• Non ci sono risultati.

L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.11 (1884) n.554, 14 dicembre

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.11 (1884) n.554, 14 dicembre"

Copied!
16
0
0

Testo completo

(1)

L'ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATE

Anno Xi - Voi. XV

Domenica l i Dicembre 1881

N. 554

LA ilSCtfSSfONE FERROVIARIA

In quest’uhima settimana parlò a lungo e fiacca­ mente primo di tutti l’on. Sanguinetti, il quale per quasi tre sedute tenne occupata la Camera ; diciamo occupata nel senso che egli solo ufficialmente aveva la parola, non già perchè molti deputati lo ascol­ tassero — la parola lenta e incerta dell’on. Sangui­ netti e gli argomenti in gran parte triti e ritriti non potevano cattivargli la attenzione di molti.

L'ori. Sanguinetti volle fare dello spirito a spese delia Società Adamo Smith, o in dieci parole dimo­ strare che le teorie della Scuola economica liberale erano cose da museo ; in ciò ebbe a compagno più tardi l’on.Odescalchi. Ma l’uno e l’altro mostrarono assolutamente di non conoscere che cosa sia la scienza, nè in che si differenzi dalla amministrazione dello Stato. — E non ci perderemo a ripetere dimostrazioni che sono note a tutti. Ci vogliono altro che bisticci popolari per abbattere quel colossale monumento che hanno innalzato gli illustri economisti della prima metà di questo secolo ! A buon conto contro la rel- torica — come la chiama l’on. Sanguinetti — che i liberali hanno accumulata nella Società Adamo Smith, i socialisti della cattedra non hanno saputo opporre, non solo altrettanta rettorica, ma nemmeno altrettanta attività.

Con queste promesse, non occorre dire che l’ono­ revole Sanguinetll trovò tutto male nelle Conven­ zioni, la percentuale, i fondi di riserva, le tariffe, i patti di riscatto ecc. ecc.

All’ on. Sanguinetti successe l’on. Nervo, che parlò allo stesso modo e collo stesso tuono in mezzo ad una scarsa attenzione della Camera e sopratutto esa­ minò le tariffe esprimendo in conclusione la teoria, — che più tardi svolgeva con maggior facondia e competenza di ragionamento l’ on. Branca — che le tariffe sieno di tanto ribassate così che rimunerino solamente le spese di esercizio e niente affatto il ca­ pitale d’impianto. Teoria che si potrà discutere quando le nostre finanze sieno in altre condizioni e che fa il paio con l’altra dell’on. Branca, per la quale sarebbe stato meglio che lo Stato rinunziasse addirittura ad ogni contributo delle Provincie e dei Comuni poiché non trattasi che di 43 milioni i quali non costitui­ scono poi, secondo l’on. Branca, una somma tale da preoccupare ec. Ripetiamo : su questo punto la di­ scussione oggi è oziosa. Lo Stato non può rinunciare nè a 40, nè a 30, nè a 20 milioni, nè per ora ne per molto tempo. Attendano quindi gli on. Nervo è Branca e con essi tutti quelli che, senza impugnare I

i ribassi ottenuti, anzi lodandoli, ne domandano di nuovi e vorrebbero che ad ogni industria, ad ogni prodotto, ad ogni regione fosse concesso un ribasso;, attendano che le finanze lo concedano ed allora avrà; tempo di rifiutare e le teorie e i desiderii che tor­ nerebbero di aggravio al bilancio.

Agli oratori iscritti nella discussione generale, r i­ sposero, l’on. Barazzuoli relatore ed il Ministro Ce­ nala. Ambedue si limitarono ad esporre sobriamente poche idee, inquantochè non volevano — e lo di­ chiararono — far precedere la esposizione dei loro argomenti, che veramente debbono essere di difesa del progetto, agli attacchi dei più formidabili av­ versari della legge.

L’on. Barazzuoli con molta accuratezza e con vero brio ha dimostrato come le convenzioni proposte non abbiano propri avversari, ma gli avversari non si trovino d’ accordo in nessun sistema. Chi vuol le costruzioni e non vuol I’ esercizio, chi 1’ esercizio e non le costruzioni, uno accetterebbe la percentuale ma noti ha fede nei fondi di riserva, un altro crede una eccellente istituzione i fondi di riserva, ma non approverà mai la percentuale.

Questi dubbi così in coutradizione l’uno dell’altro, questa mancanza di un criterio complessivo negli av­ versari, concluse I’ on. Barazzuoli, confermano la fede della Commissione nella bontà dei contratti proposti.

Da parte sua I’ on. Gena la chiuse la discussione generale con brevi considerazioni ascoltate con molta attenzione dalla Camera, svolse i punti principali delle Convenzioni e si difese dagli attacchi degli avversari, che fino allora avevano parlato, con poche parole di risposta.

Ed ora un breve esame dei 24 ordini del giorno, che vennero presentati per la chiusura della discus­ sione generale.

I nostri lettori ricorderanno senza dubbio la lotta vivace tra le scuole economiche, quella dei liberali — dei quali VEconomista fu l’ organo — e-quella dei Socialisti della cattedra, lotta che precedette la famosa discussione del 1876; nè avranno dimenticato I’ azione della Società Adamo Smith e la tenace di­ fesa che tanti scrittori intrapresero allora della tra­ dizionale economia italiana.

Dopo dieci anni dal principio di quella lotta ci troviamo di fronte allo stesso problema e vediamo avverate in modo straordinariamente esatto le affer­ mazioni, che nelle colonne dell’ Economista allora destavano un grido di orrore e di protesta per parte dei nostri egregi avversari.

(2)

ine-798 L’ E C O N O M I S T A 14 dicembre 1884

viabilmente a diventare socialisti puri e semplici. Quella via di mezzo, quella panacea di temperamenti medii che allora timidamente escogitavate per man­

tenere un impossibile equilibrio tra ciò che è la ve­ rità e ciò che è l’opportunità innalzata a teoria, sono illusioni alle quali troppo facilmente vi abbandonate; non è lontano il tempo nel quale o vi troverete tn contraddizione coi voi stessi e sarete costretti ad una lodevole resipiscenza, o vi getterete in braccio al socialismo puro.

E il tempo era cosi poco lontano che è già venuto. Oggi troviamo ordini del giorno sulla questione ferroviaria coi quali viene domandato 1' esercizio di Stato come un dovere, o come una necessità, o come una opportunità, ed accanto ai nomi di Spaventa, di Morpurgo, di Rudinì, di Mariotti, di Luzzatti vediamo i nomi di Savini, di Fortis, di Costa, di Pais, di Bovio, di Maflì, di Panizza, di Masini, di Dotto, di Dauli eec. ecc.

Gli uni, come lo Spaventa, dimandano che sia con­ venientemente ordinato l’esercizio di Stato, o come il Luzzatti, il Rudinì, il Morpurgo, il Mariotti vo­ gliono anzi uno stabile ordinamento dell’ esercizio di Stato delle ferrovie.

Gli altri, come il Costa, il Masini, il Sani, il Pa­ nizza ecc. vi aggiungono che I’ esercizio di Stato se­ gna il passaggio naturale alla soluzione equa e de­ finitiva del problema ferroviario, secondo i principii dell’organizzazione sociale del lavoro, o, come il Sa­ vini, affermano che lo Stato ha il diritto ed il do­ vere di esercitare le ferrovie.

Così si completano i concetti che affettavano di essere disgiunti; così si trovano finalmente rivolti ad uno scopo economico sociale comune, uomini che politicamente si trovano agli estremi nell’Aula par­ lamentare.

A noi questo non reca alcuna meraviglia ; è l’av­ verarsi di un fatto che abbiamo sempre creduto ine­ vitabile ; è la scadenza di una cambiale che i nostri avversari avevano tratta fino da 10 anni or sono su loro stessi.

Ci limitiamo in questa solenne circostanza a no­ tare il fatto, sicuri come siamo che non sarà l’ ultima prova della verità dei nostri giudizi.

Gli altri ordini del giorno presentati, o sono fa­ vorevoli al progetto di legge come quelli di Indelli, Colajanni, Lacava, Peruzzi, Pozzolini, Vacchelli, Sa- laris, o vi sono contrari per ragioni politiche come quelli di Sanguinetti, Baccarini, Sorrentino, Doda, ¿¡monelli, Branca.

Due sono eclettici, quello del Gabelli che domanda la divisione del progetto in quattro progetti speciali, uno per l’esercizio, uno per le costruzioni, uno per ridurre i contributi dei corpi morali, uno per i mille chilometri di nuove strade; — quello del Crispi che propone 1’ ordine del giorno puro e semplice su tutte le mozioni, cioè la discussione della legge senza lode, nè biasimo al Governo, senza apprezza­ menti nè giudizi in merito alla legge.

1 » A M I M H V 1 A

a ll’Esposizione Generale Italiana in Torino 1884

Silvùeol t u r a

... la vita degli alberi è seco­ lare, nè riesce facile che una ge­ nerazione provveda largamente, seriamente, generosamente alle ge­ nerazioni avvenire, se la muove solo l’interesse individuale.

Ga b r ie l e Rosa

La silvicultura è intimamente legata all’agricoltura, talché oggigiorno nella così detta quistione agraria fa sempre capolino una quistione forestale. Però, come al solito, nel discutere i vari problemi che a quesfullima si riferiscono, havvi chi oltrepassa certi limiti, chi vuol vedere la causa di tutti i malanni che affliggono le piante coltivate nell’incuria cui sog- giaciono' i nostri boschi, chi ne esagera l’importanza e raggiunge l’ effetto opposto: precisamente come quell’ abatino il quale, infervoratosi nel dimostrare l’influenza benefica che le Alpi esercitano sul clima della valle del Po e quindi sull’agricoltura di quella regione, perdeva ad un tratto il frutto della sua pro­ paganda e faceva sbellicare dalle risa i suoi ascolta­ tori quando, con vera convinzione, affermava che i perturbamenti climatologici verificatisi in questi ul­ timi anni, nella primavera, erano dovuti al traforo del Cenisio !

Del resto, sembra proprio che questa sia sempre stata la sorte dei boschi. A parole ed a fatti anda­ rono soggetti fino da tempi antichissimi ad alterna­ tive di protezione e di devastazione. Amati dall’uomo selvaggio che vi trovava ricovero, che ne ricavava il materiale per la costruzione delle zattere e delle piroghe, che vi ritraeva il cibo, che vi poneva ad abitare gli dei, quando la pastorizia e f agricoltura si avanzavano trionfanti e la conquista tendeva a spianare gli ostacoli sul suo cammino, il consumo di legname ed il diradamento delle selve diventa­ rono straordinarie.

Ma, 1’ epoca feudale coi suoi diritti riservati di caccia, coll’ esclusione dalle selve persino del pascolo degli animali domestici, le fece grandeggiare nuo­ vamente, fino a che la reazione democratica, traboc­ cando, ricominciò la rapina e la distruzione.

Venne però il rimedio. 1 Comuni per i primi diedero esempio di leggi atte a salvaguardare larga­ mente i boschi, e quelle' leggi, lievemente modificate, continuarono a regolare la silvicultura generale dap­ prima. poi quasi esclusivamente quella dello Stato e dei Corpi morali in genere. Ma gli abusi furono sempre numerosi ed esiziali per molti paesi. La Germania, sola forse in tutta Europa, vi provvide seriamente, e colle sue numerose cattedre forestali istituite fino dal principio del secolo (Hohenheim, Neustadt-Eberswalde, Aschaffenburg, Tarand, Fulda, ecc.), con quelle sorte posteriormente (Darmstadt, Giessen, Rubia, ecc.), colle associazioni forestali, coi numerosi Congressi, ecc. ecc., divenne il paese classico degli studi di silvicultura.

E l’ Italia a qual punto si trova ?

Prima di rispondere crediamo opportuno di pre­ mettere alcune notizie sullo stato dell’ industria fo­ restale italiana.

(3)

14 dicembre 1884 L ’ E C O N O M I S T A 799

i l i 2,33 0 /0 della superficie totale ossia occupa circa 3 milioni e mezzo di ettari, ai quali bisognerebbe ag­ giungere 1’ estensione dei boschi toscani, sulla quale fino ad oggi non si hanno indicazioni. A questa ci­ fra è da aggiungere poi quella dei castagneti da frutto, che è di circa 500,000 ettari ; per cui in complesso si hanno in Italia press’ a poco 4 milioni dì ettari a bosco.

Ove si pensi alla estesa superficie montuosa del nostro territorio, bisogna convenire che il bosco fra noi è troppo scarso, tanto più che le accidentalità del territorio permetterebbero e favorirebbero la ve­ getazione di svariatissime essenze forestali, dal pino nano, che s’accontenta del freddo e della poca luce di certe vallate delle nostre Alpi, al carubbo che abbisogna del clima dell’ Italia Meridionale dove tro­ va le condizioni climatologiche dell’ Egitto, della Siria, dell’ Asia minore.

Meno male però se quel 12,33 0/°, cui abbiamo accennato più sopra, si trovasse dovunque; purtroppo invece le statistiche ci dicono che, mentre il rap­ porto fra la superficie boschiva e quella territoriale, arriva al 24,70 0/° nella Liguria, al 24,57 0/° nel­ la Sardegna, discende al 7,72 0/° nel Lazio, e al 3,49 0/° nella Sicilia !

« Molteplici sono le cause di questa deplorevole condizione, » dice lo stesso Ministero di Agricoltura « e basti notare tra tutte l’ accrescimento della po­ polazione, 1' aumento delle strade e di altri mezzi di comunicazione, ed infine la felice condizione del nostro clima, che permette quasi per tutto la cul­ tura agraria, non però sempre rispondente ai veri interessi pubblici e nemmeno a quelli dei privati, se questi, ad un tornaconto momentaneo e non du­ revole, anteponessero gli scarsi ma sicuri e costanti guadagni che la selva sa dare in tutti i luoghi che ad essa si addicono. »

Per nostro conto aggiungeremo a codeste cause, la mancanza di una buona legislazione forestale che si dovrebbe forse mettere come capolista. Yero è che il Gabriele Rosa, colla sua incontestata autorità, di­ ce : « Gli esperimenti fatti in Italia dall’Amministra­ zione delle selve dimostrarono che questa non rag­ giunge lo scopo della conservazione e del buon governo, e che costa soverchiamente. Gli eserciti di stipendiati dello Stato sono fomite di corruzione. ..» E nel caso speciale è vero : epperò, colla buona le­ gislazione occorrerebbe un riordinamento del sistema amministrativo. Si dice che una legge efficace debba riuscire quella del 20 Giugno 4877, la quale fino ad oggi non pote però venire applicala per la ne­ cessita di determinare preventivamente quali terreni debbano essere soggetti a vincolo e quali no. Un tale lavoro non è ancora compiuto. Ma, messa pure in vigore la legge del 4 877, potrà essa dare i frutti desiderati ? Havvi molto da dubitare. Probabilmente essa potrà provvedere alla conservazione dei boschi esistenti, ma non risolverà il problema, molto più importante, del rimboschimento, alla cui soluzione si oppone l’ eterno ostacolo: le finanze dello pro­ vincia, dei comuni, di molti proprietari.

Un lieve aiuto è stato offerto dal Governo, il quale, istituendo dei vivai forestali per avere il ma­ teriale occorrente al mantenimento dei boschi ina­ lienabili, cede gratuitamente le pianticelle che gli sopravanzano ai corpi morali ed ai privati che ne fanno richiesta. Ma le richieste non sono soddisfatte che in parte, e talvolta con piante troppo giovani,

che fanno cattiva prova; talché l’effetto dell’ istitu­ zione non è sempre adeguato alla spesa sostenuta dall’Amministrazione.

Ad ogni modo gutta cavat lapidem; a s e i vivai forestali potranno estendersi, se con essi i Comitati forestali aumenteranno di numero e potranno disporre di un concorso governativo superiore all’attuale, che ò di sole lire 92,000 all’anno, si raggiungerà almeno lo scopo di presentare al pubblico dei lodevoli esempi di rimboscamenti. L’ idea della grande utilità dei boschi si farà allora strada, e non pochi acquiste­ ranno la convinzione che molti terreai renderebbero ben più se coltivati a bosco anziché a pascolo e a cereali.

Tutte queste considerazioni ci sono state suggerite dall’esame del materiale esposto nel padiglione del- l'Industria forestale e adiacenze, e nel padiglione della Direzione Generale dell’Agricoltura, a Torino. Pochi gli espositori privati, pochissimi i corpi mo­ rali che risposero all’appello — in altre parole, T in­ dustria forestale rappresentata nel suo vero stato. Ricca, interessante, ben ordinata la mostra gover­ nativa, specchio fedele degli sforzi che l’Amministra­ zione fa per ottenere il miglioramento della nostra economia silvana.

Fra gli espositori privati predominavano i nego­ zianti di legname e i proprietàri di segherie, i quali a nostro modo di vedere, avrebbero dovuto trovar posto nelle industrie manifatturiere. Non mancarono però alcuni buoni esempi di governo dei bochi e di rimboscamento.

11 sig. Micoli-Toscani Luigi di Udine presentò un’ interessante Monografia dei boschi che possiede in Carnia dove, con piantagioni annuali di 20 a 30 mila piante di larice e abete, pervenne a rico­ prire centinaia e centinaia di ettari di nuda monta­ gna, sui quali può contare in oggi quasi un milione di piante, alte da IO a 45 metri.

I fratelli Ferri di Grosseto esposero pure una mo­ nografia sulla loro pineta di Tombolo, della superficie di 100 ettari, dalla quale, con un giudizioso governo, riuscirono a ricavare in soli pinoli un prodotto netto annuo di circa 400 lire a ettaro. Se si aggiunga il legname, del quale presentarono dei bei saggi sotto forma di sezioni di tronchi fino all’ età di 90 anni, il pino-grasso, la scorza che serve ai tintori, e gli altri svariatissimi prodotti che può fornire il pinus

pinea, sarà facile il dedurre che la rendita di una

pineta sorpassa certamente quella degli altri terreni della Maremma, in cui i grani si avvicendano col maggese e col pascolo. L’ esempio dei fratelli Ferri vorrebbe quindi essere imitato per tutti que’ luoghi ne’ quali domina la malaria e non vi sia speranza di allontanarla. I lavori nelle pinete hanno il vantaggio di dover esser fatti nelle epoche in cui le febbri sono meno frequenti, talché 1’ estenderne l’ impianto sarà opera non soltanto lucrosa, ma anche umanitaria.

(4)

800 L ’ E C 0 N O M I S T A 14 dicembre 1884

il bonificamento delle paludi. Certo, dei grandi van­ taggi si potrebbero ritrarre dalla coltivazione di co- desta essenza; ma, dopo gli interessanti studi che una Commissione ministeriale, di cui facevano parte Can- nizzaro, Denza, Tommasi-Crudeli ed altri, fece sul- l’ influenza che i boschi esercitano sulla malaria, è da dubitarsi molto che, qualunque pianta si adoperi, il bosco da solò possa bonificare, nel vero senso della parola, i luoghi paludosi.

Una giudiziosa utilizzazione dei prodotti dei boschi comunali diede a divedere il Municipio di Terracina, nella cui mostra spiccavano numerosi campioni di legname d’ Erica arborea, col quale si fabbricano le pipe conosciute volgarmente sotto il nome di pipe di radica.

Dal punto di vista scientifico erano interessanti: la collezione del dott. Giuseppe Montaldo di Torino, che era stata relegata nel padiglione della caccia e pesca, e che conteneva i più importanti legni usati nelle industrie, preparati con accuratezza allo stato greg­ gio, allo stato di pulimento, e in sezioni per lo studio istologico da farsi al microscopio — la collezione del sig. Padoan Carlo di Venezia, ricca di ben 373 esemplari esattamente classificati — la collezione di insetti nocivi alle piante, della Società tecnica di In­ gegneria di Firenze.

Importanti dal punto di vista industriale erano le mostre :

1. ° Del cav. Antonio Rubino di Sanremo, che espose il suo carbone vegeto-minerale il quale non è altro che un impasto di sansa d’ ulive con pece minerale, oli pesanti ecc. Per tal modo si ottiene una materia di forte potenza calorifica e che può essere alta anche alla fabbricazione del gas-luce. Da prove istituite a Torino dalla Giuria risultò infatti « che produce un calore eguale a quello di un buon car- bon fossile, ed ha su questo il vantaggio di costare un quarto di meno, e di non produrre scorie nella combustione, lasciando le graticole sempre pulite e libere alla corrente. » In tutti i paesi nei quali ab­ bandonano le sanse d’ ulive, che molte volte vanno consumate con poco frutto dal contadino, l’ industria del cav. Rubino dovrebbe trovare imitatori.

2. ° Del sig. Palmerio Enrico di Guardiagreve (Chieti) che presentò i prodotti che si ricavano dal Monte Maiella in erbe aromatiche, medicinali, ecc. e delle quali si fa larga esportazione.

3° Del Signor Giardi di Siena che espose una collezione di materie concianti ricavate dai boschi e delle quali si fa un esteso commercio. Vi notammo bei campioni di scorza di Querce suvera (Quercus suber), di leccio (Q. ilex), di cerro (Q. cerris), di

rovere, farnia, ecc. colle varie classi del cerro peda­ gnolo, di pedagna trapassata, di cerro vergastro, di cerrone. Il Piemonte, il Genovesato e la Lombardia

sono i più importanti consumatori di codesti prodotti. 4° Del Comizio agrario di Tempio (Sardegna) che presentava campioni di legna, carbone, sughero in tavole, quadretti ec. di cui si fa esportazione in Francia ed in Ispagna.

Saggi della produzione di cui sono suscettibili i nostri boschi demaniali inalienabili presentò il Mini­ stero di Agricoltura: fra essi noteremo due travi di abete bianco, una proveniente dalla Provincia di Bel­ luno, l’altra dal bosco di Camaldoli e della lunghezza di circa 46 metri. Nel padiglione dello stesso Mini­ stero occupava un posto principale la mostra del— l’ Istituto forestale di Vallombrosa, Tunico esistente in

Italia e che inaugurato ne! 1869, diede fino ad oggi cir­ ca 100 periti forestali. Il numero è piuttosto scarso, ed è dovuto al fatto che il Ministero limita le ammissioni in modo da preparare solo il personale necessario al- P amministrazione. Fino ad oggi infatti difficilmente i giovani periti forestali avrebbero trovato impiego pres­ so i privati, ad onta che l’abile direzione di quell’istituto e l’eccellente personale insegnante rassicurino il pub­ blico sulla bontà dell’ insegnamento che vi si impar­ tisce. A Torino poi si potè ammirare dei saggi delle ricche collezioni che possiede la scuola. Strumenti e attrezzi di silvicultura, strumenti e modelli di tecno­ logia forestale, strumenti di tassazione forestale e mappe, saggi delle collezioni xilologiche, campionario dei numerosi alberi, frutici e suffrutici coltivati nei vivai della Scuola, erbari forestali, ecc. erano là a dare un’ idea della suppellettile e del metodo di in­ segnamento, ed a farci sperare che in un'epoca non lontana l’ Istituto di Vallombrosa, per ordinamento e per risultamenti, nulla abbia da invidiare ai suoi con­ generi di Germania.

Il Ministero di Agricoltura espose una interessante raccolta di semi di piante legnose, indigene ed eso­ tiche già naturalizzate in Italia — una raccolta xilo­ logica ed una terza, molto importante, dendropato- logica, formata di 105 pezzi rappresentanti al naturale le varie malattie cui vanno soggette le piante fore­ stali, dal Viscum album del Cratego alla lebbra m u­

scosa della Querce; dallo strozzamento prodotto dal—

T Humulus Lupulus sul Pioppo, alla verminazione dei curculionidi (Curculio notatus) degli Abeti. Tutto quel materiale andrà a formare parte del grande Museo agrario che si sta ordinando a Roma.

Una buona idea del Ministero fu quella di racco­ gliere e presentare a Torino dei saggi delle piccole industrie forestali. Vi concorsero 18 Provincie e tutte dimostrarono che effettivamente codeste industrie me­ ritano una qualche considerazione, sia per la lar­ ghezza non indifferente colla quale sono esercitate, sia pel genere di prodotti che forniscono, sia infine perchè le loro condizioni economiche non sono sempre floride. Scarsezza e quindi prezzi sempre più elevati del legname; concorrenza che agli attrezzi e utensili in legno fanno oggidì quelli in metallo; rozzezza dei primi per mancanza di buon gusto nell’ operaio, sono le cause della decadenza delle piccole industrie fo­ restali. Un rimedio potrà consistere nella istruzione dei montanari, nel restringere la produzione di quegli attrezzi che oggi sono poco ricercati e sostituirvi la fabbricazione specialmente di giocattoli, di cui l’Italia fa un commercio di importazione per circa un milione e mezzo. La mostra di Torino è un’ assicurazione che il Ministero cercherà di provvedere anche a ciò, e sarà un bene.

(5)

14 dicembre 1884 L ’ E C O N O M I S T A 801

L’ ESPOSIZIONE FIN AN ZIAR IA

L’esposizione fatta dall’ on. Maglioni nella seduta di domenica 7 corrente è un fatto di grande im­ portanza, specialmente per le controverse opinioni, che sempre con più vivacità si manifestano intorno al bi­ lancio italiano.

Uomini e giornali competenti, o in fama di com­ petenti, sono discordi nel l’apprezzare la solidità pre­ sente del bilancio, e nella fiducia che ispira loro la politica dell’ on. Magliani per mantenere in buone condizioni la nostra finanza.

Ripetutamente nelle colonne delVEconomista siano entrati in questa importante discussione non già, come per mancanza di buone ragioni asseriscono alcuni dei nostri contraddittori, col preconcetto di difendere ad ogni costo l’ opera dell’ on. Ministro delle Finanze, ma solamente perchè ci parevano esagerate le accuse che gli si movevano e non conformi alla verità gli apprezzamenti che sulle condizioni del bilancio ve­ nivano manifestati.

Abbiamo avuto la compiacenza di veder chiusa la viva polemica colla confessione da parte di alcuni, che la loro opposizione non derivava tanto dal fatto che si credessero veramente in pericolo la stabilità e la solidità del bilancio, quanto perchè si temeva che ciò potesse avvenire, ove una opportuna ed anche esagerata diffidenza non venisse a metter freno alle spese.

Oggi l’on. Magliani non solo ha presentati tutti i documenti relativi alla gestione passata, ma ha an­ che manifestata alla Camera ed al paese la linea di condotta che intende di seguire nell’avvenire.

Noi riassumiamo brevemente qui sotto le idee del Ministro, rimandando ad altro momento i nostri ap­ prezzamenti, non senza affermare però fin d'ora che ci attendevamo dall’ on. Magliani meno tecnica finan­ ziaria e più energica dimostrazione degli effetti che i fatti presentano, e della sufficenza dei provve­ dimenti che ha esposti.

A nostro avviso, fon. Magliani nella sua esposi­ zione assunse forse le parti del contàbile, abban­ donando alquanto quella del Ministro delle Finanze che descrive le grandi linee di una così grande am­ ministrazione. — Ma di ciò in seguito ; ecco ora un riassunto della esposizione.

L’ on. ministro comincia con ricordare che gli ultimi trascorsi anni segnano una data importante per la storia delle finanze italiane, sì per grandi e difficili riforme compiute, sì per l’avviamento dato a riforme ulteriori. Ravvisa quindi necessario esa­ minare a fondo con grande lealtà e imparzialità la situazione economico-finanziaria dello Stato, sotto­ ponendo a un esame critico i quattro grandi docu­ menti testé presentati alla Camera : rendiconto del­ l’esercizio 1883; rendiconto del 1° semestre 1884 ; disegno di legge per lo assestamento del ^bilancio 1 8 84-83; progetto del bilancio 1883-86.

Sul 1883 nota che le entrate effettive previste in milioni 1,310, cifra tonda, furono accertate in mi­ lioni 1,334, con una eccedenza di oltre lire 24 mi­ lioni: e le spese previste in milioni 1,308 salirono a 1,333, con un aumento di 23 milioni, onde l’a­ vanzo previsto in due milioni si residuò a un solo. Siccome però tra le maggiori spese furono comprese nche quelle per 19 milioni, che si dovevano fare

mediante emissione di obbligazioni ecclesiastiche e del Tevere, può dirsi che 1’ avanzo effettivo supe­ rasse i 20 milioni.

Entra poi ad analizzare le maggiori spese e le maggiori entrate, concludendo che l’ incremento nor­ male della entrata fu in media di lire 23 milioni all’ anno, e quello della spesa sette; onde la solidità dell’ equilibrio finanziario è provata dalla costante eccedenza del suo attivo per oltre sei milioni. Passa poi allo stato patrimoniale, e dimostra come nel 1883 siasi migliorato di oltre 44 milioni, differenza che intercede tra le somme stanziate nella- parte effettiva del bilancio per nuovi acquisti di beni mobili e im­ mobili e le consumazioni.

Dimostra come la rendita consolidata nei diciotto mesi siasi accresciuta di L. 3,116,638,24, ma per contro sieusi diminuiti per L. 4,737,067.70 gl’ in ­ teressi per debiti redimibili estinti, onde alla diffe­ renza di L. 939,590.34 stanno le ingenti costruzioni ferroviarie, che rilevarono a L. 114,194,963.49, ol­ tre le somme spese in opere pubbliche straordinarie in L. 46,012,135.21.

Venendo quindi a discorrere del corso forzoso e della operazione per abolirlo, nota che sono decorsi oramai venti mesi dacché cominciò il ritiro della carta moneta : non è mai scemala la fiducia pub­ blica, e non si è verificata alcuna delle perturba­ zioni che si temevano. 1 nostri Istituti di emissione, le cui riserve metalliche si sono venute sempre più rinforzando, poterono anche ribassare il saggio dello sconto dal 4 e mezzo al 4 per cento. Lo sconto è per oggi risalito gradualmente al 5 per cento per ne­ cessaria misura di prudenza, dacché, per le scemate esportazioni e per altre cause economiche d’ indole temporanea, occasionate dalle condizioni sanitarie del paese e da deficienti raccolti, il cambio della nostra valuta coll’ estero non ci era più favorevole come nel passato. Sono queste fugaci perturbazioni, di cui già cominciano a dileguarsi gli effetti ; e non v’ è alcun pericolo di crisi.

Fino al 20 novembre furono cambiati in oro e annullati biglietti per la somma di L. 231,452,600 e per 21,474,675 in scudi, e per 95,123,437 in moneta divisonaria d’ argento. Ne restavano ancora da ritirare e da annullare per altre L. 231,949,587.

Di biglietti di Stato, non ne furono presentati al cambio che per lire 18 milioni.

Venendo a parlare del movimento monetario, ne dà le cifre ed osserva che nel complesso, nei 10 mesi e 10 giorni del 1884, l’ eccesso delle esportazioni non superò L. 2,525,903 riferibili tutte all’argento, nessuna esportazione di oro essendosi mai verificata se non in somme inferiori alle importate.

Nè si verificò realmente alcun premio nell’ oro, come avviene in altri paesi di circolazione libera e normale.

Queste notizie sono molto confortanti, se si guarda al periodo difficile che abbiamo traversato.

Infatti, si sarebbe potuto temere un assai grande peggioramento delle nostre condizioni economiche, non tanto per la crisi agraria e per la deficienza dei raccolti, quanto per gli effetti funesti dell’ invasione del colera. Ma i danni furono passeggeri.

(6)

802

V

E C O N O M I S T A 14 dicembre 1884

principali prodotti d’ importazione, mentre crescono j al contrario quelli di non poche delle nostre espor­ tazioni.

Non si è arrestato neppure nel 1884 il pregresso della importazione delle macchino, degli strumenti e delle materie prime del lavoro, e quella della espor­ tazione dei principali prodotti agrarii ; se si eccet­ tuano, per cause transitorie, i vini e gli olii, e per causa più duratura, il bestiame. Di questo però è aumentato il consumo e il prezzo nel mercato interno.

E notando che la statistica del consumo porge in generale argomento di conforto, conchiude osservando che, se non liete, non sono neppure sconfortanti le condizioni economiche, nelle quali si svolge l’eser­ cizio finanziario 1884-83, e si ha a prevedere che si svolgerà anche quello del 1885-86.

E così si fa strada a parlare di questi due esercizi. Viene alla previsione pel corrente esercizio e dice che l’ avanzo presagito colla legge del bilancio in Lire 7,298,235. 60 si riduce col disegno di asse­ stamento a sole L. 309,786.87, peggioramento da attribuirsi soltanto al turbamento arrecato dalla fu­ nesta invasione del cholera, che paralizzò momen­ taneamente alcuni redditi e richiese ingenti spese. Però è da sporare che cessato quel flagello, si ma­ nifesti ne’ mesi che restano di questo esercizio una migliore ripresa, che migliorerà, carne nei decorsi anni, la condizione del bilancio. Le variazioni che egli presenta su’capitoli del bilancio dell’entrata sono di lieve momento, aumentandolo di poco più che tre milioni in seguito a maggiori accertamenti già av­ venuti a beneficio dell’amministrazione. Le variazioni della spesa sono nella maggior parte dipendenti da nuove leggi : e quelle occasionate dal cholera o ri­ chieste da nuove esigenze amministrative in Li­ re 8,114,698.54, furono ridotte a 4,534,681.74 in seguito a progettate economie. Pel 1885-86 1’ ono­ revole Ministro annunzia un avanzo tra 1’ entrala e la spesa effettiva di L. 10,822,410.77, che andrà per lire 9,416,414.62 ad ammortizzare debiti redi­ mibili e il resto a beneficio del tesoro.

Viene poi a discorrere di tre punti speciali, che richiamarono spesso 1’ attenzione de’ critici della fi­ nanza, e dettero occasione ad osservazioni e a dubbi di varia natura: la cassa militare; la cassa delle pensioni e le obbligazioni ecclesiastiche.

Il patrimonio della cassa militare è sufficiente ad assicurare il primo adempimento, fino alla loro estin­ zione, degli impegni assunti a tutto il 1883. Ma a cominciare dal 1884, essendo ridotta l’entrata della cassa al solo provento del volontariato di un anno, non si è potuto costituire il capitale corrispondente a’ nuovi oneri ; e neppure si è potuto provvedere interamente al servizio di cassa, rimanendo il Te­ soro creditore nel conto corrente. A saldare il de­ bito della cassa verso il Tesoro, accertato pel 1884, e presuntivo pel 1885 a tutto giugno, occorrono 3 milioni ; e il ministro presenta un progetto di legge per autorizzare un eguale assegno a favore della cassa militare sulla parte straordinaria del bilancio della guerra, e in frattanto dice il fabbisogno annuale della cassa militare potrà raggiungere i 4 milioni, che accresceranno la somma della spesa straordina­ ria del bilancio della guerra, e ciò non turberà i risultati della situazione finanziaria generale; nè è da temere che essi saranno turbati pe’ provvedi­ menti di definitiva sistemazione di questo servizio.

Passa poi alla riforma del debito vitalizio ed os­

serva che la dotazione assegnata colla legge del 1891 in rendita pubblica è largamente sufficiente al servi­ zio di tutte le pensioni civili e militari vigenti al 1° gennaio 1881.

Restano il pagamento delle pensioni assegnate e di quelle che si continueranno ad assegnare agii impiegati e ai militari in base alle leggi attuali a cui hanno diritto ; e il concorso dello Stato per costi­ tuire il fondo delle pensioni degli impiegati che sa­ ranno nominati dopo le nuove leggi.

11 ministro ebbe già a dichiarare più volte, e fin dal 1881, che a quel doppio scopo non potrà ba­ stare che per pochi altri anni l’assegno di bilancio di 18 milioni stabilito colla legge del 7 aprile del detto anno.

Bisogna provvedere fin d’.ora per non aggravare i futuri bilanci.

Secondo rigorosi calcoli provati e riprovali, l’an- nulità di 18 milioni dovrà giungere nel periodo di 22 anni a cominciare dal 1866 a 41 milioni, con aumento di 6 milioni in ciascuno dei primi tre quinquennii, e di a nel quarto.

In tal modo sarà provveduto completamente al bisogno. Presenta analogo progetto di legge.

Riassume gli effetti finanziari della riforma. Fino al 1901 continuerà ad aversi un’ economia sul bilancio di fronte al carico del 1883 che era di 64,618,423.

Nel 1906 il carico salirà a 72 milioni, ma dopo cinquantanni si ridurrà a soli 41 milioni.

Il maggiore aggravio temporaneo, dal 1924 al 1974, di 22 milioni ripartiti in 22 anni, sarà di gran lunga superato non solo dalla economia di 24 milioni a cominciare dal 1974.

L’onorevole ministro imprende a parlare delle ob­ bligazioni ecclesiastiche.

(7)

peg-14 dicembre 1884 L’ E C O N O M I S T A 803

giurala la situazione finanziaria e patrimoniale. Sa­ rebbe stato assurdo parlare di disavanzo, di piaghe occulte del bilancio, di espedienti escogitati per co­ prire deficienze delle spese effettive ; e si sarebbe adempiuta la volontà del Parlamento nell’ interesse dell’economia dello Stato e in aumento della sua po­ tenza militare, senza punto turbare l’equilibrio e la normalità sostanziale del bilancio.

Il ministro dimostra come ciò siasi infatti veri- .ficato nel 1881 , nel 1882, nel 1883, e nel primo

semestre 1884.

Nei due bilanci successivi, le maggiori spese straordinarie si prevedono cumulativamante nella somma di 84 milioni; 43 pel 1884-85, e 44 pel 1885-86.

Però l’eccedenza dell’entrata ordinaria non dovrà più supplire a circa 16 milioni di deficit, nel mo­ vimento dei capitali. Sicché i due esercizi dovreb­ bero presentare nei loro risultati consuntivi, tra mag­ giori entrate ed economie , un miglioramento sulle previsioni di 34 milioni per ognuno, affinchè in questi due esercizii si verifichi il fortunato evento degli anni anteriori.

Però il danno sarebbe grave e irreparabile, se si eccedesse il limite fissato dal Parlamento di 142 mi­ lioni. E il ministro opina che, eseguite le leggi at­ tuali, non si debba mai più e per nessun motivo ri­ correre a quelle o ad altre risorse straordinarie.

Egli è fermo in questo avviso anche quando si verificasse l’ ipotesi più favorevole, quella cioè che si è verificata negli anni scorsi ; poiché egli stima dannoso e pericoloso un sistema, pel quale 1’ ecce­ denza dell’ entrata ordinaria non debba concorrere all’ammortamento dei debiti previsti nei bilanci.

Questo sistema egli lo respinge.

Ciò che è avvenuto e che potrà auche avvenire nei due esercizi, l’uno corrente e l’allro prossimo, è pienamente giustificaio, e non altera l’equilibrio del bilancio.

Ma oramai si tocca al limite ultimo ed estremo ; e bisogna fermarsi risolutamente.

Per raggiungere questo scopo e assicurare al paese una situazione finanziaria progressivamente e certa­ mente migliore, è necessario adottare e seguire un programma di efficace e salutare consolidamento.

Èccone le linee principali :

Avete udito, dice il ministro, che negli scorsi anni si è avuta in media un’eccedenza di 23 milioni nel­ l’entrata ordinaria, e quella di 7 nella spesa ordi­ naria.

All ’incontro la maggiore spesa straordinaria è giunta a circa 38 milioni contro una maggiore en­ trata straordinaria di soli 9 milioni

Ora è necessario innanzi tutto ridurre la spesa straordinaria complessiva entro i limiti consentiti dalle forze normali del bilancio.

Nelle condizioni presenti, l’avanzo dell’entrata sulla spesa ordinaria giunge in media a circa 80 milioni all’anno ; a cui va aggiunta la somma di circa otto milioni di entrata straordinaria.

Sono dunque 88 milioni che debbono coprire tutta la spesa straordinaria, ed anche il deficit di circa 8 milioni nel movimento dei capitali per 1* ammor­ tamento dei debili.

Ora la spesa straordinaria si può, senza punto nuo­ cere allo sviluppo dei bisogni e dei servizi pubblici, contenere nella somma di 80 milioni ; destinandone (salvo l’eseguimento delle leggi in corso) 30 al bi­

lancio della guerra ; 4 alla cassa militare ; 5 al bi­ lancio della marina ; 25 a quello dei lavori pubblici; 14 (che è la media complessiva dei passati esercizi) per tutti gli altri Ministeri. Resterebbero per ogni eventuale oocorrenza maggiore altri 2 o 3 milioni, oltre i 7 del fondo di riserva.

Ed anche gli 8 milioni riservati all’auimortamento costituirebbero una forza latente del bilancio pel caso eventuale che nuovi e maggiori bisogni sopravve­ nissero in qualche anno, pe’ quali, senza migliorare nè peggiorare la situazione finanziaria, occorresse far fronte con mezzi straordinari al deficit per 1’ estin­ zione dei debiti.

All’assetto del bilancio occorrono però due con­ dizioni.

La prima è che non s’indebolisca alcuna delle fonti attuali di entrata ordinerà.

La seconda condizione è l’ordinamento dell’eser­ cizio e delle costruzioni delle strade ferrate.

È necessario assicurare il bilancio contro le alee e le incognite , finora dolorosamente sperimentate, dell) esercizio governativo.

È necessario chiudere il gran Libro, e adottare altri mozzi per raccogliere i capitali necessari al rias­ setto delle linee esistenti; e alla costruzione delle com­ plementari.

È necessario che I’ azienda ferroviaria basti a se medesima , senza I’ eventualità di sempre maggiori impegni del bilancio, non solo per le spese dell’eser­ cizio, ma per quelle in conto capitale, e per gl’in­ teressi e l’ ammortamento delle spese delle nuove costruzioni.

Senza di ciò non v’ è sicurezza, nè solidità in qual­ siasi bilancio.

In questo senso l’assetto ferroviario si collega col- 1’ asseltoj finanziario, e n’ è base e condizione es­ senziale.

Il Parlamento italiano 'si è sempre inspirato ad alti ideali ; e la sua saviezza e il suo patriottismo sono la più sacra e indefettibile garanzia del benes­ sere del popolo che rappresenta.

DEL CREDITO PER L’ AGRICOLTURA

e particolarmente del Credito agrario

La condizione delle banche, che si propongono di giovare col credito all’agricoltura, è adesso la se­ guente :

Le Banche popolari agrarie e con altro attributo posseggono per capitale complessivo L. 3,959,115. Le Società di Credito ordinario. . . » 54,251,000 Id. id. agrario. . . . » 4,200,000

In tutto sono . . . L. 62,413,115 Di questa somma rimangono ad incassare 25 mi­ lioni della Società Generale immobiliare di lavori

di utilità pubblica ed agricola e 220 mila di altre.

(8)

804 L ’ E C O N O M I S T A 14 dicembre 1884

Milanese con L. 257,850. Delle rimanenti Banche popolari, due sole con sede in Lucerna e in Savi- gnano di Romagna ne contano di proprio 200,000. Altre posseggono 180, altre 100 mila lire e mono via via fino alla società di Montelupone, la più pic­ cola, che ha sole L. 7,200. L’ultimo rendiconto della Banca di Lodi reca nell’attivo la somma di L. 351,513 tra capitale e interessi per mutui ipotecari ; e L. 3,248,706.56 per conti correnti con garanzia. In mutui semplici cnirografari non fece operazione di sorta. Simile lavoro deve aver recato al credito agrario ed agricolo largo profitto.

La Banca popolare agricola di Pavia è pure com­ merciale , quindi si può supporre il principale uso del suo milione di capitale, e così accadrà della Banca agricola di Savignano di Romagna, che si propose di aiutare i commercianti e gl’industriali. Insomma, ad eccezione della Banca di Lodi, crediamo che fin qui il Credito agrario abbia a contare più che altro sulle Banche agricole cooperative. Ma le Banche agri­ cole cooperative, diciamo sventuratamente, sono in numero di sei : a Crema, ad Urbania, ad Orlanova, a Corato, a Gravina di Puglia, a Girgenti.

Secondo la statistica del 1883 gli sconti eseguiti da tutte le Banche popolari superano i 720 milioni, le anticipazioni i 27 milioni. Le Società di Credito ordinario scontarono cambiali per più di 2,600 mi­ lioni e fecero anticipazioni per la somma di 29 e mezzo circa.

Le Società e gl’ istituti di Credito agrario poi, che è ciò che più interessa di notare, scontarono in tutto il corso del medesimo anno un numero di cambiali minori di 20,000 del precedente 1882, e di 11,000 del 1881, per l’importo complessivo di 155 milioni. Le anticipazioni delle Società e degl’ istituti mede­ simi furono in numero di 1,300 per l’intera somma di 4,700,000 lire. Anche le anticipazioni sarebbero diminuite a paragone del 1882 del valore di 1 mi­ lione, aumentando di 300 mila nella quantità.

Da quel che abbiamo esposto si conosce se siano giuste le laguanze sulla condizione dei Credito agra­ rio. Lo banche agrarie sono tante quanto le popolari agricole cooperative, che trovansi in sole quattro pro- vincie, Alessandria, Cremona, Cagliari e Sassari. Di­ minuirono dal 1871 al 1883, e si noti che verso gli Istituti di Credilo agrario lo Stato non aveva man­ cato di tenersi saldo al principio della libera con­ correnza, adempito che si fosse alle dovute prescri­ zioni. Sappiamo essere tra le prime quella di versare presso la cassa di Depositi e Prestili una somma in Consolidato italiano pari alla terza parte del Capitale versato in Cassa innanzi di cominciare le operazioni. Bisogna dunque che una Società per il Credito agrario abbia pronto il danaro per il capitale proprio e per il deposito d’ obbligo alla Cassa di Depositi e Prestiti. La condizione del paese e l’interesse modico promesso ai capitalisti, limitò sempre il numero degli azionisti, fossero possidenti rurali o no e senza rapporto di operazioni con una banca di Credito fondiario.

Presentemente le operazioni d’una Banca di Credito fondiario sono dieci volte maggiori del capitale in deposito, mentre qnelle degl’istituti di Credito agrario non sono certo a paragone del valore netto commer­ ciale dei prodotti rurali, di gran lunga più elevato. Se in Italia l’ipoteca pesa, poniamo, per 5 milioni soli sulle proprietà, non potrebbe pesare egualmente sui raccolti dei terreni. Si vende talvolta la messe sui campi, ma ottenerne sopra un credito non è facile.

Dopo la raccolta adunare nei magazzini generali i prodotti e consegnare al proprietario, all’ afiìttaiuolo

fedi di deposito e note di pegno che gli servano a

modo di warrant come valore di portafoglio, non è fa­ cile neppure. Però se v’è qualche cosa che ad un istituto di Credito fondiario si assomiglia, è l’istitu­ zione dei Magazzini generali, e più se si tien conto della forma che volevasi dare in Germania al pre­ stito fondiario. Fu esperimento importante. La pro­ prietà non doveva rimanere garante per il debito, assunto, ma essere la vera debitrice, senz’ obbligo

personale d’ alcuno. Con ciò venivasi a trasformare

l'ipoteca, per dirla in termini legali, da accessoria in principale. Con tal sistema, i fondi rustici starebbero verso il Credito fondiario a rappresentare il debito e a soddisfarlo, come avverrebbe dei prodotti dei magazzini generali verso il Credito agrario ed agri­ colo, col diritto agl’ istituti creditori di valersi del­ l’altrui proprietà immobiliare o mobiliare, in caso di non pagamento, per l’ammontare del debito contratto.

Le cartelle fondiarie, eccettuata la parte che non ha rapporto coi membri e colie proprietà ipotecate, rappresentano un valore minore assai delle proprietà dai mutuatari assegnate a guarentigia del Credito ot­ tenuto. Ebbene le altre cartelle o dei buoni che si emet­ tessero all’uopo, potrebbero in simiI guisa rappre­ sentare una porzione dell’ importo commerciale dei prodotti esistenti nei magazzini generali, e darsi in cambio delle note di pegno, delle fedi di deposito dei magazzini generali. Fatta l’anticipazione, la Banca o Società che fosse, acquisterebbe un diritto privile­ giato e legale mediante quella specie di warrants, pur girabili se si volesse avanti e dopo. Questo a l- l’incirca sembra essere il fondamento della proposta di legge sulle garanzie del credito agrario già svolte dinanzi al Parlamento. L’ ipoteca sui prodotti risul­ terebbe da un libro dei pegni agrari, depositato presso lo stesso ufficio delle ipoteche. Il punto principale della proposta ne spiega l’oggetto.

Ma i magazzini generali, i warrants sono quasi fuori d’uso e per essere utili al credito agrario ve­ ramente, ne occorrerebbero molti e vastissimi; è una difficoltà. Ai magazzini generali furono sostituiti i

magazzini fiduciari por il commercio ; che si po­

tessero introdurre per gli stessi prodotti agricoli ? Perchè avere minor fiducia di un possidente, di un filiamolo, che di un negoziante ? Il prestito sarebbe contratto senza pegno dei prodotti e possibilmente sulla messe vicina assicurata dalla tempesta e dalla grandine. L’ anticipazione (è proprio da chiamarla così) consisterebbe sempre sopra porzione del valore presunto dei prodotti, o sopra quello costituente l’as­ sicurazione presso una stimabile Società. Se si ven­ dono i prodotti innanzi che siano maturi e col pericolo che abbiano a soffrire, e perchè non si potranno ipo­

tecare ? Non si tratta di giuoco di speculazione, sib-

bene del credito agrario. La guarentigia a favore degli onesti affittameli offerta dai proprietari dei fondi ru­ stici, non dovrebbe essere difficile ad ottenersi.

(9)

14 dicembre 1884 L ’ E C O N O M I S T A 805

nosciuta l’utilità, anche colla presenza di banche po- I polari e di Società Cooperative, sarebbe di grande j giovamento, lavorando ciascheduna di per sè a scopo comune. I mezzi abbondanti per il Credito sono utili e la concorrenza non è a carico.

Parlando dei vari sistemi in uso e da esperimen- tarsi a favore del Credito per l’agricoltura non ab­ biamo accennato a preferenze; ma è d’uopo convincersi cbe i capitali raccolti, ohe la vasta emissione delle cartelle ricercatissime e la diramazione degli uffici amministrativi, rende l’opera delle Società per il Cre­ dito fondiario, più di qualunque altra pronta ed ef- cace. Per le Banche di Credito agrario, ben più utili come dimostrammo all’ agricoltura , abbiamo invece quel benedetto capitale da consegnarsi alla Cassa di Depositi e Prestiti in mancanza d’ una ipoteca. La legge non fece che non si superasse la quantità delle Cartelle fondiarie, tanta è la fiducia di cui godono e l’utilità che recano, ma la condizione posta ad una Banca o Società di Credito agrario è imprescindibile, mentre è autorizzata a fare anticipazioni sopra po­ lizze di derrate e fedi di deposito, ad aprire conti correnti sopra prodotti agrari deposti nei magazzini generali o rimasti presso persone solvibili, eco."! ma­ gazzini generali assomigliando, come dicevamo, ad un Istituto di Credito fondiario, sono invece una specia­ lità del Credito agrario, come i Monti frumentari lo sono dell’agricolo.

Se il tempo rilasciato all’ estinzione del mutuo ò. per il Credito fondiario abbastanza lungo, per l’agrario è troppo breve. Yi sono poi le cartelle fondiarie del valore non minore di L. 500, e i prestiti dalle L. 1000 fino alle L. 500,000, e i buoni agrari, di cui il più piccolo è di L. 30, senza stabilire limite alle antici­ pazioni. Queste sono tutte notevolissime differenze tra le due qualità di Credito, che si dovrebbero dimi­ nuire almeno a prò'dei piccoli possidenti. Per essi pure vi è la terra in pegno, se non assolatamente l’ipoteca, vi sono le scorte morte e vive. Quindi una banca fondiaria cbe non avesse già una parte di fondo capitale riserbato per le operazioni al Credito agrario, dovrebbe seguire tale sistema, ovvero assumere per principio di fare anticipazioni ai possidenti minori, la cui proprietà raggiungesse il numero di ettari da stabilirsi. L’estimo censuale, l’ammontare dell’imposta fondiaria eziandio potrebbero servire di regola. Per le guarentigie necessarie, a risparmiare nel caso l’atto ipotecario e la spesa annessa, sarebbe par sufficiente per un prestito minore delle L. 1000, il pignora­ mento con iscrizione sopra apposito libro di pegno fondiario, con privilegio ed azione possessoria per parte dell’ Istituto mutuante, nel modo esposto pei prodotti riguardo al Credito agrario. Così facendosi, rimarrebbe agl’istituti e alle Società di Credito agrario a provvedere ai bisogni della classe rurale meno agiata, cioè agli afiìttaiuoli quasi solamente, giacché come vorremmo tale istituto sgravato del prestito verso i piccoli possidenti, così desideriamo che la massa degli agricoltori avesse modo di rivolgersi ad altri e con maggiore efficacia. Ma di questo più avanti.

Alberto Nunes Franco.

Rivista Bibliografica

I Tramway. — Note giuridiche dell’avvocato Giovanni

Battista Benvenuti.

Non sono ancora trascorsi 13 anni dacché a To­ rino fu inaugurata la prima linea di tramway costruita in Italia, linea lunga a mala pena un 3 chilometri e mezzo, esercitata mediante la trazione animale e destinata esclusivamente al servizio interno della città : pure questo periodo di tempo è stato suffi- cente perchè noi potessimo vedere in ogni parte della penisola sorgere e prosperare imprese di simil ge­ nere, molte fra le quali si trovano in grado di eser­ citare le proprie linee con motori meccanici ; tan­ toché alla fine del 1882 le linee di tramway già aperte all’ esercizio in Italia rappresentavano una lunghezza complessiva di ben 1200 chilometri, ed oggi la cifra dei chilometri esercitati, è certo di gran lunga maggiore.

Lo sviluppo così rapido e ognora crescente di questo nuovo mezzo di comunicazioni è riprova evidente della utilità sua, come quello che risponde ad un bisogno reale ed urgente della vita moderna e serve di necessario complemento all’industria ferro­ viaria, sostituendola là dove non potrebbe con speranza di sufficiente remunerazione impiantarsi. Ciò deve farci di leggieri persuasi, cbe sarebbe ormai giunto il tempo anche per noi di stabilire una buona volta quelle norme legislative, che a maggiore tutela del pubblico o del privato interesse debbono regolare questo ramo tutto speciale e già così importante della industria dei trasporti.

Ed infatti, se per un momento si è potuto credere cbe la legge attuale sui Lavori pubblici, nella parte che risguarda le ferrovie potesse bastare all'uopo, si è dovuto però all’atto pratico riconoscere pur presto, o il nostro Consiglio di Stato lo ha ripetutamente e solennemente dichiarato, essere quella legge asso­ lutamente insufficiente, viste le molte e sostanziali differenze che intercedono fra l’ industria ferroviaria e una impresa di tramway. Così in Italia, nel di­ fetto di una legge speciale, siamo andati avanti e procediamo tuttora provvedendo caso per caso, senza regole sicure e mai fermi a seconda delle opinioni prevalenti nel seno degli enti amministrativi o dei collegi giudicanti chiamali a pronunziarsi intorno allo domande di concessione delle singole liuee di

tramway, o ai rapporti giuridici cui I’ esercizio di

queste possa aver dato luogo.

in questo stato di cose non poteva essere di poca utilità il ricercare quale veramente si sia la natura giuridica di una impresa per l’esercizio di tramway, e quali i principii a cui debba essere ispirata una legge cbe valga a regolare così fatta industria per modo che la medesima, senza detrimento dell’ inte­ resse pubblico e privato, possa svilupparsi e pro­ sperare fra noi e rispondere sempre meglio a quei bisogni a provvedere ai quali più specialmente è intesa.

(10)

806 L ’ E C O N O M I S T A 14 dicembre 1884

l’argomento che l’Avv. Benvenuti imprese a trattare; sia perchè l’egregio scrittore ha fatta una esposizione accurata e completa della quistione, ricca di consi­ derazioni e di proposte assennale, e corredata da larga copia di notizie e di documenti.

L’Avv. Benvenuti infatti,premessa una breve storia delle origini e della diffusione dei tramways, dei quali molto opportunamente pone anche in rilievo la reale utilità e la sempre crescente importanza, si fa per prima cosa a ricercare quali siano i caratteri pecu­ liari di così fatto nuovo mezzo di trasporto,e in che cosa più specialmente una impresa di tramway differisca da un’ impresa ferroviaria. E a questo proposito os­ serva giustamente, che mentre fra luna e l’altra si riscontrano differenze non lievi (non però necessarie e costanti) sia quanto alla natura del respettivo ma­ teriale così mobile come fisso, sia riguardo al modo di esercizio, sia riguardo alla stabilità degli orari e simili , pure ciò che vale veramente ad imprimere all’ industria dei tramways un carattere tutto suo proprio si è la circostanza che la indu­ stria stessa non ha mestieri per esercitarsi e non si esercita, come l ' industria ferroviaria in una sede propria. Infatti per le ferrovie si richiede che l’eser­ cente abbia la proprietà o il godimento esclusivo della strada, per i tramways invece il binario viene collocato sulla pubblica via, è accessibile a tutti, e non vi è riparo di sorta che separi la linea del tram ­

way dal rimanente della strada. E questa circo­

stanza è veramente essenziale, in quanto una linea di tramway, può per tal guisa considerarsi piuttosto come un modo speciale di servizio delle pubbliche vie, anziché come un mezzo di comunicazione e di trasporti di per sè stante. — Da ciò la conseguenza logica che la concessione di una linea di tramway, non possa e non debba accordarsi se non dal proprie­ tario della strada, sulla quale la nuova linea deve essere impiantata. E così il diritto di accordare la concessione di nuove linee rispettivamente dovrebbe spettare ai privati, ai Comuni, alle Provincie, o allo Stato, secondochè la nuova linea fosse destinata a percorrere una strada vicinale, una strada comunale, una strada provinciale o una strada nazionale. E questa è appunto 1’ opinione che ha prevalso nella pratica fra noi, e che l’egregio Avv. Benvenuti giu­ dica sola giusta ed accettabile.

Naturalmente allo Stato, cui spetta l’alta sorve­ glianza sulla polizia di tutte le strade e la tutela della sicurezza pubblica, non può disconoscersi il diritto, sia di stabilire le condizioni alle quali una linea di tramway debba rispondere, perchè la me­ desima possa venire concessa, sia di accordare volta per volta il nulla osta ad ogni nuova domanda di concessione, sia finalmente di impedire col proprio veto la esecuzione o all’esercizio delle linee già con­ cesse. — In una parola lo Stato ha il diritto di in­ tervenire nelle domande di concessione in quanto ha il diritto di assicurarsi che l’ esercizio delle nuove linee non sia di ostacolo alla libera e sicura circo­ lazione delle pubbliche strade, e di impedire o di sottoporre a quelle condizioni che fossero del caso l’esercizio stesso, quando vi sia ragione di temerne menomata la sicurezza personale dei viandanti, o, minacciata la incolumità della proprietà pubblica o privata. E questo diritto di sorveglianza per parte dello Stato sarà naturalmente di tanto più esteso di quanto saranno maggiori le probabilità di pericolo riguardo all’esercizio di una data linea ; come, ad

esempio, quando nell’esercizio della medesima si vo­ glia fare uso della trazione meccanica, per cui ve­ diamo anche fra noi in Italia la facoltà di concedere l’ impiego di locomotive sopra una linea di tramway ancorché questa sia impiantata sopra una strada co­ munale e provinciale è di esclusiva competenza dello Stato.

Si è voluto trovare anche una ragione sufficiente per attribuire allo Stato il diritto di concessione nella circostanza che la linea da concedersi fosse destinata a mettere in comunicazione fra loro due o più provineie diverse, ancorché impiantata sopra strade comunali o provinciali, o che il tracciato della linea stessa corresse parallelo a una qualche fer­ rovia. Ma, come giustamente osserva l’Avv. Benve­ nuti, la prima circostanza almeno non giustificherebbe completamente una siffatta pretesa, e d’ altra parte implicherebbe una pericolosa ingerenza dello Stalo in materia che per natura sua non eccede la compe­ tenza delle rappresentanze delle singole provineie interessate nella concessione.

Trattate così le principali questioni che si riferi­ scono ai rapporti dei tramway col potere ammini­ strativo, l’ egregio autore in una seconda parte del suo libro si occupa delle quistioni più strettamente giuridiche, così di diritto civile come di diritto pe­ nale, che possono sorgere in occasione delle costru­ zioni, o all’ esercizio di una linea di tramway. E quanto alle prime si occupa in special modo dei di­ ritti dei proprietari frontisti della strada percorsa dal

tramway, ai quali dice doversi riconoscere il diritto

di ripetere dal concessionario del tramway un com­ penso per il danno sofferto dalle loro proprietà in tutti quei casi nei quali per la comune giurispru­ denza si attribuisce un eguale diritto ai proprietari, che coi loro fondi fronteggiano una strada, tuttavolta che i fondi stessi siano resi di meno facile accesso 0 di uso meno comodo per lavori eseguiti sulla strada. Si occupa anche di esaminare se il concessionario di una linea di tramway abbia il diritto di impedire ad altri l’ uso delle proprie strade, e ricordando una celebre causa agitatasi a questo proposito avanti 1 tribunali genovesi, conclude che, quando nella pri­ mitiva concessione non ne sia fatto avviso, e quando chi intende valersi delle rotaie collocate sopra la pubblica via da una data impresa di tram way non paghi a questo una conveniente indennità, il diritto nel concessionario all’ uso esclusivo delle proprie rotaie è indiscutibile.

Per ciò che riguarda poi la questione giuridica dal punto di vista del diritto penale, 1’ Autore osserva giustamente che non vi è nessuna ragione per non ritenere applicabili in materia di tram w ay tutte quelle disposizioni delle leggi punitive, che tendono a mettere al coperto da ogni attentato e da ogni pericolo il buon andamento del servizio ferroviario, e la incolumità di chi viaggia sulla strada ferrata. Laonde ritiene l’ avv. Benvenuti che anche gli im­ piegati addetti al servizio dei tram w ay debbano alla pari degli impiegati ferroviari essere rivestiti delle attribuzioni di ufficiali di pubblica sicurezza per la constatazione delle contravvenzioni e dei reati contro la sicurezza di questo speciale mezzo di trasporti e di chi ne fa uso.

Riferimenti

Documenti correlati

1 2 ,1 1 7 ,2 0 ; delibera di pronunciarsi contro ogni aumento di dazio di entrata sul tonno estero , nel riflesso che il tonno è un alimento di molto con­ sumo

« Ad onta della grande difficoltà, derivante dalla formazione delle due [nuove reti longitudinali, dalle nuove tariffe e da varie condizioni dell esercizio che

f Incasso metallico Fr. Essa favori specialm ente la rendita italiana, al cui p rogredire contribuiscono senza dubbio la prossim a conclusione dei negoziati per l’

Non tralascerem o anche di rilevare dalla relazione che nelle spese delle sedi o succursali m algrado il mag­ g iore svolgim ento ottenuto negli affari si raggiunse

Il C a ffa ro in data del 13, occupandosi della di­ scussione insorta per l’esercizio della linea Milano- Chiasso dimostra come sia problematico il vantag­ gio

Solamente, poiché al consiglio comunale si proporrebbe di invocare la costruzione della Milano-Mendrisio per il caso che la Milano-Chiasso non venisse concessa

« Nel fissarle, occorrerà tener conto della diversità di criteri, che dovranno regolare 1’ esercizio sulle di­ verse reti, degli spostamenti nelle correnti del

A suo tempo discuterò i principii e le teorie che il Dottor Napoleone Colajanni espone per dimostrare come l’avvenire sia del socialismo e come al socialismo si