Capitolo 4
Le perossidasi
4.1 Introduzione
Le perossidasi sono enzimi molto diffusi in natura, di fatto possono essere ritrovate in animali, piante e microrganismi; l’ampia varietà di perossidasi esistenti implica una notevole versatilità anche nelle loro applicazioni pratiche. Si possono infatti ritrovare in ambiti molto diversi tra loro, che spaziano dalla diagnostica clinico-analitica alla terapeutica, dalla biocatalisi di composti organici di interesse industriale alla decontaminazione di suoli e reflui industriali, dalla transgenomica alla bioinformatica. Tuttavia, sebbene siano enzimi ampiamente studiati non sono stati ancora realizzati molti progetti di impiego su larga scala, forse perché nozioni chiare sulla loro struttura e sui loro meccanismi catalitici sono di recente acquisizione. In questo capitolo verranno descritte le loro proprietà generali e verranno presentate le loro attuali applicazioni in campo industriale; in modo particolare si parlerà delle perossidasi di Pleurotus.
4.2 Struttura e meccanismo catalitico
Le perossidasi, enzimi contenenti ferro-eme come gruppo prostetico, sono ampiamente diffuse sia nel regno vegetale che in quello animale e sono state anche isolate da batteri e muffe.Questi enzimi catalizzano l’ossidazione di vari composti organici ed inorganici ad opera di perossido di idrogeno [29], idroperossidi organici, peracidi e ossidi inorganici come ioni perodato o clorito e numerosi inquinanti ambientali quali coloranti e pesticidi. Le perossidasi vengono suddivise in due superfamiglie che distinguono gli enzimi di origine animale da quelli di origine fungina, batterica e vegetale. La seconda superfamiglia citata si suddivide ulteriormente in tre classi:
1. Classe I, comprendente perossidasi intracellulari da piante e funghi; 2. Classe II, perossidasi extracellulari da funghi e batteri;
3. Classe III, perossidasi extracellulari delle piante.
Il sito catalitico delle perossidasi è generalmente un sito metallico contenente un ferro(III) legato ad un gruppo eme. Le più studiate, sono le perossidasi della classe III, per le quali è stato definito nei dettagli il meccanismo di reazione. Il meccanismo catalitico delle perossidasi coinvolge la formazione di due intermedi di reazione chiamati
riportate le variazioni del sito catalitico nei vari passaggi della reazione. Il Composto I si genera per ossidazione del sito, accoppiata alla riduzione di perossido d’idrogeno ad acqua; la perdita di due elettroni causa l’ossidazione del ferro con formazione del gruppo ferrile Fe(IV)=O e di un radicale-catione sull’anello porfirinico (o su di un aminoacido ad esso vicino). Questo intermedio è un forte ossidante ed è pronto per una duplice ossidazione di un substrato, che avviene seguendo un doppio meccanismo di ossidazione monoelettronica. Il primo passaggio comporta l’ingresso di un opportuno substrato (SH) attraverso il canale di accesso idrofobico della proteina costituito da residui aminoacidici apolari sino ad un sito posto lateralmente al bordo dell’eme e quindi la sua rapida ossidazione con formazione di un radicale (S•) [30,31]. Il Composto I acquisisce così un elettrone dal substrato, che neutralizza il radical catione e da vita al Composto II. Il Composto II è ancora un buon ossidante in grado di ossidare una seconda molecola di substrato e ritornare nella forma nativa chiudendo il ciclo di reazione. I radicali formati a partire dal substrato potranno iniziare reazioni radicaliche di polimerizzazione, piuttosto che di accoppiamento o dismutazione, a seconda della loro natura chimica.
4.3 Funzione biologica: perossidasi di
Pleurotus
Dato che il loro meccanismo di reazione si adatta a molti differenti tipi di substrati, organici ed inorganici, definire quale sia la specifica funzione “in vivo” delle perossidasi è un compito arduo. Molte supposizioni sono state avanzate a questo riguardo, ma di fatto la funzione biologica non è ancora stata perfettamente chiarita. E’ noto però che le perossidasi si ritrovano solitamente nella parete cellulare, nei vacuoli, negli organelli di trasporto e nel reticolo endoplasmatico rugoso. È stato anche dimostrato il loro coinvolgimento in reazioni di lignificazione, nelle rimarginazione delle ferite e nel catabolismo dell’auxina. Si conosce inoltre la funzione biologica di alcune di esse: è noto che la perossidasi da soia (Soybean perossidasi, SBP) isolata dal baccello del seme della soia previene la germinazione prematura della pianta, la stessa SBP è, inoltre, in grado di polimerizzare l’alcol coniferilico, ad indicare che può efficientemente catalizzare reazioni che coinvolgono precursori della lignina. Tra le perossidasi animali la lattoperossidasi esplica nel latte un’azione batteriostatica, mentre la mieloperossidasi presente nei leucociti umani svolge una funzione
tra i vari enzimi individuati coinvolti nel processo di degradazione della lignina abbiamo la Manganese perossidasi (MnP): enzima capace di ossidare Mn2+ a Mn3+ (il manganese è sempre presente in tracce nel
legno). Lo ione manganico risultante agisce come ossidante sulla lignina, sempre con meccanismo radicalico, riducendosi a ione manganoso che rientra nel ciclo catalitico [34].La manganese perossidasi determina quindi l’ossidazione di mediatori radicalici, i quali, a loro volta , causano l’inizio della reazione di degradazione, essa infatti può decomporre diversi inquinanti ambientali. La caratteristica peculiare di queste proteine è quella di possedere un potenziale redox maggiore rispetto ad altre perossidasi e questo permette quindi l’ossidazione di substrati non facilmente ossidabili per altre vie. Tuttavia studiando la reazione mediante modelli di sintesi della lignina è stato dimostrato che tali substrati non sono in grado di raggiungere il gruppo eme e quindi di reagire direttamente con l’enzima. Di conseguenza la ricerca si è svolta in direzione dell’individuazione di piccoli mediatori che possono ossidare le sottostrutture della lignina e si è così stabilito che che l’alcol veratrilico e lo ione Mn2+ sono
rispettivamente i substarti della MnP e che essi sono ossidati dall’enzima per ottenere i radicali cationicidell’alcolol veratrilico e
Mn3+ entrambi forti ossidanti [35]. E’ da notare che l’alcol veratrilico,
oltre che un prodotto della degradazione della lignina, è anche prodotto e secreto dal fungo nel suo metabolismo secondario.
prevedere lunghi e complessi trattamenti preliminari alla bonifica con microrganismi. Pertanto risulta più conveniente ricorrere in tali casi all’uso di enzimi isolati, che godono di più agevole manipolazione e più semplice conservazione. Con questo metodo è stata studiata ad esempio la degradazione di composti fenolici policlorurati [36,37].
Com’è noto tali composti sono altamente tossici e potenzialmente cancerogeni. La contaminazione da parte di questi composti è il risultato di numerose attività antropiche come l’industria della carta, la disinfezione delle acque, l’indiscriminato utilizzo di erbicidi, pesticidi o fungicidi. La ricerca in campo enzimatico ha volto il suo interesse nei confronti dell’HRP, poiché si è dimostrata in grado di catalizzare l’ossidazione di una grande quantità di composti aromatici, con il notevole vantaggio di essere la più conveniente presente sul mercato. La degradazione dei policlorofenoli da parte della perossidasi da radice di rafano sembra avvenire mediante la generazione di radicali fenossilici, i quali danno inizio ad una ossidazione indiretta radicalica dei clorofenoli, generando oligomeri e polimeri, che possiedono l’ulteriore vantaggio di poter essere rimossi facilmente dal mezzo di reazione per precipitazione.