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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.04 (1877) n.144, 4 febbraio

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L ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno IV - Voi. VII

Domenica 4 febbraio 1877

N. 144

Un nuovo porto sul mare del Nord (Ymniden)

Mentre in Oriente da un piccolo popolo, che tenta di conquistarsi l’ indipendenza, si minaccia seria­ mente la pace d’Europa, sul punto opposto del con­ tinente una piccola nazione, di cui le attitudini e la pazienza laboriosa hanno prodotto meraviglie, in­ tende unicamente a dare maggiore sviluppo al suo commercio, aprendogli nuove vie, e ad ingrandire pacificamente il suo territorio facendo nuove con­ quiste sul mare; conquiste non meno gloriose e più durevoli di quelle che avrebbe potuto fare per mezzo della guerra.

Gli olandesi, non contenti di essersi protetti con una cintura di dighe che forzano le onde del mare a ritirarsi, trovandosi troppo ristretti nel suolo che doveva nutrirli e minacciati ad ogni istante di esser sepolti sotto le acque non esitarono ad intrapren­ dere il prosciugamento del lago di Harlem. Questa operazione sorprendente per l’epoca in cui fu co­ minciata (1840) ha fatto riacquistare 18,000 ettari di terreno, oggi coltivato, di una fertilità meravi­ gliosa. Incoraggiati da questo primo successo i Paesi Bassi hanno continuato senza posa quei lavori di ogni genere, che hanno loro valso grandissima ri­ putazione.

La costruzione di canali, la rettificazione del letto e della foce della Mosa e del Reno, il taglio del

Iìoek vati Holland (1), il canto dell’ Olanda, per

facilitare l’entrata e l’uscita a migliaia di navi, non fu che un giuoco per quel popolo industrioso ed intraprendente, senza parlare delle sue strade ferrate

(1) Il canale taglia per metà il canto di sabbia che forma l’estrem ità settentrionale delle bocche della Mosa e fa passare per questa via la maggior massa d’acqua del fiume. Sopprime in tal modo gli ostacoli che incontravano le navi che andavano da Rotterdam al mare: esse potranno d’ora innanzi prendere il largo, con qualunque tempo, senza do­ vere aspettare la marea. Oltre a ciò essendo scor­ ciata la distanza, le spese pel rimorchio sono sen­ sibilmente diminuite.

e dei suoi bellissimi ponti sul Mocrdik e sulla Mosa- Fra i lavori marittimi,. ve no ò uno che per le straordinarie difficoltà inerenti al suolo presenta un carattere speciale. È questa il nuovo canale clic unisce Amsterdam al mare del Nord.

Inaugurato il 1° novembre 4870 in presenza del re Guglielmo III, dei ministri, del Corpo diploma­ tico e delle autorità civili e militari, il nuovo ca­ nale è destinato se non a rimpiazzare quello del­ l’ Olanda settentrionale, almeno a rimediare agli inconvenienti che presentava questo canale, costruito dal 1820 al 1825 per dare accesso al porto di Amsterdam, il quale prima di quell’epoca non co­ municava con l’Oceano che pel Zuyderzee. Ma con con questo canale si allungava d’assai il percorso dovendo le navi arrivare fino a Helder ; inoltre la sua navigazione era spesso interrotta per causa del diaccio durante l’ inverno e siccome non poteva contenere le navi che pescassero 5 metri, non era più in rapporto con la grande navigazione d’oggi- giorno. Era dunque necessario di stabilire una nuova comunicazione fra la metropoli dell’Olanda ed il mare del Nord e siccome il golfo dell’ Y sul quale Amsterdam è situata è separata dall’ Oceano soitanto da una lingua di terra di 5 chilometri fu deciso nel 1865 la creazione di un nuovo canale in que­ sta direzione. Quest’idea venne per la prima volta in mente al re Guglielmo I nel 1816.

Perchè l’operazione fosse fruttifera si risolvette di creare al tempo stesso un porto sul mare del Nord, di chiudere l’ ingresso dell’Y con una diga all’ est di Amsterdam e di prosciugare, per colti­ varli poi, i bassi fondi del golfo dai due lati del canale, che si chiuderebbe alle estremità con delle cateratte. Dalla vendita di questi terreni si presume possa ricavarsi tanto da ridurre le spese in modo sensibile.

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126 L’ E C O N O M I S T A

4 febbraio 1877 Il porto sul mare del Nord è stato formato per

mezzo di due gettate lunghe 1550 metri; alla loro origine sono distanti luna dall’altra 1200 metri e convergono l’una verso l’altra fino alla distanza di 600 metri racchiudendo un’area di 120 ettari. Al­ cuno difficoltà di dettaglio hanno ritardato il compi­ mento dei lavori durante due anni ed hanno resa necessaria una modificazione della convenzione con­ elusa fra lo Stato e la Compagnia concessionaria dell’ intrapresa. In compenso dei lavori straordinari che essa ha dovuto eseguire, il Governo olandese ha accordato alla Società una sovvenzione di 7 mi­ lioni di franchi e la città -di Amsterdam ha pagato una eguale somma dopo il compimento dei lavori.

La costruzione delle gettate, di lunghezza supe­ riore a 1500 metri ha incontrato gravissime diffi­ coltà. Certe parti sono state ricostruite sette volte.

Il giorno della inaugurazione questo porto ha rice­ vuto il nome di Tmuiden o bocca dell’Y.

Paragonando le dimensioni del vecchio canale, che andava da Amsterdam a Helder, Con quelle del nuovo, si vedono chiaramente tutti i vantaggi che presenta quest’ ultimo.

Infatti il gran canale dell’ Olanda settentrionale ha una lunghezza di 78 chilometri e mezzo, una larghezza nel fondo di metri 9 42 e alla superficie di metri 37 62 e una profondità di metri 5 66, mentre che il canale diretto non ha che 25 chilo­ metri di lunghezza e presenta una larghezza nel fondo di 27 metri e alla superficie di 60 metri con una profondità di metri 7 50. — Si estende dalla spiaggia di W yk aan Zee verso i terreni al nord di Velzen e quindi per il Wykermeer traversando l’Y raggiunge Amsterdam. Nove canali laterali lo mettono in comunicazione coi villaggi di fìeverroyk, Spaarndam, Mauerna, Westzaan, Halfroeg, Zaandam, Bardegat e Oostzaan e servono allo scolo delle acque piovane.

Le acque del canale separate dallo Zuyderzee e dal mare del Nord con delle cateratte (I) scolano in mare nelle ore di bassa marea, oppure sono pompate con una macchina elevatrice della forza di 575 cavalli. Tutti i terreni situati sull’ Y all’ovest di Amsterdam e che rappresentano una superficie di 5000 ettari sono disseccati : essi sono tanto fertili che si possono ottenere sette raccolte successive senza bisogno di concimi. Alcuni lotti hanno trovato acquirenti all asta pubblica al prezzo elevatissimo

(1) Le cateratte del canale a Schellingwoude sono libere, perchè l’atto di concessione non perm ette alla Compagnia di riscuotere un pedaggio.

Al di là di Welzen a 1100 metri dalla costa situ ate le due grandi cateratte di cui la più grande è lunga ISO metri e può contenere le navi di mag­ giore tonnellaggio.

di 3000 e 3500 fiorini l’ettaro, vale a dire 7000 e 8000 franchi.

Dal 2 novembre il nuovo canale è aperto alle navi che pescano poco (42 decimetri a marea bassa 50 a marea media) ossia 1’ Amsterdamsche Peil, vale a dire il livello di Amsterdam. Si continua tuttora a scavarlo e quando avrà raggiunta la pro­ fondità fissata, il porto di Ymuiden sarà il solo da Cherbourg alla Norvegia, nel quale le navi di forte tonnellaggio ed anche le navi corazzate da guerra potranno entrare durante la bassa marea di equi­ nozio.

Il socialismo contemporaneo in Germania

Sotto quésto titolo E. de Laveleye ha continuate i suoi studi nella Revue des deux Mondes. Noi ri­ ferimmo in sunto ciò che egli aveva scritto intorno a vari socialisti e particolarmente a Karl Marx. In quella occasione parlammo anche di Lassalle, ma non dispiacerà ai nostri lettori se noi diamo un ra­ pido cenno di quel che ne scrive il Laveleye.

Ferdinando Lassalle è considerato dai suoi ade­ renti come il Messia del Socialismo. È un vero culto che gli hanno tributato in vita e dopo morte. Lo paragonano a Cristo e credono che le sUe dot­ trine rinnoveranno il mondo come il Cristianésimo rinnovò la società antica.

In sostanza Lassalle non disse nulla di nuovo ; volgarizzò le idee di Blanc, di Proudhon, di Rod- bertus e soprattutto di Karl Marx, ma appassionato ed eloquente portò il socialismo dai libri nelle piazze e nelle officine. In due anni agitò tutta la Germa­ nia, esercitando un fascino pari a quello di Abe­ lardo. Dappertutto lasciava il germe di Società ope­ raie. La sua vita è un romanzo.

Israelita di origine, nacque a Breslau l’i l aprile 1825. Disgustato degli studii Commerciali, seguì i corsi univeisitari e ben presto concepì molto af­ fetto per gli studii economici. Hegel fu il suo mae­ stro nelle elevate regioni del pensiero; in politica , adottò le idee più radicali della giovine Germania.

Nel 1845 si recò a Parigi e vi fu bene accolto da Arrigo Heine, che scriveva di lui in una let­ tera : « È un vero figlio dei tempi nuovi, che non conosce nulla di quella abnegazione e di quella modestia di cui noialtri abbiamo fatto professione con più o meno ipocrisia. Egli appartiene ad una generazione che vuol godere e dominare. »

A Berlino ebbe liete accoglienze. Humbold che lo chiamava il figlio prodigo lo amò molto.

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4 febbraio 1877 L’ E C O N O M I S T A

127 Nel novembre 1848 fu arrestato come provoca­

tore alla guerra civile. Si difese, facendo appello ai principii della rivoluzione francese. Assoluto dalle Assise, fu poi imprigionato per sei mesi per resi­ stenza alla polizia.

Meditò le questioni sociali e scrisse un dramma mediocre per provare che i grandi mutamenti sto­ rici si sono sempre compiuti « col ferro e col fuoco. » Portava fino al fanatismo l’ idea della unità germa­ nica. Nel 1839 pubblicò un opuscolo sulla Guerra

d Italia e la missione della Prussia, in cui esponeva

alla democrazia il piano che Bismark espose più tardi al re di Prussia. L’uno e l’altro credevano che Napoleone III facesse gli affari dell’unità tede­ sca col favorire l’unità italiana.

Pubblicò un lavoro su Eraclito, uno studio lette­ rario su Lessing e una sapiente opera giuridica intorno ai diritti acquisiti, in cui si manifestano qua e là idee radicali contro la proprietà.

Dopo aver ripresa la sua idea favorita che la forza è quella che decide degli affari umani, egli si fece nel 1802 il campione del socialismo. A co- test’epoca i liberali si sforzavano di guadagnare lo appoggio delle classi operaie. Lo Schulze organiz­ zava numerose Società sul principio del self-help. Lassalle si dette alla propaganda delle idee sociali­ ste con un attività divorante. Egli fece del socia­ lismo un partito politico militante, che ebbe il suo posto nell’arena elettorale. Il quarto Stato per lui deve diventare il potere dominante nella società per mezzo del suffragio univesale.

Accusato di nuovo si difese con un opuscolo —

L a scienza e gli operai — nel quale dimostra che

conviene mettere la prima a portata dei secondi. La sua ultima pubblicazione diretta contro lo Schulze riassume più largamente le sue dottrine ed è la più notevole. I sofismi si nascondono sotto vedute storiche ed economiche di una grande originalità. Egli aveva detto : « In ogni linea che scrivo sono armato di tutta la scienza del mio tempo. »

Nel 1863 aveva fondata« 1’ Associazione generale tedesca dei lavoranti. » Nell’agosto 1864 fu ucciso in un duello che fu mosso da ragioni private. Molta gente del popolo credette e crede ancora che egli non sia morto e che ritornerà per presiedere alla grande rivoluzione e riorganizzazione della Società. Rimase un partito lassalliano che non si è ancora completamente fuso col socialismo internazionale di Karl Marx.

Ed ora ecco il fondo della dottrina di Lassalle. Sotto il regime attuale l’operaio non può coi suoi sforzi migliorare la propria sorte, perchè vi si op­ pone la ferrea legge del salario, in virtù della quale sotto l’azione dell’offerta e della domanda il salario medio è ridotto a ciò che è indispensabile per vi­ vere e perpetuarsi. 11 salario non può a lungo

sa-lire al di sopra o scendere al di sotto di questo livello.

Questa legge è un’applicazione della legge gene­ rale che regola il prezzo delle mercanzie. Vi sono tre specie di oggetti; quelli che non possono crearsi a volontà come le statue antiche e per questi il prezzo dipende dalla domanda degli amatori; ve ne sono altri che possono essere aumentati, ma non al di là di certi limiti e con sempre crescente dif­ ficoltà e il prezzo generale è rappresentato dal costo di produzione dei prodotti ottenuti al costo più alto ; vi sono infine dei prodotti che si possono moltipli­ care presso a poco quanto si desidera ed il prezzo sarà determinato dalle mercanzie ottenute al costo più basso. Il lavoro come mercanzia appartiene a quest’ultima classe, perchè il numero delle braccia aumenta generalmente in ragione della domanda.

Se così è le Società immaginate da Schulze non possono risolvere il problema più delle antiche opere di beneficenza. Il giorno in cui tutti gli operai po­ tessero ricorrere alle Società di consumo, vivreb­ bero con meno spesa e il salario abbasserebbe. — Tutti i tentativi di Schulze e dei filantropi borghesi si spezzano contro la ferrea legge.

Oggi per produrre con successo occorrono grandi capitali. Il piccolo industriale e l’artigiano vegetano schiacciati dalla grande industria. L’operaio è for­ zato a vendere il suo lavoro per la sua sussistenza ;

mediante il salario il padrone acquista tutto il pro­ dotto del lavoro. Questo aumenta incessantemente a misura che i procedimenti si perfezionano e che la scienza si applica a sfruttare le ricchezze naturali; ma l’operaio, sorgente di ogni valore, non ne pro­ fitta; tutto va al padrone a cui vantaggio va inte­ ramente il profitto del progresso industriale. L’ope­ raio dunque è spogliato di quasi tutto il frutto del suo lavoro e necessariamente perchè è privato del capitale che gli permetterebbe di acquistare egli stesso il prodotto del suo lavoro.

Il contralto non è libero perchè l’operaio è forzato dalla fame. Il capitale è bensì frutto del lavoro ac­ cumulato, ma del lavoro di quelli che non hanno capitale e non di coloro che lo posseggono, perchè il sistema attuale discende dal privilegio e la libertà non è stata proclamata che quando i più forti ave­ vano tutto accaparrato, cosicché l’operaio politica- mente libero si è trovato economicamente dipendente come il servo del medio-evo.

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428 L’ E C O N O M I S T A 4 febbraio 1877 guadagna l’altro. La classe ha un premio per un j

rischio che in realtà non esiste. Bisogna far dispa­ rire la causa che giustifica il premio e lo rende necessario e questo sarà il risultato di una organiz­ zazione migliore. Oggi il mondo va alla rovescia. È il capitale che deve essere al servizio del lavorante. Con­ viene che l’operaio ottenga tutto il prodotto del suo lavoro. Capitale e lavoro devono vivere in armonia. Il mezzo è facile; si riuniscano nelle stesse mani. Senza lanciarsi nelle utopie basta favorire lo svi­ luppo di istituzioni già esistenti, cioè delle Società cooperative di produzione.

Bisogna aumentarne il numero e a ciò si richiede l’ intervento dello Stato, che non dev’ essere « un guardiano di notte » ma deve promuovere tutti i grandi progressi della civiltà. Bastava creare una Banca centrale che potesse emettere 300 milioni di biglietti con una riserva di 100, e che avrebbe po­ tuto prestarne 100 senza che ciò le costasse nulla alle Società cooperative in Prussia. Esse potrebbero estendersi all’agricoltura e stabilire fra loro relazioni di credito e di solidarietà. Lo Stato non avrebbe che ad approvare gli statuti e ad esercitare una sor­ veglianza per la sicurezza dei fondi anticipati. Ogni settimana gli operai riceverebbero il salario abituale nella località e alla fine dell’ anno il benefizio sa­ rebbe distribuito come dividendo.

I rischi sparirebbero perchè l’industria invece di produrre a caso, procederebbe dietro un piano com­ plesso per corrispondere a bisogni conosciuti. I bi­ sogni essendo noti per la statistica, le diverse asso­ ciazioni si intenderebbero per farvi fronte. L’attività dei diversi rami della produzione potrebbe essere regolata come lo sono oggi i diversi generi di fab­ bricazione in una stessa officina. Esistono già po­ tenti stabilimenti metallurgici ove tutta una serie di operazioni tecniche si incatenano in modo da for­ mare un tutto organico che trae dal suolo il mine­ rale e vi dà macchine complete. Questo sistema dovrebbe estendersi alla intera società. Allora il fondo produttivo e tutti gli strumenti di produzione appar­ terrebbero in modo permanente alle differenti So­ cietà aggruppate in corporazioni di mestieri. I mezzi di produzione nuovamente creati diverrebbero pro­ prietà delle Società particolari come tali non avendone l’impiego. Al contrario tutti gli oggetti di consumo o i loro prezzi sarebbero ripartiti fra coloro che hanno contribuito a produrli come ciò ha luogo oggi su basi più eque; il benessere generale sarebbe molto maggiore non solamente perchè la repartizione si farebbe in modo più eguale, ma perchè la produ­ zione sarebbe più considerevole. Si eviterebbero le perdite dei lavori oggi fatti a caso e spesso inutili; gli sforzi ora diretti a rovinare i concorrenti sareb­ bero diretti ormai verso uno scopo profittevole a tutti; il lavoro degli operai sarebbe più produttivo

perchè tutto il prodotto dovendo loro appartenere procurerebbero di aumentarlo il più possibile, e in­ fine gli oziosi non potendo vivere senza far nulla rientrerebbero nelle file del grande esercito dei pro­ duttori.

11 Laveleye confuta le dottrine di Lassalle con molta abilità. Egli si domanda se nello stato sociale attualo la ferrea legge del salario descritta da Las»- sulle sulla scorta di Turgot, di Smith, di Ricardo si realizza con quel fatale rigore. Prima di tutto il saggio del salario non può restare lungamente al disotto di ciò che è necessario per vivere e perpe­ tuarsi, il che non toglie delle tristi realtà. Ma è vero che non possa elevarsi al disopra di questo

minimum? Quando il benessere dell’operaio aumenta

si accresce la sua previdenza e le istituzioni che tendono a migliorare la sua sorte lo rendono più proclivi al risparmio senza fare abbassare il salario perchè non accrescono l’ offerta delle braccia. Se l’acquisto delle proprietà e il maggior benessere che ne risulta ritardano i matrimoni e diminuiscono le nascite le misure prese a favore degli operai possono migliorarne la sorte e condurre alla soluzione del problema. Quello che avviene in Francia permette di nutrire questa speranza.

I piani di riforma sociale di Lassalle non impli­ cavano una rivoluzione violenta. Era in sostanza l’idea esposta da Blanc nel 1841, se non che il ri­ formatore tedesco invece di prendersela coi principi! della economia politica, fi invocava per reclamare la trasformazione del sistema attuale.

Quanto allo scopo da raggiungersi, quello di mol­ tiplicare le Società cooperative di produzione, appa­ rentemente nessuno avrebbe alcuna obiezione da fare. La soluzione sarebbe perfetta, ma si può sperare che essa prenda il posto delle intraprese particolari ? E qui il Laveleye tocca delle difficoltà special­ mente nella scelta dei gerenti e ricorda che il mo­ vente della produzione sarà sempre la responsabilità e l’interesse personale. Nel Congresso di Parigi dello scorso ottobre questo principio espresso da Saint- Simon « a ciascuno secondo la sua capacità, a cia­ scuna capacità secondo le sue opere » fu ricono­ sciuto.

« Noi crediamo, diceva il cittadino Nicaise, di essere più vicini all’ opinione generale degli operai fondando le nostre associazioni sulla base del paga­ mento dell’ interesse ed anche di dividendi al capi­ tale. Se il risparmio dell’operaio non trova un im­ piego vantaggioso nelle associazioni, continuerà a prendere una direzione più in rapporto col suo in­ teresse, e le associazioni incomincieranno il loro corso al capitale o dovranno accettare il danaro dei capitalisti. » E furono notate le accennate difficoltà nella scelta dei gerenti.

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4 febbraio 1877 L* E C O N O M I S T A 129 sono la perdita delle Società operaie. Delle associa­

zioni sovvenute nel 1848 una sola ha sopravvissuto. Ecco la condanna del gran piano di rinnovazione sociale proposto da Lassalle.

Questo non vuol dire che si abbia a disperare ¡dell’avvenire della Società cooperativa. Essa prospe­ rerà quanto più gli operai comprenderanno ciò che -è necessario al suo successo. Ma bisogna trovare buoni gerenti e pagarli bene, avere soci animati da reciproca benevolenza, e avere la virtù di obbedire alle leggi che ci si sono imposte. Ci vuol tempo per compiere questa educazione economica.

Lo scopo è di giungere a riunire capitale e la­ voro nelle stesse mani sotto il regime della grande industria, come è nel coltivatore proprietario. La Società anonima potrebbe servire di transizione; ma operai eletti possono già tentare la cooperazione.

Lassalle non pretendeva che le Società cooperative avrebbero data la soluzione del problema sociale. Questa sarà l'opera dei secoli e di riforme che esci- ranno organicamente le une dalle altre. La coope­ razione sarà un mezzo per migliorare la sorte degli operai.

La proprietà attuale è una « categoria storica » e transitoria, che trae senza lavoro una rendita dalla terra o dal capitale che la legge vi attribuisce. La proprietà non deve per diritto naturale avere altra base al di fuori del lavoro. Questo avverrebbe quando tutti i cittadini formassero parte delle Società coo­ perative. Il lavorante avrebbe il possesso a vita dello strumento del lavoro o della parte dell’avere sociale che corrisponderebbe al suo impiego, che sarebbe in rapporto colle sue attitudini e gli darebbe una ..remunerazione esattamente eguale al prodotto del

suo lavoro. È la formula Sansimoniana.

L’eredità è una tradizione morta. La concezione panteista della storia che aveva Lassalle lo portava a credere che di progresso in progresso si giunge­ rebbe a uno stato in cui non vi sarebbe più che una classe che grazie alla scienza otterrebbe la larga sodisfazione di tutti i suoi bisogni, mediante un la­ voro moderato e salutare. Ciascuno potrebbe così raggiungere tutto lo sviluppo intellettuale e morale di cui la natura l’ha reso capace.

Nelle idee di Lassalle non vi è grande originalità. Saint-Simon e Louis Blanc avevano avuto le sue mire di ricostruzione sociale, Marx aveva fatta la critica della economia politica. Pure la lettura dei suoi scritti è utile perchè mostra certe lacune e certi errori in alcune teorie economiche. Del resto, al contrario di Marx, egli non vede che la Germania. Voleva introdurre pacificamente delle riforme in uno Stato che avrebbe servito di modello agli altri. Spe­ rava perfino che qualche sovrano o qualche granile ministro ne avrebbe compresi i benefizi. È il sogno del socialismo cesareo di Luigi Napoleone nella pri­

gione di Ham. Chiaroveggente in politica, credeva più facile una simile riforma in una monarchia che in una repubblica borghese. Credeva che ci sareb­ bero voluti due secoli per giungere all’abolizione del salariato. Non invocava dunque una trasformazione violenta, ma chiedeva troppo all’iniziativa dello Stato.

I QUATTRO ULTIMI ANNI

DELl’INDUSTRIA CARBONIFERA 1» INGHILTERRA

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130 L’ E C O N O M I S T A 4 febbraio 1877 quasi tutti i distretti ove esistono le miniere di car­

bone furono sui. primi del 1863, quando comparve la legge sulle miniere, presi dei provvedimenti per lavorare ai pozzi cinque giorni la settimana e dieci ore il giorno, vale a dire 22 ore di meno, ogni quindici giorni, di quel che si lavorava prima nel- l’estrarre il carbone, quando cioè le ore di lavoro erano 11 per giorno e 11 giorni nella quindicina. Generalmente parlando reffetto della legge sulle mi­ niere del 1863 fu quello di ridurre la quantità del carbone del 10 per cento almeno e questo fatto unito all’ indolenza crescente ed alle irregolarità dei minatori, produsse l’effetto di accrescere gli sforzi che si fecero da ogni parte per supplire alla defi- cenza del carbone; si aprirono nuove miniere e vennero impiegati molti più operai di prima. È di questo movimento che intendiamo parlare adesso.

Per fare intendere più chiaramente il progresso avvenuto in Inghilterra in questi quattro anni sarà bene parlar prima di quello antecedente operatosi nella industria carbonifera nello stesso paese.

La produzione carbonifera del Regno Unito nel­ l’anno 1816 fu soltanto di 27,020,115 tonnellate. Non vi sono memorie esatte alle quali affidarsi sul numero totale delle miniere esercitate in quell’ epoca, ma facendo un salto di 22 anni troviamo che sul 1838 esistevano in lavorazione soltanto 59 miniere nei vasti terreni carboniferi del Nord, le quali pro­ ducevano annualmente 5,887,520 tonnellate, mentre nel tempo attuale dalle 347 miniere situate in quei luoghi si estraggono fra i 30 e i 35 milioni di ton­ nellate. Sedici anni più tardi il numero totale delle miniere del Regno Unito ascendeva a 2441 ed il prodotto complessivo del carbone fu calcolato essere 64,961,401. Dieci anni più tardi si contavano 3195 miniere e la produzione complessiva era di tonnel­ late 92,787,873, vale a dire che nel decennio ac­ cennato aumentarono 754 miniere e circa 28 mi­ lioni di tonnellate di carbone. Nel corso dei cinque anni seguenti, cioè fino alla fine del 1869, si veri­ ficò il fenomeno singolare di una diniinuzione nel numero delle miniere in lavorazione e di un aumento nella produzione; il numero esatto delle miniere tornò a 2819, mentre la produzione giunse a ton­ nellate 107,427,557. Questi numeri dimostrano, in confronto col 1864, una diminuzione di 376 mi­ niere ed un aumento di 15 milioni di tonnellate nella produzione. Questa incongruità apparente si spiega però facilmente. Le principali miniere ave­ vano estesa moltissimo la produzione, mentre erano state chiuse un gran numero di piccole miniere a cagione delle condizioni del commercio o dei biso­ gni dei proprietari.

E errore comune il credere che il commercio carbonifero in Inghilterra siasi sviluppato progressi­ vamente durante I’ ultimo mezzo secolo ; ciò è ben

lungi dal vero. Quello sviluppo è stato invece molto irregolare ed incerto per non dir capriccioso. Per esempio fra il 1855 e il 1856 avvenne un aumento nella produzione di circa 2 milioni di tonnellate, ma nei dodici mesi seguenti vi fu una diminuzione di un milione di tonnellate, e l’anno dopo diminuì an­ cora di un altro milione, vale a dire che dal 1856 al 1858 la diminuzione fu di circa due milioni di tonnellate. Nel 1859 però la produzione totale del Regno Unito s’innalzò e circa 72 milioni, verifican­ dosi un aumento sull’anno precedente di circa sette milioni di tonnellate, e nell’anno seguente vi fu un altro aumento di più di otto milioni, di modo che soltanto in quei due anni si accrebbe di quindici milioni il prodotto carbonifero del Regno Unito, au­ mento quasi uguale alla produzione totale dell’anno 1816. Questo aumento corrisponde anche a quello della produzione complessiva annua di quell’epoca in Au­ stria, Russia, Spagna, Portogallo, Australia e India, ed è soltanto inferiore di tre milioni alla produzione complessiva della Francia e del Relgio nell’ epoca attuale.

Dal 1860 al 1869 si verificò un aumento annuo progressivo e regolare, eccettuato il 1862, anno nel quale si estrasse circa due milioni di tonnellate meno dell’anno precedente. — Dal 1869 fino ad oggi l’ aumento annuo è stato costante fuorché nel 1873-74 allorché la produzione ribassò da 127,000,000 a 125^000,000 di tonnellate, diminuzione che fu però ampiamente compensata nell’ anno seguente essendo il prodotto giunto a 132,000,000 di tonnellate, ossia un aumento di 7 milioni sulla produzione del 1874.

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4 febbraio 1877 L’ E C O N O M IS T A 131 Fu appunto sotto l’influenza di queste circostanze

che si manifestò l’enorme sviluppo dei terreni car­ boniferi dell’ Inghiltarra il quale dette poi i resul­ tati dei quali diamo la tavola più sotto. Tutti co­ loro che ebbero in quei momenti dei capitali dispo­ nibili, si affrettarono ad investirli nelle industrie del

carbone e del ferro. Coloro che già da molto tempo esercitavano quel genere di commercio, quantunque incerti della durata che avrebbero avuto quei prezzi così alti, furono costretti ad impegnarsi in pro­ getti di estensione e di sviluppo del commercio stesso, anche quando i loro mezzi non glielo avreb­ bero permesso, e ben presto si trovarono a perdere una parte del capitale. — Ogni località meritevole di esser esercitata, ed anche molte che non valeva la pena di esercitare furono facilmente affittate ad un prezzo molto superiore a quello dei tempi pas­ sati, cioè alcuni affitti giunsero a dare una rendita di uno scellino e sei denari e anche due scellini per tonnellata (due scellini oquivangono a franchi 2 30). Vennero scavati i pozzi nelle località più infelici, con una risolutezza e un’energia degne di quel gen­ tiluomo il quale ostinato a scavare il famoso pozzo di Monkwearmouth, rispose a coloro i quali cer­ cavano di persuaderlo che in quella località non avrebbe potuto trovare il carbone, « che se non riusciva a trovar quello, avrebbe però seguitato a scavar tanto da giungere in una località dove avrebbe trovato la cenere. »

Tutti i terreni carboniferi del Regno erano nelle condizioni identiche ; si riteneva che il carbone fosse la pietra filosofale moderna, sorgente di ricchezza più abbondante e più sicura che i tesori di Golconda. La gente che prima si contentava della rendita del tre per cento, fu presa da una frenesia di guadagno, inaudita ; per fortuna durò poco, ma bastò a provare a molti che non è facile di riprendere i denari get­ tati in un pozzo. Alcuni però, quantunque anche credessero che il periodo dei prezzi alti sarebbe du­ rato molto più di quel che durò realmente, non si avventurarono però a far grandi speculazioni.

La tavola seguente presenta il resultato netto di questi quattro anni, dimostrando il numero delle miniere messe in lavorazione in ogni distretto, e l’au­ mento di esse dal 1871 al 1873.

North Durham and

Northum-1871 1875 Aumento berland... . 164 170 6 C u m b erlan d ... 27 39 12

South Durham . . . 140 177 37

C h e s h ire ... 29 37 8 Lancashire, East and North . 287 400 113 Lancashire, West . . . . 157 188 31 Y orkshire... . 423 523 100 D e r b y s h i r e ... . 130' 235 123 Nottinghamshire . . . . 27 46 19 Warwickshire. . . • 18 31 13 Leicestershire. . . . 12 25 13

South Staffordshire and chestershire . . . Wor-307 442 135 North Staffordshire. . 104 157 153 Shropshire . . . . 59 64 5 Glocestershire . . . 66 90 24 Somersetshire . . . 33 40 7 Monmouthshire . . . 74 91 17 South Wal es . . . . 299 415 116 North Wa l e s . . . . 79 124 45 Scotland (East) . . . 216 334 118 Scotland (W est). . . 201 232- 28 Ireland... 30 53 23 Totale . 2,883 3,933 1,048 La tavola seguente, che indica la produzione del carbone in ognuno dei distretti nominali, ed il totale della produzione del Regno Unito negli anni 1871 e 1875, insieme all’aumento e alla diminuzione ve­ rificatasi in ogni distretto, servirà anche a veder subito il resultato della lavorazione nelle 1048 nuove miniere messe in esercizio che vengon registrate nella detta tavola :

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aa o avi 0 5 , jg LO l O h C O 0 4 AO — — O LO 0 5 0 , 0 4 , 0 4 , 0 ^ 0 , CO t i o o T o T s T ! — CO CO 0 4 OO 1 CO CO — — CO — — g § « & £ c,\< f i O 0 5 , g ì - ( N O L . O CO CO,— ,,1^, - i —TcTco'^h' <n : o 0 5 io co g ì— LO !> O CO o LO lo I I I 2 I £ lO —„ r- T CO CO h CO io o o o 04 CO r-" 04 O LO — co av^co, o

f i CO* to' —~ O aT-tu' 05 04 04 05 LO 05 LO 0,04,^ 0 ( 7 ^ or-Lo^có* —" co — -Tin lolo o oo lo r- co © O ^ ’ l ' C O C O h ^ O S O O i Q o O , 0 5 t ^ , © , 0 0 , 0 5 , L O C O ,L O ,0 5 , cÌcÌcOoTcÌ-’ÌiOGÌ £'* O 1 - LO 0 4 t - LO G^4 CO £ 0 0 4 0 4 r - 0 , c 0 0 4 , 0 4 , c o LO c o ,c o ,L O ,— - ì l i —' —r c i o ' GÌ co r-CO co co — o o o o o o o o o r - o o L O O O — o —• co co o o o o L 0 o o o o 5 r- 0 4 0005LO CO, 0 4 , CO,0 5 , 0 4 , C J , 0 , 0 0 4 , 0 0 L O 0 ,0 , 0 4 , 1> -N j ^ »“ ■> » —- U , /— s /-—s r r \ i t- C3 O CO H o 05 co 05 a 05 04 O CO CO 04 05 § co, ^ , t"* co fc-i oTr-ToT LQ.oT

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de-132

corso si verificò un abbassamento eccezionale, così i resultati del -1876 saranno presso a poco identici a quelli-dell’anno preeedente. Secondo i calcoli sue­ sposti si vede che il commercio più attivo è stato quello del Lancashire, ove sono state messe in lavo­ razione 144 nuove miniere, e l’aumento del carbone è stato di 3,225,044 tonnellate; ed in Scozia ove sono state aperte all’ esercizio 146 nuove miniere, coll’ aumento di 3,159,216 tonnellate. L’ Yorkshire, con un aumento di 100 miniere, e 2,624,018 ton­ nellate di carbone si avvicina por la produzione ai grandi terreni carboniferi del Settentrione, ove l’au­ mento è stato di 2,907,207 tonnellate ; ma il fatto che in quei terreni Settentrionali non sono state aperte all’esercizio che 43 nuove miniere, dimostra che l’aumento della produzione non va di pari passo coll’aumento del numero dei nuovi pozzi di escava- zione. Un altro fatto poi appoggia qùesta conclusione, ed è che resulta dalla tavola esposta, che mentre il numero delle miniere è aumentato in tutti i terreni carboniferi del Regno, si è verificata un’assoluta di­ minuzione di prodotto in otto di quei terreni, cioè nel Cumberland, Cheshire, Shropshire, Gloucester­ shire, Somersetshire, Monmouthshire, North Wales, e Irlanda.

Un altro fatto curioso si rileva osservando i cal­ coli relativi al Staffordshire e al Worcestershire. In quelle contee vi è stato un aumento complessivo di 188 miniere nuove, mentre l’aumento nella quantità del carbone è stato soltanto di 426,754 tonnellate. Quando si ricordano gli sforzi prodigiosi fatti per esercitare il Sandwell-park e le altre nuove miniere del Staffordshire, bisogna convenire che un gran numero degli antichi pozzi devono aver prodotto ben poco. In alcune parti dello Staffordshire la miglior qualità di carbone è stata quasi completamente esau­ rita, e ciò può forse spiegare il perchè in questi ultimi quattro anni il progresso in quei luoghi sia stato lentissimo : osserveremo anche che quest’ atti­ tudine stazionaria di due delle contee più manifat­ turiere dell’Inghilterra, che hanno tanti rapporti colle, industrie del ferro, diviene tanto più inesplicabile e sorprendente, quando si pensa che dal 1854 al 1870 la loro produzione complessiva di carbone era più che raddoppiata. Le risorse del South Staffordshire sono realmente più limitate di quelle di qualunque altro terreno carbonifero che produca la stessa quan­ tità di carbone. La Commissione del 1870 incari­ cata di fare un’ inchiesta sulla durata e l’estensione dei terreni carboniferi dell’ Inghilterra valutò la ri­ serva dei terreni del South Staffordshire a sole 1,906,000,000 di tonnellate mentre i territori attigui del Midlands e del Lancashire avevano respettivamente delle riserve di 18,172,000,000 e 5,546,000,000 tonnellate, per non parlare del South Wales che ha ancora intatte 32,456,000,000 tonnellate e dei terreni

4 febbraio 1877 carboniferi di Durham e Northumberland che ne posseggono 10,036,000,000.

Sembrerebbe che specialmente in questi ultimi quattro anni dovessero essere stati investiti in In­ ghilterra nel commercio carbonifero molti capitali, senza gran profitto ; riportandoci nuovamente allo tavole esposte, vedremo che Staffordshire ha soltanto un aumento di 426,754 tonnellate, avendo aperto 188 nuove miniere; che il North Wales ha una di­ minuzione di prodotto di 162,692 tonnellate, quan­ tunque 45 sieno le nuove miniere in esercizio ; che l’ Irlanda ha una diminuzione di 37,800 tonnellate e 23 nuove miniere; Monmouthshire ha in meno 1,389,550 tonnellate e 17 nuove miniere; Glouce­ stershire una diminuzione di 139,217 tonnellate e 24 nuove miniere ; insomma fatto il calcolo, sono state poste in esercizio 300 miniere nuove, senza che siasi verificaio un aumento di produzione di una sola tonnellata in tutti i distretti ove sono state aperte. Quanto capitale è stato impiegato nell’aprire all’ esercizio quelle nuove miniere? Evidentemente la somma deve essere enorme, quantunque sia im­ possibile calcolarla anche approssimativamente, at­ tesoché una miniera può costare qualunque somma fra le 1000 lire sterline e le 100,000. Può darsi che la capacità produttiva di quelle nuove miniere sia superiore ai calcoli che si riferiscono all’anno 1875 ; la produzione è sottoposta tanto alla in­ fluenza delle cause locali quanto a quella delle cause generali, agli scioperi, alle accidentalità e a tutte le peripezie del commercio. Bisogna anche dire che il 1875 fu un anno nel quale i possessori di miniere non si sentivano disposti ad esser intrapren­ denti, perchè stretti nel dilemma dei salari elevati e dei prezzi bassissimi. Sotto questo rapporto sof­ frirono allora tutti i distretti ugualmente, e questo ci conduce ad osservare, che mentre una gran parte del capitale investito in questi quattro anni nel com­ mercio carbonifero è stato assolutamente perduto e per sempre, il valore di quello che rimane intatto deve esser molto minore di quel che sarebbe stato qualche anno fa, almeno per quel che riguarda la arospettiva della rendita. L’opera della Legge e dei re golamenti sulle miniere, la misura dei salari pagati, gli affitti richiesti per le miniere, la limitazione del lavoro, le tasse, le riserve, ed altri argomenti di esercizio, hanno contribuito a dare un valore per­ manente al carbone, ma nessun provvedimento le­ gale nè alcun regolamento locale potranno giungere a far rialzare permanentemente quel valore, che di­ pende sempre dalla disposizione che ha il pubblico a pagare il carbone tale o tal’ altro prezzo.

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4 febbraio 1877 L 'E C O N O M I S T A 155

L’AUMENTO TERRITORIALE DELLA RUSSIA

Ho scelto come so g g etto del p resen te articolo l’ aum ento te rrito ria le della R ussia perchè, sem bra esservi adesso u n a c e rta ten d en za a far riv iv ere 1’ a n tic a le g g e n d a su ll’ Orso russo insaziabile e om nivoro che a sp e tta bram oso l’oc­ casione p ropizia p er d iv o rare la sv e n tu ra ta T u rch ia. Quando, se g u ita la le g g e n d a , av rà divorato la T u rc h ia si ad d o lcirà la bocca con F India, e a tu tto suo comodo m a n g e rà F Im ­ pero Cinese, e voltandosi dal lato ove tra m o n ta il sole p o trà p ro cu rarsi verso le sue fro n tiere occidentali u n lau to pasto. G ià u n p u b b licista acutissim o e molto conosciuto h a d ich iarato che la R ussia è la g r a n sfinge dei tem p i m oderni, e che se l’E u ro p a non viene a sp ieg arn e l’en ig m a dovrà asso g g ettarsi ad esserne d iv o rata. Se ben com prendo l’ alleg o ria, m i p a re che l ’ en ig m a consista nella forza d’espansione d ella R ussia e b isogna p u r confessare che a p rim a v ista q u esta forza d’ espansione sem bra davvero m e­ rav ig lio sa ed an ch e spaventevole, attesoché da oltre m ille a n n i la R ussia non h a fatto che a lla rg a re co n tin u am en te i suoi confini e n u d a le h a resistito : u n a trib ù ossia u n g ru p p o di trib ù in sig n ifican ti, che occupavano u n a v o lta u n te rrito rio ristre tto vicino alle so rg e n ti del D nie- per e della D v in a O ccidentale, son d iv e n ta te a poco a poco u n a g ra n nazione d is trib u ita sopra u n te rrito rio di 370,000 m ig lia geo g rafich e q u a d ra te che si stende dal B altico fino allo stre tto di B e h rin g e d a ll’ Oceano A rtico fino al M ar Nero ed al M ar Caspio. Q uesto processo di a lla rg a m e n to s e g u ita ancora con la stessa ra p id ità ; questo, e non altro , è F e n ig m a da risolversi.

Q ual’ è il segreto di q u esta forza d’ esp a n ­ sione? È forse soltanto la b a r b a r a sm an ia di u n in g ra n d im e n to te rrito ria le , oppure esiste qualche m otivo più ra g io n ev o le? Q ual’ è la n a tu r a di questo processo ? a ll’ annessione dei t e r r i t o r i , è s e g u ita 1’ assim ilazione, o ppure r i­ tengono i nuovi acq u isti il loro c a ra tte re pro ­ prio ? F o rm a F Im pero a ttu a lm e n te u n tu tto om ogeneo o u n ag g lo m erazio n e d’ elem enti e te ­ rogenei te n u ti insiem e soltanto d a un legaine a m m in istrativ o com une? Q ueste ed a ltr e que­ stioni sim ili h a n n o o g g i p er noi non solo u n ’im ­ p o rta n z a p u ra m e n te teo retica, m a u n ’im p o rta n ­ za p ratica; se potessim o scu o p rire la v e ra n a tu ra e le cause dell’ aum ento te rrito ria le della R ussia, g iu n g erem m o forse a d e te rm in a re fino a che p u n to le annessioni servano ad accrescerne o d im in u irn e la potenza ; potrem m o forse anche

con qualche fondam ento farci u n ’idea del come, del quando e del dove si a rre s te rà questo p ro ­ cesso di a lla rg a m e n to .

Osservando a tte n ta m e n te dal p u n to di v ista economico la sto ria d ella R u ssia, vedrem o esser due le cause p rin c ip a li di q u esta forza d’ e- spansione; esse cause non sono il re su lta to di q u alch e p a rtic o la rità etn o lo g ica, m a em ergono dal fatto sem plicissim o che i R u ssi-S la v i sono sem pre sta ti u n a popolazione ag ric o la che a p ­ plica, anco fino ad o g g i, so ltan to i m etodi di c o ltu ra p rim itiv i. Popolazioni sim ili hanno sem pre, e con rag io n e, ad d im o stra ta la te n ­ denza di sp in g ersi oltre i confini asse g n a ti: cresciu te di num ero h an n o se n tito il bisogno dell’ aum en to di produzione, g iacch é i m etodi di q uella c o ltu ra p rim itiv a esauriscono presto il suolo e d im in u isce p er ta l modo la p ro d u ­ zione; m en tre il corso n a tu ra le della v ita u m an a rich ied e u n au m en to di g ran o , questo invece g li viene a m ancare. Sotto il rap p o rto dello sviluppo economico, in ta li circostanze, si a v ­ v icin a m olto al vero la m odesta asserzione di M altus, che cioè la produzione del vitto non a u m e n ta in proporzione della popolazione f q uesta si accresce m en tre d im in u isce il p ro ­ dotto, e non solo re la tiv am en te m a an ch e asso­ lu tam en te.

Q uando u n popolo r a g g iu n g e questo g r a ­ do’ di sviluppo economico, b iso g n a che neces­ sariam en te si a p p ig li a uno di questi due espedienti: o im pedisca F accrescersi della po­ polazione o au m en ti la produzione, e la p r i­ m a di q u este a lte rn a tiv e può effettu arsi in d i­ versi m odi. 0 si espongono u n g r a n num ero di b a m b in i o u n re despota decreta, u n m a s­ sacro d eg l’in n o c e n ti, o la popolazione esube­ ra n te e m ig ra in a ltri paesi, come fecero g li S candinavi nel nono secolo, o come facciam o noi stessi al giorno d’ oggi. L a seconda a l­ te rn a tiv a p o trà effettuarsi estendendo 1’ area coltivabile o m ig lio ran d o il sistem a agricolo.

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scar-L’ E C O N O M IS T A 4 febbraio 1877 134

l----sa, m a sareb b e assurdo il farne F applicazione quando esisto a noi vicino un g ra n te rrito rio v e rg in e e facilm ente coltivabile; solo quando non è perm esso di a lla rg a rs i d iv e n ta necessaria u n a co ltu ra più d ilig e n te e che tr a g g a p a rtito anche di un palm o di suolo.

Il processo di alla rg a m e n to iniziato da cause p u ra m e n te econom iche si accelerò cplle influenze p o litich e, perché l’oppressione e le vessazioni dell’ a u to rità spinsero m olta g e n te v e r s o O r i e n ­ te. Nel secolo decim ossettim o e decim ottavo le esigenze divennero in to lle ra b ili ; au m en taro n o g li ag u zzin i g o v e rn a tiv i, crebbero le tasse e le sp ie ta te esazioni dei V oyivodi o, dei loro d ip e n d e n ti; lib eri co n tad in i d ivennero servi della g leb a; furon fatate rifo rm e ecclesiastiche se g u ite dalle persecuzioni di .vecchi R itu a lis ti e da P ie tro il G ran d e proscrizioni ed a ltr e r i ­ forme violente. Q ueste ed a ltre m isu re vessa­ to rie costrinsero alla fu g a m ig lia ja di R ussi, che cercarono a silo in u n te rrito rio libero, ove non li m olestasse nè. il p ro p rie ta rio , nè i Vp- yivodl, nè il collettore di tasse. Ma lo Stato con la sua tu rb a di fu n zio n ari g o v e rn ativ i e di collettori seg u iv a da presso i fu g g itiv i, e coloro che vollero conservare la lib e rtà dovettero sp in ­ gersi m olto lo n tan o ; m alg rad o t u tti g li sforzi fatti dalle a u to rità p er tra tte n e re la popola­ zione nei te rrito rii che occupa a ttu a lm e n te , l’onda deg li e m ig ra ti co n tin u ò a d irig e rsi verso F O riente.

L a n a tu r a h a dotato il contadino russo di u n a a ttitu d in e p a rtic o la re p e r questo g en ere di colonizzazione. Buono, pacifico, p aziep te h a sem pre p ro n ta la risposta calm a e, dolcp che d isarm a la violenza e si a d a tta e si rasse g n a a tu tto con u n a fa c ilità affatto sconosciuta al­ trove, e ?i p ro cu ra im m ed iatam en te dei ra p p o rti am ichevoli tr a le popolazioni pon le q u ali elitra in co n tatto . C ercherem m o invano nel contadino russo q u e ll’ a ria d’im p o rta n z a pro d o tta d al sen­ tim en to della p ro p ria su p e rio rità personale e nazionale, sen tim en to che spesso trasfo m a p u r troppo i popoli, che p u r am ano la lib e rtà in tir a n n i cru d eli, allorché e n tra n o in contatto,pon razze più deboli della loro, o in ferio ri in civ iltà. Il co ntadino russo è an ch e scevro di q u ella sm an ia d’ inconsulto proselitism o che spesso im pedisce a g li id o la tri di vedere nel C ris tia ­ nesim o d eg l’ in g le si u n a relig io n e d’ amore; eg li ritie n e che ogni nazione ab b ia ricev u to da Dio la sua fede speciale e che og n i uomo debba u n ifo rm arsi alle reg o le della relig io n e in cui è nato. Q uando il ru sso va a s ta b ilirs i in mezzo a popolazioni s tra n ie re , se an ch e i suoi nuovi vicini h an n o rep u tazio n e di essere '

in o sp itali e m al disposti verso i forestieri, egli non si m u n isce nè di revolver nè di coltello; non avendo in ten zio n e di far m ale a g li a ltri, non g li viene in m ente che g li a ltr i v o g lia ­ no farne, a lui. In tra p re n d e co rag g io sam en te v ia g g i lu n g h i di: c en tin aja. di m iglia, su d’up c a rre tto a q u a ttro ru o te piccolo e m al co stru tto , • irato da up pavalluccio b ru tto e con peli lu n g h i, m a robusto come il suo padrone, e,non p o rta seco a ltro che u n a scure, u n a p en to la di ferro, il, leg g erissim o a ra tro ep o ch e provviste sufficienti a so sten tarlo fino alla p rim a rappolta d i g ran o .

Il, vastp te rrito rio ap erto all'.in d u strie. del colono russo consisteva in due reg io n i co n tig u e, sotto mojti. ra p p o rti assai diverse F u n a d a l- F a ltra , q u a n tu n q u e non sep arate nè da m onti nè da fiupii. L a reg io n e norfiica che com prende t u t t a la : p a rte se tte n trio n a le dell’E uropa,,orien­ ta le e tu tto .il nord dell’ A.siahno alK am tch atk p ,. può descriversi, a g ra n d i t r a tti come u n te r r ito ­ rio boschivo a ttra v e rsa to d,a m olti fium i e, che co n tien e g r a n nu m ero di la g h i e di p alu d i. La reg io n e m eridionale, che si, stende n e ll’ Asia cen trale,, è com posta in g r a n p a rte , di quelle vaste p ia n u re che, i Russi, ch iam an o Steppe e g li A m ericani P raterie, ove, è scarsa .l’ acq u a e m iserab ile la v eg etazio n e.,T u tto questo t e r ­ rito rio fu occupato a n tic a m e n te da q u ella g ra n d e fa m ig lia u m a n a a lla q u ale g li-etn o lo g i, u n po’ troppo so m m ariam ente, applicano, il nome di. T u ran ica; n ella reg io n e boschiva,.poco, a b ita ta , s’ in c o n trav an o q u a e là delle trib ù finniche che vivevano cacciando e lavorando la te r r a , m e n tre delle steppe e ra n sig n o re le tr ib ù T a r­ ta r e o T u rch e che m enavano v ita pasto rale e nom ade.

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er-4 febbraio 1877 L’ E C O N O M I S T A m ette di sd ru ccio larv i sopra. D el le g n am e non

atto alla costruzione si fanno u n a .accanto al- l’ a ltra delle enorm i cataste. N ella p rim a v e ra seg u en te si sm uovono con dei pali quelle ca­ ta ste e vi si appicca il fuoco. Sul p rin cip io la fiam m a com parisce, q u a e là, p o i , a g g iu n g e n ­ dovi per esca dell’erb a secca e delle fascine divam pa d a tu tte le, p a rti, e le c a ta ste non form ano.più che u n im m enso fuoco; grandioso spettacolo che è, im possibile vedere, nei paesi civili. Se il fuoco è, ben regolato ricu o p re il terren o diboscato di uno stra to di cenere al quale.si mescola un poco d ella te rra sottostante; ivi si- fa la sem en ta. L a sem en ta v ien poi r i­ coperta col mezzo d’ u n a specie d’ erpice molto p rim itiv o fa tta con ra m i di pino. Coloro che h an n o sem inato nella cenere possono rip ro m e t­ te rsi per l’ au tu n n o u n a mèsse ab bondante, perchè n ell’ a n n a te o rd in a rie il riso e l’ orzo rendono alm eno il sette o 1’ otto e se la s ta ­ gione ,è favorevole, si o ttien e an ch e il v en ti cinque o il tre n ta . D isg ra z ia ta m en te q u esta produzione artificiale è di co rta d u ra ta , se il terren o è povero, sassoso,, si esau risce in due o tre a n n i ed anche qu an d o è re la tiv a m e n te buono non se ne ottengono più di se tte o otto raccolte,m ediocri. N ell’ insiem e però questo si­ stem a di co ltu ra cosi p rim itiv o non re m u n e ra ab b astan za le fatich e d ell’ uomo.

Il sistem a d’a g ric o ltu ra p ra tic a to nelle steppe è molto più sem plice e assai m eno faticoso ; 11 non occorre che il colono com inci d a ll’a b b a tte re g li alb eri e ,dal p re p a ra re il terren o , p erch è la n a tu r a h a g ià diboscato p er suo conto e dotato il suolo, composto di u n terriccio scuro, di u n a fe rtilità prodigiosa, che secoli di c o ltu ra non son riu sc iti ad esau rire che p a rz ia lm e n te . Il colono n o n 'a v e v a da far a ltro che sm uovere u n po’ la te r r a e deporvi la se m e n ta ; sicuro di esser com pensato della sua liev e fa tic a con u n a copiosissim a raccolta.

P erch è dunque, ci v e rrà chiesto, il contadino russo h a preferito spesso di sta b ilirsi nelle re­ g io n i boschive del nord, ove g li occorreva di d u ra r ta n ta .fatica per a b b a tte re g li alb eri e dove la p o v e rtà del suolo non g li p ro m ettev a compenso, m e n tre che ad u g u a le d istan za da lu i, in vaste ed ubertose p ia n u re , la n a tu ra gli offriva più facile 1’ esisten za? L ’ inconsistenza ap p aren te di questo fatto si sp ieg a con u n a ra g io n e b u o n a e validissim a. I c o n tad in i russi non provavano n ep p u re a n tic a m e n te u n am ore appassionato per il lavoro p er se stesso, nè erano incapaci di ren d ersi conto della m a g g io r faci­ lità e dei v a n ta g g i di produzione che p re se n ­ ta v a n o le step p e; se avessero d u n q u e consi­

155 d erata la questione soltanto d al lato agricolo, avrebbero p referito quei v asti p ia n i del mezzo­ giorno ai te rre n i boschivi del n o rd ; m a re a l­ m ente b iso g n av a p ren d ere in considerazione a ltre circostanze co llaterali, ed in quelle r i ­ siede la spiegazione del fenom eno. Il colono doveva c u ra rsi ta n to della fa u n a che della flora di quelle due reg io n i. S ignore della p rim a nelle foreste del Nord eran quelle trib ù fin ­ niche pacifiche o laboriose, poco disposte a d ar noja a nuovi v en u ti che non le m olestassero pei p rim i; nelle steppe vivevano invece quelle orde nom adi, avide di preda, sem pre p ro n te a ll’attacco, al saccheggio e al ra tto degli schiavi che raccoglievano fra le pacifiche popolazioni agricole. P e r q u an to i R ussi fossero fa ta listi e coraggiosi, n onostante non poteron chiu d ere affatto g li occhi ai p e rig li che gli atten d ev an o nelle steppe, e m olti di loro p referivano di affrontare la v ita faticosa, m a tr a n q u illa delle reg io n i boschive.

Q u an tu n q u e la colonizzazione delle foreste se tte n trio n a li non si effettuasse senza s p a rg i­ m ento di san g u e, il suo c a ra tte re g en erale fu pacifico assai, e la cronaca contem poranea per conseguenza non se ne curò, m e n tre invece la colonizzazione delle steppe occupa u n a p a ­ g in a san g u in o sa n e lla sto ria europea. F in o dai p rim i tem p i le g ra n d i p ia n u re s itu a te al nord del m ar Nero e del m ar Caspio furono occu­ p ate da diverse popolazioni nom adi, ed u n a co n tin u a g u e rra di fro n tie ra arse fra loro e la popolazione ag ric o la e stab ile. « Q uella g ente, dice, uno sc ritto re b izan tin o contem po­ raneo, non h a dim ora fissa, cercano di conqui­ sta re t u tti i te rrito rii e non ne colonizzano alcuno. Son popolazioni v olanti che nessuno riesce a ferm are e siccome non h an n o nè case nè v illa g g i b iso g n a in se g u irli e d a r loro la caccia come ag li a n im a li selv ag g i. N on si pos^ sono p a ra g o n a re che ai G rifoni che la n a tu r a benefica h a re le g a ti in re g io n i inospiti. »

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136 L’ E C O N O M IS T A 4 febbraio 1877 dell’ anonim o O ssian,Slavo, che la m e n ta la sor­

te dei caduti figli, di R ussia. « Ne’te rrito ri russi sia ode ra ra m e n te la voce dell’ag rico lto re, ma spesso invece il g rid o degli avvoltoj che si con­ tendono i corpi d eg li uccisi, e il g ra c c h ia re dei corvi che si p re c ip ita n o su lla preda. »

Q uesta lo tta fra i coloni a g ric o lto ri e le b a rb a re trib ù nom adi a u ro p iù secoli e con v a ria v icen d a; u n a volta g li a g ric o lto ri si avanzarono g u a d a g n a n d o te rre n o , m a re sp in ti poco dopo, tu t t a la R ussia d ivenne un M uss o S tato trib u ta rio dell’im pero M ongolico; r i ­ com inciò quindi il m ovim ento d ella coloniz­ zazione e fin alm en te i nom adi vennero espulsi o rid o tti all’im potenza. Q uesto re su lta to finale fu ra g g iu n to re c e n te m en te ; fino alla m età del secolo decorso i russi si vendevano a m ig lia ia sui m e rc a ti di sch iav i della C rim ea e l ’infam e com m ercio non cessò finché la C rim ea non fu an n essa allT m pero R usso da C a te rin a II.

Ma non cessò su b ito la caccia ai ru ssi, che è s ta ta p ra tic a ta fino ai n o stri g io rn i dal K h an di K h iv a e da a ltr i p o te n ta ti ai q u a li era r i u ­ scito di rim a n e re in d ip en d en ti. I due g e n e ri diversi di colonizzazione produssero n a tu r a l­ m en te diverse q u a lità di coloni; nel N ord fu- ro n t u t t i a g ric o lto ri e c o m m e rc ia n ti, m entre nel sud, oltre g li a g ric o lto ri e i com m ercianti si formò u n a classe ib rid a di uom ini a m età coloni e m età soldati, conosciuta sotto il nome di Cosacchi.

Mi è stato dom andato ta n te volte che cosa sia u n cosacco, che non voglio tra s c u ra re l’oc­ casione di d a r dei ra g g u a g li sopra questo p e r­ so n ag g io . A nticam ente, m e n tre ferveva la lo tta alla q u ale ho accen n ato , fu m estieri il m a n ­ te n e re a lla fro n tie ra del sud u n corpo irre g o ­ la re di tru p p e le g g ie re , per p ro te g g e re la po­ polazione se d e n ta ria contro le scorrerie dei T a rta ri nom adi. Q ueste tru p p e si form avano ta lv o lta in viando alla fro n tiera i d e te n u ti delle c a rceri, ai q u ali g e n e ra lm e n te si dava il nome di C osacchi; q u esti u ltim i però non erano i cosacchi della sto ria e del romanzo; il g en u in o cosacco, il libero cosacco a b ita v a oltre la fro n ­ tie ra .

O rd in a ti q u asi m ilita rm e n te , i veri co­ sacchi si difendevano da sè e non solo b a tte ­ vano spesso i T a rta ri, m a si sp in g ev an o anche a far delle sco rrerìe su i loro territori]', v e n d i­ cando in certo modo le b a rb a rie commesse dai T a rta ri in R ussia. T u tti quei fium i che scor­ rono verso il m ezzogiorno, il D nieper, li Don, il V olga, l’Y aik o O ural e ra n so rv e g lia ti da •una b a n d a di lib e ri cosacchi, ed a nessuno

era perm esso di tra v e rsa re senza il loro p e r­ messo il te rrito rio ad iacen te.

O fficialm ente, i cosacchi era n R ussi ; si pro- fessavan cam pioni dell’ortodossia e su d d iti fe­ deli dello Czar, m a in re a ltà le cose era n d i­ verse. Q u a n tu n q u e fossero ru ssi p er o rig in e , p er lin g u a e p er inclinafcioni, l’ a b itu d in e di d a r la caccia e d’ im p ad ro n irsi delle donne ta r ta r e produsse t r a loro u n a c e rta m escolanza di sa n g u e ta r ta r o ; benché professassero l’o r­ todossia non si cu rav an o affatto di p ra tic h e re lig io s e , nè vollero m ai sottom ettersi alle a u to rità ecclesiastiche, m en tre pro testan o con­ tin u a m e n te di esser su d d iti devoti dello Czar non credevan poi necessario di obbedire ai suoi ordini che quando lor p arev a di farlo. B iso g n a però convenire che an ch e lo Czar a g iv a con essi nello stesso modo ch iam an d o li, qu an d o a lu i faceva comodo, suoi fedelissim i su d d iti, m e n tre quando riceveva dei la m e n ti su lle loro sco rrerìe nel te rrito rio tu rco , li d i­ c h ia ra v a b r ig a n ti ed assassini, dicendo che il S u lta n o aveva d iritto di p u n irli come m eglio credeva. Nello stesso tem po però che v enivan co n sid erati come b r ig a n ti, ricevevano re g o ­ la rm e n te d a Mosca p ro v v iste e m u n izio n i, e di ciò esiste la p rova in alcu n i docum enti p u b b lic a ti di recente.

F r a q ueste stra n e co m u n ità m ilita ri le più celeb ri furon quelle dei cosacchi del D nieper e dei cosacchi del D on, che differivano però m olto l’ u n a d a ll’a ltr a nell’ordinam ento. La p rim a ten e v a u n cam po fortificato in u n isola del D nieper, ed in quel luogo u n g r a n num ero di cosacchi m en av an v ita s tre tta m e n te m ili- lita re , un po’sul ten o re di q uella d eg li a n tic h i ord in i cav alleresch i al tem po delle crociate. O gni Jiuren o co m p a g n ia aveva in com une la tav o la e il dorm itorio, e alle donne era rig o ­ ro sam ente p ro ib ito di p e n e tra re nel recin to fortificato. I cosacchi del Don non eran o ac­ c a m p ati sta b ilm e n te , m a si riu n iv a n o invece a seconda delle circostanze.

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4 febbraio 1877 L’ E C O N O M I S T A 157 Q uesti vari g ru p p i di cosacchi nou ebbero

tu tti la stessa sorte. I cosacchi del D nieper disciolti colla forza da C a terin a II, vennero in p a rte tra sfe riti nei b a n c h i se tte n trio n a li del Ku- ban, ove p er m olte g en erazio n i, sotto il nom e di cosacchi del M ar Nero, furono ad o p erati a sor­ v eg lia r le fro n tiere e sostennero u n a g u e rra incessante con le trib ù tu rb o le n te del Caucaso. I cosacchi del V olga d isparvero senza lasciar di sè a lcu n a traccia, m entre q u elli del Don e dell’O ural furono a poco a poco trasfo rm ati in tru p p e irre g o la ri e come ta li funzionano anche oggi.

I re su lta ti finali d ella colonizzazione sono sta ti sem pre diversi nelle due R egioni del Nord e del Sud come diversi furono i metodi di ap p licarla. Nel Nord i russi h an n o in g ra n p a rte assim ilata, e direi quasi a s s o rb ita , la popolazione in d ig en a, m en tre al co n trario nel Sud q u esta è s ta ta o sottom essa o scacciata a d d ir ittu r a ; la spiegazione di questo fatto im ­ p o rta n te p o trà forse sp a rg e re u n po’ di luce sopra c e rti problem i storici an co ra oscuri per noi.

I p rin cip ali ostacoli che si oppongono alla fusione di d ue razze lim itrofe che vivono sotto lo stesso governo, sono in p a rte econom ici ed in p arte in te lle ttu a li; ed in a ltre parole, gli ostacoli consistono p a rte nel modo di vivere, e p arte nei concetti fo n d am en tali, e re d ita ri ed in te lle ttu a li in to rn o alle credenze e alle p r a ­ tich e religiose. N ella reg io n e N ordica i co­ loni russi in co n traro n o u n a popolazione che sotto il rapporto dello sviluppo economico non era nè superiore, nè in ferio re a loro; le trib ù finniche erano g ià agricole, possedevano te rra ad esuberanza e non ebbero però n e ssu n a r a ­ gione per c o n tra sta re ai russi la colonizzazione, talch é qu esti si stab iliro n o pacificam ente in mezzo a loro, senza che quasi i Anni se n e ac­ corgessero. F u il prim o passo verso la fusione e l’am a lg a m a delle razze.

Nel sud al c o n trario le razze in d ig e n e ancor dedite alla p asto rizia e n o m a d i, si m a n te n e ­ vano in un g rad o di sviluppo economico in­ feriore a quello dei coloni, e la conseguenza n a tu ra le di questo sta to di cose fu u n a g’uerra di sterm in io fra le due razze, sim ile a q u ella che ferve da m olte g en erazio n i in A m erica fra g l’in d ia n i pellirosse ed i coloni b ian ch i. Le trib ù nom adi h a n n o sem pre d im o strato u n a g r a n tendenza ad a tta c c a re le popolazioni se­ d e n ta rie che in c o n tra n o ; l’ a v id ità del b o tti­ no le spinge a fare sco rrerle, sp ecialm en te se h an n o dietro a sè un m ercato, ove facil­ m ente si vendono g li schiavi ; o ltre a questo

il solo istin to d ella p ropria difesa le co strin g e ad opporsi al progresso dei coloni, perchè l’al­ la rg a rsi dell’aera ag rico la re strin g e il te rre n o che serve alla p asto rizia e alla caccia. U n re ­ golam ento curioso nella sto ria dei cosacchi del Don serve d’illustrazione al fatto acccennato: quando q u esti vivevano so ltan to dell’a lle v a ­ m ento delle pecore e di r a p in a , proibirono l’a g ric o ltu ra sotto pena di m o rte ; q uesta p ro i­ bizione è s ta ta com unem ente sp ie g a ta , dicendo che desideravano di conservare nella co m u n ità 10 sp irito b a tta g lie ro , m a q u e sta spiegazione mi sem bra troppo speciosa p er esser v e ra ; la ragione, secondo me, fu q u e sta e non a l t r a ; l’uomo che co ltiv av a un palm o di te rre n o d efrau d av a i suoi vicini dei loro d iritti p a ­ sto rali.

L a lo tta fra u n a razza p a sto rale e u n a razza ag rico la può d u ra re un pezzo, m a il re su lta to finale è uno solo; g li a g ric o lto ri, per rag io n e, che è facile rin tra c c ia re , finiscono sem pre, col .tempo, p e r trio n fa re ; i nom adi son c o stre tti a ritira rs i, e quando la r itir a ta d iv en ta im pos­ sibile, l’unico scam po p er loro è quello di cam b iar metodo di v ita, se non vogliono essere esterm in ati.

L a sto ria delia colonizzazione, russa prova ad evidenza che così avviene sem pre : le trib ù nom adi sono sta te co strette ad em ig ra re o a re strin g e rsi in q u alch e lon tan issim o te rrito rio delPim pero, ed anche lì non vivono in pace, l’area ag rico la si estende c o n tin u am en te in to rn o ad essi, e ben presto non rim a rrà loro u n lem bo di terren o ove m e n a r v ita assolutam ente p a ­ sto rale; ho visto io stesso che alcu n e di q u e l­ le trib ù com inciano ad a d a tta rs i a coltivare il suolo.

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