• Non ci sono risultati.

Annaius Daverzus Ritrovamento:

Catalogo delle Stele

15. Annaius Daverzus Ritrovamento:

La stele è stata ritrovata nel settembre del 1859 a Bingen-Bingerbrück348, presso il

fiume Nahe, durante i lavori di costruzione di un ponte della ferrovia Rhein-Nahe349. In

quel luogo sorgeva un monastero benedettino, Rupertsberg, che venne distrutto proprio per far spazio alla stazione ferroviaria. Insieme alla stele di Annaius, vennero ritrovate la stele di Bato, miles ex cohorte IIII Delmatarum350, Breucus, miles ex cohorte

I Pannoniorum351, Hypenaror, miles cohortis I Sagittariorum352, quella di Scenus, miles

ex cohorte I Pannoniorum353 la stele di una madre e un figlio Iulia Quinta e Tiberius

Iulius Severus354 e due stele iscritte355.

Materiale: Pietra arenaria

Misure: la stele misura 2,07 m di altezza, 81 cm di larghezza e 26 cm di spessore. Iscrizione:

Annaius, Pravai f(ilius), Daverzus, mil(es), ex coh(orte) IIII Delmatarum; ann(orum) XXXVI, stipend(iorum) XV; h(ic) s(itus) e(st); h(eres) p(osuit)356

Stato di conservazione:

348 SCHMIDT 1860, 213.

349 CIL XIII, 7520 riporta il resoconto di Schmidt per l’anno 1860 del ritrovamento simultaneo di almeno

sette stele, durante i lavori di costruzione del ponte.

350 CIL XIII, 7508. 351 CIL XIII, 7510. 352 CIL XIII, 7513. 353 CIL XIII, 7511. 354 CIL XIII, 7520. 355 CIL XIII, 7516, 7519.

356 “Annaius Daverzus, figlio di Pravai, soldato della ex coorte IIII Delmatarum, morto a trentasei anni,

128 La stele è conservata interamente, anche se dei tre leoni acroteriali che erano accucciati agli angoli e al centro del lato superiore della stele, come si può vedere dalle fotografie di Esperandieu357, sono rimaste poche tracce come le zampe. Il volto del

soldato ha subito dei danni nella zona del naso, della bocca e del mento. Ci sono delle piccole crepe nella figura, soprattutto nelle pieghe della tunica e del mantello.

Descrizione:

La stele è di forma rettangolare all’interno della quale è una nicchia ad arco che ha la forma di una conchiglia. La cornice interna della nicchia è una fascia liscia, quella esterna invece è un cordoncino attorcigliato. I due angoli risparmiati dalla nicchia presentano la decorazione a «rosetta triangolarizzata». A quella di destra si sovrappongono le due lance che il soldato tiene in mano. La parte inferiore della nicchia è piatta e contraddistinta da segni dello scalpello. La parte inferiore della stele è riservata all’iscrizione, che però non presenta nessuna cornice. In questa stele è ben espresso il tipo architettonico della nicchia a conchiglia358 in cui l’edicola esterna che

presentava complessi apparati architettonici come colonne, frontone e architrave, qui è sparita, quasi inglobata dalla nicchia stessa. Questa tipologia sembra essersi sviluppata nei laboratori di Colonia che utilizzò nell’ambito delle stele funerarie un modello architettonico che riprendeva l’usanza romana di inserire statue funerarie all’interno di nicchie. Secondo Gabelmann, questa tipologia architettonica è un invenzione renana, che si distacca dagli esempi di stele dalla Cisalpina.

Il soldato è rappresentato in piedi, stante ed occupa con la sua altezza tutto lo spazio disponibile della nicchia, lasciando appena qualche centimetro tra cima della testa e l’umbone della conchiglia. Il volto di Annaius è lungo e ben definito in ogni sua parte,

357 ESPERANDIEU 1922, n. 6125. 358 GABELMANN 1972, 104 e ss.

129 anche se rovinato. Gli occhi e le palpebre sono rese con una forte profondità che dà alla figura intensità. Sono enfatizzate le rughe di espressione sulla fronte e quelle degli zigomi. I capelli sono resi con ciocche a blocchetti romboidali che ricadono sulla fronte. C’è una certa ponderazione nella figura. La gamba portante della figura è la sinistra, mentre la destra si apre verso il lato destro piegandosi. Il braccio destro è piegato e regge le hastae, quello sinistro è steso e tiene l’impugnatura di uno scutum non riconoscibile, forse doveva essere reso in pittura. Il defunto indossa sopra la tunica un sagum. Questo indumento359 era in origine un mantello usato da diverse popolazioni

barbariche Come Iberici, Liguri, Galli e Germani che poi venne acquisito come costume anche dai Romani e divenne comune anche nel mondo militare. Si trattava di un semplice pezzo di stoffa, di qualsiasi dimensione e foggia, che veniva fissato sulla spalla e tenuto insieme grazie ad una fibula. In questo caso sul davanti, il mantello crea un arco e si arrotola sulla spalla sinistra ricadendo sulle spalle del defunto, dove scende in una serie di pieghe e termina con un altro arco dietro le ginocchia. Sotto il sagum è invece una tunica a maniche corte, della tipologia bogenförmig geschürzt in cui le pieghe formano dei cordoncini, ovvero nella tipologia della Kordenfalten. Le stele che presentano similitudini con quella di Annaius vengono inserite nel cosiddetto «gruppo di Annaius»360, che sarebbe caratterizzato tra le altre caratteristiche proprio

dalla Kordenfalten, quindi dalla resa delle pieghe in forma di tuboli o cordicelle. Sopra i due cingula incrociati si vede una striscia di tessuto che sembra appartenere alla tunica stessa per la presenza delle stesse pieghe tubolari, in cui si infila una tavoletta di forma verosimilmente rettangolare, che può essere una tessera361, una tavoletta da

359 UBL 2013, 305 e ss.

360 Con questa definizione si suole intendere l’insieme di stele ritrovato nella zona di Bingen-

Bingerbrück, che oltre ad avere un contesto di ritrovamento comune hanno anche stessa impostazione della figura, stesso stile e modo di rappresentare gli indumenti dei soldati; cfr. RINALDI TUFI 1988, 77 e ss.

130 scrittura362, un astuccio per le comunicazioni di servizio363 o ancora come Boppert364

ipotizza per Flavoleius, che porta lo stesso oggetto, una borsa per oggetti personali. I due cingula in pelle sono riccamente decorati da lamine metalliche rettangolari ognuna decorata da una rosetta a rilievo. La cintura che scende dal fianco sinistro verso il basso è quella che regge il gladius; se ne riesce a scorgere sulla destra la fibbia a forma di D che punta verso la sinistra del soldato, da questa fibbia pende una linguetta con dei rivetti tondi incisi. All’altro cingulum invece sulla sinistra è appeso il pugio, che è preceduto da un disco rotondo decorato da un cerchio concentrico ed un umbone al centro, che era il punto in cui si attaccava il pugnale. A questa cintura è probabilmente attaccata la placchetta rettangolare che regge le otto cinghie che compongono gli pteryges che presentano sedici rivetti tranne le ultime sulla sinistra che ne hanno diciassette. Le cinghie terminano in una placca rettangolare terminante in una cerniera a cui si attacca il pendente a forma lanceolata. I pendenti terminano tutti allo stesso livello toccando il bordo della tunica anche se in realtà la placca a cui si attaccano gli pteryges pende sulla sinistra e quindi dovrebbe essere visibile un dislivello che viene colmato inserendo un rivetto in più nelle due cinghie sulla sinistra del soldato. Gli pteryges in questo caso sono molto lunghi e numerosi. Come si è visto, non possiamo considerarli come un elemento protettivo del ventre del soldato proprio perché le cinghie mobili degli pteryges erano poco utili a proteggerlo da un colpo diretto di spada, lancia o freccia, erano per di più molto fragili e si disintegravano facilmente365. Per

completare gli armamenti del soldato si vedono ai piedi le strisce centrali delle caligae, mentre il resto della calzatura doveva essere reso con la pittura. Il pugio appeso sulla sinistra del soldato presenta lungo il fodero degli anelli, tre per lato, che servivano per

362 HOSS 2014, n. 22. 363 FRANZONI 1987, 43. 364 BOPPERT 1992, 92.

131 tenerlo fisso sul fianco. Il fodero è decorato con due lamine metalliche che presentano la stessa decorazione dei cingula con una rosetta stilizzata, la punta invece presenta delle linee che convergono verso la punta del fodero. Il gladius è molto più semplice e se guardato lateralmente sembra piegarsi per adattarsi al fianco del soldato.

I lati della stele di Annaius sono decorati da due figure speculari del frigio Attis, vestito dei consueti abiti frigi ovvero berretto e pantaloni lunghi, indossa anche una tunica a maniche lunghe con un mantello che scende sul retro della figura in una piega ad arco. Il culto di Attis366 è strettamente legato a quello della Grande Madre Cibele ed appare

in Grecia già dalla fine del IV sec. a. C.; a Roma il culto sarebbe giunto nel 204 a.C. quando una pietra rappresentante la Mater Idaea venne trasportata dalla frigia Pessinunte fino al Palatino in un momento di grande difficolta durante le guerre contro i Cartaginesi. A Roma però gli aspetti più estremi del culto, come i riti orgiastici e l’evirazione dei sacerdoti della dea, verranno tenuti nascosti o fortemente limitati. Le molteplici leggende su Attis367 sono legate alla sua tragica morte a cui segue la

miracolosa conservazione delle sue membra che per concessione di Zeus rimarranno intatte e data la sua prematura dipartita, diventa il simbolo di tutto ciò che nasce e perisce prima di giungere a completa maturazione, nonché di una morte violenta. La figura di Attis è strettamente connessa al mondo vegetale368; il pino a Roma, insieme

ad altre conifere come il cipresso e l’alloro369, era un albero tipicamente funerario e

rappresentava Attis stesso che seppur morto rivive sotto forma di albero. Proprio in questo aspetto di rigenerazione e resurrezione dev’essere letta l’iconografia funeraria

366 SCARPI 2002, 262 e ss.; LANCELLOTTI 2002,75 e ss. 367 Cfr. SCARPI 2002, 270 e ss.

368 Secondo il mito Attis venne generato dalla figlia del fiume Sangario dopo aver mangiato una

mandorla o un melograno, o comunque la pianta che era nata dall’evirazione del demone figlio di Zeus, Agdistis. Inoltre, Attis è anche connesso al pino, pianta sacra a Cibele, sotto il quale il giovane si evirò. Secondo alcuni mitografi dell’antichità lo stesso Attis si sarebbe trasformato in un pino.

132 del giovane Attis. Inoltre, è l’imperatore Claudio ad introdurre il culto di Attis nella religione ufficiale romana370 ed è quindi sotto questo imperatore che la sua iconografia

comincia a diffondersi anche in ambito funerario in tutto l’Impero Romano. Il medesimo tema si ritrova anche sui laterali della stele di Tiberius Iulius Abdes371, miles ex cohortis

I sagittariorum. Hatt372 fa notare come in due stele di soldati ausiliari provenienti dalla

Dalmazia, il primo, e dalla Siria il secondo, sia presente un’iconografia di origine orientale. L’introduzione della figura di Attis all’interno del repertorio iconografico avviene appunto dall’età claudia, ma solo in certe tombe di soldati ausiliari e sembra alludere all’immortalità che veniva promesse ai fedeli dei misteri di Cibele373. La figura

di Attis, diffusa in Aquitania, Germania e Gallia Narbonese, evoca quindi l’idea della salvezza dopo la morte.

Per quanto riguarda invece i leoni che erano posti sulla parte superiore della stele, essi possono avere due significati principali. Principalmente può significare il potere distruttivo della morte che ha sconfitto anche il defunto374. Dall’altra parte, il leone

rappresenta il fuoco, che è l’elemento purificatore per eccellenza, quello attraverso il quale l’anima del defunto deve passare per liberarsi delle sue colpe e raggiungere la salvezza375. Il leone nell’arte funeraria romana è anche il simbolo della vittoria

dell’uomo sul potere della Morte376.

Leggendo l’epigrafe si ritrova la preposizione ex prima dell’unità di appartenenza del soldato. Come abbiamo visto in precedenza, la formula miles ex cohortis è sintomatico di una datazione preflavia377. Così come la locuzione hic situs est che in territorio

370 HATT 1986, 148. 371 CIL XIII, 7514. 372 HATT 1986, 148. 373 Id., 393. 374 Id., 406. 375 STRONG 1915, 192-193. 376 TOYNBEE 1973, 65 e ss. 377 HOLDER 1980, 144.

133 renano scompare proprio con l’età dei Flavi. Questo tipo di locuzione è stata già incontrata nella stele di Genialis, imaginifer della cohors VII Raetorum equitata. Si tratta di una preposizione che raramente si incontra riferita a legionari e mai a cavalieri378. Secondo Speidel si tratterebbe di una espressione tipica di una lingua

barbarica da campo che si diffuse sul Reno nel I sec. d.C. ma che poi sparì.

Il defunto apparteneva alla coorte IIII Delmatarum. Le unità provenienti dalla Dalmazia vennero create dopo la soppressione della rivolta pannonica379 (6-9 d.C.). Si pensa

che questa coorte ebbe la stessa storia della I e della II cohors Delmatarum, le quali furono trasferite in Britannia nel 43 d.C. o nel 61 in occasione della rivolta di Boudicca380. L’unità è certo che fu di stanza anche in Germania nel I secolo, come

provano le stele da Bingen e Bingerbrück appartenenti ai tre soldati Annaius, Bato381

e Breucus382. In seguitò si recò in Britannia e infine la mancanza di tracce della coorte

nel II e nel III secolo fa credere a Spaul che sia stata amalgamata alla cohors I Pannoniorum et Delmatarum equitata cuium Romanorum che si trova in Germania Inferior dal 127 d.C.383 . L’epigrafe di Annaius aggiunge al nome del defunto una sorta

di cognomen, Daverzus, che indicherebbe un popolo che viveva sotto la giurisdizione della città di Narona, in Illyricum, oggi in Croazia.

La stele di Annaius è stata al centro di un dibattito che ne voleva identificare la bottega di origine, ma anche la nascita e diffusione del tipo di stele a nicchia384. Il dibattito

nasce per spiegare come mai il tipo della stele a nicchia abbia avuto un così ampio utilizzo nella zona del Reno e come vada interpretata la grande unità tipologica in zone

378 SPEIDEL 2009, 466. 379 HOLDER 1980, 112. 380 SPAUL 2000, 307. 381 CIL XIII, 7508. 382 CIL XIII, 7509. 383 SPAUL 2000, 307. 384 GABELMANN 1972, 109.

134 anche distanti tra loro. Gerster385 pensava che l’invenzione della stele a nicchia fosse

da ascrivere a quella che lui chiamava «bottega di Annaius», ipotizzando quindi un unico laboratorio come unico centro produttivo delle stele a nicchia. Sia Schoppa che Gabelmann si sono opposti a questo approccio nel quale non vengono indagati né i contesti stele per stele, né lo stile di esse. Attorno al gruppo di Annaius possono per gli studiosi essere ascritte solo le stele provenienti da Bingen e Bingenbrück. Per Gabelmann bisognerebbe pensare ad un laboratorio sviluppatosi intorno a Niedern- Ingelheim, capoluogo del circondario di Mainz-Bingen. Si ritiene anche che il gruppo di Bingen-Bingenbrück abbia degli elementi di concordanza con le stele da Mainz, come se le due botteghe avessero lavorato a stretto contatto oppure bisogna credere che la bottega di Mogontiacum importasse le stele che produceva in tutto il circondario386. Il tipo iconografico del soldato stante entro nicchia a Mainz ha il suo

primo esempio nella stele di Flavoleius con cui quella di Annaius ha forti assonanze oltre che nell’iconografia anche nella resa stilistica delle pieghe di tunica e sagum, che appaiono quasi come repliche a detta di Gabelmann387.

Datazione:

Per Schoppa la stele di Annaius va datata al 50 d.C.388. Per Gabelmann la stele ha

come terminus ante quem il 61 d.C.389. Per Holder Annaius venne reclutato nella sua

unità durante l’età tiberiana (14-37) e morì tra la fine dell’età tiberiana e l’età claudia (41-54)390. 385 GERSTER 1938, 60 e ss. 386 GABERLMANN 1972, 112. 387 Id., n. 138. 388 SCHOPPA 1965b, 57. 389 Id.¸ 113. 390 HOLDER 1980, 306, n.1383.

135

16. Hyperanor