1/ECONOMISTA
GAZZETTA SETTIMANALE
SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI
D irettore: M. J . de Johannis
Inno muli - Voi. LI
Fireaze-Roma. ? t a n f o 1920
R O M A : 56, Via G regoriana^II. 2427
S O M M A R I OP A R T E ECONOMICA. L e materie prime.
Gli stabilimenti d ell’alta banca in Italia n ella loro distribuzione geografica. (Riccardo Bachi) .
Sull’ Istituto per i cambi (Giovanni D ’Angiolini). Materie prime e conferenza di Bruxelles (E . Z .) NOTE ECONOMICHE E FINANZIARIE.
Le risorse economiche nella P olonia. Capitale e industria.
Movimento d ell’ immigrazione operaia in Francia. RIVISTA BIBLIOGRAFICA.
Ufficio Tecnico di Propaganda Nazionale, sede di Tr ie s t e. — N ella Venezia Giulia a due anni da Vittorio Veneto.
Cameradi Commercioe Industria di Genova. — Avocazione allo Stato dei profitti di guerra.
Malcolm Fraser Results of a Census of tlie Dominion of New Zeeland.
Ettore Lolini. — I l carattere formale delle ieggi tributarie. Ministero delle Finanze. — Statistica delle Imposte di fabbrica zione dal 1° Luglio 1918 al 30 Giugno 1919.
Ministero delle Finanze. — Movimento commerciale del Regno di Italia nell'anno 1916.
RIVISTA MARITTIMA
Costruzioni navali mercantili in Italia. L a marina mercantile spagnuola nel 1919. NOTIZIE V A R IE .
Movimento delle rimesse degli emigranti. Federazione italiana del lavoratori tessili. Casse di risparmio postali.
Risultato della sottoscrizione a l prestito nazionale in Cile. Diminuito rendimento delle imposte in Francia.
Situazionedegli Istitu ti di Emissione Italiani. Situazione degli Istituti di Credito Mo bil ia r e,
stituti Nazionali e s t e r i.
BIBLIO TECA DE “ L’ E C O N O M IS T A ,,
Studi Economici Finanziari e Statistici
pubblicati a cura de L ’ ECONOMISTA
1) FELICE VINCI L . 2
L'elasticità dei consumi con le sue applicazioni ai consumi attu ali prebellici
2) GAETANO ZINCALI L. 1
DI ALCUNE ESPERIENZE METODOLOGICHE TRATTE DALLA PRASSI DELLA STATISTICA DEGLI ZEMSTWO RUSSI
3) Dott. ERN ESTO SANTORO L . 4
Saggio critico su la teoria dei valore n e ll’ economia politica
4 ) ALDO CONTENTO L . 2
Per una teoria induttiva dei dazi sul grano e sulle farine
5) ANSELMO BERNARDINO L. 2
Il fenomeno burocratico é il momento economico-iìnanziario
I n v e n d ita p r e s s o i p r i n c i p a l i lib r a i- e d ito r i e p r e s so l 'A m m in is tr a z io n e d e L’Eoonom ista - 5 0 V ia G re g o ria n a , R O M A 6*.
PARTE ECONOMICA
Le materie prime
E ’ argomento di moda quello che accompa
gna l’accusa verso alcune nazioni di tenere il
monopolio di determinate materie, che sono per
antonomasia, chiamate
m aterie prim e,
Lo spunto fu dato dall’on. Tittoni nella con
ferenza di Bruxelles, ove egli ebbe facile suc
cesso e pronta eco in quegli Stati che manca
no specialmente di carbone o di grano.
L’on. Tittoni premise delle considerazioni di
indole generale sulla importanza dell’ elemento
economico nella vita degli Stati, sulla ineguale
ripartizione delle materie prime, e sulla situa
zione previlegiata degli Stati che le materie pri
me detengono, situazione che non dipende da
una loro capacità superiore di studio e di lavoro,
ma dalla scarsezza delle materie stesse, i cui
prezzi essi cercano di aumentare più che sia
possibile, sia limitandone ia quantità destinata
all’esportazione, sia gravandola di diritti e so
praprezzi per l’estero, sia con disposizioni spe
ciali per le tariffe ferroviarie, per il regime delia
marina mercantile o infine per il regime pre
ferenziale per le colonie.
Anche del cambio elevato a dànno di alcuni
Stati — ha detto l’on. Tittoni — sono parzial
mente responsabili gli Stali monopolizzatori,
poiché la difficoltà per procurarsi le materie pri
me e l’eccessivo prezzo di queste rende impos
sibile agli Stati, vittime di tale monopolio, di
produrre e di esportare.
Ma il dànno per i paesi meno favoriti diventa
più grave quando paesi più forti e più ricchi,
che abbiano il privilegio di possedere materie
prime, non solo le monopolizzano, ma cercano
di estendere il loro monopolio alle materie pri
me degli altri paesi, facendole accaparrare dai
grandi
trusts capitalistici, i quali sono appog
giati, più o meno apertamente, dalle loro di-
iplomazie.
Quando questi
trusts — ha affermato l’ on.
Tittoni — riescono ad assicurarsi il controllo
esclusivo o quasi di un determinato prodotto,
essi realizzano guadagni scandalosi.
L’on. Tittoni ha citato gli esempi del carbon
fossile, del ferro, dei fosfati e del petrolio, ed
ha quindi continuato dicendo :
634
Dopo avere esaminate le discussioni svoltesi
alla conferenza internazionale del lavoro a Wa
shington, le deliberazioni del Congresso inter
nazionale dei minatori a Ginevra e infine le mo
zioni presentate alla Conferenza finanziaria di
Bruxelles, l ’on. Tittoni ha così concluso:
“ La guerra, che doveva far trionfare la giustizia in tutti i campi, ha avuto il risultato di creare, nel campo economico ingiustizie flagranti e di ribadire’ quelle ca tene di oppressione che si nutrì l’ illusoria speranza di spezzate.
“ Il protocollo della Conferenza economica alleata te nuta a Parigi del 1916 contiene la promessa fatta dagli Alleati di aprirsi reciprocamente i propri mercati. L’art. 23 del Patto promette a tutti gli Stati della Lega un e- quo trattamento commerciale. Quale amara ironia ram polla da siffatte stipulazioni se, paragonate allo stato at tuale di barriere commerciali, di protezionismo ad oltran za! Sarebbe davvero pericoloso mettere il mondo di fronte a questo dilemma : o lo sfruttamento di una mo struosa coalizione capitalistica internazionale da un lato 0 le abbotninevoli aberrazioni.del comunismo e dell’anar chia dall’altro. Per l’on >re dell’umanità e per la salvezza della civiltà vi deve essere un’alta via : quella del'a pace
j e della giustizia che può essere assicurata dalla Lega. „
Il Tittoni, quindi il Ferraris, il Rolandi Ricci,
il Quintieri,e tutti coloro che lo applaudirono sono
perciò divenuti ad un tratto assertori convinti
del liberismo per l’occasione, assecondati in
Paese, sempre per l’occasione, dai vari Luzzatti,
e dai vari magnati della industria, da coloro in
sostanza che reclamano oggi a gran voce la
porta aperta per le materie prime, ma correreb
bero domani a grande velocità ai piedi di un
Ministro Dante Ferraris qualsiasi, per chiedergli
la tariffa più alta possibile per i manufatti di
ogni genere, ma in ¡specie per i siderurgici.
Le
m aterie prim e quali sono esse? o che
forse la nordica e nebbiosa e rigida Inghilterra
non dovrebbe considerare una materia prima di
primo ordine il sole glorioso e splendente del
mezzogiorno d’ Europa, che permette coltiva
zioni redditizie di prodotti e di primizie dalle
quali, se sapientemente ed organizzatamente
ricavate, potrebbero trarsi nel commercio col nord
volumi sufficienti da scambiare in nero carbone,
malgrado il suo costo sopraelevato, malgrado i
cambi proibitivi? E non sono il clima dolce, il
mare poco procelloso, materie prime che dànno
possibilità di produzioni pari o equiparabili alla
escavazione delle profonde gallerie nelle viscere
della terra per trarne il combustibile prezioso?
Ma pur volendo avvicinarsi al tipo vago ed
indefinibile di materie prime, quale lo intesero
1 delegati di Bruxelles, potremo domandarci: e
la seta italiana, e il marmo di Carrara, e lo zolfo
egli agrumi della Sicilia, non sono materie prime
o prodotti, dei quali teniamo in Italia, se non il
monopolio, almeno una prevalenza pari a quella
del carbone inglese e del petrolio rumeno? E
allora, come i nostri setaioli, ed i nostri pro
prietari di cave delle Alpi Apuane, o i zolfatari
o i produttori di agrumi accoglierebbero una do
manda dall’estero, perchè coteste materie fossero
loro cedute ad un prezzo inferiore a quello de
terminato dalla domanda? Non strillerebbero ad
ad un tempo e i proprietari delle filande ed i
coltivatori di bozzoli, ed i padroni delle cave di
Carrara, ed il vasto esercito dei cavatori, dei
lizzatori, degli scalpellini, dei carradori, e via
via gli altri, con proteste senza fine per le as
surde pretese, pel danno che ne verrebbe alla
economia individuale e collettiva? Non certo il
7 novembre 1920 — N. 2427
solo petrolio od il solo carbone sono le uniche
materie prime del mondo, nè si è avuta esempio
che in tempo di pace, e del resto poco anche
in tempo di guerra, sia stato possibile rinunciare
a reciprocità di trattamento in consimili scambi
internazionali.
E l’ Inghilterra, cui erano più particolarmente
rivolti gli strali dei delegati alla Conferenza fi
nanziaria di Bruxelles, la quale ha veduto per
anni ed anni intorno a se gli Stati europei an
dare a gara nello elevare le barriere doganali in
tese ad ostacolare la sua produzione, mentr’essa
teneva fede al programma del più ammirevole
liberismo, dovrebbe oggi, con suo danno e con
suo detrimento cedere ad un cenno dei liberisti
dell’ultima ora, tipo Tittoni o Luzzatti? E con
questo per sopra mercato, che nessuno di loro,
imprecando contro il monopolio delle materie
prime da essa detenute, ha offerto, come minimo
di compenso, alcuni vantaggio di riduzione di
dazi. Anzi, al contrario, allo stato dei fatti e
quindi delle tendenze ultra-protezioniste dei paesi
europei, la intesa dovrebbe essere posta in questi
termini : Voi, Inghilterra, dateci subito ed a buon
mercato, ed in quantità sufficiente il carbone
che occorre per manifatturare, colle nostre in
dustrie, prodotti che voi non potrete importare da
noi, perchè terremo alte le nostre tariffe, che noi
cercheremo di gettare sugli altri mercati, in con
correnza ai vostri !
Dopo un periodo ben lungo, di protezionismo
folle, e ancora, nonché estinto, neppure ricono
sciuto come causa di guerre cruente od incruente,
non ancora, nè totalmente, nè parzialmente rin
negato, con serafica ingenuità, si esclama:
« E ’ il caso di domandarci se prima durante
la guerra valeva la pena di fare tanto rumore
contro il
dum ping ecc. ecc. » e questa amena
esclamazione dei nostri delegati a Bruxelles, viene
proprio rivolta all’ Inghilterra, al paese del libe
rismo più tenace e praticamente tenuto in mezzo
all’imperversare delle lotte a colpi di tariffa di
cui tutti gli Stati, il nostro compreso, dettero e
dànno luminose esempio!
Gli stabilimenti dell’alta banca in Italia
nella loro distribuzione geografica
Lungo gli ultimi anni anteriori alla guerra, nel ge nerale languore del movimento economico nazionale da parte delle nostre grandi banche si è svolto, sotto toma di concreto deciso programma, ' il duplice fe nomeno coordinato della espansione e della concen trazione bancaria, fenomeno che già anteriormente aveva trovato caratteristico svolgimento in altri pae si (1). I maggiori istituti sono venuti espandendo la loro opera e la loro influenza .attraverso il paese, con la creazione di un gran numero di filiali, nelle più svariate località, anche in centri di scarsa importanza economica, talora in concorrenza l ’uno co ll’altro; e nei maggiori centri hanno moltiplicato le agenzie rio nali, In questa maniera i grandi istituti di credito mo biliare sono venuti a invadere il campo, che sembrava logicamente serbato all’organizzazione creditizia regio nale, alle banche locali ordinarie, alle banche popo lari, ai « piccoli crediti » e anche ai banchieri
pri-(1) Ad e s., nella Gran Bretagna e Irlanda, secondo i dati figuranti nel Banking Number dell’ Economist, 22 maggio 1920, le banche erette in società anonima, sono via via scemate da 123 nel 1890, a 96 nel 1900, a 63 nel 1910 e a 38 nel 1919 ; mentre gli stabilim enti sono reciprocamente cresciuti da 3634 a 5375, a 7086 e a 9 0 5 1 .
7 novembre 1920 N. 2427 L’ ECONOMISTA 635 vati, a quella fitta rete di organismi modesti e ge
neralmente sani e prudenti, che era prima vanto del mostro paese e robusto meccanismo della vita econo mica regionale. Coordinato con questo movimento è stato quello della concentrazione bancaria, svoltosi es so pure in maniera assai caratteristica a partire dagli ultimi anni anteriori alla guerra: le grandi banche hanno via via assorbito organismi creditizi minori in località secondarie, raccogliendone la clientela e gli affari. Così anche in questa maniera l ’alta banca ha estesa la sua opera, la sua possanza, il suo dominio sull ’economia nazionale.
Il fenomeno si è manifestato ben caratteristico an che in questi primi tempi di pace — specialmente sotto la forma di espansione spontanea, essendo ridot ta ormai la massa degli organismi che potrebbero es sere oggetto di assorbimento. Dopo la guerra il mo vimento creditizio ha assunto sempre più la confi gurazione accentrata in pochi grandi nuclei di estrema possanza. Il concentramento bancario trova piena ri spondenza nel concentramento industriale : i vinicoli fra grande industria e aita banca sono divenuti più stretti e i medesimi pochi uomini dominano l ’una e l ’altra sezione della vita economica nazionale. Bene spesso l ’estesa ramificazione degli stabilimenti ban cari attraverso le regioni più che ad animare la vita economica regionale, mira ad assorbire dalle regioni mezzi monetari onde espandere l ’azione creditizia nei maggiori centri specialmente alimentando l ’attività del le grandi industrie più strettamente connesse con le banche.
A fine di mostrare come si sia svolta negli ultimi tempi questa moltiplicazione degli stabilimenti delle grandi banche, presentiamo qui appresso dati statisti ci indicanti il numero degli stabilimenti pertinenti a ciascun istituto bancario alla fine di ogni anno (1) a partire dal 1909.
Per quanto l ’unità statistica « stabilimento bancario »
Per lo svolgimento all ’interno, notiamo, entro il pe riodo considerato, una fase di rapida moltiplicazione degli stabilimenti fra il 1911 e il 1914; poi una fa se di stasi e liquidazione fra il 1915 e il 1917, cui succede una nuova fase di grande espansione. La pri ma fase ha coinciso col ricordato tempo di marasma nella vita economica nazionale, non scevro di aspe rità, e questa espansione bancaria ha avuto qualche connessione con le difficoltà stesse della congiuntura, mirando a ll’accrescimento delle disponibilità: in que sta fase l ’incremento nel numero delle filiali ha avuto luogo specialmente ad opera della Società di credito provinciale, che veniva rapidamente affermandosi co me istituto di importanza nazionale, e in grado mi nore ad opera della Commerciale e del Credito Ita liano : il Banco di Roma aveva anteriormente costi tuita la sua rete di organi e non la accresceva, dedi cando molta energia alla sua opera estera, mentre già si svolgeva la condizione critica per l ’istituto. I pri mi anni di guerra sono stati di raccoglimento e im portarono una certa selezione fra gli stabilimenti, con qualche prudente chiusura e ben poche nuove crea zioni. La terza fase è segnalata dalla effervescenza, in tanta parte fittizia, della economia di guerra e di dopo guerra, e da u£a viva concorrenza fra taluni isti tuti bancari : così si ha una nuova e più marcata e- spansione (specialmente ad opera del Banco di Ro ma e della Banca di Sconto) espansione che sembra soverchia e adduce a « doppioni » veramente perico losi nella delicata funzione creditizia, con organi ban cari in numero esagerato per una data località, fra i quali si svolge una rischiosa concorrenza per l ’assor bimento degli affari. La rapidità nella moltiplicazione degli stabilimenti in questi ultimi tempi, specialmente con creazioni in località minuscole, prive di movimento di affari, giustifica la supposizione che questa
crea-Società Bancaria Italian a... Società di Credito Provinciale . . . . Banca Commerciale... Credito I t a li a n o ... Banco di Roma... Banca Italiana di Sconto . . . .
Totale . . . Banca Commerciale... Credito Italian o ... Banco di R o m a ... Banca Italiana di S c o n to ... Totale . . . . Totale complessivo 1909 1910 1911 1912 1913 1914 1915 1916 1917 1918 1919 S T A B I L I M E N T I -IN 1T A L I A 12 12 15 24 3 3 33 — ___
_
_
— — 27 3 3 47 5 6 — — — __
31 3 2 34 3 5 53 5 6 5 5 5 4 5 4 62 7 2 19 19 21 2 4 24 3 7 39 39 41 47 5 8 2 6 2 9 32 32 3 3 3 4 3 3 '3 0 3 0 ' 4 6 100 — — — — 6 8 6 8 71 85 126 8 8 9 2 129 148 190 2 1 6 195 191 196 2 4 0 3 5 6STABILIMENTI ALL’ESTER O E NELLE COLONIE
— — 1 1 1 1 1 1 1
2
! 3 —---
1 1 1 1 1 1 1 i | 1 8 9 10 11 11 11 1 1 10 IO 23 3 9 ~~ — — — — 1 1 2 ; 8 8 9 12 13 13 13 13 13 13 2 8 | 51 9 6 101 141 161 2 0 3 2 3 0 2 0 8 2 0 4 2 09 2 6 8 | 4 0 7abbia di per sè scarso significato, pure le cifre pre sentate paiono essere genericamente indicative della tendenza alla espansione territoriale del nostro gran de movimento creditizio.
(1 ) Consideriamo come esistenti alla fine dell’anno gli stabilimenti elencati nella relazione agli azionisti sulla gestione di quel dato arino; per il Credito Italiano, rispetto agli anni 1910 e 1913, non essendoci stato possibile consultare la relazione, abbiamo considerato immutata in quegli anni la situazione dell’anno precedente. Non sono comprese fra gli stabilimenti le agenzie di c ittà .
zione di filiali non sia sempre preceduta da accurati studi e minute indagini sulle condizioni dell'economia nei singoli centri.
Presentiamo qui appresso cifre indicanti la distri buzione regionale degli stabilimenti all’interno, quale si presentava nel 1914 e nel 1919: rispetto a cia scuna regione indichiamo anche il numero degli sta bilimenti per milione di abitanti (censimento del
636 L’ECONOMISTA 7 novembre 1920 - N. 2427
Banca
Commerciale Credito Italiano Banco di Roma
Banca Italiana
di Sconto T O T A LE
N. degli stabili- menti per milione
di abitanti 1 9 1 4 1 9 1 9 1 9 1 4 1 9 1 9 1 9 1 4 1 9 1 9 1 9 1 4 d i 1 9 1 9 1 9 1 4 1 9 1 9 1 9 1 4 1 9 1 9 Piemonte. . . 7 10 5 7 6 20 18. 14 3 6 51 1 0 .5 1 4 .9 Liguria . . . 5 9 6 9 1 2 3 7 15 27 1 2 . 5 22.6 Lombardia . . 7 7 5 G — 5 25 2 5 37 4 3 7 . 7 9 . 0 Veneto . . . 7 6 — — — — 15 17 22 23 6.2 6 . 5 Venezia Giulia. — 1 ---• 1 — 1 — 4 — 7 — 7 . 4 Venezia Trident. — 4 — — •: — 2 — 4 — 10 — 1 5 .7 Emilia Romagna 5 6 2 3 — i; • — 5 7 12 16 4 . 5 6 . 0 Toscana . . . 6 7 4 6 8 26 8 8 2 6 4 7 ' 9 . 6 1 7 .4 Marche . . . 1 1 — — 3 4 — 2 4 7 3 . 7 6 . 4 Umbria . . . 1 2 — 1 2 6 -- . 4 3 13 4 . 4 1 8 .9 Lazio . . . . 1 1 2 2 11 11 6 1 20 15 1 5 .4 1 1 .5 Abruzzi . . . 1 1 1 1 1 3 2 3 5 8 3 . 5 5 . 6 Campania . . 3 2 4 7 2 7 6 9 15 25 4 . 5 7 . 5 Pugl i e. . . . 2 4 4 7 — 5 — 3 6 19 2.8 8 . 9 Basilicata . . — --. — — — 1 — 1 — 2 — 4 . 2 Calabria . . . — 1 — 1 — 1 — 5 — 8 — 5 . 7 Sicilia . . . . 8 8 1 2 — '5 1 12 . 10 27 2 . 7 7 . 4 Sardegna. . . 2 2 3 5 — — —: — 5 7 5 . 9 8.2 Totale 56 72 3 7 58 34 99 89 126 2 16 3 5 5 6 . 2 1 0 .2 (1) Per il 1919, stabilimenti delia Bancaria e del Credito provinciale.
Sebbene la entità della popolazione per i singoli comnartimenti non possa certo (¿tenersi indice compa rativo della intensità del movimento economico e così del bisogno di organi’ creditizi, tuttavia la considera zione della varia frequenza di questi stabilimenti ban cari in rapporto con la popolazione mostra differenze di frequenza assai marcate, non prive di significato, fra le varie regioni. Attualmente aliquote piuttosto ele vate si presentano (per il complesso degli stabilimenti) in Piemonte, Liguria, Toscana, Umbria, Lazio, in par te perchè fra gli stabilimenti, eccezionalmente fre quenti, parecchi sono di modesta rilevanza; relativa mente poco numerosi sono gli organi di queste ban che in Lombardia, evidentemente perchè vi sono fio renti e potenti ancora molti istituti bancari locali ; la frequenza degli stabilimenti è assai minore nella Ve nezia Giulia che nella Venezia Tridentina, in dipen denza della diversità, di assetto della vita economica, delle circostanze politiche, e sopratutto della esisten za nella Venezia Giulia di una più robusta e intensa organizzazione creditizia e finanziaria preesistente al- l ’unione colla madre patria ; è inferiore alla media ge nerale la frequenza degli stabilimenti in varie regioni centrali, meridionali e insulari, malgrado i numerosi recenti impianti.
Sebbene manchi nei documenti pubblicati dalle banche ogni minimo accenno, ogni minima cifra stati stica sull’opera dei singoli stabilimenti — e non è que- stra la minore fra le molte colpe delle quattro banche verso gli studi su ll’economia nazionale — può affer marsi esista una grande differenza fra quella che po trebbe dirsi la rilevanza media degli stabilimenti della Commerciale e del Credito e quella per gli altri due istituti. I primi hanno i loro organi quasi sempre in centri popolosi e di vera importanza economica, men tre per il Banco di Roma e la Banca di Sconto la tendenza espansiva è giunta a un grado assurdo e ha addotto alla apertura di filiali in località minuscole ; minuta ramificazione che sembrerebbe esulare dal compito di grandi banche nazionali. Attualmente gli stabilimenti della Commerciale e del Credito sono si tuati con; maggiore frequenza nell’ Italia superiore; per la Commerciale ha un notevole numero di organi in Sicilia e il Credito nel Mezzogiorno continentale. Il Banco di Roma ha molti stabilimenti nell’Italia me dia,. che in parte risalgono al tempo in cui esso era una modesta banca essenzialmente Laziale : su questi piccoli organi poggia l 'azione agraria dell ’istituto : la molteplicità dei rami diffusi in località secondarie si riconnette con il carattere cattolico di questa banca e con vincoli politico-economici. La Banca di Sconto
ha molte filiali minuscole in Piemonte, Lombardia e Veneto, ereditate dagli organismi di cui essa è la con- tinuatrice ; recentemente essa ha estesa assai la sua opera in moltissimi centri meridionali e insulari.
In Piemonte il Credito Italiano è insediato a To rino e in pochi altri centri di gran rilevanza (Asti, Biella, Casale, Novara, Pinerolo, Vercelli) con stabili- menti prevalentemente esistenti da anni ; la Banca Commerciale per molti anni a avuto quattro sole fi liali a Torino, Alessandria, Biella e Saluzzo ; col 1914 si hanno funzionanti altrb filiali a Canelli, Ivrea e No
vara e dopo la guerra aperse quelle di Cuneo, Tor tona e Valenza, sempre in piazze di notevole impor tanza bancaria. In Piemonte erano assai numerosi'gli stabilmenti della Bancaria e del Credito provinciale, istituti che operavano solo in alcune zone dell’Italia superiore : la Banca di Sconto fece una opportuna se lezione, chiudendo via via qualche filiale secondaria in centri puramente agricoli; gli stabilimenti sono tutta via numerosi (Acqui, Alessandria, Asti, Biella, Chie- ri, Cogaiola, Cuneo, Domodossola, Novi, Pinerolo, Torino,. Tortona, Vercelli) e parecchi derivano da as sorbimento di vitali organismi preesistenti. Il Banco di Roma da tempo teneva in questa regione una e c cola duratura serie di cinque stabilimenti (Asti, Ca sale, Novara, Torino, Yercelli); col 1918-19 accanto ad essi sono pullulate filiali minuscole in località pri ve di movimento d’affari, così da ritenersi la creazio ne non pienamente dovuta a circostanze economiche. In comolesso nel 1919 gli stabilimenti erano 51 e sor gevano in 31 centri.
In Liguria-, il Banco di Roma da lungo tempo te neva la sola filiale di Genova e apri dopo la guerra quella di Oneglia ; relativamente fitta è la. rete degli stabilimenti degli altri tre istituti sia in centri, indu striali e commerciali che in centri rilevanti pel mo vimento di forestieri : le sedi del Credito Italiano so no in parecchi casi di antica data (Chiavari. Geno va. Sampierdarena, Spezia) e ricordano le origini li guri dell’istituto: varie altre sono posteriori alla guerra : la Banca di Sconto ha ereditato dalla Ban caria le sedi di Genova e Sanremo e ha aperto poi quelle di Albenga, Chiavari, Sampierdarena, Savona e Soezia: la Commerciale da molti anni teneva le se di di Genova e Sanremo, cui nell’ultimo decennio ha aggiunto via via aue’le di Bordiehera, Oneglia. Se ste! S ne zia. Ventimivlia. Veltri. Sono-numerose le lo calità in cui sono funzionanti organi di più istituti ; gli stabilimenti sono 27 per 15 centri.
Mi-7 novembre 1920 — N. 242Mi-7 L’ ECONOMISTA 637 lanò. e poi quelle di Carate, Como, Saronno e B re
scia:; poco numerosi sono gli stabilimenti del Credito e della Commerciale, per quanto ambi gli istituti ab biano in Lombardia il loro centro di affari : la ri stretta rete (pel Credito : Bergamo, Lecco, Milano, Monza, Varese, Voghera ; per la Commerciale : Ber gamo, Brescia, Busto, Como, Lecco, Milano, Mon za) è da anni presso che consolidata. Numerosissimi invece gli stabilimenti della Banca di Sconto, molti fra i quali hanno una lunga tradizione e derivano da gli svariati organismi creditizi consolidati ed assorbi ti da questo istituto attraverso le sue laboriose me tamorfosi (Banca di Busto Asizio, Banco Zerbi, Ban ca popolare di Seregno, Credito Verbanese, Banco del Commercio Monzese, Banca Industriale Cooperativa di Milano e Sobborghi, Piccolo Credito Bustese, ecc.). I 43 stabilimenti noverati in questa regione per le quattro banche, sorgono in 27 centri.
E ’ singolare il fatto che nel Veneto manchino to talmente stabilimenti così del Banco di Roma come del Credito Italiano. La Banca Commerciale da gran tempo tiene stabilimenti a Padova, Schio, Udine, Ve rona, Venezia e Vicenza, cioè nei principali centri commerciali e industriali della regione : hanno avuto vita effimera le filiali di Mestre e Treviso, aperte po co prima della guerra. Piuttosto numerosi sono gli organi della Banca di Sconto i quali sorgono anche in località aventi importanza unicamente agraria; in buona parte esse derivano dalla Banca di Verona e da altri istituti veneti assorbiti in passato : I 23 sta bilimenti sorgono in 17 centri : nelle piazze in cui funzionano filiali della Commerciale esistono anche fi liali della Banca di Sconto.
Gli stabilimenti della provincie redente sono sorti dopo la guerra : una proposta anteriore, della So cietà di Credito Provinciale, per la 'apertura di una filiale a Trieste, non ha avuto seguito per difficoltà politiche. Il Credito Italiano — il quale è la banca più lenta nella creazione di organi, più restia a sud dividere la sua attività — ha creato la sola sede di Trieste; a Trieste hanno sede anche gli altri istituti e la Banca di Sconto ha creato filiali anche a Gorizia, Pirano e Pola. P er la Venezia Tridentina mancano or gani del Credito Italiano : gli altri tre istituti hanno sedi anche a Bolzano, e la Commerciale e la Banca di Sconto pure a Riva e Rovereto. In complesso adun que per la Venezia Giulia gli stabilimenti sono 7 in 4 piazze e per la Tridentina 10 in 4 centri.
Nell ’Emilia-Romagna il Banco di Roma non na pro pri organi ; il Credito Italiano da gran tempo aveva sedi solo a Modena e Parma e recentemente aperse quella di Bologna : relativamente scarsa è la orga nizzazione degli altri due istituti limitata quasi sol tanto ai capoluoghi di provincia deH’Emilia : mancano stabilimenti nella Romagna. Sono frequenti in questa regione i centri aventi più stabilimenti : auesti esisto no in numero di 16 in 9 centri.
Nella Toscana sorgono ben 26 stabilimenti del Ban co di Roma : questa rete è in gran parte sorta im provvisamente dopo la guerra, poiché prima, da molti anni, questo istituto teneva invariato un gruppo di ot to stabilimenti (Arezzo, Montecatini, Castelnuovo di Garfagnana, Firenze. Lucca, Orbetello, Siena, Viareg gio) ; le nuove creazioni sono avvenute per lo più in ! centri di media o di minuscola importanza, con movi- i mento prevalentemente agricolo. I pochi stabilimenti j degli altri tre istituti sono per lo più raccolti nelle ! medesime maggiori località (Arezzo, Carrara, Firenze, : Livorno Lucca, Pisa, Prato, Siena ecc.). I 47 stabi- | limenti complessivamente esistenti sono raccolti in 31 I centri.
Minima è la frequenza di organi di queste banche nelle Marche, inadeguata certo alla rilevanza econo mica della regione. Il Credito Italiano non vi ha alcun
j organo; la Commerciale ha la sola sede di Ancona | istituita nel 1910; la Banca di Sconto ha la sede di j Ancona e quella- recente di Rimini ; il Banco di Roma | ha stabilimenti in centri secondari (Fabriano, Fermo,
Montesampietraimgeli, Porto S. Giorgio) per lo più di recente istituzione. I 7 stabilimenti esistenti sorgono in 6 centri.
Anche nell’Umbria gli stabilimenti sono poco fre quenti. Il Credito possiede la sola succursale di Ter- ; ni, istituita nel 1919; la Banca di Sconto quelle di Foligno. Orvieto, Perugia e Terni, istituite nel 1918; la Commerciale alla vecchia succursale di Perugia (derivata dall’assorbimento di un istituto locale) ha aggiunto nel 1919 -’ella di Foligno; sono di recen tissima. creazione anche parecchie tra le filiali -del Banco di Roma. In complesso in 8 centri sorgono 13 stabilimenti.
Nel Lazio la Banca di Sconto e la Commerciale hanno solo stabilimenti a Roma, il Credito anche a Civitavecchia; il B an co n i Roma, accanto alla centra le, nossiede un grosso gruppo di piccoli organi, dif fusi in località secondarie, con cui opera una certa azione di credito agrario, connessa ancora con l ’indole e le direttive iniziali dell’istituto; la lista di queste minuscole filiali non è rimasta invariata nel tempo : taluna è stata liquidata e altre aperte di recente : do po la crisi la serie ha subito una transitoria riduzione. Nella regione esistono dunque 15 stabilimenti su 12 centri.
Ristretta è la ramificazione bancaria nell’Abruzzo. La Commerciale nossiede dal 1913 una filiale a P e scara, il Credito dal 1914 una a Chieti ; il Banco di Roma da gran tempo ha una filiale ad Avezzano cui aggiunse recentemente altre ad Aquila e Celano; la Banca di Sconto ereditò dal Credito Provinciale gli stabilimenti di Aotrodoco ed Aquila: chiuse il primo nel 1915 e creò recentemente quelli di Avezzano e Sulmona. In complesso gli stabilimenti sono 8, distri buiti in 6 località.
Piuttosto fitta è la rete bancaria nella Campania. La Commerciale per molti anni ebbe la sola sede di Napoli, cui aggiunse poi prima della guerra quelle di Salerno e di Sorrento: quest’ultima chiusa nel 1915. Il Banco di Roma sino al 1918 ebbe i soli stabilimen ti di Napoli e Torre Annunziata, cui nel 1919 aggiun se altre 5 filiali. Il Credito sino al 1911 ha avuta la sola sede di Napoli e poi ha fatto via via parecchie creazioni sino a costituire nel 1919 un gruppo di 7 stabilimenti. La Banca di Sconto ereditò dalla Ban caria le sedi di Napoli e di Formia e dal Credito Provinciale quelle di Caserta, Napoli, Nocera e Sa lerno: nel 1919 creò ancora qùelle di Avellino, B e nevento, Castellammare e Nola. I 25 stabilimenti so no distribuiti in 16 località.
La fitta schiera di stabilimenti nelle Puglie è in gran parte di creazione recente e si riconnette colla scàrsità di sviluppo del movimento creditizio locale. La Commerciale sino al 1916 possedeva solo sedi a Bari e L ecce; ne creò posteriormente a Barletta e Ta ranto; il Credito sino al 1917 possedeva stabilimenti a Bari, Foggia, Lecce e Taranto; altri aprì poscia a Barletta, Brindisi e Molfetta. Il Banco di Roma è comparso nella regione nel 1918 a Bari e si stanziò subito dopo a Andria, Foggia, Nardò e Sansevero. I predecessori della Banca di Sconto non avevano orga ni in questa plaga : essa ha istituito filiali ad Alta- mura, Cerignola e Foggia. Gli organi bancari ammon tano così a 19 situati in 12 località.
L ’esiguo movimento economico che si svolge nella Basilicata, poggiato soltanto sulla produzione agraria, non ha attratto ancora l ’attenzione dell’alta banca; so lo nel 1919 essa è comparsa nella regione colle filiali create a Potenza dal Banco di Roma e dal Banco di Sconto. Scarsa e recentissima è l ’azione bancaria in Calabria. Il Banco di Roma ha aperto nel 1919 una filiale a Monteleone, il Credito nel 1919 a Catanza ro, la Commerciale nel 1918 a Reggio, la Banca di Sconto nel 1917 a Reggio, nel 1918 a Gioia Tauro e nel 1919 a Cosenza, Cotrone e Rossano. Gli sta bilimenti sono così 8 e sorgono in 7 centri.
638 L’ECONOMISTA 7 novembre 1920 — N. 2427 e tosto si affermò cogli stabilimenti di Catania, Mes-
[ sina, Modica, Palermo e Siracusa; il Credito si è | insediato nel 1914 a Catania e nel 1917 a Messina; ; la Commerciale da tempo operava a Catania, Messina | e Palermo; nel 1913 (coll’estendersi delle connessioni ,! dell'istituto con l’industria solfifera) aperse altri orga- ! ni ad Acireale, Caltanissetta, Siracusa, Termini e ! Trapani, gruppo rimasto di poi invariato, la Banca di I Sconto ha ereditato dal Credito Provinciale il solo stabilimento di Palermo, ed altri ha poi creato con | rapida iniziativa ad Alcamo, Caltanissetta, Catania, Lentini, Licata, Marsala, Messina, Riposto, Siracusa, Termini e Trapani. La rete bancaria è così piuttosto fitta nell'isola ed estesa anche a centri secondari; es sa consta di ben 27 stabilimenti, distribuiti in soli 14 j centri, talché sovente una stessa località conta organi I dii più istituti.
| Assai più esigua è la ramificazione bancaria in Sardegna. Il Banco di Roma e la Banca di Sconto I non sono ìappresentati nell’isola; la Commerciale da ! gran tempo è insediata a Cagliari e dal 1912 anche ! a Sassari; il Credito ha costituito nel 1914 stabili- menti a Cagliari, Iglesias e Oristano, e poi nel 1918 a Ozieri e nel 1919 a Sassari. In complesso gli sta bilimenti sono 7 in 5 centri.
Le cifre raccolte qui appresso sono per ciascuna re gione in rapporto fra il numero degli stabilimenti e il numero dei centri ove sono situati secondo i dati del 1919 : i rapporti più elevati indicano casi più frequenti di stabilimenti pertinenti a più istituti raccolti in una stessa località :
j P P ntc 1 .6 5 Umbria 1 .6 3
! Liguria 1 .8 0 Lazio 1 .2 5
Lombardia 1.59 Abruzzi 1 .3 3
Veneto 1 .3 5 ' Campania 1 .5 6
Venezia Giulia 1.75 Puglie 1 .5 8
Venezia Tridentina 2 .5 0 Basilicata 2 .0 0
Em ilia Romagna 1.78 Calabria 1 .1 4
Toscana 1 .5 2 Sicilia 1 .9 3
i Marche 1 .1 7 Sardegna 1 .4 0
Gli altri rapporti talora corrispondono ad intenso movimento economico cui corrisponde molteplicità di opera creditizia : talora invece a soverchia fittezza della rete bancaria, a inutili e pericolosi « doppioni ». | Questa rapida escursione attraverso la rete territo riale dell'alta banca sembra mostrare che la ramifi cazione è qua e là mancante, ma più spesso esuberante.
Presentiamo qui appresso cifre indicanti la di stribuzione degli stabilimenti dei quattro istituti nelle colonie e all'estero :
Banca Commerc.
Cred ito
Italiano di ScontoBanca di RomaBanco Totale 19141919 19141919i 1914 1919 19141919 19141919 Libia 3 2 3 2 Eritrea
— — — _
_
1_
1 Francia--. — — _
_
2 1 2 ! 4 | Inghilter. 1 1 1 1_
2 2 1 Svizzera— —
— _
_
_
_
2_
2 Spagna— — — _
__
3 3 3 3 Turchia---
1— _
_
1 1 1 1 3 1 Europea Malta 1 1 1 Dodecan-— — — _
_
_
1 1 heso Asia Min. 3 3 Siria_ _ _ __
5 5 Palestina. — — ._
_
2 1 2 Stati Un. 1_
_■
1 2 Brasile— — — ,_
_
3_
3 Egitto— —
— — — 2 17 2 17 Totale 1 3 • , — 7 11 39 13 51 La creazione di stabilimenti propri a ll’estero per gran tempo è stata curata quasi soltanto dal Banco di Roma; durante molti anni le altre banche ¡imitaro no questo ordine di opera alla fondazione cu una filiale a Londra pel contatto col maggior centro ban cario internazionale, e preferirono svolgere l ’ancora ristretta opera in qualche paese estero mediante par tecipazioni in speciali organismi bancari per deter minati paesi: all’uopo non deve dimenticarsi che sino alla vigilia della guerra, nella gestione di qualche no stro istituto avevano larga parte nuclei finanziari este ri, da cui derivano stretti rapporti bancari. L ’azio ne del Banco di Roma fuori d'Italia con propri or gani, si è svolta da gran tempo in parecchi paesi m e diterranei e specialmente nel Levante, non sempre con la debita ponderazione e bene SDesso con forme e speculazioni non adatte a un istituto creditizio : quel la azione attraverso fasi burrascose, non è stata l ’ul tima fra le cause della grande crisi che minacciò r e sistenza dell ’istituto.
L ’azione a ll’estero delle quattro banche ha assunto carattere e sviluppo nuovi dopo la guerra, sia con la i formazione di stabilimenti propri, sia con molteplici partecipazioni in organismi bancari esteri e comi niù intimi contatti con l ’alta banca internazionale, sia in fine con la varia formazione di organismi autonomi, ma strettamente congiunti con le nostre banche, desti nati a curare gli affari in dati territori. Questa varietà e dilatazione di opera è stata avviata sopratutto coll 'an no 1919 e trova grande analogia nella vasta espan sione verso l ’estero che si avverte nel movimento creditizio in Inghilterra, negli Stati Uniti, in Fran cia. (I). Essa si riconnette con la ben nota tradizione bancaria germanica e trova il suo movente nelle con dizioni muove dei rapporti finanziari internazionali, nelle condizioni nuove dei rapporti monetari, nelle necessità del credito, sia per il commercio di impor tazione che per quello di esportazione, e nelle pos sibilità che si sono delineate per la penetrazione eco nomica italiana nei paesi dell’Europa centrale e del Levante.
Le cifre dianzi esposte mostrano Resistenza all’e stero di un buon numero di stabilimenti ramificati nelle nostre banche, ma non può certo dirsi che essi costituiscano il principale plesso per la nostra azione bancaria a ll’estero; nella grandissima maggioranza essi sono pertinenti al Banco di Roma, il quale, at traverso essi, riprende ed allarga il suo vecchio pro gramma di azione levantina (programma che talora si riconnette col carattere cattolico dell’istituto): il numero degli stabilimenti è rilevante, ma può rite nersi che bene spesso essi consistano in piccoli comp-
toirs di scarsa rilevanza economica, cui faccia capo un ristretto giro di affari. Di ben maggiore importanza sono le filiazioni autonome, rafforzate o create in quest’ultimo anno, gli organismi di carattere interna- zionate e le interessenze assunte in imprese varie con cui le nostre quatro banche hanno allacciato più stretti rapporti con l 'Inghilterra, la Francia, il Belgio, le due Americhe e hanno iniziato un’opera vasta è varia di penetrazione in Bulgaria, Romenia, Turchia, Asia Minore, Polonia, nel» Caucaso. La Banca Com merciale ha ultimamente costituito a Sofia, col con corso dii capitali bulgari, la Banca Commerciale Ita liana e Bulgara : a Fiume, col concorso di capitali un gheresi. la Banca Orientale Italiana e a Bucarest e Galatz la Banca Commerciale Italiana e Rumena : ha esteso l ’azione nelle due Americhe per mezzo della Lincoln Trust Company e della Banca francese e ita liana per l ’America del Sud; l ’azione in Francia è cu rata dalla « Banca commerciale (France) » con pa recchi stabilimenti, quella in. Svizzera dalla Banca del la Svizzera italiana e quella del Levante dalla Socie tà Commerciale d’Oriente, organismi tutti in cui la Commerciale ha partecipazioni più o meno estese. Il Credito Italiano nel 1919 ha aumentata la sua parte cipazione nella Banca Italo-Belga di Anversa, nel Crédit général liégeois, ha concorso alia formazione
7 novembre 1920 - N. 2427 L’ECONOMISTA 639 in Svizzera della Banca unione di Credito, ha assunto
una quota nel capitale della Banque générale aes pays roumains ha concorso alla costituzione della Ban- ta italo-cinese e ha intrecciato vincoli di interessenza in istituti creditizi dell'Austria, delTUngheria, della Czecoslovacchia. La Banca di Sconto ha stipulato spic ciali accordi con la Banca di Bruxelles e ha istituito la Banca italo-caucasica di sconto : già anteriormente aveva stretto vincoli in Inghilterra colla Banca Bar clay e creato una propria dipendenza autonoma ne gli Stati Uniti (Italian discount and trust company)., Il Banco di Roma a differenza degli altri istituti, cura Fazione all’estero prevalentemente con propri stabi limenti : segnala tuttavia la partecipazione, con capi tali e uomini nella Banca italo-russa o nel Sinda cato commerciale italo-russo.
« Il movimento di espansione bancaria all'estero — nota il niù volte citato numero bancario delVEconomist — ha trovato la sua espressione in tre forme : nella conclusione di stretti accordi di esercizio con banche dei centri forestieri, nell’assumere grandi o piccole partecipazioni in tali banche, o nell'istituire in detti centri propri stabilimenti. Ciascuno di auesti tre me todi presenta vantaggi e svantaggi. Gli accordi di e- sercizio, per quanto stretti, sebbene siano di grande utilità per ciascuna delle banche interessate, lasciano la banca senza diretti benefìci sui profitti che si gua dagnano nel centro forestiero e non danno controllo sulle direttive e la gestione della banca estera. La creazione di uno stabilimento a ll’estero non solo re ca affari alla sede centrate, ma procura guadagni di retti per il lavoro compiuto nel centro estero: d’al tro lato, gli svantaggi consistono nella rivalità che ta le stabilimertto provoca verso le banche estere locali, nel naturale risentimento che sorge verso lo stranie ro e i suoi diversi metodi di gestione, fenomeni que sti che possono addurre in ultimo a difficoltà per la vita dello stabilimento, ed anche, indirettamente, nel la perdita per la sede centrale di altri affari col pae se di cui si tratta. Col terzo metodo, quello di assu mere partecipazione in qualche banca straniera, è creato un vincolo di interesse più forte che con un semplice accordo : però il rischio è limitato alla at tuate quota di partecipazione, mentre non solo si ot tiene con questo mezzo un’aliquota dei profitti gua dagnati nel centro straniero, ma anche si ha una voce nell’amministrazione della banca estera che può es sere rivolta ad una collaborazione più stretta con la banca centrate ». Le banche italiane, nella loro e- spansione a ll’estero, hanno seguito variamente i tre metodi distinti dalla rivista inglese: sembra, però, che la migliore riuscita abbia sortito l ’adozione di un quarto metodo che pare raccogliere in maggiore co pia i coefficienti di vantaggio e di buona riuscita, quello della creazione di organismi amministrativa- tivamente autonomi per l ’azione in dati territori, con parziale autonomia economica ma rispetto ai quali la banca a piena padronanza del capitale, ha continuità di rapporti, controllo sulle direttive e cui fornisce, inizialmente, il personale fondamentale : la parziali autonomia amministrativa ed economica rende questi organismi meglio adattabili, meglio pieghevoli alle consuetudini ed esigenze locali e dà loro una maggio re vitalità. Questo congegno per l ’espansione a ll’e stero sembra preferibile quando il giro di affari si presenta adeguato, ed è seguito con promettente ri sultati specialmente dalla Banca Commerciale e dal Credito Italiano.
Riccardo Bachi.
S i fa preghiera a i S igg. A bbonati d i
richiedere i fa sc ic o li sm arriti non oltre un
m ese d alla data d ella loro pu bblicazione,
perchè sovente, dopo tale periodo, le col
lezion i d i riserva rim angono esaurite.
Sull’Istituto per i Cambi
L'Istituto Nazionale per i cambi con l'estero ven ne creato per necessità di politica economica. Nel l ’economia di guerra i mercati dei due gruppi bel ligeranti erano mercati aperti soltanto con i propri Alleati, risultando ostacolati gli scambi internazionali con i neutrali per le difficoltà degli approvvigiona menti, dei trasporti con noli proibitivi e per gli alti cambi.
Cambi così elevati per gli- Stati belligeranti deriva vano dallo stato della produzione, del commercio in ternazionale e delle condizioni del mercato monetario. Gli Stati, per far fronte alle spese di guerra, erano costretti ad emettere debiti fluttuanti e consolidati, a ricorrere alte anticipazioni delle Banche di emissione, determinando un’inflazione, un eccesso di medio c ir colante, che deprezzava la valuta metallica e fiducia ria. Le esportazioni diminuivano, perchè te industrie rivolgevano specialmente le loro attività a fini bellici e l ’elemento psicologico e speculativo tendeva a far variare i cambi secondo gli avvenimenti militari e po litici.
L ’Italia che, alla vigilia della guerra aveva un cam bio sfavorevole di appena il 2 per cento circa sulle varie divise, dovette subire cambi più alti, che non erano stati raggiunti anteriormente, neanche nei pe- l| riodi più critici.
Il cambio sfavorevole, nel" periodo anteriore alla | guerra, derivava specialmente dal fatto che il biglietto i a corso forzoso non era pagabile in oro.
Le necessità della guerra imponevano un'emissione ¡1 di biglietti di Banca e di Stato per provvedere alle più | immediate esigenze del Tesoro, per la possibile tesau
rizzazione della moneta che influiva a fare diminuire la velocità di circolazione.
L ’Italia doveva necessariamente subire i dannosi ef fetti del suo incipiente sviluppo economico, per cui il saldo della sua bilancia economica veniva pareggiato dalle entrate per il movimento dei forestieri e dalle ri messe degli emigranti, mentre poca influenza avevano i noli della bandiera nazionale.
A ll’aumento delle importazioni, divenuto più impor tante per il deficiente raccolto, per gli alti noli a fa vore delle marine estere e gli elevati premi di assicu razione per i rischi di guerra doveva necessariamente corrispondere un cambio sempre più alto.
I bisogni finanziari accrescevano sempre più il me- dio circolante, mentre gli elementi psicologico e spe culativo facevano variare i cambi, producendó incer tezza nei prezzi per pagamenti futuri e maggiore ag gravio a ll’economia nazionale.
Da un punto di vista teorico, se il rialzo dei cambi si fosse verificato in un sistema economico normale, non turbato dalle speciali conseguenze della guerra ed in relazione di affari con le altre economie nazionali, sarebbe stato opportuno diminuire rem issione fiducia ria a valersi di una efficace politica dello sconto per regolare il mercato.
Con le variazioni del saggio dello sconto sarebbe stato possibile frenare o incoraggiare il movimento spe culativo, influire nel regolare lo sviluppo commerciale ed industriate ed evitare l ’ulteriore inasprimento del cambio, richiamando il capitate straniero col più alto saggio.
Ma in periodo di guerra queste norme non potevano essere completamente osservate, perchè in generale i capitalisti stranieri sono più restii ad investire il loro denaro in un paese in guerra per l'influenza dell’ele mento psicologico e possono vincere questa ritrosia, determinata dalla difficoltà degli scambi, delle comuni cazioni e dalFincertezza degli avvenimenti politici sol tanto, se attratti da un alto saggio di sconto, per pura speculazione.
j 640
I
constatandosi una riduzione sensibile nel portafogli j cambiario ed un aumento di anticipazioni su valori, 1 specialmente di Stato.In una Nazione come l ’Italia, che sopportava già la più elevata pressione tributaria, non era possibile prov vedere ai gravi oneri derivanti dalla guerra colle im poste, e quindi col suo prolungarsi si dovettero accre- I scere i debiti fluttuanti con un notevole aumento di j circolazione cartacea. Non era neanche possibile emet- ! fere preventivamente un prestito consolidato di somma j rilevante, perchè bisognava attendere la formazione del nuovo risparmio prima di emettere un altro prestito e 'perciò si osserva una inflazione più notevole nel pe riodo che precede e segue remissione dii un prestito J per la ripercusione bancaria dell’operazione finanzia ria, sino al completo assorbimento dei titoli da parte del nuovo risparmio. Nelle critiche condizioni del pe riodo bellico, per l ’importanza che hanno i cambi sulla economia nazionale e per le ripercussioni che possono ! avere nel futuro sulla vita economica della Nazione, si ¡ ritenne opportuno creare l ’Istituto nazionale per i cam bi, allo scopo di concentrare il delicato e complesso I movimento delle divise e dei pagamenti internazionali j con unità di intenti e di criteri, per un fine generale, per sottrarlo specialmente all ’influenza dell ’elemento | psicologico.
i II D. L. I l dicembre 1919 n. 1956 stabilì che l ’I- j stituto, con un capitale di 10 milioni, doveva avere personalità giuridica e gestione autonoma, sotto la vi- | gilanza del Ministero del Tesoro. Doveva essere com
posto da un Consorzio bancario formato dai tre Istituti di emissione e dai quattro maggiori Istituti di credito, a cui potevano essere aggregati Banche e Ditte Ban carie, specialmente dedite al commercio d'ei cambi. Per la durata della guerra e sino a sei mesi dopo la conclusione della pace doveva essere riservato al solo Istituto nazionale per i cambi il commercio di ogni mezzo, che potesse servire a pagamenti fuori d’Italia. L acquisto delle divise, delle tratte . sull ’estero, dei biglietti di banca forestieri, la realizzazione a ll’estero dei titoli stranieri e 1 incasso delle cedole relative era riservato esclusivamente a ll’istituto, che poteva for- [ nire cambi a chi' ne avesse avuto bisogno.
| Le vendite di cambi (art. 8) potevano essere fatte i soltanto a coloro che dovevano servirsene per paga- j menti a ll’estero, dipendenti da importazioni di merci '! ammessi dalle R. Dogane per soddisfare impegni in- ! declinabili assunti verso l ’estero prima della costitu- j zione del Consorzio per provvedere a giustificati bi- ¡ sogni di^ persone che, avendo beni nel Regno, risie dono all'estero; e devono essere eseguite contro una dichiarazione indicante con precisione lo scopo del- l ’acquisto.
Il Tesoro dello Stato si obbligava di porre a dispo sizione come primo fondo un ammontare di crediti verso l ’estero, che sarebbe stato alimentato con i crer diti di cui il Tesoro avrebbe creduto opportuno di di- spCiTe oer regolare il corso dei cambi. Furono am messe le anticipazioni su partite di cambi da parte de gli Istituti di emissione, che potevano considerarle co me riserve per la circolazione. Nessun impegno poteva essere assunto senza averne data preventiva notizia a ll’Istituto, che doveva dichiarare prontamente se lo ammontare dei cambi richiesti poteva essere con cesso.
Dovevano essere promossi sollecitamente raggrup pamenti delle principali industrie importatrici, intesi a rendere più sicuro il controllo sulle importazioni del le materie prime e dei manufatti ed a stringere rap porti diretti e continuati tra le industrie nazionali e l'Istituto.
I pagamenti all estero di cedole di titoli di Società e di altri enti italiani ed il rimborso di titoli estratti sa- 1 anno senza eccezione sottoposti a ll’applicazione -del- 1 affidavit, come per i titoli di Stato. Per regolare in modo favorevole a tutta l ’economia nazionale il mer cato monetario furono vietate col D. L. 25 novembre 1917 1 esportazione di valori e la cessione di crediti
7 novembre 1920 — N. 2427 a ll’estero, che non avessero per ¡scopo il pagamento di merci, di cui fosse consentita e prossima l ’importa zione nel Regno, la estinzione dii debiti scaduti e di
provvedere a bisogni alimentari di persone che, a- venclo i loro beni nel Regno risiedono a ll’estero.
L esportazione di merci era subordinata all 'obbligo che per tutte le vendite, il relativo prezzo iosse sta bilito o corrisposto nella valuta del Paese acquirente 0 di destinazione, salvo che le eccezioni che potevano essere consentite dal Ministro del Tesoro di concerto con quello delle Finanze. Il ministero del Tesoro, di concerto con quello delle Finanze poteva imporre che
1 cambi derivanti dalle operazioni fossero ceduti con tro pagamento in valuta cartacea al Tesoro medesimo o ad un ente da esso indicato. !
Sarebbe stato efficace completare, durante il pe- j riodo bellico, queste disposizioni, che tendevano a di- j sciplinare un fenomeno economico cosi complesso, che è un vero indice delle condizioni del mercato f’inan- I ziario ed economico, quando elementi psicologici e ! speculativi non lo perturbino, con l ’obbligo della ces- | sione dei titoli esteri all Istituto Nazionale, dei cambi, con le modalità che potevano essere determinate dal ' Ministro del Tesoro.
I nostri Alleati durante la guerra si valsero di acqui sti di valori americani sul mercato interno per realiz zarli agli Stati Uniti come mezzo dii compensazione, anche •’rima della loro partecipazione alla guerra.
Questi titoli esteri depositati presso il Tesoro contro adeguato^ compenso erano usati anche come garanzia sussidiaria di prestiti stipulati in America. Secondo la relazione del Direttore generale della Banca d’Ita lia del 1916, i titoli stranieri posseduti in Italia ammon tavano a 8 00 milioni di capitale e con la necessaria e- missione di prestiti esteri certamente questi investi menti saranno aumentati, perchè risulta che alcuni hanno cercato di investire le loro disponibilità a ll’e stero anche nel momento in cui i cambi rialzavano notevolmente, come si rileva dall’esposizione finan ziaria. Quindi sarebbe stato opportuno imporre ¡ ’ob bligo della cessione per l ’eguaglianza di tutti nei sa crifizi economici, che sono minimi rispetto ai sacrifici personali e per avere un mezzo importante per in fluire nella bilancia dei pagamenti e delle disponibilità liquide.
Appunto per non fare diminuire tale disponibilità, il D. L. 12 dicembre 1917 stabilì che il collocamento nel Regno di titoli esteri e di altri valori esteri di pri ma emissione, sia sottoposto all ’approvazione del Mi nistero del Tesoro, anche se tali titoli rimanessero in de
posito a ll’estero.
A tali necessità la Germania fece fronte con De creto del 22 marzo 1917.
Nazioni più ricche ed in condizioni finanziarie mi gliori delle nostre non esitarono a prendere questo provvedimento per il vantaggio dell’economia sociale. L ’Istituto Nazionale per i cambi non poteva certa mente deprimere 1 alto cambio, che ha le sue ragioni di essere nelle anormali condizioni e conomiche e poli
tiche determinate dalla guerra. Esso potè influire a togliere gli effetti dannosi derivanti dall’elemento psicologico e speculativo, attenuando gli sbalzi repen tini, cercando di mantenere per un più lungo periodo gli equilibri provvisori che si stabiliscono nel com mercio dei mezzi di pagamento internazionale, cer cando di quotare il cambio con più conoscenza delle reali condizioni del mercato, influendo su di esso con la oooperazione del Tesoro che creava le ragioni di credito a ll’estero, mediante apertura di credito degli Stati Alleati, specialmente gli Stati Uniti e l ’Inghil terra. Il Tesoro avrebbe potuto favorire e vigilare at tentamente questa politica dei cambi, collocando o rea lizzando a ll’estero anche i titoli stranieri posseduti da italiani, oppure stipulando prestiti con la loro ga- rai^ia.
7 novembre 1920 — N. 2427 L’ECONOMISTA l ’azione dell’Istituto indirettamente poteva agire sul
consumo limitandolo ed anche sulla produzione, che poteva avere mezzi e facilitazioni per i suoi scambi in ternazionali, per l'acquisto delle materie prime, di ciò che occorre perche dia tutte le Nazioni abbia assi curati i mezzi di esistenza e di sviluppo. Se l ’azione dell’Istituto fosse stata più organica e completa sareb be stato possibile costituire raggruppamenti delle prin cipali industrie importatrici e dall’entità degli seam bi, dei mezzi richiesti per il pagamento a ll’estero, sarebbe stato possibile conoscere il loro andamento, la loro reale potenza.
Lo Stato avrebbe potuto avere elementi sicuri per la sua politica commerciale del periodo di ricostruzione economica e di riassetto internazionale, per la sua politica doganale, che dovrebbe favorire lo sviluppo delle industrie mediante l ’acquisto delle materie pri me e tutte le agevolazioni, che possano mettere in valore le vive energie delle nostra Nazione.
Ma ner un fenomeno caratteristico degli organismi amministrativi che, preoccupati di raggiungere il fine immediato per cui sono stati creati, non intravedono le correlazioni che esistono con le sue cause remote e quindi non raggiungono pienamente i risultati che si propongono di realizzare, l ’Istituto Nazionale per i cambi, ner poter mantenere entro certi determinati li miti il rialzo dei cambi, ostacolò soverchiamente la importazione, senza poter raggiungere l ’effetto di au mentare l ’esportazione, perchè la produzione nazio nale era scarsa ed inadeguata ai bisogni del mercato. Per frenare l ’importazione, qualche volta si ostacolava l ’entrata delle materie prime o di merci semi-lavorate, che avrebbero potuto dare lavoro alle industrie e nuo vo impulso a ll’esportazione. La necessità di regolare il prezzo della divisa estera influiva su tutta la vita eco nomica, alterandone il .normale sviluppo, che veniva sottoposto ad un fenomeno dfi circolazione, mentre più importanti sono gli altri aspetti del fenomeno econo mico, che venivano subordinati al regolamento dei cambi.
Inoltre l ’Istituto nazionale per i cambi poteva svol gere un’opera utile e moderatrice per l ’efficace inter vento del Tesoro, che poteva disporre di aperture di crediti da parte dei Governi degli Stati Uniti e di In ghilterra!. A ll’unità di intenti, alla coordinazione degli sforzi nel campo militare doveva corrispondere una coordinazione di sforzi nel campo finanziario nel mo mento in cui più critiche erano le condizioni dell’orga nismo economico per l ’immenso sforzo della guerra.
Mentre nel periodo di guerra tutte le direttive econo miche erano rivolte a ll’approvvigionamento del mate riale bellico e delle derrate alimentari, nel periodo successivo l ’azione più libera dei traffici e dei com merci doveva necessariamente richiedere una minore restrizione alla sua attività internazionale per regolare il corso della divisa estera.
Per questo bisogno, vivamente sentito negli am bienti commerciali ed industriali, e per il fatto che i Governi ed i Parlamenti della Gran Bretagna e degli Stati Uniti d’America ritennero opportuno di interrom pere gli accordi di carattere internazionale in materia finanziaria e quindi le aperture di credito, l ’Istituto Nazionale per i cambi fu trasformato e dalla condizione di monopolio la sua azione, col D. L. del 13 maggio
1919 divenne di vigilanza e di controllo.
Furono mantenute in vigore le precedenti disposi zioni dirette ad ostacolare l ’emigrazione di capitali ed a frenare le importazioni di merci meno necessarie dall’estero.
Nell’attuale periodo di assestamento, in cui per le limitate offerte in relazionò alla domanda delle divise è ancora possibile che i prezzi salgano ad un punto molto più elevato del reale costo di produzione o del reale obbiettivo, valore di scambio, il sistema del ri scontro è efficace, qualora sia esercitato facendo pre valere gli interessi collettivi e generali sui privati, allo scopo di moderare le oscillazioni e di imoedire l ’emi grazione di capitali a ll’estero, per sfuggire al
paga-641 mento delle imposte, o per il timore delle agitazioni operaie o della rinnovazione industriale che matura sotto rincalzare del movimento sociale.
Per ostacolare l ’esodo dei capitali monetari e liqui di, 1 art. 11 del D. L. 13 maggio 1917 stabilisce che siano « soggette a ll’aprovazione preventiva dell’Isti tuto dei cambi le operazioni di partecipazioni finan ziarie a ll’estero e le negoziazioni di titoli in paesi stra nieri da parte di Banche e ditte italiane.
L ’Istituto può anche effettuare operazioni ritenute utili all’andamento del mercato dei cambi dal Ministro del Tesoro e fissare temporaneamente dei limiti di prezzo per le operazioni di cambio.
Il doti. Santoponte in un interessante volume : « Il mercato monetario e la guerra » mette in rilievo il nuovo carattere assunto dai rapporti economico finan- ziarii nei riguardi dei cambi con resterò. Egli scrive: « Il paese debitore, costretto dalle esigenze della guer ra a sviluppare attivamente le sue importazioni, deve poterne rinviare il pagamento, ossia poter disporre, a fronte di esse, di crediti largiti ai privati o al go verno, dagli stessi mercati esportatori, se vuole evi tare un ulteriore deprezzamento della sua valuta; in altre parole, occorre sia aumentata nel paese importa tore l ’offerta di cambio su quello esportatore mediante la cessione al mercato di disponibilità quivi procuratesi da consorzii*bancarii nazionali, o dal Tesoro con la sti
pulazione dei debiti ».
L ’influenza di tali aperture di credito è stata molto utile nel determinare una minore tensione nel corso dei cambi su New York dopo l ’intervento degli Stati Uniti e la deliberazione della Tesoreria di Washington di fornire essa stessa alle Nazioni alleate i mezzi per regolare le loro compere di prodotti americani.
Secondo il dott. Santoponte il cambio nell’economia di guerra è la risultante del prevalere di fattori insuf ficientemente analizzati o realmente secondari, che con la loro azione dominante sconvolgono profondamente il funzionamento del mercato monetario internazionale ed il meccanismo dei cambi.
Oltre le cause dovute alle ragioni politiche e so ciali e rendono agitati i mercati del periodo bellico è del dopo guerra la influenza, l ’entità delle operazio ni e dei versamenti eseguiti per il regime interstatale del credito, per le ripercussioni di natura finanziaria e bancaria.
Q uest’aspetto del fenomeno è accuratamente stu diato dal dott. Santoponte, il quale così si esprime : « Rimpetto alle masse di disponibilità possedute dal paese debitore sul mercato creditore a una qualsiasi data e comunque originate, l ’elemento dal quale di pende principalmente il corso del cambio si è il rap porto della massa stessa ai versamenti d’ogni natura che, in quel momento, debbono essere fatti, cioè ai bisogni attuali di valuta estera del mercato debitore; i quali traggono origini non soltanto dalle importazioni di merci di un periodo più o meno breve e recente, ma anche da quelle anteriori e non ancora saldate; dal prezzo di servizi resi dall’uno a ll’altro paese e da altre somme dovute da privati al govejno, non concernenti l ’acquisto di merci, insomma dall’entità delle partite passive della bilancia dei pagamenti in genere che a qual dato momento, sono divenute esigibili ».
Il Decamps, capo del servizio degli studii econo mici e finanziarii presso la Banca di Francia, ritiene che la crisi del cambio dipende « d ’un affaiblissem en t
prog ressif du crédit ». Questo indebolimento è stato provocato da un eccesso nel consumo e da una insuf ficienza dello sforzo produttivo, da una grande pi grizia finanziaria e. fiscale, complicata di una ipertrofia delle spese pubbliche e private, infine da un turba mento grave della circolazione.