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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.04 (1877) n.163, 17 giugno

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L ECONOMISTA

G A Z Z E T T A . S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FIN AN ZA, COMMERCIO, RANCHI, FE R R O V IE. INTERESSI PRIV ATI

Anno 1Y - Voi. VII

D om enica 17 g iu g n o 1877

N. 168

DELLA SPESA

D E L M I N I S T E R O D E L L E F I N A N Z E

p e r l ’a n n o 1 8 7 7

Nel passato anno noi abbiamo dato un riassunto dei nostri bilanci di prima previsione pel 1877 e ci proponiamo ora di fare altrettanto pei bilanci di definitiva previsione, incominciando dal bilancio della spesa del Ministero delle finanze.

Alle proposte del Governo la Commissione della Camera ha fatte poche variazioni e non di gran conto, e la Camera ha approvato il bilancio, limi­ tandosi a qualche raccomandazione che non riguar­ dava minimamente le cifre.

Le variazioni introdotte nel bilancio di cui par­ liamo sono pertanto di due specie: con alcune cioè si modifica la forma di questo bilancio e colle altre si propongono aumenti o dinjinuzioni alle somme già approvate pei diversi servizi del bilancio di prima previsione dello stesso anno.

11 ministro, accogliendo la proposta fatta dalla Commissione in occasione della discussione del bi­ lancio di prima previsione, di compilare cioè il bilancio in modo che i residui attivi e passivi for­ mino un titolo a parte alla fine di ciascuno degli stati della spesa come di quelli dell’entrata per po­ ter rilevare in qual proporzione le rimanenze attive possano presumibilmente far fronte alle passive, pensò di predisporre fin d’ora il terreno a cotesta riforma, indicando distintamente nel bilancio defini­ tivo di previsione, le somme che si presume non vengano pagate o versate in tesoreria durante il 1877, sia per competenza dell'anno medesimo, sia in conto residui del 187G ed anni precedenti.

La Commissione ha espresso il volo che come co­ rollario di questa riforma, la quale potrà essere attivata nel bilancio di prima previsione pel 1878, si aggiunga lo stanziamento delle Partite d i giro in apposito titolo di ciascuno degli stati della spesa, come in quelli dell’entrata.

Quanto alla seconda specie di variazioni, queste

toccano tanto la competenza dell’anno, quanto i re­ sidui e le partite di giro.

Le somme stanziate nel bilancio di prima previ­ sione per la competenza dell’anno ascendono a lire 897,425,321 IO di cui lire 870,894,174 (¡-2 per la parte ordinaria e lire 21,429,146 78 per la parte straordinaria, comprese le partite di giro. Le va­ riazioni nella parte ordinaria si riassumono in una minore spesa di lire 21,658 31 e quelle nella parte straordinaria in una maggiore spesa di L. 1,134,717 06 per cui in complesso si ha un aumento di lire 110,078 73.

Queste variazioni riguardano le seguenti parti della competenza del 1877 — Debito pubblico, gua­ rentigie e dotazioni — Spese d ’amm inistrazione e privative — Asse ecclesiastico.

Quanto al Debito Pubblico suj titolo 1° spesa or­ dinaria (Gap. 1° Rendita consolidata 5 p e r cento) l’aumento effettivo proposto si riduce a 490,012 34 onde la previsione definitiva per la competenza del 1877 ascenderebbe a L. 370,963,343 36.

Le cause degli aumenti sono quattro. La prima risiede nella continuata conversione delle obbliga­ zioni comuni delle ferrovie romane in base alla legge 2 giugno 1873, che esige la iscrizione di un’ altra rendita 5 per cento di lire 201,180 in conto di quella creata col regio decreto 6 dicembre 1876. Al 1° aprile 1877 questa conversione era stata ope­ rata per numero 351,338 obbligazioni colla iscri­ zione di una complessiva rendita di lire 8,723,370. Se avrà luogo la conversione di altre rimanenti 181,363 obbligazioni, occorrerà la iscrizione di altre lire 2,720,443 di rendita.

Una iscrizione di lire 2,330,000 deriva dalla ne­ cessità di ricavare un capitale di 46 milioni desti­ nato a far fronte nel 1877 ai lavori delle ferrovie dell’Alta Italia passati a carico dello Stato in virtù della convenzione di Basilea, al pagamento delle rate di estinzione del mutuo contratto dalla Società delle ferrovie dell’Alta Italia colla Cassa di Rispar­ mio di Milano, passato egualmente in forza della stessa convenzione a carico dello Stato, alle spese di costruzione dello ferrovie Galabro-Sicule fino alla concorrenza di 20 milioni, giusta l’art. 5 della legge 5 dicembre 1876.

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722 L’ ECONOM ISTA 17 giugno 1877

Un terzo aumento di lire 4,347 30 riguarda le operazioni relative alla liquidazione dell’asse eccle­ siastico. Un altro aumento di L. 12,300 riguarda il servizio della rendita da crearsi per essere deposi­ tata alla Cassa dei Depositi e prestiti in sostituzione delle obbligazioni deH’asse ecclesiastico che si pre­ sume potersi alienare durante il 1877 e che sono ora depositate presso quella Cassa in garanzia del Consorzio delle Banche di Emissione.

In complesso e con alcune variazioni proposte dalla Commissione la somma da approvarsi col bi­ lancio definitivo pel capitolo primo sarà di lire | 370,930,843 36 ossia L. 10,703,304 38 in più sul 1876, aumento corrispondente a un capitale nominale ! di più di L. 21 4,000,000, e ciò, come si è detto, a causa della convenzione di Basilea, della costru­ zione delle Calabro-Sicule ed della liquidazione del­ l’asse ecclesiastico.

Quanto ni debiti redimibili iscritti nel Gran libro

(interessi e premi) si propone uua diminuzione di

lire 193,283 30 sulla somma stanziala nel bilancio di prima previsione, che riduce la spesa a lire 51,190,788. 52.

Per altri debiti redimibili la competenza del 1877 si eleva a lire 21,653,906 38.

Riguardo al debito variabile si propongono al­ cuno diminuzioni, che in parte riguardano la spesa approvata per le garanzie a società concessionarie di ferrovie, cioè per lire 2,137,000 sulla spesa di lire 44,910,500. La Commissione a questo propo­ sito chiese un’accurata revisione delle vigenti tariffe j che hanno tanta influenza sul prodotto lordo delle 1 ferrovie e quindi sulla entità delle garanzie. Le di­ verse linee per le quali occorre l’annua spesa di circa 43 milioni danno appena un prodotto lordo di poco più di 50 milioni di lire, malgrado le utili riforme, che le due maggiori società esercenti quelle linee hanno già introdotto nelle rispettive tariffe.

Nel debito vitalizio si propone una diminuzione complessiva di L. 620,354 61 per cui la spesa per ! la competenza del 1877 si ridurrà a L. 59,513,716 39. j Questa diminuzione proviene per L. 581,334 61 da variazioni in più o in meno introdotte nella somma già approvata per ciascun Ministero per pensioni propriamente dette e per L. 39,000 da variazioni nella somma di indennità da concedersi dalla Corte dei Conti per una sola volta.

Sulle dotazioni è proposta la diminuzione di L. 6,16 4 73 per cui la competenzt si residua a L. 15,505,835 27.

Per rimborso di prestiti (titoli da acquistarsi a contante) è proposto un aumento di L. 3,305,302 36 portando così la previsione definitiva pel 1877 alla somma di L. 93,684,535 15.

Pei titoli da riceversi in pagamento la Commis­ sione propone di tener fermo la somma di lire 15,650,000.

Sul Titolo II — spesa straordinaria — la somma complessiva ammonta a L. 6,859,626 64 per un aumento di L. 173,369 86 per maggiori compensi dovuti ai danneggiati dalle truppe borboniche in Sicilia.

Venendo alla parte 2a — spese d’amministrazione privative — pel Titolo 1 — spesa ordinaria — la somma ascende a L. 6,182,480 10 per un aumento di L. 42,000 nell’amministrazione centrale, di cui L. 12,000 rappresentano una maggiore spesa nel­ l’ amministrazione centrale finanziaria e L. 30,000 riguardano il personale della Corte dei Conti come quota di concorso nelle spese di personale della Corte medesima a carico della Gassa di depositi e prestiti.

Pei servigi speciali ed amministrazioni esterne vi è una diminuzione di L. 2,042,048 79, onde si avrebbe lo stanziamento di L. 81,803,259 58

Quando al Titolo li — spesa straordinaria — per l’amministrazione centrale v’ è una diminuzione di L. 37,000, riducendo la spesa per la competenza definitiva a L. 10,338,430.

Nell’amministrazione esterna non v’ è che un au­ mento di L. 100,000 per portare a L. 256,000 la spesa necessaria per imposte e sovraimposte dovute da terzi che si pagano dal demanio in forza del- l’art. 54 della legge 20 aprile 1871.

Sul Titolo II — spesa straordinaria — la dimi­ nuzione è di L. 250,000 per cui la competenza resta ridotta a L. 1,193,000.

Le rimanenze ammontano ancora a 142,731,580 09 lire, di cui L. 63,101,684 09 nella parte ordinaria e L. 77,641,896 nella parte straordinaria del bi­ lancio. Nel 1878 si presume una rimanenza di lire 13,157,019 57. I residui occupano quindi una parte importante nel bilancio della spesa del Ministero delle finanze.

Col bilancio definitivo del 1877 prevedendosi di avere soltanto a pagare L. 1,011,201,911 sulla pre­ visione generale di L. 1,040,484,980 si presume una somma di pagamenti effettivi corrispondenti al 97 per cento della previsione generale. Secondo la Commissione la spesa sarebbe per la compe­ tenza ...L. 895,917,800 lo per residui 1876 e retro . » 142,730,721 09 Totale L. 1,038,648,521 24 ed effettivamente . . . . » 1,009,365,452 90 Esposto così quale sia il bilancio del nostro Mi­ nistero delle finanze, non sarà senza interesse il con­ siderare il bilancio medesimo presso i nostri vicini di Francia.

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17 giugno 1877 L’ ECONOMISTA 723

sezioni di questo Ministero 1,210 milioni e mezzo pel debito pubblico e le dotazioni, 20 milioni e mezzo pel servizio generale del Ministero, 234 mi­ lioni e mezzo per le spese di regìa, percezioni delle imposte e rendite pubbliche, 17 milioni per rimborsi, restituzione, non valori e premi.

La sezione del debito pubblico e dei premi preleva la più gran parte; la commissione del bilancio ac­ corda pel 1878 fr. 1,210,863,000 di cui 747 pel debito consolidato, 303 pei capitali rimborsabili a differenti titoli, 123 pel debito vitalizio, 25 per le dotazioni propriamente dette e 10 e mezzo per le spese dei poteri legislativi.

Come si vede, g ’interessi del debito consolidato ascendono in Francia ad una somma quasi doppia che da noi. Ma, a parte le tanto diverse condizioni economiche dei due paesi, è da notarsi che questa cifra non aumenta d’anno in anno, anzi va lenta­ mente scemando. Si 6 rinunziato a nuovi imprestiti in rendite perpetue, onde in un avvenire più o meco prossimo si avrà, come osserva il sig. Leroy-Beaulieu nell 'Economiste Français, un gran rialzo nei fondi pubblici. La Cassa di ritiro per la vecchiaia inoltre annulla delle rendite perpetue creando pe’suoi de­ positanti delle rendite vitalizie, e questo è un am­ mortamento tacito e lento che non si devo perdere di vista. La conversione dol 3 per cento potrà con­ siderevolmente ridurre il peso del debito pubblico. Per la sezione — capitali rimborsabili a diffe­

renti titoli — la Commissione ha accordato circa

503 milioni. La Banca poi riceverà, secondo la pro­ posta della Commissione, 132 milioni, di cui 140 saranno forniti dal bilancio del 1878 e 12 dai residui disponibili del 1876.

Vi sono poi indennità per danni di guerra e com­ pensi alla Compagnia dell’Est per la perdila delle linee dell’Alsazia e della Lorena.

C’ c poi il debito fluttuante del Tesoro. L’insuf­ ficienza delle entrate riguardo alle spese rappresenta 865 milioni. Gl’interessi contano per fr. 30,440,000.

Le annuità alle compagnie ferroviarie ammontano a circa 22 milioni, ma vuoisi riflettere che nel de­ bito pubblico non figurano che le annuità per le strade già compiute; quanto alle sovvenzioni, alle linee in costruzione, sono iscritte nel bilancio dei lavori pubblici.

I debiti del tesoro all’ infuori del debito consoli- d ùo, andranno mano a mano attenuandosi e dispa­ rendo grado a grado dal 1883 al 1886. Fin d’ ora però, a senso dello scrittore sopra citato, se ne po­ trebbe ridurre il peso, emettendo obbligazioni non già trentennarie, ma rimborsabili in 70 anni. Come pure si potrebbero modificare le risorse del debito fluttuante, chiedendole direttamente al pubblico, che si contenterebbe di 2 o 2 1|2 per cento per questi impieghi temporanei, e lo Stato vi guadagnerebbe 1

parecchi milioni da impiegarsi in riduzione di im­ poste o in nuove opere pubbliche.

È facile pertanto vedere come la Francia, mal­ grado il suo ingente debito pubblico, sia in una via di progressivo miglioramento, e questo valga per coloro i quali pensano che la finanza dello Stato si possa considerare, astrazion fatta dallo sviluppo eco­ nomico del paese.

CONFERENZE INTORNO ALLA LERCE FORESTALE

A LL A

R. ACCADEMIA DEI GEORGOFILI

Conferenza del 13 m aggio

DISCORSO , DELL.’ ONOREVOLE PE R U Z 2I

(C ontinuazione e fine, vedi N. 161.)

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L’ ECONOMISTA 17 giugno 1877 72-t

dei (ini in esso indicati, quali vincoli o servitù le­ gali dovranno essere imposti ai proprietari dei bo­ schi da conservare o dei terreni da ridurre a bosco? Quali effetti questi vincoli possono produrre sulla rendita della proprietà e sul suo valore? »

Avete udito, o signori, quali sieno i vincoli che il progetto di legge imporrebbe alla privata pro­ prietà ; vi ho letto l’articolo primo e il paragrafo secondo dell’articolo quarto pel quale la cultura delle selve ed il taglio dei boschi non sono soggetti ad alcuna preventiva autorizzazione, ma i proprietari debbono sottostare alle prescrizioni di massima che saranno date dal Comitato forestale; ed a questo si ancriun«re il paragrafo terzo dello stesso articolo pel

D O D I O . . .

quale queste prescrizioni devono limitarsi agli scopi di assicurare la consistenza del suolo, la riproduzione dei boschi, c nei casi di pubblica igiene, la conserva­ zione di essi.

Qual sarà l’effetto pratico di queste prescrizioni? La lettera di queste due disposizioni le fa parere a taluni contradittorie fra loro, poiché per la prima si esclude per la coltura e pel taglio qualsivoglia a uto- torizzazione; laddove per la seconda s’ impone a chi coltiva o taglia dei boschi l’osservanza delle prescri­ zioni di massime del Comitato. Alla dubbia intelli­ genza del proprietario vorrebbesi sostituita quella presunta ’infallibile della maggioranza di un Comi­ tato proveniente da due potenti fattori del progresso civile, cioè dal Governo e dai consiglieri eletti dalla maggioranza degli interessati della provincia e del Comune. Avventurato pare a taluni quel proprie­ tario trattenuto, ogni qualvolta sta per fare un mal passo nella via della cultura della propria terra ed i non vincolati proprietari di un oliveto o di un vigneto, debbono fare oggetto d’ invidia i proprie­ tari delle selve che hanno questo benefico facitore ad essi rifiutato! Nel formulare il quesito ho conside­ ralo la questione da un punto di vista meno ele­ vato, più volgare ; dal punto di vista della produt­ tività e della alienabilità delle terre in relazione all’ interesse del proprietario. Il proprietario di un bosco non vincolato può in certe date circostanze trarre da questo bosco l’utile che a lui talenta più e meglio di quello che potrebbe avvenire ad un altro proprietario vincolato all’osservanza delle pre­ scrizioni di massima del Comitato, sieno esse pure ottime per l’avvenire del bosco, del proprietario e della sua famiglia?

Nel Governo d’una famiglia non si può sempre procedere con uguale criterio, considerare i bisogni presenti e l’utile avvenire; qualche volta bisogna sacrificare l’utile avvenire per provvedere al bisogno presente, bisogna demolire una parte della casa per­ chè tutta non sia tratta nella rovina ond’è minacciata. E questo provvedimento salutare pei proprietario di terreni non vincolati, sarà subordinato per quelli

vincolati alle prescrizioni di massima del Comitato forestale, le quali più o meno vincoleranno questo diritto di proprietà: e queste prescrizioni restrin­ geranno più o meno i modi di utilizzare questa proprietà secondo che, lo ripeto ancora una volta, 1 coloro che comporranno il Comitato forestale saranno

ispirati da opinioni scientifiche, da principii econo­ mici, da sentimenti più o meno favorevoli al rispetto della privata proprietà.

Vengo alla alienabilità del fondo. Le prescrizioni di massima già di per se minoratrici, come qualsi­ voglia vincolo, del valore delle proprietà, possono poi mutare in peggio e crescere di gravità col mu­ tar della maggioranza del Comitato forestale : es­ sendo proprio dei corpi che si rinnovano (ed il Comitato si rinnova ogni due anni) mutare d’ in­ tendimenti. — Al danno presente del vincolo, si aggiunge pel terreno vincolato il pericolo che le prescrizioni del Comitato possano nell’avvenire essere per avventura piu gravose di quello che lo sieno al presente: laonde non parrai irragionevole il timore che il prezzo dei terreni vincolati sia minore di quelli non vincolati posti in identiche condizioni. In Ita li al’imposta fondiaria ragguaglia per ettaro di ter­ reno boschivo una lira e mezzo; laddove ascende a lire S 17 nei terreni coltivati. Sebbene io sia inchine­ vole a riconoscere che spesse volte il proprietario, il quale sperale per ridurre un terreno boschivo a terreno coltivato fa un cattivo affare alla pari del negoziante o dell’ industriale che impiega male il suo capitale, pure non posso non ritenere poten­ zialmente impoverito, olii, dall’avere un terreno che a proprio talento può mutare da boschivo a colti­ vato è ridotto a non poterlo usufruire o coltivare senza osservare le prescrizioni del Comitato o senza il permesso di questo: fra l’una e l’altra condizione | corre una differenza tale da non potere essere priva d’ influenza sul prezzo del terreno. L’ Accademia nostra dove seggono uomini esperti in questi argo­ menti, giureconsulti e periti agrari di mollissimo valore, potrà esaminare questa questione in quel modo migliore che esser possa desiderato da chiun­ que professa l’una o l’altra delle controversie opi­ nioni. Queste considerazioni e le altre già fatte rispetto alle dubbiezze della scienza intorno alla necessità o non necessità di vincolare la proprietà privata nell’ interesse pubblico e generale conduce allo svolgimento del terzo quesito cosi formulato : « Se il vincolo può diminuire la rendita ed il valore della proprietà, dovrà questa minorazione rimanere a carico dei singoli proprietari, ovvero essere ad essi risarcita ?

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17 giugno 1877 L’ ECONOMISTA 723

non sia dovuta indennità, sarà essa dovuta a quelli i cui terreni sono attualmente liberi da questo vin­ colo, nel caso che ad essi fossero per la detta legge assoggettati? Se dovrà essere data una indennità, quali saranno i criteri ed i modi per definirla? E da chi dovrà esser corrisposta? >

Se io volessi esaminare questo quesito uscirei dal campo nel quale mi sono proposto di stare, pro­ nunziando giudizi dai quali intendo astenermi per oggi: laonde, lasciando che questo importante que­ sito sia esaminato dai giureconsulti e dai periti agrari, che abbondano fra noi, io mi permetto sol­ tanto di considerare come l’ indole della proprietà consista appunto nella facoltà intiera del proprie­ tario di fare della cosa propria l’uso che reputa più conveniente. Se usa della propria cosa in modo da riuscire cagione d’ inconvenienti ad altri, deve inter­ venire la legge ad imporgli una servitù per limitare senz’altro le sue facoltà?

Io ho virilmente resistito alla tendenza del mio spirito che mi avrebbe fatto contrario ad una limi­ tazione dei diritti di proprietà per mezzo della espro­ priazione per causa di pubblica utilità, di cui pochi in Italia hanno probabilmente usato tanto quanto ne ho usato io; tanto ho resistito a questa repugnanza, che pochi in Italia hanno messo il proprio nome sotto tanti atti di espropriazione quanti sono quelli che ho firmato dal 1848 in quà. Non posso tuttavia nascondere che l’animo e la mente fanno un qual­ che sforzo per vincere le tendenze inglesi che sento quasi innate in me, contrarie al diritto di espro­ priazione: riconosco bensì che nelle condizioni pre­ senti della società non sarebbe possibile andare avanti senza una legge di espropriazione: per la quale, con le debite garanzie generalmente sancite dalle leggi di straniere nazioni, e dalla nostra ita­ liana, la società sia abilitata ad obbligare il cittadino a mutare la forma nella quale ritrae il frutto della proprie sostanze allorché il mantener queste nella presente forma sia riconosciuto manifestamente in­ compatibile con la convivenza sociale. Ma credo che i più convengano dover la Legge provvedero a che quest’ obbligo non sia imposto al cittadino se non che nel caso di provata necessità, e per modo che la sua sostanza sia trasformata, non diminuita: do­ vendo quell’aggregato di cittadini cui la espropria­ zione giova, sia esso lo Stato, la Provincia, il Co­ mune, un Consorzio, lo risarcisca della differenza. E soltanto a questa condizione, io vinco la ripu­ gnanza di cui ho parlato ; ma confesso, non sapermi spingere al di là della facoltà della società di limi­ tare le facoltà del proprietario, risarcendolo della differenza, come dispone I’ art. 46 della legge di espropriazione : il quale contempla il caso appunto della diminuzione della libertà del proprietario per via di servitù. Non credo che in generale sia abba­

stanza giustificata la espropriazione o la servitù le­ gale senza indennità; a meno che si tratti d’ impe­ dire fatti produttivi, come diceva il Romagnosi, d’un danno sociale generale, compreso il danno dello stesso proprietario, come accade, rispetto agli stabi­ limenti insalubri, incomodi, ecc., oppure quando siavi reciprocanza, come avviene delle servitù fra vicini, o quando si chiede al pubblico qualche cosa, come avviene dei regolamenti edilizi, i quali impongono prescrizioni correspettive all’uso di cose comunali, per esempio, alla occupazione dell’area o del suolo pubblico, ecc. Ma le servitù militari e qualche altra servitù legalo senza correspettivo, mi sembrano esser resti di antiche prepotenze dispotiche e feudali; non sapendo io veder ragione perchè a Portoferraio o ad Alessandria chi vuol alzare un camino debba chiedere 30 mila permessi, ed obbligarsi a demo­ lirlo ad ogni richiesta, nè vi si possano fare cose permesse a Milano, a Torino, a Firenze. Se è ne­ cessario alla sicurezza dello Stato, che non si faccia a Portoferraio e ad Alessandria quel che non vi è ragione di inibire altrove, parmi che lo Stato debba indennizzare i cittadini che per queste prescrizioni patiscono danno. Detto questo sol per animare la discussione, prego l’Accademia a tenermi dietro in un altro ordine di considerazioni. Ho detto non essere stati ammessi fra i motivi del vincolo forestale, i danni che i boschi possono fare per l’ alterazione delle condizioni elimatolcgiche, per l’impoverimento delle sorgenti, per la quantità e distribuzione delle pioggie : laonde rimangono solamente la sicurezza del suolo e il buon regime delle acque, giacché la indennità al proprietario del bosco vincolato per le condizioni igieniche è sancita dalla legge.

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tor-726 L ’ E C O N O M I S T A

renti e dei fiumi, al peggioramento di quello che chiamano il regime dei corsi d’acqua. A parer mio questi due scopi, consistenza del territorio e corso delle acque, si confondono veramente in un solo. Questo scopo è veramente di un’ interesse generale, o è egli d’ interesse particolare ? Io mi permetto di invitare l’Accademia a considerare se la consistenza di questa o di quella porzione di suolo e questo o quel corso d’acqua interessino tutti, ovvero uno o più particolari, isolati o riuniti in uno di quei col­ legi a cui lo Stato viene in aiuto con disposizioni legislative o con sussidii, siccome accade quando si tratti di provvedimenti superiori alla potestà di co­ loro che dovrebbero provvedere.

Questa azione benefica dello Stato e di altri enti collettivi finchò le nostre condizioni presenti si ri­ sentiranno delle antecedenti, (e per un pezzo se ne risentiranno), non può non essere riconosciuta per certi rispetti necessaria ; ma se lo Stato non sop­ porta che una parte delle spese quando si tratta di provvedere al buon regime dei singoli corsi di acqua in quanto questo buon regime è alterato da cause diverse dal diboscamento, perchè deve considerarsi come interesse generale dello Stato lo eliminare questa sola cagione di danni al regime delle acque, cagione che neppure i più caldi sostenitori del rim­ boscamento affermano essere nè la sola nè la prin­ cipale ?

E lo Stato provvede ad interessi privati, o signori, come se fossero interessi generali quando procede in uno di questi due modi. 0 indennizzando i sin­ goli proprietari a carico dell’erario nazionale, oppure valendosi della sua potestà legislativa per mettere i danni di questa conservazione dei boschi, benefica ai corsi d’acqua, non a carico di chi ne tragga pro­ fitto, ma a carico dei proprietari dei boschi stessi. Spero elio l’ Accademia considererà questo argo­ mento di grandissima importanza siccome quello che concerne quel giusto reparto dei pubblici carichi che è il fondamento e la ragione precipua dei liberi reggimenti.

Il quesito 3° considera due casi ; il caso nel quale si tratti di terreni boschivi o ili altri già soggetti al vincolo forestale ed il caso dei terreni non ancora vincolati, da sottoporre a questo vincolo. La diffe­ renza fra i due casi è stata già contemplata dal legislatore quando ha voluto che sia data ai proprie­ tari di boschi che si sottopongono al vincolo fore­ stale per ragione d’igiene, quella indennità che vuol negata a chi era già vincolato.

Infatti l’art. 2° dice :

« Il vincolo per ragione di pubblica igiene non potrà essere imposto che sui boschi esistenti ed in seguito a voto conforme del Consiglio comunale o provinciale interessati e dal Consiglio sanitario pro­ vinciale.

17 giugno 1877 « Nelle provincie però nelle quali i boschi non sono per le vigenti leggi sottoposti a vincolo per ragioni di pubblica igiene, il comune o la provincia che chiedessero l’applicazione di cotesto vincolo do­ vranno indennizzare congruamente i proprietari. »

Voi vedete, o signori, che questo art. 2° non attribuisce diritti d’indennità ai proprietari di boschi, per ragioni di igiene già soggetti al vincolo forestale, mentre attribuisce questo diritto d’ indennità ai pro­ prietari di boschi finora per questo motivo non vin­ colati. Domando all’ Accademia se non crederebbe importante lo studiare la questione sotto questo punto di vista : se, ammessa la indennità per i terreni no­ vellamente vincolati per ragioni igieniche, vi abbia motivo di rifiutarla ai proprietari di terreni oggi non soggetti ma che si tratterebbe di sottoporre a questo vincolo con la legge in esame per ragioni diverse dalle igieniche. « Quando si ammetta la necessità di conservare o di ripristinare i boschi, può essere egualmente opportuno, ovvero più utile rispetto all’uno che all’altro degli scopi sovraccennati e può esser giusto lo espropriare per farne pro­ prietà demaniale, provinciale o comunale i terreni ove s’ intende nell’ interesse pubblico, conservare o ripristinare i boschi ? »

La ragione di questo i° quesito che forse potrà a taluno riuscire oscuro è questa : che uno degli argomenti che gli avversari della legge forestale, possono con maggiore ragionevolezza mettere innanzi (scopro le batterie) è quello della inutilità, della inefficacia di queste leggi. Questo è un argomento che merita di essere seriamente considerato dai par­ tigiani delle leggi forestali ; e per questo io mi ci fermo con brevi parole. Volete una prova della inu­ tilità delle leggi forestali ? Nei tempi antichi, si ar­ rivò fino a divinizzare le foreste; nel medio evo, e nei secoli a noi più vicini si fecero leggi draconiane, cui succedettero leggi viepiù severe contro il taglio dei boschi. La Repubblica fiorentina ne ebbe delle severissime, al pari di quasi tutte le provincie d’Italia e degli Stati stranieri.

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17 giugno 1877 L’ ECONOMISTA 727

con una lira o due al giorno curi efficacemente l’osservanza della legge sulle vette dei monti, esposto a lusinghe ed a minacce ? Egli deve stare a fronte di uomini potenti per forza fìsica o per forza finan­ ziaria e non di rado sull’ orlo d’ un profondo bur­ rone, dovrà ponderare se gli convenga accettare una mancia o sdrucciolare senza testimoni nell’ abisso. Credere all'efficacia del vincolo è illusione del mo­ mento in cui una legge forestale è promulgata, ma si dilegua poi innanzi ai fatti, e il disinganno pro­ duce la moltiplicità delle leggi ; le quali non hanno impedito i lamenti degli scrittori di tutti i tempi. Questi scrittori considerano nocivo il taglio dei boschi ravvisando strette relazioni fra questo taglio e certe alterazioni della temperatura, dei corsi d’ acqua e simili : essi ci presentano statistiche dalle quali cia­ scuno cava argomenti a conforto della propria opi­ nione ; ma, a bene considerarle, non si può trarne nessun criterio sicuro. Per esempio si fanno delle statistiche delle piene. Il Tevere non ha avuto più una piena pari a quella del 1198, se non sbaglio. Ma le piene possono accadere maggiori o minori per 50 mila motivi che ignoriamo, come se siensi fatti ponti o altri lavori alteranti il corso del fiume 0 dei suoi affluenti. Ma il più semplice è stato at­ tribuire tutto al diboscamento. Se si guarda il nu­ mero e la grandezza delle piene del Po, del Tevere, dell’Arno e d’altri fiumi e torrenti, si vedono cre­ scere e diminuire senza che vi corrisponda un mag­ giore o minor taglio dei boschi, una maggiore o minore efficacia delle leggi forestali.

Quelli che hanno fatto le leggi forestali, veden­ done la inutilità, han creduto di ottenerne la efficacia, rendendole sempre più severe; tantoché esistono molte leggi forestali severissime in varie parti d’I­ talia ; e queste anzi furono la fortuna della presente proposta e il desiderio di abrogarle indusse molti ad accettar questa. Malgrado questa severità, le vi­ cende dei corsi dei fiumi non sono state diverse nei luoghi dove erano o mancavano leggi forestali. Buffon, Guglielmo Libri e molti altri lamentano il taglio dei boschi e l’aumento delle inondazioni, in paesi dove erano da secoli leggi forestali severissi­ me. Laonde, in molti è nata l’opinione che in fatto il vincolo forestale sia necessariamente inefficace ed inutile ; e che quando si voglia in certe date con­ dizioni, e in certi dati luoghi conservare veramente 1 boschi per l’utile dalla loro conservazione sperato, non vi sia che un sol modo, quello di espropriarli e di ridurli in proprietà del Governo, delle Pro­ vincie, dei Comuni, o di quei consorzi di interessati che hanno interesse alla loro conservazione. Questa opinione, o signori, si fece largo all’Assemblea na­ zionale francese nel secolo passato ; la quale, am­ maestrata dalla pratica di molti secoli della inutilità della leggi forestali rispetto ai privati, decretava ap­

punto che le foreste fossero quanto più è possibile nazionali, ed anco il nostro Parlamento ha fatto un passo in questo via, quando alcuni anni sono, a proposta credo del nostro collega Salvagnoli, di­ chiarò inalienabili parecchi boschi demaniali. Io non voglio nè avversare nè difendere questo sistema, che merita però molta considerazione siccome quello, il quale se ha il grandissimo inconveniente di aumen­ tare le ingerenze industriali delle pubbliche ammi­ nistrazioni, dall’altra parte ha due grandi vantaggi: quello di rispettare nei limiti della Legge di espro­ priazione il diritto del proprietario, l’altro di essere incontrastabilmente più efficace che i vincoli dalle Leggi forestali imposte a carico dei privati. Il signor Clavet, scrittore molto reputato in questa materia, e che ha pubblicato dei riassunti dei suoi scritti, nella

Rivista dei due Mondi, avendo osservato e studiato

gli effetti della Legge fosesta'e in Francia, scende nella opinione dell’Assemblea nazionale francese del secolo passato. Questi precedenti hanno fatto ritenere questo 4° quesito meritevole dello studio dell’Ac­ cademia.

Poche parole basteranno a spiegare i quesiti della classe 2a avendoli già in parte esplicati a proposito di quelli della classe l a.

La zona del castagno come ho già detto in prin­ cipio, è un limite molto contestato, perchè il castagno cresce a diverse altezze, a seconda delle condizioni dei varii monti dell'Italia, e fra noi abbiamo maestri che potranno giudicare se esso possa dare criteri troppo incerti e diversi secondo i diversi luoghi- come taluni han creduto; tanto che, quando il Se­ nato discusse la legge proposta dall’ onor. Finali, il relatore onorevole Lampertico propose la soppres­ sione di questa zona del castagno.

Quesito 2°. « La dizione della seconda parte del 1’ art. 1° del progetto di legge, che ho già riferita, determina con sufficiente chiarezza e precisione i criteri coi quali dev’essere imposto il vincolo e dà bastevole garanzia contro gli abusi dannosi ai pro­ prietari dei terreni superiori ad ingiusto e gratuito benefizio di quelli dei terreni inferiori?»

Ho già esplicato come mi paresse che le parole « e quelli che per la loro specie e situazione » fos­ sero così vaghe da lasciare la designazione delle terre da vincolare quasi unicamente raccomandata all’arbitrio dei Comitati forestali; i quali per l’art. 7°, come ho già detto, dovranno determinare quali sieno i terreni per i quali queste condizioni si verificano.

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della legge che rifiutano questa indennità quando questo vincolo è imposto per le altre ragioni indi­ cate nell’art. 1°, anche nelle provincie dove, perle vigenti leggi, i boschi non sono sottoposti a questo vincolo? » Quanto a questo quesito di cui ho già parlato, soggiungerò solamente che a sostegno di questa differenza di trattamento fra i proprietari di boschi vincolati per ragioni di igiene e i proprietari di boschi vincolati per ragioni della consistenza del suolo e del buon regime dei fiumi, si adducono due motivi ; prima di tutto dice : i boschi che si tratta di conservare per ragione di igiene, bisogna ta­ gliarli soltanto in piccola parte, perchè per fare l’ef­ fetto di ostacolo artificiale a! corso dei venti mia­ smatici fra i luoghi paludosi, ed i luoghi abitati, evidentemente sono ridotti dal vincolo a fruttar po­ chissimo ; laddove gli altri sarebbero vincolati sol­ tanto por impedire la degradazione del suolo e l’al­ terazione del buon regime dei corsi d’acqua, e soggetti perciò a prescrizioni di massima asserite piuttosto benefiche che dannose ai proprietari. In conseguenza nel primo caso comparisce giusta la indennità, nel secondo no. Inoltre, nel primo caso il proprietario tagliando il suo bosco non produce nessunissimo danno, dicono i sostenitori del vincolo, per il fatto suo : in quanto che il suo suolo non diventa per effetto del taglio dannoso agli abitanti di quelle città, cui era benefico riparo, ma cessa di essere utile: essendo unicamente dalla remozione di un benefico ostacolo che proviene un danno. Ben diverso è, se­ condo loro, il caso del proprietario di un terreno superiore che, tagliando il suo bosco denuda il pro­ prio terreno ; esso, per il fatto proprio, mette in libertà le molecole di questo terreno beneficamente trattenute d.dle radici degli alberi che lo cuoprivano, e le sprigiona a danno dei proprietari dei terreni inferiori. Queste sono argomentazioni che ho sentite svolgere ed ho lette a difesa di questa differenza tra 1’ una e I’ altra disposizione ; e senza entrare nella discussione, ho stimato conveniente dare anche questa spiegazione del quesito.

Quesito 4° : « Credesi possibile il dare le prescri­ zioni di massima imposte dall’art. 4° senza violazione della libertà della cultura silvana e del taglio dei boschi voluta dall’articolo stesso?

k E nel caso affermativo, quali potrebbero essere queste prescrizioni di massima date limitatamente, come prescrive l’articolo, agli scopi di assicurare la consistenza del suolo e la riproduzione dei boschi, e nei casi di pubblica igiene la conservazione di essi? » Nella prima parte delle mie osservazioni ho esposto le ragioni per le quali sembrami questo quesito degno degli studi degli uomini pratici e di scienza : imperocché in queste prescrizioni di mas­ sima, sta la parte principale e più importante della esecuzione della legge in quanto concerne gli inte­

ressi dei proprietari dei terreni vincolati.

Quesito 5°. « Le disposizioni all’art. IO pel quale contro le decisioni del Gomitato forestale è ammesso il ricorso al Consiglio di Stato, escludono ogni com­ petenza dei tribunali ? Oppure a chi si sente offeso nel proprio diritto dalle risoluzioni amministrative in tutti i gradi, è aperto l’ adito ai tribunali? Ed ove questa competenza dei tribunali sia esclusa, è ciò conforme a giustizia, ovvero offende i diritti del cit­ tadino e del proprietario ? »

Questo quesito ha bisogno di qualche spiegazione, sia rispetto al motivo pel quale mi sono permesso di formularlo, sia per esser stato formulato, per la sua difficoltà, in modo poco chiaro.

Ecco quale è la ragione di questo quesito. L’ar­ ticolo 10 della Legge forestale dispone : « controle decisioni del Comitato è ammesso, da parte di chi possa avervi interesse, il ricorso al Consiglio di Stato, il quale, udito il parere del Consiglio fore­ stale, e, occorrendo, di quelli dei lavori pubblici e di sanità, ed intese le parti, decide. »

Trattasi qui di competenza amministrativa a de­ cidere, di un contenzioso amministrativo ristabilito, si noti, senza quelle garanzie che aveva il conten­ zioso amministrativo avanti di essere soppresso nel 1863 ; garanzie di comparsa delle parti, di discus­ sioni orali, ecc.

È vero che nell’articolo 10 è stato aggiunto « in­ tese le parti, » ma queste parti, come potranno es­ sere intese, vigendo la legge attuale del Consiglio di Stato? Questo Consiglio di Stato eretto in tribu­ nale decidente, potrà intendere le parti nelle loro conclusioni scritte, potrà prendere da loro informa­ zioni e consentire le discussioni orali fra i rappre­ sentanti del Comitato e quelli dei singoli proprie­ tari? Checché sia di ciò, l’articolo 10 segna la via amministrativa da battere quando sorgono con­ troversie.

Se non che la legge del contenzioso negli articoli 2 e 4 dispone quanto appresso:

Art. 2. Sono devolute alla giurisdizione ordinaria tutte le cause per contravvenzioni e tutte le mate­ rie nelle quali si faccia questione d’un diritto civile o politico, comunque vi possa essere interessata la pubblica amministrazione, e ancorché sieno emanati provvedimenti dal potere esecutivo o dall’autorità amministrativa.

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Parroi incontestabile che per questo articolo 10 il proprietario che si trova il proprio terreno vin­ colato per ragioni che non crede giuste nè buone ; quegli cui è negato Io svincolo; quegli cui sono im­ poste prescrizioni di massima per la cultura silvana e per il taglio dei boschi, abbiano diritto di ricor­ rere amministrativamente in quanto concerne il mantenimento o la revoca dell’atto amministrativo. Ma se il proprietario ritiene che con questo atto sia stato offeso il suo diritto di proprietà, può egli ricorrere per il risarcimento del danno patito, a parer suo ingiustamente, ai tribunali ordinari, salva la elevazione del conflitto, nei modi voluti dalla recente legge? Ecco un dubbio che pel rispetto dovuto al diritto di proprietà io confido sia per es­ sere dall’ Accademia esaminato con quella pondera­ zione (die gli egregi membri di una delle sue se­ zioni potranno portare in questa importantissima discussione.

Il 6 quesito finalmente è così formulato: « Le disposizioni intese a favorire i rimboscamenti me­ diante l’azione dello Stato, delle Provin ie, dei Co­ muni, dei Consorzi volontari ed obbligatori per vo­ lere della maggioranza, possono essere giustificaie dal loro scopo, possono raggiungere questo scopo e sono conformi a giustizia ? »

Questa legge, per promuovere i rimboscamenti statuisce la facoltà di espropriare i terreni che nel- l’ interesse generale sembra utile rimboscare, quando i proprietari non intendono di fare essi stessi que­ sto rimboscamento: ed aggiunge anche la facoltà di costituire consorzi fra i proprietari, sia volontari, sia obbligatori, per effettuare il rimboscamento di certi terreni. Mi pare che queste disposizioni non si allontanino dalle regole sancite dalle leggi di espropriazione e da quelle sui consorzi. Sennonché l’articolo 13 ci richiama non solamente a gravi considerazioni di un ordine scientifico ed economico, per giudicare se il rimboscamento possa essere giu­ sto motivo di espropriazione forzata, ma ci richiama anche ad un altro ordine di indagini che io senza pregiudicare minimamente la questione stimo con­ veniente accennare. Ecco gli art. 13 e l i.

« Art. 13. I proprietari dei terreni sottoposti al vincolo forestale possono riunirsi in consorzio a fine di provvedere al rimboscamento dei terreni stessi, alla conservazione ed alla difesa dei loro diritti.

« La formazione di tale consorzio può anche ve­ nire ordinata dalle autorità giudiziarie, sulla domanda della maggioranza degli interessati, quando si tratti della conservazione e della difesa dei diritti comuni.

« I proprietari dissidenti hanno però il diritto di esìmersi da siffatto obbligo, cedendo i terreni al con­ sorzio a prezzo di stima, nel quale caso è obbliga­ torio l’acquisto pel consorzio stesso.

« Art. 14. Ove trattisi di semplici opere di rim­

boscamento, è data facoltà al consorzio di proce­ dere, nei modi indicati dalla legge, alla espropria­ zione dei terreni esistenti nell’area del rimboschi­ mento stesso, qualora i proprietari di codesti terreni non abbiano voluto, o non vogliano parteciparli al consorzio e venga provato, che le colture forestali non possano eseguirsi senza la partecipazione dei dissidenti, o che questi approfitterebbero delle col­ ture stesse.

« La facoltà della espropriazione non può però essere esercitata se non nel caso in cui gli espro­ priami sieno proprietari almeno di quattro quinti dei terreni che formano oggetto dell’area del rimbo­ schimento. »

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730 L ’ E C O N O M I S T A 17 alunno 1877 abbiano una grande importanza pratica, ne hanno

una grandissima, come tutto quei lo che menoma senza giustificata necessità di pubblico vantaggio, il libero esercizio del diritto di proprietà.

Queste disposizioni infiacchiscono nell’animo 'dei cittadini il sentimento del rispetto per la cosa altrui; mentre sarebbe invece desiderabile clic quando si tratta di leggi e disposizioni delle autorità pubbliche, specialmente nei tempi in cui siamo, si guardasse bene ad ogni passo fatto in questa via della limi­ tazione del diritto del proprietario di usare della propria sostanza: considerando che gli esempi ve­ nuti dall’alto possono essere pericolosissimi e invol­ gersi contro chi li dà.

Ai quesiti che ho avuto l’onore di svolgere, ten­ gono dietro alcuni temi proposti dai nostri Consigli direttivi allo studio dell’Accademia. Ci leggerò giac­ ché non hanno Insogno di essere esplicati:

« 1° l’articolo 3 dichiara esenti dalle disposizioni della legge forestale i terreni convenientemente ri­ dotti o mantenuti a ripiani, ovvero coltivati, a vili, olivi od altre piante arboree o frutticose; e per virtù dell’arl. !) cessa il vincolo forestale, quando per opere conservative o riparati ve riconosciute suf­ ficienti, cessino le cause per lo quali un terreno era stato sottoposto al vincolo forestale. Polrebb’es- sere conveniente lo studio di questi modi di ridu­ zioni dei terreni perchè i proprietari avessero agio di svinco'arsi ed i Comitati forestali di applicare sa­ viamente questi svincolamenti?

« 2° Per l’articolo 24, il Comitato forestale pro­

porrà in ogni provincia le disposizioni di polizia fo­ restale. Sarebbe argomento meritevole dello studio dell’Accademia qualche norma per queste disposizioni, eh’ esser dovranno approvato dal Consiglio provin­ ciale?

« 3° E del pari sarebbe utile che I’ Accademia studiasse l’ordinamento delle guardie forestali, che per l’articolo 24 sono per due terzi a carico dei comuni e per un terzo a carico delle Provincie?

« 4° Diritti d’uso. Le disposioni concernenti questi diritti, la loro affrancazioni, ed il modo e le condi­ zioni di queste affrancazione, sono conformi al ri­ spetto dovuto ai diritti rispettivi degli interessati, e raggiungono lo scopo voluto dal legislatore?»

Premesso che la parola « Frutticose » è nella legge, nè io ne assumo la responsabilità, dirò come io mi permettessi di proporre questi temi perchè credo che l’Accademia abbia moltissimi elementi per stu diarli con ottimi e pratici effetti. Gli atti della no­ stra Accademia sono ripieni di pregevoli memorie del marchese Cosimo Ridolfi padre venerato del nostro egregio presidente: il quale rendeva conto dei modi usati particolarmente dal bravo Testaferrata per le colmate di poggio e di altri ingegnosi mezzi adoperati dagli agricoltori nella Val d’Elsa, nelle

colline pisane e lucchesi per trattenere le acque cadenti dall’alto, per rendere benefiche le degrada­ zioni dei poggi, giustamente temute dagli agricoltori inerti, e dagli agricoltori solerti usufruite. Il solerte agricoltore della parte inferiore di un colle nulla domanda di meglio che di vedere trascurato il pro­ prietario della parte superiore del colle stesso; im­ perocché, una volta fatte le serre o pignoni, gli acquedotti, la regolazione dei botri, in modo da uti­ lizzare ogni briciolino di terra trasportata dalle acque; tanto più spesso egli potrà innalzare queste sue opere con pochissima spesa e col vantaggio di estesi acquisti di buon terreno, quanto maggiori e più frequenti saranno le degradazioni delle parti superiori della collina, perchè poco curate dai proprietari Sebbene la legge non abbia avuto gran fiducia in queste opere dei proprietari, ha contemplato la possibilità che essi facciano delle culture di questo genere e consente che in tal caso possano essere liberati dal vincolo forestale, lo credo che l’ Accademia farebbe opera santa se, studiando questo modo di liberarsi dal vincolo forestale e nel tempo stesso di accrescere la produttività di certe terre, venisse a conclusioni d i esser pubblicate in manuali, in istruzioni pratiche pei proprietari di monte e di collina. Lo adoperarsi per ridurre nei più angusti confini il \incoio fore­ stale, o signori, non devesi considerare come un atto di opposizione alla legge: imperocché anzi è un modo di secondare lo spirito che ha inspirato il ministro autore di questa legge, di ridurre il vincolo nei più ristretti confini possibili, di conci­ liare con gl’ interessi a cui si è voluto provvedere la libertà dei proprietari dei terreni vincolati. Quelli che hanno avuto mano alla legge saranno grati alla Accademia ed a tutti quei cittadini i quali si ado- preranno perchè il vincolo sia applicato nella minore estensione possibile.

Il 2° tema è il seguente : « Per l’articolo 24 il Comitato forestale proporrà iu ogni provincia le di­ sposizioni di polizia forestale. Sarebbe argomento meritevole dello studio dell’Accademia qualche norma per queste disposizioni eh’esser dovranno approvate dal Consiglio provinciale. »

Ho già parlato abbastanza di questo argomento perchè non sia necessario ch’io aggiunga altre av­ vertenze.

Passo al terzo tema. « E del pari sarebbe utile che l’ Accademia studiasse l’ordinamento delle guar­ die forestali, che per l’art. 26 sono per due terzi a carico dei Comuni e per un terzo a carico delle Provincie? »

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17 giugno 1877 L’ ECONOMISTA 731

vedere quanto potrebbe essere l’onere delle provinole e dei comuni, e come potrehb’essere scemato uti­ lizzando in qualche modo (cóme in qualche paese è stato proposto) le guardie dei privati messe tra loro in relazione mediante opportuni ordinamenti. Non faccio che accennare questo argomento, senza dubbio meritevole di studio, perchè ogni guardia che sarà diminuita scemerà un onere dei comuni e delle provinole e quindi dei contribuenti.

Quesito « Diritti d'uso. Le disposizioni concer­ nenti questi diritti, la loro affrancazione ed il modo e le condizioni di queste affrancazioni, sono con­ formi al rispetto dovuto a diritti respettivi degli in­ teressati, e raggiungono lo scopo voluto dal legi­ slatore ? »

Un titolo intero della legge è relativo ai diritti di uso; i quali costituiscono senza dubbio un ostacolo al buon regime dei boschi. È innegabilmente da desiderare che questi sieno svincolati come vuole la legge, ma credo elio l’Accademia farà un opera utile se studierà i modi di affrancazione più con­

formi ai sacri principi del rispetto ai diritti acqui­ siti e meglio conducenti allo scopo di favorire la cultura silvana. Detto questo, o Signori, chiedo scusa di avervi soverchiamente annoiato; e concludo che questa legge, a seconda dei modi in cui sarà applicata produrrà maggiori o minori dami', com­ pensati da maggiori o minori vantaggi per una gran parte delle nostre popolazioni degnissime della sollecitudine dell’Accademia. Rammentale, o signori la seconda parte dell’art. 1, considerate quanto sia lata quella dizione per la quale possono sottoporsi a vinco'o forestale, tutti i terreni cito per la loro specie e situazione possono, diboscandosi o disso­ dandosi, dar luogo a scoscendimenti, frane, valan­ ghe ecc.

Molti ed estesi sono i terreni non coltivati a viti o ulivi od altre piante arboree e frutticose che pos­ sono secondo il giudizio dei Comitati forestali esser soggetti a vincolo forestale; e questo vincolo riu­ scirà più o meno gravi ai proprietari più o meno rispondente al fine della legge secondoehè più o meno discrete e savie saranno le prescrizioni date dal Comitato in conformità dello art. 4. Considerate infine, o signori, come poche leggi abbiano dato tanta balìa intorno al modo di eseguirle »’cittadini eletti, considerate come lo studio dell’Accademia possa giovare onde questa legge, sia che prevalgano le idee vincoliste, sia che prevalgano le idee liberiste, venga applicata con sano e sicuro criterio e per uno scopo ponderatamente definito ; piuttostochè essere abbandonata al caso o all’arbitrio di agenti del po­ tere centrale, che nel fatto, per l’ignavia o por l’ignoranza degli interessati dovrebbero supplire la deficiente azione dei proprietari e degli eletti dei cit­ tadini.

La macchina da cucire e i suoi resultati economici

Un lavoro interessante sopra la macchina da cu­ cire di un autore inglese dei più competenti in ma­ teria di economia industriale, il signor J. Plummer pubblicato nel Companion to thè British Almanac ha fornito occasione ed argomento ’ad un notevole articolo dell’Economist di Londra nel quale pren­ dendo ad esempio ciò che è avvenuto nei lavori femminili dopo la introduzione e la diffusione delle macchine so ne trae un nuovo argomento per di­ mostrare che la produzione e la distribuzione eco­ nomica non sono due fenomeni distinti, ma che, es­ sendo l’uno all’altro strettamente collegati e uover- nanti dalle stesse leggi, si avvantaggiano scambie­ volmente dei progressi che si compiono in uno dei ■due campi, per cui una produzione più copiosa od a miglior mercato, dovuta alla libera concorrenza deb’inveuzione, del capitale e del lavoro, ha natu­

ralmente per conseguenza una più equa distribuzione del prodotto J'ra le parti che hanno concorso all’in- trapresa. Dal che deriva la conseguenza che hanno torto coloro i quali, pure riconoscendo dannosa l’in­ gerenza governativa quando si eserciti per regolare la produzione delle ricchezze, credono per altro che 10 Stato possa esser chiamato legittimamente e util­ mente a rego'are la loro distribuzione.

La macchina da cucire costruita secondo i sistemi che sono in uso attualmente sebbene accompagnata da un gran numero di difetti che un lento perfe­ zionamento è andato poco a poco eliminando, fu in­ ventala or sono circa quarantanni dal francese Thi-

mo-iwer, il (piale si racconta che avendo impian­

tato a Parigi uno stabilimento meccanico per la fab­ brica delle forniture militari vide distrutti gli oppa- recchi di sua invenzione dal malvolere ignorante degli operai. Non essendo quindi riuscito nel tenta­ tivo di vendere il suo ritrovato ai fabbricanti di Manchester si ritirò povero e scoraggiato nella sua piccola città nativa ove morì qualche anno più tardi nel 1834, col dolore di sapore che altri più fortu­ nato di lui era giunto quasi contemporaneamente ad applicare ed e fare accogliere l’idea ch’egli pure aveva concepita.

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732 L’ ECO N O M ISTA 17 giugno 1877

milioni di macchine da cucire in uso nelle varie parti del mondo; e negli Stati Uniti fino dal 1862 si ralco- lava che ogni macchina risparmiasse, al suo posses­ sore circa 30 scellini (62 fr. 1[2) la settimana e che nell’ intiero paese si ottenesse per conseguenza un sisparmio annuale di 30 milioni di sterline il quale non può essere adesso salito a meno di 100 milioni di sterline (2 miliardi 1|2 di franchi).

La macchina da cucire applicata primieramente nella fabbricazione dei busti e di altri simili oggetti dell’abbigliamento, specialmente femminile, produsse una benefica rivoluzione nelle condizioni delle ope­ raie impiegate i:i queste industrie, condizioni che erano antecedentemente delle più misere. Il salario di queste povere donne appartenenti alla classe in­ fima della popolazione giungeva di rado a 3 o 4 scellini per settimana, sebbene si logorassero la vista e la vita per lunghissime ore del giorno. L’ intro­ duzione della macchina da cucire ridusse da 18 ore a l l o 12 la durata media della giornata di lavoro, e questo congegno lungi dal diminuire la domanda di lavoro Tacerebbe a dismisura perchó, quantunque esso s’ incaricasse di compiere la parte più materiale e gravosa, la sola operazione di tagliare e preparare gli oggetti, alla cui confezione presiedeva una mag­ giore richiesta, rendeva necessarie una maggior quan­ tità di braccia ed un attitudine ed intelligenza su­ periore. Le operaie divennero anco bene spesso pro­ prietarie della macchina da esse adoperata nella propria casa, ed è nella riabilitazione dei lavori ili cucito e nella loro affrancazione dalla pesante schiavitù che li opprimeva, che deve rintracciarsi una delle prin­ cipali cagioni del notevole rialzo del salario richiesto dalle donne che si dedicano ai servizii domestici.

La macchina dopo esser stata applicata alla fab­ bricazione della biancheria e degli oggetti di ve­ stiario per ambo i sessi fu con successivi perfezio­ namenti adattata anco per le calzature e gli oggetti di cuoio. Un dei primi esperimenti di questo genere fatto a Northampton nel novembre 1867 incontrò una viva opposizione per parte dei lavoranti di cal­ zoleria, opposizione che si mantenne vivissima fino a! febbraio del 1839 quando i manifatturieri di Nort­ hampton e di Stafford si unirono in una lega ed an­ nunziarono di esser risoluti ad imporre l’uso della macchina nonostante l’opposizione degli operai. Ne successe uno sciopero il quale peraltro non valse a ritardare più oltre i progressi del nuovo congegno e non andò guari che gli scioperanti stessi ebbero luogo di accorgersi a quale benefica corrente essi volevano porre una diga e che i migliori operai furono an­ siosi di possedere una macchina per proprio conto la quale forniva lavoro allo donne della famiglia. Ora si calcola dice TEconomist che almeno una metà degli attuali fabbricanti di calzature di Nort­ hampton sono venuti su per mezzo della macchina,

dalla condizioni di operai. Migliorata la qualità dei lavori di calzoleria e diminuitone il prezzo ne au­ mentò straordinariamento il consumo; vi erano in Leicester nel 1820 solo 150 calzolai; nel 1851 ve ne erano 1,375; nel 1861, dopo l’apparizione della macchina, ve ne furono 2315; e nel 1871, 5703. Nel 1852 il salario medio di una buona operaia era dagli 8 ai 10 scellini per settimana, adesso esso varia dai l i ai 16 per le meno capaci, e dai 20 ai 24 per le migliori.

Il signor Plumrner dice che in generale pren­ dendo tutte le varie industrie nelle quali si fa uso della macchina da cucire, i salari possono esser cal­ colati dal 50 al 100 per cento più elevali di quelli che ricevevano, prima dell’ introduzione della mac­ china, i lavoranti a mano, senza poi contare i van­ taggi ottenuti nella coedizione fisica e sociale degli operai considerando specialmente il lato igienico e l’ indipendenza da essi acquistata.

L’effetto di questa invenzione fu in pochi anni di stabilire due radicali miglioramenti nelie industrie che poterono adottarla, cioè di diminuire il costo della produzione nonostante il miglioramento super­ lativo della qualità, e di dividere il guadagno ottenuto, oltre la parte devoluta al consumatore, equamente fra il fabbricante e l’operaio in proporzione delle forze da ciascuno arrecate alla produzione senza intervento dell’azione legislativa o nemmeno dell’ influenza di­ retta delle Associazioni operaie. Se, osserva Y Eco-

nornis', in uno dei primi stadi dello stabilimento

della macchina da cucire fosse stato possibile agli uomini di escludere le donne dal lavoro meccanico o alle Trades TJmons di imporre un minimo dei salari o di stabilire delle restrizioni al libero uso dell’abilità e dell’attività individuale, è facile il vedere che i progressi di sopra segnalati sarebbero stati ritardati nel loro cammino.

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17 giugno 1877 L’ EC O N O M ISTA 735

L'INFLUENZA DEI METALLI PREZIOSI

SUL

SAGGIO DELL’INTERESSE

Robinot (*). — La questione che io ho proposto

fu già discussa fino dal tempo nel quale si agitò il problema della soppressione del monopolio della Banca di Francia, e della libertà delle Banche di emissione. In mezzo alle discussioni, cui essa dette occasione, alcuni avversari della Banca attribuirono allo stock metallico e al monopolio di quella un’in­ fluenza eccessiva sulle variazioni del saggio dello sconto.

Il dibattimento in fondo nascondeva il desiderio di dividere lo stock e il monopolio.

Cotesto stock è certo una parte della ricchezza della Francia, messa regolarmente in mostra dai bi­ lanci di quello stabilimento, i quali ora si pubblicano ogni settimana. Iddio sa quanto rumore si è menato e quali intrighi furono orditi intorno alle prime centi­ naia di milioni, che presto doveano formare il primo miliardo accumulato nei sotterranei della Banca in­ nanzi agli avvenimenti del 1870 e prima che quello

stock avesse superato i due miliardi. Se vi si ag­

giunge la circolazione metallica in oro e argento della Francia, si stabilisce la parte della sua fortuna in metalli preziosi.

Fu pure quello il tempo, in cui, analizzandosi l’inventario della Francia, si additavano a grandi voci e coll’aiuto della stampa, grosse somme, che doveano ancora aumentare, di carta monetata meno solida del prudente biglietto di Banca, valore rap­ presentativo di un attivo bene esaminato. Di qnelle carte molte ormai ad altro non servono che a enu­ merare le sventure delle quali sono state gl’istru- menti.

A quest’epoca mi parve importante: 1° di affer­ mare che le vere ricchezze sono, da una parte, tutti i valori immobilizzati capaci di cambio, dall’altra i valori mobili, liquidi, che comprendono i metalli preziosi e tutti i prodotti disponibili e da poter cambiare, e ancora, s’intende bene, i titoli rappre­ sentativi delle ricchezze mobilizzate sotto la forma di azioni, di obbligazioni, d’iscrizioni di rendila, ecc.

2“ di provarmi a dimostrare che il rapporto esi­ stente fra la ricchezza metallica e la somma delle altre ricchezze mobili e permutabili è la

manifesta-(*) Il discorso del sig n o r R obinot che noi tr a d u ­ ciamo d al Journal des Economistes fu pronunziato n e lla riunione della Società di Econom ia P o litic a di P a rig i di cui demmo un cenno nel num ero 157 del- l’Economista.

zione vera del potere di questi due fattori sulle variazioni del saggio dell’interesse.

Gli abusi procedenti da effetti di circolazione, da emissione di biglietti di banca senza contro va­ lori da creazione di carte d’ogni specie, da rendite fantastiche, da azioni e obbligazioni inventate come espedienti o come moneta d’aggiotaggio, turbano ac­ cidentalmente quel rapporto, e siffatti turbamenti, quando prendono certe proporzioni su tale o tale altro punto, diventano crisi.

Speciali circostanze, la .guerra, le epidemie, le cattive leggi in disaccordo colla sciènza e col buon senso, producono esse pure casi imprevisti. Ma non per questo vien meno la legge generale e penso che si possa concretare nella affermazione della mia proposta.

Infatti la esperienza si accorda coi dati della scienza intorno alla parte che ha la ricchezza metallica nel fissare il saggio dell’interesse. Essa non ha un com­ pito più grande degli altri prodotti permutabili. E son codesti prodotti appunto la vera ricchezza dei popoli; con buone mercanzie, che il lavoro in­ telligente e libero riproduce in ragione del loro consumo e del loro smercio, si ottiene argento ed oro a seconda del bisogno, e il paese, ove quei ca­ pitali abbondano, gode del saggio dell’ interesse il più vantaggioso, ma la sovrabbondanza dei metalli preziosi, che non sono la rimunerazione del lavoro e il prodotto del cambio, è un pericolo anziché un 1 vantaggio: e di codesto fanno testimonianza la Spa­ gna e il Portogallo, le cui miniere del Potosi e del Perù altro non hanno fatto se non che affrettarne il decadimento; e ne fa testimonianza la Germania la quale non fu arricchita da’nostri miliardi, e in fine lo prova la California, che è più prospera ora per i suoi prodotti agricoli, che noi fu venti anni fa con i suoi placers.

Dunque i metalli preziosi non sono il vero desi­

derátum di un paese che vuol diventare o mante­

nersi prosperoso. I liberi e numerosi scambi di ma­ terie prime o lavorate, necessarie a una industria stabilita in sagge condizioni, una agricoltura molto estesa, trascinano dietro di sé tutte le ricchezze, e assicurano, in tutti i paesi liberi, il rinvilio graduale del collocamento dei capitali fino ai limiti più van­ taggiosi.

Esponiamo adesso le obbiezioni che avrebbe fatte il sig. Paolo Coq, se l’ora troppo tarda gli avesse per­ messo di parlare:

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