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Il quadro dell’informativa finanziaria di riferimento

Il processo di revisione secondo gli ISA Italia: un approccio risk-based

3.2. Il quadro dell’informativa finanziaria di riferimento

Nel nostro Paese, il quadro normativo di riferimento delle rimanenze di magazzino è rappresentato da tre diverse fonti legislative: il codice civile, il principio contabile nazionale OIC 13 ed internazionale IAS 2. Le rimanenze di magazzino sono trattate nel codice civile, sia relativamente alla loro collocazione nel bilancio civilistico, sia al criterio di valutazione da adottare. L’articolo 2424 del c.c. posiziona le rimanenze di magazzino nella classe C. I) dell’attivo circolante dello stato patrimoniale ed esse sono costituite da: materie prime, sussidiarie, di consumo; prodotti in corso di lavorazione e semilavorati; lavori in corso su ordinazione; prodotti finiti e merci; acconti. A conto economico, invece, tra il valore ed il costo della produzione troviamo rispettivamente le voci A. 2) di variazione delle rimanenze di prodotti in corso di lavorazione, semilavorati, A. 3) di variazione dei lavori in corso su ordinazione e B. 11) di variazione delle rimanenze di materie prime, sussidiarie, di consumo e merci. Così come prescrive il codice civile all’articolo 2427, anche la nota integrativa accoglie le informazioni inerenti le rimanenze di magazzino: i criteri applicati nella valutazione delle rimanenze, quelli adottati per la svalutazione al valore di realizzazione desumibile dal mercato e altre informazioni richieste dalla legge anche relativamente al ripristino del costo originario, qualora vengano meno le ragioni che avevano reso necessario l’abbattimento al valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato e del conseguente effetto sul conto economico. L’articolo 2426 si sofferma sui criteri di valutazione delle poste di bilancio e prescrive per le rimanenze di magazzino l’iscrizione al minore tra il costo di acquisto o di produzione ed il valore di realizzazione desumibile dall’andamento di mercato. Se nel costo di acquisto sono da comprendere i costi accessori, il costo di produzione è calcolato considerando tutti i costi direttamente imputabili al prodotto, racchiudendo ragionevolmente anche una parte di costi relativi alla fase di fabbricazione ed escludendo i costi di distribuzione (fino agli oneri relativi al finanziamento della fabbricazione, sia essa realizzata internamento o da terzi). Il contenuto dell’OIC 13 risulta essere del tutto in linea con la disposizione civilistica, fornendo esplicitamente ulteriori spunti di chiarimento ed interpretazione. Ricordiamo che il contenuto dell’OIC 13 è stato ultimamente rivisto per conformarsi a quello predisposto a livello internazionale: non si fa più riferimento al costo storico, considerato forse troppo specifico e neanche al cosiddetto valore netto di realizzo. Il costo d’acquisto è dato dalla somma tra il prezzo di vendita del bene ed i costi accessori, tra i quali si individuano i costi di trasporto, dogana e altri tributi direttamente imputabili a quel materiale Il prezzo è già decurtato di sconti, abbuoni e premi. Il costo di produzione, invece, comprende i costi diretti ed indiretti (detti anche costi generali di produzione) sostenuti nel corso della produzione stessa e necessari a portare le rimanenze di magazzino nelle condizioni e nel luogo attuali per la quota

107 ragionevolmente imputabile al prodotto relativa al periodo di fabbricazione e fino al momento dal quale il bene può essere utilizzato. Si escludono dai costi di produzione, invece, i costi di natura eccezionale o anomali. L’OIC 13 fornisce un elenco relativamente alle tipologie di costi che possono a buon titolo imputarsi al costo di produzione, distinguendo tra costi diretti e generali di produzione: tra i primi rientrano il costo per materiali utilizzati (ivi inclusi i trasporti su acquisti, della manodopera diretta, degli imballaggi, per i servizi direttamente riferibili al processo di fabbricazione ed i costi relativi a licenze di produzione; la seconda categoria, invece, comprende i costi per stipendi, salari e relativi oneri riguardanti la manodopera indiretta ed i costi della direzione tecnica dello stabilimento, ammortamenti di beni materiali ed immateriali che contribuiscono alla produzione, manutenzioni e riparazioni, materiali di consumo, altri costi effettivamente sostenuti per la lavorazione di prodotti e tutti i costi di produzione comuni necessari per portare le rimanenze di magazzino nelle condizioni e nel luogo attuali. In merito ai costi generali di produzione, l’OIC 13 suggerisce anche delle basi di riparto che possono essere adoperate per la loro imputazione all’oggetto di costo finale: le ore dirette di manodopera, il costo della manodopera diretta, le ore macchina o il costo prima. Subito a seguire, il principio contabile approfondisce la questione dei criteri di imputazione del costo delle rimanenze, addentrandosi nel più ristretto ambito della contabilità analitica. I costi generali fissi, cioè quei costi che hanno un carattere costante al variare del volume di produzione, sono imputati alle unità prodotte in base alla normale capacità produttiva, che rappresenta la produzione che si prevede di realizzare in media durante un numero di esercizi in condizioni normali, inferiore rispetto alla massima teorica per via di cause di interruzione non prevedibili. Non possono ripartirsi i costi fissi generali di produzione su un livello di capacità produttiva più basso, per via di un mancato sfruttamento della stessa, poiché ciò avrebbe come effetto un’attribuzione di costi maggiori a magazzino, che andranno ad essere rilevati come costi d’esercizio. Nella situazione opposta, cioè di utilizzo maggiore della capacità produttiva normale, i costi fissi vanno attribuiti sulla base di quella effettivamente realizzata, per evitare il valore delle rimanenze superi il costo sostenuto. I costi generali di produzione di tipo variabile, invece, sono i costi indiretti che variano rispetto al volume di produzione e sono attribuiti in base al livello effettivo di produzione. Come brevemente accennato, sono ricompresi gli oneri relativi al finanziamento della fabbricazione35, ma sono esclusi i costi

generali ed amministrativi ed i costi di distribuzione, per i motivi che il principio si appresta a definire: i primi, si riferiscono a funzioni comuni della società nella sua interezza e come tali essi rappresentano componenti negativi del reddito dell’esercizio in cui sono rilevati, mentre i

35 Come al par. 39 dell’OIC 13: “Gli oneri finanziari sono generalmente esclusi dalla determinazione del costo delle rimanenze. La capitalizzazione degli oneri finanziari è ammessa solo con riferimento a beni che richiedono un periodo di produzione (ad esempio, per la maturazione o l’invecchiamento) significativo. Il limite della capitalizzazione degli oneri finanziari è rappresentato dal valore realizzabile del bene desumibile dall’andamento del mercato (sulla misura e sui requisiti per la capitalizzazione degli oneri finanziari si veda l’OIC 16 “Immobilizzazioni materiali”).”

108 secondi appartengono ad una fase successiva alla produzione. Sono convenzionalmente esclusi anche i costi di ricerca e di sviluppo, poiché nella maggioranza dei casi risulta difficile valutare il concorso alla loro formazione. L’OIC 13, inoltre, definisce cosa s’intende per valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato: si tratta della “stima del prezzo di

vendita delle merci e dei prodotti finiti nel corso della normale gestione, avuto riguardo alle informazioni desumibili dal mercato, al netto dei presunti costi di completamento e dei costi diretti di vendita”. La rilevazione iniziale di un bene come rimanenza di magazzino avviene

soltanto alla data in cui si assiste al trasferimento dei rischi e benefici connessi all’acquisizione di quel bene, che generalmente si verifica quando viene trasferito il titolo di proprietà secondo le modalità contrattuali stabilite tra le controparti. Se queste divergono, prevale la data di trasferimento dei rischi e dei benefici a testimonianza della prevalenza della sostanza sulla forma. Negli anni successivi, le rimanenze sono sempre valutate in bilancio al minore tra il costo di acquisto o produzione ed il valore di realizzazione desumibile dal mercato: il principio di valutazione delle rimanenze si fonda sulla teoria che allorquando l’utilità o la funzionalità originaria misurata dal costo si riduce, si rende necessario modificare tale valore tramite il riferimento al valore di mercato. Il metodo generale per la determinazione del costo dei beni è il costo specifico che prevede l’individuazione e l’attribuzione dei costi specificatamente sostenuti per quei beni. Tale metodologia può non risultare funzionale nel caso di impossibilità tecnica o amministrativa di mantenere distinta ogni unità fisica in rimanenza, cioè per i beni fungibili, che quindi presentano le medesime caratteristiche e sono tra loro scambiabili. Il codice civile, all’articolo 2426 numero 10, stabilisce che “il costo dei beni fungibili può essere

calcolato col metodo della media ponderata o con quelli “primo entrato, primo uscito”; o “ultimo entrato, primo uscito”; se il valore così ottenuto differisce in misura apprezzabile dai costi correnti alla chiusura dell’esercizio, la differenza deve essere indicata, per categoria di beni, nella nota integrativa”. Anche in merito a tale disposizione, l’OIC 13 assolve una funzione

esplicativa ed integrativa. Attraverso il calcolo del costo medio ponderato, i beni in magazzino acquistati o prodotti in date e a costi diversi fanno parte di un insieme indistinto, in cui il singolo non è più chiaramente identificato e tutti sono disponibili allo stesso tempo, con lo scopo di livellare i movimenti nei prezzi ed eliminare eventuali differenze tra prezzi più recenti e i costi medi. Il costo medio può essere ponderato: per movimento, cioè calcolato subito dopo ogni singolo acquisto, dimodoché le vendite vengano scaricate con il dato calcolato dopo l’ultimo acquisto effettuato. Quando arriva il bene, il costo è valutato nel modo seguente:

𝐶𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑚𝑒𝑑𝑖𝑜 𝑝𝑜𝑛𝑑𝑒𝑟𝑎𝑡𝑜

=𝐶𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑡𝑜𝑡 𝑢𝑛𝑖𝑡à 𝑟𝑒𝑠𝑖𝑑𝑢𝑒 𝑝𝑟𝑖𝑚𝑎 𝑑𝑒𝑙𝑙

𝑢𝑙𝑡𝑖𝑚𝑜 𝑟𝑖𝑐𝑒𝑣𝑖𝑚𝑒𝑛𝑡𝑜 + 𝐶𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑢𝑙𝑡𝑖𝑚𝑒 𝑢𝑛𝑖𝑡à 𝑟𝑖𝑐𝑒𝑣𝑢𝑡𝑒

109 La ponderazione può essere effettuata anche per periodo: alle quantità ed ai costi in inventario all’inizio del periodo si aggiungono gli acquisti o la produzione di un periodo, scelto a seconda delle caratteristiche dell’attività della società (mese, trimestre…) e si determinano i nuovi costi medi ponderati. Il metodo “primo entrato, primo uscito” detto anche FIFO prevede che le quantità di materie (merci o semilavorati) e prodotti acquistati in epoche più remote siano le prime ad essere vendute o utilizzate in produzione: le uscite dai beni dal magazzino vengono effettuate nello stesso ordine con cui sono entrate. La metodologia di valutazione FIFO valuta il magazzino ai costi più recenti, mostrandosi in linea con l’andamento dei prezzi di mercato: si assegnano, infatti, prima gli ultimi costi sostenuti per le ultime quantità acquisite (acquistate o prodotte) nell’esercizio a corrispondenti quantità in giacenza; poi i penultimi costi sostenuti per le penultime quantità acquisite e così via fino a coprire Per esempio, nel caso di un materiale acquistato, la valutazione con il metodo FIFO si fa sulla base dei costi delle fatture fornitori degli acquisti più recenti, partengo dall’ultima fattura e procedendo a ritroso nel tempo in modo da coprire la quantità in magazzino con le quantità ed i relativi costi delle fatture fornitori più recenti. L’uso della sola fattura d’acquisto più recente conduce a risultati erronei se la quantità dell’ultima fattura è inferiore alla giacenza della voce da valutare ed il costo delle fatture precedenti necessarie per coprire la quantità della voce in magazzino è diverso dal costo riflesso nell’ultima fattura. Il costo rilevato a conto economico, che andrà a diretta detrazione dei ricavi più recenti è quello più anziano. L’ultimo metodo annoverato è il LIFO (ultimo entrato, primo uscito), con il quale si ipotizza che le quantità acquistate o prodotte per ultimo siano vendute o utilizzate in produzione, lasciando in magazzino ciò che è stato acquistato o prodotto in tempi più lontani. I beni in magazzino saranno valutati al prezzo più remoto, mentre a conto economico contrapponiamo costi più recenti a ricavi più recenti. Per comprendere meglio gli effetti che scaturiscono dall’utilizzo del metodo LIFO, diventa importante sottolineare come il risultato derivante dai quattro metodi sia tendenzialmente simile in caso di prezzi stabili, ma profondamente diverso nella situazione in cui si vada incontro a periodi in cui i prezzi sono ascendenti o discendenti. Nella circostanza di un trend di prezzi ascendenti, il LIFO contrappone ai ricavi costi più recenti, quindi maggiori. Tale manovra implica la riduzione di un effetto di “profitto di magazzino” che potrebbe derivare dall’applicazione del metodo FIFO e costo medio: questi ultimi, infatti, contrappongono ai ricavi un costo meno recente che è minore. Per tal motivo, il LIFO è considerato uno strumento di “parziale” adeguamento del conto economico al trend dei prezzi. Tuttavia, si genera un effetto distorsivo in stato patrimoniale rilevando un valore del magazzino minore rispetto ai costi correnti. Nella situazione opposta di prezzi discendenti, il LIFO contrappone ai ricavi del conto economico i prezzi più bassi lasciando al magazzino quelli più elevati, che saranno da ricondurre a valore di mercato in sede di valutazione. Per poter procedere con la valutazione al LIFO bisogna fissare una quantità base, che solitamente è la quantità in giacenza all’inizio dell’esercizio in cui viene applicato il LIFO per la prima volta, che varia nel corso degli esercizi.

110 Se al termine dell’esercizio la quantità si è ridotta, ma i prezzi sono aumentati, il LIFO manca nell’assolvimento della funzione di adeguamento del conto economico ed accredita minori costi. Essere a conoscenza di tale informazione diventa rilevante ed il beneficio che ne scaturisce deve essere documentato in nota integrativa. Per calcolare il maggior costo che la società avrebbe dovuto sostenere è dato da:

𝑄𝑢𝑎𝑛𝑡𝑖𝑡à 𝐸. 𝐼. 𝑟𝑖𝑑𝑜𝑡𝑡𝑒 × (𝐶𝑜𝑠𝑡𝑜 𝑐𝑜𝑟𝑟𝑒𝑛𝑡𝑒 𝑎 𝑐ℎ𝑖𝑢𝑠𝑢𝑟𝑎 𝑒𝑠𝑒𝑟𝑐𝑖𝑧𝑖𝑜 − 𝐶𝑜𝑠𝑡𝑖 𝐿𝐼𝐹𝑂 𝑎𝑑 𝑖𝑛𝑖𝑧𝑖𝑜 𝑒𝑠𝑒𝑟𝑐𝑖𝑧𝑖𝑜)

Una variante al metodo del LIFO è quella “a scatti”, di cui però non approfondiamo il contenuto e si rinvia al testo originale del principio OIC 13, con annessa esemplificazione. Ricordiamo che il metodo LIFO non è ammesso nei principi contabili internazionali. L’OIC 13 riconosce la possibilità di determinare il costo delle rimanenze attraverso il metodo dei costi standard, del prezzo al dettaglio e dal valore costante, nella situazione in cui è comprovato che tali tecniche approssimino il valore che ricerchiamo. L’utilizzo dei costi standard presuppone un contesto industriale in cui i prodotti sono realizzati da processi produttivi interni, dei quali è possibile visionare le distinte basi e i tempi standard di lavorazione. Il costo standard stabilito deve essere poi comparato con il costo effettivo ed allineato allo stesso. In generale, i costi standard devono essere aggiornati periodicamente per poter accogliere eventuali cambiamenti nei prezzi o nelle condizioni operative, ma essi non cambiano per effetto di inefficienze di produzione. L’adeguamento delle due tipologie di costo dovrà avvenire, quindi, sulla base di una corretta analisi delle cause che hanno determinato lo scostamento. Le varianze relativa a scioperi, inefficienze di produzione, costi anomali, impianti inattivi non sono considerati nella valutazione del magazzino, poiché non costituiscono componenti negativi del reddito d’esercizio. Il metodo dei prezzi al dettaglio ha come fondamento la differenza tra valori di costo e valori di vendita dei beni e bisogna procedere con un algoritmo che consiste in una serie di step che conducono alla determinazione del costo delle rimanenze finali come differenza tra valore delle rimanenze valutate al prezzo di vendita e percentuale di ricarico su di esso calcolata.

Fino ad ora abbiamo parlato del costo delle rimanenze. Dobbiamo, tuttavia, soffermarci sul secondo termine di paragone: il valore di realizzazione desunto dall’andamento del mercato. Esso è pari alla stima del prezzo di vendita delle rimanenze nel corso della normale gestione, avuto riguardo alle informazioni desumibili dal mercato, al netto dei presunti costi di completamento e dei costi diretti di vendita (quali, ad esempio, provvigioni, trasporto, imballaggio). Ricordiamo che principio del minore tra costo mercato è inteso a misurare l’utilità o funzionalità attuale del valore originario del magazzino. Nonostante il costo sia il criterio principe di valutazione, qualora la funzionalità del bene è ridotta, tale valore di costo deve essere modificato e portato al valore di mercato se la riduzione non è recuperabile. Di

111 conseguenza, informazioni che possono a buon titolo ritenersi rilevanti ai fini della determinazione di tale valore, sono, tra le altre cose, il tasso di obsolescenza ed i tempi di rigiro del magazzino. Il principio chiarisce che, in caso di un ordine confermato, il valore di realizzazione coincide con il prezzo di vendita: le quantità in giacenza relativi ad ordini di vendita confermati con prezzo prefissato restano valutate al costo, nonostante un declino dei prezzi desumibili dal mercato. Nel caso in cui si verifichi una diminuzione nel prezzo delle materie prime e sussidiarie che saranno utilizzate per la realizzazione dei prodotti finiti, si arriva alla conclusione che il costo del prodotto finito sarà inferiore al valore di realizzazione e quindi la valutazione dovrà propendere per quest’ultimo valore.

Alla luce della riforma del bilancio del decreto legislativo 139 del 2015, il contenuto dell’OIC 13 è stato rivisto rispetto alla versione del 5 agosto 2014. Non sono state introdotte numerose novità di tipo applicativo, ma sostanzialmente si è proceduta per una razionalizzazione con ampliamento di alcune definizioni. Le principali modifiche riguardano l’applicazione del nuovo principio della sostanza economica, le precisazioni in tema di determinazione del valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato, nonché le implicazioni operative derivanti dall’introduzione nel codice civile del costo ammortizzato e dell’attualizzazione nel caso in cui il pagamento dei beni acquistati sia differito rispetto alle normali condizioni di mercato. Si realizza un concreto avvicinamento al principio contabile internazionale IAS 2 relativo alle rimanenze di magazzino.