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La proposta italiana più simile alla Sarbanes-Oxley Act in risposta agli scandali finanziari è la legge n.262 del 28 dicembre del 2005 che prenderemo in considerazione già tenendo a riferimento le modifiche intervenute con il d.lgs. 29 dicembre 2006, n.311 “Disposizioni

integrative e correttive”. L’obiettivo ultimo della legge è la tutela del risparmiatore (non a caso

prende il nome di legge sulla tutela del risparmio) agendo sul contesto esterno in cui l’azienda si trova ad operare: il legislatore si propone di disciplinare le complesse relazioni che le società intrattengono con parti correlate, l’esistenza di società controllate, collegate o sottoposte a comune controllo aventi sede in Paesi contraddistinti da regimi fiscali e legali non adeguatamente regolamentati in tema di trasparenza. Tuttavia, la legge indirizza il proprio ambito d’azione anche verso l’interno, sulla corporate governance. Una premessa da effettuarsi prima di addentrarci negli ambiti di novità introdotti dalla legge, concerne la posizione assunta dal Codice di Autodisciplina, emanato dal Comitato per la Corporate Governance delle Società

37 quotate. La legge sul risparmio, infatti, oltre ad ispirarsi ad interventi normativi stranieri, si rifà ai concetti del codice suddetto, quasi a rafforzane la valenza normativa20. Il codice di

Autodisciplina è costituito da un insieme di best practice cui aderire secondo uno schema del tutto volontario. Nella prefazione dello stesso, risalente al 1999, Stefano Preda afferma l’idea che l’interpretazione del Codice debba essa “un’occasione di sviluppo e non un insieme di

ulteriori procedure da rispettare”. La legge sul risparmio, però, ne sancisce in diversi punti il

meccanismo di “comply or explain”. Nel Titolo III del TUF è introdotta la Sezione I-bis “Informazioni sull’adesione a codici di comportamento”. Rispettivamente secondo gli articolo 124 bis e ter le società quotate devono diffondere annualmente informazioni sull’adesione a codici di comportamento “motivando le ragioni dell’eventuale inadempimento”, e la Consob deve stabilirne le forme di pubblicità. Un ulteriore richiamo ai codici di comportamento si ha relativamente ai doveri del collegio sindacale, il quale secondo l’articolo 149 deve vigilare sulla corretta applicazione del codice per il quale è stata dichiarata l’adesione. Relativamente al medesimo Titolo, la Sezione I-bis non è l’unico elemento di novità.

Con l’articolo 154-bis, nella novella Sezione V-bis (Redazione dei documenti contabili societari) viene presentata una figura nuova nel contesto societario italiano, il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili, profilo che è stato riconosciuto nel chief financial officer dell’azienda. Secondo le linee interpretative suggerite dalla CNDC21, la sezione ha come finalità

il riconoscimento giudico del processo interno di realizzazione di bilancio: esso viene infatti predisposto da parte del personale che ricopre ruoli preminenti nell’area amministrativa, come il direttore generale, seguendo le indicazioni di coordinamento di un dirigente amministrativo- finanziario. Il consiglio di amministrazione nella sua interezza, comprensivo degli organi delegati, è più frequentemente coinvolto nell’esaminazione del progetto redatto. Proprio per la natura intrinseca al lavoro di redazione e di esame ci si aspetta che vi sia una separazione di responsabilità, che vanno al chief financial officer per la redazione e all’amministratore delegato per il controllo. Il dirigente preposto alla redazione dei prospetti contabili rappresenta quindi una “figura semiorganica dell’organizzazione societaria”. Il consiglio di amministrazione ed il dirigente devono farsi garanti dell’adeguatezza e dell’effettiva applicazione di procedure amministrative e contabili per la formazione del bilancio di esercizio, della conformità dei documenti ai principi contabili internazionali, della corrispondenza dei documenti alla risultanze dei libri e delle scritture contabili e di ogni altra regola che vuole assicurarsi la trasparenza e la veridicità dell’informazione finanziaria rappresentata. A tal proposito, il dirigente preposto ha il dovere di rilasciare una dichiarazione

20 FALZEA A., GROSSI P., CHELI E., “Enciclopedia del diritto, Annali dal 2007”, Giuffrè, 2011, Milano.

21 Documenti ARISTEA, n.72 “Il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari alla luce delle recenti modifiche alla legge sulla tutela del risparmio”, Fondazione ARISTEIA, Istituto di ricerca dei dottori

38 scritta che accompagna i diversi atti documentali e con la quale viene sancito il concorso di responsabilità con gli altri amministratori e sindaci. Sul dirigente, quindi, grava il regime di responsabilità proprio del rapporto di lavoro subordinato ed il medesimo afferente gli amministratori e sindaci. I dirigenti preposti, infatti, rispondono per false comunicazioni sociali, per le operazioni compiute nonostante l’approvazione del bilancio, per corruzione ed ostacolo all’esercizio delle funzioni delle autorità pubbliche di vigilanza. Non vogliamo entrare nel merito delle attività poste in essere da tale figura, ma è rilevante sottolineare il contributo della stessa alla realizzazione del sistema di controllo interno, ravvisabile nel riferimento alla cura che egli deve riservare alla predisposizione di “adeguate procedure amministrative” e ai poteri ad esso riconosciuti dall’organo di controllo nell’esercizio della funzione suddetta. A tale figura la dottrina ha dedicato numerosi saggi di interpretazione, tanto critici quanto positivi, ma in questa sede ci limitiamo ad attestarne l’esistenza ed il concorso di responsabilità nel processo di bilancio.

Alla luce delle pratiche fraudolente perpetrate dalle società protagoniste degli scandali contabili, la legge n.262 rivede la disciplina sulla revisione dei conti nelle società quotate, rendendola più stringente nell’oggetto e nel criterio di indipendenza, partendo con l’evidenziazione del ruolo svolto dal collegio sindacale nella scelta della società di revisione. Se in precedenza era l’assemblea a decretare il soggetto revisore tra gli iscritti all’albo della Consob, determinandone il compenso “previo parere del collegio sindacale”, ora, secondo l’articolo 159, l’approvazione della società di revisione avviene da parte dell’assemblea su proposta motivata dell’organo di controllo ed è lo stesso che ne approva il compenso. Cos’è cambiato? Innanzitutto, è attribuito un nuovo compito in capo al collegio sindacale, ovvero la scelta di società di revisione idonee allo svolgimento dell’incarico. In secondo luogo, ma non meno importante, la proposta è una condizione necessaria per il conferimento e non può essere disattesa dai soci. Quest’ultimi non possono decidere diversamente, ma devono attenersi alle volontà dell’organo di controllo. Eventualmente, dobbiamo collocarci a monte dell’iter di selezione, presidiato sempre dall’organo di controllo. Anche la revoca dell’incarico soggiace alla proposta motivata dell’organo di controllo, quando ricorre una giusta causa che non può mai consistere in una divergenza di opinioni in merito al trattamento di voci contabili o all’espletamento delle procedure di revisione. L’articolo 160 “Incompatibilità” è la norma che maggiormente rassomiglia alla corrispondente sezione disciplinare della SOX. La disposizione suddetta prescrive che la Consob debba individuare i criteri che istituiscono l’appartenenza di un’entità alla rete di una società di revisione e quindi i benefici che tale entità potrebbe trarre nella condivisione delle risorse professionali. Al comma 1-ter del suddetto articolo è fatto divieto assoluto alle società di revisione di erogazione di diversificati servizi di consulenza alla società presso la quale stanno svolgendo l’incarico stesso di revisione, per preservarne l’indipendenza. Congiuntamente a questo espediente, viene sancito il principio di rotazione del

39 responsabile dell’incarico di revisione: il responsabile (o partner) una volta svolto l’incarico per sei anni, sarà sostituito ed egli non potrà esser incaricato nel medesimo compito per la stessa società o per parti correlate, a meno che non siano decorsi 3 anni. Sempre relativamente all’indipendenza di chi partecipa al processo di revisione, il personale della società di revisione che ha svolto incarichi sociali presso la società revisionata o gli amministratori che hanno ricoperto ruoli preminenti all’interno della società di revisione, devono astenersi dal compimento dell’incarico se non sono decorsi 3 anni dalla fine del rapporto con la controparte. A tutela del carattere di indipendenza che contraddistingue l’attività di revisione, vengono intensificati i controlli da parte della Consob, che devono avvenire periodicamente ogni tre anni. Il continuo accrescimento delle dimensioni delle società, tramite anche accorpamento di ulteriori entità e soprattutto il contesto internazionale in cui il gruppo formato interagisce, ha spinto il legislatore a prevedere una specifica modalità di compimento della revisione all’articolo 165 (Società che controllano società con azioni quotate). Nella revisione dei gruppi, la società di revisione è responsabile per la verifica del bilancio consolidato e a tal motivo ha il potere di chiedere alle società facenti parte del gruppo, tutte le informazioni di cui necessità per valutarne la bontà informativa. Qualora dovesse individuare fatti censurabili, la società di revisione ha l’obbligo di informare senza indugio la Consob e gli organi di controllo della società capogruppo e della società controllata eventualmente implicata. All’inosservanza di tale norme, è da applicarsi il regime di responsabilità ex articolo 2407 del codice civile: la società di revisione risponde in solido con amministratori e sindaci per l’inadempimento dei propri doveri.

1.8.1. Lo sviluppo dei principi contabili internazionali in Italia

Secondo la linea cronologica da noi tracciata ci pare opportuno affiancare una breve digressione riguardo lo sviluppo dei principi contabili internazionali, come pure la loro applicazione nel contesto italiano. Come noto, essi condizionano le modalità di redazione del bilancio e di conseguenza le conoscenze professionali cui il revisore debba dotarsi per formulare il proprio giudizio. Ricominciando dal punto temporale in cui ci siamo fermati, a partire dal 2001, lo IASC è stato sostituito nel compito di emanazione degli standard dallo IASB (International Accounting Standards Board), il quale elabora nuovi principi che vengono denominati con la sigla IFRS (International Financial Reporting Standards). Quest’ultimi affiancano quelli precedenti ed in caso di una loro completa revisione ne prendono il posto. Il provvedimento europeo che stabilisce l’obbligatorietà dell’adozione dei principi contabili per società quotate in un mercato quotato regolamentato di qualsiasi Stato Membro dell’Unione Europea che redigono il bilancio consolidato è il Regolamento CE 1606/2002 (detto Regolamento IAS). Nello stesso regolamento è disposta la facoltà per gli Stati membri di consentire o prescrivere

40 l’adozione dei principi contabili per le società quotate con riferimento al bilancio d’esercizio e le restanti società con bilancio consolidato. Questa facoltà è stata definita dalla legge italiana, attraverso il decreto 28 febbraio 2005, n.38 con la prescrizione dell’obbligo di redigere il bilancio d’esercizio e consolidato secondo i principi contabili internazionali per: società quotate diverse dalle imprese di assicurazione, le società con strumenti finanziari diffusi tra il pubblico, le banche ed altri intermediari finanziari e relativamente al comparto assicurativo gli IAS/IFRS sono obbligatori per la redazione del bilancio consolidato di tutte le società e per la stesura del bilancio di esercizio della società quotate che non redigono il bilancio consolidato. Le società escluse si rifanno ai principi contabili emanati dall’OIC (Organismo Italiano di Contabilità). In realtà il quadro di società che applicano i principi contabili internazionali risulta molto più composito, soprattutto a seguito del decreto legge 91/2014. Ciò che è rilevante osservare è che l’adozione di tali principi rientra nel più ampio processo di armonizzazione, che dovrebbe consentire una maggiore trasparenza dell’informativa finanziaria e una maggiore comparabilità della stessa per le società che appartengono a Paesi dell’Unione Europea. Sono state addotte numerose critiche alla ricerca di più alto grado di uniformità nella prassi contabile, dovuta essenzialmente al fatto che la stessa diversità culturale tra i diversi Paesi inficia sulla “comparability” dei bilanci ed avrà anche effetti negativi sul lavoro stesso dei revisori, poiché all’interno dello stesso standard sono spesso proposte alternative differenti che possono essere interpretate variamente proprio in virtù della diversi degli usi contabili22.