• Non ci sono risultati.

Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze. 1988, Anno 47, marzo, n.1

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Rivista di diritto finanziario e scienza delle finanze. 1988, Anno 47, marzo, n.1"

Copied!
176
0
0

Testo completo

(1)

Spedizione in abbonamento postale - Gruppo IV - 70 %

RIVISTA DI DIRITTO FINANZIARIO

E SCIENZA DELLE FINANZE

Fondata da BENVENUTO GRIZIOTTI

( e RIVISTA ITALIANA DI DIRITTO FINANZIARIO)

COMITATO SCIENTIFICO

ENRICO D E MITA - ANDREA F E D E L E - FRANCESCO FORTE FRANCO GALLO - IGNAZIO MANZONI - GIANNINO P A R R A V I C I N I ANTONIO PEDONE - ALDO SCOTTO - SERGIO STEVE

COMITATO DIRETTIVO

ROBERTO ARTONI - FILIPPO CAVAZZUTI - AUGUSTO FANTOZZI G. FRANCO GAFFURI - DINO PIERO GIARDA - EZIO LANCELLOTTI SALVATORE LA ROSA - ITALO MAGNANI - GILBERTO MURARO

LEONARDO PERRONE - E SSO FRANCESCO TESAURO - GÌ ANI

DIREZIONE

ENRICO ALLORIO - EMILIO GERELLI

(2)

territoriale dell'Università, della Camera di Commercio di Pavia e dell'Istituto di diritto pubblico della Facoltà di Giurisprudenza dell'Università di Roma DIREZIONE e REDAZIONE: Dipartimento di Economia pubblica e territoriale

del-l'Università, Strada Nuova 65, 27100 Pavia; tel. 0382/387.406

Ad essa debbono essere inviati bozze corrette, cambi, libri per recensione in duplice copia.

Redattori: SILVIA CIPOLLINA, ANGELA FRASCHINI, G I U S E P P E GHESSI. Segretaria di

R e d a z i o n e : CLAUDIA BANCHIERI.

L'AMMINISTRAZIONE è presso la casa editrice Dott. A. GIUFFRÈ EDITORE S.p.A., via Busto Arsizio, 4 0 - 20151 Milano - tel. 3 0 1 0 1 0 6

PUBBLICITÀ:

dott. A. Giuffrè Editore S.p.a. - Servizio Pubblicità via Busto Arsizio, 4 0 - 2 0 1 5 1 Milano - tel. 3 0 1 0 1 0 6 , int. 324

CONDIZIONI DI ABBONAMENTO P E R IL 1988 Abbonamento annuo Italia L. 60.000 Abbonamento annuo estero L. 90.000 Annate arretrate senza aumento rispetto alla quota annuale. L'abbonamento decorre dal 1° gennaio di ogni anno e dà diritto a tutti i numeri dell'annata, compresi quelli già pubblicati.

Il pagamento può effettuarsi direttamente all'Editore, anche con versamento sul conto corrente postale 721209, indicando a tergo del modulo, in modo leg-gibile, nome, cognome ed indirizzo dell'abbonato; oppure presso i suoi agenti a ciò autorizzati.

Gli abbonamenti che non saranno disdetti entro il 10 dicembre di ciascun anno si intenderanno tacitamente rinnovati per l'anno successivo.

Il rinnovo dell'abbonamento deve essere effettuato entro il 15 marzo di ogni anno: trascorso tale termine, l'Amministrazione provvede direttamente all'incasso nella maniera più conveniente, addebitando le spese relative.

I fascicoli non pervenuti all'abbonato devono essere reclamati entro 10 giorni dal ricevimento del fascicolo successivo. Decorso tale termine si spediscono, se disponibili, contro rimessa dell'importo.

All'Editore vanno indirizzate inoltre le comunicazioni per mutamenti di indirizzo, quest'ultime accompagnate dall'importo di L. 500 in francobolli.

Per ogni effetto l'abbonato elegge domicilio presso l'Amministrazione della Rivista.

Ai collaboratori saranno inviati gratuitamente 50 estratti dei loro saggi. Copie supplementari eventualmente richieste all'atto del licenziamento delle bozze ver-ranno fornite a prezzo di costo. La maggiore spesa per le correzioni straordinarie è a carico dell'autore.

Registrazione presso il Tribunale di Milano al n. 104 del 15 marzo 1968 Iscrizione Registro nazionale stampa (legge n. 416 del 5.8.81 art. 11)

n. 00023 voi. 1 foglio 177 del 2.7.1982 Direttore responsabile: EMILIO GERELLI

Rivista associata all'Unione della Stampa Periodica Italiana Pubblicità inferiore al 70 %

(3)

P A R T E P R I M A ilUlcT

SH di

PIERVINOENZO BONDONIO - CARLA M A R C H E S E - Equilibrio del\ert&'<6'scelte

bilancio: simulazioni su microdati if.j^x.% .- •'-. , O

W A L T E R SANTAGATA - Le preferenze fiscali prese sul serio. Un ùTWÌÉGAIA

domanda di beni pubblici locali 33

FURIO CAMILLO ROSATI - Traslazione delle imposte dirette e politica fiscale 64 GIANCARLO FANZINI - Lottizzazioni e plusvalenze speculative (II) . . . 78

SILVIA CIPOLLINA - Elusione fiscale 122

APPUNTI E RASSEGNE

ALESSANDRO MALNARDI - Plusvalenze e sopravvenienze nel concordato

pre-ventivo con cessione dei beni 138

SALVATORE SERVTDIO - Accertamento induttivo e detrazioni d'imposta . . 1 5 0

RECENSIONI

T R A M O N T A N A A . - Problemi fiscali delle piccole imprese ( M . A . S A L V E T T I G R I P P A )

NUOVI LIBRI 156 RASSEGNA DI PUBBLICAZIONI RECENTI 158

PARTE SECONDA

PAOLA LOSAVIO - A proposito del delitto di infedele dichiarazione dei redditi 3 FRANCESCO TESAURO - Ancora sui poteri istruttori delle Commissioni

tribu-tarie 44 SENTENZE ANNOTATE

Diritto penale tributario Frode fiscale Art. 4 n. 7) L. 516/1982 -Omessa indicazione di componenti positivi nella dichiarazione dei redditi - Sufficienza (Cass., Sez. I l i pen., 11 marzo 1987) (con nota

d i P . L O S A V I O ) 3

Diritto processuale tributario - Procedimento avanti le Commissioni tri-butarie - Poteri inquisitori del giudice - Fattispecie - Insussistenza

(4)

SMAU

88

MOSTRA - CONVEGNO

EDITORIA ELETTRONICA

M I L A N O

29 settembre - 3 ottobre

L'Editore Giuffrè sarà presente con:

• JURIS DATA (banca dati di giurisprudenza,

legislazione e dottrina)

• NUOVA FISCAL DATA (banca dati tributaria)

• I NUOVI STRUMENTI (gestione dello studio legale)

Quartiere Fiera di Milano

(5)

U N I V E R S I T À L. B O C C O N I

DIPARTIMENTO DI ECONOMIA AZIENDALE

G I A C O M O DE LAURENTIS

LA V A L U T A Z I O N E

DEL LEASING

Convenienza economica ed imposizione fiscale

Nel corso degli ultimi due decenni numerosi studiosi hanno affrontato il tema della valutazione della convenienza eco-nomica del leasing. La prima parte di questo lavoro è tesa alla revisione critica dei modelli di valutazione proposti ed alla individuazione del ruolo dell'imposizione fiscale nella determinazione della convenienza delle operazioni di leasing sia per il locatore che per il locatario.

La seconda parte dell'opera presenta una analisi teorica ed empirica della sensibilità ai fattori fiscali del rendimento delle operazioni di locazione per le società di leasing italiane. Il riconoscimento della necessità di valutare in contempora-nea la convenienza per le società di leasing e per i soggetti locatari delle singole operazioni di locazione, e l'approfon-dimento del concetto di «asimmetria fiscale», conduce, in-fine, alla definizione di una proposta metodologica per la valutazione dell'impatto sul mercato del leasing di definite normative fiscali. Viene quindi sviluppato il caso specifico dell'introduzione del Testo Unico delle imposte sui Redditi nel contesto normativo fiscale italiano preesistente.

8 ° , p. X I I - 2 1 2 , L . 1 8 . 0 0 0

626

(6)

COMMENTARIO DI LEGISLAZIONE AMMINISTRATIVA

DI IMMINENTE PUBBLICAZIONE

CARLO ANELLI - FERDINANDO IZZI - CARLO TALICE

CONTABILITÀ PUBBLICA

L'opera — che si inserisce tra le pubblicazioni giuscontabili di ampio respiro con taglio economico finanziario ben definito, oltre che rigorosa-mente giuridico — offre una visione panoramica, ma precisa, delle linee essenziali della contabilità pubblica introducendo a più vasti approfondi-menti della materia dai connotati notoriamente interdisciplinari. Lo stretto collegamento dei coautori, accomunati da identica formazione accademica e professionale e dalla palese dimestichezza con gli argomenti trattati, assicura il necessario coordinamento delle parti assegnate a ciascuno di essi, delle quali si riporta sinteticamente il contenuto:

Capitolo I (curato da F. Izzi) - Esposizione critica dei princìpi che regolano il bilancio e della loro incidenza sull'attività economica e finanziaria dello Stato con riguardo: ai bilanci pubblici in generale in rapporto alla contabilità nazionale; alle varie «manovre» riservate alla politica di bilancio dello Stato e in special modo alla legge finanziaria; al problema del finanziamento del disavanzo e delle scelte per attuarlo; al bilancio nel quadro della programmazione economica e al ruolo in essa spettante alle Regioni; alla «normalizzazione», al coordinamento e al consolidamento dei conti del settore pubblico c.d. allargato; al coordinamento della finanza pubblica globalmente considerata e alla dialettica Governo-Par-lamento. Il discorso si estende al tema dell'informatica e della sua applicazione alla gestione e al controllo dei bilanci pubblici, nonché alla connessa esigenza della relativa disciplina legislativa finalizzata alla uti-lizzazione del sistema informativo nell'àmbito della gestione del bilancio dello Stato e del conseguente referto al Parlamento.

Capitolo II (curato da Carlo Talice) - Tratta dell'amministrazione e del patrimonio, con riferimento anche ai beni delle Regioni e degli enti locali, e dell'attività contrattuale cui è destinata altra opera, più diffusa, dello stesso Commentario.

6o>

(7)

-Capitolo III (curato da Carlo Anelli) - Nella particolareggiata disamina della intera legge 5 agosto 1978 n. 468 sulla riforma del bilancio dello Stato vengono ricomprese tutte le questioni interpretative inerenti alle singole norme gestorie e particolarmente quelle riguardanti la copertura delle spese, alla luce dei precetti dell'art. 81 della Costituzione, e i rapporti fra legge di spesa, legge di bilancio e legge finanziaria.

Capitolo IV (curato da F. Izzi) - Pone in evidenza le esperienze applicative del primo decennio e le prospettive di modificazione della legge finanziaria in base ai risultati delle recenti approfondite indagini condotte dalla Corte dei conti, dalla commissione tecnica per la spesa pubblica, dai Ministri del tesoro e del bilancio, dal Senato della Repubblica e dalla Camera dei deputati.

Capitoli V e VI (curati da F. Izzi) - Si occupano rispettivamente degli aspetti giuridici, economici e finanziari del sistema della Tesoreria unica dello Stato nel quadro delle autonomie locali nonché della organizzazione dei controlli nelle gestioni dello Stato, con le prospettive di radicale modificazione dell'ordinamento attuale. Viene presa in considerazione anche la responsabilità dei gestori e dei maneggiatori di pubblico denaro.

Capitolo VII (curato da F. Izzi nelle prime 7 Sezioni) - Tratta diffusamente dei bilanci degli enti pubblici territoriali (Regioni, Comuni, Province), ponendone in rilievo la peculiarità dell'autonomia finanziaria e di gestio-ne, e degli enti istituzionali — sottoposti alla disciplina della legge 20 marzo 1975 n. 70 e del d.P.R. 18 dicembre 1978 n. 696 — riservando ampio spazio ai servizi di esattoria e di tesoreria correlativi. Seguono: i bilanci delle Università e degli Osservatòri astronomici — anche alla luce delle recenti iniziative legislative intese alla esaltazione della loro autono-mia, alla incorporazione degli atenei nell'istituendo Ministero dell'Univer-sità e della ricerca scientifica e tecnologica e alle modificazioni e integra-zioni del vigente regolamento di contabilità — e i bilanci delle Camere di commercio, mentre la Sezione 8a (curata da C. Talice) espone con dovizia

di particolari la struttura contabile delle Unità sanitarie locali.

Il testo può quindi considerarsi strumento operativo e di larga informa-zione scientifica — dati anche gli aggiornatissimi riferimenti giurispruden-ziali — per molte categorie di utenti (studenti universitari, laureati perfezionandi, funzionari e dirigenti dello Stato e degli enti pubblici, magistrati amministrativi, avvocati, amministratori pubblici ed Istituti bancari).

Volume in 8°, rilegato, di p. 900 circa

tog

(8)

GIOVANNI D'ADDONA FABIO MATARAZZO

L' O R D I N A M E N T O

U N I V E R S I T A R I O

I T A L I A N O

Raccolta sistematica delle fonti normative

L'opera tende a soddisfare l'esigenza — assai diffusa tra il personale docente e non docente, gli amministratori e revisori, accademici o non, gli studiosi e tutti gli operatori interessati agli aspetti istituzionali e gestionali delle università e degli istituti di ricerca — della conoscenza puntuale, sistematica e nel contempo rapida, dell'immensa mole di disposizioni che disciplinano la variegata realtà universitaria italiana ed il connesso mondo della ricerca.

La oggettiva complessità normativa scaturisce sia dal processo di sovrap-posizione e sedimentazione che ha accompagnato l'evoluzione della vicenda universitaria italiana dall'Unità, delle sue strutture e delle sue funzioni, sia dal fenomeno di polverizzazione normativa che ha caratterizzato sovente l'intervento legislativo senza un puntuale innesto nella vigente legislazione, dando luogo ad un'amplissima area di interpretazione applicativa che, intimamente connessa con la peculiarità del fenomeno universitario scarsa-mente riconducibile alle tradizionali configurazioni amministrative, da un lato comporta fisiologicamente deroghe a taluni canoni della legislazione relativa, ma dall'altro postula un corredo di decretazione amministrativa e di direttive interne, legato non solo al tratto derogatorio della legislazione, ma anche al mutevole assetto della specifica materia. Ciò vale in particolar modo nell'attuale realtà storica di trapasso verso una più compiuta realiz-zazione dell'autonomia universitaria, costituzionalmente garantita, legata ad un'articolato processo introduttivo in forme sperimentali di nuove strutture organizzative di revisione di quelle preesistenti e di proiezione complessiva della ricerca e della didattica nella realtà economica e sociale della comunità nazionale ed internazionale.

L'opera è pertanto articolata in modo da offrire oltre ad un quadro completo delle fonti normative ed amministrative organicamente ripartite per settori funzionali ed organizzativi, anche il reperimento, con facile e diretta percezione, dei testi normativi ed amministrativi di quei settori delle gestioni universitarie che trovano la loro diretta od integrata disciplina in norme statali generali e non di specifico riferimento alla realtà universitaria (norme tributarie e contabili, disciplina dei lavori pubblici, ecc.).

Il corredo di ciascun volume e dell'opera complessiva di indici cronologici, sistematici ed analitici, consente la ricerca e la individuazione della materia e della fonte in un contesto di immediatezza.

682

(9)

-PIANO DELL'OPERA

Voi. I Voi. II Voi. Ili Voi. IV Voi. V Voi. VI IL GOVERNO E L'AMMINISTRAZIONE DELL'UNIVERSITÀ

Principi e garanzie costituzionali - L'ordinamento dell'Università: decentramento, servizi, organi, strutture organizzative, accordi organizzativi e moduli convenzionali - La gestione amministrativa e contabile (programmazione, finanziamento, regime tributario, contratti, edilizia generale, sportiva, del Mezzogiorno, ospedalie-ra, delle zone terremotate, dei nuovi insediamenti).

8°, p. 1214, ril., L. 85.000

IL PERSONALE UNIVERSITARIO

Lo stato giuridico ed economico in attività di servizio ed in quiescenza - Le vicende costitutive, modificative ed estintive del rapporto di impiego del corpo docente: norme comuni e disciplina specifica (professori di ruolo, associati, qualifiche ad esaurimento) - I ricercatori - Il personale tecnico, amministrativo, ausiliario (dirigenza, aree funzionali, settori particolari, qualifiche ad esaurimento).

8°, p. XXII-1430, ril., L. 100.000

STUDENTI, TITOLI ACCADEMICI, ABILITAZIONI PROFESSIONALI

Studenti - Diritto allo studio - Titoli accademici nazionali ed esteri Organizzazione didattica Istituti ad ordinamento speciale -Abilitazioni e professioni - Accordi internazionali.

8°, p. XXIV-1180, ril., L. 90.000 LA RICERCA SCIENTIFICA

Direttive e coordinamento della ricerca scientifica - L'organizza-zione della ricerca scientifica pubblica - La cooperaL'organizza-zione scienti-fica - Accademie ed istituzioni di alta cultura.

8°, due tomi rilegati, p. XXXII-1696, L. 140.000 APPENDICE DI AGGIORNAMENTO al 31 dicembre 1987.

8°, due tomi rilegati, p. X X X V - 1 7 1 8 , L. 150.000 INDICI

Indici cronologici, sistematici e analitici. 8°, p. IV-344, ril., L. 35.000

(10)

U N I V E R S I T À D I T R I E S T E

DIPARTIMENTO DI SCIENZE ECONOMICHE E STATISTICHE

CONTABILITÀ

MACROECONOMICA

E TAVOLE

INPUT-OUTPUT REGIONALI

a cura di MARZIO STRASSOLDO

Sommario:

D M A R T E L L A T O , Riflessioni su alcuni problemi relativi

alla costruzione e all'uso dei modelli input-output.

M PECCI-BORIANI, Le tavole input-output e la revisione

del SEC e del SCN.

C FILIPPUCCI, Intorno ad alcuni problemi relativi alla

costruzione di tavole delle interdipendenze settoriali.

A GARDINI, La classificazione settoriale nelle tavole

input-output: schema contabile e modello leontie-viano nel contesto stocastico.

M . STRASSOLDO, La costruzione di tavole input-output

regionali con tecniche indirette.

G . VECCHIET - R . GIACOMINI, Una esperienza di

costru-zione delle tavole input-output regionali: il caso del Friuli-Venezia Giulia.

8°, p. 168, L. 15.500

(11)
(12)
(13)

SIMULAZIONI SU MICRODATI

S O M M A R I O : 0 . Premessa. — 1. Alcuni aspetti teorici. — 2 . I risultati di alcuni

studi a taglio empirico sul paradosso del voto. — 3. Presentazione dei dati e modello interpretativo. — 4. Conclusioni. — Appendice: glossario. — Riferim enti 6 ibliografiei.

0. Il dibattito sul paradosso del voto e sulla stabilità delle decisioni collettive, a partire dai contributi fondamentali di Black (1948) e di Arrow (1951), è tuttora vivo nella letteratura.

Il presente lavoro si inserisce in un filone specifico di questo tipo di studi e riguarda le caratteristiche delle preferenze individuali sufficienti a garantire un ordinamento sociale (vedi glossario).

Si tratta di un lavoro empirico, che utilizza i dati di un'inda-gine sulle preferenze fiscali espresse da un campione rappresentativo dell'elettorato di una grande città. La sua originalità, quindi, sta nel fare riferimento a preferenze effettive, espresse nell'ambito di un articolato esperimento economico, per verificare su di esse, attraverso la simulazione di una serie di votazioni a maggioranza, il prodursi o meno del paradosso del voto nonché la presenza o meno di alcune delle condizioni sufficienti per un ordinamento sociale. A tale fine vengono esaminate le condizioni più significativamente suggerite dalla letteratura : single-pealcedness, separaMlity, single-cavedness, limited agreement, extremal restriction (vedi Kramer, 1973 e Sen, 1986).

I lavori applicati da noi reperiti in tale ambito utilizzano invece prevalentemente simulazioni a calcolatore o distribuzioni calcolate a partire da funzioni di probabilità note (1).

(1) Un'interessante eccezione è costituita dal recente lavoro di Niemi e Wright ( 1 9 8 7 ) , pubblicato mentre la nostra ricerca era in corso e molto simile

nell'impostazione generale. Questi autori esaminano l'alternativa tra candidati, anziché tra voci del bilancio pubblico, e rilevano solo la single-pealcedness delle preferenze espresse in un sondaggio. Niemi e Wright sviluppano anche un tentativo di ricollegare la presenza o meno della single-pealcedness alle carat-teristiche degli intervistati: un approfondimento, questo, da noi non ancora tentato. L'uso di microdati e di tecniche sperimentali si va comunque diffon-dendo per l'esame di vari aspetti del voto a maggioranza (vedi ad esempio

(14)

Nel primo si discute la letteratura rilevante. Nel secondo sono riprese alcune indicazioni fornite dagli studi a taglio empirico, per rendere possibile un confronto con i nostri risultati. Nel paragrafo finale si richiamano i termini salienti dell'esperimento economico che ha fornito le informazioni di base, si esplicita il modello utilizzato, si espongono e commentano i risultati ottenuti. Un glossario in ap-pendice definisce i termini utilizzati nel lavoro.

1. Come noto, il criterio cui si fa normalmente riferimento in democrazia per determinare le scelte collettive è quello della mag-gioranza (vedi glossario) dei voti espressi. Tale meccanismo, tuttavia, non garantisce il rispetto contemporaneo di tutte le condizioni che, secondo Arrow (2), devono caratterizzare un processo di scelta col-lettiva. La letteratura sviluppatasi successivamente ha cercato di uscire dal dilemma proposto da Arrow (che potremmo sintetizzare come « irrazionalità delle scelte collettive o dittatura »), lavorando lungo più direzioni. I filoni di indagine di maggiore interesse paiono i due seguenti. Il primo contrappone al « mondo ideale » à la Arrow un mondo « reale », nel quale le scelte collettive vengono effettuate, in condizioni in cui la stabilità è garantita dall'operare di vincoli istituzionali, di manipolazioni dell'agenda dei lavori, di comporta-menti di voto strategici (si vedano, ad esempio, Shepsle, 1979; Shepsle e Weingast, 1981; Tullock, 1981). Il secondo filone (si vedano, tra gli altri, Sen, 1970; Brown, 1975), che potremmo qualificare come otti-mistico, nel senso che tenta di conservare la carica etica implicita nell'approccio di Arrow, propone, per uscire dalla situazione di « impossibilità », di allentare ma non di eliminare uno tra i cinque postulati di Arrow.

Oggetto di particolare attenzione nell'ambito di questo secondo approccio, con riferimento al postulato della terna libera, sono state le restrizioni che è sufficiente imporre alle preferenze individuali per dare luogo ad un ordinamento sociale. La ricerca ha permesso di individuare restrizioni progressivamente meno cogenti (3).

(2) I cinque postulati di Arrow (nella riformulazione correntemente uti-lizzata. vedi ad esempio MUELI-ER, 1979, p. 185) sono: a) principio di Pareto;

6) assenza di dittatura; c) transitività; d) terna libera; e) indipendenza dalle alternative non rilevanti. Essi sono stati originariamente presentati dall'autore come postulati di razionalità, ma vengono comunemente considerati espressione di giudizi di valore.

(15)

Naturalmente, la possibilità di pervenire ad un ordinamento sociale, aggregando con il sistema delle votazioni a maggioranza le preferenze individuali, è garantita quando le preferenze individuali sono identiche. Ma ciò equivale a dire che si evitano le situazioni che danno origine al paradosso del voto (vedi glossario) quando esiste completa unanimità di vedute tra i partecipanti alla votazione!

Vediamo allora quali sono le restrizioni proposte quando le pre-ferenze individuali sono diversificate. Ciascuna di esse, nelle condi-zioni che specificheremo, è da sola sufficiente a produrre un ordina-mento sociale.

Come ha dimostrato Sen (1966), non occorre che la presenza delle restrizioni previste per le preferenze individuali sia verificata per l'intero insieme delle alternative, ma è sufficiente che lo sia per ogni terna ottenibile da questo insieme. Ed è allora a terne di alter-native che si farà esclusivo riferimento in questo studio. Sempre seguendo Sen, non è inoltre necessario che lo stesso tipo di restri-zione si applichi a tutte le terne: come vedremo, alcune potranno essere single-pealced, altre single-caved, ecc.

Consideriamo per semplicità solo ordinamenti individuali con preferenze forti (vedi glossario) e votazioni con un numero dispari di partecipanti. Un'alternativa a nell'ambito della terna composta da a, b, c si può qualificare ottima se a > 6 e a > c, pessima se b > a e c > a, intermedia nei due casi in cui a > b ma e > a oppure a > c ma b > a.

La prima delle restrizioni alle preferenze individuali ad essere proposta è, come noto, quella della single-pealcedness (SP), origina-riamente formulata da Black (1948).

Essa si caratterizza per il fatto che un'alternativa non è mai pessima. Nella figura 1, in cui le preferenze di tre votanti (a > b > c ; b > a > e; c> b >a) assumono la forma caratteristica con un solo picco, l'alternativa che non è mai pessima è la b. A seconda che l'alternativa che non figura come pessima sia la a, la b o la c, si possono avere tre « scale » o « dimensioni » di single-pealcedness. Nella figura è rappresentata la abc (equivalente alla cba).

Una seconda restrizione è la single-cavedness (SC), che si ha quando un'alternativa non è mai la migliore per nessun votante. Essa è rappresentata nella figura 2, ove le preferenze dei tre votanti

(16)

l e ^ a > 6 ; c > b > a; b > c > a) si caratterizzano per il fatto che esiste appunto un'alternativa (la a) che non è mai la migliore. Esse presentano un caso di doppio picco, ma permettono ciononostante di pervenire ad un ordinamento sociale (c > b > a). La definizione fa riferimento alla figura (un solo incavo) : siamo di fronte ad una restrizione, per così dire, opposta alla single-pealcedness (Inada, 1964).

ordinamenti alternative Figura 1. al t e r n a t i v e Figura 2.

ordinamenti

1

2

3

Una terza restrizione è la separabilità (SEP), che si ha quando

(17)

non attribuiscono mai posizione intermedia all'alternativa c, e in cui è presente un caso di doppio picco. Si parla di separabilità perché ogni votante distingue le alternative in due gruppi e prefe-risce ciascuna alternativa di un gruppo a ciascuna dell'altro. Nel-l'esempio i due gruppi sono costituiti da c e da ba, rispettivamente. Anche la $ 0 e la SEP con preferenze forti danno luogo ciascuna a tre scale o dimensioni.

Figura 3.

Una quarta restrizione è la restrizione agli estremi (ER). Essa prevede che, se esiste un votante per cui a > b > c ed un altro per cui c > a, per quest'ultimo deve anche essere c > b e b > a.

Una quinta ed ultima restrizione è quella dell'accordo limitato (LA), che si verifica quando la terna contiene due elementi a, b tali che a > b per ogni votante.

La rilevanza autonoma delle due ultime restrizioni è limitata al caso in cui sono ammesse preferenze deboli; con preferenze forti, invece, la ER e la LA. presuppongono il rispetto di una delle tre re-strizioni precedenti (la dimostrazione è in Sen e Pattanaik, 1969, p. 195 ss.). Ci è sembrato opportuno prenderle egualmente in consi-derazione ai fini della nostra analisi applicata (che sarà sviluppata al par. 3.2) perché ciò può fornire indicazioni sul caso più generale, in cui siano ammesse anche preferenze deboli.

(18)

che queste restrizioni descrivono situazioni in cui si determina un equilibrio anche in presenza di preferenze polarizzate, quali è pro-babile si abbiano in materia fiscale (l'esempio classico è quello della scelta tra scuola pubblica e privata, ricordato da Atkinson e Stiglitz, 1980, p. 303 ; altri esempi sono citati da Musgrave e Musgrave, 1984, p. 108). In tali casi può aversi un ordinamento sociale che privilegia posizioni estremistiche nello spettro delle preferenze.

È comunque indubbio che la SP rappresenta la restrizione alle preferenze più nota e più ampiamente utilizzata negli studi di fi-nanza pubblica.

Il primo tentativo di precisare il contesto nel quale il mecca-nismo delle decisioni a maggioranza non dà luogo al paradosso del voto è in effetti avvenuto nell'ambito del cosiddetto modello del-l'elettore mediano.

Nella sua forma più semplice, il modello assume l'esistenza di un numero dispari di persone che votano « sinceramente », ossia in assenza di motivazioni a manifestare strategicamente false preferenze, per stabilire il livello di una data spesa pubblica G, cui ognuno è chiamato a contribuire con il pagamento di un prezzo-imposta di ammontare prefissato. Con preferenze single-peaked, rappresentabili con funzioni di utilità (figura 4), successive proposte di incremento infinitesimale della spesa A G, partendo dal livello G = 0, otterranno consensi decrescenti ma sempre maggioritari fino al livello di spesa G*, corrispondente alla configurazione preferita dal votante mediano.

Ogni ulteriore proposta di incremento oltre G* riceverebbe una maggioranza di voti contrari (poiché l'utilità della maggioranza dei

utilità

0 G* 6

(19)

votanti va decrescendo oltre questo punto) : le preferenze del votante mediano risultano così decisive.

Una seconda versione del modello (che ha il suo precursore in Hotelling, 1929 ed è stata soprattutto sviluppata da Dowtis, 1957) fa invece riferimento ai contesti di democrazia rappresentativa, specie a quelli caratterizzati da una competizione elettorale bipartitica, per affermare che esiste un incentivo per i candidati dei due partiti con-correnti ad adattare le loro piattaforme elettorali alle preferenze del-l'elettore mediano. Risulta infatti vincente il candidato (il partito) il cui programma più si avvicina alle posizioni espresse dall'elettore mediano.

Le implicazioni per il sistema politico non sono banali: il mo-dello introduce, infatti, nella struttura istituzionale un elemento di concorrenza politica, il cui risultato è una configurazione del pro-dotto del settore pubblico che si conformerebbe alla domanda del-l'elettore mediano (Holcombe, 1980). Anche in tale secondo caso per l'esistenza di un ordinamento sociale è necessario che le preferenze dei votanti siano di tipo SP.

2. A partire da questo nucleo originario, si sono sviluppati studi a taglio più empirico. Si tende ad individuare l'elettore mediano (e quindi l'elettore decisivo) nell'elettore che dispone del reddito mediano (Inman, 1978). Si assume, cioè, nelle versioni più semplificate del modello, che la distribuzione della spesa pubblica desiderata da cia-scun votante sia funzione monotonica del suo reddito. Pertanto, l'elettore mediano avrà il reddito mediano. Modelli di questo tipo sono stati utilizzati per tentare di spiegare la variabilità territoriale della spesa pubblica locale o la crescita della spesa pubblica in un contesto nazionale (per una recente rassegna della letteratura empi-rica su questi temi vedi Marenzi, 1987). Le verifiche condotte riguar-dano in prevalenza dati aggregati. Tra le eccezioni c'è il lavoro di Gramlich e Rubinfeld (1982), che riscontrano la coincidenza tra il livello effettivo della spesa pubblica in una serie di località del Michigan e quello desiderato dalla maggioranza di un campione di elettori intervistati (4).

(4) Un metodo per verificare alcuni aspetti del modello dell'elettore mediano con microdati è quello di calcolare le differenze tra le percentuali di cittadini che desiderano un aumento della spesa e di cittadini che desiderano una riduzione. Il modello sarebbe verificato se il risultato fosse nullo (vedi

(20)

li punto debole di un approccio alla Inman sta non nel suo nucleo originario, ma nella forzatura di identificare l'elettore de-cisivo nell'elettore con reddito mediano: come è stato osservato

(Romer e Rosenthal, 1979), altre variabili possono avere rilievo nella formazione delle preferenze in materia di spesa pubblica e fare sì non solo che la spesa desiderata non sia funzione monotonica del reddito, ma addirittura che la figura stessa dell'elettore decisivo non sia identificabile con chiarezza (sia, come dicono Romei- e Rosenthal, «elusive»). Sotto questo profilo, dunque, sembrano venire meno alcune delle ragioni per privilegiare, nella costruzione di un insieme di ipotesi per lo studio empirico delle scelte collettive, la restrizione delle preferenze di tipo 8P, ampiamente invocata dalla letteratura per fondare l'esistenza di un ordinamento sociale. Il fatto che le restrizioni diverse dalla SP non identifichino un votante decisivo perde cioè parte del suo rilievo se in ogni caso l'elettore mediano risulta diffìcilmente identificabile. Tutte le restrizioni ricordate sono peraltro sufficienti per escludere il paradosso del voto: un punto di partenza questo che rimane importante per costruire modelli di spie-gazione delle scelte collettive.

Ma altri filoni di analisi applicata sono stati sviluppati, nel ten-tativo di verificare se i problemi posti dal paradosso del voto siano in concreto rilevanti o no. Se infatti si potesse dimostrare che le situazioni cicliche hanno in concreto scarsa probabilità di verificarsi, allora i problemi posti dall'impossibilità arrowiana perderebbero molto del loro interesse.

La probabilità del manifestarsi del paradosso del voto, in una delle sue forme, dipende dalla distribuzione delle preferenze dei votanti: essa è inoltre influenzata dal numero delle alternative con-siderate e dal numero dei votanti.

Per quanto riguarda il problema della distribuzione delle prefe-renze, gli studi applicati muovono in genere dall'ipotesi che un dato ordinamento delle alternative i venga prescelto dai votanti con la probabilità pt. Il vettore di probabilità multinominale p = (pit ...,

pn), con 2 Pi =1,descrive la probabilità che un ordinamento qualsiasi

venga prescelto da un elettore : esso viene di solito denominato culture (così, ad esempio, Garman e Kamien, 1968). Si parla di impartial culture quando tutti gli ordinamenti sono equiprobabili. Ad esempio, con tre alternative e preferenze forti, gli ordinamenti possibili, che denomineremo xh sono sei. In ipotesi di impartial culture avremo

(21)

Gli studi sul paradosso del voto assumono nella maggior parte dei casi l'esistenza di preferenze forti e di impartial culture. Essi procedono lungo diverse linee :

a) enumerando i casi in cui il paradosso si presenta in tutte le votazioni possibili (tale approccio è applicabile solamente ad un numero ristretto di votanti e di alternative ; vedi ad esempio Black, 1948; Riker, 1961; Niemi, 1969);

b) effettuando simulazioni al calcolatore di campioni casuali di votazioni (Klahr, 1966; Williamson e Sargent, 1967; Tullock e Campbell, 1970);

e) impiegando modelli in cui la probabilità del verificarsi del paradosso è posta in relazione con la culture, con il numero delle alternative e con il numero dei votanti (Garman e Kamien, 1968; Niemi e Wieseberg, 1968 ; Kelly, 1974; De Meyer e Plott, 1970; Gehr-lein e Fishbnrn, 1976).

Tabella 1. - Probabilità del paradosso del voto in presenza di preferenze forti e di im-partial culture.

Tipo di paradosso di votanti Numero

Numero di alternative Tipo di paradosso di votanti Numero

3 4 5 6 Assenza di un risultato stabile (a) 3 0,0556 0,1111 0,1600 0,2022 5 0,0694 0,1389 0,1995 0,2513 49 0,0860 0,1720 0,2464 0,3092 oo 0,0877 0,1755 0,2513 0,3152 Assenza di un ordina-mento sociale (b) . . oo 0,0877 0,2104* — —

Note: (a) Fonte: Niemi e Weisberg (1968); (b) Fonte: DeMeyer e Plott (1970); * risultato riferito a 7 votanti.

(22)

crescere del numero dei votanti. Risultano inoltre maggiori, ceteris paribus, secondo le aspettative, le probabilità di incorrere nel secondo tipo di paradosso (assenza di un ordinamento sociale) rispetto al primo (assenza di un risultato stabile - vedi glossario) : ma pochi sono gli studi empirici che hanno analizzato questo punto.

L'ipotesi di impartial culture (che corrisponde all'indifferenza della società nei confronti delle alternative proposte) adottata nella tabella 1 sembra comunque poco realistica. Diversi studi hanno allora indagato gli effetti di caratteristiche « culturali » diverse da questa. Un primo filone ha messo in luce una possibile relazione negativa tra omogeneità delle preferenze dei votanti e probabilità del presen-tarsi del paradosso del voto. Si segnala, in proposito, lo studio pio-nieristico di Niemi (1969), che evidenzia come il paradosso diventi meno frequente all'aumentare del numero delle preferenze single-peaked nel corpo elettorale. In presenza di una proporzione data di elettori con preferenze single-peaked, la probabilità del presentarsi del paradosso tenderebbe addirittura a decrescere all'aumentare del numero dei votanti.

L'interesse si sposta così dall'esame della probabilità di evitare il paradosso del voto a quello della probabilità di avere ordinamenti single-peaked. Al crescere del numero dei votanti, la probabilità di avere ordinamenti single-peaked decresce: ad esempio, con 3 al-ternative, la probabilità che il 75 % o più delle preferenze si collochi su un'unica dimensione per un numero di votanti pari a 15 è di 0,94, per un numero pari a 48 è di 0,41 e per un numero pari a 96 è di 0,15 (Niemi e Wright, 1987).

Altri autori segnalano che il paradosso del voto diventa meno probabile in presenza di elevata omogeneità delle preferenze, intesa come tendenza a condividere la stessa opinione. Sono stati proposti vari indici di tale tipo di omogeneità (vedi Jamison e Luce, 1972; Fishburn, 1973; Kuga e Nagatani, 1974; Abrams, 1976; Berg, 1985). L'indice di Abrams è ad esempio così formulato :

« = Pi2 + VÌ + • • • + Pe2

(23)

Gli effetti dell'omogeneità dei votanti possono essere tuttavia di segno opposto quando ad essere « contagiose » sono solamente prefe-renze che danno tipicamente luogo a paradosso del voto. Nel caso dell'indice di omogeneità di Abrams, ad esempio, Fishburn e Gehrlein (1980) dimostrano che la relazione negativa tra valore dell'indice e probabilità del manifestarsi del paradosso sussiste solo se, al cre-scere dell'omogeneità, viene conservata la struttura duale (vedi glos-sario) delle preferenze.

Tabella 2. - Probabilità di paradosso del voto (nella versione dell'assenza di un risul-tato stabile) in presenza di preferenze forti e in relazione all'omogeneità delle preferenze dei votanti.

Numero delle alternative

Valori dell'Indice di contagio (s di Berg) Numero delle alternative

0 1 2 10 3 4 0,0556 0,1389 0,0357 0,1270 0,0335 0,1168 0,0062 0,0628

Note: Le valutazioni sono riferite a 5 votanti; si ipotizza che tutte le alternative considerate abbiano uguale probabilità di essere « contagiose ». Un valore dell'in-dice pari a 0 segnala l'ipotesi di impartial culture.

Fonte: Berg (1985).

Siamo così condotti ad esaminare un'altra caratteristica delle preferenze individuali che è stata ritenuta idonea a ridurre la pro-babilità del presentarsi del paradosso del voto. Si tratta della con-trapposizione delle preferenze, che può dare luogo ad ordinamenti duali o « a specchio» (vedi Inada, 1970; Kelly, 1974; Fishburn e Gehrlein, 1980; Feld e Grofman, 1986 e glossario).

(24)

equilibrio stabile; nel secondo, per un ordinamento sociale). Si deve ricordare, infine, che le preferenze a specchio (ma l'osservazione non vale per le preferenze duali) sono sempre single-peaked, single-caved, separatole ed extremal restricted (per usare l'espressione di Niemi, 1969, esse « appartengono ad una comune scala J »). Si osservino, ad esempio, le preferenze atoc e ctoa (vedi figura 1) : in questo senso, ci si può attendere che quanto più esse sono numerose tanto più improbabile sia il manifestarsi del paradosso, in analogia a quanto è stato osservato per la single-peakedness.

3.1. Il modello che presentiamo è stato verificato sui dati em-pirici, ottenuti nell'ambito di un esperimento economico recentemente condotto a Torino sulle preferenze fiscali individuali (5).

È opportuno richiamare brevemente i termini di tale esperimen-to (6), che intendeva ottenere la rappresentazione delle preferenze individuali sul modo in cui l'ente locale alloca le risorse a sua di-sposizione.

Ad un campione rappresentativo di 667 cittadini-elettori, estratto dai registri dell'Anagrafe di Torino, dopo avere effettuato i consueti pre-test si è inviato per posta un fascicolo-' gioco presentato in accattivanti vesti grafiche, insieme alle istruzioni di partecipazione. Successivamente, intervistatori professionali si sono recati a do-micilio dei partecipanti per ritirare il materiale, verificando la coe-renza delle risposte fornite ed il rispetto delle regole del gioco, e per raccogliere le risposte ad un questionario sulle caratteristiche personali dei partecipanti.

Il fascicolo conteneva la presentazione (tramite un grafico a barre verticali) della distribuzione delle spese del comune tra dieci categorie funzionali e delle entrate a pareggio su quattro fonti di finanziamento. Tutti i valori sono stati tratti dai bilanci del Comune di Torino, consolidati con quelli delle aziende municipalizzate, e sono espressi in lire pro-capite.

(5) L'esperimento è statò condotto nel 1986, nell'ambito di una ricerca dell'IRES (Istituto Ricerche Economico-sociali del Piemonte) dal titolo « Se io fossi il Sindaco... ». Ringraziamo l'Istituto per il permesso di utilizzare i dati raccolti nell'occasione e quanti hanno con noi collaborato a quella ricerca : Giorgio Brosio, Maurizio Maggi, Guido Martinotti, Stefano Piperno e Walter Santagata.

(6) I principali risultati della ricerca sono in M A R C H E S E e SANTAGATA

(25)

Le dieci voci di spesa sono: viabilità ed illuminazione urbane; anagrafe e stato civile; vigilanza urbana; igiene urbana; scuole del-l'obbligo e superiori ; scuole per l'infanzia ; trasporti ; sport, verde pubblico e cultura; assistenza sociale, lavoro e farmacie; casa.

Le quattro voci di entrata, a loro volta, sono: iva ed altre im-poste indirette; irpef ed altre imim-poste dirette; indebitamento comu-nale; tariffe e tributi locali (7).

Ai partecipanti si chiedeva di intervenire, se lo ritenevano op-portuno, sulla distribuzione e sulla consistenza delle diverse voci di spesa e di entrata, modificandole per renderle aderenti alle proprie preferenze. Le modifiche potevano essere apportate in tre fasi suc-cessive, che rappresentano un grado di specificazione via via meglio articolato delle preferenze fiscali.

Nella prima fase si chiedeva all'intervistato di esprimere le pro-prie preferenze in modo puramente qualitativo, segnalando le varia-zioni (in aumento o in diminuzione) che egli intendeva apportare alle voci di spesa e di entrata.

Con la seconda fase si entra nel cuore del ' gioco '. Ogni inter-vistato aveva a sua disposizione un portafoglio di buoni monetari, di diverso valore unitario (8), con i quali modificare — se lo desi-derava — gli importi delle singole spese ed entrate pro-capite. A tale fine egli doveva semplicemente applicare i buoni, nell'importo pre-scelto, sugli appositi spazi del grafico delle spese e delle entrate. Con un'avvertenza: che la modifica doveva avvenire rispettando il vincolo di bilancio (9). Se un intervistato voleva, ad esempio, aumentare una voce di spesa per un dato ammontare, era tenuto ad apportare una riduzione di pari ammontare ad altre spese oppure un pari aumento alle entrate. Su questo punto, di importanza non secondaria,

l'espe-(7) La presenza delle imposte indirette e dirette tra le fonti di entrata comunale (i cui valori sono stati stimati ripartendo, in proporzione al rispet-tivo peso negli aggregati nazionali, la differenza tra il valore totale delle spese e le due voci di entrata autonome) si giustifica con il tentativo di rendere più trasparente la struttura di finanziamento delle spese locali, rispetto a quanto sarebbe stato facendo invece generico riferimento ai trasferimenti ottenuti da livelli di governo superiori.

(8) I buoni monetari a disposizione ammontavano complessivamente a S20.000 lire per l'aumento e ad altrettanto per la riduzione, su un valore pro-capite complessivo del bilancio (per le uscite come per le entrate) di 1.321.000 lire.

(26)

rimento si discosta da quelli che lo hanno preceduto più direttamente. Strauss e Hughes (1976) sono stati tra i primi ad utilizzare un que-stionario in cui gli intervistati potevano, con l'utilizzo di buoni monetari, aumentare le spese o ridurre le entrate. Anche Hockley e Harbour (1983), alla cui indagine più direttamente si ispira — anche nell'impostazione grafica del ' gioco ' — l'esperimento torinese, uti-lizzano buoni monetari, ma con due differenze principali: il loro ri-ferimento è alle spese e alle entrate del settore pubblico complessivo e non a quelle dell'ente locale; essi non impongono il vincolo di bilancio (utilizzano invece, per rendere plausibile l'esperimento, il deus ex machina di ipotetici proventi straordinari derivanti dal petrolio del Mare del Nord, alloeabili per aumentare le spese o ridurre le entrate pubbliche).

Nella terza fase dell'esperimento, infine, si permetteva ai par-tecipanti di specificare le loro scelte con maggior dettaglio, indi-cando gli specifici programmi di spesa (e le specifiche voci di entrata) che intendevano modificare, all'interno delle dieci (e quattro) cate-gorie sopra ricordate.

Per limitarci agli aspetti quantitativi dell'esperimento, ricor-diamo che esso permetteva alle persone intervistate di scegliere tra sei « strategie » possibili (una gamma di alternative superiore a quella offerta nelle analoghe ricerche prima ricordate). Nella ta-bella 3 si elencano tali opzioni, con l'indicazione della frequenza con la quale sono state prescelte.

Tabella 3. - Strategie di comportamento e loro frequenza nell'esperimento di Torino. S t r a t e g i e Frequenza % 1. nessuna correzione al bilancio (non utilizzo dei buoni) . .

2. aumento delle spese (e delle entrate) 3. diminuzione delle entrate (e delle spese) 4. modifica della struttura delle sole spese 5. modifica della struttura delle sole entrate

6. modifica della sola struttura delle spese e delle entrate .

7,5 46,9 19,6 19,8 0,0 6,2 Totale . 100,0

(27)

segnalato che essa può essere scelta sia da coloro che sono implicita-mente disposti ad accollarsi il maggior onere fiscale, sia da coloro che intendono invece accollarlo ad altri. 11 l'atto che siano talora gli utenti dei servizi a richiedere un incremento delle spese ad essi relative (10), quando le entrate sono soprattutto poste a carico della generalità dei cittadini, segnala la presenza di tale secondo compor-tamento. Peso non trascurabile ha anche il gruppo dei « riduzionisti », la cui scelta può essere ricondotta o a valutazioni del tipo costi-benefici che risultano sfavorevoli all'intervento pubblico; oppure al-l'adozione dell'ipotesi che una decurtazione del finanziamento, tra-mite un contemporaneo miglioramento dell'efficienza produttiva, non comporterebbe di necessità una proporzionale riduzione nell'offerta dei servizi. Quantunque agli intervistati sia stato chiarito che le loro scelte avvenivano nell'ambito del breve periodo, non si può del tutto eseludere il permanere di un tale atteggiamento.

A due ulteriori risultati generali della ricerca facciamo ancora riferimento.

Il primo è l'emergere di una diffusa domanda di ridefinire il peso relativo di diverse voci di spesa: la richiesta di diminuire la spesa si concentra su alcuni servizi (cui i Comuni italiani di mag-giori dimensioni — e tra essi anche Torino — hanno dedicato cospicue risorse negli anni '60 e '70), in particolare su scuola e tra-sporti. Quattro sono invece le classi di servizi su cui più si polarizza la richiesta di un aumento della spesa: casa ( + 1 8 , 6 % ) ; assistenza sociale ( + 1 4 , 8 % ) ; strade e viabilità ( + 1 1 , 9 % ) ; sport, verde e cultura ( + 1 1 , 2 % ) (vedi, per ulteriori indicazioni, Marchese e San-tagata, 1986 e 1988).

Il secondo risultato, che ci introduce direttamente al nostro tema, è che ordinando — per ogni singola voce di spesa e di en-trata — i valori prescelti dai partecipanti all'esperimento, come effetto delle manipolazioni quantitative da loro effettuate a partire dai valori originari, risulta che il valore mediano è uguale al valore effettivo di bilancio in tutti i casi meno uno (l'assistenza, in cui il valore mediano è del 3,6 % superiore al valore del bilancio effettivo). Si può allora dire che, in ipotesi di preferenze SP, il bilancio effettivo risulterebbe vincente in un'ipotetica votazione — con voto su singole

(10) Una correlazione positiva tra utilizzo dei servizi e richiesta di mag-giore spesa è evidenziata anche nell'esperimento torinese (vedi M A B C H E S E e SANTAGATA, 1 9 8 8 , tab. 1 0 ) , seppure appaia di intensità meno forte rispetto a

quanto messo in evidenza in altre ricerche (vedi, ad esempio, K B I S T E N S E N , 1 9 8 2 ) .

(28)

voci ed assumendo assenza di interdipendenza tra le diverse voci di bilancio — in 13 casi su 14 (11).

3.2. Come si è evidenziato nella premessa, questo studio intende verificare, in primo luogo, se nel corso di votazioni in cui i parte-cipanti si comportino secondo le preferenze fiscali da loro manife-state durante l'esperimento, con l'uso dei buoni monetari, si produca o meno il paradosso del voto. In secondo luogo si vuole osservare la frequenza con cui le preferenze rispondono alle restrizioni studiate dalla letteratura (vedi sopra, paragrafo 1). È questo un modo per verificare il realismo dell'assunzione di SP (o di altre restrizioni) delle preferenze, assunzione spesso adottata negli studi su dati fiscali ag-gregati.

Le informazioni raccolte nel corso dell'esperimento in precedenza illustrato non ci consentono di condurre queste verifiche sulla spesa desiderata per le diverse voci di bilancio. I partecipanti hanno infatti indicato, con l'impiego dei buoni, soltanto il livello di spesa da loro preferito, e non una graduatoria tra ipotesi alternative. Il nostro esame è stato pertanto riferito ad un altro tipo di scelta: quella riguardante l'ordine di priorità delle diverse voci di spesa e di entrata in termini di somme assorbite. In proposito il bilancio effet-tivo del comune di Torino prevede le seguenti graduatorie:

«) per le spese: 1° trasporti, 2° scuole dell'obbligo e superiori; 3° assistenza sociale, lavoro e farmacie; 4° scuole per l'infanzia; 5° igiene urbana; 6° sport, verde e cultura; 7° casa; 8° viabilità e illuminazione urbane; 9° vigilanza urbana; 10° anagrafe e stato civile ;

h) per le entrate: 1° irpef e altre imposte dirette; 2° IVA e altre imposte indirette; 3° tariffe e tributi locali: 4° indebitamento comunale.

I buoni monetari a disposizione dei partecipanti erano in quan-tità sufficiente per rovesciare le graduatorie. Poiché, tuttavia, da una

(11) La ricerca torinese ha tuttavia messo in evidenza l'esistenza di un «dissenso» non marginale tra scelte operate dagli intervistati e scelte effet-tuate dai rappresentanti politici. Esiste infatti una « distanza », pari in media al 17 %, tra bilancio effettivo e bilancio medio richiesto : possiamo riferirci ad essa come ad una rappresentazione quantitativa del « costo della democrazia ». Un confronto con i risultati di un'indagine condotta nel 1979 presso duemila residenti delle contee del Michigan ( G R A M L I C I I e R U B I N F E L D , 1 9 8 2 ) indica che

(29)

prima analisi dei dati (vedi Marchese e Santagata, 1986) è risultato che i partecipanti hanno scelto di effettuare prevalentemente aggiu-stamenti al margine, si è deciso di limitare l'analisi delle spese a sei voci soltanto (assistenza sociale, lavoro ,e farmacie; scuole per l'infanzia; igiene urbana; sport, verde e cultura; casa; viabilità e illuminazione urbane) in modo da escludere gli ouitiers,'la cui po-sizione in graduatoria è stata molto rarameiite modificata. Il coeffi-ciente di variazione (deviazione standard/media) è stato così ridotto dal 25 al 20 % ; la nostra analisi riguarderà pertanto la parte più «contestabile» della graduatoria, Nel caso delle entrate, che hanno pure un coefficiente di variazióne intorno al 25 %, non è sembrato opportuno ridurre il numero delle voci, poiché l'esperimento ne aveva previste solo quattro. Per le entrate la concordanza tra scelte dei cittadini e graduatoria adottata dal Comune appare dunque preve-dibile, se si ricorda che gli intervistati hanno apportato prevalente-mente aggiustamenti limitati. In effetti coloro che scelgono una gra-duatoria identica rispetto a quella effettiva del bilancio comunale sono 123 per le voci di spesa considerate e ben 533 per le quattro voci di entrata. Come vedremo, in una serie di votazioni a maggio-ranza, la graduatoria proposta dal bilancio comunale prevarrebbe comunque contro tutte le soluzioni alternative anche nel caso delle spese (essa costituisce cioè un ordinamento sociale). Abbiamo imma-ginato, in proposito, una serie di votazioni in cui vengono formulate domande del tipo: «Nell'ambito del bilancio comunale, si devono destinare più risorse all'assistenza che alla casa? O viceversa?». Analoghe votazioni sono state ipotizzate per tutte le coppie che si possono formare con le alternative considerate. Per le entrate, le votazioni ipotizzate danno risposta a quesiti del tipo : « Le entrate del Comune devono provenire più dalle imposte dirette che dalle indirette? O viceversa? » e così via.

(30)

per-tanto funzione dei prezzi-imposta relativi, del bilancio e della fun-zione individuale di utilità.

Figura 5.

Alternativamente, si può ipotizzare che i partecipanti abbiano scelto facendo riferimento ad una graduatoria delle loro aspirazioni (preferenze lessicografiche), dati i loro redditi e i prezzi, ad esempio valutando le alternative in primo luogo in base a un metro politico — che per un votante di sinistra potrebbe suggerire di collocare in testa le spese redistributive come quelle per l'assistenza — e in subor-dine in base al tornaconto individuale e così via. Un approccio di questo genere potrebbe dar ragione dell'omogeneità osservata tra le preferenze, se è vero che « le persone appartenenti ad uno stesso ambito culturale hanno probabilmente in comune un numero di bi-sogni collocati in testa alla gerarchia maggiore di quanto già non avvenga per l'insieme degli uomini » (Georgescu Roegen, 1954, p. 517, nostra trad.).

Quando si esaminano i livelli di spesa per una singola voce di bilancio, le alternative si collocano lungo un'unica dimensione, dallo 0 a oo ; le graduatorie da noi esaminate sono invece adimensionali. Tuttavia una loro rappresentazione lungo un'unica dimensione, ad esempio quella politica sinistra-centro-destra, può avvenire se i par-tecipanti ordinano sistematicamente le voci con riferimento a questo metro (perché, poniamo, hanno preferenze single-peaked rispetto a questa scala) (12).

(31)

del-Le graduatorie tra le voci di bilancio adottate da ciascun parte-cipante costituiscono dunque i nostri ordinamenti delle alternative. Per le spese sono stati osservati 177 tipi di graduatorie (a fronte di 720 possibili, con 6 alternative); per le entrate 8 (a fronte di 24 possibili, con quattro alternative).

Si ipotizza che il voto espresso sia coerente con la lista di prio-rità indicata dal partecipante, almeno per i livelli di bilancio com-presi tra il massimo (1.981.000 lire, cioè + 50 % rispetto al bilancio effettivo) e il minimo (401.000 lire, cioè — 7 0 %) prescelti nel corso dell'esperimento. In tale ambito rientrano infatti sia i livelli cui si riferiscono le risposte che, a maggior ragione, i livelli del bilancio che ragionevolmente potrebbero essere adottati dal Comune (13). Se si immagina che le scelte delle graduatorie siano avvenute in un contesto di comportamento ottimizzante del consumatore (come in figura 5), ciò avverrebbe ad esempio con i prezzi-imposta relativi invariati e una funzione di utilità omotetica.

L'esistenza di un ordinamento sociale per le entrate risulta evi-dente per il fatto che la maggioranza assoluta dei partecipanti ha espresso preferenze identiche e concordanti con la graduatoria adot-tata dal Comune.

Per le spese occorreva invece compiere una verifica.

Come si è già ricordato, Sen (1966) ha dimostrato che se si applicano le restrizioni alle preferenze per ogni terna formabile con le alternative, allora esiste un ordinamento sociale per tutto l'in-sieme. Il nostro esame ha quindi riguardato le terne formabili sepa-ratamente con le sei voci di spesa.

Con riferimento a ciascuna terna, si sono rilevate dunque le frequenze con cui i partecipanti avevano prescelto ciascuno dei sei

l'elettore mediano, in cui è ammessa una sola scala. Si consideri infatti la scelta tra tre livelli di spesa : li = basso, M = medio e H — alto. Se l'unica dimensione ammessa è BMH e le preferenze sono single-peaked, M prevale. Se (per assurdo) i votanti scegliessero invece lungo la scala MHB con preferenze single-peaked, l'elettore decisivo sarebbe quello che desidera la spesa più elevata! Viene perciò ammessa un'unica scala di single peakedness, quella che prevede appunto che l'alternativa M non è mai la peggiore. Il caso da noi esaminato è invece più generale.

(32)

osservata è pari allo 0,02 % , sono stati trascurati per semplificare il programma di calcolo: nessun votante è risultato, comunque, indifferente rispetto a più di due alternative).

Si è quindi proceduto al calcolo delle preferenze nette (vedi Feld e Grofman, 1986), sottraendo dalle frequenze osservate quelle relative agli ordinamenti a specchio (due elettori con graduatorie opposte annullano infatti uno le indicazioni dell'altro). Con riferimento alle preferenze nette, condizioni sufficienti perché si abbia una scelta transitiva sono che a tutte le terne risultino applicabili le restri-zioni, oppure che un ordinamento abbia la maggioranza assoluta dei consensi. Nel caso delle spese nessuna delle restrizioni considerate nel paragrafo 1 risulta applicabile a tutti i partecipanti. Tuttavia esiste sempre un ordinamento che ottiene la maggioranza assoluta delle preferenze nette. Pertanto si ottiene un ordinamento sociale, che coincide con quello adottato dal Comune, sia per le spese che per le entrate.

Questo risultato, in cui il paradosso del voto non si presenta, tende a suggerire che in assenza di shock (14) le preferenze fiscali sono sufficientemente omogenee, tanto da produrre un ordinamento sociale, prima che intervenga l'azione stabilizzatrice delle istituzioni

e del log-rolling.

In secondo luogo, la coincidenza tra funzione di decisione so-ciale e graduatoria effettiva del Comune sembra suggerire un fun-zionamento delle istituzioni locali à la Downs, in cui il governo adotta politiche che ottengono un consenso maggioritario. In questo senso depone anche l'osservazione che il bilancio effettivo — come si è già visto — coincide nei livelli, salvo un caso, con il bilancio mediano tra quelli compilati dai partecipanti all'esperimento. Non riceve invece conferma l'ipotesi che l'intervistato con reddito mediano sia quello che vede realizzate le sue aspirazioni nel bilancio comunale. Piperno e Santagata (1988) hanno mostrato in proposito che la spesa desiderata dai partecipanti all'esperimento dipende da numerose va-riabili che correggono l'influenza del reddito.

Passiamo ora ad esaminare più da vicino l'applicabilità delle restrizioni alle preferenze indicate dai nostri dati.

(14) Il periodo in cui svolgere l'esperimento (4 mesi nel corso del 1986) è stato scelto in modo da limitare le modifiche prevedibili dell'ambiente esterno, ad esempio in seguito ad elezioni (vedi anche M A R C H E S E e SANTAGATA,

(33)

Tabella 4. - Percentuale degli ordinamenti delle preferenze che soddisfano una comune dimensione, per cinque tipi di restrizione.

Tipo di restrizione Classi di frequenza Tipo di restrizione 1 2 3 4 5 « 7 S P E S E Single-pealcedness — — 5 5 35 5 5 — Separability 5 10 5 5 5 25 — — Single-cavedness — — 15 5 5 5 2 5 —

Extremal restriction o Limited

agreement 5 15 5 25 3 0 2 0 —

Statistiche descrittive: - Media degli ordin. di una sea

la comune - Deviazione standard . . — Valore minimo . . . . — Valore massimo . . . . SP SEP se ER o LA 94,0 86,2 91,9 88,4 4,2 5,2 4,7 7,0 83,1 73,6 81,6 74,7 98,8 92,5 97,5 96,3 ENTRATE Single-pealcedness Separability Single-cavedness

Extremal restriction o Limited agreement

se

Statistiche descrittive: SP SEP se

- Media degli ordin. di una

sca-la comune 99,9 98,9 99,7 - Deviazione standard . - Valore minimo . . . - Valore massimo . . . 0,1 99,7 100,0 0,6 98,1 99,6 0,3 99,4 100,0 25 75 100 — 50 50 50 50 ER o LA 99,7 0,4 99,1 100,0

Nota: Le classi considerate sono: 1, da 0.699 a 0.749; 2, da 0.749 a 0.799; 3, da 0.799 a 0.849; 4, da 0.849 a 0.899; 5, da 0.899 a 0.949; 6, da 0.949 a 0.999; 7, da 0.999 a 1. Si ricordi che ogni ordinamento delle preferenze può soddisfare più di una restrizione; ad esempio (vedi fig. 1, 2 e 3), la terna c > 6 > a soddisfa le tre re-strizioni della SP, SEP e SO.

(34)

frequen-temente prescelta. Per gli ordinamenti ER e LA si ha coincidenza dei risultati: ciò si spiega ricordando che la restrizione ER è soddi-sfatta per ordinamenti a specchio o per ordinamenti ad eco (vedi glossario). Poiché, come vedremo, gli ordinamenti a specchio sono relativamente poco frequenti, la ER viene soddisfatta dalla presenza di ordinamenti ad eco : questi ultimi, d'altra parte sono sempre LA.

Nell'ambito delle restrizioni esaminate, la SP è la più diffusa e sotto questo profilo conferma la posizione di maggiore rilievo che le viene assegnata dalla letteratura. In condizioni di impartial culture, la SC e la SEP risultano altrettanto probabili che la SP. Dai nostri dati — che fanno riferimento, evidentemente, ad opinioni espresse in un contesto « culturale » diverso — esse risultano invece nettamente meno frequenti.

La tabella 5 presenta le frequenze degli ordinamenti a specchio. Le preferenze di questo tipo, che tendono a produrre un equilibrio per contrapposizione, sembrano avere un peso limitato (anche nel caso delle spese, ove si osservano i valori maggiori, la loro incidenza non supera il 50 %).

Tabella 5. - Percentuale degli ordinamenti con preferenze a specchio. Classi di frequenza

0-0,10 0,10-0,20 0,20-0,30 0,30-0,40 0,40-0,50

Spese 20 25 30 5 20

Entrate 100 — — — —

(35)

alter-native: sembra quindi opportuno osservare quello che succede nel caso più sfavorevole (15). Questo dato fornisce perciò un'indicazione riassuntiva di come cambiano le cose al crescere del numero delle alternative considerate, esimendoci dall'esaminare tutte le distri-buzioni. Per i casi in cui il numero delle alternative è inferiore a quello massimo, i valori riportati sono quelli attesi, supponendo che tutte le alternative abbiano eguale probabilità di essere sottoposte a voto (16). La presenza delle restrizioni tende a. ridursi mano a mano che aumenta il numero delle alternative considerate.

Tabella 6. - Percentuale degli ordinamenti a specchio o restricted in rapporto al nu-mero delle alternative.

Numero alternative

Valori percentuali delle preferenze

r di

Rae Berg s di Numero

alternative

a specchio SP SEP SC ERO LA r di Rae Berg s di SPESE 3 23,1 94,1 86,2 91,9 88,4 0,552 3,06 4 15,9 89,5 81,1 62,4 80,8 0,667 1,49 5 10,9 86,1 76,4 82,8 75,8 0,723 0,92 6 7,5 83,1 73,6 81,6 74,7 0,739 0,77 ENTRATE 3 1,8 99,9 98,9 99,7 99,7 0,1906 20,23 4 0,0 99,7 98,1 99,4 99,1 0,3049 10,40

Le preferenze a specchio hanno un'incidenza limitata e rapida-mente decrescente. Ciò riduce la portata pratica della suggestiva ipotesi di Feld e Grofman (1986), secondo i quali l'equilibrio del voto è frequente perché, con un numero tendente a infinito dei votanti (quale si può considerare il nostro: vedi sopra, par. 2), che scelgono

(15) I valori riportati si riferiscono in qualche caso a terne differenti, perché non è detto sia la medesima a presentare i valori più sfavorevoli quanto a SP, SC, ecc.

(36)

prevalentemente in modo casuale (cioè con impartial culture) ogni preferenza tende ad essere controbilanciata dal suo specchio. La so-cietà sceglierebbe allora secondo le preferenze dei pochi che hanno una chiara nozione dei propri obiettivi. Nella tabella 6 le informa-zioni sono riassunte dall'indice di frazionalizzazione di Rae (1968) e dall'indice di contagio di Berg (1985).

Il primo indice è definito come»- = 1 — 2 J Q j . Il numera-tore della frazione a secondo termine indica le coppie dei votanti che condividono lo stesso ordinamento delle alternative e il deno-minatore il totale delle coppie formabili dai votanti stessi. Pertanto l'indice assume valore 0 nel caso in cui tutti condividano la stessa opinione e valore 1 nel caso di differenziazione massima (17). Nella tabella l'omogeneità, misurata dall'indice di Rae, appare molto forte per le entrate e un po' meno forte per le spese, dove al crescere del numero delle alternative si nota una netta tendenza al differenziarsi delle posizioni.

Quanto all'indice s di Berg (18), si ricorda che :

— s e s = 0 e tutti gli ordinamenti hanno eguale probabilità

di essere contagiosi, si ha un 'impartial culture;

— se s > 0, allora il presentarsi di un ordinamento accresce la probabilità che il successivo sia eguale (si ha interdipendenza o contagio) ; in particolare, se s = 1 si hanno preferenze « anonime » (vedi glossario). Per un numero di alternative limitato (fino a 5), le preferenze « anonime » comportano una probabilità del presentarsi del paradosso del voto inferiore a quella di impartial culture (Berg e Bjurult', 1983).

Nella tabella l'indice di contagio di Berg è calcolato assumendo equiprobabilità di contagio per tutti gli ordinamenti possibili.

L'in-(17) Il valore massimo è tuttavia inferiore all'unità se il numero dei votanti supera quello delle alternative, per cui una qualche comunanza di opinioni è inevitabile. Nel nostro caso il valore massimo — con impartial!_ culture •— è 0,97.

(18) L'indice s di Berg (vedi BERG, 1985) fa riferimento alla seguente ipotetica distribuzione delle preferenze :

Pr (X = x) = (n! jxxl ...xt.') Ax <'.i> ... A, <*.*•> / A".'•>

in cui S i , = » (cioè al numero dei votanti) e A, . . . A, sono numeri arbi-trari positivi con 4 = 4 , + i , + . . . + 4e. Si suppone inoltre ohe A " , " )

sia un fattoriale ascendente del tipo:

(37)

del numero deile alternative considerate. In particolare per le spese, con sei voci l'indice presenta valori intermedi tra il caso di prefe-renze anonime e quello di impartial culture. La probabilità a priori del prodursi del paradosso del voto, come si è visto nel paragrafo 2, è in queste condizioni nell'ordine del 30 % .

é. È indispensabile, concludendo, ricordare che i risultati di questo lavoro devono in ogni caso essere considerati con cautela. E ciò per almeno tre ordini di motivi.

In primo luogo, perché le preferenze cui abbiamo fatto riferi-mento sono emerse in un contesto sperimentale solo parzialmente controllato (come del resto è comune nelle scienze sociali), e non nell'ambito di scelte effettive.

In secondo luogo, perché l'esperimento non era direttamente finalizzato all'analisi condotta in questo studio : in questo senso, riteniamo che si possa fare meglio predisponendo indagini mirate. È infine possibile che l'approccio adimensionale da noi esaminato non rifletta che parzialmente il processo di scelta dei partecipanti, che ad esempio sarebbe più compiutamente rappresentabile collo-cando i bilanci prescelti in uno spazio metrico multidimensionale alla Plott (1967).

Avendo in mente questi limiti, alcune conclusioni sembrano tut-tavia emergere in modo sufficientemente robusto. Esse riguardano il fatto che il paradosso del voto costituisce, almeno per quanto riguarda le scelte più generali ed aggregate della finanza pubblica, un'even-tualità poco frequente già a partire dalle caratteristiche delle prefe-renze individuali di coloro che vivono in una stessa città, indipen-dentemente dall'azione stabilizzatrice esercitata dalle rappresentanze e dalle istituzioni. Ciò può rendere più attraenti forme di democrazia diretta o fondare un funzionamento delle istituzioni locali « la Downs, in cui i politici ricercano ogni volta la soluzione più gradita alla maggioranza. La complessità dei fattori che, al di là del reddito, influenzano le preferenze sembrano invece rendere problematica la possibilità di individuare un elettore decisivo: le pretese o, se si preferisce, le aspirazioni di « Ut hury politics » grazie all'elettore mediano (Inman, 1978) sembrano per ora destinate a restare tali.

Dipartimento di Economia Università di Torino

(38)

Glossario

Quantunque i termini e le espressioni utilizzati in questo lavoro siano di uso corrente nella letteratura, ad alcuni tra essi non si at-tribuisce significato perfettamente univoco. Ci è parso allora oppor-tuno riprendere alcuni di questi termini, specificando l'accezione nella quale sono stati da noi utilizzati:

— decisione a maggioranza (criterio di Condorcet forte): in presenza di un numero dispari di votanti si adottano le alternative che risultano preferite dalla maggioranza (la metà dei votanti + 1 ) , in un confronto tra le alternative stesse prese a due a due. Le pro-cedure concrete di voto possono essere varie, purché rispettino questa « regola binaria » ;

— funzione di decisione sociale : si ha quando ogni sottoinsieme non vuoto delle alternative consente un risultato stabile (dà cioè luogo ad un vincitore relativo al sottoinsieme considerato);

— insieme delle alternative: si considera un insieme finito di alternative su cui vengono espresse le preferenze individuali. In questo lavoro, come anche nella maggioranza degli studi analizzati, le alter-native considerate non sono collocate in uno spazio metrico;

— ordinamenti ad eco : supponendo che un votante adotti l'or-dinamento a > b > c, gli altri « gli fanno eco » confermando clie a è ottimo oppure che c è pessimo. Si ottengono permutando due alternative adiacenti della terna iniziale (Inada, 1969);

— ordinamenti a specchio : sono quelli che ordinano tutte le alternative in modo opposto. Nell'esempio di ordinamenti che segue (vedi ordinamenti duali), sono a specchio con tutte le (tre) alternative gli ordinamenti X\ e x6, x2 e x4, x} e xs;

Riferimenti

Documenti correlati

s (68) Insomma, l’aiuto si realizza solo attraverso una tecnica: un trattamento piu favorevole delle imprese e produzioni di uno Stato membro che determina una

c) un terzo punto riguarda il problema della esportazione del carico fiscale al di fuori dei confini amministrativi dell'autorità che applica l'imposta. Anche i recenti studi

Ed allora non si può non concludere che il legislatore fiscale, dopo la lunga diatriba sull'argomento seguita alla legislazione del '23 e a suo prosieguo dopo la

Se invece la maggiore imposta do­ vuta dal socio dipende anche dalla indicazione infedele, nella dichiarazione da questi presentata, di redditi diversi da quelli

In tale situazione, anche se le fatture attive sono materialmente presentate e riscosse dalla capogruppo (in virtù del mandato a questa rilasciato), non sembra

Certo non possiamo neppure incominciare ad affrontare qui tale questione: pos­ siamo soltanto osservare che, da questo punto di vista, appare contrad­ dittoria la

« La soluzione del problema — conclude Allorio - si rinviene invece nella considerazione dei principi che regolano l ’agire della finanza, come d’ogni pubblica

ban spretivi e aumentare l'intensità edilizia nella periferia urbana in modo da ridurre il costo dei servizi pubblici ; b) riservare deter- minate aree all'industria e al