GAZZETTA SETTIMANALE
SCIENZA ECONOMICA, F IN A N Z A , COMMERCIO, BANCHI, F E R R O V IE , INTERESSI PR IV A TI
Anno X X X Y II - Yol. XL1
Firenze, 14 Agosto 1910
» . 1893
SOMMARIO : A. J . d b Jo h a n n i s, Sulle accuse agli economisti italiani — Sull’arbitrato obbligatorio —
Per lo sviluppo della Somalia italiana — Origini, vicende e conquiste delle organizzazioni operaie in Milano — RIVISTA BIBLIOGRAFICA : Joseph Chailley, L ’ Inde britannique. Société indigène. Politique indigène. Les idées ditectrices RIVISTA ECONOMICA E FINANZIARIA : Il valore, delle
azioni delle Società anonime italiane - I lavori di rimboschimento eseguiti durante Vanno 1909 - Il nuovo prestito ungherese - Il Congresso internazionale dei minatori a Bruxelles — RASSEGNA DEL
COMMERCIO INTERNAZIONALE : Il commercio italiano — L ’ industria serica italiana — La emi grazione degli italiani negli Stati Uniti e la tubercolosi — Cronaca delle Camere di commercio _ Mercato Monetario e Rivista delle Borse — Società commerciali ed industriali — Notizie commerciali.
SOLLE MÌE OBLI EMISI! [HUI
Con molta opportunità discutendo della que stione ferroviaria e intorno ad alcune idee espo ste dal prof. M. P a n ta lon i circa la questione stessa, l’ Economista d’ Italia fa appello agli stu diosi italiani di cose economiche e li invita ad occuparsi ex professo dell’ argomento, non senza rimproverarli piuttosto vivacemente perchè, men tre in altri paesi, come in Germania ed in Francia, non solo individualmente gli economisti, ma an che i corpi scientifici, sogliono, con gran profitto della cosa pubblica, discutere le questioni che vengono sul taj peto, ed illuminare cosi il pub-, blico ed i poteri che sono chiamati a deliberare, ben diversamente avviene in Italia.
Ed aggiunge testualmente l’egregio scrittore: « le conseguenze di siffatto ordinario assenteismo in Italia sono incalcolabili. Non esiste al mondo, infatti, un paese nel quale, come nel nostro, le iniziative degli individui privati abbiano rag giunto cosi alta quota di rendimento utile, so stanziale, progressivo ; non vi è paese in Europa che nell’ ultimo decennio abbia dato, come il no stro, tanta prova di energia individuale nel pro gresso economico. Eppure in nessun paese, come da noi, si è visto lo Stato così accanito contro l’ individuo; la politica nemica cosi implacabile delle industrie ; gli aforismi pseudo-economici sbocciati nel Parlamento, fra la burocrazia, sulle piazze, così ingombranti, così ostacolanti e talora distruttivi, di fronte a quelle magnifiche e tenaci attività private che preparano, con la nuova ge nerazione, una quarta Italia ».
E specificando quindi le accuse contro gli economisti, l’egregio articolista prosegue : « tutto ciò in gran parte è accaduto ed accade per lo assenteismo ostinato dei cultori delle scienze eco nomiche; ed in parte anche perchè i nostri eco nomisti, allorquando si decidono a rompere il si
lenzio, dimostrano per lo più una tale aridità di stile e di ragionamento da scoraggiare gli intei
lettuali della politica, della stampa e del pubblico,
che amano roba leggiera e spumeggiante, alla francese. Quest’ ultimo difetto, oltre che negli scritti occasionali, si constatava anche, e princi palmente, nelle pubblicazioni specifiche, troppo aride per i non iniziati ; diremo quasi troppo foggiate su i metodi e su i procedimenti tedeschi. Ma nè pure tali pubblicazioni portano di ordina rio i più bei nomi della economia italiana ».
Abbiamo voluto trascrivere testualmente que sto brano perchè, riassumendolo, uon ci accadesse di adulterarne il pensiero e la frase; ma senza riconoscerci alcun diritto di parlare in nome de gli economisti italiani, dobbiamo protestare, come modesti studiosi, contro le accuse che vengono ad essi rivolte e che non ci sembra davvero che rispondano alla verità.
L ’articolista si inganna credendo possibile che esistano due scienze: una grande per i Par lamenti, la stampa ed il pubblico colti, ed una più piccola o più spicciola per i Parlamenti, la stampa ed il pubblico che hanno una coltura al di sotto della mediocre.
La scienza, pur troppo, come tale è di una sola specie, diremo meglio di una soia qualità ; e gli economisti italiani non possono crearne una ad uso di un Parlamento ohe è andato sempre abbassando il suo livello intellettuale, di una stampa sulla quale tutti scrivono di tutto senza al cuna preparazione, e di un pubblico che non crede nella economia politica, perchè non ha mai avuto la curiosità di sapere anche approssimativamente di che cosa tratti, o se mai ha gettato l’ occhio su qualche volume ha pensato non già che sieno ¡ cose difficili, ma anzi che sono cose che tutti i sanno senza bisogno di studiarle.
514 L ’ ECONOMISTA 14 agosto 1910
avuti in sufficiente quantità, quasi in abbon danza.
A noi pare che nel fatto lamentato dallo scrittore dell 'Economista d’ Italia, vi sia più ap parenza che realtà. Basta avere anche una su perficiale conoscenza della letteratura economica per rilevare che mai vi fu sul tappeto una que stione importante di economia senza che gli stu diosi interloquissero, discutessero, dimostrassero; egli è che parlarono molto spesso al deserto tanto per la stampa, come per il Parlamento, come per il pubblico, perchè non trovano quella elementare preparazione che pur sarebbe sufficiente a ren dere intelligibilissime le loro considorazioui.
Questioni di ferrovie, questioni di banche, questioni di dazi di confine, questioni tributarie, questioni di bilancio, furono a quando a quando trattate e nei libri e nelle riviste e nei periodici quotidiani dagli economisti con chiarezza, con vigore e talvolta anche con vivacità. Le conse guenze dei numerosi errori che il Parlamento commetteva seguendo certe linee di condotta, od approvando certe leggi, furono sempre presentate in tempo dagli economisti e fatte conoscere e volgarizzate quanto era possibile ; ma con che prò ?
Che influenza possono avere le considerazioni degli economisti quando coloro che in Parlamento discutono a lungo i vari problemi sono i. deputati generici incompetenti, che salino fare in una forma o nell’altra un bel discorso nel quale manca qua lunque idea, ed i competenti, che sono pochi, si limitano a indicare sommariamente le ragioni del loro voto, a cui vogliono dare un significato po litico ?
Che eifetto possono produrre i lavori degli economisti sulla stampa italiana, la quale non è in grado — tranne poche eccezioni — di mante nersi da sè e quindi nella più parte dei casi non può prescindere, dalla politica ?
Che azione possono esercitare su! pubblico le discussioni degli economisti quando si vedono gli organi che dovrebbero istruirlo essere costretti a consacrare colonne e colonne del giornale ai delitti, ai suicidi o ad altre miserie umane? La prima pagina del diffuso giornale X conterrà un buon articolo dell’economista A, ma la terza e la quarta pagina sono tutte ingombre di cosi inte ressanti particolari sulla Taruowska o sul Grip pen e sulla casa visitata dagli spiriti, od anche sulle sedute che concede la Eusapia, che il pub blico non ha tempo di leggere la prima pagina e così non si abitua a considerarla non noiosa.
E così tutti insieme, stampa, Parlamento e pubblico non capiscono il linguaggio degli eco nomisti.
Una volta, non ricordiamo quale studioso, proponeva di scrivere un trattato di economia politica in versi martelliani ; oggi non sarebbe efficace nemmeno quel metodo, poiché il pubblico si annoia anche di quelli. Si potrebbe tentare colle operette o colle canzoni scollacciate le quali contenessero dei principi economici.
E perché no? Dicono che in America qual che Chiesa, in causa della concorrenza, ha dovuto assumere la forma di cafè chantant.... si potrebbe provare.
Vogliamo concludere con una massima : quanto
più gli scolari hanno poca voglia di studiare e tanto più danno colpa al maestro che non sa in segnare.
A . J . D E J O H A M I S .
Sull’arbitrato obbligatorio
Crediamo che la maggiore difficoltà, che in contreranno gli on. Luzzatti e Raineri a con cretare un progetto di legge sul contratto di la voro agricolo ed industriale, ed a farlo approvare dal Parlamento, sarà sulla obbligatorietà o meno dell’ arbitrato che venisse in qualche modo sta bilito.
Infatti abbiamo ragione di credere che 1 on. Luzzatti propenda per la non obbligatorietà del l’arbitrato, non solo perchè conosce come sia quasi impossibile assicurare l’ applicazione delle sen tenze arbitrali se queste non sono accettate dalle parti, specialmente perchè una di esse sfugge a qualunque garanzia, ma anche perchè il Presi dente del Consiglio, che in questi giorni ha ascol tato il parere di tante persone competenti, po litiche o no, sarebbe entrato nella persuasione che la materia così complessa e^ delicata non può portarsi ad una soluzione radicale, ma chiede che si proceda per gradi, così che gli interessati si abi tuino a poco a poco al funzionamento dei nuovi Istituti.
Ormai tentativi di dirimere in modo quasi completo le lotte tra proprietari e lavoratori con l’ intervento della legge, ne sono stati fatti quasi dovunque e con criteri diversi. L ’Australia ha creduto di risolvere definitivamente la gravis sima questione, istituendo in modo rigoroso l’ob bligatorietà dell’ arbitrato e circondandolo da san zioni che sembravano tali da assicurare il regolare funzionamento della nuova magistratura. Ma i fatti hanno dimostrato che la legge in certi casi non è bastante allo scopo e che essa non arriva a comporre con la forza i conflitti, nè il timore delle pene è sufficiente a rendere le parti osse quenti alla legge ed ai responsi dei magistrati speciali.
14 agosto 1910 L’ ECONOMISTA 515
alle nienti rozze e primitive lo si fa apparire con poche frasi, come uno stiomento col quale si sot tomette o si fa sottomettere il padrone; e d’altra parte il padrone ritiene che avrà presto ragione di un movimento che è istigato da pochi o che non può aver i mezzi necessari per mantenersi a lungo.
Nei paesi più avanzati invece i conflitti ge neralmente non si maturano e non scoppiano sotto la forma dello sciopero se non quando, in generale, un importante interesse si determini j ed ambe le parti apparecchiano di lunga mano i mezzi di resistenza, e, si può dire, si forma una situazione complessa che non è facile osservare in modo preciso e completo. In questi casi quale può essere l’ azione di un magistrato ad hoc ne cessariamente, almeno in parte, estraneo al con flitto, o nel conflitto appassionato? Come può essere ritenuto così illuminalo dello statodelle cose e della entità dei diversi interessi da poter dare una sentenza veramente soddisfacente?
Se si ammette la possibilità di una educa zione tale nelle due parti e di una forza morale .cosi alta nel giudice, che senza discussione la sentenza venga accettata, è chiaro che in tal caso lo sciopero non avrebbe più ragione di essere, giacché i conflitti si appianerebbero prima di as sumere la forma violenta di uno sciopero. Ma molte volte la battaglia che si impugna è il pro dotto di condizioni molto complesse per le quali si tratta di esercitare da una delle parti ^ una pressione economica sull’ altra cosi da modificare più o meno largamente la situazione dell indu stria. I g r a n d i s c i o p e r i dell’ America, dell’ Inghil terra e del Belgio si possono considerare come conflitti economici complessi e gravi che somi gliano alquanto aita rottura dei rappoi ti com merciali tra due Stati che non hanno saputo rinnovare i trattati di commercio tra loro pree sistenti.
In questi casi il magistrato è troppo piccola cosa di fronte alla importanza degli interessi che sono in giuoco, 6 l’obbligatorietà del suo iutei vento e della sua sentenza finirebbero in una vana disposizione della legge, che non troverebbe la sua applicazione proprio nel momento in cui ve ne è il maggiore bisogno.
Non ci meraviglia pertanto se l’ on. Luzzatti e l’on. Raineri sieno perplessi ad accettare questo istituto dell’ obbligatorietà dell’ arbitrato. E se gli illustri parlamentari propendono per istituti che abbiano ufficio facoltativo, vuol dire che inten dono di procedere per gradi, prima cioè educare le moltitudini a servirsi, quando lo credono, del- ]’ istituto dell’ arbitrato che loro offre la legge ; indurle a poco a poco a persuadersi e toccare con roano la utilità che da tale istituto può loro derivare, e quando esso sia entrato nel convin cimento generale e ne sia apprezzata la utilità, allora, ma solo allora, la sua funzione potrà d i ventare obbligatoria.
E) non occorre dire che siamo noi pure di questa opinione e consigliamo appunto di proce dere cautamente affinchè non avvenga che la nuova legge si mostri subito inefficace.
Sarà più facile assai finire nell’avvenire ad avere in proposito una buona legislazione proce- | dendo con lente e frequenti riforme, piuttostochè j
tentare una legge troppo complessa che sia ne cessario correggere e peggio ancora lasciare in qualche parte inapplicabile.
Pei lo sviluppo della Somalia italiana
Viene annunziato che ai primi di settembre partirà dall’Italia la missione incaricata di deli mitare sui luoghi, d’ accordo coi delegati abissini, i confini italo-etiopici della Somalia appartenente all’Italia, o Benadir, come anche è chiamata, e ciò in base alla convenzione stipulata il 16 mag gio 1908 tra il Governo italiano e Menelik.
Siffatta delimitazione di confini, che richie derà, dicesi, circa un anno di tempo, sarà per cèrto cosa utile; perchè eliminando per l’ avve nire ogni incertezza e ogni possibile questione territoriale tra due Stati che si professano amici, l’Italia e l’Abissinia, quest’ ultimo o avrà sempre la prontezza e -la forza di impedire che le tribù riottose e poco pacifiche che popolano le sue re gioni meridionali invadano quelle settentrionali de’ nostri possedimenti, o per lo meno, quando avvengano incursioni abusive, dovrà unirsi a noi, prestarci man forte nel reprimerle, nel punirne gli autori, nel renderne più difficile la ripetizione.
Ma quando si parla di cotesti confini, non bisogna credere che tutte le terre al di qua, os sia più prossime al Benadir, costituiscano di già una nostra colonia. Ce ne vorrà, in ogni caso, del tempo ! Sono tali magari in potenza, ma finora non di fatto. L ’occupazione italiana, mili tare e amministrativa, procede per gradi. Com prende per ora la costa e qualche regione più interna, non arriva effettivamente da per tutto dove i trattati internazionali le dànno diritto di arrivare. E si estende, ma con lentezza, in pio- porzione dei modesti mezzi pecuniari e dei neces sariamente lenti risultati.
Si tratta di renderci amiche le tribù d in dole più mite, di estendere fra loro un buono ed equo sistema giudiziario misto (e quelle che lo hanno esperimentato ne sono soddisfatte) di far loro godere la sicurezza delle persone e degli aveii, di proteggerle perciò contro le razzie delle tribù meno disciplinate : e si tratta in pari tempo di divezzarne queste ultime, facendo loro provare che colla forza militare italiana non si scherza, avviandole a consuetudini di vita pacifica, esei- citando sulle ime e sulle altre un alto prestigio morale. Tutto ciò è fattibile, tanto è vero che in molti punti del territorio è stato fatto con buon esito ; ma naturalmente non può farsi con ra pidità.
516 L ’ ECONOMISTA 14 agosto 1910
gravità ; penetrazione lenta, se così si vuole, ma continua, persistente, uniformata ad un disegno preordinato e non mutevole ».
Queste parole si leggono in un’ampia e pre gevole relazione del cav. Gino Macchioro, R eg gente della Colonia,- alla quale fa seguito, negli atti parlamentari, quella del comm. Tommaso Car- letti, Governatore della Colonia stessa : ambedue presentate a !la Camera il 19 marzo 1910 dal- l’on. Guicciardini allora Ministro degli Esteri. L ’ uua e l’ altra concernono l’anno 1908-1909 e volgono sui latti d’arme accaduti, sull’ammini strazióne civile, su quella della giustizia, sull’or dinamento militare, sulla pubblica sicurezza, sulla gestione finanziaria, sul movimento commerciale e marittimo, sulle concessioni di terreni, sui la vori pubblici, sulla sanità pubblica, sul servizio postale e radiotelegrafico. Sono interessantissime ed istruttive, ma nel poco spazio di cui possiamo disporre, dobbiamo limitarci, scorrendole promi scuamente, a rilevare qualche dato sul commercio e sulle concessioni.
Circa il movimento commerciale, il 1908-9 succedeva a una annata di grande depressione, perciò ha potuto segnare un miglioramento. Que sto, che si concreta in L. 806,167.73, avrebbe potuto essere maggiore, se le operazioni militari svoltesi sul fiume Scebeli, e gli scontri dovuti perciò sostenere con popolazioni dell’ interno, non avessero determinato presso parecchie tribù uno stato momentaneo di agitazione non certo favo revole ai trattici. Si ha intanto:
Esercizio 1907-8 L . 3,560,145.89 » 1908-9 » 4,366,313.62 Differenza in più L. 806,167.73 come si è detto.
Alla qual somma d’aumento hanno contri buito l’ importazione per L. 545,343.40, l’esporta zione per L. 260,824.33. E la dogana ne ebbe un
maggior introito di L. 37,731.
Non è molto, ma trattandosi d’uno stato di cose transitorio, tutto lascia sperare che, instaurato l’ ordine e introdotta la sicurezza in Colonia, il movimento commerciale prenderà un più vigoroso impulso, come ne dà affidamento la notevole dif ferenza tra il primo e il secondo semestre del l’ esercizio. Piuttosto è spiacevole dover dire che l’Italia prende ancora una parte ben scarsa a tal movimento, malgrado le agevolazioni dogauali di cui godono in Somalia le merci d’ importazione italiana. Le ragioni di questo fatto si riscontrano essenzialmente in due circostanze: la mancanza d’ una linea diretta di navigazione fra l’ Italia e i porti della Somalia, e lo spirito d’ iniziativa an cora scarsamente sviluppato nei nostri commer cianti, che della Somalia hanno poche e imperfette notizie.
In proposito dice il Macchioro: « E sperabile che la linea di navigazione diretta con l’ Italia non varrà soltanto a facilitare il trasporto delle merci, ma anche a far meglio conoscere alla madre patria questa sua Colonia. Non si assisterà allora più ad un fatto ch e si verifica oggi: che mentre l’ importazione dei tessuti ha superato in questo anno la cifra di un milione di lire, in essa non figura affatto l’Italia. Circostanza che non può
a meno di essere trovata anormale quando si consideri il notevole sviluppo che l’ industria tes sile ha preso da noi e che le permetterebbe di vincere la concorrenza straniera, purché, beninteso, essa si dedicasse alla produzione di articoli in tutto conformi alle consuetudini tradizionali ed al gusto dei Somali ».
Il Oarletti invece, senza contradire, si palesa un po’ meno ottimista, e scrive: « Il movimento commerciale del Beuadir aumenterà man mano che meglio assodata sarà la pacificazione del paese. Tuttavia l’aumento non potrà mai essere molto considerevole finché dal canto nostro non avremo agevolato le vie di comunicazione, mi gliorati gli approdi, sottoposte le terre a coltura razionale, impiantate alcune essenziali industrie. Oggi come oggi il paese dà tutto quello che può dare, e l’aumento non può essere che di qualche centinaio di mila lire ».
Riguardo alle concessioni di terreni, quelle finora accordate sono dodici, di cui uua sul fiume Scebeli, le altre undici nella Goscia nella regione del Giuba. Tutte hanno la durata di 60 anni ; la prima è di ettari 800 e importa l’ obbligo nel concessionario di giustificare l’ impiego di almeno' L . 100 mila nel primo decennio per lo sviluppo e il miglioramento dei terreni ; le altre sono per la maggior parte di ettari 5000, con l’obbligo anzidetto per non meno di L. 500 mila.
Questo sistema ha avuto qualche censura, ma anche è stato validamente difeso. « E ’ neces- I sario che ogni coltivazione possegga oggi un ca- 1 pitale ingente per far fronte alle spese di viaggio e di trasporto del concessionario e dei suoi dipen- ] denti, a quelle di primo impianto, agli impieghi di fondi necessari alle coltivazioni, alle costruzioni ed ai macchinari. La piccola concessione non può dare quindi per il momento un grande affidamento di buona riuscita. Quella di 5000 ettari invece permette al Governo di chiedere ai concessionari la disponibilità di un capitale corrispondente alle grandi spese iniziali ; garantisce che un primo insuccesso non riesca disastroso al concessionario, togliendogli la possibilità ai proseguire i lavori; permette ad ogni concessionario di scegliere per le prime colture la parte migliore della sua con cessione e di compensare così con la bontà del terreno le maggiori difficoltà inerenti all'inizio di un’ impresa ».
Con tutto ciò le piccole concessioni non ver ranno interamente escluse. Se ne potranno fare a piccoli coltivatori italiani, ma in seguito, dopo esperienze più ripetute, perchè finora la nostal gia, l’ assenza della famiglia e l’aver messo qual cosa da parte ha già spinto parecchi a rimpa triare.
14 agosto 1910 L ’ ECONOMISTA 517
dialetti locali che basta per comprendere e farsi capire dagli indigeni ed avranno da parte un discreto peculio. V i sarà poi un altro vantaggio, ed è che i grandi concessionari potranno sempre acquistare dai piccoli, a prezzo conveniente per entrambi, i 150 quintali circa di cotone che ognun di questi potrà produrre ».
Riconosce per altro il cav. Macchioro che una prova si potrebbe anche fare, purché in piccolo. Infatti scrive:
« Sarebbe sommamente desiderabile di poter avviare delle correnti immigratorie di contadini italiani in Colonia anche perchè così si stringe rebbero maggiormente i vincoli che uniscono la Colonia alla madre patria e quest’ ultima parte ciperebbe più intensamente che oggi non faccia alla vita della prima, com’essa già partecipa oggi alla vita di tanta parte del continente americano dove si raccolgono agglomerazioni ingenti di no stri connazionali ; d’ altra parte l’ argomento è troppo grave per poter essere risolto per ora di versamente che in via di esperimento. Mi auguro pertanto che tale esperimento si faccia con un numero non eccedente, in sul principio, i cento lavoratori, con un contratto approvato dal Con siglio d’ emigrazione e, beninteso, solo quando uno dei concessionari, date le più ampie garanzie, abbia praticamente iniziato la coltura della pro pria concessione ».
Anche più cauto si mostra il comm. Carletti, riguardo beninteso all’ora presente e senza pre giudizio dell’avvenire. « Non credo sia il caso di parlare di mano d’opera italiana; ma non perchè questa non possa sotto i l . mite clima del Benadir adattarsi a lavori manuali. Io ho sempre sostenuto che l’Italiano al Benadir può vivere e lavorare senza che il suo organismo abbia a soffrirne.
« Il principale inconveniente che presenta la mano d’opera italiana è che costa troppo. F in ché, come fa il Carpanetti, si tratti di avere cinque o sei contadini italiani come addetti a speciali servizi, si può ben pagarli 5 lire al giorno ; ma quando si trattasse di avere migliaia di brac cianti con quella paga, e a meno non credo si potrebbero avere, sarebbe un carico troppo grave per imprese che sono sull’ inizio, e hanno molte difficoltà da superare prima di poter dare qualche utile.
« Gli italiani per ora non possono andare al Benadir che in numero limitato, come fattori, capi squadra, piccoli proprietari.
« A facilitare l’ immigrazione italiana al Be nadir si potrebbe studiare, come io aveva comin ciato a fare, un tipo di cooperativa agricola da far sorgere mercè il concorso dei Commissariato dell’emigrazione ».
E ora poche parole sul bilancio della Colo nia, che certo non è grasso. Nel preventivo del 1908-9 le entrate e le spese si pareggiavano in L. 2,506,500; ma l’ assestamento, fra maggiori spese e minori entrate, rivelò un disavanzo di oltre L . 454 mila. A ciò aggiungendosi l’ occorrente per colmare disavanzi di precedenti esercizi, ma più di tutto la grossa spesa incontrata per occu pare militarmente l’importante regione del fiume Scelteli, di L. 2,306,332, occorse una maggiore assegnazione di 3 milioni. Per l’esercizio 1909-10 fu poi chiesto che il bilancio venisse dotato di
L. 1,065,417 in più, parte per lavori pubblici, parte come aumento di dotazione a vari servizi.
Molte cose di utilità pubblica sarebbero da farsi : banchine d ’approdo, navigazione fluviale, strade, qualche tronco ferroviario, irrigazione ed altro. Ma il Carletti saviamente osserva che tra queste varie esigenze occorre fare una gradua zione, e adoperarsi secondo il maggiore o minor grado d’ urgenza che hanno. « Nè molto occorre, nè molto è il caso di richiedere a un tratto. Il Benadir è una colonia in via di formazione, e i mezzi che fanno d’ uopo al suo sviluppo debbono essere largiti a misura che i suoi bisogni essen ziali lo richiedono. Ciò che al Benadir occorre è di noti spendere molto, ma di spendere a tempo e man mano che il paese vedrà che dai sacrifizi che fa per la colonia deriva qualche frutto di bene, qualche tangibile risultato. Altrimenti il paese, che è già scettico e diffidente la sua parte in fatto di politica coloniale, si svoglierà sempre più dalle colonie e perderà anche quel po’ di simpatia che ormai mostrava d’avere pel Benadir ».
Intanto non- può onestamente negarsi che sotto la gestione dello Stato si scorga qualche progresso e un migliore avviamento. V ’ è una re golare vita amministrativa, giudiziaria, militare, una sodisfacente ripartizione di servizi e di la voro,si è compiuta qualche prima opera pubblica, si sono iniziate razionali culture del suolo. So pratutto si è raggiunta la pubblica sicurezza. Nel maggio 1907 entro le- città presidiate dagli ita liani un bianco non poteva passeggiare senza una scorta d’ ascari con baionetta inastata, il che non impediva che ogni tanto qualche fanatico attentasse alla vita degli europei ; cosa sempre arrischiata era l’ uscir dalle mura senza scorta numerosa, ed era vietato allontanarsi più d’ uri chilometro. Oggi ci si può aggirare sicuramente tra gli indigeni, e attentati alla vita dei bianchi non se ne commettono più.«Le tribù già a noi più ostili, o sono amiche o sono ossequenti.
« Ciò sia di risposta a quei facili critici che, giudicando da lontano, ignari delle difficoltà che si sono dovute superare, o dimentichi delle con dizioni in cui era la Colonia quando lo Stato ne riassunse la diretta gestione, lamentano che nel breve spazio di quattro anni nulla siasi fatto al Benadir ».
Origini, vicende e conquiste
delle organizzazioni operaie in M ilano (') Dopo aver dato le principali notizie sulle origini e primi albori della Camera di Lavoro milanese, dovute alla penna di Pietro Premoli, e dopo aver dato ragguaglio della azione eserci tata dalla Camera sugli scioperi e sulle agitazioni operaie, la Relazione paria dell’ottimo funziona mento dell’ ufficio di collocamento gratuito aperto a tutti gli operai, che costituisce la condizione fondamentale della costituzione della Camera del Lavoro. Parla ancora degli uffici di consulenza, di quello di indicazioni per i poveri, delle radu- 1
518 IV ECONOMISTA 14 agosto 1910
nanze e congressi e infine della legislazione so ciale.
In questo campo la Camera del Lavoro spiegò un’ attività eccezionale. La legislazione sociale prima della costituzione delle Camere del Lavoro era cosa derisoria; le organizzazioni esistenti poco se ne curavano, salvo casi eccezionali,; i con gressi operai si limitavano a voti p atonici, e solo era curata con interesse da poche persone entro e fuori il Parlamento. Le organizzazioni che si agitavano per la legislazione sociale prima del 1890 furono solo la Lega Nazionale delle Coo perative per opera del suo infaticabile segreta rio A. Maffi, allora deputato al Parlamento, e l’ Associazione fra i tipografi italiani.
A quell’epoca l’ interesse era tutto rivolto alla legge pel lavoro delle donne e dei fanciulli, indi lo sforzo dell’ organizzazione si portò su quella pei Probiviri. La prima volta che questa fu portata al pubblico dibattito fu nel 1883. Non ebbe mai fortuna perchè i tempi erano prema turi. Antonio Maffi entrato alla Camera se ne fece paladino e tanto lavorò da riuscire a farla discutere ed approvare nel 1893. Ma essa non entrò in vigore che nel 1898-99. Cinque anni di lotte dovette la Camera del Lavoro sostenere perchè non rimanesse agli archivi come il rego lamento Cantelli sulle risaie. Governo e Comuni facevano i sordi. E fu qui dove dalla Camera fu spiegata tutta l’opera e l’energia sua contro i poteri costituiti.
Entrata la legge in vigore e vedutala in funzionamento fu ancora la Camera del Lavoro di Milano la prima in Italia (dal 1901 al 1904), d’ accordo con la Federazione delle Camere del Lavoro, ad iniziare una forte agitazione per ot tenere quella riforma che si attende ancora.
La legge sugli infortuni del lavoro deve essa pure la sua nidificazione alla Camera di Milano. Già fin d»i l1893 essa convocava un im portante Congresso in Milano per discutere am piamente le modificazioni da proporsi per perfe zionarla, raccogliendo copioso materiale che servì alla sua prima riforma del 1898 ed alla seconda del 1902.
E senza enumerare particolarmente la parte presa per ogni singola legge, basti accennare che tutte le leggi agitate pro e contro i lavora tori ebbero sempre nella Camera di Milano il loro punto principale di azione e svolgimento in favore o -contro, anche perchè Milano fu sempre la sede della Federazione delle Camere del La voro e del Segretariato della Resistenza che rap presentavano tutta 1’ organizzazione operaia ita liana.
L ’ istruzione e la coltura professionale furono anch’esse parte essenziale del programma e de gli scopi della Camera del Lavoro. Ne è prova la istituzione della biblioteca circolante, per la quale ebbe notevoli doni di libri, e di un corso di conferenze scientifiche. Era intenzione della Commissione Esecutiva, fin dal 1892 di iniziare un corso invernale elementare, ma do vette rinunciarvi per mancanza di mezzi. Il corso di lezioni tenuto invece e frequentatissimo trattò in ispecie dell’ igiene dell’ operaio e delle fabbri che, dell’ elettricità e della trazione delle nuove tramvie elettriche; trattò anche, e questo fu il
più importante, tenuto dal capomastro Censi, di geometria e di architettura. Importante perchè fu l’occasione e l’ origine di quella Scuola profes sionale muraria istituita dalla Società Coopera tiva Muratori, oggi reputata una delle migliori. L ’ anno appresso questi corsi furono ripetuti trat tando meccanica, storia, diritto, astronomia e dei pregiudizi popolari. I risultati furono più che soddisfacenti avendo la Camera raggiunto il bel numero di 590 inscritti frequentatori.
Questi conati della Commissione Esecutiva attirarono l’attenzione della sezione Maestri ade rente alla Camera del lavoro. Entrambe, d’ac cordo, studiarono un programma pratico d’ inse gnamento, portato poi alla discussione pubblica. Via via lo studio s’allarga ed in breve abbraccia tutto un piano vasto di Scuola popolare. A d esse s’ unisce nel 1897 la Lega per la tutela degli interessi femminili. Onde dimostrare la praticità del progetto, alla fine di questo anno si istitui sce presso la Camera del Lavoro una scuola po polare professionale femminile per le figlie degli operai, che riuscì molto frequentata.
Nel 1896 la Camera del Lavoro esponeva nel memoriale del 1° maggio la necessità di dare agli alunni la refezione scolastica, parte inte grante della preconizzata scuola popolare. E per interessare la classe lavoratrice iniziò una seria e vasta agitazione alla quale a poco per volta aderirono tutte le Società Operaie di M. S., i partiti politici delle varie frazioni della demo crazia, facendosi tutti centri di propaganda. E siccome la Giunta pareva non curarsene af ta tti, fu dal Consiglio, generale del 22 novem bre 1897 votato un ordine del giorno ultimatum per il Comune, e nel mese di gennaio 1898 come complemento dell’opera fu iniziata una petizione popolare reclamante la refezione scolastica che, firmata da parecchie migliaia di cittadini, fu to sto inviata alla Giunta. Si sperava che per l’anno scolastico 1898-99 sarebbe stata delibe rata quando invece tutto fu travolto dallo scio glimento della Camera.
Ripresa l’ agitazione dopo la ricostituzione della nuova Giunta democratica, la refezione fu presto ottenuta anche perchè faceva parte essen ziale del programma elettorale dei Partiti Popo lari. Fu dunque quella una vittoria della Camera del Lavoro
La Scuola Professionale disciolta non fu in vece più ricostituita sebbene l’ argomento non fosse dimenticato. Anzi fu redatto un secondo progetto ancora più completo e presentato alla Giunta ed alla soprintendenza scolastica. Tutto faceva sperare in una riuscita buona, quando le discordie interne portatevi da elementi fin allora assenti dalla Camera e la nuova direttiva presa poi dalla Camera stessa fecero cadere questa no bile iniziativa per l’ istruzione popolare.
14 agosto 1910 L ’ ECONOMISTA 519
per meglio attirare gli operai all’ Università po polare stabili d’ accordo concessa di tenere, come furono tenuti e si tengono, corsi speciali setti manali nei locali della Camere, stessa.
Quasi altrettanto fece per la costituzione della Biblioteca popolare e pure con la Commis sione direttiva di questo Consiglio stabilì una succursale della biblioteca nei locali della Ca mera. Questa oggi per il numero dei libri che distribuisce e dei frequentatori è la più impor tante Sezione dopo la biblioteca della sede cen trale. La Camera vi contribuisce con locali, ri- scaldamento. illuminazione, giornali e con un sussidio annuo.
La Relazione enumera pure quale fu l’ azione della Camera del Lavoro-per le case popolari e infine ci indica quanto lavoro di propaganda e di organizzazione essa fece in provincia special- mente ad opera della Società muratori che fino da principio costruirono filiali proprie. Ma la Ca mera del Lavoro di Milano, e prima di essa le istituzioni e le organizzazioni economiche affini, furon anche la guida ed ebbero sempre la di rettiva nel movimento operaio d’ Italia.
Questa egemonia derivata dalla sua impor tanza e dall’ ambiente che si era venuto for mando col sorgere di altre Camere del Lavoro, sull’esempio di quella di Milano, la indusse molto opportunamente a prendere l’ iniziativa per un convegno fra le varie Camere esistenti allo scopo di costituire la Federazione delle Camere di La voro. La proposta sortì buon esito, il Congresso fu tenuto il 29 e 30 giugno e primo luglio 1893 a Parma, la Federazione fu costituita ed ebbe sede a Milano. Gli scopi del nuovo organismo erano di coordinare il lavoro comune di propa ganda e di difesa e per la legislazione sociale. A Milano ebbe sede fino al 1895; poi su proposta di questa stessa Camera fu trasportata a Bologna.
Nel 1897 fu tenuto in Piacenza il 2° Con gresso, sebbene ritenuto inopportuno dalla Ca mera di Lavoro di Milano per lo stato di crisi e disorganizzazione che attraversavano parecchie Camere, ma provocato dalle dimissioni del Comi tato Federale in seguito ad un voto contrario datogli dalle Camere di Lavoro, sul tema del Congresso stesso.
Il Convegno di Piacenza trasportò a Firenze la sede della Federazione, ove fu poi sciolta nel 1890.
Da questo scioglimento la Federazione non riprese le sue funzioni che nel dicembre 1899. Coll’aiuto della Camera di Lavoro di Milano, in via di costituzione, il Comitato potè, in occasione del Congresso della Previdenza nel 1900, indire un convegno delle poche Camere esistenti. M i lano fu nuovamente designata sede della Federa zione e coll’ aiuto di un apposita Comitato P ro Ca
mere del Lavoro potè raccogliere i mezzi per farla
ben funzionare. Dato il risveglio grandioso del proletariato italiano e le, numerose Camere di Lavoro che si costituivano, il Comitato Federale credette opportuno indire il IV Congresso a R eg gio Emilia, riuscitissimo. Da esso la Federazione uscì abbastanza consolidata, con riconfermata la sede in Milauo.
La creazione e la sviluppo delle federazioni
di mestiere avvenuto nel 1901 1902, suggerì al- l’on. Cabrini, che molto aveva conosciuto viag giando e studiando le organizzazioni estere, e alla Federazione delle Camere l’ idea di un Segreta riato nazionale delle Federazioni di mestiere. Esso fu costituito in un convegno tenuto a M i lano nel 1902, al quale ne seguì un altro nel 1903, Al Congresso di Genova nel 1905 i due organismi furono congiunti sotto il semplice titolo di Segre
tario della Resistenza. Alcune discussioni e vo
tazioni di questo Congresso furono causa però in seguito di paralisi dell’organismo. Lo sciopero dei ferrovieri lo paralizzò definitivamente. Il Segre tariato non potè più funzionare, osteggiato dalla frazione rivoluzionaria che giusto allora era alla direzione della Camera di Milano e di parecchie altre. I componenti il comitato si dimisero in massa lasciandone le redini ai nuovi venuti ne, campo operaio. Non valse nessun talismano a risuscitarlo e l’organismo già reso incapace, in breve si spense, e fu poi sostituito dall’attuale Confederazione del Lavoro. Ritornati a dirigere la Camera del Lavoro, gli uomini che ne incar navano le tradizioni, essa non mancò di dare ogni appoggio alla creazione del nuovo Istituto che oggi riassume e guida il movimento operaio italiano. Ed è appunto perciò che abbiamo voluto con maggiore ampiezza riassumere, in questa parte, la Relazione che abbiamo sott’ occhio.
Il volume poi dedica la sua parte terza alle notizie storiche sulle sìngole associazioni ordi nate da Francesco Cafassi, notizie importantis sime che troppo lungo sarebbe riassumere. In esse si tratta di ben 220 tra Società di Mutuo Soc corso, Associazioni e Leghe che sono distinte in 24 gruppi a seconda del genere delle industrie e cioè: industrie estrattive, industrie mineralur- giohe, lavorazione delle pietre e delle argille, arti edilizie, industrie chimiche, lavorazione del legno, industrie poligrafiche e della carta, indu strie tessili, lavorazione delle pelli e prodotti animali, confezioni ed abbigliamento della per sona, costruzioni di veicoli, industrie di preci sione e di lusso, industrie alimentari, trasporti, vendita di merci, esercizi pubblici, servizi di piazza, insegnamento, professioni sanitarie, arti figurative, musica e drammatica, servizi pubblici, associazioni varie, associazioni disciolte scomparse e fuse con altre.
Questa la comprensione dell’ importante vo lume pubblicato dall’ ufficio del lavoro della So cietà Umanitaria Milanese, una delle più grandi e benemerite Società italiane.
R
ivista
B
idlioqrafica
J o s e p h C h a ille y . - L ’ Inde britannique. Société
indigene. Politique indìgene. Les idées di rectrices. — Paris, Armand Colin, 1910,
pag. 520 (10 tr.).
profonda-520 L ’ ECONOMISÌA 14 agosto 1910
mente preparato, per altri studi e per altre lo date pubblicazioni, sui diversi problemi coloniali e pei- i suoi frequenti viaggi nell’ India, ha po tuto presentare al pubblico questo lavoro, ohe si può dire completo e che, come egli stesso av verte, è il frutto di vent’anni di pazienti osser vazioni.
A parte la sostanza del libro, sulla quale è difficile dare un giudizio che implicherebbe una larga conoscenza del paese, due qualità emergono splendidamente nell’ Autore ; la prima una grande equanimità di giudizio anche nelle questioni spi nose, come quelle che riguardano i rapporti tra il Governo inglese e la popolazione indiana; la seconda, una chiarezza di esposizione per la quale la lettura del grosso volume diventa sempre fa cile ed attraente anche quando sono trattati ar gomenti per loro natura arida.
Il lavoro può essere considerato diviso in due parti; nell’ una si trova la descrizione del territorio, della popolazione dei suoi mezzi eco nomici, della divisione.in caste, della condizione della donna, dei costumi, delle religioni, ecc. ; nell’ altra, ed è naturalmente la pùù interessante, è discussa la parte politica sia nelle aspirazioni dei diversi partiti indigeni, sia nei rapporti tra la popolazione ed i diversi gruppi della popola zione, col Governo inglese.
Un paese che copre una superficie di 4,690 mila chilometri quadrati, quasi la metà della su perficie dell’ Europa, e che ha una popolazione di quasi 300 milioni, di cui 232 formano l’ India Britannica ed il resto Stati indigeni, però sog getti all’ Inghilterra, non può a meno di offrire ampio argomento di osservazioni di vario carat tere anche per spiegare, da una parte la sua sottomissione, dall’altra le sue tendenze alla li bertà od almeno ad una più larga autonomìa.
Le due parti nelle quali abbiamo conside rato il lavoro del sig. Chailley non sono espres samente distinte, ma, con molta abilità e con vero successo, l’ Autore ha saputo in certo modo amalgamare i due aspetti del suo lavoro cosi da renderlo non solo omogeneo, ma sempre at traente.
Molte acute osservazioni si incontrano tratto tratto, specialmente per quanto riguarda i co stumi della popolazione ; notevolissime quelle che hanno aspetto politico e nelle quali l’Autore si sforza di essere preciso, senza urtare il senti mento inglese. I capitoli che trattano della stampa e dei due partiti, il « riformatore » ed il « na zionale r sono una pittura chiarissima dello stato d’ animo di quel popolo; nei Congressi nazionali, dove si attacca sempre e fortemente il Governo, non solo gli indiani si servono della lingua in glese, ma le idee che espongono, le aspirazioni a cui accennano sono idee ed aspirazioni che hanno attinto alla civiltà europea. Anche là vi sono i più vivaci che hanno per motto « fuori lo stra niero » o « l ’ India agli in d ia n i», ma vi sono anche moltissimi indigeni, la maggioranza anzi, la quale osserva che, senza la dominazione in glese, l’ India non Sarebbe certo ora in grado di discutere della propria autonomia, e teme che mancando la dominazione inglese, l’ India rica drebbe nelle lotte intestine e sarebbe ritardato lo sviluppo della sua civiltà. Quelli che pensano
a questo modo, costituiscono il partito riformista, che non rinuncia affatto all’ idea dell’ indipen denza dell’ India, ma crede che sarebbe prema turo il provocarlo ora, e si accontenterebbero di ottenere delló' correzioni all’Amministrazione a t tuale, uua partecipazione più larga degli indi geni nel Governo dell’ India, e, a suo tempo, una autonomia quale quella di cui godono il Oanadà e l’ Australia.
In sostanza il lavoro del sig. Chailley è quale si poteva attendere dalla fama che gode .l’Autore ed è un contributo di prim’ordine sulla
questione indiana.
J-RIVISTA ECONOMICA E FINANZIARIA
— Ecco il valore delle Azioni delle So cietà anonime italiane al 31 luglio 1910:
Istituti rii Credito
Fine luglio 1910
891,000,000
Differenza sul mese precedente
— 13,000,000 Società di Trasporti 848,000,000 — 19,000,000 Metallurgica, Meccanica e Mineraria 348,000,000 21,0 X),000 Gas ed Elettricità 287,000,000 — 5,000.0 >0 Industria Zuccheri 480,000,000 — 5,000,000 Condotte d’acqua 97,936,000 — 342,000 Pro lotti Chimici 71,000,000 — 3,000,0: IO Tessitura e filatura 240,000,000 — 5,000,000 Molici 51,038,000 -4- 4(30,000 Automobili 32,000,000 — 4,000,000 Imprese immobiliari 187.470,000 — 1,752,500 Industrie diverse 282,000.000 — 5,000,000 Totale 3,465,444,000 — 81,684,500 — La Direzione generale delle acque, fore ste, bonificamenti e demani (servizio forestale del Ministero di agricoltura) ha pubblicato la rela zione ed i dati relativi ai lavori di rimbo schimento eseguiti durante l ’anno 1909 e complessivamente dall’anno 1867 al 1909.
Dalla relazione si rileva che i Comitati fo restali di rimboschimento di varie provincierda Aquila e Belluno a Verona e Vicenza attesero alacremente alla sistemazione delle località mon tane per il disordine che esse presentano nel regime delle acque e nelia consistenza del suolo.
Nell’anno 1909 il ministro di agricoltura, sempre allo scopo di difendere le iniziative dei rimboschimenti, distribuì gratuitamente agli enti morali e privati 15 milioni e mezzo di piantine delle specie più pregiate della coltura silvana, allevate all’ uopo nei vivai governativi situati nelle varie regioni d’ Italia. Si distribuirono così dal 1867 al 1909,162 milioni di piantine ; si di stribuirono pure nel 1909, 8171 chilog. di semi; cosicché in tutto il periodo dianzi accennato, si dettero complessivamente chilog. 120,670 di se- - menze forestali raccolte nei boschi demaniali ina
lienabili o acquistati presso i migliori stabili- menti nazionali ed esteri.
L! ECONOMISTA 521 14 agosto 1910
— E ’ stato approvato dalla Camera dei de putati ungherese il nuovo prestito ungherese di 560 milioni. Esso verrà emesso tra breve e servirà a effettuare lavori di pubblica utilità e a pagare la quota parte delle spese per l’ annes sione della Bosnia-Erzegovina spettante all’ U n gheria e a rinforzare le disponibilità del Tesoro. Il debito dell’ Ungheria ascende a 5147 mi lioni di corone. Su questo totale. 2035 milioni, cioè 33.95 per cento, sono collocati nella stessa Ungheria, 1075 milioni ossia 20.86 per cento in Austria, 1562 milioni o 30.46 per cento in Ger mania, 380 milioni in Francia, 76 milioni in In ghilterra e 14 milioni in Olanda.
Si aggiunge inoltre che in queste cifre non sono comprese le somme molto importanti che, da un anno a questa parte, sono state collocate in Francia ed in Olanda da parecchi istituti di credito ungheresi.
— Il Congresso internazionale dei m i natori a Bruxelles ha votato la proposta pre sentata dai delegati tedeschi, la quale lascia ai minatori la facoltà di nominare essi stessi l’ ispet tore delle miniere. Il delegato francese Oourtier, durante la discussione, ha ricordato che dopo la catastrofe di Oourrieres, mediante la nomina dei delegati dei minatori, il controllo sulle condizioni di lavoro nelle miniere si è fatto più ampio e che le condizioni di lavoro sono divenute meno pericolose.
Il Congresso ha pure approvato alla unani mità, ad eccezione dei polacchi, due mozioni quasi identiche presentate dai delegati della Francia e del Belgio, ohe concludono entrambe per l’ eser cizio collettivo delle miniere.
H i BEL
[gin
ililMZiALE
Il Commercio Italiano. — Ecco il rias sunto dei valori delle merci importate ed espor tate, in e dall’ Italia per categorie, dal 1° gen naio al 30 giugno 1910:
Importazione
V a lo r e d e l le m e r c i im p o r t a t e d a l 1° g e m i, al il I g i u g n o 191)
Spiriti, bevande 43,321,939Lire
Differenza sul 1901
Lire 5,351,929 Generi coloniali 30,450,171 + 124,305 Prodotti chimici med. 63,105,163 + 11.171,345 20,709,256 4 1,194,559 Canapa, lino 26,115,829 + 3,686,730 162,773,528 — 11,935,(58 Lana, crino, peli 91,286,050 -h 9,103,924 87,264,648 + 338,191 Legno e paglia 92,281,150 - f 3,551,851 Carta e libri 26.781,083 + 3,535,426 Pelli 64297,631 -t- 5.560,850 Minerali, metalli 275,260,476 — 5,787,411 18,316,i02 — 1,590,183 Pietre, terre e cristalli 175,936,767 + 3,014,924 Gomma elastica 35,193,015 4 7,324,735 Cereali, farine e paste 210,717,992 — 37.509,806 Animali e spoglie anim. 112,579,868 — 27,494,804 Oggetti diversi 25,084,64 i + 4,966,038 Totale, 18 categorie 1,559,474.915 — 36.094,013 Metalli preziosi 10,277,600 + 6,138,500 Totale generale 1,569,752,515 — 29,955,513 Esportazione. Spiriti, bevande Generi coloniali Prodotti atòmici med. Colori
Canapa, lino Cotone
Lana, crino, peli Seta Legno e paglia Carta e libri Pelli Minerali, metalli Veicoli
Pietre, terre e cristalli Gomma elastica Cereali, farine e paste Animali e spoglie anim. Oggetti diversi Totale, 18 categorie Metalli preziosi Totale generale V a lo r e d e lle d a l Io g e im . Lire 78,469,969 4,559,928 37,688,265 4,694,111 38,112,545 68,937,410 13,150,200 282,208,947 30,238,517 13,217.690 35,718,013 34,888,710 11,032,210 46,692,860 12,547,865 133,435,688 103,965,452 27,467,392 971,469,767 27,321,100 998,793,867 m e r c i e s p o r t a t e vi 30 g i u g n o 1910 D iffe r e n z e s u l 1909 L ir e 4- 22,272,527 _ 275,750 +■ 7,391.560 q- 976.479 — 3,354,909 + 9,( 172,804 + 624,620 — 21,240,718 - f 5,299,649 4. 1.667,589 + 6,895,809 4- 6,075,179 — 2,512,880 + 5,189,165 + 953.205 4- 17,998,783 4 1 0 ,1 2 2 .5 9 2 + 4,871 ,l 188 4 72,026,792 — 7,084,400 4 64,942,392
L’ Industria serica italiana
Dna recente pubblicazione dell’Associazione serica e bacologica del Piemonte, pone in evidenza l’ impor tanza che la seta ha nel commercio italiano, anche in confronto alle altre due maggiori industrie tessili della lana e del cotone.
Ecco infatti le cifre rappresentati la media per ogni quinquennio da! 1885-89 a! 1905-1909 del valore del commercio complessivo dell’ -Italia e. di quello par ticolare della seta e delle seterie, espresso in milioni di lire:
Commercio Coni mcroio compì essivo speciale <Iella seta Imp. Esport Imp. Esport.
1885-89 1,418 965 105 318
1890-94 1,181 944 103 315
1895-99 1,296 1,168 128 383
1900-04 1,767 1,445 203 520
1905-09 2,681 1,825 218 611
Da tali cifre risulta che 1’ esiportazione della se! rappresenta un terzo circa dell’ esportazione totale ed è in continuo incremento.
I! confronto fra le due principali industrie tessili è indicato, dalle seguenti cifre, rappresentanti Ig, per centuale delle importazioni e delle esportazioni singole della seta, del cotone e della lana per ogni 100 lire della media quinquennale delle, importazioni ed espor tazioni totali.
MEDIE QUINQUENNALI Im portazioni Esportazluni seta lana cotone seta lana cotone 1885-89 7.50 6.93 11.42 32.95 0.93 2.38 1890-94 8.68 7.03 12.70 33.36 1.17 3.28 1895-99 9.86 5.96 9.88 32.93 1.46 3.35 1900-04 11.49 5.32 11.26 35.98 1.52 5.74 1905-09 8.13 5.03 10.70 33.45 1.75 . 7.15 In base a tali dati, l’ Associazione piemontese af ferma che, data la grande importanza del commercio serico italiano, non era il caso, per favorire le indu strie tessili della lana e del cotone, di danneggiare in direttamente l ’ industria serica, con un sistema doga nale protezionista che ostacola le esportazioni della seta e delle sei erie.
522 L ’ ECONOMISTA 14 agosto 1910
Ciò dipende dalla difficoltà per 1’ Inghilterra di compensare più largamente le importazioni di sete e seterie nostre, con esportazione di manufatti di cotone in Italia, a causa dei forti dazi proiezionisti da cui essi sono gravati.
E’ logico che 1’ Inghilterra preferisca effettuare le importazioni dalla Svizzera, ove nel 1909 vendette per oltre lóO milioni di lire in manufatti di cotone, o dal- 1’ Estremo Oriente, che nell’ anno scorso ricevette tes suti inglesi di cotone per più di 217 milioni di lire.
Secondo l ’Associazione serica ili Torino una poli tica doganale più liberale per l’ industria serica sa rebbe anche utile al commercio delle sete greggie e dei bozzoli, perchè non bisogna illudersi che trattandosi di materia prima, non sarebbe in ogni caso colpita dai paesi importatori.
Ormai la seta greggia, prodotta dai bozzoli del raccolto italiano, rappresenta appena un quarto della produzione mondiale, mentre una volta essa aveva la concorrenza limitatissima di alcune piccole produzioni europee e levantine.
E ’ vero che le esportazioni di sete greggie italiane sono in continuo e rapido progresso, ma l’ aumento sarebbe stato maggiore se il commercio e l’ industria non si trovassero impacciati dalla politica doganale protezionista.
Ecco infatti quale fu la media annuale, per quin quenni, della esportazione di sete greggie dall’ Italia:
1885-89 quintali 47,145
1890-94 » 50,615
1895-99 » 68,426
19 0-04 » 77,480
1905-09 » 87,891
Del resto l’ Italia è anche importatrice di sete greggie, e tale importazione è pure in continuo au mento, come lo dimostrano le seguenti cifre:
1885-89 quintali 10,627
1890-94 » 15,489
1895-99 » 24,179
1900-04 » 32,257
191)5-09 » 37,880
Si conclude che anche per l’ industria della trat tura e della torcitura l’ Italia ha bisogno non solo che le sia conservata la libera importazione della materia prima, ma altresì che siano aumentati e migliorati gli sbocchi della sua esportazione.
L’ industria della tessitura viene anch’ essa essen zialmente di esportazione che nel ventennio ha avuto un incremento notevole.
Infatti la esportazione di tessuti ed altri manufatti serici che nel 1892 era di 288,428 kg. per un valore di L. 17,900,000, nel 1909 era salita man mano fino a 1,804,756, kg. por L. 92,900,090.
I principali paesi sai quali si dirige la esporta zione dei tessuti serici italiani sono:
1908 1909 kg. kg. Inghilterra 70,741 849,668 Svizzera 852,619 148,852 Turchia 125,150 79,281 Argentina 80,546 78,678 Egitto 61,246 75,192 Francia 111,649 70,858 Austria-Ungheria 25,556 84,248 Stati Uniti 20,749 88,581 Germania ’ 84,754 28,733 Queste cifre dimostrano l’ importanza assunta dal- 1’ Inghilterra come mercato di esportazione delle sete rie italiane.
Essa ha assorbito nel 1909 il 35.8 per cento della nostra totale esportazione, donde la opportunità di ac cattivarsi la simpatia di quel mercato, riducendo i dazi sui prodotti inglesi di più facile introduzione in Italia.
L’Associazione serica piemontese a conclusione del suo memoriale, formula i seguenti voti :
1. Si eviti il sistema deila doppia tariffa massima e minima e si riveda invece la tariffa generale vigente con criteri più liberali, eliminando le protezioni inutili ed inefficaci e mitigando e graduando le altre con pro gressione decrescente.
2. I nuovi negoziati per i trattati di commercio siano avviati con spirito largo e disposto alle possibili
concessioni, allo scopo di assicurare il più ampio mer cato- alle esportazioni italiane, tra le quali le sete ten gono un posto così cospicuo e di evitare ad esse i danni
gravissimi dei minacciati regimi differenziali. 3. Queste concessioni siano portate ai massimi limiti per quei paesi i quali consentano in cambio ad accordare alle sete torte e alle seterie nazionali dazi tollerabili, colla clausola della nazione più favorita.
4. Siano aboliti i dazi di esportazione sui cascami greggi e pettinati e quelli di importazione sui filati di cascami di seta.
5. Vengano riprese le trattative colla Francia allo scopo di includere le sete e seterie nel beneficio della nazione più favorita, stipulato col modus vivendi del 21 nov. 1698 e di far ammettere le sete torte e ad doppiate in franchigia in Francia o almeno con dazio non proibitivo come è 1’ attuale di 300 fr. per quintale.
La emigraiione dagli Italiani negli Stali Uniti
e la tubercolosi (1)
6. — Quanto ad alcuni elementi regionali, l’ analisi degli 800 casi dimostra una percentuale più alta fra i siciliani e fra gli immigranti del mezzogiorno d’ Ita lia, in genere, che non fra quelli della parte centrale e settentrionale. Qualunque statistica che abbracciasse gli emigranti di tutta la penisola dovrebbe arrivare, ne sono certo, alle medesime conclusioni.
I miei 800 oasi si dividevano in
96 dell’ Italia settentrionale (con pre valenza di genovesi e lombardi).
82 dell’ Italia centrale (con prevalenza di luc chesi e piacentini).
315 dell’ Italia meridionale (con prevalenza di basilichi, calabresi e molisani).
307 siciliani (con prevalenza di agrigentini e ca- tanesi).
La prevalenza dei siciliani e degli altri meridio nali deve però essere interpretata semplicemente come una conseguenza del maggior contingente dato all’ emi grazione dal mezzogiorno d’ Italia negli ultimi 10 anni piuttosto che come indici di una maggiore suscettibi lità a contrarre la tubercolosi da parte delle popola zioni di tali regioni. Anzi la distribuzione geografica della tubercolosi in Italia dimostra il fatto contrario, cioè che la mortalità media per tale malattia è più bassa in Sicilia e nelle provincie meridionali in ge nere. specialmente lungo la. costa, occidentale (14 a 16 per Ì0 mila nella prov. di Messina) che non nella parte settentrionale della penisola (30 a 32 per 10 mila in prov. di Livorno, Milano, Genova e Venezia) come ha dimostrato il prof. G. Sorniani.
Tuttavia rimane induscusso e dimostrato quoti dianamente dai fatti che la contadina della Calabria e della Basilicata, la contadina primitiva delle pro vinole di Girgenti e di Caltanisetta dà in New York una percentuale molto, alta di morbi tubercolari, in confronto di'quell a delle altre regioni d’ Italia. Ma essa più delle altre si getta a capofitto nel business dei lavori di sartoria a buon mercato, e rapidamente si esaurisce lavorando da 14 a 16 ore al giorno in ambienti ristrettissimi, privandosi di cibi, di vesti, di tutto. D’ ordinario ha molti figli che porta alla mammella per lungo tempo, e si marita spesso in età giovanissima, iìnanco di 14 o 15 anni.
E ciò prova sempre più che le popolazioni rurali, malgrado la robustezza dei tratti, resistono meno delie popolazioni urbane, mingherline, ai dannosi effetti delle influenze patologiche cittadine.
Indubitatamente altri fattori sono pure responsa bili del rapido decadimento fisico degli Italiani d’ambo i sessi impiegati ai lavori in America. Il fattore eco nomico e il problema alimentare sono infatti di grande importanza sotto questo rapporto e valgono a gettare maggior luce sull’ argomento.
I l problema economico.
Gli Italiani che ora risiedono nelle città ameri cane debbono essere eh ssiiìeati i r a i poveri e come tali obbediscono alla legge di equazione stabilita dal 1