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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.37 (1910) n.1904, 30 ottobre

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L'ECONOM ISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, F IN A N Z A , COMMERCIO, BANCH I, F E R R O V IE , IN TE R E SSI P R IV A T I

Anno XXXYII - Voi. XLI

Firenze, 30 Ottobre 1910

N, 1904

SOMMARIO : Sul Congresso socialista — Alla Commissione per i dissidi della Romagna — Londra, la città gigante — Sulle privative industriali — RIVISTA BIBLIOGRAFICA : Dott. G. D. Creanga, Grund- besitzverteilung und Banernfrage in Rumànie - J■ Biederlack S . , La Question sociale - Curio Guferò, Abrégé du « Capital » de Karl Marx — RIVISTA ECONOMICA E FINANZIARIA : I provvedimenti a favore delle Puglie - Il primo convegno in Torino per la Cassa Nazionale di previdenza - Il bilancio rumeno - Il bilancio russo - Il movimento sindacale internazionale - Sul commercio e sulle condizioni della Dalmazia — RASSEGNA DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE : Il commercio dell’Austria- Ungheria - Il commercio italo-francese - Il commercio della Francia —- La situazione del Tesoro al 30 settembre 1910 — La produzione e il consumo del rame nel 1909 — Le ferrovie federali Sviz­ zere — Cronaca delle Camere di commercio — Mercato Monetario e Rivista delle Borse — Società Commerciali ed industriali — Notizie commerciali.

Molte volte abbiamo appunto sostenuto que­ sta teoria, che daprincipio pareva ai Capi socia­ listi una eresia, ma che poi è diventata la base stessa del partito. Se è vero che alle moltitudini poco istruite e molto credule si possono far cre­ der veri anche i miracoli, non è meno vero che ai Capi intellettuali cui certo non manca nè in­ gegno nè istruzione, doveva ripugnare di servirsi di uno stromento così poco sincero come è quello della prossima rivoluzione sociale, per la quale il collettivismo diventerebbe realtà, per illudere più a lungo le moltitudini.

Ora nessuno al Congresso ha parlato di col­ lettivismo, nessuno ha domandato la nazionaliz­ zazione delle terre, nessuno ha discusso sulla gratuità dei mezzi di produzione, e forse è la prima volta che in un Congresso socialista, di­ scutendosi della azione stessa del partito, uon si sono rivolte le solite invettive al capitale. I vec­ chi postulati del socialismo, coi quali altra volta si alimentava l’entusiasmo delle moltitudini, sono stati relegati nelle soffitte delle « id e a lità » ; e tutta la discussione fu invece rivolta alla prati­ cità della vita, ad ottenere riforme sociali e le­ gislative che valgano a migliorare le condizioni dei lavoratori, e la grande maggioranza non è stata indifferente alla possibilità di ottenere la. Banca del lavoro la quale già disporrebbe di un capitale di 24 milioni.

Lo dichiariamo senza l’ ombra di ironia il socialismo così concepito ci conforta molto più di quello precedente, poiché può portare e por­ terà certo nei dibattiti sui vari problemi sociali una nota di progresso, magari per il momento eccessivo, ma tale però da stimolare e sospin­ gere questa vecchia borghesia, che dopo qualche istante di slancio, sta per addormentarsi in brac­ cio ai clericali, i quali, pare impossibile, divenuti liberali anch’essi, si armano delle più poderose ed efficaci reticenze, affine di diminuire la distanza

Sul Congresso socialista

Con quanto disagio del pensiero si è dovuto seguire sino al voto finale la discussione durata per tre giorni in seno al Congresso socialista, in­ torno alla azione del partito, non occorre dire a chi abbia intravvisto prima e compreso poi, che a tutto quei diluvio di discorsi, di frasi, di parole, mancava il requisito principale, quello della sin­ cerità.

Apparentemente si è combattuta una lotta tra « l’ idealità finale del socialismo », e la « realtà della vita attuale » ; ma troppo è emerso che nè i riformisti turatiani, nè gli intransigenti ed i rivoluzionari (Lazzari e Salvemini) sapevano ormai nascondere da una parte la decadenza del partito, dall’altra l’abbandono di quelle che per eufemismo ora si chiamano « idealità », ma che sino a pochi anni or sono erano presentate alle moltitudini lavoratrici come postulati reali, fon­ damentali del socialismo.

Comprendiamo perfettamente che non era più possibile sostenere le antiche formule « idea­ listiche » del socialismo, e che ormai le moltitu­ dini, evolute o disilluse come dir si voglia, non crederebbero più ai loro Capi intellettuali, se par­ lassero loro ancora il linguaggio di dieci anni or sono.

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enorme che li sepàrava una volta dal vecchio partito moderato italiano.

Bisogna pure tener conto che la parte an­ che più avanzata dei congressisti, pur volendo una azione intransigente, non ne ha dato questa volta coma giustificazione, la imminente « r iv o ­ luzione sociale » o la « catastrofe della borghe­ sia », ma soltanto parve preoccupata che, ridotto il socialismo a rimanere nella sua azione « rifor­ mista », perdesse troppo di vista gli antichi « id e a li» e, si lasciasse inquinare dai contatti coi partiti borghesi.

In sostanza quindi possiamo rallegrarci del­ l’ esito del Congresso di Milano su questo punto essenziale della azione del partito; ;— liberato dalla pregiudiziale di una intransigenza che lo condannava ad una azione sterile, il partito so­ cialista (se ancora vorrà conservare questo nome in onore agli ideali) può diventare l’avanguardia di una schiera di radicali che agitino la morta gorra politica in cui siamo seppelliti, e infonda nella macchina dello Stato un soffio di vita mo­ derna.

L ’ Italia ha bisogno di Governi, che non vi­ vano alla giornata consumando la loro energia a guardarsi le spalle dalle macchinazioni dei vec­ chi e consunti parlamentari, ma che osino molto, che tentino nuove vie, che aprano la mente a larghi orizzonti, un poco per fare di nuovo, e molto,, ma molto per distruggere il troppo vec­ chio. Bisogna che i Governi comprendano che la azione dello Stato non può limitarsi a provve­ dere alle varie contingenze dell’oggi, ma deve seminare largamente per largamente raccogliere nell’avvenire.

Da qualche tempo si consacrano molte parole per mostrare la buona volontà di estirpare la ver­ gogna dell’analfabetismo; è necessario che alle pa­ role succedano fatti e fatti intensi, fatti estesi e se è possibile esuberanti. Creare maestri che sappiano insegnare, edificare scuole primarie e medie in proporzione al bisogno. I socialisti sin qui non hanno, insistito tauto quanto nel loro stesso in­ teresse dovevano insistere per questo grande com­ pito sociale che incombe sulla nazione. L ’ ultima legge proposta che ha qualche lato buono, non può essere l’ ultima parola; e come il Ministro della guerra è sfato autorizzato a spendere in quattro anni i fondi stanziati in otto esercizi, per affrettare gli armamenti, il Ministro della Pub­ blica istruzione deve essere autorizzato ad ab­ breviare quanto e possibile l’applicazione della legge che attende ora il voto del Senato.

E la necessità di costruire molte scuole e di avere molti insegnanti non solo deve emergere dal desiderio di vincere l’ analfabetismo, ma an­ cora perchè lo Stato sia in grado di sottrarre in modo assoluto l’ insegnamento ai ministri di qua­ lunque culto. Dal diritto che hanno certo le Chiese di impartire esse stesse l’ insegnamento religioso, è derivata, quasi si direbbe la frase fatta, che le Chiese abbiano un diritto di istruire la gio­ ventù. Questo errore deve essere vinto con una indefessa perseveranza. Lasciare piena libertà alle Chiese di insegnare la religione nei loro templi, ma togliere al clero di qualsivoglia re­ ligione la facoltà di tener scuole, nè maschili nè femminili. Per raggiungere questo scopo oc­

corre che lo Stato sia in grado o direttamente o per mez^o degli enti locali di fornire esso stesso tante scuole quante ne abbisognano. E nessuna più alta « idealità », potrebbero coltivare i socia­ listi di questa diffusione della istruzione esclusi­ vamente laica.

Ed è, non vorremo dire sintomatico, ma do­ loroso, che questo argomento così importante non sia stato nè trattato nè accennato nel Congresso di Milano, sebbene in verità i molti oratori ab­ biano parlato moltissimo.

Noi vorremmo che il partito socialista al de­ siderio di ottenere l’allargamento del suffragio, preponesse quello dell’allargamento tanto quanto occorre dei mezzi di istruzione.

l i [KÉsÉìie pei I dissidi della Romagna

Richiamiamo l’attenzione dei lettori sul di­ scorso molto chiaro e preciso con cui l’on. Luz- zatti ha inaugurato i lavori della Commissione chiamata a studiare le condizioni del conflitto apertosi nella Romagna ed a suggerirne al Go­ verno i rimedi.

Abbiamo avuto recente occasione per affer­ mare che le cause del conflitto non sono econo­ miche sebbene ne possano avere tutta l’apparenza; Fon. Luzzatti ha coraggiosamente esposto lo stesso concetto ; e diciamo coraggiosamente, perchè data la attuale situazione parlamentare, non per ancQ chiarita, si poteva credere che il Presidente del Consiglio volesse essere anche eccessivamente pru­ dente.

Invece, e lo lodiamo senza riserve, ha voluto dire esplicito il suo pensiero e far comprendere alla Commissione ed al Paese che nel doloroso conflitto le competizioni politiche sono elemento, per lo meno prevalente. Se mai occorresse una prova di ciò basterebbe leggere le astiose pole­ miche tra giornali socialisti e repubblicani, e l’ultimo comma dell’ordine del giorno Turati vo­ tato dal Congresso di Milano; e le esagerate inter­ pretazioni che gli Agrari della Romagna hanno dato ad alcuni brani del discorso dell’on. Calis- sano ad Alba.

Tanto più arduo, dato questo substrato po­ litico, è pertanto il compito della Commissione alla quale l’on. Luzzatti, nel suo discorso inaugurale, parve dicesse che aveva mandato quasi illimitato. I lati politici del conflitto infatti non si possono ben comprendere che vivendo alquanto nel paese dove si svolgono le diverse fasi della questione ; nè sono adatti ad illuminare la Commissione, quei membri che alla regione appartengono, perchè non è presumibile che non sentano la passione politica incombente.

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tale natura e così complesso; e la visione che mostra di avere il Governo della difficoltà della situazione, è prova che la nomina della Commis­ sione non fu certo un espediente per prender tempo.

Ed ora ecco il discorso dell’on. Luzzatti : « La condizione dell’animo mio darà, io confido, a queste brevi dichiarazioni, un carattere sereno, che par quasi esulato dai nostri costumi politici.

« E primieramente esce dal cuore il ringraziamento a Voi tutti che per un grande fine di pacificazione so­ ciale avete voluto assoggettarvi alla difficile e penosa ricerca di investigare tutti i fatti che si collegano colle recenti agitazioni agrarie nella provincia di Ravenna, nel territorio di Imola e di altri paesi di Romagna, di determinare le cagioni e di indicare al Governo i prov­ vedimenti intesi a togliere o temperare i dissidi e i coi - ¿itti sorti fra proprie tari e coltivatori della terra e fra le varie categorie di coloro che la lavorano. Alle vostre alte menti è affidata la soluzione di problemi così nuovi, gravi tutti.

« I casi agrari della Romagna, segnatamente del Ravennate, non trovano riscontro in nessun altro paese: non escono dalla miseria, nè dalla deficienza di troppo magri salari o da scarsi compensi della proprietà; la­ voro e capitale ottengono in quei luoghi, dove l’inge­ gno italiano si è fatto onore, modificando, migliorando le terre, avviandole parecchie volte ai massimi rendi­ menti, alternando le industrie con le colture razionali, le maggiori rimunerazioni.

« Non dalle sofferenze, ma dalle esuberanze della vita sorgono i contrasti, che in certi istanti assunsero le forme di una guerra sociale impedita soltanto dalla autorità vigilante dello Stato, forte e dolce secondo occorre.

« Aggiungasi che se il contratto di terzeria, con­ siderato dall’aspetto economico, è probabilmente desti­ nato a trasformazioni profonde, quello di mezzadria, senza dipingerlo come un idillio, rappresenta sicura­ mente un non discutibile progresso, pel valore essenziale dei proprietari e dei lavoranti. Quindi le indagini della Commissione, oltre che intorno allo stato delle colture, dovranno approfondirsi intorno allo stato degli animi : appaiono psicologiche oltre che economiche, oserei dire, più psicologiche che economiche.

« Quali sono i disegni dei braccianti e dei mezza­ dri, obbedienti a tendenze sociali diverse?

« Quale il programma dei proprietari travagliati e addolorati da sì strane novità, che non si affacciano in altre parti d’ Italia?

« Imperocché le aspirazioni economiche si compli­ cano con le politiche, le quali concorrono a inacerbire ancor più gli interessi materiali. Nè vuoisi tacere che, nonostante i recenti tentativi di pace, la quale confi­ diamo solida e durevole, i casi agrari di Ravenna, forse la prima volta, certo mai con tanta intensità, non di­ vidono soltanto il capitale dal lavoro, ma anche le di­ verse categorie dei lavoratori, segnatamente i mezzadri dai braccianti.

« Nella disputa campeggiano le organizzazioni del proletariato agricolo colla celebre controversia sulle macchine, non scevra ornai di sangue umano !

« Mi si consentano alcune considerazioni tratte an­ che dalla esperienza di sette mesi di governo, comin­ ciato coi moti agrari del Ravennate, e breve o lungo che sia, non par sinora destinato a finire con essi ; molto probabilmente ci sopravviveranno, se il vostro senno non trovi una soluzione pronta ed efficace.

« L e organizzazioni cooperative solidamente costi­ tuite fra i braccianti dalla libera offerta passarono alla imposizione delle macchine, che sono di loro proprietà e attestano uno stadio della colr-ura progredita.

« Quali principi muovono questi sodalizi coopera­ tivi ? Con le macchine accennano, come dicono i loro avversari, alla futura dominazione della terra? Ovvero si irritano che i loro servigi siano disconosciuti e per la evidenza della loro utilità li vorrebbero imporre? Queste organizzazioni cooperative tengono ancora della primigenia semplicità? Col sacrificio e coi sudati ri spanni, moltiplicati dallo spirito di associazione, inten­ dono alle redenzioni degli um ili? Ovvero vogliono so­ praffare col numero, tralignamento dalle auree e antiche virtù della mutualità ?

« Insomma è riscatto di plebi che si elevano e aspi­ rano alla proprietà per la eccellenza del metodo econo­ mico ovvero una rivoluzione di Ciompi bramosa di pigliare l’altrui proprietà violentemente? O vi è dell’ano e dell’altro in queste organizzazioni di nuova foggia r

« E come sceverare il bene dal male?

« Ardue ricerche, delle quali l’Italia da voi attende la parola definitiva e serena.

« Io sono lieto che in questa Commissione, dove tutte le opinioni si rappresentano con equità, figurino i delegati delle Associazioni agrarie, i quali spontanea­ mente a me volgendosi, ri nunzi arpno a far partéela sè. « Ragionando insieme, essi e io facilmente ci per­ suademmo che gli uni e gli altri avevamo soltanto n proposito di cercare il vero per fare il bene. Nessuno voleva a priori distribuire glorificazioni o umiliazioni, assoluzioni o condanne.

« E sono particolarmente lieto che a questa Com­ missione appartenga un deputato egregio (spiritus asper), il quale giovandosi del suo rigido diritto arrestò alla Camera negli ultimi giorni dei lavori estivi la discus­ sione e l’approvazione del progetto di legge sulla Banca del lavoro, alla quale voleva far precedere una inchie­ sta sulle Società cooperative, segnatamente su quelle dei braccianti che, per gli studi e per le dichiarazioni di illustri economisti, sociologi e socialisti forestieri, costituiscono u ; pregio, una originalità preziosa del

lavoro italiano. . . . •

« Certo è che quando il mio eminente amico Ber- toìini, che non ha fama di radicalismo scapigliato, quale ministro dei lavori pubblici, mi chiese la colla­ borazione per preparare e difendere la legge sui Con­ sorzi delle mutualità, ei pure mirava a consentire a essi non soltanto i piccoli esperimenti, ma le grandi iniziative, per le quali parevano maturi, dopo lavori di bonifiche e idraulici rifiutati per le difficoltà e per lo scarso profitto dai grandi intraprenditori e condotti a compimento con successo felice dai sodalizi operai, ignari di quegli strascichi di indennità straordinarie, troppe volte raddoppiane e peggio le spese iniziali fis­ sate per le opere pubbliche ; e dopo che, ardimento nuovo nella storia della cooperativa, in quel di Reggio Emilia, osarono costrurre ed esercitare un tronco di

ferrovia. _ _ . . . . .

« E aggiungendo a questi saggi quelli di migliaia di umili fratellanze rurali e di pescatori, epilogate an- ch’ esse in unioni centrali, come in Germania, m Danimarca, in Irlanda, in Austria, in Ungheria, da per tutto insomma dove il lavoro eletto si cristallizza nel capitale, che ne è il figlio legittimo e davvero lo crea, sorse nell’animo mio spontaneo il disegno della Banca centrale, che riproduce in Italia, con forma no­ stra e penso più efficace, istituti fiorenti altrove.

« Il nuovo e grande sodalizio si propone di conce­ dere agli infelici che lavorano e producono aneli’essi per la gloria e per la grandezza del loro paese, quei potenti mezzi di credito a relativo buon mercato, non amareggiati dalle aspre usure, che colle Banche di emissione e cogli altri Enti aiutati dallo Stato giusta­ mente ottennero le operose borghesie.

« Il mio appello per questo forte istituto a favore degli umili fu accolto dal paese ; ai dieci milioni asse­ gnati dallo Stato, più che dodici ne offrirono alla loro volta i grandi serbatoi della previdenza nazionale, le Casse di risparmio e le Banche popolari. E poiché que­ sto sodalizio nato sotto il Ministero precedente, vigo­ rosamente mantenuto dal nuovo, dovrebbe raccogliere le adesioni parlamentari delle maggioranze e delle mi­ noranze, quali esse siano, come raccolsero le adesioni della previdenza nazionale, io mi compiaccio che l ’o n . Muratori abbia ora il modo di compiere le sue inve­ stigazioni, traverso l ’ inchiesta, sulle grandi Società cooperative di Ravenna e della Romagna.

« Noi due siamo contraddittori leali, cioè, di quelli che a vicenda discutono per persuadersi, e gli pro­ metto che a tutto dicembre, il periodo estremo per presentare le conclusioni della inchiesta, non affretterò alla Camera la discussione della legge sulla Banca del lavoro. Essa deve vincere, non per forza di numero, ma, come tutte le cose buone, nobili, veramente utili per la virtù della persuasione.

« E del resto se nella inchiesta si scopriranoo delle cooperative macchiate da vizi o da difetti, una parola ammonitrice, senza rampogna, le correggerà.

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po-692 L; ECONOMISTA 30 ottobre 1910

che Società anonime, che mal si presterebbero a com­ battere un cosi mirabile e flessibile strumento, idoneo ad adunare i piccoli e i maggiori capitali, per com­ piere i miracoli della produzione e della moderna ci­ viltà economica.

« Ma prima di chiudere le nostre osservazioni mi si consenta di rettificare un solo punto della lettera diretta dall’Associazione agraria al mio amico e fido collaboratore Calissano nella quale si accusò l ’egregio prefetto di Ravenna di aver riconosciuto nei mezzadri il diritto di scegliere la macchina ritenendoli posses­ sori di fatto.

« Non bisogna confondere i poteri dell’autorità am­ ministrativa con quelli dell’ autorità giudiziaria.

« Il Governo non si pronunziò mai sul diritto di scelta della macchina nè per iscritto, nè a voce, e non voleva nè poteva sostituirsi ai compiti dei tribunali. Esso non detta sentenze, ma conserva inviolato l ’or­ dine pubblico e i limiti certi della proprietà privata, nei casi dubbi attendendo il responso dell’autorità giu­ diziaria.

« Nè può cacciare dai fondi il mezzadro, che rap­ presenta un possesso sia pure precario, come può farlo l ’ usciere in esecuzione di una sentènza.

« Un Governo liberale e costituzionale è sopra le classi; non è nè capitalistico, nè proletario, non cede agli impeti degli interessi degli uni o degli altri.

« L ’Associazione agraria, della quale io riconosco le benemerenze a incremento della patria ricchezza e le proclamo altamente per l ’abitudine di imparzialità verso gli avversari che a me non l’ usano, come non l’ usarono all’ottimo mio amico Calissano per le dichia­ razioni di Alba, che ho interamente accolte, appuntò il Governo di errore, nou ammettendo nei proprietari il diritto di scegliere la macchina e dalla sentenza del Tribunale di Ravenna trae vanto come di una vitto­ ria, non solo contro i mezzadri, ma anche contro l’au­ torità politica, locale e centrale.

« Non devo fare commenti alla sentenza, profon­ damente rispettando la inviolabilità del potere giudi­ ziario. Ma siami concesso di notare che il magistrato non trovò il diritto di scelta delle trebbiatrici nel Co­ dice civile, poiché queste non esistevano ancora nel 1865, non lo rinvenne per patto inserito nei capitolati del 1901 e del 1906 ai quali non attribuì il valore di legali convenzioni, e lo rintracciò nella consuetudine, poiché nei capitolati è assegnata al proprietario la di­ rezione della azienda, nella quale ritenne compresa la scelta della macchina.

« L a Commissione d ’ inchiesta vedrà, se quando si introdussero a Ravenna le macchine trebbiatrici non fossero gli industriali i primi a farne un affare ordinario, se fra proprietari e mezzadri, all’ora di ac­ cordo, non si operasse alcuna scelta, adoperandosi la macchina libera nella giornata, nella quale occorreva, la più vicina per la trebbiatura condotta a compi­ mento in altri fondi.

« E nel 1906 quando si elaborò il nuovo capitolato, nel quale si mantenne la direzione dell’azienda al p ro­ prietario, i contadini riuniti in associazione acquista­ rono trebbiatrici e le adoperarono senz’alcun ostacolo e senza contestazioni.

« I guai sorsero quando i socialisti sostennero il diritto loro esclusivo sull’ uso delle macchine e i con­ tadini mezzadri vi si ribellarono, donde le divisioni e i contrasti fra mezzadri di un colore, mezzadri e ter­ ziari di un altro, e proprietari cedevoli cogli uni resi­ stenti cogli altri, creando quell’ inestricabile caos da cui, per l’amor della patria e per il benessere di tutti, è lecito sperare che, grazie agli studi della vostra Commissione, si possa uscire al più presto rivedendo la luce.

« Bisogna riconoscere con eque provvidenze i di­ ritti e i doveri dei contendenti-. In somiglianti con­ tingenze è uopo ispirarsi all’esempio degli inglesi, i quali non ammettono lo Stato inerte, ma rivolgono le difficoltà mano a mano si presentano. E infatti è re­ cente il ricordo di popolazioni agrarie torbidamente erranti, emigranti e in conflitto coi proprietari, alle quali la legge, colle creazioni di piccoli e liberi po­ deri, agevolò la loro riconciliazione col suolo della patria.

« Con siffatte speranze io prego l’on. Chimirri, il quale ha dettato un lavoro parlamentare, che rimarrà, sugli equi patti tra capitale e lavoro, di assumere la presidenza. A ll’alto seggio la fiducia di tutti i com­ petenti lo ha additato, simbolo e augurio di pace fe­ conda ».

LONDRA, Li) CITTÌ GIGANTE

.Riassumiamo un importante articolo della Revue économique internationale (n. 3 del 15-20 settembre 1910) dovuto alla penna di Cl a c j d W .

M u l l i n s, dal titolo Londra, la città gigante. L ’articolo, che si legge con vero interesse, si distingue in più parti, delle quali la prima ri­ guarda i progressi amministrativi della grande città.

Il tratto dominante l’evoluzione sociale e po­ litica della Inghilterra durante il secolo scorso, osserva la Revue internationale, è l’enorme svi­ luppo del governo popolare ; e come, a poco a poco, il paese assunse il controllo degli affari na­ zionali, cosi gli abitanti delle, città e dei villaggi assunsero gradualmente la condotta degli affari locali che li riguardavano. Si può dire che in Inghilterra l’amministrazione democratica locale sia l’opera del X I X secolo, e specialmente in quello che concerne Londra, l’opera degli nltimi settanta anni.

Qui la Revue internationale tratteggia rapi­ damente la storia e lo sviluppo della città. Ba­ sterà, per farsi idea di quest’ nltima, accennare come al principio del secolo, il valore imponibile di ciò che divenne più tardi il territorio ammini­ strativo di Londra non sorpassava, per quanto si può desumere, L. 3,416,153 per una popolazione di 958,863 abitanti solamente, che occupavano 136,196 case. Nel 1855 il valore imponibile era salito a L. 11,283,663, la popolazione a 2,543,291 e il numero delle case a 329,467.

Quando il Metropolitan Board fu sostituito dal London County Council, nel 1888, il valore imponibile era di L. 31,033,786, la popolazione di 4,306,380 e il numero delle case occupate di 549,283.

Il censimento fatto nel 1901 stabilisce che il numero delle case abitate nella contea di Lon­ dra era di 571,714 e la popolazione di 4,536,272 e lo stesso anno il valore imponibile si elevava a L. 39,643,618, colla considerazione però che nella contea amministrativa non sono conteggiati tutti i numerosi quartieri che fanno realmente parte di Londra.

La Revue internationale parla ancora del problema degli alloggi vivissimo in Londra. A c­ cenna all’opera prestata dal London County Coun­ cil per quel che concerne il detto problema, alla ricostruzione da esso fatta dell’immenso quartiere malsano dell’est di Londra. Tre quartieri operai (osserva il sig. Mullins) furono edificati dal Lon­ don County Council. Il primo che alloggia 345 persone fu aperto nel 1893 ; il secondo fu aperto nel 1903 e alloggia 800 persone ; il terzo, che si chiama Bruce House, fu aperto nel 1906 e co­ struito in seguito alla obbligazione imposta dalla legge al Consiglio di creare alloggi in conseguenza del disloco di popolazione avvenuto in altra lo­ calità. Bruce House può albergare approssimati­ vamente 700 persone.

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Consiglio acquistò pure 225 acri di terra pei il prezzo totale di circa L. 92,000 ; ma fino a oggi solo una piccola proporzione ne è stata collocata. Sono stati pure creati alloggi per 3,196 persone.

Ma, sebbene le autorità municipali ab­ biano fatto molto in materia di alloggi, non bi­ sogna dimenticare che il primo loro dovere e di controllare e di mettere in armonia le opere dei ; privati. Oltre che costruire nuove case_ bisogna pure migliorare gli alloggi insalubri. Esistono in Londra vasti quartieri malsani: ciò indica che il problema degli alloggi non è affatto risolto.

La Revue Internationale, dopo non poche al­ tre considerazioni che lo spazio ci vieta di ri­ portare come vorremmo, per intero, si avvia alla sua conclusione. In Inghilterra molti dei servizi pubblici sono ancora quasi interamente nelle mani dei privati e delle compagnie: così la distribu­ zione del gaz, i mercati, gli omnibus, le ferro­ vie, gli ospedali, le ambulanze. Molti vorrebbero il continuo aumento dei poteri dei corpi munici­ pali mentre altri si oppongono energicamente al- 1> invasione dei poteri pubblici sul dominio abban­ donato fino ad ora alla iniziativa privata.

Nelle sfere politiche si è spesso proposta la municipalizzazione di certi servizi, ma è dubbio che possa farsi gran cosa su questo punto in un prossimo avvenire. Londra ha bisogno avanti tutto, di un più ampio consolidamento, piuttosto che di una estensione della sua amministrazione municipale. Sarebbe vano, osserva^ saggiamente la Revue, dire quali riforme si realizzeranno pro­ babilmente, e quelli che elogiano i progressi della amministrazione londinese durante gli ultimi cin­ quanta anni devono essere i primi a convincersi che resta molto da fare ancora.

L ’Autore pone quindi, a dimostrare appunto questo suo asserto, alcuni principali problemi che dimostrano come continui sempre in Londra la vecchia lotta tra la centralizzazione e la divi­ sione del potere. Da una parte si chiede che in­ dipendenza delle comunità locali resti intatta; da un’altra parte si pretende che Londra debba for­ mare una sola città e che non bisogna tollerare che un minimo di suddivisioni. E ’ incontestabile che in un avvenire immediato si formerà una concentrazione delle autorità indipendenti. Il tempo solo dirà in quale misura quella concen­ trazione si farà.

La città si confonde progressivamente coi co­ muni vicini. Questi non desiderano rinunziare alla loro indipendenza, ma la necessità esige frequente­ mente che il territorio intero formi una sola unità amministrativa. Questi problemi, come in gene­ rale tutti i problemi municipali, sono d’ interesse non solo interno unici pale, ma anche internazionale.

Uno dei mezzi migliori di risolverli, conclu­ de l’Autore, è lo studio imparziale dei problemi analoghi che si ritrovano nelle altre città del paese e dell’estero. _

Queste le considerazioni principali della Ke- vue Internationale sulla città gigante.

X

SULLE PRIVATIVE INDUSTRIRLI

La Camera di commercio della provincia di Vicenza ha pubblicato una breve relazione m me­ rito al disegno di legge s u l l e privative industriali, del suo presidente Marchetti, approvata dalla Ca­ mera con decisione del 7 settembre 1910, che crediamo, per l’ importanza dell’ argomento oppor-

tuncteriassumere in poche parole. .

Osserva la Relazione che in materia di pri­ vative industriali noi siamo ancora governati dalla legge del 30 ottobre 1859 che dopo tanti anni trascorsi, più non risponde alle esigenze dei

tempi nuovi. .

Le mutate condizioni dell’ industria, 1 im­ portanza delle invenzioni scientifiche, la varia­ zione subita dalla legislazione straniera, le in­ tervenute convenzioni internazionali, rendono assolutamente indispensabile riformare l’antiquata legge esistente.

Dopo accurato studio di un’apposita commis- sione di competenti, l'attuale Ministro di agrieoi- tura presentò alla Camera un progetto che tende a modificare iu alcune parti l’attuale legislazione e sul quale, per desiderio della Commissione par­ lamentare che ha in esame lo stesso disegno di legge, domanda il parere delle Camere di com­ mercio.

Il problema principale che si presentava e che occupò lungamente la Commissione compila- trice del disegno di legge in esame è certamente quello: se si doveva introdurre nella nostra le­ gislazione il sistema dell’ esame preventivo se­ guito ormai da molti e dai principali Stati, op­ pure continuare nel nostro sistema che esclude tale esame preventivo.

Il sistema dell’esame preventivo consiste in ciò: nel subordinare il rilascio di un brevetto alla constatazione, mediante esame tecnico, della realtà e della novità della invenzione.

Nel 1854 quando si compilò la legge in vi­ gore il problema non si presentava certo con quell’ importanza con la quale si presenta oggi, prima per le condizioni diverse della produzione industriale, poi perchè, se l’esame della realtà delle invenzioni facevasi in quegli _ stati ove la privativa aveva il carattere esclusivo di un pri­ vilegio conceduto dal Sovrano, e facevasi anche in qualche altro Stato eretto a governo costitu­ zionale, il sistema del nuovo esame era di gran lunga prevalente.

Pare invece al Presidente della Camera vi- centina che la questione si presenti invece di­ versa oggigiorno poiché l’esame non solo fu man­ tenuto là ove era stato originariamente introdotto, come in vari stati tedeschi e negli Stati Uniti d’America, ma fu ancor più rigorosamente con­ sacrato nelle recenti leggi dell’ Impero, tedesco, nell’Austria, nella Danimarca, nella Svezia, nella Norvegia, in Russia, in vari Stati d’America Centrale e Meridionale, nel Giappone e. fino ad un certo punto anche in Ungheria, in Svizzera ed in qualche altro paese; e persino l’ Inghil­ terra ha introdotto un esame, per quanto limi­ tato delle invenzioni.

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nostra^ legislazione. Non si può disconoscere che le ragioni, le quali stanno per l’esame preventivo, sono seducenti.

Perchè mai, si domanda, dovrà lo Stato in­ tervenire a difendere colui che può non avere inventato alcunché, con l’effetto di vincolare, senza ragione la libertà dei singoli? La base della protezione accordata dalla legge, si sog­ giunge, sta nella invenzione. Se questa manca, la protezione non deve esistere. Devesi evitare ai cittadini l’onore di sostenere lunghi e cdfctosi litigi per potersi liberare da vincoli ingiusti. Or tutto ciò si ottiene se lo Stato per mezzo dei suoi funzionari esperti ed imparziali, prima di accordare la protezione della legge, esamina di­ ligentemente se e fino a qual punto vi sia quella invenzione che il richiedente asserisce. Conviene però riconoscere che anche gli argomenti contrari sono di molto peso.

Anzitutto, si dice, non è giusto subordinare la tutela dell’ inventore al giudizio di persone che, sieno pure di grande capacità ed onestà, possono anche non avere tutte quelle cognizioni 6 quella preveggenza pratica sul carattere e sul risultato delle invenzioni, che possono essere ne­ cessarie per giudicare se abbiano o non a mu­ nirsi di privative. Non sono rari gli esempi di casi nei quali la privativa non fu concessa ad invenzioni che erano veramente nuove ed indu­ striali, ciò non per malizia dei pubblici uffiziali, ma per concetti non esatti sotto l’aspetto tecnico ed economico.

Ora basta un solo caso nel quale la tutela della legge sia stata ingiustamente negata per prescrivere quel sistema che dà adito a tale in­ conveniente.

D ’altra parte la cognizione imperfetta di tutto lo scibile per parte di chi deve fare l’esame, an­ che in un solo ramo della tecnica, può far sì che 10 Stato col suo intervento, sancisca il monopolio a favore di chi non abbia realmente fatto quel­ l’ invenzione, che la legge esige per accordare la sua protezione. Col sistema del nuovo esame que­ sti pericoli non esistono, perchè il pubblico uffi­ ciale non fa che attestare l’asserzione del richie­ dente di aver fatto quell’ invenzione ch’egli indica e lo Stato nulla garantisce. Quando la legge di­ chiara apertamente che l’attestato non prova che siasi fatta una vera invenzione, quale è dalla legge richiesta, il pubblico non può equivocare.

Dato l’esame preventivo, è abbastanza lungo, e talvolta dura per anni, il tempo necessario per decidere se l’attestato debba o non rilasciarsi, ed intanto l’ inventore con può disporre della sua invenzione per l ’ incertezza in cui si rimane se l’attestato sarà o non rilasciato.

Col sistema del nuovo esame preventivo ri­ mangono impregiudicati i diritti di tutti ed il giudizio è poi dato con tutte quelle garanzie che 11 contradittorio e l’ordinamento giudiziario for­ niscono.

L ’Inghilterra ha adottato recentemente un sistema che può dirsi intermedia.

In quello stato una domanda di privativa è sottoposta ad un esame, nel senso che il pubblico ufficiale deve verificare se nei 50 anni precedenti non siasi in Inghilterra accordata una privativa per lo stesso oggetto : in caso affermativo deve

essere dato avviso al richiedente, il quale può dare spiegazioni od anche modificare o indurre la sua domanda ; ma se egli persiste in questa, l’ufficio può rifiutare la patente oppure rilasciarla, facendo menzione sopra di essa di quella ante­ riorità che il pubblico ufficiale ha trovato.

Nel nuovo progetto non si credette di acco­ gliere il sistema generalmente invalso dall’esame preventivo.

Il mantenimento del sistema attuale però non fu sconsigliato da sole ragioni d’ indole ob­ biettiva, ma da altre ragioni.

Il Ministro proponente infatti dichiara che benché personalmente convinto della grande uti­ lità del sistema dell’esame preventivo, col quale si dovette al brevetto quell’ importanza e quel valore che ora non può avere se non in minima parte e si escluderebbero dalla protezione tante cose inutili e una infinità d’ invenzioni fittizie, deve tuttavia convenire che il paese non è ancora maturo per una riforma così radicale, la quale del resto richiederebbe la organizzazione di un vasto ufficio tecnico con una spesa rilevantissima, che le condizioni odierne della finanza non con­ sentirebbero.

E questo è vero. Il Patentamt dell’ Impero Germanico, ad esempio, risiede in Berlino, in un palazzo costruito espressamente che costò marchi 8,500,000, senza calcolare l’area demaniale, nel quale sono 12,00.0 impiegati, di cui 400 tecnici ed ha un bilancio annuo che si aggira intorno a marchi 9,000,000 di entrata e a marchi 5,000,000 di spese.

Ma se ciò è vero, osserva la Camera di V i­ cenza, è pur vero anche che, tolta di mezzo questa questione, il nuovo progetto veniva a perdere ogni carattere di riforma sostanziale limitandosi esso a un rimaneggiamento sia pur largo delle disposizioni in vigore.

Come conseguenza naturalmente dell’abban­ dono del sistema dell’esame preventivo il progetto di legge di cui discorriamo dichiara che l’atte­ stato di privativa non garantisce l’ utilità e la realtà dell’ invenzione o proposta, ma mira sol­ tanto ad assicurare al suo autore il diritto esclu­ sivo di avvantaggiarsene, per sè e per i suoi aventi causa, per un periodo di quindici anni. Contro il rifiuto di rilasciare l’attestato per insuf­ ficiente documentazione della domanda o atto, è ammesso il ricorso ad una speciale Commissione contro le decisioni della quale si può ricorrere al Consiglio di Stato, a termini delle leggi sulla giustizia amministrativa, salvo l’azione giudizia­ ria nei casi di violazione di diritto. La conces­ sione di brevetto e subordinata al pagamento di una tassa di L. 40 sulla domanda e ad una tassa annuale di L. 60 per il primo anno, con un au­ mento continuativo di L. 10 per ogni anno suc­ cessivo.

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30 ottobre 1910 L ’ ECONOMISTA 695

legislazione inglese accorda a chiunque di doman­ dare la revoca della patente, se dopo quattro anni dalla sua data risulti che l’oggetto brevettato è esclusivamente o principalmente usato fuori del Regno Unito. A simiglianza della legge inglese, nel progetto del nostro ministro dell’ agricoltura si dispone che, se per tre anni consecutivi, il prodotto o il procedimento che forma soggetto della privativa sia stato rispettivamente fabbri­ cato od usato esclusivamente fuori del Regno o la sua fabbricazione ad uso nel Regno risultò insufficiente a soddisfare alle giuste esigenze del pubblico, l’autorità giudiziaria, su richiesta di chiunque, dichiarerà decaduta la privativa, a meno che il titolare nou provi che la mancanza o la insufficienza di fabbricazione od uso nel Re­ gno deriva da cause corrispondenti dalla sua vo­ lontà. Fra queste cause non è compresa la man­ canza di mezzi pecnniari.

Analoga sanzione esiste già nella legge del 1859, ove anzi il termine di attuazione della scoperta era limitato ad un anno. Ma la magi­ stratura si è sempre mostrata restìa all’applica­ zione di tale pena ed ha approfittato della dizione alquanto dubbia della legge, che richiede la messa in pratica entro l’anno, per ammettere che, a sod­ disfare l’obbligo della attuazione, bastasse l’avere importato nel Regno gli oggetti brevettati fab­ bricati all’estero. E ’ da augurarsi che le nuove disposizioni, che non daranno luogo a dubbie in­ terpretazioni, varranno ad evitare il fatto finora verificatosi dell’ invasione di prodotti esteri, bre­ vettati, senza che i brevetti nostri alimentino la produzione nazionale. Altra utile rinnovazione è quella di pubblicare in apposito bollettino, oltre all’elenco dei brevetti di volta in volta concessi, anche le descrizioni ed i disegni uniti alle do­ mande di privativa. E ’ solo concesso agli inventori di domandare il differimento di un anno a tale pubblicazione dietro pagamento di una sopratassa di L. 50, ed è fatta eccezione per le invenzioni che interessano la difesa dello Stato.

Nell’ interesse della difesa nazionale e per i fini di pubblica utilità lo Stato può anche espro­ priare in tutto o in parte il diritto di privativa od usare dell’ invenzione senza il consenso del concessionario, dietro adeguato compenso che, in mancanza di accordo, viene determinato in via giudiziaria.

La Commissione che preparò il disegno di legge in esame terminava il suo lavoro con la seguente dichiarazione :

« Se col progetto elaborato non si fecero molte innovazioni radicali, si è tuttavia cercato di introdurre nella nuova legge quelli che furono gli ammaestramenti dell’esperienza in una mate­ ria che sempre si trasforma. Qualunque sia l’ ap­ prezzamento che si possa fare dell’ opera della Commissione nell’eseguire in questa parte il man­ dato affidatole essa ha la coscienza di avere nelle numerose e laboriose sue sedute cercato di cor­ rispondere quanto meglio le fosse possibile al mandato medesimo ».

Limitata così la portata delle innovazioni introdotte noi possiamo convenire che il progetto di legge di cui abbiamo discorso rappresenta un notevole passo della nostra legislazione in mate­ ria, e in questo senso la Presidenza crede si possa

esprimere il nostro parere al Ministero, con l’ag­ giunta però e l’espressione di un desiderio :

Il sistema tedesco, americano, ecc. del con­ trollo preventivo è forse troppo complesso, troppo faragginoso, troppo rigido, confacente forse al­ l’ambiente industriale di quei paesi, meno adat­ tàbile forse al nostro. Il nostro sistema è d’altra parte troppo superficiale e si potrebbe dire incon­ sistente in quanto che si limita ad una pura re­ gistrazione di domande.

L ’ Inghilterra, che ha potuto valersi della esperienza di tutti ha adottato un sistema che noi abbiamo chiamato intermedio, ha limitato cioè il campo dell’indagine e dell’attestazione ad ele­ menti sui quali si può pronunciare con piena conoscenza.

L ’attestato non ha in sè un valore assoluto, conclude la Relazione, ma ciò che afferma ha un valore assoluto e in molti casi sufficiente. E ’ ad ogni modo una prestazione di più da parte dello Stato in favore di chi lavora, e di chi tende coi propri capitali verso l’industria. Soltanto dal 1907 è in vigore il nuovo regime in Inghilterra e quindi non si potrebbe ora venire a conclusioni defini­ tive sulla sua bontà. E ’ lecito però chiedere, e che il Governo Italiano segua .l’esperimento del­ l’Inghilterra con l’intendimento di accoglierne il sistema se questo si mostrerà pratico e utile.

R

ivista

B

iblioqrafica

J. B iederlack S. J. - La Questìon sociale. — Trad. de l’Allemand. Louvain, A.Uystpruyst, 1910, pag. 147.

Il libro è scritto da un Gesuita e vede la luce tradotto dalla settima edizione tedesca, col permesso dei Superiori dell’ Ordine. Non occorre quindi avvertire quali sieno le tendenze dell’Au­ tore, il quale del resto tratta dei diversi argo­ menti con sufficiente obbiettività e con ordine notevole.

Nella parte generale è ricercato il significato della « questione sociale » e dopo averne svisce­ rate le parti di cui si compone, l’Autore conclude che le varie ragioni di conflitto, che sono prece­ denti al socialismo, stanno in una serie di abusi « che innondano oggi il terreno economico come quello sociale » abusi che contrastano colla mo­ rale e quindi fanno nascere il quesito : come con­ vincere gli uomini dell’ esistenza di una morale che Dio impone a tutti ; e da questa premessa l’Autore ricava il legame tra la questione sociale e la religione, la quale sta all’ordine sociale come le fondamenta all’edifizio, i cardini alla porta, le radici all’albero.

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fem-L ’ ECONOMISTA 30 ottobre 1910 690

miniamo ; e ognuno di questi capitoli comprende la esposizione della questione ed i rimedi.

Non potendo seguire l’ Autore in tutte le singole discussioni, noteremo solo che si dichiara antifemminista, non ammettendo che alla donna sia concesso il voto nè politico nè amministrativo, e destinandola, sia pure con qualche eccezione al solo governo della casa sotto gli ordini dell uomo. Uno degli argomenti coi quali combatte la egua­ glianza dei diritti tra i due sessi è quello che Iddio ha attribuito soltanto all’ uomo il governo della sua Chiesa, e in ciò si deve vedere una conferma della volontà divina dififerenziante le attitudini delle due creature.

Carlo Cafiero. - Abregé du “ Capital ” de Karl Marx. — Paris, P. Y. Stock, 1910, pag. 131 (1 fr. 50).

fi sig. James Guillaume, ha creduto utile di tradurre in francese dall’ italiano il lavoro del Cafiero, che riassume l’opera di Carlo Marx: « il Capitale ».

Non occorre accennare, poiché il_ riassunto del Cafiero è notissimo, le qualità ed i difetti di quel lavoro; il libro del Marx non è di quelli che facilmente si possono riassumere e tanto meno senza il corredo di una vasta dottrina economica e sociale del tempo in cui quel libro fu scritto. Tuttavia è certo che il riassunto del Cafiero di­ mostra tutto l’ ingegno e la passione colla quale .fu dettato e può essere utile a dare un’idea della dottrina di Marx a chi sia digiuno delle questioni economiche.

Alla traduzione il sig. Guillaume premette, una breve ma interessante ed affettuosa biografia del Cafiero.

come tale legge eia rivolta contro al trust dei fittavoli.

Una appendice contiene molti elementi sui prezzi del lavoro, e su quelli dei pascoli.

J.

rivista

economica

e

finanziaria

_ I deputati pugliesi si sono radunati per discutere sui provvedimenti a favore delle

Puglie.

Essi hanno fatto voti :

1° Perchè i Comuni vengano rimborsati delle spese sostenute a causa del colèra ;

2° che, di fronte all’ arretrato stato dei lavori dell’ acquedotto pugliese, il Governo prov­ veda per 1’ esecuzione completa dell’ acquedotto nel termine medesimo, anticipando pure i lavori di canalizzazione interna ;

3° che siano presentati provvedimenti adatti a procurare con ogni mezzo idoneo 1’ acqua occor­

rente per l’ irrigazione ; . . . .

4° che si promuovano, mercè esenzioni tri­ butarie e mediante provvedimenti di credito e concessioni di terreni, la formazione di borgate rurali, la costruzione di case coloniche, ecc. ;

5° che si dia mano immediatamente a tutte le opere pubbliche riflettenti le Puglie, e specialmente per quanto riguarda il doppio bi­ nario, la sistemazione delle stazioni ferroviarie, le opere idrauliche, le bonifiche, i porti, le strade ordinarie e le opere comunali ;

6° che non siano frapposti ritardi alla con­ cessione dei sussidi alle ferrovie da costruirsi dall’ industria privata ;

7° che siano agevolate le pratiche relative ai mutui della Cassa Depositi ai Comuni per opere pubbliche e per la conversione dei debiti ;

8° che sia agevolato il credito agrario ; 9° che siano applicate con larghezza le disposizioni vigenti con l’ esonero dell’ imposta fondiaria.

— Fu tenuto il primo convegno in To­

rino per la Cassa Nazionale di previdenza,

con l’ intervento del ministro di agricoltura,

on. Raineri. ;

Il Ministro portò-un saluto ai convenuti a nome del Governo, inneggiando alle idealità alle quali tende la Cassa, sostituendo all incerto, in­ sufficiente soccorso della carità pubblica 1’ asse­ gno di invalidità e di vecchiaia assicurato in modo stabile e dignitoso.

Mercè la tenacia ed il buon volere di tutti 1’ Ente è salito a notevole prosperità. Esso ha oggi un patrimonio di oltre 26 milioni mentre le sue attività complessive sommano ad oltre 100 milioni.

E ’ doloroso però constatare che malgrado tanto fervore di opere sia limitato il numero de­ gli inscritti alla Cassa; appena 320 mila, mentre più di 10 milioni di lavoratori potrebbero fruire dei vantaggi della provvida istituzione.

Fu perciò opportuno pensiero quello del Pa­ tronato Subalpino di adunare gli amici della D ott. G. D. C reanza. - Qrundbesitzverteilung

und Bauernfrage in Rumdnie. — Leipzig, Duncker et Humblot, 1909, Zweite und Dritte Theil, pag. 188 (M. 4.60).

Nel n. 1773 del 26 aprile 1908 dell’£co?io- mista abbiamo fatto cenno in questa rubrica della prima parte di questo lavbro del dott. Oreanga intorno alla questione agraria della Rumeni a, nella quale prima parte l’Autore descriveva la situazione dei contadini rumeni sotto il punto di vista del possesso attuale delle terre. Nella se­ conda parte del lavoro, la quale colla terza parte forma il volumetto che presentiamo ora ai nostri lettori, l’Autore si propone di dimostrare, come le conseguenze pesino maggiormente sui conta­ dini, sia per la insufficiente regolarizzazione del possesso delle terre, sia per la impossibilità di migliorare in altro modo alla loro situazione; la terza parte riguarda le proposte di riforma agra­ ria presentate dal Governo liberale rumeno.

Prima quindi l’Autore fa una minuta ana­ lisi dei contratti agrari vigenti in Rumenia avanti dello scoppio delle agitazioni cominciate nella pri­ mavera del 1907, e quindi tratta dei contadini che hanno liberamente affittate le loro terre.

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3- ottobre 1910 L! ECONOMISTA

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Cassa per concretare una vigorosa azione di pio-

paganda. _

Dopo il discorso del Ministro il Convegno, sotto la presidenza dell’ on. Boselli, iniziò i suoi lavori, approvandosi un ordine del giorno col quale si fa voti che le Società mutue scolastiche uniformino i propri statuti alla legge 17 lu­ glio 1910 e che la Cassa Nazionale solleciti ed aiuti la costituzione di mutuità gli scolari, in­

vitandosi il Governo al maggiore contributo pos­ sibile al fondo per le Mutue scolastiche.

In altra riunione si è iniziata la discussione della relazione sulle associazioni di mutuo soc­ corso e la Cassa nazionale di previdenza. Al a dis ssione partecipano molti oratori che vorreb-b esteso il diritto di partecipare alla propa­ nda a tutte le società di mutuo soccorso, on. Maffi ricorda che oltre agli operai biso­ gnerebbe anche pensare agli operai della penna e dell’ intelletto che sovente si trovano in con­ dizioni più disagiate di quelle degli operai delle

braccia. f

La discussione, alla quale partecipano tia gli altri anche l’ on. Ferrerò di Cambiano ed il comm. Paretti, direttore della Cassa nazio­ nale di previdenza, diventa tumultuosa e con­ fusa Infine si accetta come raccomandazione di estendere alle società di mutuo soccorso di fare la propaganda in favore della Cassa nazionale di previdenza.

Il giorno seguente furono approvate le con- clusioni” del relatore on. Maffi sull’ i 'largamente della sfera di azione della Cassa ri zionale di previdenza e la possibilità dell’ um\ ie con la Cassa nazionale delle assicurazioni per gli infor­

tuni del lavoro. . n

Il comm. Barinetti, rappresentante la bassa di Risparmio di Milano, ha pronunciato a questo proposito brevi, applaudite parole. Egli disse che la Cassa di Risparmio di Milane, per dovere di delicatezza, non entrava nella discussione della proposta di trasferire a Roma la Cassa di assi­ curazione che da quella milanese di Risparmio dipende, e che se fosse stato deciso il trasporto della Cassa di previdenza a Roma, 1 Istituto lombardo, che già tanta prova ha dato di pa­ triottismo, non avrebbe certamente mancato nep­ pure questa volta il proprio appoggio alla sud­ detta Cassa di previdenza.

Applaudite ed attentamente ascoltate sono state le dichiarazioni dell’ avv. Arnaldo Agnelli, il quale ricordò che se 1’ assicurazione per la in­ validità e la vecchiaia corrisponde ad un nobile ed elevatissimo segno di previdenza, ancora piu nobile ed altruistico è lo scopo dell’ assicura­ zione popolare sulla vita a favore dei superstiti, vedove ed orfani, assicurazione che già funziona largamente e con ottimi frutti specialmente in Germania, in Inghilterra ed in America; e os­ servò che nelle condizioni in cui si trova 1 as semblea non è apparso opportuno pregiudicare, con un affrettato dibattito, la grave questione sollevata dalla « Libertà e lavoro » di Milano della obbligatorietà delle pensioni operaie.

Ecco alcuni dati riguardanti il bilancio

rumeno negli ultimi 10 anni .

Negli ultimi 10 anni le entrate e le spese hanno raggiunto le seguenti cifre :

Eccedenza

Anni Entrate Spese^ ^ ° deficit

1901- 902 237,242,537 216,025,348 -j- 21,217,189 1902- 903 248,469,774 216,140,014 + -«,339,760 ■ 1903- 904 246,759,270 218,090,537 + 28,668,733 1004-005 231 504 017 225,028,290 + 6,475,727 1005 906 278’727,464 233,281,180 + 45,446,3o6 W0MO7 292,356,673 239,435,783 + 52,920 890 1907- 908 252,475,456 249,275,456 + 3,200-0“ 1908- 909 411,011,035 408,741268 + 2,269,767 1909- 910 434,972,095 431,102,043 + 8,8 (0,052 1910- 911 461,079,942 461,019,942

Nei bilanci dei tre ultimi esercizi sono com­ presi i bilanci ferroviari e altri non inclusi ne­ gli esercizi precedenti. Come si vede, 1 azienda pubblica appare saviamente amministrata, poi­ ché essa ha chiuso i suol conti con sensibili ec­ cedenze. Al 1° aprile 1909, il Debito pubblico si elevò a 1,470,854,196. L ’ ammortizzamento e il servizio del Debito assorbiscono ogni alino un importante porzione dei erediti dei bilanci. Ecco, da 10 anni a' questa parte, quali sono state le somme destinate a questo servizio e la loro per­ centuale relativamente alle spese totali del bi­ lancio : Anni 1899-900 1903-904 1907- 908 1908- 909 1909- 910 Spese relative al Debito (In 87,757,479 85,441,092 84,950,023 84,370,244 88,655,616 Per cento in rapporto alle speso totali lire) 26.53 25.42 28.98 20.06 20.60

— Si è pubblicato il progetto di bilancio

TOSSO per l’anno 1911. Questo progetto prevede pel bilancio ordinario 2,669,600,000 rubli di entrate e rubli 2,545,900,000 di spese, cioè un’ eccedenza di 123,700,000 rubli. Il bilancio straordinario com­ porta 147,400,000 rubli di spese (ministero della guerra, ferrovie eco.) e 12,400,000 rubli di en­ trate; la differenza sarebbe colmata dall ecce­ denza del bilancio ordinario e dall’ incasso del Tesoro.

Fra le spese ordinarie, figurano per 1 istru­ zione pubblica, 91,000,000 di rubli, per le vie di comunicazione 556 milioni di rubli, pei' 1 ar­ mata 484,900,000 rubli, per la marina 112,900,000 rubli, per le organizzazioni agrarie e 1 agricol­ tura 101,900,000 rubli.

__ Il Segretariato internazionale delle orga­ nizzazioni operaie comunica nel suo 6° rapporto sul

movimento sindacale internazionale, che

nei 1908 erano aderenti al Segretariato le orga­ nizzazioni centrali sindacali d’ Inghilterra, Fran­ cia, Olanda, Belgio, Danimarca, Svizzera, Nor­ vegia, Finlandia, Germania, Austria-Ungheria, Bosnia-Erzegovina, Serbia, Bulgaria, Italia, Spa­

gna e Stati Uniti. .

Sono riferiti i rapporti di quasi tutti 1 paesi ove esiste un movimento sindacale più o mene» sviluppato ; mancano ancora i rapporti della R o­ mania, Russia, Argentina, Brasile, Australia e Giapp >ne.

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698 L ’ ECONOMISTA

80 ottobre 1910 ammissione al Segretariato internazionale, ma è

stato loro impossibile poter presentare un rap­ porto per la continua opposizione che il Governo dimostra contro il movimento sindacale.

Coll’Argentina e l’Australia non vi è stato che qualche scambio di corrispondenza, 9 non è stato possibile dare rapporti di questi paesi non essendovi ancora dei centri di organizzazioni sin­ dacali.

Il totale generale dei sindacati nei diversi paesi è alla line dell’ anno 1908 il seguente (il numero dei sindacati alla line dell’ anno prece­ dente è dato in parentesi):

Inghilterra 2,406,742 (2,106,286) Germania 2,382,401_ (2,446,480), Stati Uniti 1,588,000 (1,586,885), Italia 546,650 (387,384), Austria 482,279 (501,094), Francia 294,918 (715,576), Svezia 219,000 (239,000), Belgio 147,058 (181,015), Olanda 128,845 (128,845), Danimarca 120,850 (109,914), Svizzera 113,800 (135.377), Ungheria 102,054 (142,030), Norvegia 43,157 (48,215), Spa­ gna 44,912 (32,612), Finlandia 24,009 (32,000), Bulgaria 12,933 (10,000), Croazia 4520 (8700), Bosnia 3997 (— ), Serbia 3258 (2434).

Solo l’ Inghilterra ha un aumento conside­ revole nei numero degli organizzati mentre gli altri paesi quasi tutti hanno subito una perdita in seguito alla depressione industriale. Ma que­ sta perdita è stata senza dubbio riparata poste­ riormente, quando le condizioni industriali si sono migliorate.

_I sindacati agricoli in Ungheria sono di­ scesi da 11,838 a 3565 membri nelfianno del rapporto, mentre che i sindacati dei lavoratori dell’ industria hanno subito una perdita di 31,700 aderenti.

I paesi in cui il numero degli operai orga­ nizzati è relativamente più forte sono la Dani­ marca (48 per cento) e la Svezia (40 per cento). Quattordici paesi, rappresentanti 5,000,362 operai organizzati, hanno mandato un rapporto finanziario. Mancano i rapporti del Belgio, Fran­ cia, Bosnia, Spagna e Stati Uniti.

II totale delle entrate dei sindacati nei 14 paesi ammonta a fr. 157,983,765, e le spese a Ir. 136,989,611, mentre il fondo in cassa am­ monta in 12 paesi a fr. 223,637,087. Le spese delle singole categorie note per 13 paesi rappre­ sentanti 4,664,722 aderenti sono le seguenti : spese di viaggio franchi 1,864,100; sussidi per disoccupazione 26,798,422; sussidi per malattia 25,091,268; sussidi per invalidità 9,330,774; sussidi per morte 4,159,844; sussidi diversi 3,480,265; totale 70,749,973.

— Il vice-console britannico manda da Ra­ gusa un rapporto sul commercio e sulle con­

dizioni economiche della Dalmazia.

Il futuro sviluppo di quella importante re­ gione adriatica dipende dalla costruzione di fer­ rovie che la mettano in diretta comunicazione con la Croazia e con la Bosnia. Attualmente esiste una sola linea ferroviaria (a scartamento ridotto) che da Gravosa conduce a Serajevo che e assolutamente insufficiente ai bisogni, e si at­ tende la costruzione di una nuova linea che da [ Spalato conduca alla capitale della Bosnia e possa j offrire al traffico un nuovo sbocco. Gran parte del commercio di importazione in Dalmazia viene j

per la via di Trieste ed è fatta dai porti di Spalato, Sebenico, Zara, Gravosa e Metkoviè.

La principale esportazione consiste in olio di oliva, in bestiame, in tabacco, in vino, in pe­ sce salato, in cemento ed in carbonato di calce e nel famoso maraschino di Zara. Un altro articolo di grande esportatone è il legname di cui gran parte è diretto in Italia. La Dalmazia abbonda di porti bellissimi, lo sviluppo dei quali però di­ pende interamente da quello della Croazia, della Bosnia e della Erzegovina. Gravosa sopratutto, dice il console britannico, ha innanzi a sè un grande avvenire se diventerà, come si crede, il termine della progettata linea dal Danubio al­ l’Adriatico. Intanto il Governo austro-ungarico sta compiendo dei notevoli lavori di migliora­ mento in quel porto onde agevolarne l’ accesso al commercio marittimo.

Il commercio delFAustria-Ungheria. —

Durante gli 8 primi mesi del 1910 le importa­ zioni in Austria-Ungheria si sono elevate a co­ rone 1,790,500 mila in più di 76,300 mila corone sullo stesso periodo del 1909, e l’esportazioni hanno raggiunto 1,538,600 mila corone in più di 46,600 mila corone sul 1909.

Non si è prodotta nessuna variazione note­ vole su alcun articolo : l’aumento in effetto è quasi generale.

Si hanno pure le cifre definitive del com­ mercio dell’ Ungheria nel 1909.

L ’ importazione totale si è elevata a corone 1,807,000,000 e l’esportazione totale a corone 1,700,(100,000 senza i metalli preziosi.

In confronto al 1908 vi è un aumento di 248 milioni all’ importazioni dei quali 105 milioni per i cereali; alla esportazione vi è un aumento di 116 milioni di corone.

L ’Austria ha preso il 76 per cento del­ l’esportazione ungherese ed ha partecipato ai- fi importazione per un 73 per cento.

Il commercio italo-francese. — Il mo­

vimento complessivo degli scambi commerciali italo-francesi, durante i primi 9 mesi del 1910 si elevò alla cifra di f'r. 372,481 mila, cifra che si suddivide in fr. 134,546 in,la di merci espor­ tate dall’ Italia verso la Francia e di fr. 237,546 mila di merci francesi e di origine extra-euro­ pea che la Francia ha spedito per l’ Italia.

Confrontando queste citi e con quelle che rap­ presentano il movimento dello stesso periodo nel 1909, si constata un aumento di fr. 49,407 mila che va ripartito come segue:

Merci italiane in aumento Fr. 17,181,000

Merci francesi in aumento » 15,929,000

Merci extra-europee in aumento » 15,997,000

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30 ottobre 1910 L ’ ECONOMISTA 699

Merci italiane in aumento Fr. 21,554,000

Merci italiana in diminuzione » 4,074,000 Differenza in più Fr. 17,481,000

Le merci italiane in aumento sono qui ap­ presso elencate per ordine d’ importanza: lane, crini e peli," prodotti chimici, legumi secchi e loro farine, peli e pelliccerie greggie, formaggi, zolfo, olio d’oliva, carta e sue applicazioni, oggetti per collezioni, seta e borra di seta, generi medici­ nali, sommacco macinato e no, pacchi postali, la­ vori in caoutchouc e guttaperca, minerale di zinco, macchine e meccanismi, legumi freschi salati o conservati, crusca e foraggi, pietre e terre per arti e mestieri, terrecotte e vasellami, mobili e lavori in legno, pelli e pelliccerie lavorate, legno da ebanisti, piume da ornamento, cappelli di pa­ glia, utensili e lavori in metallo, capelli umani, articoli diversi non nominati.

Le merci italiane in diminuzione sono per ordine d’ importanza le seguenti: canape, burro fresco e salato, frutta da tavola, marmo, vetture automobili, frutta e semi oleosi, paglia di miglio per scopo, pollame e piccioni morti, uova, oli vo­ latili ed essenze, vestimenta e biancheria, mine­ rale di piombo, legno comune, trecce di paglia e di scorza per cappelli, vini, riso, pollame e pic­ cioni viventi, spugne gregge, cotone in bioccoli, aragoste fresche, tessuti di seta e di borra di seta, marroni e castagne.

Le merci francesi e di origine extra-euro­ pea spedite per l’ Italia durante i primi 9 mesi del 1910, presentano le seguenti variazioni in confronto allo stesso periodo del 1909:

Merci francesi ed „extra europee

in aumento Fr. 39,997,000

Merci francesi ed extra europee

in diminuzione » 3,071,000

Differenza in più Fr. 31,920,000

Le merci francesi in aumento sono per or­ dine d’ importanza le seguenti: bestiame, pacchi postali contenenti merci diverse, piume da or­ namento, prodotti chimici, pesce fresco, salato o conservato, oli fìssi puri, vetture automobili, macchine e meccanismi, pacchi postali contenenti tessuti di seta, rame, metallo e minerale, legno comune, generi medicinali, bestie da soma, tes­ suti di cotone, carta e sue applicazioni, seme di bachi, zinco in massa greggia e laminato, tessuti di seta, terrecotte e vasellami, tessuti di lana, stracci, colori, pietre e terre per arti e mestieri, utensili e lavori in metallo, vini, carbón fossile e coke, articoli di Parigi, fili di ogni sorta, arti­ coli diversi non nominati.

Le merci francesi in diminuzione sono per ordine d’ importanza i seguenti: bastimenti di mare, vestimenta e biancheria, vetture comuni, carni di maiali salate, formaggi, ghisa, ferro ed acciaio, sementi compresa quella della barbabie­ tola, materiale da costruzione, lavori in caoutchouc e guttaperca, essenza di trementina, pelli e pel­ liccerie lavorate, profumerie e sapone.

I prodotti di origine extra-europea che risul­ tarono in aumento durante i primi nove mesi del 1910, in confronto al medesimo periodo del precedente anno, sono per ordine d’ importanza i seguenti: cotone in lana, seta e borra di seta,

caoutchouc e guttaperca greggi, lana e cascami di lana, peli di ogni sorta.

I prodotti di origine extra-europea in dimi­ nuzione sono: pelli e pelliccerie greggie.

II commercio della Francia. — Ecco il

prospetto degli scambi francesi coll’estero du­ rante i primi nove mesi del 1910 in confronto del periodo corrispondente del 1909.

Importazioni 1910 Differ, sul 1909

(Migliaia di franchi) Sostanze alimentari 789,005 + 120,939 Materie necessarie all’ industria 3,047,967 + 30,107 122,834 Oggetti fabbricati 982,140 -h Totale Lire 4,813,712 + 274,180 Esportazioni 1910

(Migliaia di franchi)Differ, sul 1909

Sostanze alimentari 570,411 10,001

Materie necessarie

all’ industria 1,332.335 + 9(i,'886

Oggetti fabbricati

Colli postali 2,157,6131,340,986 +-4- 146,87127,242 Totale Lire 4,401,345 -4- 281,000

LA SITUAZIONE DEL TESORO

a l 3 0 s e t t e m b r e 1910

Ecco la situazione del Tesoro al 30 settem­ bre 1910: Differenza (-8 miglioramento — peggioramento della A l 31 situazione

settembre 1910 del Tesoro) Fondo di cassa

Crediti di Tesoreria Insieme

Debiti di Tesoreria Situaz. del Tesoro

374,866,126.16 ■701,120,701.42 1,075,986,827.58 785,221,560.06 + 290,765,267,52 — 48,608,951.44 + 277,849,084.57 + 229,240,133.13 — 152,903,327.80 + 76,336,805.33 DARE

Incassi (versamenti in Tesoreria) Fondo di cassa alla chiusura

dell’esercizio 1909-10 In conto entrate di bilancio In conto debiti di Tesoreria In conto crediti di Tesoreria

423,475,077.60 605,297,367.43 976,346,508.10 81,493,701.— Totale 2,086,612,654.13 AVERE — Pagamenti

In conto spese di bilancio Decreti di scarico

Decreti Ministeriali di pre­ levamento

In conto debiti di Tesoreria In conto crediti di Tesoreria

513,855,600.33 33,861.77 15,071.100.00 823,443,180.30 359,342,785.57 Totale dei pagamenti

a) Fondo di cassa al 30 settembre 1910

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