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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.47 (1920) n.2401, 9 maggio

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(1)

L ’ ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T IM A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI. FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

.

Direttore :

M. ,T. de Johannis

inni Illll - Voi. LI

F M o m a , 9 Maggio 1920 S

1

2401

1920

Alcune combinazioni che abbiamo potuto stipulare

con periodici che andremo assorbendo nel corso del­

l’anno prossimo ci permettono di riportare l’Economista

al numero di pagine che esso aveva prima della guerra

e di completarne quindi in modo notevole la redazione;

la circolazione, per effetto delle fusioni accennate, verrà

ad aumentare tanto da superare di gran lunga la somma

delle tirature dei periodici congeneri. I miglioramenti

accennati, che dobbiamo alla fedele assistenza dei vecchi

e nuovi lettori, cui siamo altamente riconoscenti, po­

tranno essere attuati solo col mese di luglio a causa

di difficoltà tipografiche.

BIBLIOTECA DE “ L' ECONOMISTA „

St u d i Ec o n o m i c i Fi n a n z i a r i e St a t i s t i c i

p u b b l i c a t i a c u r a d e

L’ ECONOMISTA

1 ) Fe l i c e Vi n c i

L’ ELASTICITÀ’ DEI CONSUMI

con le sue applicazioni ai consumi attuali e prebellici

Il

_______________=

L.

2

=

________

2 > Ga e t a n o Zi n c a l i

Di alcune esperienze metodologiche

tratte dalla prassi della statistica degli Zemstwo russi

3

)

Do t t. Er n e s t o Sa n t o r o

Saggio critico su la teoria del valore

nell’economia politica

♦ ) Al d o Co n t e n t o

Per una teoria induttiva dei dazi

sul grano e sulle farine

=

L.

2

=

In v e n d i t a p re s s o i p r i n c i p a l i l i b r a i - e d i t o r i e p re s s o P A m m in is tra z io n e d e l l ’ E c o n o m is ta — 56 V ia G re g o ria n a , R o m a.

S O M M A RI O :

PARTE ECONOMICA.

La diminuzione della produzione agricola.

Il fenomeno burocratico e il momento economieo-finanziario (An s e l m o Be r n a r d in o,).

Sullo sviluppo degli impianti idroelettrioi.

Le Società ordinarie per azioni in Italia nell’anno i9 2 o . RIVISTA BIBLIOGRAFICA

FINANZE DI STATO

p I p r o v e n ti d e i m o n o p o li. — E n t r a te d e llo S ta to . — S itu a z io n e

d e l T e s o ro .

RIVISTA DEL COMMERCIO C o m m e rc io c o lla T u n is ia . NOTIZIE - COMUNICATI - INFORMAZIONI.

I m p o r t a n t i d e lib e r a z io n e d e lla C o n fe d e r a z io n e c o o p e r a t iv a i t a ­ lia n a . — L ’ E s te r o p e r i l P r e s t i t o I ta lia n o .

R e la z io n e d e lla B an c a C o m m e rc ia le I t a l i a n a p e r il 1919. S itu a z io n e d e g li I s t i t u t i d i C re d ito .

P A R T E E C O N O M I C A

La diminuzione della produzione agrìcola.

Il fenomeno della diminuzione di produzione in genere

non è soltanto locale, nazionale; esso al contrario è mon­

diale. Ma più specialmente è esteso nei riguardi della pro­

duzione agricola. Dappertutto, anche nei paesi che non

hanno combattuta la guerra anche in quelli che trassero

maggior profitto dalla neutralità, si denota una crescente

scarsezza di produzione agricola.

La ragione del fenomeno si può rintracciare nello stesso

| commento col quale recentemente F Information Service

degli Stati Uniti d’America prospettava il latto. Esso in­

fatti esponeva come 1’ United States Department of Agri-

culture teme che quest’anno la produzione dei viveri vada

scemando perchè aumenta la mano d’opera ed il prezzo

degli strumenti agricoli, e perchè v’ è un pronunciato mo­

vimento delle popolazioni rurali verso la città.

Da un’inchiesta fatta nello Stato di New York risulta

che, durante lo scorso anno, la popolazione agricola diminuì

quasi del tre per cento ed il numero degli operai giorna­

lieri del diciassette per cento.

Circa 35.000 uomini e ragazze lasciarono l’agricoltura

per darsi all’industria, mentre solo 11,000 passarono dal­

l’industria all’agricoltura. Questo movimento è maggiore

di quello osservato curante il principio della guerra.

La paga media nelle fattorie o farms è superiore del

14 percento a quella del 1919, benché nel 1919 fosse già

superiore dell’ 80 per cento a quella del principio della

guerra. Si prevede che nello Stato di New York un lavo­

ratore agricolo che abbia qualche esperienza potrà guada­

gnare doli. 52,00 oltre il vitto e l’alloggio mentre, l’anno

scorso ne guadagnava 45,50. Uomini esperimentati, spo­

sati, non avranno il vitto e l’alloggio, ma saranno prov­

visti di una casa e dei prodotti della farm e guadagneranno

circa doli. 68,50 al mese invece di 60 che guadagnavano :

l’anno scorso.

Molti dicono che gli agricoltori non possono, senza ri­

nunciare al loro profitto, competere con le industrie che

pagano bene i loro operai. Molti farmers pure trovano in­

giusto che essi siano costretti a lavorare dieci, dodici e più

ore al giorno, mentre nelle industrie la giornata è molto I

meno lunga.

Sebbene la corrente verso le industrie delle città e dei

grandi centri sia fenomeno ben noto e ben studiato, e nel

passato fosse concomitante allo sviluppo della produzione

manifatturiera, oggi invece si verifica egualmente non solo

insieme ad una diminuzione della produzione industriale,

ma altresì congiuntamente al fenomeno della crescente di­

soccupazione negli operai.

Altrove ed in altro momento ci occuperemo del com-

plesso fenomeno che non sembra aver neppure le caratte- !

ristiche della transitorietà, per ora ci basterà avere accer- :

tato che le remunerazioni che provengono dalla coltiva- ||

zione delle terre, non sono tali da frenare le correnti del- jj

l’urbanismo, bensì al contrario sono in misura da accen­

tuarlo evidentemente. È forse questa una delle non ultime !

conseguenze dei prezzi politici delle derrate alimentari,

contro i quali non si è mai abbastanza gridato, e che t u t ­

tavia perdurano malgrado la guerra sia cessata da oltre

un anno e mezzo.

(2)

218

I.’ ECONOMISTA

9 m aggio 1920 —

N. 2401

specifici si è nei riguardi di Ile conseguenze della alimenta­

zione generale da un lato, del commercio internazionale

dal l ’altro.

Le virtù di frugalità e di resistenza alle privazioni

che sono caratteristiche dell’ italiano, non ci rendono

inquieti se la sua razione di alimenti dovesre essere mag-

giormemente ridotta di quanto è oggigiorno. La lunga

tradizione e consuetudine di sofferenze, ha reso temperato

e sufficientemente preparato il nostro popolo a vivere

egualmente bene con mezzi alimentari assai inferiori a

quelli cui è adusato un inglese od un americano. Forse

ciò va a detrimento della prosperità e della robustezza

della razza, ma è tuttavia un requisito che permette una

resistenza notevole di fronte alla crescente carestia mon­

diale di viveri e per quanto non sarà ultima causa di ma­

lessere e di perturbamento sociale, tuttavia non condurrà

il popolo alla disperazione, specialmente se si potrà otte­

nere che il razionamento dei generi di prima necessità av­

venga con equità e con eguaglianza fra tu tti i ceti sociali.

Dove invece per un paese agricolo come il nostro si pre­

senta una opportunità meravigliosa per migliorare le con­

dizioni dei nostri scambi coll’estero è appunto nel mo­

mento nel quale vi è una depressione generale negli altri

Stati della produzione agricola. Se noi riuscissimo a dare

incremento in questo tempo alle coltivazioni, in modo da

avere un supero su quanto occorre alla nostra alimenta­

zione, noi troveremo mercati, anche lontani pronti ad as­

sorbire i nostri prodotti ed a pagarceli a qualunque prezzo.

Anche se le condizioni del nostro suolo non ci permettono

di trarne tu tti i circa 60 milioni e più tonnellate di grano

che ci occorrono, sicché dovremo ricorrere all’ estero per

acquisti, ciò poco vorrà dire quando avessimo talesovra-

produzione di legumi o d i frutta da poterne esportare per

un corrispettivo superiore a quello del grano che dovremo

importare.

È certo che di fronte ad una diminuzione mondiale di

produzione agricola chi dovrà poter trarre maggior van­

taggio è proprio la terra agricola per eccellenza e più ab­

bondante di sole.

Anche per tale ragione non ci è consentito seguire quei

programmi di forte espansione industriale che, se pure

attuati, oi porranno ben presto in aperta lotta commer­

cialo con paesi assai più organizzati e meglio provvisti di

materie prime di quanto sia l’ Italia, i quali naturalmente

faramio quanto è in loro possibile o per ostacolare la no­

stra produzione manufatturiera, lesinandoci il carbone o

le tante altre materie di cui manchiamo o per respingere

con barriere insormontabili i nostri manufatti che presen­

tassimo in concorrenza ai loro.

Ma se ci presentassimo sui mercati esteri coi prodotti

agricoli che vi difettano, non solo essi ci sarebbero pron­

tamente acquistati a prezzi di affezione, ma con essi po­

tremo ottenere quanti manufatti ci abbisognano a condi­

zioni vantaggiose.

Fortunatamente va accentuandosi in Italia un movi- •

mento politico-agricolo, bene auspicante e se esso riuscirà

a stornare una volta per sempre gli interventi statali, abi­

tualmente così perniciosi e deleterii, ed a rafforzarsi sulla

base di una propaganda efficace e popolare, esso avrà un

campo meraviglioso sul quale affermarsi e. sul quale tra ­

sformare gradatamente le basi tu tte della nostra economia

nazionale.

Il fenomeno burocratico

e il momento economico-finanziario*1*.

3. — Effetti dello sviluppo della burocrazia. — E'orga­

nizzazione degli im piegati, le guarantigie giuridiche

e l’autorità dello Stato. — La mentalità burocratica.

Da quando la sorte dei piccoli e modi impiegati fu

presa a cuore dal partito socialista, la tattica di questi j

nelle relazioni con l’Amministrazione fu analoga a quella

j

adottata dal proletariato manuale col capitalista: strap­

pare allo Stato quante più concessioni era possibile. In

pari tempo assumevano atteggiamento al medesimo ostile,

V e d i E c o n o m is ta n. 2400 d e l 2 m a rz o 1920, p a g . 2l5.

| sìa per tenere il passo coi partiti antiborghesi, che ne

avevano assunto il patrocinio, sia perchè le condizioni di

vita rendevansi ognor più critiche e nella massa degli im­

piegati andavasi lentamente facendo strada il convinci­

mento che la retribuzione e le condizioni di carriera erano

inferiori a quelle che nel mercato del lavoro libero face-

vansi alle altre categorie, quelle proletarie comprese. Di

qui l’origine dell’organizzazione che così significativi ef­

fetti doveva produrre nella storia dei rapporti tra Stato

e funzionari. L’ iniziativa spettò a quelle categorie che per

le loro funzioni, origine e numero meglio si prestavano ad

essere le promotrici di un movimento sindacale; quelle

dei ferrovieri e postelegrafonici; l’esempio fu seguito da

tu tte le altre categorie ed oggi non è chi non veda l’im-

portanza che il principio organizzativo è venuto ad assu­

mere: lo Stato e i suoi dipendenti lottano su un terreno

quasi eguale. La concezione giuridica dei rapporti fra

quello e questi ultimi veniva a trasformarsi completamente,

ingenerando uno stato di fatto in contrapposizione con le

norme fondamentali del nostro diritto pubblico in materia

di relazione tra lo Stato e i suoi agenti e funzionari.

Prima di appartenere all’Amministrazione ogni mezzo

sembrava lecito di adoperare per raggiungere il fine di

farne parte. Raggiunto lo scoptK conseguita la certezza — |

giuridica e politica — dell’impossibilità dello Stato di di­

sfarsene (sia quando assume atteggiamento ad esso ostile,

sia quando è improduttivo per incapacità congenita o per

malvolere), l’agente o funzionario non è più per lo Stato, j

ma contro lo Stato, che considera come un nemico, come |

un tiranno, come uno sfruttatore. Si nega ogni base e j

contenuto giuridico al contratto interceduto fra l’Ammi­

nistrazione e P impiegato al momento del suo ingresso a |

farne parte, contratto che egli non vuol più riconoscere j

perchè non gli costa niente, neppure il più blando dei

rimproveri. Si delinea dapprima, si afferma di poi, una

vera e propria lotta di classe: agenti e funzionari dello

Stato lottano contro di questo, con gli stessi metodi, la

stessa animosità e violenza con cui le maestranze indu­

striali lottano Contro l’imprenditore-capitalista. Non li

trattiene neppure la più ovvia considerazione del danno

che arrecano a se stessi e alla collettività quando para­

lizzano la vita commerciale della nazione che è fonte della

vita di loro stessi.

Roberto Michels, in un volume (1) che così larghi

consensi raccolse nel campo scientifico per l’acume e la

novità dei riflessi, la rispondenza alla realtà dei fenomeni

esaminati, l’attendibilità della documentazione e delle con­

clusioni alle quali pervenne, ha posto nella sua vera luce

l ’ incoercibile tendenza di ogni aggregato politico — del

partito in ¡specie — ad assumere col tempo un carattere

oligarchico.

La democrazia — non si dimentichi che il movimento

impiegatistico in gran parte fu da questo capeggiato

conduce all’oligarchia. Questa fu non tanto la tesi, quanto

la conclusione degli studi del Michels, venuti ad integrare |

la magistrale indagine del Pareto e del Mosca su argo- i

menti affini. Chi dice organizzazione dice oligarchia. La

proposizione è una verità irrefutabile se la si considera in

relazione agli avvenimenti di cui è stata recentemente

spettatrice

1 ’

Italia nella lotta svoltasi tra lo Stato da una

j|

parte e i ferrovieri e postelegrafonici dall’altra. Pochi in­

dividui, che sono a capo di queste poderose organizzazioni,

j

possono dettar legge allo Stato e alle masse dei federati.

E ’ l’assurdo che domina, ma ammesso e sanzronato il

principio delForganizzazione, non è possibile attendersi

conseguenze diverse. Con la consueta vivacità di recente

il Prato che l’autorità dittatoria dei poteri sindacali si è

|j

oramai sostituita ai gerarchici nelle grandi aziende pub- j

Miche. L ’argomento principe per l’assunzione diretta delle

ferrovie era stato il bisogno di metterle al riparo dei pe- j

ricoli di sospensione propri dell’ industria privata. In quin- !

dici anni di esperimento però la minaccia di rivolta fu,

può dirsi, continua, riserbando per l'ora più diffìcile della

vita nazionale il supremo tentativo di ricatto. E di fronte

alla constatata sedizione dei suoi funzionari, lo Stato, non

sa far di meglio che comprarne, ancora una volta,

(3)

9 maggio 1920 — N. 2401

L’ECONOMISTA

219

(Lenza. abrogando le leggi punitive, pagando come lavoro

; utile le diserzioni dell’ufficio, elevando sempre più il pie­

distallo dall’alto del quale gli organizzatori dell’anarchia

burocratica contemplano con infinito disprezzo i loro te ­

tragoni alla loro intimidazione, pregustando le gioie delle

prossime vendette (1).

Bisogna convenire senz’altro che lo Stato si trova nel-

l’incapacità di risolvere il problema del ritorno alle nor­

malità dei rapporti coi suoi funzionari ed agenti. Da un

lato l’organizzazione, dall’altro le guarantigie giuridiche

che danno affidamento a tu tti i funzionari ed agenti, qua­

lunque sia la loro attitudine, la loro capacità, il loro ren­

dimento, di non essere rimossi dall’impiego, hanno costi­

tuito e costituiscono tu tto ra il maggiore ostacolo ad una

[ selezione larga ed efficace di tu tti gli elementi che ra p ­

presentano un peso morto per l’Amministrazione. Le straor­

dinarie garanzie delle quali lo spirito pubblico si com-

I piacque di veder circondato ogni rappresentante, anche

! modesto, dell’autorità dello Stato, presupponevano in essi

un elevato concetto delle funzioni che a loro erano affi­

date. Questo è venuto a scadere o a mancare addirittura,

ma le guarantigie sono rimaste, e forse non sono l’ultimo

effetto dell’anormale situazione odierna (1).

Senonchè, sarebbe stolta illusione dissimularsi che se

il marasma onde sono pervasi i pubblici servizi e tu tte

j le manifestazioni di attività statale è una realtà insop-

! primibile ed il frutto di condizioni storiche, politiche ed

I economiche contro le quali non si reagì come dovevasi,

jj

parmi che sia consono al più elementare principio di giu-

;! stizia e di obbiettività non dimenticare di porre in luce

j

che taluni effetti cui ha condotto lo sviluppo della buro­

crazia avrebbero potuto essere evitati, se energie politica-

| mente più sane avessero potuto sovraintendere a questo

! delicatissimo ramo della politica nazionale.

E’ innegabile che 1’addensarsi dei compiti nuovi e sva-

i

riati nella sfera delle attribuzioni dello Stato rese indi­

spensabile la divisione del lavoro in maniera così accen­

tuata, che a lungo andare doveva produrre effetti incal­

lì colabili. Psicologicamente spegneva ogni spirito d’iniziativa

|| (d’altronde compresso in tu tti i modi), riducendo il fun­

zionario ad una macchina più o meno perfetta. Le Am-

| ministrazioni centrali, per ampliare gli organici, creavano

j il lavoro istituendo controlli inutili, o duplicandoli, o ri-

I serbandosi la facoltà di dettare le norme più futili per

i servizi più modesti, creando insomma, quella fitta rete

che doveva produrre la dissoluzione fin negli organismi

più umili e che l’Amministrazione italiana non riuscirà

mai ad infrangere tanto è fitta, complicata e genial­

mente condotta a termine. T utto ciò naturalmente do­

ti)

C fr. « C ris i d ’a b ita z io n e e a n a r c h i a d i p u b b lic i s e r v iz i , n e l ! « S u p p le m e n to E c o n o m ic o d e l T e m p o * d e l 20 f e b b r a i o u . s.

L ’e s e m p io d e lle f e r r o v i e e tip ic o . S u q u e s to s c o tt a n te a rg o - | m e n to si p u ò le g g e re u n b e l lib r o d e l l ’ in g . P ie tr o L a n i n o : « P e r j lo s v ilu p p o e l ’o rg a n iz z a z io n e d e i n o s t r i t r a s p o r t i f e r r o v i a r i > e d i ­ z io n e Z a n ic h e lli 1919, in c u i è tr a c c ia ta u n a b re v e s to r ia p o litic a e te c n ic a d e l l e n o s tr e f e r r o v ie . Q u a n ti f u r o n o f a u t o r i d e l l ’e s e r ­ cizio s t a t a l e (fra e ssi, S ilv io S p a v e n ta ; e b b e r o d i m i r a il c o n s e ­ g u im e n to d e l l a d is c i p lin a n a z io n a le a ttr a v e r s o ¡’a v o c a z io n e a llo S ta to , d i u n o rg a n is m o o ltr e m o d o d e lic a to pe*-i m o lte p lic i e fo r ti i n t e r e s s i c h e c o in v o lg e : a n c h e il d eficit d e l b ila n c io fe r r o v ia r io s a r e b b e p a s s a to in s e c o n d a l i n e a id e fìc ii c h e n o n si v e rific ò q u a n d o n o n e r a n o d i S ta to , c o m e t u t t o r a n o n s i v e rific a n e l l e f e r r o v ie in g le s i e n e i d u e m ig lio r i e s e rc iz i p r iv a ti f r a n c e s i, N o rd e P a ris - L y o n -M e d ite rra n é e ), s e a l fa llim e n to e c o n o m ic o d e l l 'a z i e n d a , n o n I a v e s s e s e g u ito q u e llo m o r a le , d e l i n e a t o s i i n t u t t a la s u a a m p ie z z a j c o l v e n i r m e n o d i u n c o e ffic ie n te v ita le i n u n c o si d e lic a to o rg a - ! n is m o : la d is c i p lin a . Il p r o b le m a f e r r o v i a r i o si p r e s e n t a d i u n a g r a v ità e c c e z io n a le p e r l ’a v v e n i r e d e l P a e s e se c o n t i n u e r à ed a v r à l ’e s ito s p e r a to la c a m p a g n a p e r la g r a d u a le s ta tiz z a z io n e d e lle f e r r o v ie a t t u a l m e n t e g e s tite d a l l ’in d u s t r i a p r iv a ta . E ’ n o to c h e la C o m m is sio n e d ’i n c h ie s ta p r e s i e d u t a d a l l ’o n . C h im irr i fe c e v o ti c lie a v v e n is s e la c o sa in v e r s a e c io è c e d e s s e lo S ta io c irc a 3000 c h ilo m e tr i d i f e r r o v ie a lle s o c ie tà p r i v a t e , e c iò p e r c h è , se­ c o n d o i c a lc o li f a t t i n e l te m p o in c u i la c o m m is s io n e e l a b o r a v a i s u o i s t u d i , o g n i fe r r o v ia e r a p e r lo S ta to p a ss iv a s e il s u o p r o ­ d o tto c h ilo m e tric o n o n e c c e d e v a le 22.000 lire .

(2) L ' a ffe rm a z io n e f a t t a n e l te s t o p r o b a b i l m e n t e n o n è fo r s e d e s t i n a t a a g o d e re i l f a v o r e in c o n d iz io n a t o d i c h i m i le g g e e so- | p r a t u l t o d e g li i m p ie g a ti e d e lle ló ro o rg a n iz z a z io n i. Il c a r a t t e r e n o n p o le m ic o d i q u e s to s c r itto n o n m i p e r m e t t e d i i n t r a t t e n e r m i a lu n g o s u l p r i n c i p i o d a m e p o s to : a v v e r to p e r a l t r o c h e io m i l i m i t o a f a r e u n a c o n s ta ta - io n e e s o tto q u e s to p u n t o d i v is ta m i j lu s in g o d i a v e r c o n s e z ie n ti q u a n t i s o n o s p a s s i o n a ti o s s e r v a to r i d e i f e n o m e n i, e n o n h a n n o la p r e te s a d i g iu d ic a r li s e m p r e , a d e g n i c o sto .

veva produrre l’immancabile effetto ’di spegnere ogni I

larva di dignità e di prestigio che eventualmente il fun- jj

zionario avesse avuto e volesse conservare entrando in j

una Amministrazione s atale. L ’una e l’altro d’altronde,

dovevano cessare per il trattamento economico e di car­

riera che gli veniva fatto. Esso era eguale per tu tti: per

jj

il funzionario cretino e per quello intelligento, per l’igno- jj

rante e per il colto., per il neghittoso e per il lavora ore jj

lo spiraglio di una carriera rapida era aperto, ma pur-

troppo riserbato agli elementi peggiori: i politicam i, gli

stacciai e i magni filatori d’ogni cretineria commessa dal

superiore gerarchico.

Preclusa ai giovani e ai migliori la possibilità di ar-

jj

rivare ai gradi elevati della gerarchia ai quali lo stolto

e meccanico criterio dell’anzianità, riservava i funzionari

jj

dai sessant’anni in su, ogni incentivo al rendimento e jj

allo studio veniva a mancare, irreparabilmente, e a creare |

— quel che è più grave — quella che volgarmente chia- j|

masi burocrazia, o m entalità burocratica che secondo la

felice espressione adoperata da Alfredo Hocco (1) è quello jj

stato d’animo egoistico, individualistico, antisociale che ¡1

non si riuscirà mai ad eliminare con le riforme legisla-

jj

tive, e al quale devesi in gran parte il vizio massimo i

della burocrazia italiana, vizio che la r( nde così spesso ||

torbida e inorganica nella sua azione e che consiste nel I

sovrapporre che ogni impiegato inconsapevolmente fa, !

della propria persona alla propria funzione; donde la

tendenza generale della nostra organizzazione ammini- - jj

strativa a prrdere di vista il fine per soffermarsi sui

mezzi, anzi scambiare i mezzi, tra cui sono da porre in j

prima linea gli impiegati col fine.

4. — I l pericolo burocratico nel dopo guerra, — « L 'e­

conomia associata » dell'on, Giuffrida. — Gli effetti

della politica di statizzazione.

Così strana e tragica era la situazione — mi sono pre-

valentement riferito, nell’ indagine che precede, al pe­

riodo prebellico — quando scoppiò il conflitto europeo ed !

entrò nella titanica lotta anche l’Italia. Vicende in parte

li

spiegabili e giùstifieabili condussero il nostro Paese ad !

accentuare nelle mani dello Stato quasi intiera la sua eco-

i

nomia, non disponente in verità di larghe risorse, e come

tale, di tu tte le altre economie in guerra, la più fragile

e vulnerabile. Il compito immane che la burocrazia ita­

liana fu chiamata ad assolvere, doveva rivelarne in modo

irrefutabile la sua impreparazione ad assumere nuove e

così delicate funzioni. Sia che essa stessa sollecitasse la

attribuzione dei nuovi compiti, sia che la subisse per vo­

lontà dei governanti, un altro lato del complesso p ro ­

blema doveva schiudersi all’indagine dello studioso dei

- fenomeni sociali. E l’ interesse che desta questo nuovo

aspetto non è tanto se esso viene considerato in relazione

al periodo bellico, quanto alle conseguenze teoriche e

pratiche che esso potrebbe produrre se prendesse consi­

stenza quell’ indirizzo di politica economica che da varie

parti si reputa essere il più consono alle esigenze della

situazione creata djlla guerra e per cui lo Stato ed esso

solo trovasi al caso di diventare il supremo moderatore

dell’economia nazionale, così come fece nel periodo bel­

lico. Tratterebbesi di sopprimere completamente o quasi

l’ iniziativa privata, instaurando quel sistema di «eco- j

nomia associata » di cui si è fatto strenuo e convinto co­

rifeo l’on. G-iuffrida, nella Camera dei debutati, nelle ri- !

viste e in discussioni pubbliche.

Egli ha più seguaci di quel che paia all’ osservatore

superficiale perchè attraverso più o meno accentuate d i­

screpanze di vedute, lo stesso indirizzo è caldeggiato e

favorito da personalità di origini politiche e scientifiche ;

di verse (2).

(1) C fr. « D a lla v e c c h ia a lla n u o v a Ita lia - n e lla K iv is ia . P o ­ litic a * d e l 19 g e n n a i o 1919, p ag . 234.

(2) Il p a r t i t o n a z i o n a lis ta p. es. c h e h a p o c h i d e p u t a t i in Par-

j

la m e n to , m a a n n o v e r a fr a i s u o i s e g u a c i e s im p a tiz z a n ti u n la rg o n u m e r o d i p e r s o n a li tà d e i n o s tro m o n d o i n t e l i e d e e in lu ­ s t r i a t e , g iu n g e p r e s s ’a p o c o a lle s te s s e c o n c lu s io n i d e l l ’ o n . G iu f­ f r i d a , q u a n d o p r e n d e n d o le m o s se d a l fe n o m e n o d i u n a s e m p r e m a g g io re c o n c e n tr a z io n e i n d u s t r i a l e , c o m m e rc ia l e e b a n c a r i a c o n ­ s t a t a t a n e l n o s tro o needi a ltr i P a e si b e lli g e r a n t i , g iu s tific a la t e n ­ d e n z a d e lle m o d e r n e im p r e s e a c .¡z z a rs i, p e r c h è r e a liz z a l ’ on.

(4)

220

L’ECONOMISTA

9 m aggio ¡920 — N. 2401 ||

Quale sorte attenderebbe il nostro Paese se dovesse

prevalere T indirizzo auspicato dell’on. Giuffrida è facile

immaginare. Non più lo Stato si riserverebbe il compito

suo di eccitamento e di direzione, non più si manter-

rebbe neutrale nelle competizioni che fanno capo ad ogni

attiv ità economica, ma esso stesso sarebbe parte in causa,

con evidente scapito della sua autorità e del suo_ pre-

I stigio. Come è avvenuto durante il periodo della guerra,

esso si farebbe dispensiere di licenze, di autorizzazioni,

di visti, di divieti e altro, che hanno prodotto, fra i tanti

deleteri effetti, quello di aver suffrato con una nuova e

irrefuoabile prova la constatalione che l’attività econo­

mica dello Stato non può prescindere dall’ influenza p o ­

litica che esercitano i gruppi dominanti, alla forza e

alle imposizioni dei quali esso è costretto ad ubbidire.

Dovrà leconomia associata ribadire il fondato sospetto

che chi maggiormente disponeva di attitudine a ll’ in ­

trigo, di mezzi finanziari e di aderenze politiche riu ­

sciva ad ottenere forniture, licenze d’ importazione e di

| esportazione, contratti che hanno fatto la fortuna di

i una generazione 1

Secondo il nuovo verbo ezonomico dovrebbe non solo

! consolidarsi l’organizzazione statale odierna quale si è

j venuta formando per i bisogni della guerra, ma irro-

| bustirsi ancora la rete degli uffici nuovi, degli E nti,

di Consorzi, ecc., con gli immancabili particolarissimi,

lentezze, irresponsabilità che accompagnano l’azione di

| ogni individuo od ente quando facciano difetto la men-

j ta lità degli affari e lo stimolo del tornaconto perso-

j nale(l).

Del deprecato evento i principali effetti sarebbero i se-

! guenti : 1° verrebbe a cadere ogni possibilità di riforma

¡ della P. A. che eventualmente le m utate condizioni so-

: ciali e politiche rendessero fa ttib ile ; 2° aggraverebbe

litic h e d e lla p ro d u z io n e . Cfr. F il ip p o C arli « S in d a c a ti e r i c o s t r u ­ zio n e « n e l ta sc i olo d i « P o litic a » d e l 24 a p r i l e 1919. In a l t r i t e r ­ m in i, e g li p o n e le p ro p o s iz io n i : a) p iù la c o n c o r r e n z a è lib e ra , m e n o re a liz z a il p r in c i p i o e c o n o m ic o : o v v e ro p i ù la c o n c o r re n z a è l ib e r a p iù è a n tie c o n o m i c a ; b) P u ltim o g ra d o d i e v o lu z io n e

d e lla c o n c e n tr a z io n e d e lle i m p r e s e è r a p p r e s e n t a t o d a l s in d a c a to j d a l s in d a c a to n a z io n a le , c h e re a liz z a a p p u n t o l ’o ttim o d e lle con- j d iz io n i p o litic h e , o l t r e c h e e c o n o m ic h e , d e lla p r o d u z io n e . 11 p r in - j c ip io in f o r m a t o r e d e i d u e p u n t i d i v is ta è id e n tic o p e rc h è i n u l- | tim a a n a l i s i l ’u n o e l ’a l t r o m ir a n o a l l ’ id e n tic o s c o p o : a n n u l l a r e j! l ’ in iz ia tiv a p riv a ta , o p e r m e z zo d e l l ’a z io n e d e llo S ta to , a l q u a le d o v re b b e s i a t t r i b u i r e la q u a l i t à d i o rg a n o m a s s im o d i t u t t a l ’a t ­ tiv ità e c o n o m ic a n a z i o n a le (G iu ffrid a ) o p e r m ezzo d e l s in d a c a to , o ssia c o n c e n tr a z io n e d e lle im p r e s e s i m i l a r i e s o v r a tu tto p e r m ezzo d e l s in d a c a to i n t e g r a l e , d a re a liz z a r s i q u a n d o P i m p r e s a g iu n g a j a d i m e n s i o n i t a l i d a c o i n c i d e r e c o n g li s te s s i c o n fin i d e llo S ta to (n a z io n a lis ti . Q u e sti p e r ò h a n n o a m m e s s o in c o o r d in a z io n e al lo ro m o d o d i c o n c e p ir e lo S ta to d a l p u n t o d i v is ta s to ric o e po- lilic o , d i e n e lla s u a f o r m a o d ie r n a e ss o n o n è p r e p a r a t o a d e s e r ­ c ita r e a t t i v i t à e d i n g e r e n z a s u l l a v ita e c o n o m ic a d e lla n a z io n e . (R e la iz o n e d i E m ilio C o r r a d in i, l e t t a a l C o n v eg n o N a z io n a lis ta t e n u t o i n R o m a n e i g io r n i 17 e 18 m a rz o 1919). (1) U n a e n u m e r a z io n e d e g li o r g a n i c h e a l l ’ e p o c a d e l l ’ a r m i ­ si! io f u n z io n a v a n o p e r i l c o m m e rc io d i S ta to e p r iv a to p u ò leg- j g e rs i n e l l a p u b b lic a z io n e d e i B ac h i. « L ’ I ta lia e c o n o m ic a n e l 1918»,

J

p ag . 219 e 220. A n c h e n e l g iu d ic a r e la t e n d e n z a s v o lta s i n e g li ul- | tim i t e m p i , f a v o rita d a llo S ta to , a lla c o s ti tu z io n e d i c o n s o rz i p e r j g li a p p r o v v ig io n a m e n ti i n d u s t r i a l i , o s s e A a il B ac h i (1. c. 222) si d e v e t e n e r p r e s e n t e c h e i n ta li o r g a n is m i s p e s so te n d o n o a p r e ­ v a le re g li I n t e r e s s i d e l l e m a g g io ri im p r e s e , p e r le q u a li le p r o v ­ v is te si s v o lg a n o co n f o r m e e m o d a lità d iv e r s e d a q u e lle v ig e n ti p re s s o le m i n o r i a z i e n d e ; 1 a z io n e d e i c o n so rz i p u ò p r e s e n t a r s i d iffic ile p e r le m a t e r i e p r i m e c h e s o n o s im u l t a n e a m e n t e d i p rò - j d u z io n e e s te r a e n a z i o n a le , s p e c ia lm e n te se t a l u n i fra i c o n s o r­ z ia li s o n o a n c h e p r o d u t t o r i d e lla m a t e r i a p rim a . N ei r i g u a r d i al- 1’ e c o n o m ia n a z i o n a le s i d e v e t e n e r e p r e s e n te c h e i c o n so rz i d i a p p r o v v ig io n a m e n to p o s s o n o fa c ilm e n te d iv e n ir e p e rig lio s i s t r u ­ m e n t i i n d i r e t i i d e lla p o litic a l i m i t a t r i c e d i t a lu n e im p o r ta z io n i e d i t a l u n e p ro d u z io n i p e r f a c i l i t a r e — a d a n n o d e i c o n s u m a to r i — la re a liz z a z io n e a d a lti p re z z i d i s to c k s d i m e rc i p r o d o tt e a d a lti c o sti.

In m e r i t o a lla t e o r ia d e l l ’o n . G iu ffrid a , è i l caso d i r ic o r d a r e c h e i n G e rm a n ia lo s te s s o p u n t o d i v is ta fu c a ld e g g ia to d a l R a- t e n a u e d a l l a s u a s c u o la , s p e c i a l m e n t e n e l c a m p o d e lla p r o d u ­ z io n e , s o s te n e n d o l ’ i m p o s s i b i b t à c h e l ’a n tic o re g im e e c o n o m ic o p o s sa s o p r a v v iv e r e p e r c h è e r a u n d is s ip a to r e d i fo rz e u m a n e e d i m a te r ie p r im e e a u s p i c a n d o p e r c iò l ’ i n t e r v e n t o d e llo S tato a n c h e p e r d e t e r m i n a r e i n q u a l e o r d i n e g li o g g e tti d o v re b b e ro I e s s e re fa b b ric a ti» S u llo s te s s o to n o i l m i n i s t r o V is se l p u b b lic a v a u n m e m o r ia le c a ld e g g a n t e la rio r g a n i z z a z io n e d e l l ’ i n d u s t r i a e d e l c o m m e rc io m e r c è la c o o p e r a z io n e io f o r m a a s s o c ia ta d i tu tte le fo r m e p r o d u t t r i c i d e l P a e se , p r o g e tto c h e p ro v o c ò v iv a c i o p ­ p o s iz io n i. a o n c h é le s u e d im is s io n i d a m in is tr o e c h e fu d is a p ­ p ro v a to d a g li s te s s i s o c ia lis ti i q u a li e b b e r o b u o n g io c o p e r d e ­ fin irlo b u r o c r a zia s o c ia lista a lle a ta d e l c a p ita lis m o .

la situazione del bilancio con danno dell’economia na" 1

zionale ; 3° aumenterebbe il disordine e il marasma in

cui sono piom bati t u tti i servizi di Stato, per' l ’ inca-

| pacità di questo ad esigere disciplina e rendimento ; !

4o ostacolerebbe in modo irreparabile la rinascita della

vita economica della .azione per T incompetenza della j

burocrazia, così come è ora organizzata, a gestire servizi

pei quali essa non è preparata e che, in ogni caso, richie-

dono : acume, perspicacia, prontezza e lucidezza di ve-

dute ; doti peculiari e indispensabili per il successo eco­

nomico che non si possono attribuire a chi è destinato ad

esercitare funzioni per Tespletamento delle quali occorre

una m entalità differente.

Qualunque sia per essere il regime politico ed econo­

mico riserbato al nostro Paese per il tempo avvenire, ora

e sempie resta innegabilmente vera questa proposizione :

N d l attività statale, la funzione politica si sovrappone

a quella tecnica : questa assume importanza secondaria

e quella assume il predominio, specialmente nei paesi

latini. Gli esempi che ci potrebbero addurre a conforto

di questa proposizione sono infiniti. Si ricordino in pro­

posito le parole dell on. Nitti nel discorso programma te ­

nuto alla riapertura della Camera : « Sappia il paese tu tta

j ^ 'F e rità . E la sola verità è che tu tte le imprese indu-

I striali di Stato sono passive per differenze enormi. F er­

rovie, poste, telegrafi, telefoni, tutto è esercitato con

| Pei’dite. Le perdite sono pagate dallo Stato e lo Stato

provvede ricorrendo al credito. Quanto tempo questo può

durare!» Ecco descritto, per bocca del Primo Ministro,

il bilancio della politica di statizzazione in Italia.

(Continua,.

An s e l m o Be r n a r d i n i.

Sullo sviluppo degli Impianti idroelettrici.

Piti volte ci siamo occupati n e l. nostro periodico dello

sfruttamento delle forze idroelettriche, nel senso di sfa- !

tare specialmente alcune di quelle illusioni che sovente

si affermano ovunque, senza una piena conoscenza dei pro­

blemi che sono comuni ad indeterminato indirizzo.

Si fa colpa all’Italia di non aver per il passato suffi- ,

centemente sfruttato le energie d’acqua per gl’impianti

:j

elettrici e appunto vogliamo togliere da una polemica che !

si rivòlge sull’accreditito periodico « L ’Elettrotecnica » j

fra l’ing. D. Civita ed uno scrittore anonimo, alcune di- !

chiarazioni che mettono in luce i termini precisi della di- j

battuta questione sia per il passato che per il presente: !|

Ecco quanto scrive l ’ing. Civita:

L ’A. si preoccupa della mancata costruzione di nuovi

impianti idroelettrici e getta un grido di all’arme contro j

il D. L. n. 250 del 27 febbraio 1919 che consente alle ij

Aziende di far sopportare al pubblico il maggior costo del

combustibile. Egli esamina, sia pure per semplice accenno, la

questione dei turni di riposo delle officine provocato dalla j]

deficienza di energia, la questione della statizzazione, del j

Decreto 1905 (sovvenzione degli impianti idroelettrici). Dal

j]

complesso dell’articolo sembrerebbe quasi che le Aziende I

elettriche per gretti, egoistici calcoli di immediato torna-

jj

conto, non si preoccupino di creare nuovi impianti idroe- ’

lettrici preferendo sfruttare le disposizioni vantaggiose di

qualche Decreto di guerra, che esse poco o nulla abbiano

finora fatto, e che quasi sia loro colpa se. ancora oggi si ‘

deve razionare l’energia, e se questa costi più cara. Sic- ij

come anche si fanno da altri molte accuse alle Imprese li

Elettriche è bene subito chiarire come sia una favola

questa della mancata costruzione di nuovi impianti.

(5)

9 maggio 1920 — N. 240

L’ECONOMISTA

221

rimproverato agli E. I. E. di aver costruito pochi impianti

durante la guerra, ma può onestamente farsi tale oppunt:o -

Per fare impianti occorrono oltre i danari, che fortuna­

tamente non difettano, ferro, acciaio, ghisa, rame, isola­

tori, cemento e mano d’opera che dal 1915 in poi si sono

sempre più rarefatti. Tutte le attività erano volte a pro­

durre per la guerra, e ad onta di tu tte le buone volontà

riusciva impossibile distrarre l e ‘officine ed i materiali per

creare del nuovo non immediatamente indispensabile poiché

come ripeto, al principio nessuno pre vedeva che la guerra

dovesse durare 4 anni, e l’energia anziché difettare, ab­

bondava. La deficienza di energia si è cominciata a sen­

tire a poco a poco ed è stata sensibile dopo Caporetto,

anche per le perdite degli impianti del Veneto caduti in

mani nemiche, ma le condizioni generali erano tali allora

che meno che mai poteva pensarsi a iniziare lavori per

nuovi impianti idroelettrici. Frattanto le difficoltà di aver

macchine e metalli ed isolatori si accentuavano, e sono

andate talmente peggiorando che oggi moltissime Società

stentano persino a poter curare la manutenzione ordinaria.

In alcuni centri si lamenta il disservizio elettrico, ma pochi

sanno che è dovuto alla assoluta mancanza di isolatori ad

alta tensione e di trasformatori che non consente i ricambi

di quelli deficienti. Se non si riesce a mantenere in or­

dine gli impianti attuali, come può farsi colpa agli indu­

striali di non accelerare le costruzioni di nuovi impianti?

Tutte le Aziende elettriche hanno lavori in corso per

nuove diramazioni, nuove centrali, ampliamenti, collega-

menti, di reti, ecc. Tutte si preoccupano di mettere a d i­

sposizione dei consumatori quanta più energia è possibile

e di sfruttare al massimo grado gli impianti esistenti. La

Edison, la Conti, TAdamello, l’Orobia, la Lombarda, l’Alta

Italia, la Idroelettrica Piemonte, le Officine Elettriche

Genovesi, la Negri, la Bresciana, l’Adriatica, la Milani,

la Collina, la Ligure Toscana, la Meridionale; il Tirso,

l’Unione Esercizi Elettrici, ecc. ecc., per non citare

che quelle che mi vengono in memoria, stanno costruendo

Impianti. Come si giustifica quindi l’allarme che si va

diffondendo nel paese, che le Società elettriche nulla fanno

e nulla vogliono fare ? Mi riprometto di pubblicare quanto

prima un elenco completo degli impianti nuovi in alle­

stimento per sfatare a fatti e non a parole questa ca­

lunnia che circola a danno degli E. I. E. Ma prego fra t­

tanto l’A. dell’articolo di assumere informazioni per conto

suo e fare ammenda di buona parte delle sue afferma­

zioni.

Anche io ho spesso deplorato che non sì possono ese­

guire al più presto tu tti gli impianti concessi dal 1916

ad oggi con la legge Bonomi ma per evitare equivoci debo

fare qui una distinzione. Agli immediati bisogni si sta

provvedendo, ed i ritardi sono unicamente immutabili a

cause indipendenti della volontà degli esercenti che deb­

bono lottare e spendere somme non lievi per andare in­

nanzi con i lavori, ostacolati dalle continue agitazioni

operaie e dalla lentezza delle forniture di macchinari e

materiali da costruzione. Ai futuri bisogni non si può ora

provvedere con sollecitudine per tu tte le ragioni econo­

miche accennate dall’A. e da me stesso nelle mie note

economiche, ma di ciò non ho mai pensato di muovere

appunti alle Società elettriche delle quali conosco abba­

stanza bene le difficoltà nelle quali attualmente si dibat­

tono.

Non è quindi esatto dire che esse faranno o meno gli

impianti a seconda che il prezzo del carbone scenderà di

molto o di poco. Si sonò o pur no utilizzati un milione e

più di H P idraulici quando il carbone costava 25 a 30

lire la tomi, ed il costo medio dell’energia bassissimo ? Si

è dovuto lottare durante tu tto un ventennio contro la

concorrenza degli impianti di forza motrice termica (mac­

chine a vapore o motori a gaz o ad olio) e prendere ad

uno ad uno i clienti persuadendoli con miracoli di elo­

quenza e di abilità commerciale ad adottare il motore elet­

trico? Se le società elettriche lo potessero, esse farebbero

tutto il possibile per creare istantaneamente nuova energia

idroelettrica dal momento che col carbone a 600 lire il

valore del kw ora è di 2 lire! Gli è che contro le im ­

possibilità non si lotta. Il prezzo di vendita dell’energia

è d’altra parte oggi del tutto indipendente dal prezzo del

carbone perchè alle Imprese Elettriche non è consetito quello

che è lecito a tu tti gliindustriali e commercianti, diadeguare

giornalmente il prezzodi vendita alle materiali con dizioni del

della moneta. Per poter permettere ad esse di aumentare

di un misero 25 per cento le tariffe di vendita del 1915

sono accorsi 18 mesi di assidue pratiche presso il Governo !

Il costo dei nuovi impianti sarà di 3900 o 4000 lire al

kW ora costerà 20 centesimi, l’energia gradatamente sa­

lirà dalle 200 lire per kW-anno (prezzo medio prebellico)

alle 6i0 o 800 lire. Tutto ciò lo si sta dicendo da un

pezzo ma non è quella ragione vera per la quale non si

utilizzano ancora molte centinaia di migliaia di H P con­

cessi. La ragione vera del ritardo, ripeto, deve ricercarsi

nella mancanza di materiali, nella necessità di provvedere

prima di tutto alla manutenzione degli impianti attuali

che ne hanno un bisogno straordinario, sfruttati come sono

e di ultimare senza indugio gli impianti in corso di co­

struzione. Di fronte a tali problemi impellenti è certo che

a nessuno può venire in mente di accingersi a lavori nuovi

nelle condizioni di turbamento economico nelle quali siamo.

Ma non debbonsi fare confusioni e nel giudicare le Im ­

prese Elettriche deve esclusivamente guardarsi a tale or­

dine di successione di esigenze. Esse sarebbero in colpa'

grave solo se non avendo nulla da fare oggi e essendovi

possibilità di aver prontamente macchine, tubazioni, ce­

mento, ecc.; attendessero per costruire i tempi migliori,

lasciando nel frattempo difettare l ’energia.

Parecchi oggi vorrebbero che lo Stato intervenisse. Non

mi dilungo a dimostrare che il rimedio sarebbe peggiore

del male e la statizzazione o quasiasi altra forma di in­

tervento statale non farebbe che aggravare la situazione

rinviando per un tempo inverosimile l’approntamento dei

nuovi impianti. I telefoni insegnino!

Le Società ordinarie per azioni in Italia

nell’anno 1919.

Riproduciamo la statistica del movimento delle Società

per azioni in Italia nel decorso anno.

Il prospetto seguente riassume il movimento delle so­

cietà ordinarie per azioni nei due semestri del 1919. Come

appare dai dati in esso esposti, nel secondo periodo, in con­

fronto al primo, si è ingrandito d i circa 71 milioni il ca­

pitale delle società di nuova costituzione, mentre è leg­

germente diminuito (di circa 26 milioni) l'aumento di ca­

pitali, cosicché il totale investimenti risulta maggiore di

circa 45 milioni. La cifra degli scioglimenti del secondo

periodo supera di 4 milioni quella del periodo precedente,

ma in compenso quella delle riduzioni di capitale è infe­

riore di circa 13 milioni, cosicché il totale disinvestimenti

risulta minore di circa 9 milioni. Abbiamo perciò nel se­

condo semestre dell’anno scorso un investimento netto di

L. 1,533,257,257 che sorpassa di quasi 54 milioni quello

del precedente semestre. Questo investimento viene per

importanza subito dopo a quello del secondo semestre 1918,

il maggiore fin qui riscontrato.

1° s e m e s tr e 1919 2° s e m e s tre 1919 T o t a le a n n o 1919 N u m .

S o cie là C a p ita le S o c ie tàN u m . C a p ita le S o c ie tàN um . C a p ita le

Capitale sott. in società di nuova costituz. *

402

472,289,800

464

543,248,500

866

1.015,538,300

Aumento di capitale in società esistenti .

276

1,086,450,350

299

1,060,615,445

575

2,147,065,795

Totale investimenti

1,558,740,150

1,603,863,945

3,162,604,095

Scioglimenti...

72

48,008,700

79

52,070,820

151

100,079,520

Riduzione di capitale in società esistenti .

24

31,063,930

21

18,535,868

45

49,599,798

Totale dis investi m enti . . .

79,072,630

70,606,688

149,679,318

(6)

222

I.’ ECONOMISTA

Se poi passiamo a confrontare i dati del 1918 con quelli

del 1919, troviamo che in quest’ultimo anno, in confronto

j del precedente, contro un lieve aumento nella cifra degli

|| investimenti, abbiamo un aumento un po più sensibile in

quella dei disinvestimenti, di modo che la cifra degli in-

: vestimenti netti risulta di oltre 22 milioni minore. Come

jj si vede la differenza è irrilevante, tanto più irrilevante

|| se si paragona a quelle riscontrate nei precedenti periodi

: della guerra.

* * *

Complessivamente^ dall inizio della guerra europea ai

nostri giorni si hanno le seguenti cifre :

Investim enti.

Nuove cost. Soc. N. 2,135 . . . L. 2.697.647.430

Aumento di cap. » 1,699 . . . » 5.747.227.236

Totale investimenti . . . L. 8.444.874.666.

D isinvestim enti.

9 m aggio 1920 — N. 2401

Scioglimenti Società N. 599 . . . L. 326.805.924

Diminuzione di cap. » 345 . . . » 390.624.439

Totale disinvestimenti . . . L. 717.430.363

Riassunto.

In v estim en ti...L. 8.444.874.666

Disinvestim enti... »

717.430.363

Investimento netto . . . L. 7.727.444.303

* * *

Lia tabella seguente espone le cifre degli investimenti

netti durante i due semestri 1918 e i semestri 1919, di­

stinti secondo le varie categorie di società.

A n n o 1918 A n n o 1919

1° S e m e stre 2° S e m e stre 1° S e m e s tre 2° S e m e s tre

Istituti di credito e banche...

155.270.000

95.020.000

288.972.450

175.161.000

Assicurazioni » .

...

64.825.000

59.250.000

41.850.000

11.850.000

Industrie estrattive . . . .

76.402.400

48.110.000

53.210.000

32.558.000

Id. siderurgiche...

181.570.000

543.980.000

147.630.000

65.600.000

Id. m eccaniche...

131.069.975

114.295.000

121.880.000

40.763.000

ld. chimiche ed elettrochimiche . . .

55.174.500

117.017.600

56.254.250

77.038.500

Id. elettriche...

139.899.800

218.876.745

133.585.150

115.035.940

Id automobili ed a ffin i...

8.666.000

72.290.000

50.160.000

86.195.000

Id. trasporti terrestri e marittimi . .

160.590.000

1.72.545.000

127.404.850

349.061.500

Id te s s i l i ...

26.180.550

118.580.000

23.150.000

60.180.000

ld. manifatture diverse .

. . . .

21.185.550

17.416.900

34.521.000

61.113.100

ld. a g r i c o l e ...

28.770.000

47.105.000

96.760.000

47.580.000

Id. alimentari...

30.186.160

123.358.690

39.871.400

93.963.000

Imprese immobiliari ed edilizie . . .

-5.626.000

48.210.712

77.020.000

112.200.488

Ind. di costruzioni e materiali. . . .

7.185.000

11.073.850

60.601.400

24.392.600

Acquedotti, acque minerali e bagni

70.000

7.300.000

725.000

2.455.000

Alberghi, ristoranti e teatri . . . .

431.030

3.000.444

2.884.632

2.240.232

Aziende com m erciali...

10.925.000

41.167.240

92.090.000

102.223.375

Società diverse dalle precedenti . . .

25.907.400

27.795.425

75.566.652

73.646.522

Le cifre in carattere nero rappresentano disinvestimenti netti.

***

Dalle cifre di questo prospetto risulta che nel 1919 è

diminuito, in confronto all’anno precedente e specialmente

nel secondo semestre, 1 afflusso dei capitali nelle categorie

seguenti: assicurazioni, industrie estrattive, industrie

siderurgiche, industrie elettriche, industrie tessili, in d u ­

strie alimentari. La spiegazione è evidentemente fornita

dallo straordinario sviluppo che queste specie di attività

prodottici aveano conseguito dalla guerra. Però è degno,

di rilievo il fatto che, pur essendo minore di quello del­

l’anno precedente; l’afflusso di capitale verso di esse è

stato sempre ragguardevole in questo inizio del periodo

di pace, dimostrando che 1 operosità industriale del paese

compie il suo assetto per una più intensa attività.

Apparisce, invece, notevole T aumento del capitale

acuito verso le categorie: I s titu ti di credito e Banche,

che nell’anno rappresenta più di 464 milioni ; indùstrie

automobili ed affini, industrie dei trasporti per oltre

477 milioni quasi per intiero versato nell industria dei tra ­

sporti marittimi; manifatture diverse, industrie agricole

per oltre 145 milioni; imprese immobiliari ed edilizie

per circa 190 milioni; industrie di costruzioni e materieli

per più di 45 milioni; le aziende commerciali per circa

200 milioni; Società diverse per oltre 150 milioni. Queste

diverse categorie sono l'espressione delle attività produt­

trici che si affermano nel periodo di pace e costituiscono

la più sicura promessa dell èra nuova che s'inizia nella vita

italiana.

Occorre non turbare in alcun modo, sotto alcun pre­

testo questo movimento di progresso dell attività produt­

trice; in esso è la salvezza del paese; comprometterla,

come si vien tentando con gli scioperi, costituisce un de­

litto verso la patria, un attentato alla sua prosperità eco­

nomica, alla sua-grandezza civile.

Patimenti degno di rilievo è la cifra degLinvestimenti,

al netto dei disinvestimenti di capitale nelle Società per

azioni durante il periodo dall inizio della guerra sino al

31 dicembre 1919. Sono 7727 milioni e 444.307 lire. Una

cifra che supera il totale del capitale investito in tutte le

Società per azioni esistenti in Italia prima della guerra.

I profitti di guerra sono, dunque, in buona parte affluiti

in queste forme di svolgimento della produzione nazio­

nale. E ’ mestieri non compromettere questo movimento

arrestandolo con provvedimenti fiscali i quali possano

avere un tale effetto, ricordando che la ricchezza della

produzione nazionale è la più sicura sorgente, nel tempo

stesso, della prosperità del paese e dell’Erario pubblico.

R I VI S T A B I B L I O G R A F I C A

Ri c c a r d o Ba c h i,

Le fluttuazioni stagionali nella vita

economica italiana in « Annali di Statistica » serie V,

voi. 9°, 1919.

Sia nella letteratura estera che in quella italiana non

esisteva, prima di quella del Bachi, una trattazione com­

pleta sulle fluttuazioni stagionali in economia. Lo Jevons,

infatti, nella sua classica memoria pubblicata nel 1862,

On thè study of periodic commercial fluctuations (ripro­

dotta in Investigations in eurrency and finance, Lon­

don, 1884) si era limitato a delineare i caratteri delle flut­

tuazioni in alcuni fenomeni monetari e cieditizi presen­

tando una notevole raccolta di dati statistici intorno alle

fluttuazioni del saggio di sconto, del numero di fallimenti, j!

nei piezzi del consolidato e del grano in Inghilterra. Il j

Kemtrerer, in epoca più recen e, aveva pubblicata una

inchiesta eseguita per confo della « National monetary 1

Commission », ma a neh'essa relativa alle fluttuazioni di

detei minati fenomeni (Seasonal variations in thè relative

demand for money and capitai in thè United States, a

statistical study, Washington, 1910): il saggio di interesse,

i cambi, la circolazione monetaria e eaitacea, numerario,

depositi bancari, compensazioni, fallimenti. Più scarsi ed

anche meno generali erano gli studi italiani sull’ argo­

mento: una memoria del Montemartini sulle Curve tecni- j

che dì occupazione industriale (in Annali di Statistica,

serie V, voi. I), e due di Gustavo Del Vecchio s u ll’ in- j

fluenza stagionale nel movimento dei risparmi (Ricerche

statistiche su i depositi a risparmio. Udine 1910) e nelle

variazioni dillo sconto (Le variazioni periodiche dello

sconto, in « Giornale degli Economisti » aprile 1913). Il !j

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