• Non ci sono risultati.

Il processo di revisione del ciclo magazzino: aspetti operativi e prospettive future

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Il processo di revisione del ciclo magazzino: aspetti operativi e prospettive future"

Copied!
143
0
0

Testo completo

(1)
(2)

2

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA E MANAGEMENT

Corso di Laurea Magistrale in Strategia, Management e Controllo

TESI DI LAUREA

Le sfide future delle procedure di revisione legale: un focus

sull’inventario fisico di magazzino

CANDIDATO

RELATORE

Jessica Aisha Harrabi

Prof. Giuseppe D’Onza

(3)
(4)

4

INDICE

INTRODUZIONE

CAPITOLO 1. Il contesto normativo della revisione legale dei

conti

1.1. I principali interventi normativi: dal 1939 al 1945 1.2. Il controllo dei conti: il d.lgs. 27 gennaio 1992, n.88

1.3. La revisione contabile nelle società quotate: il Testo Unico sulla Finanza 1.4. Gli scandali finanziari: Sarbanes-Oxley Act

1.5. La responsabilità amministrativa ed il ruolo dei modelli 321 1.6. La legge sulla tutela del risparmio

1.7. Il d.lgs. 27 gennaio 2010, n.39

1.8. Il quadro normativo attuale modificato dal d.lgs. 17 luglio 2016, n.135

1.10.1. Disposizioni generali

1.10.2. Disposizioni speciali riguardanti gli enti di interesse pubblico e Regolamento UE n.537/2014

1.10.3. Disposizioni speciali applicabili agli enti sottoposti a regime intermedio 1.10.4. Controlli di qualità e vigilanza delle Autorità

1.10.5. Regime sanzionatorio

1.10.6. Modifiche al codice civile: un focus sulla s.r.l.

1.11. Il collegio sindacale e la revisione legale dei conti

CAPITOLO 2. Il processo di revisione secondo gli ISA Italia: un

approccio risk based

2.1. I principi di revisione internazionali ISA Italia 2.2. Il processo di revisione: premessa

2.3. L’importanza della documentazione: l’ISA Italia 230

2.4. Fase preliminare di accettazione dell’incarico: l’ISA Italia 210

(5)

5

2.5.1. L’ISA Italia 315. Comprensione dell’azienda, del contesto e del sistema di controllo interno

2.4.2. L’ISA Italia 320: la significatività

2.6. La raccolta delle evidenze e la risposta ai rischi: L’ISA Italia 320 2.6.1. Il sistema di controllo interno e le procedure di conformità

2.6.2. Le procedure di validità e l’approccio per cicli 2.6.3. La centralità del campionamento: l’ISA Italia 530. 2.6. Le modifiche al piano di revisione

2.7. La comunicazione dei rapporti

CAPITOLO 3. Le prospettive future delle procedure di

revisione: l’inventario fisico di magazzino

3.1. Il ciclo magazzino e la sua gestione

3.1.1. La contabilità di magazzino 3.1.2. L’inventariazione

3.2. Il quadro dell’informativa finanziaria di riferimento 3.3. La revisione delle rimanenze: i rischi e le asserzioni 3.4. Pianificazione e sviluppo della strategia di revisione

3.4.1. Un’attività di verifica preliminare: il controllo di quadratura

3.5. La verifica dell’inventario fisico di magazzino

3.5.1. Considerazioni iniziali; 3.5.2. L’esecuzione

3.5.3. Conclusioni

3.6. Considerazioni specifiche

3.6.1. L’inventario rotativo

3.6.2. Inventario svolto ad una data diversa dalla data di riferimento del bilancio

3.6. Le prospettive future offerte dalla tecnologia

3.7. Rimanenze sotto la custodia di terzi: la circolarizzazione tramite PEC CONCLUSIONI

(6)

6

INTRODUZIONE

Il presente elaborato scaturisce da un’esperienza di tirocinio svolta all’interno di una società di revisione, dalla quale ho tratto competenza professionale, nonché notevoli spunti di riflessione. La scelta dell’argomento in questione, in particolare, deriva non soltanto dall’attinenza dello stesso all’ambito disciplinare dei miei studi, poiché rappresentativo di una fetta preponderante del controllo aziendale, ma soprattutto dalla volontà di “sviscerare” i meccanismi che sono situati alla base del funzionamento di un’azienda: il magazzino, in particolare, rappresenta forse uno dei più complessi asset patrimoniali, la cui gestione condiziona profondamente la capacità di sopravvivenza sul mercato di un’impresa industriale. Le rimanenze di magazzino, infatti, sono costituite genericamente da un “prodotto finale”, che sarà il futuro dato di ricavo, il quale acquisisce un significato interpretabile secondo una logica bivalente: esso sarà presumibilmente parte del profitto dell’impresa e contribuirà ad accrescerne la ricchezza, tuttavia è anche il frutto dello sforzo compiuto dall’investitore che, in quanto totalmente volontario, deve trovare adeguata tutela da parte dei soggetti che improntano la propria vita alla correttezza e all’equità (nel dare e nell’avere prima di tutto), i revisori. È innegabile che la revisione legale dei conti, così come la stessa denominazione evoca, figuri come un artificio della legge, tuttavia essa costituisce una prima opportunità di miglioramento proveniente dall’esterno. Non a caso, le società che hanno fatto del proprio core business la revisione aziendale, presentano tutte ed indistintamente un ramo legato alla consulenza che, per quanto nettamente separato, accoglie una molteplicità di professionisti che si è formata nella disciplina del controllo. La tesi, quindi, si propone di approfondire aspetti meramente legislativi inerenti alla revisione legale dei conti: l’oggetto del primo capitolo riguarda il contesto normativo della revisione legale dei conti, recentemente modificato dal decreto legislativo 135 del 2016, le cui principali novità hanno investito la formazione richiesta ed un ampliamento del concetto di indipendenza. Il testo introduce gradualmente il processo revisionale normato dagli ISA Italia, di cui si discute al secondo capitolo, per poi sfociare su un’illustrazione delle tecniche e delle procedure di verifica adoperate nel processo di revisione delle rimanenze di magazzino, su una riflessione riguardante la loro idoneità a far fronte ai rischi intrinsechi a tale classe di bilancio, nonché al loro contributo al miglioramento del processo gestionale sottostante. Inoltre, per quanto l’idea basilare dei test effettuati dai revisori non sia cambiata nel corso del tempo, le modalità con cui essi sono condotti hanno subito una profonda trasformazione, che punta all’accrescimento di fattori quali la tempestività e l’accuratezza, nonché la condivisione delle informazioni tra più soggetti coinvolti, attraverso la tecnologia in primo luogo. La procedura di verifica dell’inventario di magazzino, ad esempio, è svolta attraverso degli applicativi installati sugli smartphone e la richiesta di conferma esterna (la circolarizzazione) avviene quasi completamente attraverso la posta elettronica

(7)

7 certificata. Questi accorgimenti inevitabilmente accorciano i tempi della verifica, con un notevole risparmio di risorse. Le sfide future al processo di revisione delle rimanenze rappresenta il cuore del terzo capitolo, che sarà anche arricchito di considerazioni prettamente operative.

Se è vero che l’attività di revisione sia fortemente ancorata ai dettami della legge, possiamo dunque affermare che la stessa volge verso nuove prospettive, le quali si concretizzano in maniera lenta, ma sicuramente assai efficace.

(8)

8

CAPITOLO 1

Il contesto normativo della revisione legale dei conti

1.1. I principali interventi normativi: dal 1939 al 1975

L’evoluzione normativa dell’attività di revisione legale dei conti costituisce un quadro variopinto, che richiede sicuramente uno sforzo intellettuale di interpretazione. I numerosi interventi normativi che si sono susseguiti nel tempo hanno mirato a definire rigorosamente il contenuto che contraddistingue tale attività, soprattutto delineando i caratteri principali dell’identità fisica e giuridica di chi la svolge. Nel nostro Paese la normativa è il frutto di circa ottant’anni di storia, dalla fine della Grande Guerra ad oggi. Durante il regime fascista, con il Regio decreto legge n.2214 del 1929, viene introdotta una nuova tipologia di società, le società fiduciarie, aventi un oggetto sociale particolarmente sfaccettato. Esse, infatti, si occupavano essenzialmente dell’amministrazioni di beni per conto di terzi, affiancando però funzioni revisionali e finanziarie in senso stretto. Concentriamoci sulle seconde; esse spaziavano dai semplici controlli contabili a quelli di più ampia portata amministrativa. L’obiettivo del legislatore era quello di introdurre una figura che ricopriva un ruolo di supporto alla sempre più crescente complessità delle organizzazioni. È importante in questo momento storico osservare la mescolanza di attività esercitate da tali società, non curandosi degli effetti reciproci di annichilimento. Si assistette ad una maggiore regolamentazione con la legge n. 1966 del 23 Novembre 1939, attraverso la quale sono state poste le fondamenta dell’attività di revisione dei conti: oltre ad una più puntuale definizione dell’oggetto sociale della società fiduciarie, viene sancito il sistema di amministrazione e controllo di cui doveva dotarsi. Difatti, la società fiduciaria svolgeva le medesime funzioni di cui sopra con una particolarità riguardante quelle strettamente finanziarie: esse confluiscono nella “rappresentanza dei

portatori di azioni e di obbligazioni e sono esplicitamente escluse le funzioni di sindaco di società commerciale, di curatore di fallimento, di perito giudiziario in materia civile e penale e in genere le attribuzioni di carattere strettamente personale riservate dalle leggi agli iscritti agli albi professionali e speciali” (articolo 1). Tali società sono state sottoposte alla vigilanza

del Ministero delle corporazioni e necessitavano di un’idonea autorizzazione per intraprendere l’attività. Già da questo primo intervento si nota il bisogno di delimitare l’ambito di azione di un tal tipo di società, proprio per il carattere sensibile delle informazioni con cui entra in contatto e per gli interessi inevitabilmente coinvolti. Il controllo da parte di autorità amministrative indipendenti sarà da questo momento preminente nel panorama che ci apprestiamo a descrivere. Per le società fiduciarie del 1939, inoltre, sono state previste delle

(9)

9 norme che esigevano la presenza di iscritti agli albi professionali tanto nel Consiglio di amministrazione, quanto nel Collegio sindacale. Il personale subordinato stesso doveva possedere le competenze ed il titolo di studio ritenuto più idoneo per lo svolgimento delle attività. Troviamo, quindi, un timido approccio verso la definizione di connotati specifici alla figura del revisore. Ritornando però sul tipo di attività che la società svolgeva, soprattutto in merito alle funzioni di revisione; esse si prefigurano come servizi di consulenza riguardanti: la realizzazione di strutture contabili, il supporto nelle operazioni di natura straordinaria, la revisione delle poste di bilancio. È importante sottolineare come qui il servizio di revisione sia erogato dalla società in via del tutto volontaria alle aziende che ne fanno richiesta e si verifica nella fornitura dello stesso una separazione dei ruoli tra chi controlla e chi dirige l’impresa sottoposta a revisione. L’obbligatorietà per la “certificazione” dei bilanci per le sole società quotate si avrà soltanto con il D.P.R. 136 del 1975. L’anno prima, tuttavia, con la Legge 216 del 31 Marzo viene istituita una figura centrale nella regolamentazione dell’attività svolta dalle società di revisione, la Commissione nazionale per la società e la Borsa (Consob). Si tratta di un’autorità indipendente, che avvalendosi del personale dello Stato, svolge una molteplicità di compiti che possono sintetizzarsi nei seguenti: regolamentazione degli obblighi informativi cui le società quotate in borsa devono adempiere; determinazione dei requisiti per l’ammissione alla quotazione di borsa; ispezione delle strutture stesse ed esercizio di poteri di controllo sulle informazioni ad essa fornite; accertamento di violazioni delle norme nel finanziamento delle operazioni di intermediazione e negoziazione su titoli quotati in borsa effettuate da soggetti che operano in borsa o esercitano attività di intermediazione; altre attività afferenti al funzionamento della borsa stessa attribuite dal Mistero del Tesoro. Il procedimento che conduce alla certificazione di bilancio trova la principale ed unica fonte legislativa nel D.P.R. 136. Una nebbia concettuale pervade il significato da attribuire al termine “certificazione”, poiché utilizzato ambiguamente per indicare tanto il processo di revisione contabile quanto il giudizio che da esso scaturisce. Accogliamo, tuttavia, l’interpretazione più restrittiva condivisa da molti, secondo cui la certificazione costituisse il risultato finale del processo revisionale. Aggiungiamo un’ulteriore specifica: esso è il risultato dell’atto di certifying, attraverso il quale si afferma ufficialmente l’autenticità e l’irreprensibilità del bilancio, senza alcuna evidenziazione di elementi di luce o ombre. Il lavoro che compie il revisore, tuttavia, non conduce all’inconfutabilità di tale prova perché il bilancio è intrinsecamente pervaso da elementi di completa soggettività e le stesse procedure revisionali attuate sono essenzialmente parziali. Il revisore non potrà mai controllare tutti i processi contabili ed attestarne la loro correttezza. Ne consegue l’inadeguatezza del concetto di certificazione nel contesto della revisione contabile. Il risultato dell’attività di revisione è internazionalmente chiamato “auditor’s report”, come ad indicare la testimonianza del lavoro del revisore. Una problematica ulteriore riguarda l’ambito di riferibilità del concetto. Cosa intendiamo? Il processo di controllo che conduce alla certificazione del bilancio non è diverso dal relativo compito attribuito al

(10)

10 collegio sindacale. Si tratta, nondimeno, di una distorsione, dal momento che il controllo contabile esercitato dall’organo di controllo è il medesimo del revisore esterno. Come vedremo successivamente, solo con il d.lgs. 58/98 le disposizioni di legge, conformandosi a quelle internazionali, forniranno maggiore chiarezza sull’attività di controllo esercitata all’interno di una società, perlomeno per quelle quotate. L’articolo 2 del D.P.R 136, alla lettera a) prescrive che il Governo è delegato ad emanare “ disposizioni, e relative norme di attuazione e

transitorie, intese a disciplinare, nei confronti delle società le cui azioni sono quotate in borsa, le funzioni di controllo sulla regolare tenuta della contabilità e sulla corrispondenza del bilancio e del conto profitti e perdite alle risultanze delle scritture contabili e alle norme di legge, mediante attribuzione di tali funzioni, e della relativa certificazione dei bilanci, a società di revisione designate dall'assemblea dei soci fra le società di revisione iscritte in un albo speciale, tenuto dalla Commissione nazionale per le società e la borsa e disciplinato in modo da assicurare, anche con la previsione di incompatibilità, la idoneità tecnica delle società di revisione e la loro indipendenza. Potranno essere previsti effetti legali della certificazione. Alle società di revisione sarà attribuito altresì il compito di esprimere parere sulla congruità del prezzo di emissione delle azioni in caso di esclusione o limitazione del diritto di opzione, sulla congruità del rapporto di cambio delle azioni nel caso di fusione e sulla congruità delle valutazioni dei conferimenti in natura. Saranno previste sanzioni penali nei confronti degli amministratori, dirigenti e dipendenti delle società di revisione per il non corretto esercizio delle funzioni. Secondo il dettato normativo, le società quotate, devono

sottoporsi ad un controllo riguardante la regolare tenuta della contabilità, il riscontro tra le voci di bilancio e le risultanze delle scritture contabili, nonché sulla congruità del contenuto del bilancio alle norme di legge. L’esercizio del controllo è affidato a società di revisione, le quali dovranno essere iscritte in un apposito Albo custodito dalla Consob, che si accerta dell’esistenza di requisiti di indipendenza, professionalità ed assunzione di responsabilità. Se il bilancio di esercizio è ritenuto conforme, la società di revisione rilasciava una certificazione. Conforme a cosa? Il D.P.R. 136 del 1975 prevedeva la conformità del bilancio ai “corretti principi contabili”, poi modificato con il D.lgs. 9 aprile 1991 n. 127 con l’espressione “norme che disciplinano il bilancio di esercizio”. Nonostante tale modifica, il precedente riferimento ai corretti principi contabili è di grande importanza perché in quel dato momento storico non si poteva ancora tener conto di principi contabili uniformi o applicabili omogeneamente1. Come

sua consueta attitudine, l’Italia giunge all’obbligatorietà della certificazione dei bilanci d’esercizio molto dopo rispetto ad altri Paesi. Gli organismi di contabilità professionali negli Stati Uniti, Inghilterra e Galles e Canada, rispettivamente nel 1939, 1942 e 1946 furono i primi al mondo ad iniziare programmi che dessero una guida ufficiale su ciò che costituisce la prassi contabile. Negli Stati Uniti nel 1887 è stata fondata l’American Institute of Certified Public

(11)

11 Accountants (AICPA), primo organismo della professione contabile volto alla formalizzazione della prassi contabile. La necessità di una regolamentazione forte nel financial reporting e nell’attività di revisione con una certa ingerenza da parte del Governo fu fortemente sentita a seguito del crollo della Borsa di Wall Street nel 1929. La depressione e la riforma politica hanno portato alla creazione di un organismo che sovrintendesse alla Borsa: nel 1934 nasce la Securities and Exchange Commissions (SEC) che svolge tendenzialmente lo stesso ruolo della Consob nel contesto italiano. Essa, infatti, regolamenta e vigila sui soggetti operanti nei mercati finanziari pur tuttavia non formulando regole tecniche, compito che invece fu demandato alla stessa AICPA. La SEC, infatti, ha caldamente raccomandato alle società quotate l’utilizzo delle “Opinions” emanate dall’Accounting Standard Board (ASB) dell’AICPA e a partire dagli anni ‘60 tale organismo emanò una serie di principi che presero il nome di “Generally Accepted Accounting Principles”. Gli Stati Uniti possono essere considerati anche i pionieri nella sistematica e risoluta regolamentazione dell’auditing. A seguito dello scandalo della McKesson&Robbins, la SEC ha fatto istituire un committee per la pubblicazione di standard che regolassero l’attività di audit già a partire dal 1949. In Inghilterra, invece, l’obbligatorietà della certificazione dei bilanci era stata sancita con il British Companies Act del 1892. Uno sviluppo nei principi contabili si ebbe a partire dal gennaio 1970, quando l’Institute of Chartered Accountants in England and Wales (ICAEW) istituisce l’Accounting Standards Steering Committee, avente come scopo l’emanazione di standard definitivi relative al financial reporting, ovvero le “Recommendations on Accounting principles”, che confluiscono in ciò che in questo Paese è invece definito “Generally accepted Acccountig Pratice”. Al decennio precedente risale lo sforzo dell’ICAEW nella realizzazione di standard afferenti l’auditing, molto più tardi rispetto agli Stati Uniti. Nel nostro Paese, un sistema di documenti che definiscono l’attività di revisione si ebbe negli ultimi anni del decennio ’70: dal 1977 al 1995 sono stati approvati 21 principi di revisione. I documenti, in futuro, sono stati rivisti ed allineati a quelli emanati dallo IAASB. Questo brevissimo e non esaustivo excursus storico ci induce a due riflessioni. In primo luogo, possiamo evidentemente constatare come la regolamentazione sui controlli che si effettuano sui conti sulla società sembra quasi essere una priorità rispetto a come tali conti sono esposti e rappresentati. L’obbligo nella certificazione del bilancio è infatti collocata a livello temporale anteriormente alla formalizzazione delle regole contabili, ciò è dovuto essenzialmente alla vitale necessità di tutelare gli interessi del pubblico, che fanno affidamento sull’attendibilità dell’informativa societaria per la gestione del portafoglio investimenti. Secondariamente, possiamo notare che il legame tra revisione di bilancio e i principi contabili è da questo momento in avanti indissolubile ed imprescindibile.

(12)

12 Il punto di svolta nello sviluppo dei principi contabili nel nostro Paese è sicuramente rappresentato dalle leggi che si sono susseguite a partire dalla fondazione della Consob. Prima di tale avvenimento, essi erano un insieme di regole generalizzate volte ad indirizzare la rilevazione delle operazioni di gestione e le sintesi di bilancio, al fine di incrementarne l’attendibilità, in una prospettiva di maggiore trasparenza dell’informativa di bilancio. Le fonti informative di tali principi erano di tre tipologie: la dottrina economico-aziendale, le norme di legge in tema di bilancio derivanti dal codice civile del 1942 aggiornato e la prassi contabile. Consistevano fondamentalmente in: principi di classificazione all’interno del piano dei conti e di rilevazione contabile delle operazioni di gestione, principi di valutazione e principi di rappresentazione dei valori nei prospetti di bilancio. A partire dal 1975 e dal riconoscimento del Consiglio Nazionale dei Dottori commercialisti in associazione con il Consiglio Nazionale dei ragionieri come ente formalmente riconosciuto per l’emanazione degli standard in tema di bilancio, i principi contabili assurgono a rango di norme formalizzate. Nel 1982 per di più la Consob, attraverso la delibera n. 1079, aveva ritenuto che “la serie di Principi Contabili predisposti dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e dei Ragionieri debba essere considerata quale punto di riferimento sia per la società con azioni quotate in borsa, sia per le società di revisione, rispettivamente per la redazione e la certificazione dei bilanci”. La CNDC-CNR nella Commissione per la Statuizione dei Principi Contabili (CSPC) sotto l’impulso del riconoscimento quale standard setting body italiano, nel decennio 75-85 emana 8 documenti contabili: i primi due di carattere generale ed i restanti relativi al trattamento di specifiche voci di bilancio. Il documento n.1 è stato pubblicato nel settembre 1975 e tratta il bilancio d’esercizio nelle sue generalità, mettendo in risalto la finalità ed i postulati. Il documento n.2, emesso nel Gennaio 1977 riporta invece come contenuto la composizione degli schemi di bilancio del bilancio di esercizio delle imprese industriali e mercantili (accompagnato poi da un documento, il n.2 bis, di interpretazione dello stesso pubblicato nel dicembre 1982). I documenti originari restanti riguardano, con annessa data di pubblicazione: n.3, le rimanenze di magazzino (Marzo 1978); n.4 i principi base delle immobilizzazioni tecniche (Gennaio 1979); n.5 Fondi liquidi e scoperti bancari (Maggio 1980); n.6 i Crediti (Maggio 1980); n.7 debiti ed altre passività (Aprile 1981); n.8 titoli, partecipazioni e bilancio consolidato (settembre 1983). Possiamo affermare che tali principi svolgevano una triplice funzione: interpretativa, integrativa e sostitutiva (in rarissimi casi) delle disposizioni di legge sulla contabilità e bilancio. Possiamo asserire che la prima consiste in un’interpretazione in chiave tecnica: il codice civile, infatti, fissa alcuni principi base che si prestano ad essere declinati secondo differenziate modalità. L’integrazione riguarda la fornitura di principi di dettaglio, di criteri, metodi e procedure specifiche per le fattispecie previste. Per quanto concerne la funzione di “sostituzione”, essa pare concretizzarsi nell’esplicito

(13)

13 riferimento dell’articolo 2423 alla deroga alle disposizioni sulla redazione del bilancio qualora in casi eccezionali esse non consentissero la famosa “rappresentazione veritiera e corretta” del bilancio Oltre all’affermazione di subordinati principi contabili da parte della Consob nel momento di riconoscimento della funzione obbligatoria della certificazione di bilancio lo stesso articolo 2219 del codice civile prescrive la tenuta delle scritture secondo “un’ordinata contabilità”. La portata di questa espressione ha grande rilevanza nel contesto della regolamentazione nella gestione delle informazioni nelle imprese. Com’è possibile constatare dalla lettura dell’articolo menzionato, la legge non impone un sistema contabile ufficiale. La formalizzazione dello stesso è a discrezione dell’imprenditore, seppur nei limiti in cui questa consenta una “rappresentazione veritiera e corretta della situazione patrimoniale e finanziaria della società ed il risultato economico dell’esercizio”. Al timone di tale potere decisionale l’imprenditore è tenuto a seguire le regole della tecnica ragionieristica. Da sottolineare i danni cui l’imprenditore andrebbe incontro qualora non dovesse rispettare un’ordinata tenuta delle scritture: è punito con la reclusione se, dichiarato fallito, egli ha sottratto, distrutto o falsificato in tutto od in parte […] i libri o le altre scritture contabili (articolo 216 della legge fallimentare, bancarotta fraudolenta); stesso trattamento deriva dalla mancanza nei tre anni antecedenti alla dichiarazione di fallimento non ha tenuto i libri contabili e le altre scritture o se lo ha fatto in maniera irregolare (articolo 217, legge fallimentare, bancarotta semplice). Alcuni autori, inoltre, sostengono che la stessa espressione “rappresentazione veritiera e corretta” implica l’utilizzo di principi contabili, perché soltanto attraverso questi è possibile fornire una visione quanto più realistica e neutrale della situazione economico-finanziaria dell’azienda, priva quindi di distorsioni e manipolazioni, con lo scopo di permettersi agli stakeholder di avvalersi del bilancio come indispensabile strumento decisionale. Nonostante predeterminati principi contabili nazionali non sarà costante nel tempo e soprattutto cede il passo ad una normativa contabile armonizzata. In una comunicazione (DAC/99088450) del 1° dicembre 1999, in merito alle modalità con cui le società di revisione redigono le proprie relazioni, la Consob afferma che il revisore deve valutare se il bilancio è conforme alle norme che ne disciplinano i criteri di redazione e che “la disciplina del bilancio di esercizio […] deriva dal processo di recepimento nell’ordinamento giuridico interno delle norme contabili emanate dall’Unione Europea e presuppone in via naturale un sub-sistema di regole tecniche che interpretano ed integrano le norme di legge […] la Commissione indica quale punto di riferimento i principi contabili emanati dal CNDC-CNR, nonché gli International Accounting Standards (IAS)”. Ai principi contabili nazionali si affiancano gli standard internazionali, emanati dall’allora IASC, International Accounting Standards Committee verificandosi quindi una prima apertura verso una prospettiva di tipo europeo, che sarà sempre più sentita nel corso del tempo. In definitiva, nel caso italiano è possibile quindi

(14)

14 individuare una gerarchia nelle regole tecnico-ragionieristiche che disciplinano il bilancio d’esercizio: le norme di legge, integrate ed interpretate dai principi contabili nazionali, affiancati dagli standard internazionali soprattutto per le materie non ancora coperte dalle prime due fonti legislative.

1.1.2. I principi contabili: prospettiva internazionale

A livello internazionale ci ritroviamo in uno scenario completamente diverso. In particolare negli Stati Uniti e nel Regno Unito le regole contabili non erano il frutto di una legislazione nazionale, come per l’appunto il Codice civile per il nostro Paese, ma derivavano da organismi professionali completamente separati dal Governo, come abbiamo accennato brevemente sopra. Inserisci il discorso sulla diversità nello sviluppo degli stessi. Ciò aveva consentito una maggiore flessibilità nello sviluppo degli stessi e ad arrivare anteriormente all’idea che con l’aumento della complessità delle relazioni che l’impresa intrattiene nel suo quotidiano operare e l’ampliare il proprio perimetro d’azione oltre il confine nazionale, sarebbe stata necessaria l’emanazione di norme contabili uniformi che permettessero la comparabilità dei bilanci a livello non soltanto temporale, ma soprattutto spaziale, a tutela di uno stakeholder sempre più slegato dalla propria nazionalità2. La tendenza non è più l’armonizzazione, bensì la standardizzazione,

che sarà la base fondante del lavoro dell’International Accounting Standard Committee (IASC). Fondato a Londra nel 1973 come ente indipendente, esso ha inizialmente raccolto l’adesione da parte di 9 Paesi (Regno Unito, Irlanda, Stati Uniti, Messico, Giappone, Francia, Paesi Bassi, Canada e Australia) al fine di promulgare dei principi contabili di tipo internazionale. Possiamo comprendere a pieno l’ambito di azione dello IASC soltanto individuando i caratteri che hanno contraddistinto il legame che esso instaura con gli organismi di contabilità nazionali afferenti ai Paesi di cui sopra. La formazione dello IASC stesso è il frutto di un’iniziativa intrapresa da tali organismi per via del crescente grado di internazionalizzazione che assumeva il quotidiano operare dell’impresa. Sussiste, infatti, una grande divergenza tra le pratiche contabili nazionali e la necessità di restringerla deriva proprio dallo sviluppo del commercio e degli investimenti a livello internazionale e quindi dal conseguente bisogno dell’investitore o di altri utenti di comparare le informazioni contabili. L’iniziativa cardine che a buon titolo può essere considerata il diretto precursore dello IASC è stata la fondazione dell’Accountants International Study Group (AISG) nel 1966, il cui scopo primario consisteva nel confronto delle prassi contabili di tre Paesi: Canada, Regno Uniti e Stati Uniti. Il frutto della collaborazione realizzata dalle standard setting agency di questi tre

2 P. DEMARTINI, “Globalizzazione dei mercati ed aspetti evolutivi dell’informazione economico-finanziaria delle imprese”, CEDAM, Padova, 1999

(15)

15 Paesi nello Study Group, capitani da Henry Benson, presidente dell’ICAEW, consta di una serie di fascicoli che ovviamente non avevano forza di legge, quindi la loro applicazione assumeva natura prettamente volontaria e addirittura dottrinale. Seguendo l’esempio degli Stati Uniti, il cui Governo declinato nella figura del SEC e l’AICPA nel maggio 1972 promuovono la creazione del FASB (Financial Accounting Standard Board) per sostituire il predecessore Accounting Principle Board (APB), Henry Benson intuisce la necessità di creare un ente simile che operasse però a livello internazionale con maggiore autorità: nasce così nel 1973 lo IASC. Il primo standard fu emanato nel gennaio del 1975, lo IAS 1, con il quale veniva effettuata una distinzione tra accounting assumptions, che si identificavano nel going concern, consistency e accrual, e accounting policies, i criteri e le procedure di valutazione utilizzati per la redazione dei financial statements. Il contenuto degli IAS è cambiato notevolmente, la cui evoluzione esula dell’obiettivo della trattazione. Ci limiteremo, infatti, all’esposizione dei principi contabili internazionali che sono in vigore al giorno d’oggi. In un primo momento tale autorità ha affrontato una serie di problematiche relative alla mancata compliance alle norme da parte delle società, dovuta essenzialmente per due motivi: il numero ridotto di società quotate oltre quelle americane e gli sforzi che le società dovevano effettuare per l’adeguamento. A ciò si aggiunga una questione di legittimità: lo IASC, infatti, non godeva di alcun riconoscimento a livello governativo, discorso che non può trovare corrispondenza per il FASB. Lo IASC, però, nel 1987 (nel 1983 l’Italia aderisce al programma) ottiene il supporto dalla IOSCO, International Organization of Securities Commission, organismo che regola e vigila sul funzionamento dei mercati finanziari, dal momento che l’internazionalizzazione degli stessi stava crescendo e soprattutto imperversava l’esigenza di tener fede a norme uniformi per permettere la comparazione finanziaria di tipo spazio-temporale tra i soggetti operanti al loro interno. La collaborazione con la IOSCO prende forma in un momento in cui lo IASC ha deciso di rivedere il proprio approccio all’elaborazione degli standard. Fino a quel momento, infatti, gli standard erano molto sfaccettati e prevedevano un alto grado di discrezionalità nel loro utilizzo, poiché erano consentiti diversificati criteri di valutazione per le singole poste di bilancio. Nel 1987 lo IASC lanciò il “Comparability project” in modo da ridurre il numero di opzioni esistenti negli standard, avviando così un vero e proprio processo di standardizzazione, cui risulta essere più semplice aderire. I diversi trattamenti contabili vennero eliminati a favore di criteri unici ed omogenei e qualora tale operazione non fosse consentita, la IASC si riservò la prerogativa di indicare il metodo più appropriato in casi specifici (benchmark method). Prende corpo il famoso “Conceptual Framework”, ovvero un quadro concettuale da cui scaturisce un sistema coerente di principi contabili seguendo una logica di tipo deduttivo. Lo IASC in breve tempo diventa uno dei principali standard setting body e tante compagnie leader europee iniziano ad adottare i suoi

(16)

16 standard. La stessa Comunità Europea riconosce una comunanza d’intenti nell’obiettivo di armonizzazione e le stesse direttive europee prescriveranno presto l’utilizzo degli standard internazionali emanati dal Committee3.

1.2. Il controllo dei conti: il d.lgs. 27 gennaio 1992, n.88

In Italia, una fase particolarmente significativa nella regolamentazione della revisione di bilancio è rappresentata dal recepimento, tramite il D.lgs. 27 gennaio 1992, n.88 della VIII Direttiva CEE (84/253) riguardante i soggetti abilitati al perseguimento dell’attività di revisione. Si parla di “Revisione contabile a due vie”, dal momento che la legge, istituendo presso il Ministero di Grazia e di Giustizia il registro dei revisori contabili, permette l’iscrizione allo stesso conferendo il titolo di revisore contabile contemporaneamente alle persone fisiche e giuridiche. L’attività quindi può essere esercitata da due differenti soggetti. All’interno del decreto vengono stabiliti: i criteri di ammissione, aspetti inerenti l’iscrizione al registro o la cancellazione, gli obblighi di comunicazione, il compenso e l’attività di revisione in senso stretto. L’iscrizione presso questo registro non si pone in concorrenza rispetto alla medesima da effettuarsi all’Albo della Consob. All'opposto, l’articolo 17 del suddetto decreto ribadisce la funzione dell’Albo speciale tenuto dalla Commissione. È vero che le società di revisione iscritte esclusivamente nel registro dei revisori contabili non sono sottoposte all’ulteriore vigilanza prevista per le società registrate presso l’Albo speciale, bensì diverso è l’oggetto sul quale esse esercitano la professione, poiché solo le società di revisione assoggettate alla Consob possono certificare i bilanci delle società quotate. Oltre a ciò, in merito all’espressione di un giudizio da parte del revisore sulla conformità del bilancio non si ha più il riferimento ai “corretti principi contabili” di cui all’art 4 del D.P.R. 31 marzo 1975, dal momento che lo stesso è stato sostituito con la seguente: “ la società di revisione, se i fatti di gestione sono correttamente rilevati nelle

scritture contabili, se il bilancio corrisponde alle risultanze di tali scritture e degli accertamenti eseguiti e se il bilancio è conforme alle norme che disciplinano il bilancio di esercizio, ne rilascia certificazione con apposita relazione, sottoscritta da uno degli amministratori o dei soci che ne abbiano la rappresentanza, iscritti nel registro dei revisori contabili”. Questo comma sembra voler sottolineare la supremazia delle norme di legge sui

principi contabili. In realtà, come abbiamo accennato sopra, la Consob mantiene come punto di riferimento per l’espressione della valutazione finale contenuta nella relazione di revisione i principi contabili emanati dalla CNDC-CNR. Lo stesso processo di revisione era regolato da principi di revisione contenuti in documenti emanati dalla stessa CNDC-CNR. Il decreto in

3 Per maggiori approfondimenti si veda: CAMFFERMAN KEES AND STEPHEN A.ZEFF, “Financial Reporting and global capital markets, a history of the international accounting standards committee, 1973-2000” , Oxford

(17)

17 questione, inoltre, assume notevole importanza anche per quanto riguarda la composizione ed i doveri del collegio sindacale, che sarà oggetto preponderante di disciplina delle riforme successive. Fino a quel momento nelle società di capitali, l’articolo 2403 del codice civile aveva attribuito al collegio sindacale il titolo all’esercizio dell’attività di controllo contabile ed amministrativo. L’organo suddetto, infatti, doveva “controllare l'amministrazione della

società, vigilare sull'osservanza della legge e dell'atto costitutivo ed accertare la regolare tenuta della contabilità sociale, la corrispondenza del bilancio alle risultanze dei libri e delle scritture contabili e l'osservanza delle norme stabilite dall'art. 2426 per la valutazione del patrimonio sociale”. A tale organo era altresì attribuito il dovere di “accertare almeno ogni trimestre la consistenza di cassa e l'esistenza dei valori e dei titoli di proprietà sociale o ricevuti dalla società in pegno, cauzione o custodia”. Per consentire l’esercizio di tali compiti

era stata riconosciuta la possibilità ai membri del collegio di mettere in atto in qualsiasi momento, anche individualmente, atti d'ispezione e di controllo, e richiedere agli amministratori informazioni inerenti lo sviluppo delle operazioni sociali o altri affari. Relativamente alle società quotate con il D.P.R. del 1975 l’incarico al controllo contabile e all’elaborazione della certificazione di bilancio fu attribuito ad una società di revisione esterna. Il collegio sindacale, però, non è stato dispensato dal compimento delle attività di cui sopra: ciò si traduceva in una sovrapposizione nei ruoli di controllo tra le due figure: il collegio sindacale che effettuava un controllo totalizzante della gestione degli amministratori e delle scritture contabili e le società di revisione che svolgevano le medesime funzioni di controllo contabile ai fini della certificazione dei bilanci come pure operazioni di ispezione aggiuntive di carattere sociale. La mescolanza nella titolarità del potere di controllo contabile all’interno delle società aveva provocato vivaci dispute tanto in dottrina, quanto nella prassi.

1.3. La revisione contabile nelle società quotate: il Testo Unico sulla

Finanza.

Una prima mossa nel dipanamento della matassa ha avuto luogo con il D.lgs. 24 febbraio 1998, n.58. La sua emanazione ha preso impulso dalla spinta europea, più precisamente dalla legge comunitaria del 1994, ad istituire un corpus di norme articolato e coerente concernente i mercati finanziari. Il processo di riforma è stato guidato dall’allora direttore generale del Tesoro, Mario Draghi, da cui il decreto prende il nome: “Legge Draghi”. La sistematizzazione di tali norme è avvenuta con il Testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione

finanziaria (TUF, Testo Unico sulla Finanza). Il Testo consta di sei parti spaziando pertanto

su una molteplicità di tematiche: disposizioni comuni; disciplina degli intermediari, dei mercati, degli emittenti; sanzioni e disposizioni transitorie e finali. Oggetto cardinale nella nostra trattazione è la sezione V (Organi di controllo) e VI (Revisione legale dei conti) afferente

(18)

18 agli emittenti, con annesse esplicazioni delle sanzioni in merito alla scorretta gestione dell’incarico. Tramite il decreto sono state abrogate le disposizioni di legge contenute nel D.P.R. 136/1975, seppur sostanzialmente mantenendo le linee guida che erano state prefissate dallo stesso per lo svolgimento dell’attività di revisione, aggiungendosi però una migliore enunciazione dei ruoli e dei rapporti tra collegio sindacale e società di revisione. La Sezione VI denominata “Revisione contabile” ha inizio con l’articolo 155 (Attività di revisione contabile) che in combinazione con l’articolo 149, Doveri (del collegio sindacale) chiarisce che l’attività di revisione contabile nelle società quotate è esercitata in via esclusiva da una società di revisione. Inoltre l’articolo 155 statuisce che “una società di revisione iscritta nell’albo dell’articolo 161

verifica: a) nel corso dell’esercizio, la regolare tenuta della contabilità sociale e la corretta rilevazione dei fatti di gestione nelle scritture contabili; b) che il bilancio di esercizio ed il bilancio consolidato corrispondano alle risultanze delle scritture contabili e degli accertamenti eseguiti e che siano conformi alle norme che li disciplinano”. Le verifiche

contabili saranno continuative “nel corso dell’esercizio”. La persistenza dei controlli in fase di gestione rivoluziona anche il modo stesso di operare del revisore, che si focalizzava esclusivamente su fasi critiche del periodo amministrativo. È qui che si installa l’importanza dei sistemi di controllo interno, su cui il revisore deve necessariamente fare affidamento per mantenere la continuità nell’attività di verifica. Per svolgere i summenzionati compiti alla società di revisione è, inoltre, individuato un potere di richiesta di documenti e notizie utili alla revisione per procedere ad ispezioni e controllo, informando immediatamente la Consob nell’eventualità di fatti ritenuti censurabili. La società di revisione riporta il tutto in un apposito libro tenuto presso la sede della società che ha conferito l’incarico. Le modifiche più significative, in ogni caso, hanno riguardato la sostituzione dell’espressione “relazione di certificazione” con “giudizio sul bilancio”, che secondo l’articolo 156 può essere di quattro tipologie: senza rilievi se il bilancio è conforme alle norme che ne disciplinano i criteri di redazione; con rilievi, nel caso sussista una scorretta applicazione di alcuni principi, che però non è tale da inficiare l’attendibilità informativa del bilancio; negativo, se sono state riscontrate deviazioni significative tali da alterare la finalità del bilancio; rilasciare una dichiarazione di impossibilità ad esprimere un giudizio, con annesse motivazioni, qualora non via sufficienza negli elementi probativi che consentano l’espressione di un giudizio. Il termine “giudizio” risulta chiaramente più confacente al perseguimento dell’obiettivo principale di revisione, perché rispetto a “certificazione” assume maggior valenza la natura discrezionale dello stesso, data proprio dalla gradazione che esso può assumere. In più, l’attività di revisione viene chiarita alla luce di ciò che è realmente, ovvero una prestazione d’opera intellettuale4 e non

l’oggetto di un semplice contratto stipulato con un fornitore di servizi, com’è stata in passato frequentemente ed erroneamente interpretata. Gli articoli a seguire caratterizzano alcuni

(19)

19 aspetti peculiari dell’attività di revisione, che esulano dall’adempimento delle verifiche su bilancio. L’articolo 158, infatti, prescrive l’obbligatorietà di richiesta di pareri alla società di revisione contabile sulla congruità del prezzo di emissione delle azioni in merito alle proposte di aumento di capitale con esclusione o limitazione del diritto d’opzione. Inoltre secondo il comma 4, la società incaricata della revisione contabile di più di una delle società partecipanti ad una fusione o ad una scissione può redigere la relazione sulla congruità del rapporto di cambio esclusivamente per una delle società partecipanti. L’art. 161, poi, stabilisce la tenuta di un “albo speciale” delle società di revisione abilitate all’esercizio delle attività previste dagli articoli 155 e 158. La Consob iscrive le società di revisione in tale albo accertandosi che le stesse soddisfino i requisiti stabiliti all’articolo 6, comma 1, del decreto legislativo 27 gennaio 1992, n.88. Il diritto all’iscrizione sarebbe in tal caso riconosciuto alle società di revisione che hanno la sede principale o una sede secondaria con rappresentanza stabile in Italia e che abbiano oggetto sociale limitato alla revisione ed alla organizzazione contabile di aziende, rappresentanti e la maggioranza degli amministratori iscritti nel registro dei revisori contabili, idoneità tecnica, garanzia a copertura dei rischi nonché onorabilità degli amministratori. Cosa s’intende per “onorabilità”? Si tratta di una caratteristica che viene definita in negativo. Secondo l’art. 8 del decreto n.88 non possono essere iscritti nel registro coloro che: a) si trovano in uno stato di interdizione temporanea o di sospensione dagli uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese; b) sono stati sottoposti a misure di prevenzione o c) che hanno riportato condanna alla reclusione per determinati delitti, salvi gli effetti della riabilitazione. Ci teniamo a confermare che il requisito di onorabilità è richiesto tanto per le persone fisiche, quanto per gli amministratori delle società di revisione. Proseguendo con l’articolo 162, la Consob esercita un’attività di vigilanza sulle società iscritte nell’albo speciale per controllarne l’indipendenza e l’idoneità tecnica. A tal fine essa può richiedere periodicamente la comunicazione di dati e notizie e la trasmissione di atti e documenti, può ispezionare e acquisire ulteriori delucidazioni dai soci, dagli amministratori, dai sindaci e dai direttori generali, oltreché raccomandare principi e criteri da adottare nello svolgimento dell’attività di revisione secondo le indicazioni del CNDC-CNR. Le informazioni richieste sono state col tempo sottoposte ad un continuo ampliamento, soprattutto con la comunicazione CONSOB n° SOC/RM/91001877 dell’11 aprile 1991, sostituita in seguito dalla comunicazione n° 3047871 del 18 luglio 2003. La società di revisione deve predisporre un prospetto dettagliato dei servizi professionali di cui si assume la responsabilità: revisione contabile del bilancio d’esercizio, del bilancio consolidato, della relazione semestrale per gli emittenti quotati, pareri di congruità, altri lavori di revisione e di organizzazione contabile. Si aggiunga la redazione di un prospetto riepilogativo degli incarichi di revisione e di organizzazione contabile e la ripartizione delle ore impiegate per i servizi professionali tra personale interno ed esterno. Devono altresì fornirsi informazioni in merito ai soci, agli amministratori ed ai sindaci delle società di revisione e l’andamento del personale della società stessa. La società di revisione,

(20)

20 infatti, fornisce un elenco contente il numero ed il nominativo dei soci, degli amministratori e degli eventuali sindaci con indicazione di chi si assume la responsabilità dei lavori di revisione ed una tabella riepilogativa della propria struttura organizzativa contenente l’evoluzione del personale interno ed esterno richiedendo per il primo i dati relativi al numero di risorse assunte e dimesse per esercizio. Altre informazioni concernono le sedi operative delle società di revisione, con indicazione dei rispettivi indirizzi nonché dei nominativi dei partner responsabili di ciascuna sede, i rapporti tra le società di revisione e le procedure adottate dalla società di revisione per il controllo di qualità, in conformità al principio di revisione n.220. Il bilancio d'esercizio delle società di revisione iscritte nell'Albo Speciale, corredato della nota integrativa contenente la suddivisione dei ricavi per tipologia di attività dalle relazioni degli amministratori e dei sindaci, nonché dal verbale assembleare di approvazione deve essere trasmesso alla Consob entro quindici giorni dalla data della sua approvazione. La società di revisione dovrà, infine, trasmettere un prospetto di riclassificazione del conto economico redatto secondo lo schema stabilito dalla Consob stessa. L’istituto inoltre prende gli adeguati provvedimenti qualora accerti gravi irregolarità nello svolgimento dell’attività di revisione e può arrivare a disporre la cancellazione dall’albo speciale. Come abbiamo brevemente accennato, il contributo del Testo Unico sulla Finanza assume significatività anche nella definizione del ruolo e dei compiti del collegio sindacale in una società quotata. L’articolo 148 (Composizione) prevede che “l’atto costitutivo della società stabilisce il numero, non inferiore

a tre, dei membri effettivi; il numero, non inferiore a due, dei membri supplenti; i criteri e modalità per la nomina del presidente; limiti al cumulo degli incarichi”. L’organo di controllo,

secondo l’articolo 149 (Doveri) non può più esercitare l’attività di controllo contabile, ma esso “vigila: a) sull’osservanza della legge e dell’atto costitutivo; b) sul rispetto dei principi di

corretta amministrazione; c) sull’adeguatezza della struttura organizzativa delle società per gli aspetti di competenze, del sistema di controllo interno e del sistema amministrativo-contabile, nonché sull’affidabilità di quest’ultimo nel rappresentare correttamente i fatti di gestione”. Il collegio sindacale comunica senza indugio alla Consob le irregolarità riscontrate

nell’attività di vigilanza e trasmette i relativi verbali delle riunioni e degli accertamenti svolti.

1.4. L’influenza del decreto Vietti sull’attività di revisione dei conti

Al collegio sindacale delle società con azioni quotate non si applica l’articolo 2403 del codice civile, che invece riguarda tutte le altre tipologie di società. Con la riforma del diritto societario, indirizzato a tutte le società, di cui al d.lgs. 17 gennaio 2003 n.6, è stato attribuito al collegio sindacale il compito di vigilanza “sull’osservanza della legge e dello statuto, sul rispetto dei

principi di corretta amministrazione ed in particolare sull’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile, adottato dalla società e sul suo concreto

(21)

21

funzionamento”. Esso, inoltre, esercita il controllo contabile nel caso previsto dall’art. 2409 bis

terzo comma. L’articolo appena menzionato è frutto del decreto in questione e riportando come rubrica “Controllo contabile” statuisce che “il controllo contabile sulla società è esercitato da

un revisore contabile o da una società di revisione iscritti nel registro istituito presso il Ministero della Giustizia. Nelle società che fanno riscorso al mercato del capitale di rischio il controllo contabile è esercitato da una società di revisione iscritta nel registro dei revisori contabili, la quale, limitatamente a tali incarichi, è soggetta alla disciplina dell’attività di revisione prevista dal TUF ed alla vigilanza della Consob”. Di particolare rilevanza era il terzo

comma secondo cui “lo statuto delle società che non fanno ricorso al mercato del capitale di

rischio e che non siano tenute alla redazione del bilancio consolidato può prevedere che il controllo contabile sia esercitato dal collegio sindacale. In tal caso il collegio sindacale dovrà essere costituito da revisori contabili iscritti nel registro istituito presso il Ministero della Giustizia”. Oltre a stabilire l’obbligatorietà della revisione per le società che redigono il bilancio

consolidato, l’articolo 2409 ter, ormai abrogato, prevedeva chiaramente i contenuti della funzione del controllo contabile: verifica, nel corso dell’esercizio e con periodicità almeno trimestrale, la regolare tenuta della contabilità sociale e la corretta rilevazione nelle scritture contabili dei fatti di gestione, verifica se il bilancio di esercizio e, ove redatto, il bilancio consolidato corrispondono alle risultanze delle scritture contabili e degli accertamenti eseguiti e se sono conformi alle norme che li disciplinano, esprime con apposita relazione un giudizio sul bilancio di esercizio e sul bilancio consolidato, ove redatto. L’articolo, inoltre, si premura di definire i contenuti della relazione di revisione. Come noto, la riforma del diritto societario introduce due nuovi sistemi di amministrazione e controllo, il dualistico e monistico. Anche per essi è prevista la medesima disciplina relativa al controllo, esercitata rispettivamente da Consiglio di Sorveglianza e dal Comitato Interno per il controllo sulla gestione, purché costituito esclusivamente da revisori contabili. Lo spettro d’analisi relativamente all’attività di controllo da esercitarsi sulle società non si limita alla società per azioni, oggetto principale della nostra trattazione, ma comprende tutte le tipologie di società di capitali. Alla S.a.p.a. ed alla società cooperativa sono applicabili in quanto compatibili le norme inerenti la società per azioni, mentre per la società a responsabilità limitata è prevista una disciplina diversa: l’articolo 2477 del codice civile, infatti, prescrive la determinazione mediante atto costitutivo di un collegio sindacale o di un revisore e la nomina del primo è obbligatoria se il capitale sociale è superiore al livello minimo prestabilito dalla legge. La società è tenuta inoltre a nominare l’organo di controllo qualora questa abbia superato per due esercizi consecutivi due dei limiti indicati dall’articolo 2435 bis. L’inderogabilità dell’organo di controllo sussiste anche nel caso in cui la società a responsabilità limitata sia tenuta alla redazione del bilancio consolidato. Nel caso in cui la società nomina un collegio sindacale sono da rispettarsi le norme in tema di società per azione e se l’atto costitutivo non dispone diversamente, il controllo contabile è esercitato dal collegio sindacale. La legge oltre ad affermare le posizioni ricoperte

(22)

22 da ciascun soggetto preposto al controllo, stabilisce anche le relazioni che tra questi intercorrono. Con l’articolo 2409 septies, infatti, è regolato lo scambio di informazioni che deve avvenire tempestivamente per l’espletamento dei rispettivi compiti tra collegio sindacale e soggetti incaricati del controllo contabile. Viene sottolineata in modo netto l’importanza della collaborazione tra revisore esterno e collegio sindacale, forse più di quanto non fosse stato fatto dal d.lgs. 58/98. L’unico tipo di informazione obbligatoria a favore del revisore è quella che egli può desumere da documenti e notizie utili al controllo che gli sono dovute, come sancito dall’articolo 2409 ter. Lo scambio di informazioni è reciproco: l’organo che esercita il controllo contabile è tenuto ad informare il collegio sindacale su ogni irregolarità riscontrata nei propri accertamenti periodici, in modo da consentire al medesimo di valutare la situazione ed eventualmente di procedere con la denuncia al tribunale. Ci sembra opportuno evidenziare la “subordinazione” della posizione del revisore esterno rispetto a quella del collegio sindacale, in considerazione del fatto che quest’ultimo ha l’obbligo di partecipare alle adunanze del consiglio di amministrazione, alle assemblee e alle riunioni del comitato esecutivo, in forza dell’articolo 2405 del codice civile. È, per tale motivo, informato periodicamente dagli organi delegati e ha il diritto di chiedere informazioni anche in merito agli organi di controllo delle società controllate. Il collegio sindacale, addirittura, si sostituisce agli amministratori nella convocazione dell’assemblea, qualora questi non adempiano ai loro doveri. Il collegio sindacale è un organo che fa parte della governance della società e ciò comporta la responsabilità in solido con gli amministratori “per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica” (articolo 2407 del codice civile). Le verifiche di conformità che effettua il collegio sindacale sono di legittimità: ad esso, infatti, non compete un controllo di merito sull’opportunità e la convenienza delle scelte di gestione degli amministratori, ma compete un controllo di legittimità sostanziale e di rispetto delle procedure. I sindaci devono avere cognizione e vigilare sulla corretta ed appropriata formazione del procedimento decisionale degli amministratori, ma non sono tenuti a valutare la convenienza delle scelte gestionali. Il revisore è invece un professionista (o una società) che svolge un incarico professionale in relazione al bilancio di esercizio ed al bilancio consolidato. Generalizzando, è possibile affermare che la riforma del diritto societario rappresenti con forza la volontà primaria del legislatore: depotenziare l’assemblea in favore degli amministratori, orientandosi però verso un rafforzamento dei controlli, che necessita una puntuale definizione dei ruoli, doveri e poteri degli organi preposti a tale compito. La legge ha fatto numerosi passi in avanti nel definire la professione della revisione dei conti ed il legame che questa instaura con i diversi organi societari, ma un ulteriore progresso della disciplina è richiesto, soprattutto con l’insorgere degli scandali finanziari che hanno contraddistinto l’andamento dei mercati finanziari del nuovo millennio. Gli avvenimenti che ci apprestiamo a descrivere fanno venir meno la funzione del controllo, insita nella definizione stessa di “corporate governance”. È attraverso il controllo,

(23)

23 infatti, che lo stakeholder ottiene la possibilità di ricavare informazioni importanti dalle quali intraprendere delle decisioni e vede tutelati i propri interessi. Dalla Enron alla Parmalat, nuove è più rigide norme dovranno essere emanate per la protezione del soggetto che ha razionalità limitata rispetto alle trame delle grandi società.

1.5. Scandali finanziari

Nella linea cronologica tracciata ci soffermiamo sugli anni 2000, che sono stati il palcoscenico di eclatanti fallimenti della corporate governance di note società quotate, negli Stati Uniti ed in Europa, e dell’attività revisionale su di esse effettuata. Non è questa la sede per narrare le vicende che hanno caratterizzato il dissesto delle aziende protagoniste, ma vedremo essenzialmente gli aspetti legati al generalizzato malfunzionamento dei sistemi di controllo, dovuto sì dalla presenza delle “persone sbagliate” ai vertici di società intorno alle quali ruotavano interessi di ampio respiro, ma anche dalla mancanza di norme ferree sul concetto di indipendenza, criterio principe da rispettarsi nell’esercizio del controllo. Un fattore estremamente importante da dover tenere in considerazione nell’analisi dei seguenti casi aziendali è la necessità delle società quotate in Borsa di far fronte alle aspettative di mercato. In questo dato periodo storico in particolare, la competizione internazionale raggiunge vette elevatissime ed un sempre maggior numero d’imprese si quota in Borsa per poter finanziare il proprio sviluppo. In un simile contesto il management aziendale risente della pressione della concorrenza e dell’importanza vitale che assume la valutazione del titolo azionario, a tal punto da esser spinto a non programmare più la gestione secondo un’ottica di lungo periodo per garantire un successo qualitativo dell’organizzazione, bensì si focalizza sulla quantità dell’utile di breve, che deve essere la più alta possibile, per dilatare l’azione e gli eventuali compensi aggiuntivi legati all’andamento dello stesso. Si concentra quindi sul far apparire in bilancio una situazione rosea, a tal punto da giocare carte false e dichiarare una situazione fittizia dei conti, dal momento che la verità potrebbe avere come conseguenza la delusione delle aspettative di mercato e pertanto una drastica riduzione della capitalizzazione. Alcune voci del bilancio, essendo per loro natura sensibilmente permeate da un’aura di soggettività, si prestano in maniera prevalente a politiche di bilancio, quindi a manipolazioni contabili che dipingono un quadro diverso rispetto all’originale. Si avvera così la premonizione di Schumpeter: “ai muri e alle macchine dello stabilimento si è sostituito il pacchetto azionario ed un giorno non ci sarà più nessuno al quale prema veramente di difenderla né dall’interno né dall’esterno dell’impresa gigante”. Gli scandali finanziari hanno rappresentato un vettore attraverso cui la legge si è trovata costretta a riflettere su interventi robusti finalizzati al miglioramento della qualità dell’utile rappresentato in bilancio e tornando al contesto normativo della revisione dei conti, sul rafforzamento dei principi base dell’attività revisionale, per la più determinata tutela

(24)

24 dello stakeholder. I provvedimenti legislativi che sono immediatamente seguiti a tali eventi si riconducono alla Sarbanes Oxley Act negli Stati Uniti, il cui contenuto ha inevitabilmente influenzato la direttiva europea 2003/71/CE che nel caso italiano si è declinato con la legge sulla tutela del risparmio, 28 dicembre 2005, n.292.

1.5.1 ENRON CORPORATION: energia che si distrugge

La Enron Corp. è stata il prodotto di una fusione tra più società operanti nel settore energetico avvenuta nel 1985 a Houston (Texas). Per lungo tempo essa è stata un caposaldo dell’energia statunitense, volta all’erogazione di servizi anche molto diversificati tra loro. Nell’annual report del 2000, le linee del colosso americano risultano essere: la Enron Wholesale Services con la piattaforma trading Enron Online, che si occupava prevalentemente delle transazioni commerciali di commodity dell’energia; la

Enron Energy Services, area dedicata al vero e proprio servizio di fornitura di gas,

elettricità e altro; la Enron Broadband Services, attraverso la quale venivano realizzate le reti a banda larga per la trasmissione dei dati; la Enron Transportation Services, dedita alla gestione dei gasdotti. Nel 2000 i titoli della società sono quotati al New York Stock Exchange. La compagnia si attesta il titolo di settima società multinazionale per dimensione l’anno immediatamente successivo a partire dal quale andrà incontro ad una sorte drammatica ed alquante miserevole. La società che pur si contraddistingueva per strategie aziendali particolarmente aggressive ed avvezze al rischio, non trovò in tale atteggiamento la causa del suo fallimento, bensì essa è da attribuirsi alle pratiche illegali adottate e all’aver sfruttato a proprio favore le deficienze dell’impianto normativo inerente la disciplina dei controlli5. È pur vero che la forte propensione al rischio ha

sicuramente stimolato una focalizzazione verso il perseguimento di obiettivi molto ambiziosi in termini di innovazione tecnologica e sviluppo delle vendite. Alle porte del 2000, la Enron fu dichiarata da Forbes magazine una delle imprese a più alta concentrazione di capitali in ricerca e sviluppo e soprattutto essa fu testimone di una dei più rilevanti processi di crescita del fatturo. I ricavi, infatti, nel giro di pochissimi anni sono aumentati da 13.3$ a 100.8$ miliardi. Riportiamo, con le dovute semplificazioni, i dati economico-finanziari più significativi contenuti proprio nel report citato.

2000 1999 1998 1997 1996 $ 100,789 $ 40,112 $ 31,260 $ 20,273 $ 13,289 Earnings per diluted $ 1.12 $ 1.10 $ 1.01 $ 0.16 $ 1.08

(25)

25

common share Total

assets $ 65,503 $ 33,381 $ 29,350 $ 22,552 $ 16,137

Dietro questi eccellenti risultati si nascondeva una realtà di cui tutti sembravano essere all’oscuro. Al principio dello scandalo, l’attenzione si era infatti focalizzata sulle manovre illecite realizzate dalla Enron per trasferire proprie partite di bilancio su società appositamente create, denominate anche “special purpose entities”. In realtà, la società energetica aveva adottato per molti anni delle tattiche alquanto fraudolente ed ingannevoli. Seppur possa essersi verificata una crescita dei ricavi, questa non poteva esser stata delle dimensioni riportate nel report essenzialmente per due pratiche che la società era solita adottare nel trattamento delle sue entrate. Il “mark to market

accounting” era la tecnica contabile di riconoscimento dei ricavi ufficiale, il cui utilizzo è

stato approvato dalla SEC in via del tutto straordinaria. Attraverso la medesima i benefici attesi dalle futuri transazioni regolate dai contratti di fornitura dei servizi energetici venivano considerati ricavi del periodo presente. La società si focalizzava sul

net present value dei flussi reddituali di quei dati contratti. In più, proprio per la

diversificata natura del servizio erogato al cliente che ne faceva richiesta, veniva stipulato un contratto sui generis, per il quale non era possibile individuarne un valore di mercato “certo” e quindi derivare un altrettanto certo dato di ricavo: la compagnia applicava spesso metodo molto discrezionali. La seconda prassi contabile dichiaratamente adottata dalla società è il “merchant model” relativamente alla linea di business del commercio online delle commodity energetiche. La compagnia, con la Enron Online, si prefigurava come intermediario commerciale tra produttore e consumatore: la società prendeva in consegna il bene dal produttore, assumendosi quindi il rischio del possesso dello stesso, per poi rivenderlo al cliente curando la fase di riscossione. Secondo il suddetto modello, dal momento che in questo ruolo la società si assumeva in pieno i rischi dell’intera operazione commerciale, si sentiva giustificata a registrare per intero il ricavo derivante dalla stessa, quando invece sarebbe stata più prudente una registrazione del ricavo relativamente alla tassa che gli spettava in qualità di “agente”. Come possiamo facilmente constatare, la Enron aveva adoperato un criterio di ricognizione dei ricavi particolarmente aggressivo, aggiungendosi agli elementi menzionati la registrazione degli unrealised gains delle rivalutazioni del fair value direttamente tra i ricavi. Nonostante ciò, il mercato era abbagliato dai successi ottenuti da questa società, ma qualcuno si è posto le domande giuste, iniziando a mettere in discussione le pratiche adottate dalla società. Il valore di mercato della Enron nel 2001 era stimato circa $ 75.2 miliardi, mentre il valore di bilancio era pari al 15% dello stesso. Il 6 ottobre dello stesso

(26)

26 anno, la Enron dichiara nell’informativa trimestrale un componente negativo di reddito di circa $ 1 miliardo per “errori di giudizio contabile”, valore che è aumentano fino a 2 miliardi, evento che ha fatto sorgere un’indagine a suo capo da parte della SEC. I risultati non sono rassicuranti. La Enron, infatti, si serviva di “special purpose entities” che a regola dovevano rientrare nel processo di consolidamento, per scaricare parte delle proprie perdite. Inoltre, erano stati riconosciuti come crediti, quindi parte dell’attivo della società, dei contributi di capitale derivanti da limited partnership che la società aveva stipulato con altre compagnie del settore, in totale violazione dei GAAP, dal momento che tali versamenti devono esser parte del patrimonio netto. Con questi espedienti, il bilancio risultante era privo di difetti. A questo punto sorge spontaneo chiedersi il ruolo degli auditor esterni ed interni alla società, dal momento che questi devono farsi garante della trasparenza e della correttezza dell’informativa di bilancio. L’auditing esterno era affidato alla Arthur Andersen LLP, la quale aveva svolto il servizio di internal audit negli anni precedenti al 2001. Alcuni membri del personale amministrativo e lo stesso chief financial officer provenivano proprio dalla società di revisione, la quale oltre a svolgere i servizi summenzionati, era morbosamente legata alla Enron per l’erogazione di servizi di consulting per la quale percepiva un compenso di circa $ 47.5 milioni. Le persone che revisionavano i conti della società erano “le stesse” che suggerivano alla società le modalità per accrescere la performance. Alla luce di tali relazioni, l’indipendenza dell’attività di revisione poteva dirsi assolutamente compromessa. La SEC, infatti, cita in giudizio la Andersen, la quale viene accusata e subito dopo condannata per atti criminali e ostruzione alla giustizia. Perché? Il personale coinvolto nella Enron aveva distrutto ed invalidato tutti i documenti relativi alla società energetica. Un atto che è costato alla società una somma di denaro elevatissima e soprattutto la perdita del “patrocinio” della SEC nello svolgimento dell’attività di revisione6. Mettendo però da parte della vicenda della società di revisione in questione,

il fallimento della Enron è dovuto al venir meno delle fondamenta della corporate governance e dell’obiettivo ultimo che essa si ripropone. Un fattore che aveva spinto i manager a gonfiare i dati di bilancio e di conseguenza il titolo in Borsa era il compenso strettamente legato alla performance realizzata dall’azienda. La propensione dei dirigenti era quella di spingere al massimo la sottoscrizione dei contratti di fornitura, così da registrare ricavi sempre più elevati, ai quali corrispondevano bonus in denaro a dir poco opulenti. Il caso Enron, il più conosciuto nella storia, rappresenta un fallimento degli stessi mercati finanziari, che di lì a poco mostreranno al mondo tutta la loro fragilità e la profonda soggezione all’avidità umana.

Riferimenti

Documenti correlati

In effetti sono stai citati numerosi possibili test “farmacogenetici” per i quali è stata individuata una relazione tra i risultati del test genetico e para- metri farmacocinetici,

Ma questo non osta, dice Ichino, perché «è l’articolo 2087 del codice civile ad attribuire in modo molto esplicito al datore di lavoro la responsabilità di adottare le misu-

In nessun caso possono essere giustificate condotte dell’Associazione o del singolo Associato non rispondenti alle norme del presente Codice e al rispetto dei diritti

Il riferimento ad atti limitativi della libertà personale mi induce ad escludere che producano lo stesso effetto le misure cautelari reali (la cui esecuzione può avere rilevanza

§  Il testo della nota va in corpo più piccolo rispetto al testo principale (2 punti).. §  Usare la numerazione automatica del software di

La rilevazione ha avuto come obiettivo, oltre raccogliere una serie di informazioni di base sui Suap, l’identificazione delle eventuali difficoltà nell’adeguamento alla nuova

Orbene, l’esperienza e` quella (se non di un vero fallimento, almeno) di un sostanziale ridimensionamento del tema. Un sotterraneo scetticismo quanto

3) la decisione deve essere fondata anche sui fatti non specificamente contestati. Altro non sembra emergere direttamente. Peraltro, su questi stessi punti si può