altra realtà si potrebbe comprendere meglio come le politiche siano anche il risultato delle interazioni tra vari attori, in contesti dove i rapporti tra
stakeholders vivono dinamiche diverse rispetto a quelle qui rappresentate le condizioni
di vita dei richiedenti asilo e rifugiati potrebbero essere diverse, nonostante una normativa nazionale che dovrebbe unificare i sistemi di accoglienza.
175 Traduzione mia
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APPENDICE A: interviste
Intervista 1: Comune di Treviso
Data: 31 dicembre 2018
“In materia di accoglienza asilo il comune con quali soggetti si relaziona e perché? Prefettura.. / Questura… / enti gestori.. / Commissione territoriale.. / altri...”
“Sicuramente con la Prefettura che ha la titolarità in materia di immigrazione. Poi abbiamo gli enti gestori, o meglio il nostro ente gestore che in questo momento è la Cooperativa Laesse con Una Casa per l’Uomo. Però anche con altre poi ci si confronta per le problematiche esistenti. Come ad esempio Nova Facility, a suo tempo anche la realtà che si era creata in via Castellana, Casa Rosa. E poi la provincia però per quanto attiene agli eventuali inserimenti lavorativi. E alcune cooperative del territorio nostro prevalentemente. Questi sono gli attori principali, diciamo. E in caso estremo anche con la questura. Poi ci relazioniamo con il CPIA per l’insegnamento della lingua, che secondo noi andrebbe potenziata ma quello più o meno era lo standard.”
“Cosa intende per le cooperative nel nostro territorio? Che tipo di cooperative?”
“Le cooperative più che altro per gli inserimenti lavorativi, lo studio dell’italiano, per diciamo aiuti di questo tipo, in sostanza.”
“Di quali cooperative si parla?”
“Ad esempio, cooperativa Ambiente. Abbiamo anche avuto relazioni con associazioni del territorio. Abbiamo fatto un protocollo specifico con quella cooperativa che si occupa di trasporto anche di persone anziani, l’ANTEAS. Prevalentemente queste. Poi c’è il Centro Per l’Impiego, l’ufficio scolastico.”
“Definirebbe questi rapporti positivi?”
“Si molto.”
“Anche con istituzioni, ovvero Prefettura e Questura?”
“Si. Devo dire che i rapporti sono stati costruttivi con tutti, i risultati non sono sempre stati, diciamo, soddisfacenti. Però devo dire che problemi di chiusure non ci sono state.”
“Quando è stato attivato lo SPRAR a Treviso?”
“Noi siamo partiti a luglio 2016 con un’attività che però abbiamo iniziato a mettere in cantiere a novembre 2015, casino boreale, ma insomma. Perché per noi era una cosa completamente nuova e quindi abbiamo dovuto mettere in piedi tutta la procedura
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amministrativa per arrivare poi alla rete dei comuni, affidamento dell’incarico e quant’altro.”
“Come mai è stata fatta questa scelta, di attivare lo SPRAR?”
“Perché l’alternativa era comunque subire una situazione che veniva dall’alto. Nel senso che in quel periodo c’erano tutti quei famosi sbarchi, arrivi, quant’altro, e la Prefettura ci comunicava uno giorno si, l’altro anche, che arrivava sempre qualcuno da inserire. L’unico sistema che ancora oggi è valido per avere la regia della situazione è effettivamente lo SPRAR. Perché è il comune che effettivamente accoglie, senza doverselo subire dall’alto, come succede magari in altri casi. Quindi la scelta era quella di cercare di avere la regia e cercare di attivare una sorta di integrazione, cosa non facile, ma insomma..”
“Attualmente quanti posti ha?”
“49”
“E sono tutti a Treviso?”
“No, 28 a Treviso. Gli altri sono a Ponzano Veneto, Monastier e Mogliano Veneto. La gran parte qui a Treviso comunque”
“Ma sono laEsse ed Una Casa per l’Uomo, come enti attuatori, ad aver pensato di porre appartamenti fuori comune?”
“No, a Treviso è nata una rete che ha visto la partecipazione di dieci comuni del territorio. Poi, in realtà, la rete è stata abbastanza fittizia. Cioè la rete vera è tra i comuni che accolgono, gli altri comuni hanno cercato all’inizio, ma alla fine non sono riusciti a fare nulla. Però la rete era formata da dieci comuni limitrofi e si voleva un po’ che tutti mettessero la loro parte, solo che alla fine si è riuscito a farlo solo con alcuni di questi comuni.”
“Quindi di fatto, adesso, i 49 posti vengono gestiti da Una Casa Per L’Uomo,
LaEsse e voi come comune o anche gli altri?”
“sisi anche gli altri comuni, perché al livello sociale ogni comune si occupa dei propri. Quindi noi seguiamo i 28 posti su Treviso. Poi in realtà è più l’ente gestore in prima linea, noi interveniamo in caso di problematiche particolari, o questioni amministrative, rendicontazioni e quant’altro.”
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“No siamo partiti con pochi e siamo arrivati solo a fine del 2016 a raggiungere questa quota, non è stato facilissimo. Siamo partiti con Treviso e poi ci siamo allargati con gli altri comuni.”
“C’è mai stata una riflessione politica volta ad aumentare i posti nello SPRAR a Treviso, o fare come si pensava a Bologna di trasformare tutti i CAS in SPRAR?”
“Si, assolutamente. Però non è stato possibile. Abbiamo fatto questo tentativo quando è entrata in vigore quella specie di normativa o interpretazione che consentiva la trasformazione di CAS in SPRAR. Però non è mai stata così semplice da attuare perché comunque non era un passaggio automatico, bisognava fare le gare, occorreva chiede al Ministero autorizzazioni e quant’altro. Alla fine, non si è fatto nulla. È intervenuta, poi, anche la circostanza che sono diminuiti comunque gli arrivi. Questa cosa ci ha un po’ agevolato, però stavamo pensando anche noi di aumentare, senza dubbio.”
“Com’è stato l’avvio della gestione SPRAR dal punto di vista amministrativo e delle relazioni con gli enti gestori? Adesso com’è la situazione secondo lei: è un sistema efficiente? Come sono i rapporti tra il comune e gli enti gestori e come si sono evoluti nel corso degli anni?”
“Le relazioni con gli enti gestori ottime. Dal punto di vista amministrativo non semplice proprio perché era una cosa nuova. Nel giro di qualche mese ci siamo allineati e poi la cosa è andata via dritta. Senza problemi. Il sistema è assolutamente efficiente. Funziona.”
“Che opinione ha delle modifiche a cui sarà sottoposto?”
“Non ho ancora letto molto. Bisognerà vedere le ricadute pratiche ed effettive che ci spaventano un po’. Bisognerà vedere se effettivamente ci troveremo con un po’ di gente per la strada o no. Questo è da vedere. Perché quando scadono i famosi tempi per l’accoglienza, parlo soprattutto di CAS, il rischio è che gli accolti non sappiano dove andare. La situazione per il momento è sotto controllo, ci parlano di febbraio-marzo, come periodo in cui potrebbe esserci qualche problematica.”
“i rifugiati con permesso umanitario accolti nello SPRAR, sono stati fatti uscire?”
“Adesso come monitoraggio non abbiamo situazioni di permessi umanitari. Però so che la questione potrà verificarsi”
“gli enti gestori competenti sono sempre stati LaEsse e Una Casa Per L’Uomo?”
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“Avviare lo SPRAR è stata una decisione contesa al livello politico?”
“Qui la maggioranza era compatta. È cominciata con la Giunta Manildo, l’allora