GAZZETTA SETTIMANALE
SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI
Anno XXXVII - Voi. XLI
Firenze, 28 Agosto 1910
N. 1899
SOMMARIO: Un giudizio dell’ on. Luzzatti sulla borghesia — E. Z., Corrispondenza da Napoli, La conversione del prestito unificato — Em il io Ma r a in i, Gli interessi agrari e la Politica doganale — Sulle condizioni della marina mercantile italiana — RIVISTA BIBLIOGRAFICA : Victor Cathrein S. J., Die Frauenfrage - Karl Kautsky, Vorläufer des neueren Sozialismus — RIVISTA ECONO MICA E FINANZIARIA: Gli scioperi avvenuti in Italia - Il congresso del libero scambio - L'istituto internazionale di agricoltura — RASSEGNA DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE : Il commercio del Brasile — La situazione del Tesoro al 31 Luglio 1910 — Cronaca delle Camere di commercio — Mercato Monetario e Rivista delle B orse— Società commerciali ed industriali — Notizie commerciali.
Un giudizio dell’on. Luzzatti
s u lla b o rg h esia
Nel discorso che Fon. Luzzatti ha pronun ciato in commemorazione di Cammillo Cavour, molte cose importanti e molti concetti elevati furono esposti dall’oratore coll’ arte che tutti gli riconoscono; e si ebbe il plauso di illustri uomini. Ma, come avviene spesso, una sua frase fu in modo speciale afferrata e commentata e diede luogo a vivaci discussioni. Alcuni mirarono a difendere la classe che da quella frase era col pita; altri invece rivolsero le loro osservazioni al- l’ uomo che l’ aveva pronunciata, certo pensata- mente, rilevandone i difetti e deplorando che egli sia a capo del Governo.
In verità a noi pare che si siano esagerati i giudizi. L ’on. Luzzatti in sostanza ha detto che la nostra borghesia è « frolla » ; il che vuol dire che essa si è lasciata superare dai tempi nuovi e non li ha seguiti abbastanza da vicino per esserne la dominatrice. In questo senso soltanto ci sem bra che possa essere interpretato, anzi letto, il concetto dell’ on. Luzzatti ; e in verità non cre diamo che abbia tutti i torti.
Qualcuno ha osservato : — ma fu la borghesia quella che ha fatto finanziariamente la nuova Italia, subendo sacrifici tributari di ogni genere, perchè fosse superata la crise che avrebbe tra volta l’ unità e perchè l’ Italia potesse assurgere a quel grado di prosperità di cui oggi siamo, forse troppo, orgogliosi.
E nessuno può contestare questo merito che spetta in principal modo alla borghesia; ma guardando ie cose un po’ addentro è da doman darsi se sia proprio tutto « merito » , o se non vi sia anche in gran parte della eccessiva « re missione » In tale atteggiamento della borghesia; la quale se ha fatti o subiti dei grandi sacrifizi finanziari, non ha però dato, quanto si poteva
aspettare e desiderare, quel contributo di attività intelligente e di operosità coscie'nte, che sarebbe stato necessario perchè la nuova Italia avesse migliori leggi, migliori Governi, migliore ammi nistrazione.
Non è forse una colpa della borghesia l’ in successo della nostra istruzione primaria, seconda ria, superiore? non è colpa della nostra borghe sia, se già per la terza volta si deve rinnovare esercito e flotta, causa la incertezza dei concetti che hanno dominato nella nostra politica interna ed intemazionale? E vi può esseri! più « fr o lla » condotta di quella che la borghesia ha seguito nella nostra polìtica coloniale? Potrebbe la bor ghesia dirci che almeno ci ha dato in questo mezzo secolo una sana organizzazione della ma gistratura, che ha falle da tutte le parti? Ha forse saputo fornire al paese una burocrazia che non fosse farraginosa, pesante e costosissima?
La colpa è dei Governi, dicono altri; come se la borghesia non fosse la sola che finora ha fatto i Governi tutti o quasi tutti frolli.
Nè tale fenomeno di evidente decadenza deve meravigliare quando si pensi che succede ad un lungo periodo nel quale fu necessario di impie gare tante energie per costituire la nuova Italia. I popoli come gli individui non possono essere per lungo tempo in uno stato di estrema tensione intellettuale; anzi, in genere a periodi energici succedono quelli « frolli ».
A ll’ egregio amico Pantaleoni, che si scaglia così vivacemente contro Fon. Luzzatti, del quale vuol rilevare i difetti e le contraddizioni, vor remmo domandare: — ma Luzzatti, Giolitti o Sonnino rappresentano idee sostanzialmente di verse? Luzzatti avrà anche lui i suoi difetti, ma nessuno lo può rimproverare di insufficiente pre parazione o di mancanza di coltura; a Giolitti nessuno negherà la abilità parlamentare, pur ri levando che molto spesso tale abilità consiste nel non fare ; ed al Sonnino tutti attribuiscono grande coltura e grande tenacia di propositi, ma improduttiva perchè non sa rimanere al potere. Ma se il paese non sa dare miglior Parlamento e se il Parlamento non sa dare uomini migliori, non ne viene di conseguenza che il paese è « frollo » ?
Non intendiamo, giova dirlo, assumere la difesa di nessuno; ma soltanto di giudicare con una certa imparzialità, senza lasciarci ispirare da momenti di irritabilità nervosa. Ogni Governo, ogni partito, ogni uomo di Stato dà facile mo tivo di critica, anche aspra ; ma quando per anni ed anni la condotta di un paese è sempre la stessa, o quasi sempre la stessa, allora non sono più responsabili i singoli partiti od i singoli uo mini, ma ii paese di cui essi sono l’espressione. E nel presente momento, il fatto solo che una gran parte della borghesia liberale domanda ed ottiene l’appoggio dei clericali, accontentandosi delle loro reticenti dichiarazioni di patriottismo, dimostra, a nostro avviso, quanto sia frolla que sta borghesia, a cui manca un concetto preciso c netto; a cui manca la visione di una mèta in politica, in finanza, in amministrazione.
In conclusione tutto si riduce ad una vec chia frase: ogni paese ha il Governo che si me rita; frase però che vorremmo modificata così: ogni paese ha il Governo che gli è più adatto.
CORRISPONDENZA DA NAPOLI
La conversione del prestito unificato.20 agosto. Un po’ di riassunto, ma breve, trattandosi di storia recente.
La legge 8 luglio 1904 stabilì parecchie di sposizioni intese al risorgimento economico di Na poli, ma varie circostanze ne impedirono l’attua zione completa. Sorsero perciò ripetute richieste d ’ una proroga dei termini in essa stabiliti pel godimento dei privilegi tributari intesi a favo rire l’ impianto di nuove industrie e la trasfor mazione di quelle antiche. In pari tempo le somme
assegnate per opere pubbliche, specie per la si stemazione del porto erano quasi esaurite, sicché nuovi provvedimenti s’ imponevano.
Per apparecchiarli fu nominata verso la fine d’ aprile una Commissione Reale, presieduta dal Ministro dei Lavori Pubblici, on. Sacchi. Essa compì un’opera vasta e d’ indole complessa e ai- fi uopo ebbe a consultare molte persone compe tenti e molti interessati; e si può dire che in poco tempo lavorò assai, se il 26 giugno potè presentare le sue proposte al Governo. Il quale, vistane la qnantità e l’ importanza, e considerato anche che la stagione era inoltrata, ne stralciò alcune relative a cose di maggiore urgenza, fa cendone senza indugio oggetto d’ un disegno di legge, che presentò alla Camera due giorni dopo, cioè il 28, sperando di ottenerne l’ approvazione prima della chiusura dei lavori parlamentari.
Fin qui nessuno davvero appare imputabile di scarso buon volere, o di lentezza. Ma non me rita una simile taccia neppure la Commissione delia Camera, a cui fu deferito l’esame del dise gno di legge. Ognuno ricorda quanti ebbe a vo tarne (fin troppi) la Camera stessa, che era im paziente di prendere le vacanze, nei primissimi giorni di luglio. Non fu perfino concesso per al cuni bilanci l’ esercizio provvisorio? Non ebbe torto dunque, dal canto suo, la Commissione, di sospendere il proprio lavoro. Compierne uno an che frettoloso, a che sarebbe servito? Ma poi la fretta non era possibile, non era lecita: si trat tava di parecchi milioni!
Per coscienza, la Commissione decise di ri mandare a novembre l’esame definitivo del dise gno di legge, pur avendo già scambiate su di esso alcune idee preliminari, ed avendo anche innanzi di separarsi, proceduto alla nomina del relatore che più o prima degli altri colleghi ne farà oggetto di studio durante le vacanze.
Data dunque la situazione delle cose, è chiaro che non si poteva fare diversamente. Ma a Na poli non tutti la intesero così, non essendovi peg- gior sordo di chi non vuole intendere; e non mancarono coloro che alzarono grida contro l’ in giustizia, le prevenzioni regionalistiche, una pre tesa ostilità dei settentrionali, e simili altre cose egualmente vere, chiare, argute e eque. Si sa: popolazioni impulsive! Per altro la quiete non tardò a tornare, e non restò difficile ai migliori e più intelligenti, oltreché meglio informati, per esempio al Sindaco, rispondendo in Consiglio Co munale a una pacata interpellanza, dimostrare che l ’ indugio, inevitabile per le ragioni dianzi rammentate, non pregiudica nulla. E fini lì, e adesso quasi nessuno se n’occupa, sia perchè siamo in mezzo all’afa estiva, sia perchè il fare delle popolazioni impulsive somiglia ai fuochi d’artifizio: apostrofi veementi che paion razzi, frasi rotonde e luminose che paion girandole, ru more di breve durata.... e poi ohe ne rimane ? Un po’ di fumo e un po’ di puzzo.
Or tutto tace! come dice il poeta della terza Italia in riva alle Fonti del Clitunno. Appunto per questo, il momento non mi par cattivo per metter fuori un’ idea: così se qualcuno, tutto può essere, volesse un pò esaminarla e rifletterci.... faccia lui. Per quel che può valere, eccola.
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giugno comprendeva uno stralcio delle più ur genti ira tutte le proposte della Commissione Reale, secondo me il Comune di Napoli dovrebbe durante queste vacanze suggerire e insistere per ché il Governo faccia un analogo stralcio dal pre detto disegno di legge, e aspettando la Relazione della Commissione parlamentare, al riaprirsi della Camera ne presenti intanto e subito uno più pic colo, che comprenda semplicemente la conversione del prestito municipale. PI mi spiego, o meglio vengo a giustificarmi.
, Si fa molto assegnamento sul novembre ven tino: a novembre tutti saranno tornati al loro posto, a novembre il Parlamento si riapre, i bi lanci non discussi in giugno, pei quali è stato ammesso l’ esercizio provvisòrio, fra novembre e dicembre verranno tutti approvati, altri disegni di legge, pei quali pure non vi fu tempo, aspet tano il loro turno, quello per Napoli, fra gli al tri, è stato rinviato a novembre.... Ora è mai possibile che nel tanto aspettato novembre 1910, e aggiungiamoci per necessità il successivo di cembre, si possano far miracoli? Teniamo a cal colo tutto. Il Parlamento si riapre sempre a no vembre inoltrato: non sarà una buona abitudine, ma cosi è. I bilanci rimasti indietro, che per correttezza costituzionale dovrebbero, almeno que sta volta, prendere il primo posto, sono una mezza dozzina. Ricorrono poi a scadenza fissa, le ferie natalizie, in modo che il primo periodo di lavori parlamentari si riduce sempre a un mese o pioco più. Dato e non concesso che du rante quel mese la Camera discuta anche il pro getto per Napoli e lo approvi, bisognerà poi ch’esse venga portato in Senato. Vorrà l’assem blea vitalizia dargli la precedenza su ogni altra faccenda? Non spetta a me stabilire l’ordine dei lavori del Senato, e non mi do per profeta. Ma non so dimenticare che pel suo esame è già pronta la legge sui provvedimenti per l’ istruzione ele mentare, che il paese aspetta con vivo desiderio, e che il Senato, per quanto se ne sa, ha inten zione di discuterla con ampiezza, tanto che tutti prevedono che il suo testo non poco modificato dovrà tornare dinanzi alla Camera.
Aggiungete a tutto ciò, che il progetto a favore di Napoli non costituisce una legge di poco conto, giacche, come ho detto poc’anzi, im plica una spesa di parecchi milioni. Vediamo. Una somma di L. 35,000,000 viene richiesta per lavori di ampliamento, sistemazione e arreda mento del porto. Un’ altra di L . 6,300,000 oc corre per la sistemazione dei servizi doganali al Mandracchio e per il loro impianto nella zona franca. Alle somme già stanziate per la direttis sima Roma-Napoli vengono aggiunte altre lire 21,000,000 per la costruzione d’ un suo tronco nell’ interno della città d; Napoli, in gran pai te sotterraneo, che colleghi colla stazione centrale la futura stazione occidentale. Sono dunque piu di 62 milioni! Saranno utili, saranno necessari, benissimo spesi ; ma che Commissione e Camera e Senato li accordino subito, senza studiare, senza informarsi, votando a occhi chiusi, come se fos simo a luglio, non mi par facile, per lo meno non è certo. E allora nessuno può predire ai quauti
del venturo 1911 il progetto in discorso diverrà legge effettiva e eseguibile.
Ma intanto nel progetto stesso è compresa la conversione del prestito municipale unificato. Questa si che sarebbe urgente. Infatti se venisse deliberata, se ne avvantaggerebbe subito il b i lancio del Comune, cioè, oltre i successivi, anche quello del 1910.
* * *
Della conversione del prestito vi parlai in altra mia, che pubblicaste il 29 maggio scorso. Ma allora si trattava di qualche cosa di più ; giacche oltre al ridurre a mite interesse il de bito che i! Comune ha verso il pubblico, si sa rebbe voluto fare altrettanto per due altri debiti ch’ esso ha verso la Cassa di Depositi e Prestiti. Il primo rappresenta un capitale di 85 milioni, gli altri due presi assieme uno di 56 milioni. Ma questa seconda richiesta pare che dal Governo non si sia po'uta prendere in considerazione, poiché il progetto di legge non ne fa parola. Cosi pure vi dissi che il Comune avrebbe desi derato che l’ interesse del nuovo prestito da contrarsi colla Cassa Depositi e Prestiti per tra sformare il primo, non superasse il 3.50. Invece il progetto di legge lo stabilisce del 3.75, e la Relazione che lo accompagna ne dà la ragione seguente: « L ’ interesse del 3.75 per cento è su periore di soli 25 centesimi al frutto del nostro maggiore consolidato, quale diverrà nel 1912 a conversione compiuta. E lo scarto di 25 cente simi fra le cartelle di credito comunale e pro vinciale ed -il consolidato è indispensabile, perchè le cartelle hanno mercato più limitato della ren dita pubblica e, trattandosi di titolo interno, non risentono della benefica influenza del mercato in ternazionale ».
Se a tutti i prestiti anzidetti si applicasse la conversione, l’ erario comunale, come già vi scrissi, ne avrebbe ogni anno un sollievo di lire 1,250,000. Applicandola invece, come ora si pro pone, soltanto a quel prestito detto unificato, che è il cumulo di altri precedenti riordinati nel 1881, il sollievo annuo sarebbe minore, naturalmente, ma pur sempre superiore alle L. 800 mila. Per un bilancio di parecchi milioni, ma che sta su con fatica (v ’ è anzi chi dice di scorgervi un grosso disavanzo latente, ma non è questo il mo mento di parlarne) ottocento e più mila lire di risparmio nell’ uscita, che possono andare^ a in grossare alquanti capitoli di spese utili, oggi più magri per dura necessità, a ine paiono una manna.
sta pregiudicata, ma d’ una operazione da farsi con quella Sezione Autonoma di Credito della Cassa Depositi e Prestiti, che è istituita appo sta, e che ne ha compiute di simili coi Comuni, per tacer dei minori, di Roma, di Genova e di Milano.
Il detto art. 9, che non so ammettere abbia a trovare oppositori, diventerebbe una legge a parte, da presentarsi alle due Camere nella prima delle loro rispettive venture tornate. Approvata ' che fosse entro pochi giorni, per la sua attua
zione resterebbero da sbrigare, quanto piu presto fosse possibile, le necessarie pratiche con la Cassa Depositi e Prestiti. Ma intanto, poiché il suo be nefico effetto si produrrebbe fino dall’ esercizio finanziario 1911, la Giunta potrebbe tenerne conto nel progetto di bilancio del 1911 da pre sentare, se crede, in tempo utile al Consiglio Co munale, e questo discuterlo, se gli riesce, prima che finisca il 31 dicembre, in modo che resti evi tato, per una volta tanto, il solito esercizio prov visorio. (Ma se quest’ ultimo fòsse un desiderio smodato, sia per non espresso).
E. Z.
GLI INTERESSI AGRARI
E LA POLITICA LOG-ANALE
Su questo argomento l’on. Emilio Marami ha pubblicato in questi giorni nel Bollettino del Comitato agrario nazionale un interessantissimo articolo.
L ’argomento è di tale importanza e l’ articolo cosi notevole che ci riserviamo di farne ampio esame in un prossimo numero : intanto crediamo opportuno pubblicare per intiero l ’ articolo in parola.
Le relazioni con la Francia.
« I nostri scambi commerciali con la Francia, in relazione alla nuova tariffa doganale di quello Stato ed in generale all’ indirizzo della politica commerciale del nostro Paese, sono stati nuova mente portati nei decorsi giorni alla pubblica discussione della Camera dagli Onorevoli Fortu nati e Chimienti ; discussione chiusa brevemente dalle dichiarazioni dell’ on. Luzzatti, Presidente del Consiglio. L a questione non è con ciò punto esaurita, poiché se, come è sperabile, l’ on. L uz zatti riuscirà ad ottenere dalla Francia, con la quale siamo in cosi cordiali rapporti politici, qualche altra attenuazione dei nuovi dazi sui mobili di legno, su: cappelli di paglia e su qual che altro prodotto di nostra esportazione, la si tuazione non sarà sostanzialmente modificata, e la bilancia dei nostri scambi con la vicina Na zione amica continuerà a saldarsi a nostro debito, il quale sicuramente si verrà aumentando.
Mi sono astenuto dal prendere la parola in questa nuova discussione, parendomi che, nei ri guardi della nuova tariffa francese, non vi sia da seguire una via diversa da quella percorsa dal Governo e nella quale sta perseverando, dei n e goziati in via diplomatica col Governo della Nazione amica. Questa via han battuto altri
Stati, quali, ad esempio, la Gran Brettagna e la Germania, e non senza qualche risultato analogo al nostro.
Ho, ad ogni modo, ragione di compiacermi di avere pel primo, fin dal marzo 1909, richia mato l’attenzione del Governo sulla nuova tariffa doganale francese. Appena letta sui giornali la notizia della sua presentazione, potei procurarmi le relative relazioni della Commissione della Ca mera francese che ne aveva elaborato il progetto, e potei rendermi ragione degl’ inasprimenti di dazi da essa preparati pei nostri prodotti, al pari di quelli di altre Nazioni.
La tariffa francese.
Infatti sarebbe erronea la credenza che quella tariffa fosse predisposta contro le importazioni di uno piuttosto che di un altro paese: essa era stata elaborata con 1’ intendimento, chiaramente espresso, di porre argine alle importazioni stra niere di tutti i prodotti similiari dell’agricoltura e dell’ industria di quella Nazione. Era un prò getto di tariffa che iniziava, anche per il modo onde era preparato, un sistema nuovo, dappoiché 1’ iniziativa non era stata presa dal Potere Ese cutivo, sibbene dalla Commissione delle tariffe e dei trattati della Camera, la quale, stimolata da qualche petizione di industriali, si era costituita in Giunta d’ inchiesta, aveva promosso e com piute indagini e studi su ogni prodotto, analiz zando e confrontando il costo di produzione di esso in Francia e nel Paese importatore, per trarne le ragioni e la misura del dazio necessario a proteggere il prodotto nazionale. E, per imporre ai Paesi esteri i dazi in tal modo determinati, aveva confermato il sistema della duplice tariffa dei dazi massimi e minimi, fissando la differenza del 50 0[0 tra gli uni e gli altri e riservando al Governo il diritto di applicare i massimi ai pro dotti dei Paesi che imponessero ai prodotti fran cesi dazi giudicati da esso non accettabili, se condo la forinola della tariffa degli Stati Uniti dell’America del Nord, aggravata con una form a nuova di coercizione, più efficace della precedente, per costringere gli Stati Esteri a concedere ai prodotti francesi dazi di favore : questa forma consiste nel riservare a quel Governo il diritto di élevare i dazi in proporzione dei supposti prem i diretti od indiretti o dei vantaggi di qualunque natura accordati alla esportazione dei prodotti esteri.
Una vera enormità, ancora sconosciuta nei provvedimenti di difesa doganale.
L’ azione del Governo italiano.
co-\
28 agosto 1910 L ’ ECO N O M ISTA 549
sicché gli articoli sui quali si concentrano ora gli sforzi del Governo si limitano a pochi, cioè i mobili di legno, i cappelli di paglia. Si può, quindi, sperare che i negoziati in corso tra il nostro ed il Governo Francese condurranno ad un equo componimento anche su questi punti secondari : però, sarebbe fuor di ragione la spe ranza che le nostre esportazioni in Francia pos sano risollevarsi dalla depressione subita in questi ultimi anni almeno fino al punto da equilibrarsi con le importazioni francesi tra noi. Certo, è un grande mercato che si è venuto restringendo in proporzioni enormi per i nostri prodotti ; quando si ricorda la cifra di 574 milioni raggiunta dalle nostre esportazioni in Francia nel 1876, in con fronto dei 200 milioni del 1909 (1’ esportazione delta Francia verso di noi è stata di 329 milioni nel 19Q9), si è costretti a riconoscere che la per dita è ragguardevole.
Vero è che le nostre esportazioni hanno po tuto espandersi su molti altri mercati, così da compensare largamente questa perdita ; ma non è meno vero il fenomeno rilevato daU’ on. Luz- zatti nella risposta all’ ou. Fortunati, cioè che, tranne con due soli paesi — la Svizzera e l’ A r gentina — la nostra bilancia commerciale si salda a debito con tutti gli altri Stati. Il fenomeno è grave, e merita gli studi della Commissione a tale scopo istituita dallo stesso Presidente del Consiglio, imperocché, a giudizio mio, il fenomeno di cui si tratta non può risultare che sino a un certo punto, dai sistemi imperfetti di accerta mento degli elementi statistici ; esso trova la sua spiegazione fondamentale in due cause di cui parrni evidente l’ efficienza nelle cifre dei nostri scambi con 1’ estero : la prima risiede nello svi luppo della nostra produzione agraria ed indu striale, inferiore allo sviluppo dei consumi del nostro paese ; la seconda risulta dal ragguarde vole sviluppo della produzione agraria nei paesi che traevano in passato dal nostro le loro prov viste, e più ancora dallo sviluppo veramente impressionante de’ la produzione agraria nei paesi nuovi e nella facilità dei mezzi di trasporto onde questa può riversarsi sui mercati europei, e col suo minor costo di produzione conquistarli sta bilmente.
Importazioni ed esportazioni agrarie. Quanto alla prima di queste cause, basta ricordare che 1’ Italia è ridotta ad importare der rate e materie prime agrarie per una somma maggiore di quelle che esporta : non sono soltanto le centinaia di milioni di cereali che noi impor tiam o; in questi ultimi anni siamo costretti ad importare anche il bestiame bovino, ed impor tarlo da quei paesi, ai quali lo fornivamo per il passato. Quando si ricorda ohe il trattato nostro con la Francia del 1881 fu combattuto dalla C a mera italiana perchè non aveva ottenuto un dazio di favore pel nostro bestiame bovino, non si può non essere impressionati sapendo che ora noi siamo costretti a fornirci di bestiame da carne sullo stesso mercato di Parigi !
La nostra produzione agraria non è invero diminuita, ma, ripeto, non e progredita in pro porzione delle esigenze dei consumi interni. In vece, continuando il confronto con la Nazione
vicina, la Francia è riuscita in pochi anni ad elevare la sua produzione agraria, ad esempio dei cereali fino al punto di non aver più bisogno d’ importare questa derrata di fuori. Ed un fe nomeno analogo si è verificato negli altri paesi d’ Europa : negli ultimi 30 anni dappertutto si è manifestato questo intenso movimento d ’ atti vità verso la produzione agraria, sotto il duplice ' stimolo del progredito consumo interno e della
concorrenza della produzione dei paesi nuovi. Ma è questa sopratutto che costituisce il fattore più grave della situazione presente. La produzione dei cereali, mentre si allargava nei territori della Russia meridionale e nei paesi da nubiani, assumeva proporzioni grandiose negli Stati Uniti, nell’ Argentina, nell’ Australia ed ora si inizia nelle terre del Brasile.
L ’ Europa trae il bestiame alimentare e le carni dai paesi dell’ America e dall’ Australia, quest’ ultima invade i mercati di Londra con le sue fruita fresche ; il Canadà pi'omette di dive nire, a breve distanza di tempo, un paese di grande esportazione. La Florida ha già una pro duzione agrumaria ragguardevole, e gli aranci non sono più un monopolio di qualche paese situato sulle rive del Mediterraneo; la Russia nel suo vasto territorio ha zone che glieli for niscono. La produzione del vino si è estesa ed allargata in Europa, in America ed in Africa. I nostri emigrati hanno trapiantata e coltivata con ardore la vite nelle Americhe del Nord e del Sud ; l’ Algeria produce da cinque a sei milioni di ettolitri di vino che con trattamento daziario di favore importa in Francia a completare ed in tegrare la produzione enologica francese. E gli olii di olivo costituiscono una produzione impor tante nella stessa Tunisia.
I l protezionismo agrario.
E gli esempi potrei moltiplicare se quelli ricordati non bastassero a spiegare il grande fa vore in cui è venuto il protezionismo doganale in tutti gli Stati d’ Europa, specialmente in di fesa della produzione agraria. In Francia, in Ger mania, in Austria, financo nella Svizzera, il pro tezionismo negli ultimi trentanni ha avuto origine e prevalenza in difesa della produzione agraria ed ha esercitato il suo influsso contro le nostre esportazioni, restringendo i loro sbocchi sui mer cati esteri col riparo dei dazi e con la cresciuta produzione interna che ne è stato l’ effetto diretto ed immediato.
siano disposti ad abbandonare, od anche soltanto ad attenuare, il protezionismo agrario, anche se noi offrissimo loro di stabilire la esenzione a fa vore di tutti i loro prodotti industriali.
Da per tutto, specialmente nei paesi della vecchia Europa, gl’ interessi agrari sono divenuti possenti ; essi si sono organizzati ed esercitano una notevole influenza sulla vita politica dello Stato, e le riforme doganali che si son venute compiendo anche soltanto negli ultimi dieci anni ne forniscono la prova evidente; cosicché io non ebbi occasione di sorprendermi neppure nel leg gere nel progetto di riforma doganale presentato qualche mese addietro alla Camera del Belgio i dazi elevati proposti sui legumi, sulie patate, sui piselli, fave e fagiolini, sui tartufi, sulle frutta fresche e sscche, sugli olii d’ oliva, sui vini.
E ’ questa situazione che rende, se non dif ficile, certo meritevole di ponderato studio il pro blema dell’indirizzo futuro da dare alla nostra politica doganale.
La politica commerciale d’ Italia. Ho rilevato che nella valutazione dei nostri scambi con 1 estero e nella determinazione del- l’ indirizzo della nostra politica doganale hanno assunto singolare importanza i fenomeni seguenti:
1° lo sviluppo notevole dei consumi interni, che ci ha condotti al punto d’ importare dall’estero prodotti agrari per un valore maggiore delle no stre esportazioni dei prodotti stessi;
2° l’ incremento della produzione agraria negli altri paesi europei e l’alta difesa doganale che gli agricoltori sono riesciti ad ottenere dallo Stato rispettivo.
3° La grande produzione agraria dei paesi fuori d’ Europa che, vinto ogni ostacolo di di stanza e di mezzi di trasporto, si riversa larga mente sui mercati europei. Così l’Italia è stata privata del privilegio di quasi tutte le sue più rinomate produzioni agrarie, dal vino agli olii, agli agrumi, alle frutta fresche e secche; senza dire dei prodotti del suolo di natura industriale ed estrattiva, come lo zolfo.
In tali condizioni l’ indirizzo, che potrei de finire tradizionale, della nostra politica commer ciale, di assicurare, cioè, innanzi tutto, ai nostri prodotti agrari un facile, abbondante, sicuro e stabile sbocco sui grandi mercati di consumo stra nieri, ha incontrato sempre maggiori difficoltà che ne hanno ristretto a grado a gl ado la portata e l’efficacia. Noi siamo stati costretti d un senti mento di legittima ed assoluta difesa a garantire a quasi tutti questi prodotti, prima di ogni altro il mercato interno di consumo: e poiché la situa zione di fatto, creata dai detti fenomeni, tende sempre più ad aggravarsi, si rende impossibile rinunziare a codesta difesa nell’ indirizzo futuro della nostra politica doganale.
L ’ Italia non è stata la prima a seguire la politica commerciale del protezionismo; il trattato del 1863 con la Francia aveva abbando iato ogni difesa doganale per le industrie italiane, con d; uno tutt’altro che lieve anche di quelle che avevano nel paese tradizioni antiche di lavoro e condizioni naturali adatte al loro svolgimento.
Il risveglio di esse fu dovuto al fenomeno del cambio che, per le proporzioni assunte (nel
1874 era arrivato fino al 15,70 Ojq; nel 1879 al 14,22: nel 1893 di nuovo al 15,95 e recentemente ancora nel 1898 e 1899 a 9,60 e 8,45, essendo stati i corsi medi 12,44 nel 1874; 10,17 nel 1879; 7,97 nel 1893; 6,97 nel 1898; 7,32 nel 1899) ebbe efficacia protettiva. Fu soltanto quando questo risveglio rivelò tutto il valore delle forze indu striali del paese, quando il fenomeno dell’ aggio sull’ oro che lo aveva prodotto si veniva atte nuando sino poi a spegnersi più tardi, fu quando l’ indirizzo della politica commerciale inaugurato nel 1860 dai grandi paesi d’ Europa veniva a b bandonato per far posto al regime di protezione, assurto oggi a tanta altezza anche a favore dei prodotti agrari, che lo Stato italiano seguì il nuovo indirizzo, pur informandolo ad una giusta moderazione, per mantenersi fedele al sistema dei trattati di commercio ed alla clausola della na zione più favorita.
L ’ Italia e le sue industrie.
L ’ It lia avrebbe seguita la più insana poli tica commerciale, se non avesse favorito il risve glio delle sue forze industriali, lasciandole invece spegnere, con la diminuzione del cambio, dalla produzione straniera. Un gran paese di 30 milioni di abitanti, la cui popolazione era fin d’ allora in sensibile e costante incremento, e che do\eva cer care nell’emigrazione sbocchi alla sua esuberante attività, non avrebbe potuto lasciale che si spe gnessero tutte le manifestazioni di vita indu striale senza disseccare le sorgenti del lavoro della ricchezza. Nella economia moderna delle Nazioni non vi possono essere paesi di esclusiva produ zione agraria; i popoli più progrediti civilmente ed economicamente sono quelli che svolgono lar gamente la loro attività produttrice, così nel campo agrario come in quello industriale.
E la politica commerciale inaugurata dall’Ita lia si è chiarita opportuna ed utile, poiché ha reso possibile la costituzione di una vita indù striale, la quale ha influito favorevolmente sul l’ attività agraria con l’ assorbimento di quella parte dei suoi prodotti che trovava ristretti gli sbocchi sui mercati esteri. La politica commer ciale dell’ Italia è stata meno efficace per una certa titubanza ed incertezza, che ¡’ha sempre dominata e che le ha tolto il pregio della conti nuità; il che ha avuto una sola causa: il desiderio di tener fède al sistema dei trattati di commercio con la lusinga di salvaguardare le esportazioni agrarie.
V i fu titubanza nel limitare la riforma del 1887, lasciando da parte qualche intera categoria di prodotti, come quella delle industrie chimiche ; e fu la speranza di rinnovare i trattati di com mercio alle condizioni precedenti che fece abban donare la riforma preparata nel 1905. Ma, come tutti ricordano, la speranza fu delusa, poiché, nell’ insieme, con quei trattati si ottennero mi nori concessioni delle precedenti ai nostri pro dotti agrari, e per ottenerle si dovettero accor dare ai prodotti esteri nuove concessioni daziario alla loro entrata in Italia.
La tariffa doganale italiana.
28 agosto 1910 L ’ ECONOMISTA 551
Stati d’ Europa e fuori, poiché essa è del 1887, ed in qualche categoria risale al 1877, ed ha pro ceduto in ordine inverso da quello seguito dagli altri Stati; questi han modificato nello stesso pe riodo di tempo una o più volte il loro regime doga nale, elevando sempre la misura dei dazi e specializ zandoli per adattarli alle modificate condizioni di lavoro; noi, invece, abbiamo successivamente ri dotto per mezzo dei trattati i dazi istituiti non meno di 25 anni addietro. E ’ vero che alcune di queste riduzioni riflettono i progressi conseguiti da alcune nostre i dustrie; ma il difetto di spe cializzazione, che è sistema in cui eccellono le nuove tariffe estere, ha impedito che ai prodotti il cui progresso consentiva una minor protezione si aggiunsero nuove forme di lavóro più fini rese impossibili dalla mancanza di adeguata difesa.
Non vi è dubbio, quindi, che la nostra ta riffa debba essere rimodernata e rinnovata, allo scopo di metterla al livello delle condizioni delle industrie nazionali, per soddisfare cosi alle esi genze dello svolgimento di esso. Certo, in 25 anni, industrie nuove e nuovi prodotti ne sono sorti in Italia, ed altri avrebbero dovuto sorgerne, come pure altre produzioni avrebbero potuto e potreb bero essere perfezionate con vantaggio sicuro delle classi lavoratrici e dell’ economia generale, ma trovano ostacolo negli ordinamenti doganali at tuali, divenuti imperfetti od impari ai nuovi b i sogni. La necessità della riforma, quindi s’ impone anche facendo astrazione dall’ indirizzo che se guono gli altri Stati; s’impone per favorire ed agevolare lo sviluppo dell’ attività produttrice del paese. Basta ricordare le cifre dei nostri scambi coll’ Estero per persuadersi di questa suprema necessità.
La bilancia commerciale.
Ecco le cifre degli ultimi quattro anni per 1’ Italia :
Importazioni Esportazioni Differenza 1906 2,514,351,585 1907 2,880,669,312 1908 2,913,274,509 1909 3,079,113,112 1,905,949,811 1,948,868,310 1,729,263,257 1,833,723,053 608,402,174 931,801,002 1,184,011,152 1,245,390,059 Bisognerebbe avere, come l’ Inghilterra, una grande ricchezza accumulata ed impiegata al- i’ estero, una marina mercantile che tragga dai suoi traffici in tutti i mari del mondo larga messe di profitti, e colonie vistose, per non pre occuparsi di queste cifre, e per non essere com presi dall’alto e vitale interesse nazionale, di accrescere la nostra produzione, onde ridurre lo sbilancio dei nostri scambi commerciali, ed e v i tare il pericolo di ricadere nel corso forzoso.
E ’ vero che le cifre sovra riferite non si ri tengono esattissime ; ma le eventuali inesattezze non possono avere aggravato di molto 1’ entità dello sbilancio. E ’ vei'o pure che le rimesse dei nostri emigranti e le somme che lasciano nel no stro paese i numerosi forestieri che visitano le nostre città compensano in gran parte questo debito ; ma un grande paese non può fare asse gnamento in perpetuo sul fenomeno emigratorio, nè la sua economia può rinunziare alla feconda attività produttrice, o limitarla all’ industria d e gli alberghi, sol perchè le sue bellezze naturali,
le sue gloriose memorie storiche richiamano a visitarlo schiere di forestieri.
Tutto dunque c ’ impone di stimolare e di favorire la produzione nazionale, e questo deve essere lo scopo essenziale della riforma del no stro regime doganale, per renderlo adatto alle esigenze nuove della nostra attività produttrice.
IL futuro programma doganale.
Ma vi è un altro lato del problema; se, cioè, seguendo l’ indirizzo nuovo della politica com merciale degli altri paesi, non convenga anche a noi di dare ai nostri ordinamenti doganali carat tere ed efficienza, oltre che difensiva, offensiva; e così si presenta nettamente il quesito della duplice categoria di dazi, massimi e minimi, con la nota clausola che lascia arbitro lo Stato di giudicare del grado di corrispettività tra i dazi minimi suoi e quelli dei paesi esteri, ed arbitro altresì di giudicare se ed in quanto i paesi esteri favoriscano le loro esportazioni con premi sotto forme anche indirette, per colpire con dazi straor dinari ed equivalenti.
L ’on Luzzatti, con la sua profonda e chiara visione delle grandi questioni economiche, nella circolare con la quale, in qualità di Ministro del l’agricoltura, industria e commercio, invitava le rappresentanze agricole, commerciali ed indu striali ad approfondire il complesso problema, si chiariva dubbioso di fronte a questo punto. In dubbiamente il sistema della tariffa unica, miti gata dai trattati di commercio per vie di equi corrispettivi, si chiarisce il più adatto alle nostre esportazioni agrarie; questo però quando l’altro Stato contraente non opponga a codesto nostro sistema il regime assoluto della doppia categoria di dazi con le clausole comminatorie dianzi ac cennate; in tal caso il nostro sistema si presenta in condizioni di assoluta inferiorità, come un combattente meno armato, se non disarmato ad dirittura.
Vero è che la inferiorità potrebbe essere colmata stabilendo i dazi della tariffa generale in misura elevata, salvo a ridurli sino al giusto punto verso l’ aitro paese contraente, per ottenere da esso l’ applicazione dei suoi dazi minimi. Ma anche questo temperamento presenta inconve nienti : innanzi tutto l’altro paese può imporci le sue pretese riguardo alle riduzioni dei nostri dazi generali in corrispettivo dei suoi dazi mi nimi; e, peggio ancora, conchiuso l’accordo, i no stri dazi convenzionali divengono immutabili e stabili per tutta la durata del trattato, mentre l’ altro contraente, nell’accordarci l’applicazione dei dazi minimi, non. è punto vincolato a man tenerli in quella misura, poiché il carattere es senziale del nuovo sistema di tariffa risiede ap punto nella autonomia, quindi nella libertà di modificarli. E ’ il difetto dei nostri accordi con la Francia, di cui abbiamo testé risentito il danno.
l’ ultima forma coercitiva data al nuovo sistema autonomo dagli Stati Uniti e dalla Francia, è destinato a trovare solleciti imitatori. Il Belgio ha già disegnato nuovi armamenti, il Giappone li sta preparando ; in questi giorni anche il pic colo Portogallo rivendica l’autonomia minacciosa del suo regime doganale, e non è improbabile che anche l’America latina segua l’ esempio della sua possente sorella del Nord.
Non è fuor di ragione la previsione che, prima che siano scaduti i nostri trattati di com mercio fra cinque anni, il sistema delle due ta riffe, già adottato dai grandi Stati, sarà accolto anche dai piccoli a titolo di legittima difesa. A c cade nel campo della difesa economica ciò che sta avvenendo nel campo della difesa politica ; ciascuno Stato è costretto ad elevare i suoi ar mamenti terrestri e marittimi all’altezza di quelli degli altri e specialmento dei più forti, dei quali ha più da temere.
L a Gran Bretagna.
Un solo grande Stato, la Gran Bretagna, rimane ancora estraneo a questa gara di presidi economici ; e sono i nostri rapporti con questa che tengono ancora desto qualche dubbio nel l’animo mio, essendo evidente la convenienza per noi di conservare alle nostre derrate lo sbocco su quel grande mercato. Senonchè chi oserebbe rendersi mallevadore che tra cinque anni la mae stra del libero scambio non sia costretta a bat tere anche essa la via del protezionismo? Nelle ultime elezioni politiche del Regno Unito il pro gramma dei partigiani della riforma della tariffa sono apparsi molto più numerosi di quel che si prevedeva; essi non hanno vinto ; Manchester ha ancora resistito; ma l’affermazione del nuovo in dirizzo della politica commerciale di quel grande paese ha avuto una manifestazione così alta e solenne da dimostrare i progressi conseguiti nel l’opinione pubblica e da renderne molto proba bile il trionfo. Il nuovo regime è stato disegnato specificamente nella forma più antica, potrei dire primitiva, cioè con la determinazione dei dazi ad valorem, ed in misura tutt’altro che lieve. Non sarà certo la politica commerciale seguita dagli altri Stati che tratterrà questo movimento.
I dazi massimi e minimi.
Ora, se codesto evento si verificasse, l’aver conservato il nostro vecchio.sistema non ci gio verebbe neppure per le nostre esportazioni nel Regno U nito; d’ altra parte, il nuovo sistema della duplice tariffa, anche se questo non mutasse il suo regime attuale, non c’ impedirebbe un ac cordo con esso sulla base dei dazi minimi. I quali, è bene che io chiarisca il mio pensiero, non do vrebbero essere fissati in misura eccessiva. Que sto anzi, a giudizio mio, dovrebb’ essere il punto essenziale della riforma; i dazi minimi dovreb bero corrispondere effettivamente alla loro deno minazione, cioè rappresentare la difesa minima, indispensabile alla nostra produzione per equi parare le sue condizioni a quelle della straniera; i dazi minimi dovrebbero — ripeto, secondo la mia modesta opinione — avere un sostanziale carat tere, strettamente compensatore. I dazi massimi
rappresenterebbero lo strumento offensivo per ot tenere dagli altri Stati un trattamento equo ai nostri prodotti.
L ’ interesse della produzione nazionale è fa vorito dal sistema delle due tariffe, che le assi cura la stabilità del regime daziario istituito per essa. I dazi minimi, siano pure fissati con giusta severità e col criterio limitatamente compensa tore, costituiscono un punto fisso e sicuro su cui la produzione nazionale sa di poter fare assegna mento, e quindi al riparo di ogni sorpresa. Il sistema della tariffa unica, i cui dazi possono essere ridotti dai trattati, presenta l’alea dei ne goziati per la conchiusione di questi, nei quali negoziati g l’ interessi di uno o più rami della produzione nazionale possono essere compromessi (a parte anche la competenza dei negoziatori) dalle inevitabili concessioni che sono imposte dalle transazioni necessarie a raggiungere l’ac cordo. L ’esperienza dimostra che g l’ inconvenienti derivanti da questa necessità non sono rari e finiscono per condurre ad una disparità di trat tamento doganale tra diversi rami della produ zione nazionale, non utile nè opportuna nei ri guardi dell’ecouomia generale del paese. I dazi minimi fissi, la cui misura sia tecnicamente ed economicamente ben determinata, escludono sif fatti inconvenienti.
Che cosa deve fare V Italie..
Tutto ben considerato, dunque, io mi vado persuadendo che anche all’ Italia convenga di se guire l’esempio degli altri grandi Stati, dando ai suoi nuovi ordinamenti doganali l’ indirizzo e la forma adottati col nuovo sistema autonomo. Mi pare che il conservare noi soli l’antico si stema non farebbe che crearci imbarazzi e prò curarci danni, costituendoci in una situazione d’ inferiorità di fronte agli altri Stati.
Se poi la Gran Bretagna, come pare proba bile, muterà anche essa i suoi ordinamenti com merciali, adottando i dati già disegnati da par tigiani della riforma, la situazione potrebbe modificarsi forse radicalmente; gli armamenti economici completi, di ugual forza, di pari effi cienza in tutti i grandi Stati, potrebbero ben condurre alla pace ed al disarmo. Certo, il pro tezionismo nel Regno Unito non è un fatto che potrebbe rimanere senza conseguenze nel mondo economico; la lotta diverrebbe troppo aspra per poter durare a lungo, e non è inverosimile la previsione che un areopago internazionale ricon durrebbe all’equità la politica commerciale de gli Stati.
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hanno corrisposto alle previsioni con vantaggio di tutti g l’ interessi quelli fiscali compresi.
Se il nuovo indirizzo e la nuova forma del regime doganale, invadendo tutti gli Stati e at traendo al protezionismo anche il Regno Unito potrà avere questo effetto, giova affrettarne con i più ardenti voti l’ evento. I grandi armamenti economici generali addurranno probabilmente la pace ed il senso dell’equità negli scambi com merciali dei popoli ».
Em il i o Ma e a in i Deputato al Parlamento.
Sulle condizioni
della Marina mercantile italiana
1
La Relazione del Direttore generale della Marina mercantile sulle condizioni di questa al 31 dicembre 1908, che già abbiamo cominciato a esaminare, ci dà pure un elenco delle 4i01 navi a vela aventi una stazza netta complessiva di 453,324 tonnellate, che ci distingue secondo i più
vari aspetti e ripartizioni.
Circa le navi a vapore, leggiamo che nello matricole dei compartimenti marittimi trovavansi inscritti, al 31 dicembre 1908, n. 626 piroscafi, aventi in complesso 934,315 tonnellate di stazza lorda, 566,738 tonnellate di stazza netta ed una forza di macchina di 101,364 cavalli nominali e 614,214 indicati. Di tali piroscafi n. 138 erano in legno e 488 di scafo metallico.
In confronto alla situazione del precedente anno si rilevano gli aumenti d i:
37 piroscafi ;
70,066 tonnellate lorde e 40,152 nettei ;■ 5815 cavalli nominali e 72,793 cavalli in
dicati. .
In opportuni prospetti si trovano alcune indi cazioni, relative alla inscrizione, al tonnellaggio ed alla data di costruzione dei suddetti piro scafi. nonché alle variazioni avvenute nel 1908. Fanno seguito nella relazione un elenco no minativo di tutti i piroscafi inscritti in matricola, al 31 dicembre 1908, un prospetto riassuntivo dell’ impiego del naviglio a vapore italiano, alla suddetta data, un quadro indicante la. velocità dei piroscafi nazionali adibiti, nel 1908, ai ser vizi sovvenzionati, un elenco nominativo dei pi roscafi nazionali ed esteri, addetti al servizio di emigrazione ed iscritti in patente di vettore, al 31 dicembre 1908, un quadro indicante il tonnel laggio netto dei piroscafi delle principali nazioni marittime di Europa e un prospetto dei piroscafi mercantili inscritti nel ruolo del naviglio ausiliario dello Stato, al 31 dicembre 1908.
Classificati pure i piroscafi e datone 1 esatto elenco nominativo, apprendiamo che al 31 dicem bre 1908 erano inscritti nelle matricole dei Com partimenti marittimi del Regno 74 bastimenti da diporto (26 piroscafi, 2 barche a vapore, 1 mo tobarca, 1 gaietta a motore, 1 bilancello, 37 cut ter», 3 barche e battelli, 1 feluca, 2 golette).
(1) V. continuai. n. 1894.
Le persone di mare ferite in naufragio nelle acque dello stato nel 1908 furono 17 e in alto mare o all’ estero 6.
Interessante è l’ elenco delle Società di soc corso ai naufraghi stabilite lungo il litorale del Regno che prestarono lodevolmente l’opera loro.
” Quanto alle barche da pesca, al 31 dicem bre 1907 erano inscritti nei registri 26,117 bar che e battelli addetti alla pesca, della stazza complessiva di tonnellate 76,002 nette. Durante l’ anno 1908 gli aumenti superarono le diminu zioni nella misura di 670 barche e di 1548 ton nellate; di modo che la situazione al 31 dicembre 1908 era di 26,787 barche e battelli della stazza complessiva di tonnellate 77,550.
Anche per il 1908 si è constatato un sen sibile aumento nella industria della pesca, con un prodotto superiore a quello dell’anno prece dente.
Infatti, la industria della pesca del pesce, dei molluschi e dei crostacei diede nel 1908 un prodotto di L. 20,287,285, con un maggior ri cavo di L. 1,783,514 rispetto al precedente anno.
Il prodotto medio di ogni galleggiante e stato di L. 786.45 e l’utile per ciascun pescatore di L. 191.25.
Parlatoci delle varie specie di pesca, e spe cialmente di quella importantissima del corallo e del tonno, la Relazione passa alle associazioni di Mutuo Soccorso fra la gente di mare che erano 138 (di cui 43 a Genova) al 31 dicembre 1908, e delle quali 8 costituite nel 1908 stesso, non che alle Società d’ assicurazioni marittime che erano 60 (28 nazionali e 32 straniere) con 383 sedi od agenzie.
I bacini di carenaggio e gli scali d alaggio nel 1908 erano 27, gli stabilimenti metallurgici, cantieri per costruzioni navali 67, con un perso nale di 977 impiegati amministrativi e tecnici e 27,392 operai.
La Relazione ci parla ancora del servizio delle zavorre degli interpetri sanitari, delle Casse degli invalidi della marina mercantile, e del ser vizio di passeggiali di lunga navigazione. A tal proposito risulta che furono eseguiti 392 viaggi di cui 372 con piroscafi appartenenti a vettori di emigranti, e 20 piroscafi appartenenti a So cietà non munite di patente, ma autorizzate al trasporto di passeggieri di 3a classe per paesi scarsamente frequentati dalla nostra emigrazione, e trasportate 194,365 persone, delle quali 170,421 emigranti e 23,944 passeggieri di classe. La ban diera italiana vi è compresa per n. 218 viaggi con 134,138 persone, delle quali 123,547 emi granti e 10,591 passeggieri di classe.
L ’emigrazione italiana fu inferiore a quella degli anni precedenti, a causa della crisi nord- americana.
Dai piroscafi addetti a viaggi di lunga na vigazione sbarcarono, durante l’ anno 1908, nei porti dello Stato n. 338,670 persone, delle quali 27,498 di l a e 2a classe e 311,172 di 3a classe.
Il gran numero delle persone ritornate in patria, specialmente dal Nord-America, è dovuto alla crisi del lavoro in America ed alla bassezza dei noli per i viaggi di ritorno.
prove-nivano dagli Stati Uniti d’America, 58,871 dal Brasile e dal Piata e 1086 da altri paesi.
Il movimento complessivo della navigazione, in tutti i porti del Regno, durante l’anno 1908, viene riassunto in prospetti, da cui risulta che il totale generale degli approdi, nel 1908, fu di 154,035 navi, per tonnellate di stazza 46,753,857; mentre il totale delle partenze fu di 153,918 navi, per tonnellate di stazza 46,689,896.
Le merci sbarcate salirono a tonn. 18,286,744 e quelle imbarcate a tonnellate 6,156,347.
Approdarono nei porti italiani, durante l’anno 1908, soltanto per operazioni di commercio nu mero 140.102 navi, per tonnellate di stazza 45,092,022 e ne partirono 139,985 per tonnellate di stazza 45,028,061.
Nel precedente anno 1907 il movimento ge nerale della navigazione era stato il seguente:
Navi approdate 119,505, tonn. 44,255,744 di stazza e 17,304,372 di merci sbarcate.
Navi partite 119,383, tonn. 44,221,650 di stazza e 6,296,516 di merci imbarcate.
La Relazione ci dà pure il movimento della navigazione nei porti delle principali nazioni ma rittime del mondo, divisi in ampi e completi qua dri, specificando poi il movimento del Canale di Suez nel 1908 (3795 piroscafi) della navigazione del Danubio (bastimenti per tonn. 1,607,627) ecc.
Si parla infine del servizio degli arenili ed altri, e infine dei principali provvedimenti presi a favore della marina mercantile, premi ecc.
La Relazione termina coll’ elenco dei princi pali trattati e convenzioni internazionali di com mercio e navigazione al 31 dicembre 1908 e coi rendiconti e bilanci delle principali Società di navigazione a vapore.
Ripetiamo ciò che da principio fu detto: è un ottimo volume, ampissimo, ove ogni minimo mo vimento della marina mercantile è registrato, e con tale ordine, che subito esso può rintracciarsi; un volume interessante quindi per i cultori sia degli studi statistici in generale, sia delle stati stiche del mare in particolare.
R
ivista
B
iplioqrafica
K a r l K a u t s k y - Vorläufer des neueren Sozia lismus. Erster Band (Kommunistiche Bewe gungen im Mittelatter). — Stuttgart, I. H.
W . Dietz, 1909, pag. 380. Il
Il lavoro sui precursori del Socialismo e del ComuniSmo che l’Autore aveva alcuni anni or sono pubblicato in un solo volume, viene ora alla luce in una seconda edizione e diviso in due vo lumi: l’ uno che tratta dei precursori del Comu niSmo nel medio e v o ; l’altro dei precursori del ComuniSmo nel tempo della Riforma in Germania; tutti e due volumi interessantissimi, come già promette il nome illustre dell’Autore.
Noi vogliamo render brevemente conto del primo volume che tratta del medio evo, riservan doci di discorrere in seguito del secondo.
L ’Autore premette un capitolo sul Comuni Smo platonico e cristiano, dando un breve ma preciso concetto dello « Stato » di Platone e
fer-mandosi sopratutto a considerare quell’opera come un prodotto del tempo in cui viveva il grande filosofo. Viene poi a parlare delle « radici » del Comunismo cristiano, riconnettendolo al concetto fondamentale di Platone; descrive le forme assunte dal Comunismo cristiano in rapporto ai beni che nel medio evo possedeva la Chiesa ed in rapporto alla scomparsa della schiavitù.
Successivamente l’Autore tratta del sorgere del lavoro salariato nel medio evo, del costituirsi delle corporazioni; delle lotte tra apprendisti, compagni e maestri ; delle speciali condizioni dei lavoratori nelle città, e sopratutto dei rapporti tra capitale e lavoro nell’ industria tessile.
Le quali cose premesse, l’Autore esamina i caratteri del Comunismo nel medio evo, che di vide in claustrale e Comunismo eretico rispetto al Papato, e quindi i concetti mistici ed ascetici, ed il carattere internazionale e rivoluzionario dello spirito di quel tempo.
Nei successivi capitoli l’Autore applica le sue deduzioni ad alcuni fatti storici, come Arnaldo da Brescia, Lodovico di Baviera, la guerra dei con tadini, i comunisti del Tabor, ed i fratelli Boemi. Non diremo che talvolta i giudizi dell’ A u tore non sembrino un po’ forzati e che perciò la dimostrazione talvolta non sia cosi chiara ed evi dente come l’argomento lo meriterebbe ; ma vi è in questo lavoro tanta perspicacia ed un esame cosi acuto e profondo degli avvenimenti che spesso i fatti storici si presentano al lettore sotto aspetti nuovi ed impensati.
V ic t o r C a th re in S. J. - Die Frauenfrage. — 3 e Auflage, Freiburg i/B. Herder, 1909 pag. 240 (M. 2.40)
La questione della donna, che in questo libro viene esaminata sotto l’ aspetto storico e nelle va rie condizioni in cui la donna può trovarsi, e cioè la donna nella famiglia o negli affari o negli studi o nella politica, trova nell’ Autrice una sola soluzione, la intensificazione del culto della Ma donna che può essere di soccorso in tutte le d if ficoltà ed in tutte le angustie della vita.
E il libro manifesta in tutte le sue parti un così profondo convincimento che sarebbe pec cato guastarlo con dubbi e con scetticismo. J.
RIVISTA ECONOMICA E FINANZIARIA
28 agosto 1910 L' ECONOMISTA 555
e 1219 scioperanti rispettivamente ; le Puglie con 8 scioperi e 691 scioperanti ; la Calabria con 2 scioperi e 525 scioperanti ; l’ Umbria con uno scio pero e 1000 scioperanti e gli Abruzzi e Molise con uno sciopero e 72 scioperanti.
I 393 scioperi avvenuti in Italia nel secondo trimestre del 1910 rispetto i vari rami dell’ in dustria vanno così ripartiti: nelle industrie estrat tive 9 scioperi a cui parteciparono 2277 sciope ranti ; nelle industrie metallurgiche e meccaniche 64 scioperi con 6648 scioperanti ; nella lavora zione delle pietre, argille e sabbie 90 scioperi con 4640 scioperanti ; nelle industrie edilizie 74 scioperi con 51,272 scioperanti ; nelle industrie
j
chimiche 7 scioperi con 446 scioperanti; nella la- . vorazione del legno e della paglia 25 scioperi con ■ 4722 scioperanti ; nelle industrie poligrafiche e j specialmente fra i tipografi 12 scioperi con 288 | scioperanti ; nelle industrie tessili 31 scioperi con 6694 scioperanti ; nella lavorazione delle pelli 11 scioperi con 1058 scioperanti ; nell’ industria del ¡ vestiario 9 scioperi con 445 scioperanti; nelle in dustrie di precisione uno sciopero con 40 scio- j peranti; nelle industrie alimentari 15 scioperi con i 1876 scioperanti ; nell’ industria dei trasporti 18 scioperi con 1059 scioperanti ; nei servizi pub jblici 23 scioperi con 1118 scioperanti; nelle in dustrie varie 4 scioperi con 248 scioperanti.
A vuto riguardo ai mesi che compongono il secondo trimestre dell’ anno in corso i 393 scio peri furono così ripartiti : aprile 172 scioperi ; maggio 136; giugno 85.
Dei summenzionati scioperi 54 ebbero esito com pletamente favorevole agli operai; 66 prevalente mente favorevole; 28 ebbero esito m eglio;.62 eb bero esito in minima parte favorevole agli operai ; 100 completamente sfavorevole e 73 ebbero esito incerto.
— Al congresso del libero scambio di Anversa del quale nello scorso numero abbiamo dato un primo resoconto, Broemel presentando il suo studio sul protezionismo in Germania, ha espresso la speranza che il lavoro sarà ripreso dai liberi scambisti degli altri paesi i quali propugnano il loro maggior riavvicinamento con quelli delle altre Nazioni e più specialmente, dell’ Inghilterra.
Levdeger, deputato nazionale liberale-, ha an nunziato che egli si propone di provocare per l’anno prossimo una grande visita dei liberi scam bisti tedeschi a Londra per stabilire in seguito salde comunicazioni economiche tra le due Nazioni.
Il Congresso ha iniziato quindi l’ esame della questione delle conseguenze della recente revi sione delle tariffe doganali in Germania, Austria- Ungheria, Stati Uniti e Francia.
Abin Huart ha dichiarato di aver studiato il regime protezionista, la cui prima conseguenza è il rincaro della vita e deplora vivamente la recente revisione delle tariffe doganali della Fran cia, Stati Uniti e Germania.
Raffaìovich, consigliere dell’Ambasciata russa a Parigi, dimostra che agli Stati Uniti la pro tezione manifatturiera è utile nell’ Est, ma è ne fasta ai cotonieri del Sud e agli agricoltori del- 1’ Ovest.
La politica economica degli Stati Uniti è assurda: da una parte lotta contro i trusts e
dal-l’altra parte li favorisce colle suo leggi sui dazi doganali. L ’oratore esorta a studiare i mezzi da opporre al protezionismo invadente,
Raffalovic ha sostennto la necessità dei trat tati di commercio, benché questi siano contrari alla libertà commerciale.
—- Dall’ ultimo « Bollettino di statistica a g ra ria » pubblicato dall’ Istituto internazio nale di agricoltura, riproduciamo, come ¡1 so
lito. le seguenti notizie, riassuntive dello stato delle colture dei cereali di inverno e di primavera in tutti i paesi del mondo.
Si premette per opportuna intelligenza che lo stato della coltura è espresso in centesimi della condizione media degli ultimi dieci anni, eccezione fatta dell’ Austria e. della Germania, per le quali i dati variano da 1 (ottimo) a 5 pennings, e del Canadà, per il quale lo stato delle culture è espresso in centesimi di uno stato massimo (stendardi).
Parliamo anzitutto delie colture d’ inverno. Per quei paesi i quali non fanno distinzione fra grano d’ inverno e di primavera, i dati ri spettivi figurano nel quadro del grano d’ in verno, con indicazione di quelli che si riferiscono I alle due colture riunite.
Inoltre alle indicazioni delle superficie col tivate, degli stati delle colture e dei calcoli di rendimento in quintali, sono stati aggiunti i cal coli di rendimento per ettaro. Infine il paragone fra lo stato delle colture al 1° agosto e al 1° lu glio è limitato naturalmente a quei paesi, nei quali al 1° agosto non era ancora terminato il raccolto.
G ran o.
Superficie coltivata, etta ri: Bulgaria 1,06’2,00U; Da
nimarca 40,000 ; Spagna 8,834,110 ; Ungheria 3,532,411 ; Italia 4,731,000; Ruma eia 1,950,000; Svezia 90,000; Sviz zera 42,400; Canadà 286,204; Stati Uniti 11,754,000; Tunisia 360,000; Giappone 433,388.
Stato delle colture al 1° agosto: Austria 2.5; Dani
marca 100; Gran Bretagna 101 ; Ungheria 115; Svezia 109; Canadà 84.6; Giappone 115.
Rendimento approssimativo per ettaro, quintali : Bul
garia 16.28 ; Danimarca 27.81 ; Gran Bretagna 21.51; Spagna 9.71 ; Ungheria 14.57; Italia 10.64; Rum ania 15.06; Svizzera 21.93 ; Canadà 17 82; Stati Uniti 10.61; Tunisia 4.17; Giappone 13.34.
Rendimento approssimativo totale, quintali : Bulgaria
17,289,360; Danimarca 1,112,400; Spagna 37,233,594; Ungheria 51,479,800; Italia 50,338,000; Rumania29,362,500; Svizzera 930,000; Canadà5,100,155; StatiU n. 124,727,233; Tunisia 1,500,0 )0 ; Giappone 5.782,050.
S e g a l e .
Superficie coltivata, ettari : Bulgaria 225,000; D ani
marca 275,000; Spagna 832,623 ; Ungheria 1,130,111 ; Ita lia 122,000; Rum ania 160,000; Svezia 390,000 ; Svizzera 24,300; Canadà 34,035 ; Stati Uniti 797,664.
Stato delle colture al 1° agosto : Austria 2.3 ; Dani
marca 102; Ungheria 104; Svezia 105; Canadà 85.
Rendimento approssimativo in quintali, ettaro : Dani
m arca 17.19 ; Spagna 9.71; Ungheria 12.89 ; Italia 11.28 ; Rum ania 13.05 ; Svizzera 20.58 ; Stati Uniti 10.22
Rendimento approssimativo totale, quintali : Dani
marca 4,727,250; Spagna 8,080,969 ; Ungheria 14,562,300 ; Italia 1,370,U00 ; Rum ania 2,088,000 ; Svizzera 500,000; Stati Uniti 8,150,731.
Orzo.
Superficie coltivata, ettari : Bulgaria 247,000 ; Spagna
1,377,761; Italia 227,000; Tunisia 405,000; Giappone 1,304,132.
Stato delle colture al 1° agosto : Giappone 103. Rendimento approssimativo in quintali, ettaro : B ul