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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.30 (1903) n.1501, 8 febbraio

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(1)

L ECONOMISTA

GAZZETTA SET TIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno I I I - Y o l. U H ?

Firenze, 8 Ferraio 1903

N. 1501

S o m m a r io : — L a B a n c a d ’ I t a l i a n e l 1902 — L a q u e s tio n e del M e z zo g io rn o — R . D. V. I p ro b le m i del- I’° r g £ì'n^ z.az^0 5 e dei lav.oro, X V I I I — L o sv ilu p p o e co n o m ico d e lla R u s s ia , I (C ont.) — R iv is ta B ib lio g ra fic a .

V. b lu ff rid a . L a g e n e s i d elle c o n s u e tu d in i g iu rid ic h e d e lle c ittà di S ic ilia — A v v . G iuseppe M . A . E nea.

R ifo rm a ra z io n a le d e ll’ o rd in a m e n to g iu r id ic o in I ta lia ed in a ltr e n a z io n i — P r o f . P ie tr o G ia r d in a . L a r a g io n e r ia n e lle A m m in is tra z io n i c o m u n a li — S a m a ra n i A zio . Le le g g i f r u m e n ta r ie — N a r d i G ustavo. M a n u a le del C o n trib u e n te c o m u n a le — L u ig i L a v a . L a C a ssa N a z io u a le di p r e v id e n z a p e r la in v a lid ità e la v e cc h ia ia d eg li o p e rai — S o m a ry F e lix . D ie A k tie n g e s e lls c h a fte n in O e s te rr e ic h — D r. W ilhelm

N eurath. O rem em v erstan d lich e N atio n a lo ek o n o m isclx e V o rtra g e — C. Golson. C o u rs d ’éco n o m ie p o litiq u e

profeisse a l óoole n a tio n a le d es P o n t s e t C h a u sse é s. T o m e l e r . — R iv is ta e co n o m ic a . ( I l commercio esterno

detta L ina - IL disegno d i legge sulle im prese e sulle associazioni d i a ssicu ra zio n e ) — G l’ I t a l i a n i n e l N o r d -

Am e ric a — I l c o m m ercio dei fo rm a g g i in I n g h i lt e r r a — G li scam b i t r a l ’ I t a l i a e 1’ E g itto — B a n ch e p o p o la ri c o o p e ra tiv e n e ll e se rc iz io 1902 C ro n a c a d e lle C a m ere di c o m m e rc io (A le s s a n d ria ) — M e rca to m o n e ta rio e B a n ch e d i e m is s io n e — R iv is ta d elle b o rs e — N o tiz ie c o m m e rc ia li — A v v is i.

L A B A N C A D ’ I T A L I A

nel 1903

Nel prossimo mese di marzo, conforme­

mente alle disposizioni dello Statuto, avrà luogo

in Roma l ’ adunanza generale degli azionisti

della Banca d’ Italia. Come di solito, noi ci ri­

serviamo di darne conto ai nostri lettori, esa­

minando la relazione del Direttore Generale

dell’ Istituto. Intanto, poiché abbiamo già nel)a

situazione al 31 dicembre 1902, pubblicata nella

Gazzetta Ufficiale del 31 gennaio, dati ed ele­

menti di fatto sulle condizioni della Banca e

sui resultati ottenuti nell’ esercizio passato, cre­

diamo oppurtuno di richiamarvi fino da ora

l’ attenzione dei nostri lettori, certi di fare ad

essi cosa gradita, data la grande importanza

che ha per il paese la situazione del primo

Istituto di credito italiano, importanza che giu­

stifica l ’ interessamento che la pubblica opinione

e la stampa mostrano per esso.

Siamo indotti ad occuparci fin da ora della

Banca d’ Italia, anche per il desiderio di correg­

gere errori ohe, per inesatta cognizione delle

cose o per altra ragione, vediamo correre ; er­

rori che possono indurre in inganno ed avere

anche una ripercussione sul mercato.

Notiamo in primo luogo, con sodisfazione,

che nell’anno 1902 è aumentata notevolmente la

riserva metallica della Banca d’ Italia, salita da

449,4 milioni a 476,8 milioni. Se può osservarsi

che ciò ha potuto facilmente avvenire, perchè il

cambio è sceso, nella seconda metà dell’ anno,

alla pari ed anche al di sotto della pari, si deve

appunto tener conto che la importazione dì mo­

neta effettiva dall’ estero per parte della Banca,

ed anche, in minore proporzione, del Tesoro e

degli altri Istituti, non ha impedito che il cam­

bio rimanesse intorno alla pari ; sintomo cotesto,

come si vede, confortante, giacché dimostra che

il cambio non ha quella sensibilità che avrebbe

senza dubbio se fosse caduto alia pari per cause

artificiose di carattere trausitorio.

Rimpetto ad uu aumento di oltre a 27 mi­

lioni nella riserva metallica, si ha, da un anno

all’ altro, un aumento di soli 7,7 milioni della

circolazione della Banca, vale a dire una dimi­

nuzione di 36 milioni nella circolazione nel li­

mite normale con la garanzia metallica del 40 0[0,

ed un aumento di 44 milioni nella circolazione

interamente coperta da riserva metallica; con

che, come si vede, aumenta la percentuale della

riserva totale alla circolazione totale, che va, in­

fatti, da 49.10 a 52.05 0{0.

Il portafoglio interno presenta un aumento

di 17 milioni, essendo salito da 258 a 275 mi­

lioni ; le anticipazioni sono aumentate da 32.6

milioni a 46.4 milioni.

Notevolissima e meritevole di osservazioni

e di schiarimenti, e la differenza che si avverte

nelle operazioni immobilizzate o non consen­

tite dalla legge ; le quali dalla somma di lire

234,799,490 al 31 dicembre 1901, discendono, al

31 dicembre 1902, alla somma di L. 162,598,399,

con una diminuzione di lire 72,201,091. Questa

diminuzione deriva per lire 60,398,534 dalla

compensazione operata col fondo di accantona­

mento formato con gli annuali prelevamenti su­

gli utili, e per le rimanenti lire 11,802,557 da

effettive realizzazioni avvenute durante l ’anno.

Questa somma di effettive realizzazioni sem­

bra a noi importante, se si tiene conto delle con­

dizioni del mercato in generale e di quelle non

incoraggianti della proprietà fondiaria, specie

nel Mezzogiorno, che non alletta ancora il ca­

pitale.

(2)

,82

L ’ E C O N O M I S T A

8 febbraio 1903

Il concetto del legislatore è stato questo

poiché la liquidazione delle operazioni immobi­

lizzate darà luogo a perdite considerevoli, e

ppichè per far fronte appunto a queste perdite

si dispone che sieno prelevate dagli utili an­

nuali -somme da accantonare, si autorizzi la

Banca, alla fine del terzo triennio, a fare il

compenso. Si otterrà con ciò lo stralcio dal

conto delle operazioni immobilizzate di quelle

partite che, rappresentando le partite accertate,

non costituiscono più attività da liquidare. Ciò è

appunto quello che la Banca d’ Italia per deli­

berazione del Consiglio Superiore ha fatto, con­

trapponendo il fondo di accantonamento di oltre

60 milioni ad una egual somma di perdite accer­

tate che figuravano fin qui nelle immobilizzazioni.

Questa deliberazione, perfettamente legale

e logica, ha dato luogo a commenti e discussioni.

Alcuni hanno affermato che, passato il

fondo accantonato a pareggio di operazioni im­

mobilizzate, gli interessi annuali sul fondo me­

desimo, che è, come si sa, impiegato in titoli

di Stato o garantiti dallo Stato, sarebbero an­

dati ad aumentare gli Utili liberi e disponibili

della Banca. Ciò . è contraddetto dalle precise e

chiare disposizioni della legge bancaria.

L ’ articolo 53 del citato Testo Unico stabi­

lisce

infatti che il fondo di accantonamento da

formarsi con gli annuali prelevamenti sugli utili

e con gli interessi composti relativi, e destinato

ad assicurare la liquidazione entro il quindicen­

nio delle operazioni immobilizzate e a compen­

sare le perdite, deve rimanere intangibile allo

spopo accennato. Più esplicito è il successivo

articolo 56 il quale dispone : « Nella formazione

del bilancio generale della Banca d’ Italia, agli

effetti del computo degli utili annui, non dovrà

tenersi conto del capitale e degli interessi del

fondo di riserva straordinario di cui all’ art. 53. »

G io va avvertire, poi che lo stesso articolo 53,

prevedendo il caso che le perdite della liquida­

zione delle immobilizzazioni sieno minori del

fondo di accantonamento, dispone che la ecce­

denza di questo sia destinata ad ammortamento

di perdite della Banca Romana.

Detto ciò, per chiarire questo punto, atto,

come si intende, ad eccitare le fantasie speeula-

trici, noi non possiamo non esser lieti del cam­

mino percorso dalla Banca d’ Italia, la quale im­

ponendosi un rigido e severo programma che si

è risoluto in gravi ma necessari sacrifizi "per i

propri, azionisti, ha ottenuto fin qui risultati sod­

disfacenti che consentono di guardare con tran­

quillità e giustificata fiducia all’ avvenire. Se si

tiene presente; che la ispezione governativa fatta

nel 1894 accertò una massa di operazioni immo­

bilizzale per 1’ ammontare di 449 milioni; che,

-come ricordava il Direttore generale della Banca

nella relazione letta all’ Assemblea del 1902, fu­

rono aggiunti ai 449 milioni altri 57 milioni di

„partite immobilizzate, si vede che le immobiliz­

zazioni sono diminuite, di circa 345 milioni. Que­

sta diminuzione è dovuta a versamento e a sva­

lutazione di capitale, a realizzazioni ottenute e

„ad accantonamento di utili;

Ora se si tiene conto

c h e

continua 1’ accan­

tonamento annuale di sei milioni, e continua l’ac­

cumulamento degli utili sul fondo accantonato ;

che, in conformità all’ articolo 50 del Testo

Unico citato, la Banca ha facoltà di contrap­

porre alle immobilizzazioni la massa di rispetto

per la parte disponibile, e che, intanto, conti­

nuerà la liquidazione delle operazioni immobi­

lizzate, si può vedere non molto lontano il giorno

in cui queste, dall’ ammontare attuale di 162 mi­

lioni, scenderanno intorno al centinaio di milioni.

E qui, considerando che la Banca d’ Italia

ha un capitale versato di 180 milioni, superiore

a quello di importanti Istituti di emissione di

altri paesi, di due milioni e mezzo soltanto in­

feriore al capitale della Banca di Francia, noi

domandiamo se non sia opportuno studiare una

modificazione alle leggi bancarie — modifica­

zione che anche per altri rispetti si impone —

che consenta alla Banca la facoltà di possedere

un centinaio di milioni di buone proprietà di

conveniente e sicuro reddito, a titolo di investi­

mento di una parte del capitale sociale. Questo

nostro concetto, sul quale avremo occasione di

ritornare, non deve sembrare arrischiato se si

considera specialmente l’ufficio che compie il ca­

pitale della Banca.

Passando ora ai risultati dell’ esercizio, tro­

viamo indicati gli utili netti nella somma di

L. 5,602,744,20, il che dimostra che il divi­

dendo sarà, come nell’anno 1901, di L. 18.

Poiché il lavoro dell’ Istituto è stato, nel

1902, maggiore di quello del 1901, e maggiori

ne sono stati pure i risultati, dobbiamo ritenere

che 1’ Amministrazione abbia voluto, con savio

e prudente criterio, provvedere ad opportuni

ammortamenti e ad utili sistemazioni di partite

sospese; e su ciò restiamo in attesa^delle spie­

gazioni che all’Assemblea degli azionisti darà il

Direttore Generale, col quale intanto ci congra­

tuliamo vivamente per le risultanze ottenute e

per la saggia via seguita, corrispondente alle

previsioni fatte Hall’Economista fino da quando

ebbe luogo la sua nomina.

(3)

LA QUESTIONE DEL MEZZOGIORNO

N ell’ ùltimo fascicolo della N uòva Antologia

1’ on. Giacinto Fraseara pubblica un articolo in­

titolato « il problema del Mezzogiorno d’ Italia »

nel quale articolo, uscendo dalle troppo frequenti

banali affermazioni, sono esaminate varie questioni

da un punto di vista obbiettivo. Non diremo di

essere d’ accordo coll’ on. Fraseara in tutti i

punti, anzi ci sembra che in qualche parte della

sua diagnosi non sia stato completamente esatto,

e sia d’ altra parte troppo ottimista circa la ef­

ficacia dei provvedimenti che propone; nondi­

meno vi sono molti punti nei quali consentiamo

pienamente, specie laddove dimostra il danno

che le singole regioni d’ Italia hanno risentito

dalla rigida uniformità della legge, la quale uni­

formità se era consigliabile per cementare l’ unità

politica, doveva essere limitata alle leggi di ca­

rattere principalmente politico, ma essere più

elastica, più adattabile nei riguardi amministra­

tivi e sopratutto fiscali.

Conviene però a tale proposito considerare

che al primo costituirsi della unità italiana ven­

nero estese a tutto il Regno quasi le sole leggi

vigenti nel Piemonte o copiate quelle che erano

in vigore la Francia ; e tutti e due questi Stati per

lungo periodo storico avevano già cementata la

loro unità e la uniformità delle leggi era il

lento prodotto di tale processo ; nel 1860 invece,

quando quasi tutta l ’ Italia fu unita in un solo

regno, sarebbe stato necessario iniziare un pe­

riodo di lento adattamento lasciando sussistere

il più possibile delle consuetudini amministra­

tive e fiscali finché a poco a poco 1’ unità fosse

stata possibile per necessità di cose.

Ma ormai è inutile recriminare sul passato,

basta rilevare che una gran parte dell’ origine

dell’ attuale dissidio è dovuta, a nostro avviso,

a questa uniformità di tutte le leggi, la quale

non permise a tutte le regioni di camminare

collo stesso passo.

Ed avremmo anche voluto che 1’ on. Fra­

seara tenesse conto di un altro elemento impor­

tantissimo per giudicare del problema del Mez-

zogiorno. Nessuno nega il grande sviluppo

economico delle provincie settentrionali special-

mente Piemonte e Lombardia; ma noi vorremmo

che si chiedesse : oggi le provincie settentrio­

nali sono più distanti da quello che erano

nel 1860, da quello che, a paragone della loro

situazione in quell’epoca, sono ora le provincie

meridionali ?

E se si può accertare per molti elementi

che le provincie meridionali sono oggi in una

condizione di inferiorità economica e sociale _

parliamo del complesso della popolazione — cre­

diamo che non sia arrischiato il dire che dal 1860

a(ì oggi hanno fatto in via assoluta più passi

verso un effettivo miglioramento di quello che non

abbiano fatto le provincie settentrionali. Che se

ciò non appare a prima vista, egli è perchè non

ci ricordiamo facilmente quale distanza sepa­

rasse sotto moltissimi aspetti quaran’anni or

sono il Nord dal Sud.

In ogni modo ci compiacciamo di segnalare

l ’articolo dell’ on. Fraseara perchè mette bene in

chiaro che il problema del Mezzogiorno non sta,

uè nello sgravio sul sale nè in quello della impo­

sta fondiaria ; ma in tutto un complesso di prov­

vedimenti economici di ordine diverso che, te­

nendo conto delle differenti condizioni economi­

che e sociali del Sud, sia adattato ad esse e

rompa l’ incantesimo di una uniformità legisla­

tiva che oggi meno che prima ha ragione di

sussistere.

Illustrando solo una frase dell’on. Fortunato,

accettata dall’ on. Fraseara, che'cioè i migliora­

menti che vi furono nelle provincie del Mezzogior­

no non furono tali da compensare l’ aumento dei

gravami ; — troviamo che tale affermazione si

spiega facilmente col giudizio da lunga pezza

universale della iniquità del sistema fiscale sul

quale fu edificato il nuovo Regno. Che se tale

sistema fiscale apparve a tutti ingiusto, vessa­

torio, irrazionale, è logico che tanto più eserci­

tasse malefica influenza in quelle provincie che

meno si trovarono in caso di sopportarne il

peso; e che le ingiustizie, le sperequazioni, gli

eccessi, molesti a tutte le regioni, lo fossero

tanto più dove la potenzialità economica era

minore, dove la possibilità degli arbitri più

facile, dove il predominio della prepotenza dei

pochi sui molti più estesa ed intensa.

Un altro punto sul quale siamo in perfetto

accordo coll’on. Fraseara è dove parla della leg­

genda, per tanto tempo accettata come verità,

che l ’ Italia, e specialmente il Mezzogiorno, o.b-

biano il loro avvenire nella agricoltura. Finché

vi sono nel mondo vaste terre che hanno scarsa

densità di abitanti o non hanno subito secolari

sfruttamenti, e finché le vie di comunicazione

saranno almeno cosi facili come ora, i paesi a

grande densità che hanno terre che richiedono

larghe reintegrazioni di elementi produttivi, non

potranno mai competere sul mercato mondiale

dei prodotti agricoli, se non quando si tratti di

prodotti speciali.

Importantissima è la parte dell’articolo del­

l’onorevole Fraseara, dove cerca di dimostrare

la possibilità che anche il Mezzogiorno diventi

una regione industriale. Noi crediamo veramente

che nulla vi sia di incompatibile con tale tra­

sformazione economica, perchè'o la forza mo­

trice, o le braccia, od il buon mercato del lavoro,

od il genio della popolazione non mancano.

Il nostro diligente collaboratore ed amico,

E. Z., l ’ahùò scorso in Una serie di lèttere ha

trattato con molta competenza tale argomento,

venendo per altre vie alle stesse conclusioni del­

l’on. Fraseara.

Solamente crediamo che anche su tale pro­

posito bisogna non farsi illusioni. La trasforma­

zione del Mezzogiorno in un paese industriale,

non può ottenersi che con molta lentezza e deve

precedere un periodo di esperimenti, i cui ri­

sultati invoglino i capitali.

(4)

84

L’ E C O N O M IS T A

8 febbraio 1903

ed ogni giorno più l ’ Italia, nonostante gli errori

economici dei governi, progredisce nel migliora­

mento del suo lavoro. E come molte altre mani­

festazioni hanno il loro cammino da Nord a Sud,

e non solamente in Italia, cosi anche questa

dell’ estendersi del lavoro manifatturiero procede

lentamente dal Nord al Sud, e se non ci ingan­

niamo già, per sintomi manifesti, il movimento

arriva nella Italia centrale ed a poco a poco

vincendo gli ostacoli penetrerà nel Sud. Ma non

illudiamoci nel credere che la trasformazione

possa essei'e rapida ; occorre un certo tempo di

esperimento e di maturazione. Certo gioverà assai

che la azione specie fiscale dello Stato non sia di

impedimento al naturalo cammino del lavoro

manifatturiero, e 1’ on. Erascara fa benissimo ad

invocare in proposito un più razionale sistema.

Intanto è bene insistere nella propaganda

di concetti che valgano a sfatare le false leg ­

gende fin qui tenute in onore, ed a mettere il

grave problema nella sua vera luce ; a ciò ser­

vono mirabilmente lavori coscienziosi ed obbiet­

tivi come quelli dell’on. Erascara.

I PROBLEMI

D E L L 'O R G A N I Z Z A Z I O N E D E L L A V O R O <)

XV III.

I c o n f l i t t i c o l l e t t i v i .

I mezzi escogitati per prevenire e risolvere i

conflitti collettivi si riducono a tre : la conciliazio­

ne, la mediazione e l ’arbitrato, e la loro applica­

zione è stata più o meno estesa, fàcile ed efficace

a seconda del grado di sviluppo cui è giunta la

organizzazione del lavoro. Non possiamo avere

la intenzione o lo scopo di trattare ora quei vari

argomenti in modo completo, perchè altro è il

nostro compito ; ma prima di por termine a que­

sto breve esame dei conflitti collettivi, ci occorre

esaminare rapidamente quei mezzi che sono di­

retti appunto a prevenire e risolvere le vertenze

industriali. E occorre appena avvertire che lo

sciopero può essere prevenuto con provvedimenti

idonei, relativi alla organizzazione economica della

industria, ossia, ad esempio, con quegli espedienti

che vengono a far partecipe l’operaio, in qualche

misura, dei buoni risultati della impresa. Ma poiché

si tratta di provvedimenti che hanno ancora scarsa

applicazione, si comprende che delle vertenze

industriali collettive occorra cercare la soluzione

per le vie e coi mezzi pacifici, perocché è in.

teresse comune delle due parti in conflitto di

regolare il contratto di lavoro e di farlo fun­

zionare senza che sia necessario di ricorrere

alla cessazione del lavoro. Il danno che esse

possono risentire è sufficiente, per sé solo, a con­

sigliare e a giustificare ogni tentativo di conci­

liazione.

Infatti, come ebbe a definirlo il Eontaine,

il tentativo di conciliazione ha lo scopo di av­

vicinare g l’imprenditori e gli operai, di dissipare

i malintesi mediante la discussione e di far ap­

prezzare da ciascuna delle due parti i motivi che

*) V ed i il n u m e ro 1499 d e ll’ Econom ista.

dettano la condotta dell’altra. Esso suppone ne­

cessariamente il contatto degl’interessati o dei

mandatari eletti o scelti fra loro, senza pro­

scrivere tuttavia la presenza di terzi conciliatori.

E il tentativo o non riesce o adduce a una con­

venzione, la quale, risultando da un accordo di­

retto, è accettata senza difficoltà.

La conciliazione ci appare cosi, subito, quale

il mezzo migliore di ristabilire l ’accordo tra le

parti, perchè se essa riesce, le nuove clausole

del contratto di lavoro non sono già imposte da

un terzo, ma concordate d’accordo dagli interes­

sati. Esse quindi presentano maggiore probabi­

lità d’ essere accettate senza opposizione e di

durare più a lungo. Ora, non vi può essere chi

non veda che la organizzazione del lavoro, la

formazione, cioè, di associazioni operaie, la sti­

pulazione di contratti collettivi di lavoro, rende

più fàcile, generalmente, il ricorso alla concilia­

zione, pel fatto medesimo che la massa operaia

ha di già i suoi rappresentanti, i quali conoscono

i bisogni, le ragioni degli operai e possono fare

valere queste e spiegare quelli, così da chiarire

la condizione delle cose e in pari tempo sono

meglio in grado di intendere le ragioni e i biso­

gni dell’ altra parte. Il fatto che talvolta l ’ in­

successo della conciliazione debba imputarsi ai

rappresentanti della classe operaia non modifica

sostanzialmente quella condizione di cose ; vuol

dire soltanto che si fanno intervenire altri ele­

menti di carattere non economico ; e non neghiamo

certo che ciò sia un male, ma neanche possiamo

ammettere che per quella intrusione possibile si

abbia a condannare la organizzazione del lavoro.

Gli operai giudicheranno ben presto 1’ opera dei

loro rappresentanti, perchè i fatti permettono di

apprezzarla senza grandi indugi e vedranno to­

sto se convenga loro di avere per patrocinatori

dei propri interessi uomini che confondono la poli­

tica <ion la economia, le aspirazioni di una riforma

sociale molto lontana, con le pratiche migliori da

introdurre nel contratto di lavoro.

(5)

alla migliore cognizione dei fatti, sui quali deve

pure fondarsi la soluzione del conflitto collettivo,

qualunque esso sia.

L ’arbitrato ha invece lo scopo di far risol­

vere la controversia da una o più persone non in­

teressate nella questione, persone che, nell’arbi­

trato facoltativo, derivano la loro missione dalla

libera scelta delle parti e. che sono appunto gli

arbitri.

La inchiesta eh’essi devono fare permette

loro di raccogliere gli elementi necessari per

pronunciare la sentenza arbitrale, alla quale le

parti devono essersi sottomesse in precedenza.

L ’accettazione dell’arbitrato logicamente — ma

la logica è spesso conculcata — dovrebbe porre

un termine al conflitto, nel senso che la deci­

sione dell’ arbitro è quella che dovrà stabilire i

nuovi patti e non si può a p r io r i supporre che

il lodo arbitrale non sia accettato o che l ’arbi­

tro, all’ultimo momento, rinunci al mandato. In­

vece la conciliazione può non riuscire e in tal

caso la vertenza rimane del tutto insoluta. Di

più l ’arbitrato suppone la presenza di una terza

persona o di una terza parte disinteressata, che

deve risolvere il conflitto; invece la conciliazione

può essere raggiunta dagli imprenditori e dagli

operai senza intervento di estranei. Inoltre, la

funzione morale e pacificatrice del tentativo di

conciliazione è superiore a quella dell’ arbitrato,

e ciò perchè la conciliazione è fondata necessa­

riamente sopra reciproche concessioni e può non

solo risolvere il conflitto già sorto, ma preve­

nirlo per 1 avvenire, col regolare le condizioni

future del lavoro, col sistemare di comune ac­

cordo tutte le questioni suscettibili di difficoltà.

Manca coll arbitrato il contatto diretto ; ciascuno

vuol provare all’arbitro che la ragione è dalla

propria parte e in questo sforzo, del resto na­

turale, dato il carattere del mezzo adoperato per

risolvere il dissenso, è più facile che i proponi­

menti pacifici, il senso del giusto e dell’equo, la

chiara intelligenza del possibile, si smarriscano,

anziché rafforzarsi.

... P 11’ altra differenza importante tra la con­

ciliazione e l'arbitrato è in ciò, che quest’ultimo

non può essere adoperato nella risoluzione di

qualsiasi conflitto. E questo per una duplice ragio­

ne, la prima delle quali è stata indicata da un

esperto scrittore, l’inglese Crompton, in queste

parole: i due sistemi differiscono ancora su que­

sto punto, che l ’ arbitrato non può applicarsi che

alle questioni industriali più vaste e più generali,

mentre un^ consiglio di conciliazione si occupa

dei piu minuti particolari della vita industriale.

Ma vi e un altra ragione, e cioè mentre una di­

scussione nel consiglio di conciliazione potrà sem­

pre farsi utilmente, purché abbia una relazione

anche tenue col contratto di lavoro o si con­

netta alle condizioni del lavoro nell’interno della

fabbrica, la possibilità stessa di deferire al giu­

dizio dell’arbitro, dipende strettamente dalla

posizione delle questioni. Bisogna che la deci­

sione arbitrale s’appoggi sopra principi e fatti,

be^manca questa base positiva, l ’arbitro non

può che dare, come dicesi, un colpo alla botte e

i altro al cerchio. Bisogna che si tratti di in­

tei pretare una consuetudine, di confrontare delle

situazioni, di decidere sulla realtà dei fatti espli­

citamente o implicitamente invocati dall’ima o

dall’altra delle parti; diversamente il giudizio

dell’arbitro è un semplice apprezzamento indi­

viduale, che può riescine male accetto, anche a

entrambe le parti.

La mediazione, infine, suppone l ’intervento

di una terza persona, non in qualità d’arbitro,

bensì come intermediario per offrire i suoi buoni

uffici ad entrambe le parti. Sono queste che de­

vono venire a un accordo, ma il mediatore può

grandemente agevolarlo. Egli, col suo tatto, col

saper dirigere le discussioni, coll’abilità di met­

tere in chiaro i punti sui quali il disaccordo non

è sostanziale, col cercare che le parti si portino

gradatamente sul terreno conciliativo, rinunciando

a quelle domande che sollevano opposizioni ir­

riducibili e sostituendole con altre suscettibili di

discussione, rende indubbiamente servizi rile­

vanti e può far sì che la conciliazione dapprima

ritenuta impossibile, divenga invece un fatto

compiuto. E un compito assai delicato quello del

mediatore, il quale se non ha la responsabilità

che deriva da una sentenza arbitrale, può avere

quella di non aver saputo condurre le cose in

modo che la conciliazione potesse aver luogo.

Le leggi di alcuni Stati hanno mirato a

rendere di facile applicazione il ricorso alla

conciliazione, alla mediazione e all’arbitrato,

specialmente alle prime due. L’ argomento è in­

dubbiamente del maggior interesse e meriterebbe

una speciale trattazione, specie per vedere i ri­

sultati, che quelle leggi hanno permesso di ot­

tenere. Ma anche senza intraprendere una simile

ricerca, possiamo dire che la legislazione ha o t­

tenuto, almeno nell’Europa, risultati relativa­

mente scarsi. La conciliazione ha dato buoni ri­

sultati quando è stata tentata per impulso pro­

prio delle associazioni operaie o di quelle degli

imprenditori; invero può dirsi che l ’istituto, pur

così importante e utile, della conciliazione ha fun­

zionato solo là dove le condizioni della organizza­

zione del lavoro, il grado di coltura degli operai,

lo spirito conciliativo degli imprenditori, hanno de­

terminato un ambiente favorevole ai tentativi di

comporre amichevolmente le vertenze. E la stessa

considerazione può farsi rispetto all’arbitrato.

Dove poi questo istituto fu reso obbligatorio,

non è venuta meno l ’efficacia delia conciliazione,

come viene dimostrato dalle relazioni sull’ap­

plicazione delle leggi della Nuova Zelanda in­

tim o alla conciliazione e l’ arbitrato. Ivi il mag­

gior numero dei conflitti sono risoluti dagli uffici

di conciliazione e di gran lunga il minore dalla

corte arbitrale. Sicché può ritenersi fondata-

mente che una sana, prudente e oculata orga­

nizzazione del lavoro deve, in ultima istanza,

riescire favorevole alla migliore risoluzione dei

conflitti collettivi; e questo risultato benefico si

raggiungerà pienamente sopratutto quando negli

imprenditori e negli operai si sarà radicata l ’abi­

tudine di esaminare insieme le cause del dis­

senso e di cercare, con pari ardore e serenità,

di risolverlo.

(6)

86

L ’ E C O N O M IS T A

8 febbraio 1903

Lo sviluppo economico della Russia

I.

La libreria A. Colin pubblica un volume in­

teressantissimo del sig. J. Machat sullo sviluppo

economico della Russia *) ed anziché darne una

semplice recensione, la importanza dell’argomento

ci induce a farne un più largo esame riassuntivo.

Premettiamo solo che l’Autore, oltre al concetto

in sé felicissimo di far conoscere la Russia econo­

mica così poco nota, ha avuto il saggio criterio

di attingere a buone e numerose fonti, delle quali

dà l’elenco, e ha seguito nella sua esposizione un

buon metodo, dividendo la produzione in quelle

stesse partizioni che si sogliono usare per i paesi

sotto questo aspetto più noti e più ricchi di

pubblicazioni statistiche. L’ Autore va quindi

anche per questo lodato e non gli si possono im­

putare le lacune che può presentare il suo libro,

poiché le difficoltà che deve aver superate le com­

prendono facilmente coloro che conoscono gli

ostacoli che si incontrano a raccogliere completi

e vasti dati statistici. Il volume contiene 4 carte e

dieci diagrammi; non è un’ arida esposizione di

cifre, ma una ordinata descrizione dello stato

delle cose con dati numerici.

Comincia il volume — dopo l ’introduzione ed

un ampio riassunto che ne invoglia la lettura, tanto

fa sapere cose che sono poco note — a descri­

vere le risorse minerarie dell’Impero, oprimi i me­

talli e primo di questi l’oro. Come si sa, in Russia

l'oro è monopolio dello Stato e tutto deve essere

rimesso ai laboratori imperiali. Le ultime cifre

sicure conosciute sono quelle del 1898 che danno

38,800 chilog. di oro greggio, dal quale furono

ricavati 34,000 chilog. di oro puro ; si afferma

che non ostante i furti ed il contrabbando che si

ha nelle^miniere, il 1900 avrà dato circa 40,000

chilog. E bene notare che l’Africa del Sud aveva

dato nel 1898 117,000 chilog. e 98 mila gli Stati

Uniti e 94 mila l’ Australia; tuttavia è opinione

di molti che la Russia possa accrescere di molto

la sua produzione, la maggior parte della quale

viene dalla Siberia, sia dalla sabbia delle steppe

che dalle alluvioni dei fiumi, specie nella provin­

cia d’Irkoutsk, che dà il 75 0[0 del totale. Quando

le strade d’accesso nella Siberia saranno costruite,

ed a ciò gioverà molto la ferrovia transiberiana,

e quindi il vettovagliamento degli operai sarà

più facile, l ’ estrazione d e ll’ oro potrà essere

estesa ed intensificata con metodi migliori.

Meno importante assai è invece la produzione

dell’ argento; non perchè manchino i terreni ar­

gentiferi come le steppe del Kirghiz, l ’Aitai, la

Transbaikalie e la Yladicaucase, ma perchè, o

manca il combustibile per mantenere accesi gli

alti forni necessari all’ estrazione del metallo

dal minerale, o perchè l ’aumento della produ­

zione dell’ oro ha distolte le braccia da quella

dell’argento; così la produzione di questo me­

tallo che nel 1830 era di 20,000 chilog. è scesa

a 5490 nel 1898.

i)_ J . M ach at, Le développement économique de la

JRussie. — L ib . A rm a n d Colin, P a r is , 1902, p ag . 131

(fr. 4).

Come è notò il platino in grani non si trova

che nei monti Urali nel distretto di Perm ; la

produzione di questo metallo negli ultimi tre

anni è passata da 4500 a 6000 chilog. cioè

il 90 per cento della produzione di tutto il

mondo.

Il ferro si trova spesso in abbondanza sotto

tutte le diverse forme, ricchissimi ne sono gli Urali

nei distretti di Perm, Oufa ed Orenbourg nelle

specie di magnetite e limonite. La Russia meri­

dionale presso Jekaterinoslaf ha ricchi giaci­

menti di ematite e così nei distretti di Mosca,

Vladimiro, Poula e Kaluga ecc. si trovano gia­

cimenti considerevoli del metallo di ferro, la cui

estrazione è ostacolata principalmente dada scar­

sezza della mano d’opera; tuttavia la produzione

è passata dal 1893 al 1899 da 2 a 4 1;2 milioni

di tonnellate ; le sole miniere di Krivorog nella

Russia meridionale danno un terzo del totale.

È bene ricordare che gli Stati Uniti producono

26 milioni di tonnellate, la Gran Brettagna 15,

la Germania circa 17; però la Russia, per l ’au­

mento proporzionale negli ultimi anni, occupa il

primo posto.

Non mancano il cinabro, da cui si estrae il

mercurio, l’Impero ne produce per 100,000 ton­

nellate ; — il manganese è abbondante nel Cau­

caso, nell’ Ural, una produzione di circa 330,000

tonn. Scarsa è invece la produzione di rame,

zinco, e piombo, non perchè manchino i minerali,

ma mancano i mezzi per estrarli.

Il sig. Machat, a proposito del carbón fos­

sile, osserva che 1’ estrazione ha assunto metodi

razionali prima nella sola Gran Brettagna, ma

che poi quei metodi si sono propagati verso

l ’est, ed oggi, per quanto il primato quantitativo

spetti sempre alla Gran Brettagna coi suoi 200

milioni di tonn. seguita da presso dagli Stati

Uniti con 175 milioni, il primato dell’ aumento

negli ultimi anni spetta alla Germania che è arri­

vata ad 86 milioni e subito dopo viene la Russia che

nel 1855 non arrivava a mezzo milione di tonnel­

late, nel 1880 era già a 4 milioni e nel 1899 sorpas­

sò i 13 milioni. I giacimenti in Russia sarebbero

numerosissimi e distribuiti in quasi tutte le parti

dell’Impero, ed il solo bacino del Donetz, recen­

temente visitato, avrebbe una grande ricchezza

di carbone e di antracite. Tuttavia la Russia è

ancora importatrice di carbone dall’ estero per

due milioni e mezzo di tonnellate, sebbene da

qualche tempo molte officine si servano per com­

bustibile dei residui della nafta, il quale prodotto

è, come noto, abbondantissimo nel Caucaso presso

Bakou dove nel 1880 se ne estrassero 950,000 ton­

nellate, nel 1889 3,500,000, nel 1894 quasi ben

7,000,000 e nel 1899 ben 9 milioni di tonn. Gli

Stati Uniti nel 1897 producevano circa 8 milioni

e mezzo di tonn. di nafta e l’aumento annuo è di

circa mezzo milione di tonn. cioè la metà del­

l’aumento russo. Il sig. Machat, sulla fede di

scrittori russi, afferma che nella Russia artica si

sono recentemente scoperti grandi giacimenti di

nafta.

(7)

Russia Europea

Finlandia

Caucaso

Siberia

Turkestan

165 milioni di ettari

20

» » 8 » » 3 8 » »

3

»

»

Quindi per la Russia Europea quasi il 40 0[o

della totale superficie, mentre ne ha il 33 0[o la

Svezia-Norvegia, ed il 25 0;o la Germania; na­

turalmente la qualità degli alberi va mutando

da Sud a Nord e la proporzione della superficie

boschiva sulla totale va aumentando pure da

Sud a Nord. Di questa immensa superficie bo­

schiva poco però fino adesso si è tratto pro­

fitto ; si può dire che il taglio regolare non si

faccia che su 33 milioni di ettari quasi tutti di

proprietà dello Stato. Il trasporto del legname

è fatto quasi sempre per fluitazione da una po­

polazione tutta speciale, che vive della foresta

prendendo in appalto collettivamente dagli ac­

quirenti, per solito tedeschi, il taglio, la sega­

tura ed il trasporto del legname.

La grande industria del legname in Russia

occuperebbe 80,000 operai per conto dello Stato,

ed altri 300,000 per conto dei privati, ed il rendi­

mento sarebbe di circa 500 milioni di lire; cifra

che era appena la metà dieci anni or sono, giac­

ché, oltre l’aumento del legname greggio si è

anche sviluppata la. industria delle segherie,

dei mobili, delle casse d’imballaggio, delle sca­

tole ecc., così che con questo progresso industriale

si è arrivati a consumare circa tre quarti dei 180

milioni di metri cubi di legno che producono le

foreste russe. E la Russia esporta in Germania

circa 100 milioni di lire in legno, 80 milioni in

Inghilterra e 50 milioni in Austria-Ungheria.

Accenneremo brevemente a ciò che riporta

il nostro Autore riguardo alla pesca ed alla

caccia. I russi lamentano la diminuzione del

pesce d’acqua dolce, causato forse dal modo

poco regolare di pesca; tuttavia la produzione

supererebbe 1,200,000 tonnellate di cui 900,000

tonn. di carpi, e nel solo bacino del Volga si

consumerebbero annualmente 300,000 tonn. di sale

per confezionare il pesce.

Per una serie di cause che l’Autore descrive

soffermandovisi alquanto, tra cui il clima ed il

terreno salato che non rendono possibili le pra­

terie, ed il gelo che obbliga a lunghe stabula­

zioni, la Russia non è molto avanzata nell’ alle­

vamento del bestiame se. non in alcune delle sue

regioni ; tuttavia le statistiche affermerebbero

che la parte detta Nuova Russia possegga ogni

100 abitanti 50 bestie da soma e 170 montoni;

la proporzione sembra veramente alquanto alta

In quanto ai cavalli l ’intero Impero ne avrebbe

per 33 milioni, cioè la metà dei cavalli di tutto

il mondo.

Dei prodotti animali la lana occupa il primo

posto; la Russia ne fa esportazione per 30 mi­

lioni di lire; viene poi il burro la cui produ­

zione sarebbe di 7 milioni di chilogrammi, ed il

formaggio di 3 milioni e "mezzo; delle uova di

pollame la Russia avrebbe esportato per 80 mi­

lioni di lire.

Il sig. Machat comincia poi a parlare della

agricoltura, e di questa parte terremo conto in

un prossimo articolo.

{Continua).

Rivista (Bibliografica

V . G iu f f r id a . — L a genesi delle consuetudini giuridi-

che delle città d i S icilia . — C a ta n ia . .N. G -iannotta,

1901, pag. 98.

La principale questione della quale si oc­

cupa l ’Autore è stata largamente discussa dai

dotti per determinare se ed in qual misura deb­

bono attribuirsi le consuetudini giuridiche sici­

liane ad origine bizantina o normanno-sveva. La

mancanza di documenti rende difficile la prova

decisiva dell’una o dell’altra ipotesi, tuttavia lo

Autore, con copia di argomenti e coll’esame ac-

curato degli scrittori che si sono occupati della

questione, conclude respingendo l ’ opinione che

ha attribuito alle consuetudini siciliane origine

normanna, senza negare con questo che le ori­

ginarie consuetudini siciliane, derivanti dal di­

ritto romano-giustinianeo, non abbiano subite

alterazioni anche profonde nel periodo normanno

ed in quello svevo.

A v v . G i u s e p p e M . A . E n e a . — R ifo r m a razionale

d e ll’ ordinam ento g iu ridico in I ta lia ed in altre n a ­ zioni. — C ittà d i C a stello , S. L ap i. 1902, p a g . 207.

L ’Autore ha già formulati nei rispettivi

Congressi due progetti di legge, l ’uno per il

miglioramento del personale delle cancellerie e

segreterie giudiziarie, l ’altro per il migliora­

mento della magistratura italiana.

Nel volume di cui parliamo, l ’Autore dà

ragione ampia delle sue proposte e yi aggiunge

la trattazione della parte finanziaria, che ha pure

non lieve importanza.

Alcune delle proposte dell’Autore sono ve­

ramente ardite, come quella dell’ abolizione del-

Appello e del giudizio contumaciale. Certo è che

affine di ottenere un possibile miglioramento

nelle condizioni dei Magistrati, e nessuno può

negare che ve ne sia bisogno, ove non si pos­

sano ottenere dotazioni cospicue nql bilancio di

Grazia e Giustizia, non vi è altra via che quella

di semplificare tutto il meccanismo con cui si

rende giustizia, e risparmiando nel numero del

personale, fare a coloro che rimangono una po­

sizione corrispondente all’ altezza ed alla delica­

tezza dell’ufficio che cuoprono.

Alla importantissima questione l’Autore ha

portato col suo libro un contributo degno di nota.

P r o f . P i e t r o G i a r d in a . — L a ra g io n e ria nelle A m m i­

n istra zio n i com unali. — M odica, C. P a p a , 1901,

p a g . 341.

L’ ordinamento amministrativo e contabile

dei Comuni è determinato dalla legge 4 mag­

gio 1898 e dal regolamento 19 settembre del-

1’ anno successivo, nell’ intendimento di modellare

la contabilità dei Comuni, nelle linee sue gene­

rali, a quella dello Stato. Ma, avverte l ’Autore,

se nei grandi Comuni tali riforme sono state

applicate, nella maggior parte degli altri sono

rimasti gli antichi guai.

(8)

88

L ’ E C O N O M IS T A

8 febbraio 1903

di un sistema pieno zeppo di abusi, di irrego­

larità, di pessimi espedienti. Il prof. Giardina si

propone nel suo libro di presentare una « con­

tabilità _ vera, corretta, leale, specchio fedele,

dei fatti dell' azienda ».

A questo scopo, dopo le nozioni generali,

l’Autore tratta dell’inventario, delle entrate e

spese, del bilancio di previsione, della gestione;

e quindi esaminai diversi sistemi di contabilità:

la partita doppia, la logismografia, la statomo-

grafia, terminando coll’ esporre le regole per il

rendiconto.

Il lavoro ci parve informato a buoni criteri

ed è ricco di tavole e di esempi che chiariscono

la trattazione.

S a m a r o n i A z io . — L e leggi fr u m e n ta r ie . — C rem a, C. C azzam alli, 1901, p ag . 63.

Questo lavoro fu premiato nel Concorso

internazionale tra gli studènti, bandito dall’Isti­

tuto di Storia del Diritto Romano, presso la

Università di Catania. L ’ Autore non tratta a

fondo l ’argomento, ma soltanto lo sfiora, giac­

ché nelle brevi plagine volge lo sguardo alla

Antichità (Grecia, Roma e Costantinopoli), al Me­

dio-evo ed ai tempi moderni; si tratta quindi di

uno studio a grandi linee, sulla base dei più noti

autori. Esso indica tuttavia che l ’Autore sa segui­

re un buon metodo, specialmente nel trarre chiare

deduzioni dalle letture fatte; nei giudizi, per

altro, ci sembra un po’ troppo arrischiato. Ad

esempio, quando dice che le leggi frumentarie

«agli ignari di cose economiche potevano sem­

brare il tocca e sana del pauperismo » e invece

« anziché risolvere il problema economico, con­

dussero quasi sempre a disastrose conseguenze »

ci pare contenga una premessa eccessiva ; giac­

ché bisognava dimostrare che veramente con

quelle leggi s’intendeva di risolvere il problema,

mentre è da credersi che gli stessi legislatori

avessero già imparato che molte volte, se cioè

le causali non mutavano, quei provvedimenti non

servivano altro che a lenire od a ritardare le

conseguenze disastrose delle crisi prodotte dalla

carestia.

Nardi Gustavo. — M anuale del Contribuente comu­

nale. — N a p o li, F . G ia n n in i e fig li, 1900, pag. 407,

(L . 3.00).

Premessa una breve introduzione che spiega

la funzione del bilancio comunale, specialmente

la parte E ntrate, e che espone la competenza

amministrativa in materia dei tributi comunali,

e la competenza giudiziaria sulle controversie,

trattenendosi quindi sui sistemi e sulle procedure

di riscossione, l ’Autore divide la materia in due

libri: il primo sulle imposte comunali dirette, di

famiglia, sul bestiame, sugli esercizi e rivendite,

sulle sovraimposte ; il secondo, le indirette, sul

valore locativo, sulle bestie da tiro, da sella e

soma, sui domestici, sui cani, sulle vetture pri­

vate ecc.

Il metodo seguito dall’ Autore è logico ed

abbastanza ordinato; egli stesso afferma di non

aver voluto dettare un trattato di scienza, ma

solamente « un compendio dei principi che rego­

lano il sistema tributario locale ». Ristretto a |

questo scopo, il Manuale può essere utile, sebbene

sia a lamentarsi che l ’Autore abbia presi a base

delle sue investigazioni soltanto i regolamenti

vigenti nel Comune di Napoli ; sarebbe stato v e­

ramente utile che tenendo conto se non di tutti

del maggior numero dei regolamenti, avesse da

essi estratti i principii adottati, e su quelli avesse

discusso. Un altro difetto del libro è di non aver

tenuto conto che in piccola parte delle massime

di giurisprudenza già pacifiche e di quelle ancora

contradittorie.

Ma tolti questi difetti, che forse sono spie­

gati dai limiti stessi entro i quali il sig. Nardi

volle mantenuto il suo lavoro, questo sarà vera­

mente utile a tutti coloro che vogliono senza

troppa fatica di ricerche, conoscere da quali di­

sposizioni generali siano retti i singoli tributi lo­

cali.

Luigi Rava. ■

— La Cassa Nazionale di previdenza per

la invalidità e la vecchiaia degli operai.

— B olo­

g n a , N. Z an ich e lli, 1902, p a g . 256 (L . 4.00).

L ’Autore, ordinario alla Università di Bo­

logna o deputato al Parlamento, tratta di qfiesta

importante e tutta moderna questione con piena

cognizione ; e senza abbandonarsi a discussioni

teoriche a cui appena accenna, nel primo capitolo

espone con molta chiarezza le vicende della istitu­

zione in Francia, in Germania, nella Nuova Zelan­

da, nell’Inghilterra e negli Stati Uniti, e quindi con

maggior larghezza tratta della Gassa italiana di

previdenza, fondata nel 1898, ne indica lo stato

finanziario e le susseguenti riforme, sopratutto

soffermandosi a discutere sui cespiti di entrata

che debbono alimentare l ’ istituzione, e cioè il

contributo degli iscritti e quello dei loro padroni,

quello derivante dall’ ammontare dei biglietti

prescritti, il contributo del fondo per il culto,

quello delle Casse di risparmio ecc. E dopo aver

dato il testo della nuova legge 1901, riassume

in tre capitoli ciò che è stato fatto in Francia

sull’ argomento dal 1898 al 1901. Chiudono il vo­

lume il testo unico di legge sulla Cassa Nazionale

di Previdenza approvato col R. Decreto 28 lu­

glio 1901, e lo statuto della Cassa di previdenza,

le norme generali per l’ inscrizione degli operai

e la tabella di liquidazione delle pensioni.

A tutto dicembre 1900 i libretti d’ inscri­

zione al ruolo Mutualità erano 5,394 ed al ruolo

Contributi riservati 6060, in totale 11,650 cifra

oggi molto aumentata; alla stessa data i fondi

della Cassa erano così costituiti :

Fondo patrimoniale... L. 11 605. 500

»

invalidità... »

113 000

»

riserva di rischio...

»

28. ODO

»

per iscriz. a periodi ab­

breviati ...

»

490 000

Entrate nette nel 1900...

»

1.719.000

Versamenti degli isc r itti...

»

125.000

^ T o ta le .. . L. 14 080. 500

Le spese generali

di Amministrazione

ammontano alla cifra, invero molto bassa, di

L. 78,080.42.

(9)

giunga un interesse del 4 per cento, sarà in

grado di dare una pensione di L. 465 annue a

chi inscrittosi a 18 anni, abbia dato un contri­

buto annuo di L. 6, e di L. 660 annue se il

contributo fu di L. 12; e se l ’ operaio si iscrive

a 25 anni rispettivamente la pensione sarà di

L. 316 o L. 448; e se a 30 anni, di L. 233 o

di L. 334.

L’Autore nella sua conclusione esprime una

serie di voti per il miglioramento della istitu­

zione, ma riconosce che il più essenziale da farsi

è che non sia scarsa la affluenza degli iscritti,

ritenendo egli sicuro che se il numero crescesse

rapidamente non mancherà lo Stato di compiere

il suo dovere integrando le forze della Istitu­

zione, Noi crediamo che sarà bene che corrano

paralleli i due termini : le iscrizioni, e le forze

libere della Cassa; mano a mano che se ne co­

noscerà l’organismo e lo si perfezionerà, afflui­

ranno senza dubbio e gli inscritti ed i mezzi per

soddisfare convenientemente ai diritti loro; sarà

tanto di guadagnato per tutti, se ciò potrà av­

venire senza il concorso diretto dello Stato con­

corso che in simile materia diventerebbe perico­

losissimo ; la iniziativa privata specie se la Istitu­

zione si svolgerà con prudente aumento, può e

deve bastare a se stesssa.

Intanto sarà bene che sia divulgato lo scopo

della Cassa e la possibilità che può avere di

raggiungerlo; l’Autore col suo libro perspicuo

ha fatto il compito suo e ne va lodato.

S o m a r y F e l ix . — D ie A ktiengesellschaften in Oester­

reich. — V ie n n a, M an z’sche, 1902 (pag. 59).

Un interessante opuscolo che raccoglie in

buon ordine sistematico i dati più importanti

delle società per azioni in Austria.

Precede una breve parte generale che spiega

per quali ragioni l’Autore limita le sue esposi­

zioni ad alcuni elementi del bilancio, quelli però

che sono essenziali a ben comprendere lo stato

della azienda. E subito nella parte speciale esa

mina i l'isultati delle varie aziende divise per

gruppi: banche, assicurazioni ed industrie, distinte

questo in dodici specie : costruzioni, fabbriche

di materiali, fabbriche di birra, di gas, eco. ecc.

Dal riassunto si rileva che nel 1830 vi erano

8 società con 36 milioni di fiorini di capitale,

fino al 1865 erano 111 con un capitale di 315

milioni di fiorini, nel 1873 ve ne erano 815 con

1261 milioni, nel 1879 sono 411 con 603 milioni

nel 1900 529 co 1005 milioni.

Gli 8872 bilanci per il periodo 1878-99 si

chiusero nel numero di 7338 con utili e 1534 con

perdita; gli utili risultarono di 1131 milioni e

le perdite in 122 milioni di fiorini ; donde un

utile netto di 1009 milioni che di fronte al capitale

di 14,854 milioni rappresenta il 6. 75 cento.

Lo spazio non ci permette di dare maggiori

particolari, ma il lettore troverà :'n quelle poche

pagine raccolti sobriamente molti dati così in­

teressanti da desiderare che un lavoro simile

trovi imitatori.

U r - W ilh e lm N e u r a t h . — Gem einverständliche Natio-

naloekonomische V orträge. — B ra u n sc h w e ig , F r ie ­

d e ric h Y iew eg u n d S o h n , 1902, p a y . 308 (M .3.60).

La pubblicazione postuma di questo volume,

che contiene riprodotti due opuscoli e dieci

nuove conferenze del defunto proi. Guglielmo

Neurath, già professore dell’ Università agraria

di Vienna, è stata curata dal prof. E. V. von

Lippmann di Halle.

Apre il volume la riproduzione dell’ opuscolo

La morale economica nella istruzione ai giovani,

scritto che è già noto; e seguono due conferenze

sui fisiocrati Quesnay e Turgot ; una terza su

Adamo Smith messo in più chiara luce sul suo

concetto dello Stato e della Società; la quarta

e la quinta trattano rispettivamente la proprietà

ed il diritto e il diritto al lavoro ; le due seguenti,

la morale nella economia, e morale e politica.

Viene poi la riproduzione dell’ altro degli opu­

scoli : « Le vere cause della crise di sovraprodu-

zione, negli utili e nella disoccupazione. « Le ul­

time tre conferenze trattano del ribasso del

saggio dell’ interesse, delle crisi economiche e

del sistema dei cartelli, e dei principali pro­

blemi della moderna economia.

Come si vede dai titoli di questi paragrafi,

il volume non contiene un’opera sistematica, ma

è una raccolta di argomenti staccati ; tuttavia,

scorrendo il volume si avverte che questi temi di­

versi sono discussi dietro un concetto fondamen­

tale dell’Autore, concetto tutto moderno che ne

rende interessante la lettura : cioè la morale e la

economia, anzi si dirà più precisamente tra la

economia e la sociologia.

Se si aggiunge il pregio, già riconosciuto nel

Neurath, di una facile esposizione, si spiega an­

che l’ interesse che presenta il volume agli stu­

diosi ed anche ai profani.

C. C o ls o n . — Cours d'economie politique professò a

l’école nationale de P o n ts et Chaussèes. Tome ler.

— P a r i s , G a u th ie r-V illa rs , 1901, pag. 596.

È molto difficile giudicare di questo libro ;

prima, sotto l’aspetto suo di trattato, si potrebbe

discutere sulla ripartizione e sull’ordine delle

diverse parti della materia, ma si comprende l’A.

ha piena conoscenza degli argomenti che discute

almeno nelle linee generali; sotto l’aspetto poi

di corso professato, nasce la convinzione che lo

insegnante non possa arrivare mai a far dige­

rire ai discepoli tante cose accumulate, qualche

volta accatastate, del corso.

Se si dovesse riferire la impressione che

desta la lettura del libro, si dovrebbe dire che

certo l ’Autore è bene agguerrito sulla scienza

che tratta, ma forse per la necessità di dare in

breve tempo un corso completo, non è riuscito

nè ad ordinare nè a scegliere bene le singole

parti proporzionandole convenientemente.

J.

Rivista (Economica

I l commercio esterno della C ina — I l disegno d i legge sulle im prese e sulle associazioni d i assicurazione.

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