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<Hic situs est>. Stele di Stehende Soldaten dalla Germania romana

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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI PISA

Dipartimento di Civiltà e Forme del Sapere

Corso di Laurea Magistrale in Archeologia

TESI DI LAUREA

«Hic situs est»

Stele di stehende Soldaten

dalla Germania romana

Relatore

Maurizio Paoletti

Candidata

Miriam Torregrossa

ANNO ACCADEMICO 2018-2019

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1

Indice

Introduzione 5

CAPITOLO I 9

Storia degli studi 9

1.1 La nascita della Storia dell’Arte delle Province romane 9

1.2 Stile delle Legioni o Arte dei Soldati? 12

1. 3 L’Arte renana come Arte militare 13

1. 4 Un’arte puramente romana? 17

1.5 Arte romana sul Reno 22

1.6 Possibile origine delle stele renane 24

1.7 Precedenti italici di stehende Soldaten 26

1.8 Il superamento del concetto di Soldatenkunst 27

1.9 La storia antica delle stele con stehende Soldaten 28

1. 10 L’arte renana è figlia dell’arte italica 29

CAPITOLO II 31 La Germania 31 2.1 Mogontiacum 36 Le Necropoli di Mogontiacum 39 2.2 Bonna 41 2.3 Bingium 43 Le Necropoli di Bingium 44 CAPITOLO III 46

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2

I militari e i monumenti funerari 46

CAPITOLO IV 48

Ausiliari e Legionari 48

CAPITOLO V 52

Le armi e l’armatura 52

CAPITOLO VI 58

Catalogo delle Stele 58

6.1 Stele di Soldati a figura intera da Mogontiacum 59

1. Cnaeus Musius 59

2. Publius Flavoleius Cordus 65

3. Frammento di stele con soldato in paenula 72

4. Frammento di soldato in paenula 76

5. Caius Faltonius Secundus 79

6. Quintus Luccius Faustus 86

7. Caius Valerius Secundus 93

8. Genialis Clusiodi 96

9. Stele anepigrafe con soldato 103

6.2 Stele da Bonna 107

10. Pintaius 107

11. Quintus Petilius Secundus 111

12. Stele anepigrafe con soldato 116

(4)

3

14. Frammento di stele con soldato in paenula 123

6.3 Stele da Bingium 127

15. Annaius Daverzus 127

16. Hyperanor 135

17. Tiberius Iulius Abdes 140

18. Brecus 144 19. Bato 147 20. Firmus 151 Conclusioni 157 Bibliografia 161 Figure 169

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Abstract

Attraverso la disamina di una lunga storia degli studi e analizzando alcuni degli avamposti della Germania romana, lo studio si propone di riportare l'attenzione sulle stele di soldati stanti dal limes renano. Verranno pertanto presentate venti stele di soldati provenienti dalle città di Mainz, Bonn e Bingen. Ne verrà studiata l'iconografia e si cercherà di ricostruire la storia militare delle legioni e delle truppe ausiliarie di appartenenza.

Durch die Untersuchung einer lange Studiengeschichte und die Analyse einiger Vorposten des römischen Deutschland, soll die Studie die Aufmerksamkeit auf die Stelen der stehende Soldaten, die aus dem Rheinlimes stammen. Es werden zwanzig Stelen von Soldaten aus den Städten Mainz, Bonn und Bingen präsentiert. Die Ikonographie wird untersucht und es wird versucht, die militärische Geschichte der Legionen und Hilfstruppen, zu denen sie gehören, zu rekonstruieren.

By examining a long history of studies and analyzing some of the outposts of Roman Germany, the study aims to bring attention to the stele of soldiers standing from the Rhine limes. Twenty stele of soldiers from the cities of Mainz, Bonn and Bingen will be presented. The iconography will be studied and an attempt will be made to reconstruct the military history of the legions and auxiliary troops to which they belong.

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Introduzione

L’oggetto di questa tesi è lo studio delle stele funerarie con soldati stanti appartenute

a legionari e ausiliari al servizio dell’Impero romano nei territori del limes renano. Verranno presentati venti stele e frammenti di stele in pietra decorati da rilievi di soldati stanti in armi, dei quali è stato realizzato un catalogo.

Il titolo richiama una delle formule epigrafiche preferite dai soldati, ovvero «hic situs est», frase che letteralmente significa “egli giace qui”. L’accezione sottesa dell’espressione è però un’altra, ovvero quella di affermare che il defunto ha realizzato la tomba con i propri risparmi1 dopo anni spesi nella dura carriera militare.

Questo studio parte da un mio pregresso interesse circa l’archeologia funeraria e l’iconografia, qui applicato alla storia militare dell’Impero romano. Le stele con rilievi di soldati mi hanno permesso di coniugare sia l’ambito funerario che c’è dietro questi monumenti, che la storia militare delle legioni in cui questi soldati militavano, dando un visione talvolta anche molto limpida, di come doveva essere se non il vivere almeno il morire sul confine estremo dell’Impero romano. È stato da me scelto il contesto della Germania romana proprio per la sua natura controversa di provincia mai effettivamente sottomessa. La scelta di una classe di materiali come quella delle stele è interessante perché sebbene nella maggior parte dei casi esse non restituiscano il contesto del ritrovamento, forniscono però moltissime informazioni, dalla storia delle truppe alla storia delle persone coinvolte nelle guerre di conquista (le epigrafi, per esempio, forniscono informazioni circa l’età dell’arruolamento del soldato nonché l’età della morte e talvolta le cause di essa), ma anche circa la storia dei costumi funerari.

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6 Lo studio si propone di riportare l’attenzione su questa classe di monumenti funerari, che è stata in alcuni casi passata in una veloce rassegna senza soffermarsi su alcuni aspetti che potrebbero illuminare molte aree ancora scure della romanizzazione di luoghi ai limiti dell’Impero Romano. L’importanza dei soldati in queste zone era non soltanto quella militare, ma essi servivano anche come veicolo di ‘educazione’ e cultura romana per i popoli barbari. Questa modus operandi dei romani era mirato ad allargare il dominio di Roma non tanto e non solo con la brutalità e la forza, ma quanto a convincere queste popolazione che era più vantaggioso per loro stare dalla parte di Roma in modo da poterne godere i privilegi. I soldati infatti, nella loro minacciosa avanzata, costruivano strade, ponti, accampamenti, prima in legno poi in pietra, che col tempo sarebbero diventate città, davano una forte propulsione all’economia portando prodotti fino a quel tempo sconosciuti, diffondevano la cultura e il modo di vivere di Roma e molto spesso risolvevano questioni politiche di guerra tra popoli vicini che avevano radici molto antiche. Tutto ciò sicuramente attraeva moltissimi popoli che preferivano fare un passo indietro circa la propria autonomia per farne invece molti in avanti in tutti gli altri ambiti della vita quotidiana. La Germania non fa eccezione, anche se molti popoli non accolsero mai l’avanzata di Roma con gioia e anzi rifiutarono di piegarsi. Ma per quando riguarda la fascia a sud del Reno possiamo dire che Roma sia riuscita almeno per un primo tempo in questa impresa di romanizzazione.

Verranno qui presentati cinque capitoli prettamente storici e un sesto capitolo costituito dal catalogo di venti stele di soldati da tre città del limes renano.

Nel Capitolo I si analizzerà la storia degli studi dell’arte e dell’archeologia romana. Questa ha radici molto lontane, ben prima che esistesse il concetto stesso di ‘arte provinciale’, alla fine dell’Ottocento. Gli studiosi, più storici dell’arte che archeologi, cominciano a domandarsi che tipo di arte fosse quella che vedevano su tanti

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7 monumenti dalle valli del Danubio e del Reno, dal Nord e dall’Est dell’Europa che erano tanto diversi da quelli propriamente romani. Si vedrà come la domanda più frequente che si fecero gli studiosi è da dove questo tipo di cultura artistica abbia tratto le proprie origini e anche dove nacque il tipo iconografico degli stehende Soldaten. Un’altra problematica che verrà affrontata sarà quella legata agli esecutori. Le stele erano realizzate dagli stessi soldati o da artigiani? E poi, esistevano botteghe che si occupavano di manufatti sia per civili che per militari, oppure dobbiamo immaginare l’esistenza di botteghe specializzate?

Nel Capitolo II verrà presentata una breve storia della Germania e della sua lenta e mai del tutto completa romanizzazione. Ci si soffermerà quindi sulla storia di tre castra romani lungo il Reno, ovvero Mogontiacum e Bingium nella Germania Superior e Bonna nella Germania Inferior.

Nel Capitolo III si parlerà dei militari e della scelta dei monumenti funerari. Il pensiero della morte e con esso quello della sepoltura era molto presente nella vita dei romani ed ancora di più doveva esserlo per coloro i quali rischiavano la vita ogni giorno, come i soldati.

Nel Capito IV verranno comparati le due tipologie di soldato che potevano esserci nell’Impero romano, ovvero legionari ed ausiliari. Si cercherà di capire se davvero esistesse una differenza così sostanziale tra le due unità. Verrà inoltre presentato un dato interessante e cioè che le stele di ausiliari appaiono oggettivamente di qualità superiore rispetto a quelle dei legionari, sia dal punto di vista dei rilievi che da quello del materiale di cui erano fatte.

Il Capitolo V sarà invece un utile excursus nel panorama degli armamenti romani che possiamo ritrovare rappresentati nelle stele. Si parlerà anche delle vesti con cui i soldati scelgono di farsi rappresentare. Uno spunto di riflessione che potrà dare questo

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8 capitolo sarà quello di considerare se potesse esserci o meno una sorta di differenziazione dell’armamento tra ausiliari e legionari o se invece, come sembra, le due unità non fossero così diverse (almeno nell’aspetto esteriore) da quello che si credeva.

Il Capito VI infine riguarda il catalogo delle stele. Verranno analizzate venti stele con figure di soldati stanti, o stehende Soldaten, provenienti da Mogontiacum, Bonna e Bingium. Delle stele verranno riportate le notizie circa il ritrovamento, l’iscrizione, le misure e il materiale in cui sono state realizzare, la datazione ipotetica e ne verranno descritti i rilievi. Verrà posta particolare attenzione su alcuni aspetti dell’iconografia come l’armamento che permette di determinarne il ruolo all’interno dell’esercito romano o i dettagli epigrafici che possono fornire informazione circa la provenienza del soldato, l’età del reclutamento, nominare eventuali parentele o cosa ancora più importante dirci in che unità militava e permetterci così di ricostruire la storia militare di quell’area.

Il risultato di questa analisi sarà quello di cercare di coniugare l’analisi iconografica a quella epigrafica e ai contesti di ritrovamento della stele o di scavo, laddove siano presenti. Per raggiungere risultati più consistenti sarà necessario, in futuro, ampliare lo studio cercando di analizzare le differenze sostanziali della stessa classe di materiali nei diversi accampamenti della Renania romana e anche nel diversi secoli visto che l’analisi qui fornita è limitata al I secolo d.C.

Qualora saranno riportate delle citazioni di autori latini o le epigrafi delle stele dei soldati, la traduzione presentata è dell’Autore, sempre che non sia indicato diversamente.

La bibliografia consultata, citata in forma abbreviata nelle note, viene riportata per esteso, secondo ordine alfabetico, alla fine della trattazione.

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CAPITOLO I

Storia degli studi 1.1 La nascita della Storia dell’Arte delle Province romane

L’arte renana, nell’ambito delle sue origini, delle sue influenze e dei suoi sviluppi, si è rivelata essere un’annosa questione che dalla fine dell’Ottocento ad oggi suscita ancora dei dubbi e delle perplessità. Quanto si è cercato di fare in più di un secolo è stato capire da dove si è originata l’Arte sul Reno, se fossero stati i Romani ad introdurla, se fosse opera di indigeni o anche se fosse stata influenzata dall’arte etrusca, greca o celtica tramite l’importazione commerciale. Bisognerà analizzare ciò che gli altri prima di noi hanno sostenuto per ritenere convincente o meno una di queste teorie.

Silvio Ferri2 fu tra i primi italiani ad occuparsi della questione dell’arte renana. Già anni

prima di lui però questo tema fu trattato per la prima volta in assoluto da Furtwängler nel 18963 non direttamente, ma inserito nella discussione sul Tropaeum Traiani di

Adamklissi. Furtwängler sentì il bisogno di studiare l’arte delle province romane. Il compito era quanto mai arduo visto che non esisteva ancora neanche il concetto stesso di ‘Arte delle Province Romane’. In questo primo approccio al problema e secondariamente nel 18974, Furtwängler prende avvio dalla disamina dei monumenti

ritrovati nei musei del Reno e della Mosella, soffermandosi in particolare sulle sculture in pietra. Guardando questi monumenti e sculture della prima età imperiale, egli ritrova l’“ingenua grossolanità” e la “goffaggine legnosa” che caratterizzava secondo lui anche i rilievi di Adamklissi. Le comunanze tra queste due arti provinciali finiscono con l’età

2 FERRI 1931.

3 FURTWÄNGLER 1896, pp. 49 e ss. 4 FURTWÄNGLER 1897, pp. 247 – 292.

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10 flavia quando compaiono nel panorama delle stele renane nuove tipologie, come quella del Todtenmahl (o ‘Banchetto sacro’, ovvero le stele in cui il defunto si faceva rappresentare a banchetto), che secondo Furtwängler mostrano un’origine greca e uno stile incredibilmente migliore, quasi vicino all’arte ellenistico-romana, con una resa morbida dei panneggi che sostituisce il tono legnoso dei precedenti prodotti artistici. Tutto questo fermento artistico si enfatizza ancora di più nel III secolo quando compaiono i rilievi con le Matrone e quelli con Mitra, i monumenti funerari di Treviri, la Juppitersäule (o ‘Colonna di Giove’) di Igel e i monumenti di Nemaugen, i quali mostrano un nuovo stile morbido, vivace e fluente. Secondo Furtwängler questo sarebbe dovuto al fatto che inizialmente erano i soldati stessi a realizzare queste opere e solo in seguito, con la romanizzazione dell’area, arrivano scalpellini colti ed istruiti e culturalmente ellenizzati.

Egli riscontra, inoltre, che nella Valle del Danubio l’evoluzione artistica si svolse nella stessa maniera e che infatti i sarcofagi del Reno e del Danubio sono più vicini tra loro che a quelli italiani, che invece si accostano di più allo schema greco. La questione coinvolgeva quindi diverse categorie di prodotti artistici, nasceva così l’arte provinciale romana. Nei monumenti funebri con ritratti a mezzo busto risalenti al primo impero e provenienti dall’Italia settentrionale Furtwängler ritrova lo stile di Adamklissi. Questo stile locale dell’epoca augustea è “espressione di quella pura e antica vitalità italica che traeva la sua ragione d’essere nella vita dei campi”5. Furono i legionari dell’Italia

del Nord che trapiantarono questo stile nel paese dei barbari. Infatti, quando al tempo dei Flavi il reclutamento nel Nord Italia viene ad esaurirsi, anche questo stile sembra avere una fine, anche perché per quel periodo anche in Italia del Nord era penetrato lo stile ellenistico.

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11 Ferri fu in disaccordo con Furtwängler su diversi punti. Prima di tutto non credette che sul Reno, sul Po e sul Danubio si dovesse riscontrare la medesima evoluzione. Riconobbe come utile lo sguardo che dal Reno si rivolge verso il Po e la Grecia, ma Furtwängler secondo lo studioso italiano pensò solo allo stile, che in realtà secondo lui era originato in larga parte dalla mancanza di abilità degli artefici. Furtwängler non pensava né ai tipi né ai soggetti rappresentati, e non pensava che nella Valle del Po, oltre alla civiltà gallo-romana, era ancora forte l’influsso etrusco6.

Un altro che avversò la tesi di Furtwängler fu Franz Studniczka7 che nel 1904 affrontò

il tema del Tropaeum Traiani di Adamklissi e confutò due fatti importanti che sembrano inficiare tutta la tesi dello studioso tedesco.

Per prima cosa per lo Studniczka8 non si poteva parlare di stile delle legioni là dove si

tratta solo della “ingenua rozzezza di legionari”, e alla ‘rozzezza’ provinciale non può essere attribuito uno stile. Inoltre, non sono accettabili i limiti temporali dell’arte renana fissati dal Furtwängler, quindi dall’età augustea all’età flavia. Per lui si trattava non di un’arte arcaica, ma di una forma storica di arcaismo, non riconoscendo quindi a questi manufatti provinciali la qualità necessaria per essere intesi come prodotti artistici veri e propri.

Hans Dragendorff9 si occupò dell’arte provinciale e si riferì nella sua trattazione alle

ipotesi del Furtwängler. Lo studioso accettò il fatto che nelle province romane, che non possedevano una propria cultura più antica, si trovava inizialmente uno stile duro e goffo che utilizza la pietra come materiale preferenziale. Tutto ciò per lui è dovuto al fatto che erano i militari a portare in queste terre artisticamente ancora ‘vergini’ lo stile

6 FERRI 1931, 25. 7 STUDNICZKA 1904. 8 Id. pp. 126-128.

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12 che meglio essi stessi potevano replicare, ovvero il loro stile nativo, quello dell’Italia settentrionale. Con l’epoca flavia, anche secondo Dragendorff, fece la sua comparsa sui monumenti dell’area renana uno stile più morbido ed ellenizzato.

1.2 Stile delle Legioni o Arte dei Soldati?

L’argomento viene ripreso nel suo complesso da Friedrich Koepp10, il quale negò una

origine “gallica” per l’arte renana, sostenendo che non si doveva guardare alle sculture del Reno dalla Gallia, ma se mai cercare dei punti di contatto tra la scultura renana e quella rinvenuta in Francia. Lo studioso tedesco dissentì anche sulla definizione di uno ‘stile delle legioni’ e di una scuola italica all’origine di questo. Per Koepp si tratterebbe di rappresentazioni realistiche che niente hanno a che vedere con l’eredità italica presunta da Furtwängler. I soldati si limitavano a copiare la realtà, senza alcuna pretesa artistica, tanto che egli parla di arte soldatesca ma non vede la tradizione di una scuola. Ammette però che il tipo del legionario, rappresentato per esempio nelle stele di Caelius e di Musius, possa avere una qualche paternità in Italia. Se si guarda al tipo del cavaliere, invece, è impossibile per lui non pensare al precedente della stele dell’ateniese Dexileos del 394 a.C. A contraddire la tesi del Furtwängler è anche la questione cronologica perché Koepp presenta dei rilievi provenienti dal Praetorium di Mogontiacum, datati alla fine del I d.C. che per lui vanno inclusi nella stessa ‘arte dei Soldati’ (che rifiuta di chiamare Stile delle Legioni) e che quindi disturbano il limite cronologico fissato da Furtwängler all’epoca flavia come momento di inizio di invece una corrente stilistica ispirata all’ellenismo. Nella colonna di Giove di Mogontiacum, opera di Samus e Severus, Koepp trova finalmente un vero e proprio Stile che si ispira al gusto ellenico, rimprontato però alla maniera romana. Egli rivede come fonte di

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13 ispirazione dei due scultori renani le colonne rappresentate nelle anfore panatenaiche e la colonna dei Nassii a Delfi11. In ogni caso Koepp non arriva ad un principio risolutivo

generale. Egli analizza i singoli casi e cerca di trovare un’origine che gli si confaccia. Greca per le stele di soldati e per le colonne di Giove, orientale per i rilievi dei cavalieri con anguipede. Rigetta lo Stile delle Legioni di Furtwängler in favore di una Soldatenkunst.

1. 3 L’Arte renana come Arte militare

Ferri12 pensa che il problema dell’arte renana sia stato causato dalle caratteristiche

stesse del luogo in cui essa si sviluppa. Il Reno è stato il teatro di scontro di diverse genti e proprio questa mescolanza di popoli avrebbe originato l’arte renana. Quando migliaia di soldati italici, orientali e occidentali si riversano in Germania, questa terra era già abitata da Galli germanizzati e indigeni. Questo gusto “gallicizzante” rimarrà la base di un’arte che segue di volta in volta modelli diversi portati dai soldati. Così nel I secolo prevalgono modelli italici perché è dall’Italia che vengono la maggior parte dei soldati. In seguito, laddove avremo la predominanza di truppe balcaniche od orientali, troveremo presenti quei tipi di influssi. Inoltre, bisogna considerare che i luoghi in cui si sviluppa quest’arte sono i castra attorno ai quali sorge spesso un villaggio in cui vivono veterani, famiglie dei soldati, commercianti e in cui sicuramente vivevano anche artigiani e tra questi gli scalpellini. Secondo Ferri, ogni scultore era dotato del suo album di disegni e di modelli, tramite il quale cercava di rispondere alle esigenze del suo committente. Gli indigeni assorbirono questi modelli e si lasciarono romanizzare volentieri, approfittando della protezione che offrivano gli eserciti e dell’avvio del commercio. Gli eserciti danno l’impulso e i modelli, gli indigeni recepiscono e scelgono

11 KOEPP 1921, 25. 12 FERRI 1931, pp. 45 e ss.

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14 a seconda delle necessità, adattano, rielaborano. L’arte renana è però, per Ferri, sempre e comunque arte militare, un’arte che nasce dai bisogni di un esercito di occupazione. L’arte si sviluppa a partire dall’esercito e cambia con esso, perciò, è anche un’arte instabile. C’è sempre un’affinità plastica tra i monumenti di questo tipo di arte e quelli dell’arte da cui si prendono di volta in volta i modelli. Di ogni elemento si potrà così rintracciare il modello. Le stele dei soldati presentano il defunto armato in piedi o a cavallo. Finché i soldati dell’esercito renano vengono reclutati dall’Italia, le stele militari mostrano delle tracce dell’arte norditalica, dove il tipo della stele, soprattutto con defunti a mezzo busto, era molto diffuso. Quando invece alla fine del I secolo i soldati arrivano da altri luoghi dell’Impero il tipo della stele scompare. Secondo Ferri, infatti, il soldato stesso o lo scalpellino che realizzava le stele, utilizzava dei modelli stilistici provenienti dalla sua patria, tutto ciò tenendo conto del suo grado di civiltà in Italia e delle necessità imposte dal contesto del Reno. Per l’archeologo italiano, il metodo di Furtwängler, che prevede di giustapporre stele germaniche preflavie a pietre italiche, ha dei limiti perché, anche quando non si trova un paragone adeguato in Italia essa comunque rimane la fonte stilistica per eccellenza. Dobbiamo ritenere che, comunque, molti monumenti non si sono conservati fino a noi e questa può essere la ragione per cui non si ritrovano dei paralleli nell’arte italica di tutti i tipi artistici dell’arte renana. L’arte renana viene intesa, inoltre, come un’arte «a serie» ovvero, ogni serie di monumenti è stata originata da un solo modello. I processi che determinano stilisticamente quest’arte dipendono dalle maestranze giungono in queste terre insieme ai soldati, ognuna caratterizzata dai suoi gusti locali, e tali processi dipendono dall’esistenza necessaria di uno Skizzenbuch, l’album con i disegni dei loro modelli. I primi romani che arrivano sul Reno sono legionari italici ed equites orientali, per questo le stele dei legionari (rappresentati in piedi, solo il busto o solo la testa) presentano tratti romano-italici, mentre quelle dell’eques al galoppo

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15 mostra caratteri greco-balcanici. Ferri vede i chiari confronti di alcune stele renane nel panorama delle stele dell’Italia padana. Le stele policoniche sono infatti molto comuni nella valle Padana, per esempio a Ravenna, Modena, Bologna, la cui maggior parte si collocherebbe per caratteri epigrafici e somatici nella prima metà del I secolo. Al Furtwängler, Ferri rimprovera di non aver guardato con attenzione all’arte renana perché lì avrebbe potuto scorgere i riflessi non solo dell’arte padana, ma anche di quella etrusca. L’influenza etrusca, per lui, era credibilmente transitata dalla Cisalpina fino alla Renania, come bagaglio culturale degli italici in Renania. La prova di questo contatto di civiltà starebbe nel fatto che oggetti etruschi arrivavano grazie al commercio fino al Reno, quindi con essi anche una probabile influenza artistica. Rimandano al mondo etrusco le figure di sfingi affrontate, quella del leone che spesso si trova usato come acroterio nelle stele renane, il gruppo cavaliere e scudiero che si trova sulle urne etrusche e sulle stele renane, ornamenti con figure di delfini, mostri marini e tritoni. Quindi Ferri ammette che nello Skizzenbuch, che l’artista porta dal luogo di origine, possano esserci modelli derivati dall’Etruria. I contatti stilistici con l’Etruria sono pure dovuti al fatto che l’arte etrusca come quella renana è «a serie» ed è arte provinciale. L’arte etrusca vive con il materiale greco, che essa accetta e rielabora in parte. Per quanto riguarda i contatti tra gli Etruschi e la Renania, Ferri esclude ogni contatto diretto, la sola possibilità di influenza resta l’importazione di copie o disegni. Ma soprattutto Ferri suppone che ogni arte, nella sua evoluzione stilistica, ricalchi vari passaggi che sono già stati compiuti dalle arti precedenti, per questo è possibile ritrovare delle somiglianze tra arte etrusca, renana e anche greca. L’arte renana ed etrusca si incontrano perché entrambe sono arti provinciali e arcaiche, non di creazione propria ma derivate. Egli teorizza quindi una legge evolutiva di tutte le arti provinciali in cui persistono e ritornano determinate forme artistiche arcaiche. Ferri ritrova come altri possibili influssi per l’arte renana l’arte balcanica, l’Oriente e la

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16 Grecia. La domanda che si pone è se gli influssi greci siano arrivati sul Reno tramite Roma o se questi siano giunti in autonomia. Alcuni studiosi propendono per la tesi della ‘subordinazione’: gli influssi greci arrivano a Roma che li trasforma, li rielabora, li adatta e li esporta infine nelle province13. Siamo però in un periodo in cui l’Impero è

diventato quasi più importante di Roma stessa, i movimenti artistici non partono solo da Roma, ma si irradiano da tutte le parti dell’Impero. Ferri riporta anche le prime teorie di una derivazione greca dell’arte renana, ovvero quella di Sigmund Loeschcke dal Bonner Jahrbücher del 1894 secondo il quale il tipo delle Matrone renane trae la sua origine dalle rappresentazioni della dea Cibele nella colonia greca di Massalia, i pilastri con figure sovrapposte come le Juppitersäulen sarebbero originari della Grecia e per le stele con cavalieri dalla Renania si vede come origine la stele di Dexileos14. È

necessario però chiarire che, per Ferri, i motivi greci vengono proposti sul Reno con significati diversi da quelli che avevano in origine e quindi, molti motivi che in Renania vengono utilizzati come motivi funerari in Grecia non lo sono affatto. Per chiarire le continuità e le stranezze che si possono presentare in un’arte provinciale, specialmente militare, dobbiamo, per l’autore, sempre considerare che questo tipo di arte trae origine dalla nazionalità del soldato e dall’album di disegni dello scalpellino. All’artista non resta che preferire un tipo, un modello, piuttosto che un altro e modificarlo nel senso di una semplificazione o esagerazione. Così come l’arte etrusca, quella renana esagera nel mostruoso, nel terrificante, soprattutto per quanto riguarda l’ambito funerario. Ferri parla anche della teoria dei «cartoni migranti», ovvero modelli

13 STRONG 1923, pp. 98 e ss. «Gli influssi greco-ionici sono caratteristici dell’arte imperiale, così in

Roma come nelle province. Quando poi Roma pose fine al potere temporale della Grecia, rafforzò per questo fatto il dominio spirituale della vinta nemica; e costituendo se stessa custode di codesto dominio, animò di nuova vita i propri ideali rivestendoli di quelle forme letterarie ed artistiche, nelle quali essi dovevano assumere importanza e significato universali».

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17 che venivano da parti diverse dell’Impero e che andavano a comporre un album in cui convivevano diversi tipi di busti, figure intere, animali ecc. che a seconda della

necessità lo scalpellino sceglieva o faceva scegliere al committente e riproduceva. 1. 4 Un’arte puramente romana?

Nel 1956 l’archeologo polacco Helmut Schoppa15 scrive un articolo in cui parla

dell’origine della scultura augustea sul Reno. Egli presenta a sua volta la tesi del 1930 di Arnold Schober che aveva riaperto la discussione sull’arte provinciale romana e secondo cui l’arte renana aveva origini celtiche. Schoppa però nega che si possa istituire un parallelo tra l’arte a nord delle Alpi e quella celtica. Non erano vezzi stilistici rinviabili all’arte celtica quelli rilevati da Schober nelle opere renane, come la piattezza del rilievo, la legnosità, la mancanza di plasticità, quanto invece incapacità a creare un prodotto simile al modello. Schoppa poi cerca di sostenete o confutare la tesi di un influsso indigeno nella scultura provinciale romana alla prima metà del I sec. d.C. Per prima cosa per Schoppa non si può prescindere dal dire che la scultura romana a nord delle Alpi dei primi decenni del I d.C. non possa essere separata da quella dell’arte che contemporaneamente abbiamo nelle colonie romane dell’Italia del nord, né da quella di Roma stessa. I committenti sono coloro che vivono nelle colonie e i soldati legionari e ausiliari. Gli scultori non possono essere che italici, che si spostano da campo in campo, da città in città e questo potrebbe essere la spiegazione dell’omogeneità dei prodotti artistici di questo periodo tra nord e sud della Germania. Si possono anche istituire dei collegamenti tra i laboratori del nord Italia e la Renania. Gli scultori in massima parte producono pietre tombali, mentre i rilievi votivi e le rappresentazioni di divinità sono rari. Questi monumenti funerari non mostrano dei veri e propri ritratti dei defunti, quanto invece dei tipi. Col tempo e sviluppatesi officine locali

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18 si tenderà a rielaborare modelli diversi, italici da una parte e celtici dall’altra, in modo unitario ma solo in senso prettamente decorativo. Con l’età tardo claudia scompare poi la predominanza di modelli artistici italici e si preferisce un pittoresco stile ellenistico, di cui il prodotto più eloquente è la Juppitersäule di Mainz, opera di Samo e Severo, due artisti di origine gallica. E con questa opera ha fine la ripresa di modelli italici e anche celtici in favore appunto di quelli ellenistici.

Nel 1963 Schoppa16 dedica all’arte romana a Mainz un piccolo scritto. Rimarca qui,

ancora una volta l’importanza avuta dai romani nell’innesto dell’arte scultorea in questa zona. I soldati che stazionavano a Mogontiacum erano reclutati in massima parte da Italia del nord, sud della Francia e Spagna, che già da tempo erano sotto l’influsso romano. Infatti, era qui diffuso l’utilizzo di stele o veri e propri monumenti funerari. Spesso si trattava di un semplice pannello inscritto, che poteva però essere decorato da ornamenti figurativi. Non deve stupire che questa tradizione sia stata poi esportata anche sul limes renano. I prodotti più antichi di arte romana sul Reno e a Mainz sono infatti stele funerarie di soldati, legionari e ausiliari. Le figure ritratte in questi monumenti sono quasi sempre semplici milites o ufficiali subalterni, mentre stele con ufficiali di primo grado di rango senatorio o equites sono molto rare. Le stele possono presentare il defunto in diverse iconografie. Il defunto ritratto a figura intera è più diffuso nel medio Reno rispetto al basso Reno. Molto popolare lungo tutto il Reno è ritrarre il defunto a mezza figura. Un’altra iconografia tipica vede il defunto a cavallo. Per Schoppa sia la raffigurazione nelle stele che l’iscrizione erano prodotti da scalpellini romano-italici. Monumenti di questo tipo sono stati ritrovati in tutti i campi militari renani. Questo stile, in cui è presente una rigorosa frontalità, una semplificazione della figura umana fino a quasi all’astrazione, una rappresentazione di pieghe e capelli quasi solo

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19 in senso ornamentale, non si trova solo sul Reno ma è riscontrabile anche nel sud della Francia e in Spagna, anche se in queste province non si svilupperà mai come sul Reno. Questo stile non è altro se non il sentimento artistico di quei romani che avevano fondato nel II a.C. le colonie della Gallia Cisalpina e le altre colonie dell’Italia del nord. È a causa di questa vicinanza stilistica tra i prodotti delle colonie dell’Italia settentrionale e quelle sul Reno che si è pensato a scalpellini italo-romani che lavoravano però in questi territori del limes. E questo spiegherebbe perché non si distinguono sostanziali differenze tra le tombe di legionari e quelle di ausiliari in area renana. A partire da queste condizioni Schoppa pensa che l’arte renana vada guardata in generale senza prevedere differenze sostanziali tra un campo militare e l’altro. Esistevano, per Schoppa, piccole varianti regionali come la predilezione di Colonia per le stele che enfatizzano l’orizzontalità mentre Mogontiacum preferiva la verticalità17.

Tra questi gruppi regionali ci sono delle discrepanze dovute dalla più o meno forte dipendenza dalle officine romane. Infatti, il tipo di stele più comune in Italia settentrionale è quello in cui i defunti sono a mezzo busto, disposti anche su più ordini. Gli scalpellini sul Reno in questo caso avevano un preciso modello a cui ricorrere e perciò questo tipo di prodotti sono di qualità maggiore. Schoppa definisce una “differenza di poca importanza” il fatto che a Mogontiacum si prediliga rappresentare i soldati per intero e con le loro armi e non a mezzo busto come in Italia settentrionale. In queste stele si ha l’impressione che lo scalpellino dia una maggiore importanza alla raffigurazione dei dettagli nell’abbigliamento e armamento piuttosto che all’esecuzione del corpo e del ritratto. Anche la rappresentazione a cavallo presenta lo stesso problema di modello, perché ancora una volta in Italia non se ne ha traccia. Schoppa ritiene che i monumenti funerari della fine del terzo decennio del I secolo siano stati

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20 creati su necessità delle truppe. Sebbene siano presenti, soprattutto nelle stele renane di defunti a mezzo busto, dei tratti stilistici tipici delle botteghe italiche (come frontalità, schematismo della strutturazione, corpo più avanzato rispetto alla testa), in realtà per Schoppa l’arte renana è frutto di una semplificazione dello stile tardo ellenistica. La scultura romana per Schoppa si connota sia per la chiara componente etnica che per il fatto di modificarsi nel tempo tanto da poterne notare un’evoluzione.

Schoppa18 ripropone nel 1965 la tesi di Schober del 1930, in cui l’autore sosteneva,

come si è visto, che la scultura delle province romane a nord delle Alpi altro non era che la semplificazione di modelli artistici italo-romani, semplificazione che per lui era dovuta all’influsso delle popolazioni galliche che abitavano in quelle zone. Schoppa si distacca da questa tesi dicendo che Schober si era basato sull’analisi di pochi pezzi, tra l’altro di qualità artistica infima. Per Schoppa invece bisogna andare ad analizzare i pezzi migliori, che veramente possono esprimere il sentimento artistico di un’intera epoca. L’arte celtica ha il suo centro nella decorazione. Un’arte che dà all’ornamento una tale rilevanza deve pagare il prezzo di una notevole perdita di naturalismo. Le rappresentazioni di uomini e bestie diventano così pura stilizzazione, astrazione. Se guardiamo poi alla grande scultura in pietra essa sembra essere un corpo estraneo rispetto agli altri prodotti dell’arte celtica, ed è più credibile che sia stata creata dai Celti sotto l’influsso della greca Marsiglia. È quindi improbabile, per Schoppa, che guardando la scultura in pietra delle province romane oltre le Alpi si possa pensare ad influssi celtici. La grande scultura in pietra arriva nelle province delle Alpi settentrionali soltanto dopo l’occupazione romana. Essa quindi dev’essere legata ai soldati romani e a coloro che seguirono l’esercito nelle province. Perciò se si vuole trovare un parallelo dell’arte di queste province oltremontane, si deve cercare nella patria di quei

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21 soldati che le invasero. Con la romanizzazione poi, anche gli indigeni cominciarono a servirsi della scultura di grandi dimensioni per i propri monumenti funerari e per rappresentare i propri dei. Solo da questo momento possiamo aspettarci nello stile delle influenze indigene nello stile delle opere.

Schoppa per capire le radici dell’arte provinciale romana del periodo augusteo deve necessariamente partire dalla scultura funeraria sul Reno perché è questa ad aver dato avvio a tutta l’arte provinciale di quest’area. Un vantaggio consiste nel fatto che la maggior parte di questi monumenti sono datati sia grazie alla storia dell’esercito che alle iscrizioni, inoltre si trovano in tutti i campi legionari maggiori. I soldati che vivevano in questi campi venivano in massima parte dall’Italia del nord, dalla Francia del sud e dalla Spagna. La struttura sociologica degli eserciti spiega poi perché sul Reno non esistano sostanziali differenze regionali, ma gli stessi tipi di stele funerarie di militari si trovano al nord come al sud del Reno. Stele provenienti da Argentoratae e da Mogontiacum presentano appunto analoghi accorgimenti stilistici, come nella resa delle pieghe oppure in quella dei capelli.

L’unico tipo analizzato da Schoppa in questo articolo del 1965 è la rappresentazione del defunto come busto o mezza figura. Solo per questa variante egli, infatti, ammette dei reali paralleli con l’Italia del nord, la Francia e la Spagna. I tipi con cavaliere e figura intera invece difficilmente compaiono in queste zone.

Per la tipologia con il defunto a mezzo busto, in ogni caso, le affinità maggiori vanno ricercate nella Cisalpina, ma anche altri luoghi della penisola italiana, come Aquileia, Assisi, Ancona e la stessa Roma, restituiscono esemplari di stele di questo tipo. Schoppa conclude dicendo che la scultura funeraria di età augustea sul Reno, almeno per la tipologia da lui analizzata, è inseparabile dalla contemporanea arte romana che

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22 si ritrova nell’Italia settentrionale, e che quindi andrebbe vista come un’arte puramente romana anche se per qualità sicuramente più umile dell’arte ufficiale.

1.5 Arte romana sul Reno

Harald von Petrikovits19, nella sua analisi di alcuni monumenti romani dal museo di

Bonn, afferma che le stele tombali di militari del primo periodo di occupazione romana sono opera degli artigiani che viaggiavano con le truppe. Queste portarono in Renania una tradizione artistica che affondava le sue radici nell’età repubblicana, un linguaggio figurativo che ancora in età imperiale era molto vivo in Italia. Gli assistenti di questi scalpellini dovevano essere invece degli indigeni, così si spiega Petrikovits quella rozzezza delle stele di soldati più antiche. Questa prima fase di apparente ‘arcaismo’ continua fino all’ultimo quarto del I sec. d.C. quando le officine sul Reno trovarono una sorta di connessione con l’arte romana imperiale. Anche per Petrikovits, lo stile flavio rappresenta uno spartiacque tra l’arte del primo periodo di occupazione, rozza, ispirata all’arte civile repubblicana italica, e l’arte del periodo dei Flavi che vorrebbe ricalcare la grande tradizione figurativa imperiale romana. Con il II sec. d.C. l’arte renana si conforma invece al mondo greco di periodo classico, ma senza arrivare mai alla sua grandezza. Ancora alla metà del II d.C. l’arte renana è più improntata al realismo, con ombre morbide e raffinata plasticità. Il gusto raffinato di quest’arte però viene sempre di più ‘sporcato’ dalla volgarizzazione e dalla barbarie degli indigeni che porteranno al cambiamento della struttura sociale.

Ancora nel 196520 scrive che l’arte renana del periodo tiberiano-claudio è un’arte rigida

nella rappresentazione del movimento, primitiva nelle espressioni e in un certo qual modo primitiva soprattutto nella resa dei volti. I corpi del periodo claudio sono

19 PETRIKOVITS 1965a, pp.61-91. 20 PETRIKOVITS 1965b, pp. 145-152.

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23 rappresentati ingabbiati in abiti con pesanti pieghe rigide e parallele. Fu solo col periodo neroniano che l’arte renana si allinea allo sviluppo di quella generale romana. Questo sarebbe dimostrato dalla comparsa delle Juppitersäulen di Mainz e delle stele di soldato come quella di Q. Petilius Secundus da Bonn. Con la fine del I d.C. l’arte renana segue gli sviluppi dell’arte romana. Quello che bisogna sottolineare è il fatto che essendo le province della Germania Superiore e Inferiore aree di confine militare, la loro arte fu profondamente determinata dai soldati romani. Per poter definire l’arte dei soldati romani Petrikovits cercò di analizzare le botteghe di questi scalpellini militari. Questi ultimi dovevano inserirsi in un panorama più vasto di artigiani militari, come fabbri, vasai, calzolai, costruttori, sarti ecc. Questi artigiani militari erano in parte soldati e in parte artigiani civili che lavoravano al servizio delle truppe. Secondo Petrikovits non ci sono prove sull’origine degli scalpellini e non è nemmeno pensabile l’ipotesi di artigiani migranti da un campo militare all’altro di tutta la Germania. È possibile però che a fianco dei soldati nel primo secolo ci fossero artigiani di origine italica e gallica. Questo sarebbe provato dal fatto che si possono ritrovare nello stile delle stele renane di questo periodo sia alcuni elementi di origine gallica che altri dell’arte popolare italica. Per Petrikovits inoltre bisognerebbe dividere le officine militari da quelle dei civili, non sarebbe pensabile infatti, che un’officina si occupi di prodotti destinati al popolo e alle truppe indistintamente. Secondo l’archeologo tedesco l’originalità dell’arte renana è dovuta alle officine che lavoravano per i militari e che quindi erano influenzate dalle loro richieste. Lo studioso nota anche un’influenza da parte della cultura gallica soprattutto per quanto riguarda gli elementi decorativi. E infine la diversa composizione etnica dell’esercito avrebbe portato alla diffusione di altri elementi anche di tradizione orientale, siriaca e mesopotamica.

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24 Continuando nella disamina della storia dell’arte renana, lo studioso italiano Guido Achille Mansuelli21 parlando delle province dell’Italia settentrionale e di quelle ad esse

limitrofe, si interessa ai rapporti artistici tra queste province. Per quanto riguarda le città sul Danubio, Mansuelli analizza il caso del campo di Regensburg, per cui ritiene che cartoni provenienti dalla Grecia e giunti per via danubiana siano stati utilizzati qui e mischiati ad elementi indigeni e provenienti dalla Gallia. Anche in altre parti della Germania i temi prettamente italici sarebbero stati in concorrenza con cartoni ellenistici semplificati notevolmente dagli artigiani locali. Per il tema degli stehende Soldaten i militari sul limes renano si sarebbero ispirati a modelli dalla Grecia. Sarebbero stati poi i veterani che avevano militato in Germania una volta ritornati in Italia ad introdurre qui questa iconografia, circa in età flavia.

1.6 Possibile origine delle stele renane

Degli anni ’70 è poi il contributo di Hanns Gabelmann22 che ha sicuramente il merito di

aver messo ordine nel complicato panorama di studi sull’arte del limes renano. È comprovato ormai che lo stile renano sia derivato dal reclutamento dei soldati dal nord Italia e che le radici di questo stile siano un misto di arte provinciale dell’Italia settentrionale, arte tardo repubblicana ed ellenismo. Fondamentalmente non c’erano differenze tra officine che producevano questo tipo di arte a fruizione militare e invece quelle che producevano manufatti per i civili, dobbiamo quindi immaginare una bottega che esperta in ambito militare e civile. Inoltre, per Gabelmann coloro che realizzano queste opere dovevano essere scultori esperti e non militari o indigeni. I migliori paragoni per questo stile comunque si ritrovano nei monumenti del nord Italia e nel sud della Francia, in cui pure il reclutamento fu molto massiccio nel I d.C. La tesi di

21 MANSUELLI 1965, passim. 22 GABELMANN 1972.

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25 Gabelmann si riferisce però alla tipologia di stele militari con defunti a mezzo busto, tipo che in Italia ha una grande diffusione, come abbiamo visto, soprattutto in ambito civile. Per quanto riguarda il tipo della stehende Soldaten invece, gli esempi dall’Italia all’epoca erano scarsi. Per i rilievi con Cavaliere e Todtenmahl, non ci sono dubbi nel collocare l’origine del tipo in Grecia.

Gerhard Bauchhenss23 nel 1978 analizza le tombe di soldati romani ritrovate in

Germania Inferior, nel circondario di Bonn. Parlando del gruppo di stele in cui figurano stehende Soldaten afferma che si debba rigettare la tesi per cui il modello sia importato dall’Italia del nord, infatti non si riesce a trovare lì alcun chiaro precedente del modello renano. La tomba dei Sertorii da Verona, che era stata presentata come un possibile modello, è infatti troppo tarda per costituire un modello, risalirebbe infatti alla metà del I d.C. quando già sul Reno si trovavano stele di questa tipologia. In Italia appaiono sporadicamente però delle stele con defunti stanti in abiti civili. Bauchhenss ritiene che questi rilievi siano derivati da statue funerarie e ispirati a modelli ellenistici. La stele con stehende Soldaten sarebbe invece un modello sviluppatosi autonomamente nella Germania Superior; solo pochi esemplari infatti provengono dalla Germania Inferiore e comunque per influenza di Mogontiacum. Nella Germania Inferior il tipo si estingue in epoca neroniana, mentre in quella Superior perdura anche nell’età flavia. Per Bauchhenss il tipo del soldato in piedi sarebbe un’iconografia creata dalla fanteria, mentre l’iconografia del cavaliere deriverebbe dai soldati cavalieri. In seguito, le stele con cavaliere si sarebbero arricchite di altri personaggi quando cominciarono a giungere anche sul Reno influssi ellenistici. Le stele renane però presentano tutta una serie di simboli e ornamenti che si rifanno all’arte sepolcrale italica. Questo a causa sia della committenza che delle officine presumibilmente in gran parte dal centro-nord

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26 dell’Italia. Ma il fatto di preferire un modello piuttosto che un altro per Bauchhnenss è dovuto solo al caso o alle scelte del committente, infatti, vediamo accostati elementi decorativi di origine ellenistica ad altri italici o orientali.

1.7 Precedenti italici di stehende Soldaten

Sergio Rinaldi Tufi24 affronta il problema dell’arte romana concentrandosi proprio

sull’iconografia degli stehende Soldaten. Vengono presentati alcuni esempi di stele, o presunte tali, che arrivano dall’Italia e potrebbero costituire un precedente alle stele renane. Come la stele di legionario da Albano Laziale25, ritrovata in reimpiego nel

portico di una chiesa, forse appartenente alla legio II Parthica26. O il monumento

funerario di Municius Lorarius da Padova di età augustea27. Ed ancora i frammenti di

monumenti funerari di soldati a figura intera da Fossombrone e Scoppito28. Per Rinaldi

Tufi questi pezzi non sono così abbondanti però, da poter individuare con certezza l’Italia come patria di questa iconografia, ma non si può nemmeno dire che sia da escludere un coinvolgimento italico nella diffusione dell’iconografia.

24 RINALDI TUFI 1984, pp. 16 e ss. e RINALDI TUFI 1988. 25 PICOZZI 1979, 167 e ss.

26 Si tratterebbe di una stele a edicola con al centro il defunto armato stante. Per Picozzi la stele a

edicola deriva da quella greca a naiskos, che si diffuse nelle province romana. La rappresentazione dei guerrieri stanti a figura intera su stele di periodo romano è anch’essa, per Picozzi, una derivazione greca.

27 FRANZONI 1982, pp. 47-51. Anche per Franzoni la soluzione formale della figura intera inquadrata

in una nicchia o in una pseudoedicola viene dalla Grecia ellenistica e che poi tramite i soldati italici trasmise questa iconografia arrivò fino al Reno.

28 REBECCHI 1980, pp. 108–130. I Militari italici dopo la fine del I d.C. traggono dal loro servizio un

motivo di vanto e proprio per questo decidono di farsi raffigurare in abito militare, armati e a figura intera. Secondo Rebecchi questo sarebbe dovuto all’influenza dei soldati sul Reno e in altre province di confine che già usavano questa iconografia. Un precedente però sarebbe la stele di Fossombrone del pretoriano

Cn. Orfius Seclator, databile al I d.C. Un altro soldato stante del Museo dell’Aquila, Q. Pomponius Proculus, sarebbe di epoca più recente.

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27 1.8 Il superamento del concetto di Soldatenkunst

Claudio Franzoni29 nella trattazione sui monumenti della Cisalpina romana, si occupa

anche dell’annosa questione dell’arte sul limes renano. Sembra essere chiarito il concetto per cui non è più accettabile parlare né di arte delle legioni né di arte dei soldati, dato che è ormai comprovato la differenza tra chi richiede stele militari, quindi i soldati, e chi le esegue, ovvero degli artigiani adattano all’ambito militare iconografie e tipologie monumentali che derivano sia dai territori circostanti che dalla propria fantasia. Il concetto di Soldatenkunst è rimasto però utilizzato nelle zone della Cisalpina, in cui la realtà di monumenti a tema militare non è così cospicua, considerando il fatto che l’area non fu interessata da insediamenti stabili di corpi militari come le zone d’oltralpe. L’iconografia del soldato stante in realtà potrebbe essere stata importata in Renania dalla Cisalpina, perché anche se in numero esiguo, sono comunque stati ritrovati dei monumenti con questa iconografia dal territorio padano, come la stele da Padova e la statua-stele di Cassacco. Dal centro Italia monumenti con questa iconografia non sono numerosi però abbiamo la stele da Fossombrone (prov. Pesaro), in cui il soldato è armato nella stessa maniera dei suoi colleghi renani, quindi con doppio cingulum e tunica bogenförmig geschürzte. La struttura di queste stele rimanderebbe alla stele ellenistica con figura intera che in ambito italico era diffusa già dall’età repubblicana. Quindi Franzoni suppone una normale evoluzione del tipo iconografico in cui si combinerebbero modelli ellenistici, tradizionali e innovazioni inserite di volta in volta in base ai committenti. Il risultato, creato in Italia e poi importato con ancora più successo sul Reno e sul Danubio, sarebbe ben lontano dalle stele ellenistiche con guerriero in combattimento. Nel dire che i soldati siano stati un veicolo per la trasmissione di questa iconografia, non viene ripristinato il concetto di “arte dei

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28 soldati”, ma si vuole affermare che gli stessi soldati nelle zone di confine sceglievano delle iconografie che ricordavano loro la cultura da cui provenivano.

1.9 La storia antica delle stele con stehende Soldaten

Michael Speidel30 nel 1976 analizza dei rilievi tombali su stele da Bisanzio ed affronta

anche il tema delle stele funerarie con soldato stante a figura intera rappresentato con le armi. Secondo lui il tipo iconografico del soldato stante sarebbe stato creato ad Atene nel VI secolo a.C., come suggerirebbe la stele di Aristion dello scultore Aristokles intorno al 510 e ritrovata vicino Maratona. La stele è in marmo pentelico e mostra tracce di policromia. Nella parte alta della base è un’iscrizione con il nome del defunto (Aristion) in caso genitivo. Aristion è rappresentato di profilo, con il corpo rivolto a destra. Indossa un chitone sotto la corazza, schinieri e un elmo di tipo attico. Tiene con la mano sinistra una lancia. Sotto i piedi del defunto una fascia iscritta orizzontale comunica che si tratta di un’opera di Aristokles. All’epoca di Augusto questo tipo di stele era migrato nel nord Italia da dove le reclute mandate a combattere sul Reno avrebbero introdotto il tipo in Germania. Questi rilievi in una zona densamente militarizzata come la Germania avrebbero avuto qui grande diffusione. Con gli spostamenti delle truppe poi, questa iconografia sarebbe arrivata in Britannia e in Pannonia, ma alla fine del I a.C questi rilievi perdono di favore nelle province occidentali e non vengono più utilizzati. Le aree della Grecia e del Mar Nero però avevano conservato l’antica usanza del VI sec. a.C. di rappresentare i defunti a figura intera e i soldati continuano a farsi ritrarre così. In questo caso però l’iconografia prevede di ritrarre il soldato non con l’armamento completo ma con una veste da campo che consta di tunica, cintura, mantello. Questa iconografia si diffonde

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29 nuovamente in Pannonia (stele di M. Aurelius Aviatianus, miles della Legio Adiutrix, 218 d.C. dall’Ungheria) e anche a Roma stessa in monumenti di pretoriani.

1. 10 L’arte renana è figlia dell’arte italica

Il contributo di Walburg Boppert31 mette forse le ultime parole alla vicenda. La

dipendenza dei rilievi sepolcrali renani dai modelli italici è ormai accettata per il tipo a mezzo busto. Nel caso del soldato stante, diversamente da quanto Gabelmann e Bauchhness affermano e cioè che il tipo iconografico sia originariamente sviluppato in Germania superiore, Boppert invece presenta monumenti italici di età augustea che posso fornire dei precedenti. Ciò dimostrerebbe la filiazione dell’arte renana da quella dell’Italia del nord. Per quanto infatti anche i monumenti dall’Italia di stehende Soldaten siano rari, dobbiamo pensare che i pochi esemplari, messi a fianco anche dei civili rappresentati stanti, non possono essere esclusi come modelli per le stele renane. Prima dell’arrivo dei romani sul limes renano non esisteva un tipo di scultura funeraria simile, quindi bisogna pensare che furono gli stessi soldati a portare con sé i modelli per le loro tombe o, secondo Boppert, si deve ritenere che alcuni di loro lavorarono esse stessi come scalpellini. I modelli di stele che possiamo ritrovare in Germania hanno quasi sempre un diretto antecedente in Italia del nord. Per quanto sia certa la dipendenza delle stele renane da quelle italiche è vero anche il contrario. Coloro che militarono in Germania, da veterani ritornarono in Italia portando con sé i modelli funerari che si erano nel frattempo sviluppati sul Reno. Rispetto alla varietà dei tipi iconografici italici, sul Reno soltanto alcuni di questi ebbero fortuna, per esempio i soldati preferivano farsi ritrarre in piedi con l’armatura e le eventuali onorificenze a vista. Molte spesso però la scelta di una determinata iconografia dipendeva dal budget

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30 del committente, quindi è anche possibile pensare che a volte si scegliesse la rappresentazione a mezzo busto per risparmiare. La raffigurazione più importante, infatti, era sicuramente quella a figura intera, tutte le altre sono semplificazioni. Le raffigurazioni a figura intera a Mainz sono diffuse dal I al III secolo, anche se solo nel I secolo la raffigurazione occupa tutta la stele. Nei secoli successivi invece il rilievo tende a ridursi sempre di più. A Mogontiacum e dintorni si può osservare un primo periodo in cui si tende a realizzare stele con una chiara partitura architettonica, ma in cui la figura del soldato è ricca di particolari ma goffa nelle proporzioni; si passa successivamente a stele in cui la parte architettonica è sempre meno importante e invece si dà maggior rilievo alla figura.

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CAPITOLO II

La Germania

La Germania è sempre stata un fronte di guerra. Prima ancora che arrivassero i Romani, i Germani erano venuti in contatto con i Celti intorno al secolo V-IV a.C. e questa era stata un’epoca incredibilmente prospera per queste tribù che si erano espanse sempre di più ai danni degli Etruschi32. Dai secoli III al I a.C. invece si

cominciarono a costruire aggregazioni tra diverse tribù germaniche le quali si espansero fino al bacino del Reno. Fu Gaio Giulio Cesare33, nelle sue campagne

militari contro la Gallia, a chiamare ‘Germani’ un’accozzaglia di tribù, clan ed etnie molto diverse tra loro che vivevano oltre il Reno. Cesare è anche la fonte romana più antica che ci permette di sapere come dovevano essere questi popoli prima della frizione con la cultura romana. Nella sua cronaca delle Guerre galliche, Cesare, si sofferma a descrivere le usanze dei Germani e quanto queste siano diverse da quelle dei Galli34. I Germani non sembrano avere sacerdoti che si occupino del culto; le

uniche divinità che adorano sono quelle che possono vedere, come Sole, Luna e Vulcano. Si occupano essenzialmente della caccia e della guerra, si lavano nei fiumi, non hanno pudore e non si sposano mai prima dei vent’anni. Per evitare che si spenga in loro la passione per la guerra, sono obbligati ogni anno a cambiare terra da coltivare così non nasce il loro il desiderio di sedentarietà e di pace. Compiere rapine fuori dai propri confini è considerato un segno di grande coraggio. I Germani erano dediti ad una vita semplice, di caccia e raccolta e producevano ceramica a mano, senza l’uso

32 BATTAGLIA 2013, 38.

33 Cesare, De bello gallico, passim. 34 Id., VI, 21-24.

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32 del tornio e sembra non avessero una vero e proprio sistema di scrittura35. Tra l’epoca

in cui scrive Cesare e quella di Tacito il commercio subisce uno sviluppo notevole con l’introduzione sul mercato di nuovi beni come vetro, bronzo, materiali tessili, vino, ceramica, armi e monete36. Tutto ciò fu possibile grazie al fatto che alcuni Germani

vennero arruolati nell’esercito romano e, pagati con il conio romano, poterono comprare beni che erano stati immessi sul mercato dai Romani stessi. Cambiò anche il sistema della proprietà privata, adesso singoli contadini possedevano pezzi di terreno che erano formalmente di loro proprietà. Le numerose campagne militari anticipate da Cesare, volute da Augusto e guidate dal futuro imperatore Tiberio, portarono la Germania sempre più vicina al mondo romano. Ben presto divenne una terra ricca di commercianti ed artigiani così come di soldati. La vita civile qui non fu mai disgiunta da quella militare. Accanto ai castra si cominciarono a creare insediamenti civili, le canabae, in cui mercanti, artigiani e le famiglie dei soldati vivevano stabilmente. Mercanti romani erano presenti anche ben oltre il Reno, presso i Suebi37, fortemente ostili a Roma e come disse anche Cesare «Sueborum gens est

longe maxima et bellicosissima Germanorum omnium 38 ». Il Reno costituì

un’importanza fondamentale come confine naturale oltre che politico ed è lungo il suo corso che vengono costruiti i numerosi campi legionari che costituivano l’avamposto romano per eccellenza. Le numerose campagne del I secolo non portarono però a veri e propri successi e con Tiberio l’avanzata dell’esercito romano fino all’Elba fu bruscamente frenata per ritornare all’antico e più saldo confine del Reno. E tale rimase anche sotto altri imperatori, sebbene con i Flavi e Traiano si volle avanzare sulla riva

35 THOMPSON 1965, 7. 36 Id., 23.

37 ROMANELLI 1976, 33.

38 Cesare, De Bello Gallico, IV, 1.3; “i Suebi sono il popolo più numeroso e il più bellicoso di tutta la

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33 destra del fiume39. Per quell’epoca, insieme agli indigeni, coabitavano quattro legioni

nella Germania Inferior e quattro in quella Superior, nonché un vasto numero di ausiliari. La maggior parte di questi soldati proveniva dall’Italia settentrionale, dalla Gallia Narbonese, che furono fondamentali nella circolazione in Germania della cultura ellenistica e romana. Le canabae diventarono sempre più popolate da diventare vici e anche coloniae. Colonia Claudia Ara Agrippinensium fu fondata nel 50 ed oltre ad essere la prima colonia romana su suolo germanico, fu anche un importante simbolo di romanizzazione, con la costruzione degli edifici cardine di ogni città romana. Aveva anche perso del tutto la sua valenza militare dato che le sue legioni erano state trasferite a Bonna e Novaesium40. Anche altri avamposti militari, come Mogontiacum,

Castra Vetera, Argentoratae e Novaesium assunsero una forma più stabile con costruzioni in muratura. Solo per quanto riguarda Mogontiacum, si erano originati quattro gruppi di canabae, due vicino al principale campo legionario, uno a Weisenau e l’ultimo a nord-est del campo dove intorno agli anni 60 verrà eretta la Juppitersäule di Samo e Severo, due artisti locali. Dalla fine degli anni 20 alla morte dell’imperatore Nerone nel 68, i rapporti tra romani e popoli germanici attraversarono un periodo di pace, integrazione e sviluppo41. Gli accampamenti più importanti come quello di

Vetera, Mogontiacum e Bonna vennero però nel 69/70 sconvolti da una serie di ribellioni, defezioni di corpi ausiliari e dagli sconvolgimenti che seguirono la morte di Nerone, ovvero la nomina ad imperatore di Vitellio per opera delle truppe della Germania Inferior o l’insurrezione dei Batavi guidata da Giulio Civile, uno dei capi locali. Accampamenti, come Argentoratae, che furono distrutti in questo periodo vennero ricostruiti prontamente da Vespasiano che creò anche tutta una serie di posti

39 ROMANELLI 1976, 36. 40 Id.,39.

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34 fortificati lungo il Reno, dall’odierna Strasbourg a Mainz e cosa ancora più importante creò un sistema stradale che li collegava, definendo in modo sempre più tangibile il limes. Con la costruzione di insediamenti sempre più stabili e pacificati, luoghi con una tradizione bellica quasi secolare come Mogontiacum e Argentoratae divennero sedi di controllo e di governo della frontiera e importanti centri civili. Questo portò poi alla trasformazione del territorio in due province, Germania Inferior, da Rigomagus (oggi Remagen) a Vetera (Xanten) che includeva il territorio della Germania del Nord, e Germania Superior, che comprendeva il medio e alto corso del Reno e che aveva sotto la sua giurisdizione nuclei di grande importanza come Mogontiacum, Argentoratae, Noviomagus. Da Vespasiano almeno al regno di Antonino Pio (161) vi fu un periodo di pacificazione e consolidamento del limes, che divenne il confine più lungo dell’Impero42. La frontiera contro i Germani aveva inizio sul Reno e fine sul Danubio,

l’ultima parte di queste venne appunto costruita intorno al 152-4 durante il regno di Antonino Pio quando il confine della Germania Superior venne avanzato di una trentina di chilometri per inglobare una fertile area agricola43. Questa frontiera, che per lunghi

tratti era solo formata da palizzate lignee e solo in alcuni casi venne completata da trincee, venne costruita in un periodo in cui i Germani non costituivano una vera minaccia e pertanto la frontiera in sé non serviva come difesa o barriera vera e propria. Intorno ad essa e alle guarnigioni era nata ormai una società mista, formata anche da soldati che una volta congedati sceglievano di rimanere in quei territori. Alcuni di loro si dedicavano al commercio della pietra, del legno o dei generi alimentari. Infatti, nelle due province erano stanziati almeno 40.000 soldati, che necessitavano di cibo, armi,

42 Id., 56.

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35 suppellettili varie. Tutto ciò era fornito da un interscambio commerciale tra le terre germaniche e il Mediterraneo44.

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2.1 Mogontiacum

Nella zona dell’alto Reno, alla foce del fiume Meno, erano una serie di altopiani calcarei, che attorno non presentavano la scomoda presenza di paludi45. Su una

terrazza in questi luoghi, sulla riva sinistra del Reno, i Romani trovarono il punto perfetto per creare una base militare che rimarrà solida per almeno 380 anni46. Si

trattava di quella che oggi è la città di Mainz, nella Germani occidentale, e che al tempo dei romani era Mogontiacum. L’altopiano sulla quale fu fondata era alto circa 50 m sul livello del fiume ed era particolarmente favorevole perché a nord-ovest degradava in modo molto rapido sui fianchi e questa rappresentava una ulteriore sicurezza naturale per il campo. Sul lato sud-est invece è ipotizzata una protezione artificiale, come un fossato47. Il campo legionario sembra sia stato creato durante le campagne di Druso

contro i Frisoni e i Cherusci, tra il 12 e l’11 a.C., e in preparazione delle campagne contro i Chatti e i popoli dell’Elba nel 10-9 a.C. Quindi dobbiamo immaginare che il campo di Mogontiacum sia stato creato tra il 13 e il 10 a.C.48. Questo campo sarebbe

da individuare nella zona alta di Mainz, che oggi si chiama Kästrich (dal latino castrum). Ma fin dalla sua creazione non fu il solo luogo dove trovarono posto le legioni. Un altro campo, a 4 km dal Kästrich, doveva essere nella località di Weisenau, oggi un distretto alle porte di Mainz. La ceramica ritrovata presso un antico cementificio a Weisenau, dove si ritiene fosse il campo, ha provato che la zona era già abitata dal romani nell’epoca di Augusto o al più tardi di Tiberio49. Sembra che fosse ampio 12 ettari e

anche se forse all’inizio venne creato come campo per gli ausiliari, dobbiamo ritenere

45 BAATZ 1962, 68. 46 ESSER 1972, 214. 47 BAATZ 1962, 68. 48 ESSER 1972, 214. 49 BAATZ 1962,81.

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37 che abbia ospitato anche delle legioni50, probabilmente dagli anni delle campagne

germaniche volute da Caligola51.

Non si sa molto della topografia interna dei vari campi di Mogontiacum. Del Kästrich si può dire che le originali costruzioni in legno vennero sostituite da altre in pietra sicuramente dopo il 90/92 d.C. quando il legatus di Mogontiacum divenne Legatus Augusti pro praetore provinciae Germaniae superioris52. In questa occasione

dobbiamo immaginare una grande monumentalizzazione dell’area del campo con la costruzione anche di balnea per l’esercito. È chiaro comunque come siano stati gli aspetti militari a cambiare il quadro topografico di Mogontiacum. La grande concentrazione dell’esercito romano rappresentava una notevole attrattiva per i civili che vivevano nelle zone limitrofe che scelsero di vivere intorno ai campi legionari e ausiliari per avere da un lato la protezione dell’esercito, ma dall’altro per avviare attività commerciali. Insediamenti di civili erano a Weisenau, Bretzenheim e Zahlbach, ma anche a sud-est e sud-ovest del campo legionario del Kästrich. Un altro insediamento di civili era presso Dimesse, il porto romano fluviale di Mogontiacum53. La città, che

guadagnò una grande importanza quando divenne il capoluogo della provincia della Germania Superior, venne invasa dalle tribù germaniche quando il limes crollò intorno al IV-V secolo.

Le legioni che furono di stanza a Mogontiacum sono: legio XIV Gemina e legio XVI Gallica dal 13/10 a.C. al 43 d.C., legio IV Macedonica e legio XXII Primigenia dal 43 al 70 d.C., legio XIV Gemina Martia Victrix e legio I Adiuxtrix dal 70/71 al 86 d.C., legio XIV Gemina Martia Victrix e legio XXI Rapax dall’86 al 90 d.C., legio XIV Gemina

50 BOPPERT 1992, 1. 51 ESSER 1972, 218. 52 Id., 215.

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38 Martia Victrix dal 90 al 92 d.C., legio XXII Primigenia Pia Fidelis dal 92 al 370 d.C.; inoltre, nel territorio di Mogontiacum erano contemporaneamente stazionate altre legioni ovvero: legio II Augusta e legio XIII Gemina dal 9 al 17 d.C., legio XV Primigenia nel 39/40 d.C. e legio XXI Rapax tra l’83 e l’86 d. C.54.

Le unità ausiliari che avrebbero servito Mogontiacum sono invece: I Asturum et Callaecorum, III Aquitanorum, I Ituraeorum, II Raetorum, IIII Vindelicorum55.

54 Id., 213-214. 55 SPAUL 2000, 577.

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