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Parere sul disegno di legge concernente le nuove norme sulla competenza penale e sull'appello alle sentenze del pretore.

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Parere sul disegno di legge concernente le nuove norme sulla competenza penale e sull'appello alle sentenze del pretore.

I1 Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta dcl 3 maggio 1984 ha formu- 1i~to il scguente parere sul D.D.L. 2521s presentato dal Ministro di Grazia e Giustizia.

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I1 Consiglio, ribadendo un'opinione gia manifestata in altre occasioni, espri- me la sua convinta adesione a unn scelta legislativa diretta ad aumentare la competenza del pretore in materia pemle. L'innovazione proposta dal Governo col disegno di leggo n. 252 presentato il 20 ottobre 1983 e fatta propria dal Comitato ristretto della Commis- sione Giustizia del Senato, sia pure con rilevanti modifiche circa i meccanismi di riparti- zione della competenza, corrisponde a un orientamento ormai largamente diffiiso e gi&

accolto in sedi qualificate. Basta infatti ricordare che il pro etto preliminare per la riforma del codice di procedura penale, predisposto sulla base dei

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a legge delega del 1974, attri- buiva alla cognizione del pretore tutti i delitti puniti con la reclusiono non superiore nel niassimo a quattro a m i ed anche altri delitti, specificamente indicati e mnzionati con pe- na piu elevata; ed B peraltro significativo che sia proprio questa la soluzione adottata dalla nuova legge delega per la riforma del codice di procedura, gia approvatn dnl- la, Commissione Giustizia della Camera dei deputati nella precedente Legislatura e succea- sivamente riproposta dal Governo, senza nessuna modifica.

Al di li, comunque, di queeta tendenza, cosi autorevolmente espresea, resta il fatto innegabile che attualmente esiste un notevole e non giustificato squilibrio nel riparto del- lc competenze per materia tale da determinare un eccesso di lavoro nei tribunali. Al ri- guardo, si deve anzitutto ricordare che, con le leggi n. 497 del 1974 e n. 151 del 1978 sono stati devoluti alla competenza del tribumlo i delitti di estorsione aggravata, di rapina, aggravata e di sequestro di persona a scopo di estorsione e di eversione, reati cioe che sono di particolare gravitA e spesso di difficile accertamento e che per di piu negli ultimi anni sono divenuti molto numeroai.

Nei tempi piu recenti inoltre, in conseguenza del sensibile aumento della criminalita organizzata, dei delitti contro la pubblica amministrazione e di quelli di natura economica, il lavoro dei tribunali non solo B cresciuto per quantita, ma ha avuto un salto quelitativo di grande rilevanza, per l'estrema complessita, dei processi relativi ai m t i prima indicati e per i riflessi sociali che essi comportano. Questi processi, per l'importanza e la difficolta che li contrassegnano, finiscono per esercitare un peso decisivo sull'attivith complessiva

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dei trihunali e soprattutto di quelli di grandi dimensioni, in quanto i magistrati ad essi addetti, per poterli definire, non possono dare sollecito corso ai processi di minore rilievo oppure, per evitare questo effetto e in particolare per impedire che i reati meno gravi si prescrivano, possono trovarsi nella, necessita di non poter assicurare una trattazione dei processi socialmente piu significativi nei modi e nei tempi che la loro rilevanza impor- rebbe. Il fenomeno presenta aspetti ancora pii1 inquietanti nelle procure e negli iiffici d'istruzione, perche in C A R ~ la, necessita di istruire tutti i processi i11 tempi ragionevoli e in modo da acquisire le prove necessarie per una loro trimqiiillante definizione obietti- wtmente si scontra con le difficolta, tnlvolta imponenti, che hanno caratterizzato le inda- gini nei processi concernenti la grande criminalita, nonche con l'esigenza, particolarmente e giiistarnente itvvertita (Idl'opinione pubblica, di limitare al niassimo la, durata (lelle carccritzioni preventive.

S o n si puo contestitre, pertanto, siilla base delle :~cc~nnittc vori~itlcrazioni. (alio gli a t t d i citrichi di lavoro dei tribunali linnno assunto proporzioni tali dai essere (liveniiti in pmtica irisostenibili c cla poter quindi produrre, per l'intrinseca coritrncl&ttorieta delle diverse esigenze di cui si e fatto cenno, effetti paralizzanti se non distorti siill'iitti- vita giudiziaria nel suo insieme. Si deve d'filtra parte prendere atto che nell'attiiale mo- rnento storico, l'interesse primario della collettivita e quello di vedere perseguiti, con so- Icrte cfficacit~, i fatti che mettono in pericolo la civile convivenza e quelli che gravemente iriquinano li^ vita pubblica.

Ma allora bisogna avere il coraggio di riconoscere che, su questii, vi;^, uno degli osta- coli ninggiori e rappresentato proprio dalla dilatazione palesamente eccessiva clie ha ns- sunto In competenza dei tribunali, soprattutto a causa del carattere non omogeneo, an- che dal punto cli vista del clisvalore sociale, che hanno i reati che essi sono chiamtiti a giu- dicnrc.

Se questa e la rcalta e i danni che ne derivano, non sembra difficile porvi rimedio con untt revisione delle norme solla competenza per materia, in quanto in questi anni ri- spetto a1 pretore pare che si vnd:~ sempre pii1 accentuando un processo inverso a quello xcgnalilto per i tribundi. Infatti le varie leggi di depenalizzazione che si sono succedute nel tempo, anche se per l'ultima mancano a tutt'oggi precise rilevnzioni statistiche, seni- brano aver determinato una diminuzione del numero dei procedimenti pretorili; e in quc- sta stcssi~ direzione e verosimile che stimo gia esercitando (e sempre piu la possano eserci- tare in futuro) un'influenm non indifferente anche altri meccitnismi previsti tlallo I q g e n. (i89 del 1981. L'obl~~zione speciitle, I'ilumcnto del numero dei reati procedibili a qiicrelib, l'i~pplicazione (li ,q:inzioni sostitutive a, rirhiesta doll'imputato sono tutti istitiiti che, qiiiLn- (lo non bloccano l'inizio stesso dei procedimenti, certamente valgono i t f~~vorirne una trait- t;rzione semplificatii e iinu pii1 spedita tiefinizione. Conseguentemente, o un dato di fibtto incontestnbile clie si sta redizzando iina notevole compressione dei carichi di lavoro del- le pretiire o speciitlmente di quelle dei grosso centri nelle quali I'nttivitti giudiziiiria ptan:rlo

I i i ~ :t(l oggetto, almeno per una parte, procedimenti che non sempre sono (li difficile tlefini-

ziorio qiiiili quelli per i reati di guida senza patente, di emissione di assegni u vuoto ed anche cielle contri~vvenzioni edilizie. Se poi si rileva che i magistrati addetti alle preture delle (itta, clove Iia sede anche il tribunale, non svolgono ne in via d'urgenza ne per rogatoria

i i c w i i t i attivita per reati di competenza superiore, apparira, ancora pih evidente come,

per le prrtiire pii1 importanti, il lavoro in materia penale sia oggi contenuto in limiti tali ( 1 : ~ renderne praticabile un aiimento anche sensibile (previa eventualmente un'opportuna, ma non rllevatn, rettifica degli organici). Una situazione analoga si riproduce d'altra parte imche nelle pretiire cli sedi diverse da quelle dei tribunali, sia per i limitinormativi della competcriza, pretorile. sia per il minore afflusso di affari derivante, almeno nella, mnggior parte dei casi, dal decentramento periferico degli uffici. A tutto cio si deve itltresi i~ggiiin- gcre clie le competenze civili del pretore sono, allo stato, molto esigue e che tiird:mo MI cLasere nuinentate, secondo il disegno cli lrgge presentato in Pi~rli~mento did (:overno c nonostante le sollecitnzioni provenienti da, pii1 parti, che lo stcsso Consiglio l i i ~ fatto pro- prie in unti apposita deliberit o che qui sente il dovere di rinnovare formalmente. N:~tii- rnlmcnte e appena il caso di sottolineare come a t& provvetlimcnto clovrebhe nccom- p:tgni~rsi un congruo spostamento di competenze civili a favore dei giiitlici onorari, ma intanto e evidente come l'attuale situazione, per tutte lo ragioni esposte, H i i I tnie nel suo complesso da consentire un aumento della competenza penale pretorile, senza chc ne pos- sa risentire la fiinzionalith degli iiffici specie se si d o t t i n o preventivnm~nte le idonee provvidcnzc prima segnalate.

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Le cose dette dimostrano dunque come una nuova disciplina della distribii- zione dclla compctcnza tra tribunali e preture sia necessarin e possibile, se si vuolc ~aggiii- gere quello obiettivo minimo e tuttavia primario nel settore della giustizia, che e oggi costituito dall'edgenzn di permetterc una definizione piu rapida dei processi. 11 problema percio si riduce a vedere quale sia, in questa prospcttiva, la disciplina piu razionale e pii, efficacc per In ripartizione della competenza per materia.

Sul punto, lo schema proposto dal Sottocomitato della Commissione dcl Senato, discostandosi in parte dal disegno di legge governativo, ha seguito duc vie, da un lato stabilendo chc, ni fini della competenza, non si tiene conto di tutte le circostanze aggrn- vanti comuni e dall'altro prevedendo, nella linea del progetto ministeriale, una competcn- za qualitntiva del pretore per determinati reati specificamente indicati e diversi dth quelli che, per la misura della pena, sono gia attribuiti alla cognizione dcl pretore. Lu prima delle due innovazioni riproduco lo stesso criterio gia approvato dal Parlamento, con la legge delega del 1974 per la riforma del codice di procedura e poi riproposto anche ncl nuovo disegno di legge delega. Non si puo negare d'altra parte che il criterio appare ispi- rato a evidenti motivi di razionalizzazionc, in quanto impedisce l'eventualita di possibi- li conflitti di competenza, a causa dell'affermata o contestata presenza di circostanze aggravanti ed anchc perchb le aggravanti comuni, almeno di norma, non incidono sul disvalore sociale dei renti a cui si riferiscono. I1 Consiglio perciit non pub che condividere la scelta, del Sottocomitato, cosi come e d'accordo sulln linea di fondo sulla qiialc si muove la secondtb delle innovazioni di cui si B detto.

Infatti un aumento della competenza quantitativa dcl prctorc, dato il carattere generale che avrebbe, potrebbe avere effetti difficilmente valutabili non solo in relazione a l r-umero dei processi che verrebbero attribuiti alla cognizione del pretore, ma anche con riguardo all'opportunita di sottrarre alla competenza del giudice collegiale reati che, pur essendo sanzionati con pene non gravi, possono tuttavia presentare aspetti tali da richiederc accertamenti particolarmente complessi e da incidere su rilevanti rapporti di ordine sociale e politico. Migliore scelta e dunque quella di prevedere, in aggiunta a quella per quantita, una competenza qualitativa del pretore, si che la questione si riduce a stabilire quali debbano essere i delitti, puniti con la reclusione superiore ai tre anni, che e opportuno rimettere alla cognizione del pretore.

Secondo il disegno di legge governativo, tali delitti erano individuati unicamente in quelli di omicidio colposo e di furto, comunque aggravati. Il Sottocomitato parlamentare invece ha escluso l'omicidio colposo dal novero dei reati devoluti al pretore, vi ha lasciato invece i furti aggravati ed ha aggiunto ad essi altri numerosi renti.

Se il prowedimento deve corrispondere prima di ogni altra cosa alla logica di iinn distribuzione delle competenze, che decongestioni i tribunali e favorisca un pii1 rapido corso della giustizia, non sembra dubbio che 1% eoluzione adottata dal Sottocomitato parlamentare appare, almeno tendenzialmente e con qualche possibile, variante, idonea allo scopo. I reati di furto aggravato, come giustamente rileva lu relazione ministeriale, anche se nella stragrande maggioranza dei casi non ne vengono scoperti gli autori, hanno tuttavia una sensibile incidenza sulla quantita complessiva del lavoro giudiziario c In stes- sa cosa puo dirsi per alcuni degli altri reati elencati nell'art. l del progetto del Sottoco- comitato. Cosi e in particolare per i delitti di falso in atto pubblico, per quelli di maltrat- tamenti in famiglia e per quelli di rissa, mentre si deve anche aggiungere che, una volta devoluti al pretore tutti i delitti di furto, sarebbe inopportuno escludere dalla sua compe- tmza il delitto di ricettazione di cui all'art. 648 C.P., sia perche talc reato e spesso eonnes- so con quello di furto sia perch6 si potrebbero altrimenti verificare inconvenienti, sul pic~- no processuale, nelle ipotesi

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non infrequenti nella pratica

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in cui la originaria imputazio- ne venisse degradata in quella di ricettazione. Non si puo certo negare che questi ultinii reati come quelli di furto (pur rimanendo nell'ambito delle medesime fattispecie normative previste dall'art. 648 e dalle varie figure aggravate dell'art. 626 C.P.) possono essere talorn indicative in concreto di una particolarc pericolosita criminale; ma, mentre e evidente come non sarebbe legislativamente possibile operare distinzioni che passino all'interno di identiche previsioni normative, dove anche rilevarsi che Ic accennate situazioni sono tali da poter dar luogo, almeno di regola, alla contestuele imputazione dei delitti di asso- ciazione per delinquere comune o di stampo mafioso con l'effetto di lasciare immut%ttta, per effetto della connessione, la competenza del tribunale (art. 40, l o co. C.P.P.). n

Al di fuori delle suddette ipotesi (che comunque, per quanto si e detto, non dovreb- bero creare nella pratica apprezzabili inconvenienti) e d'altra parte innegabile che nel momento attuale tutti i nuovi reati attribuiti alla competenza dei pretori non appaiono,

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in genere, di tale rilievo sociale da sconsigliare, per motivi di contenuto, la soliizione proposta, tanto piu che tra essi i delitti di falso di cui all'art. 491 C.P. (con esclusione del testamento olografo) sono procedibili a querela e che nel lontano passato i procedimenti per furto, anche pluriaggravato, venivano frequentemente rimessi al pretore dal pubbli- co ministero, quando ricorrevano una o piu attenuanti.

Si e tuttavia rilevato che la previsione contenuta nell'ultima parte dell'art. 1 del testo licenziato dal Sottocomitato parlamentare, secondo la quale vengono rimessi al pre- tore i reati previsti dalle leggi finanziarie per i quali e stabilita la sola pena, della multa e dell'ammenda, rappresenta un ribaltamento (sia pure parziale) dell'indirizzo sempre espresso clalltl legislazione vigente (art. 21 della legge 7 gennaio 1929, n. 4) eribaditoanche molto recentemente dull'art. 11 della legge 7 agosto 1982, n. 616, secondo cui i reati fi- nanziari appartengono alla competenza del tribunale.

La niodifica di questo orientamento normativo e peraltro apparsa attuata in modo incongruo ed irrazionale in quanto si e fatta passare la linea di demarcazione delle compe- tenze all'interno degli stessi tipi di reato e in particolare di quelli contrawenzionali, di cui una parte, quelli puniti con l'ammenda, verrebbero attribuiti al pretore, mentre quel- li puniti con pena, congiunta, o anche alternativa rimarrebbero di competenza del tribiina- le. Ne sono derivate in Consiglio notevoli perplessita, sul testo proposto e da alcuni si e sostenuta l'opportunita di sopprimere del tutto la disposizione, sul rilievo che nei reati fi- nanziari i modi e le difficoltd degli accertnmenti necessari per dimostrarne la suasistenzu sono sostanzialmente eguali, quali che sia il tipo di reato considerato, e che percio conviene mantenere fermo l'indirizzo finora seguito di lasciarli tutti allo competenza del tribunale.

Altri invece hanno rilevato come la diversa tipologia dei reati previsti dalle leggi fimnzia- rie non solo esprime una diversa considerazione della loro gravitA, ma senza dubbio riflui- sce sulla complessita degli accertamenti giudiziari che ciascuno di essi comporta e ne han- no percio dedotto che sarebbe consigliabile devolvere alla competenza pretorile tutte indistintamente le contravvenzioni finanzinrie, comunque punite; mentre non e nemmc- no manctbto chi ha segnalato che a questa categoria di rmti potrebbero essere altred aggiunti anche i delitti puniti con la sola multa.

-? queste precisazioni concernenti il testo della norma proposta dal Sottocomitato parlamentare, il Consiglio intende aggiunger0 alcune considerazioni dirette a recuperare,

;dmeno in parte, l'originaria previsione del disegno di legge governativo, che come si e detto rimetteva alla cognizione del pretore tutti i delitti di omicidio colposo, comunque rrggra.

vnti. In proposito, e emersa unanime in Consiglio la convinzione dell'opportunith di tale .soluzione per quanto riguarda gli omicidi colposi commessi con violazione delle norme sulla circol:uione stradale, che rappresentano la stragrmde maggioranza (il 92%, secondo la relazione ministeriale) di tutti i delitti di cui all'art. 589 C.P. e che dunque contribuireb- bero a sfoltire sensibilmente i carichi di lavoro del tribunale. Di norma l'istruttoria per gli incidenti stradali mortali non e diversa, per quanto riguarda l'elemento della condotta, da, quella richiesta per i reati di lesioni colpose; mentre per cio che attiene all'evento morte nella maggior parte dei casi non occorrono indagini particolarmente complesse.

Inoltre, la polizia giudiziaria e specie quella stradale procede di solito, in occasione di in- cidonti del genere, ad indagini accuratissime che agevolano molto la decisione.

Sotto i profili accennati della relativa semplicita dell'istruttoria, la situazione non h diversa per gli omicidi colpoai commessi con violazione di norme per la prevenzione clegli infortuni sul lavoro e per essi si e anzi aggiunto che il pretore ha in merito una spe- cifica competenza, posto che rientra tra le sue attribuzioni quella di svolgere le inchieste :~ntinfortiinistiche e di occuparsi di tutte le contravvenzioni in materia di diritto penale del lavoro. Sulla base di questi rilievi, alcuni si sono dichiarati favorevoli a rimettere al- la cognizione del pretore anche gli omicidi colpoai connessi alla violazione di norme antin- fortunistiche. La maggioranza, invece, ha manifestato un'opinione nettamente contra- ria,, rilevtmdo che si tratta di reati che, oltre a potere avere riperciisaioni sociali non tra- scurabili, richiedono sovente approfonditi e complessi accertamenti anche per l'individutb- zione (li coloro rr cui ricondurre, specie nell'ambito di imprese di certe dimensioni, la per- sonale responsabilita dell'evento e che nella pratica, inoltre, tutti i suddetti reati, in virtu (lelln piii recente cvoliizione giurisprudenziale, risultano frequentemente connessi a un tlclitto, qiinle I? quello dcll'art. 437 C.P., che rimarrebbe di competenza del tribunale.

' h l i osserviuioni tlovrebbero escliidere la devoluzione al pretore dei reati suddetti: allo stesso modo come, per unanime parere del Consiglio, dovrebbero rest,nre affidati alla com-

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petenza del tribunale tutti gli altri omicidi colposi, che comportano spesso accertamenti molto complessi in ordino all'elemento materiale e a quellq psicologico, e basta pensare, per rendersene conto, agli omicidi per colpa professionale.

Ad ogni modo, e evidente che anche con la devoluzione al pretore dei soli incidenti stradali mortali (che, come si e detto, rappresentano un'altissima percentuale degli omi- cidi colposi), divorrebbe maggioro la diminuzione, che si vuole ottenere, dei carichi di lavo- ro dei tribunali. E vero che e possibile che vi siano delle preture, chc, per la loro collocazio- nc geografica, potranno diventaro competenti per un numero di omicidi colposi (stradali) non proporzionato agli organici attuali, ma si trattera certamente di casi marginali, a cui si potra porre agevolmente rimedio nel quadro generale (a cui gia prima si accennava) della necessita di un'attenta verifica dell'odierna consistenza del personale e della possi- bilitit di un suo aumento per taluiii uffici di pretura.

13,esta comunque il fatto cho rispetto agli inconvenienti concerncnti gli organir piu volte prospcthti, non possono chc considerarsi decisamente prcvalenti tutte le ra- igoni indicate a sostegno dclla soluzione proposta dal Sottocomitato, con lc precisazioni s~ggeritc dal Consiglio.

Solo un notevolo spostamento dell'attuale competenza dei tribunali (che comprenda anche gli omicidi colposi stradali, eventualmente quelli per infortuni sul lavoro) puo ma- lizzarc l'obiettivo che si vuole raggiungere di consentire ai magistrati delle procure, dc- gli uffici d'istruzione e degli stessi tribunali di impegnarsi con tutte le loro energie nei pro- cessi rolativi ai piu gravi reati; mentre le ragioni indicate stanno ad indicare come le pre- ture e specie quelle delle grandi citta, siano complessivamente in grado di sostenere (sal- vo eventuali, modeste revisioni dell'organico) i nuovi carichi di lavoro.

Si dcve peraltro tenere conto che la disciplina vigentc del procedimento pretoriler notevolmente piu agile rispetto a quello di tribunale, sarti un fattore ulteriore per assi- curare un corso piu rapido alla giustizia penale nel suo complesso e che, con l'attribuzione di nuovi reati alla competenza del pretore, verranno anche automaticamente ridotti

i termini di custodia preventiva per essi previsti. Motivi, questi ultimi, che si aggiungono a quelli gia accennati, per dare forza alla scelta legislativa in via di attuazione e per esclu- dere che esistano rispetto ad essa apprezzabili controindicazioni.

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Nel suo schema, il Sottocomitato parlamentare ha altresi introdotto la propo- sta, del tutto nuova rispetto al contenuto del disogno di legge governativo, di rimettere alla corte di appello la cognizione di tutti i giudizi di appello, compresi quelli contro ]e sentenze pretorili, e con esclusione, ovviamente, delle sole impugnazioni contro le seil- teiize emesse dalle corti di assise, che rimarrebbero di competenza della corte di amise di appello.

Un'identica innovazione risulta prospettata, all'art. 556, nel progetto preliminare del codice di procedura penale e la Commissione ministeriale, che predispose quel proget,- to, la giustifica nella Relazione (pag. 449) col rilievo che essa u si presenta anche come una possibile apertura verso l'istituto del giudice monocratico di primo grado, con la conse- guenza di rimettere al giudico collegiale la trattazione delle impugnazioni •â.

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I n realt&, e evidente che, qualora gli attuali due giudici di primo grado, pretore e tribunale, venissero unificati in un giudice unico, i giudizi di appello non potrebbero che essere rimessi alla cognizione di un solo giudice. Questo avverrebbe, anche se per i pro- cessi e le cause di primo grado fossero previste riserve piu o meno ampie di ~ollegialita, in relazione alla complessita e al rilievo sociale delle materie trattate. Con questa preti- mzionc, e fuori dubbio che l'istituzione di un giudico unico di prima istanza, che agisca tendenzialmente come un organo monoeratico ma che possa anche funzionare, in casi predeterminati, in una composizione collegiale rappresenta una riforma, che ha trovato nei passato e trova tuttora larghissimi consensi, che ha avuto esternazione in progetti parlamentari o predisposti in sedi qualificate, e sulla quale e da tempo attestata, ormai in modo unanime, tutta la magistratura associata. Nel valutare la proposta del Sot- tocomitato parlamentare, si deve percio prendere atto, in via preliminare, che l'accenna- ta ed auspicata riforma di fondo dell'ordinamento giudiziario avrebbe come conseguenza la concentrazione di tutti i giudizi di appello (in materia penale come in materia civile) in un unico organo giudicante. Cio naturalmente non vuol dire che questo organo di se- condo grado debba necessariamente identificarsi con le attuali corti di appello, cosi come sono oggi strutturate, in quanto e noto come esista, e non solo all'interno della magistra-

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tura, una corrente di opinione, che prospetta soluzioni diverse. Si tratta di soluzioiii clie hanno come punto in comune l'abolizione delle corti di appello, come uffici a se stilnti, separati dagli organi giudiziari di primo grado e che trovano giustificazione in una serie tli motivi che qui sarebbe superiluo indicare. Tra essi tuttavia non e inutile ricordare quelloper il quale, con l'attuazione di proposte del genere, si consentirebbe iinu piu diffusa presenz:L sul territorio anche dei giudici di appello e dunque si eviterebbero gli inconvenienti e i disagi a cui gli utenti e gli operatori della giustizia possono andare incontro, per le distan- ze esistenti tra le sedi degli uffici di corte di appello e una porte almeno delle localita e soprattutto di quelle piu periferiche dei rispettivi distretti.

11 Consiglio si rende ben conto che tutta la problematica ora accennata non poteva trovitre collocazione in iin progetto di legge che si muove nel qiiadro dell'attuale organiz- ztuione giudiziaria e che mira a soddisfare le pressanti esigenze di razionalizzazione e di maggiore celerita del corso della giustizia, a, cui prima si fiiceva cenno. La s t e s ~ b retli- stribuzione delle competenze tra pretore e tribunale risponde, nell'immediato, a iinii, io- gita diversa da quella dell'istituzione del giudice unico di primo grado. ma non per questo si puo dire che la contraddica, o che ne impedisca la futura nttuazione, in qilesto ilmi puo servire a sperimentare preventivamente I'opportunitl di affidare a un giudice mano- cratico, quale in futuro dovrebbe essere, almeno di regola, il giudice (unico) di primo grado, uno spettro di competenze notevolmente piu ampie di quelle attuali. Allo stesso modo, la concentrazione dei giudizi penali di impugnazione nelle corti di appello, &n- che se non voglia considerarsi come una possibile apertura verso l'istituto del giudice unico di primo grado, appare certamente come una prima applicazione di quella che, come si e detto, ne sarebbe una conseguenza necessaria e senza dubbio non e tale da impedire, quando si dovesse finalmente affrontare il tema di una radicale revisione dell'organizzazione giudiziaria, un meditato approfondimento dello specifico problema con- cernente l'identificazione e i caratteri dell'organo chiamato a svolgere le funzioni di appello.

Con queste premesse e con questa convinzione, il Consiglio nella sua maggioranza ritiene di doversi esprimere favorevolmente alla proposta del Sottocomitato, per una serie di ragioni.

Non sembra dubbio in primo luogo che l'attribuzione alla corte di appello di tutti i gravami di merito risponde a un criterio razionale, e non s01t;tnto per il fatto che in que- sto modo si concentra in un solo organo giudiziario quella che &.certamente iins funzione unitaria, quale che ne sia in concreto l'oggetto. Nella materia penale, attualmente, la cor- te di appello, salvo pochissime eccezioni (quali ad esempio i procedimenti di riabilitnzio- zione, di estradizione, e cosl via), si occupa esclusivamente di impiignazioni, e come giii- dice dell'impugnazione e concepita e strutturata dall'ordinamento. AI tribunale invece la stesso funzione e devoluta, promiscuamente a quellrt di prima istanza, non gih con rifc- rimento ai modi e alle forme dell'attivita che necessariamente O tenuta ;t svolgere, ma unicamente a causa della circostanza che la competenza per certi reati spetta it1 pretore.

Si determina cosi una distinzione, che essendo legata per i tribunali all'oggetto del procedi- mento e non gia al contenuto del giudizio, non si concilia con l'accennata unitarieta del- la funzione di appello e tanto meno si spiega oggi che i collegi di tribunale e di appello hanno iin'eguale composizione numerica e sono formati da magistrati che, per accedere alle corti, non sono soggetti, come in passato, a particolari criteri di selezione.

Al di la comunque di questi dati formali non si puo tuttavia negare che la concentrn- zione nelle corti di tutti i procedimenti di appello puo favorire una (tendenziale) uni- formita di soluzioni delle questioni processuali, che essi comportano, quali quelle per fa- re degli esempi, concernenti i limiti di cognizione del giudice di appello, la reforrnatio in pejus. la rilevanza delle nullita assolute e relative verificatesi in primo grado e cosi via. Si tratta di questioni che in una misura piu o meno accentuata sono riconducibili a1 principio dispositivo che caratterizza il giudizio di appello, e che ne condiziona sensi- bilmente 1:i decisione non solo nel momento finale, ma anche nei modi pei pervenirvi.

Rispetto a questo specificita, sia pure limitata del procedimento, I'iinicita dell'organo giudicante puo pertanto essere un fattore non trascurabile per evitare non giustificate disarmonie nella trattazione e definizione dei giudizi e, soprattutto, per garantire che le decisioni vengano sempre assunte e motivate (anche) in funzione di quel controllo del tut- to peculiare, o cui sono soggette e che e il controllo di legittimita.

A questi elementi che, per quanto si 8 detto non sembrano avere il valore di una mera razionalizzazione formale, un altro se ne aggiunge, a cui certamente spetta un peso ben maggiore, sul piano della sostanza. Attualmente, le corti di appello sono competenti

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n conoswrc, in grado di impugnazioiic, i procedimenti che swoiido il progetto riiii;~ri.rbI,- bcro aftidati alla cognizione del triburiirle, iionchi. quelli c l i ~ pitsserebbcro alli^ C O I I I J W ~ C I I -

za del pretore. E tuttavia non sembra in linw generale, tenendo conto dei processi pciic~li soprnvvenuti negli ultimi anni, clic Ic corti di appello si trovino in coii$izioiic di n o ~ i po- tcr smnltir'c con suficientc celerita, i corrispondenti carichi di Iiiroro. 13 evideiitr iiivwc.

clic qualora i giudizi di appcllo dovc~ssci.~ continuare ad eswrc ripartiti uec:ondo il sistcni~i atkuale, I'nttribuzione ai pretori di i i r i numero riltvantc di provessi, oggi di conlpc1tciiz:t dci tribunali, non servirebbero i~ ruggiiilqy-e in pieno tutti gli obiettivi clic si vogliorio conseguire e soprnttutio quello che si 6 considernto pririicirio di consentire ai iiiiigistrati addetti ai tribunali di impegnarsi con tutte le energie possibili nclli~ trattazione dci Ibroccs- si di niag+iore rilevnnza d d punto di vista sociale. Ed infatti, se il tribunale dovessc. ri-

I ~ I I L I I C C ~ giudivc di ripprbllo, i processi dwoluti nlh cognizioii(~ del pi*etorc toriicrcl)bcro

i i i gran parte, (LI suo giudizio; con la conseguenza che i tribundi verrebbero di nuovo ;l,

trovarsi in uiiu sitiinzione non identica, nia sicuramente analogn ct quella. atjtiiiil<~. Iati.

definizioiio dei giudizi di appello, prescindendo di norma dall'istruzione probatoriu in di- I>attimerito,

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certo piu semplice ~ispetto a quellu dei giudizi di primi grado, niiL ci;, non toglie tuttavia che, permanendo il sistema at,tuale circa 111 competenzri sulle impiigriazioiii i tribunali incontrerebbero nella neccsaita di trattazione dci processi di appello, c l i ~ pw- verrebbero al loro esame, un ostacolo forse non egualc, ma non per questo di peso molto inferiore i~ quello che oggi li costringe a non definire, con I'auspicatii celerita ed efficac.i:i, t u t t i gli affari penali di cui sono tenuti ad occuparsi. Al contrario, l'esclusione dalla loro competenzc~ di tutti indistintamente gli appelli, metterebt)o i tribunali in condizioiii u sufficienztt soddisfacenti per un rapido e incisivo espletaniento dcl loro li~roro e influircb- be inoltre, indirettamente, diminuendolit, anche s~ll'at~tivita delle procure, posto chc I ~ L competenzu n proporre appello contro le scntenzc pretorili verrebbe i~t~tribuitz-i (come risulta dnl progetto) esclusivamente al procuratore generale e posto che i sostituti pi-ocu- ratori della Repubblica non sarsbbero impegiinti nella partecipuzione nd udienze destinate alla trattazione' di procedimenti di appello.

Per converso, dalh progettata riforma non dovrebbe dcrivcw per Ic corti di appello un sovraecarico di lavoro t?ccessivo o non sostenibile senza una muissiccin revisione degli organici attuali. liisiilta in effetti dit rilevazioni statistiche appositamente effettuntc che, pcr i tribunali pii1 importanti (Bologna, Milano, Napoli, Palermo, Roma e Torino), il numero dei procedimenti di appello soprctvvenuti nell'ultimo triennio (1981-1983) si sono andati progressivamente riducendo (in concomitnnza evidentemente con la psriil- lela compressione della competenza pretorile), per attestarsi alln fine su una percentuale media complessiva che si aggira intorno al 25/30% del numero globale dei processi di c0n.i- pctenza dei tribunali suddetti. Questi dati numerici, valutati con riferimento alla sempli- ci& che di regola connota le sentenze pretorili e a quanto prima si e detto circa i carichi al

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tiiali di lavoro delle corti di appello, servono FL dimostrare come in riforma non dovrebbc creare preoccupazioni circa la funzionalith delle corti. Al contrario, una diversa soluzione determinerebbe una non giustificata diminuzione, in termini assoluti, dei procedimenti di competenza dclle corti, provocando per converso un aumento del lavoro complessivo di pretori e tribunali. La proposta del sottocomitato parlamentare sembra percio rispon- dere a criteri di sicura razionalita, specie qualora, nei casi in cui se ne dovesse ravvisare la necessita, si provveda tempestivamente ad un eventuale, opportuno ritocco degli orgn- nici delle corti di appello.

Rimangono gli inconvenienti connessi ai maggiori disagi a cui potrebbero andaro incontro gli utenti e gli operatori della giustizia, a seguito della concentrazione dvi giii- dizi di gravame nelle corti di appello. Il discorso pero vale soltanto rispetto ai procedimenti di competenza dei pretori ed in questi limiti non si puo fare a meno di rilevare che i mezzi di collegamento tra le sedi delle corti di appello e quelle delle prcture. anche le pii1 perife- riche, non sono piu quelli di una volta e sono relativamente accessibili a tutti, Ee pure con diversita di sacrifici ed anche se non si puo trascurare che la difesa puo divenire tan- to piu costosa quanto piu lontana e la sede che il difensore deve raggiungere. Si deve pc- raltro tener conto che le impugnazioni proposte dal pubblico ministero (e che naturalmente inducono sempre l'imputato a resistervi) sono di solito di gran lunga meno numerose di quelle (sovente dilatorie) che vengono presentate dagli imputati e che nel giudizio di appcl- lo, salva la ipotesi di rinnovazione del dibattimento, non e di regola necessaria la presenza dei testimoni, dei periti e dello stesso imputato; con la conseguenza che la lontanctnza dei luoghi in cui ha sede il giudice di appello dalle localita di residenza degli interessati e un fattore di disagio, anche in termini economici, inferiore a quelli che la stessa situazione

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puo pradurre in relazione a11'ubicazione dei giudici di primo grado. Ed e percio che gli inconvenienti di cui ora si e detto, valutati analiticamente, non possono incidere sulla validita di una proposta che, per tutte le ragioni prima considerate, non puo che conti- nuare ad essere considerata con estremo favore, specie se l'elemento della maggiore lonta- nanza del giudice di appe'lo, che si verrebbe a creare rispetto a un numero pur sempre limitato di procedimenti, venga riportato, come si deve per i motivi indicati, alle sue giuste e reali proporzioni.

Le considerazioni sopra esposte, peraltro

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come si e accennato -sono apparse ad una parte sia pure minoritaria del Consiglio non decisive per giustificare un'innovazione di cosi ampia portata quale la concentrazione di tutti gli appelli concernenti la materia penale presso la corte di appello. Si tratta di innovazione

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e stato osservato

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che va molto al di la degli ineludibili obiettivi di razionalizzazione ed efficienza che il d.d.1. in esame si propone in quanto esso, oggettivamente, finisce con l'ipotecare iin problema centrale della futura e auspicabilmonte non remota riforma organica tlell'ordinamento giu- cliziario. quale e il problema della migliore strutturazione del gindice dell'appello. Una volta infatti attribuiti alle Corti di Appello tutti i giudizi di appello in materia penale, si determinerebbe una situazione idonea a d attrarre presso tale giudice la residua parte degli appelli tra cui quelli in materia di lavoro, con un rovesciamento della tendenza espressa,

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per ragioni che vanno ben al di la dell'ambito giuslavoristico

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dalla legge n. 8331 l973 e ribadita successivamente dalla legge sull'equo canone, appelli che peraltro tutto il Consiglio aiispica siano manteniiti alla competenza dei tribunali. Le stesse ragioni indicate clalla maggioranza consiliare a sostegno dell'innovazione (la concentrazione di tutti i giu- dizi di appello in unico organo giudicante in considerazione del carattere unitario del- la funzione di appello e la esigenza di assiciirare un'uniformita di indirizzo nella soluzione delle questioni processuali riguardanti l'appello) sembrano postulare una concezione

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consapevole o meno

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della funzione di appello come funzione che richiede una professio- nalita specifica; conclusione, questa, che allo stato appare tutt'altro che pacifica come provano recenti ricerche sul tema (v.ad es. •á Lo statuto del giudice elaborato da un grup- po di studio e pubblicato sulla rivista Giustizia civile 1081

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P. 11 pagg. 37 e segg.) e che 4 in parte contraddetta dalla stessa sentenza n. 86/82 della Corte Costituzionale, che

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com'e noto

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prospetta un raggruppamento delle funzioni giudicanti unicamente secondo la distinzione merito/legittimitA. -

Ne sembra, infine valida giustificazione, per una riforma di cosi ampia portata, l'esi- genza di utilizzare appieno le attuali Corti di Appello, giacche

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ove mai si ritenesse che tali uffici sono attualmente meno gravati dei tribunali e che lo sarebbero ancora meno con lo spostamento di competenza previsto dal nuovo testo legislativo

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rimedio pih appro- priato, rispetto ad una impegnativa riforma di ordinamento giudiziario, sarebbe una op- portuna variazione dei rispettivi organici.

Conclusivamente sul punto il Consiglio ritiene

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al di la delle differenti posizioni so- pra richiamate e dell'orientamento di maggioranza formatosi sul tema

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che questo ri- chieda im'attenta rifiessione, come contributo alla quale ha ritenuto utile fornire lo spettro completo degli argomenti al riguardo dibattuti a1 proprio interno.

4 .

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Coerentemente con la scelta di concentrare nella sola Corte di Appello t u t t i i gravami di merito, il Sottocomitato parlamentare ha modificato l'art. 512 C.P.P., nel senso di prevedere che le sentenze del pretore sono appellabili, oltre che dal rappresentan- te del pubblico ministero nel dibattimento pretorile, dal Procuratore generale della Re- pubblica (che non ha oggi tale facolta), cosi sostituendolo in via esclusiva al procuratore della Repubblica, che nel sistema vigente ne B invece titolare. I1 Sottocomitato peraltro ha anche modificato l'art. 109 C.P.P. (termini per l'impugnazione), eliminando dalla norma il riferimento al termine di venti giorni per l'impugnazione da parte del procuratore del- la Repubblica dei provvedimenti emessi in udienza dal pretore; ma l'intervento soppres- s inon sembra appropriato, in quanto, ai sensi dell'art. 527, 20 co., il procuratore dello ~ ~ Repubblica puo ricorrere per cassazione contro le sentenze, non solo (101 tribunale, ma

;meho del pretore, e poiche non sembra esistano ragioni per sottrargli tale facolth (ne il Sottocomitato hn ritenuto di sottrargliela), rimane tuttavia necessaria la previsione (di cui appunto all'art. 109) del termine entro ciii l'impugnaziono pii6 essere proposta.

Occorreva piuttosto modificare l'art. 31, 30 co., delle disposizioni regolamentnri del co- dice di procedura approvato con r.d. 28 maggio 1031, n. 605, Iaddove dispone che il pre- tore trasmette periodicamente al prociiratore delle Repubblica copia delle sentenze enics- se. Tale adempimento e evidentemente collegato al potere che spetta oggi soltanto al

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procuratore della Itepubblica di appellare le sentenze dibattimentuli del pretore e perci?) ne appare necessaria una rettifica diretta a consentire che di queste sentenze vcngn il1

futuro a conoscenza il procuratore generale, che come si e visto dovmbbe diventare, con la riforma, titolare (in via esclusiva ncll'ambito degli uffici del pubblico ministero) del- la facolta di proporrc appello contro lo pronuncie dibattimentali del pretore.

Naturalmente, con l'accentramento nel procuratore generale del poterc: di appd- larc le sentenze del pretore, si pone anclie per gli ufici di vertice drl pubblico ministero un problema di organici, che sembra pero possa essere convenientemente risolto ron mo- deatc! e non certo massicce revisioni della quantita di pcrsonnlc chc in essi presta la loro opera.

Occorre d'altra psrte rilevare che il Sottocomitato, piir niodificando nei sensi accen- nati l'art. 512 C.P.P., non ha tenuto conto che la norma suddetta era stata gia in partc ristrutturata dall'art. 134 della legge n. 689 del 1981. Con questa disposizione, si 6 sta- bilito che l'imputato puo proporre appello nel caso di condanna per delitto o per contrav- venzione e, in quest'ultima ipotesi, non solo per le contravvenzioni per le quali non e ammessa oblazione, ma anche per quelle punite con pena alternativa. Per queste ultinic, prima della legge n. 689, non era mai ammessa l'oblazionc e per esse, dunque bastawt la previsione generale, per rendere ammissibile l'appello, in cano di condanna. La legge n. 689, invece, consente ora la c.d. oblazione speciale anche per le contravvenzioni chc com- portano una pena alternativa e giustamente dunque la legge suddetta le ha espressamente incluse tra quelle per cui e permesso l'appello quando intervenga la condanna. Conseguen- temente, e necessario che la stessa previsione sia contenuta anche nel nuovo testo dell'ar- ticolo 512 C.P.P. formulato dal Sottocomitato parlamentare. Allo stesso modo e opportii- no che vengano inserite nel testo dell'art. 512 C.P.P. le modifiche necessarie per renderlo conforme a tutte le pronuncio di incostituzionalita che hanno avuto ad oggetto nel tempo la suddetta norma. La legge n. 689 ha gia tenuto conto di una di esse quando ha stabili- to nel n. 2 dell'art. 512 che I'imputat,~ puo proporre appello (( qualora il proscioglimento sia pronunciato per estinzione del reato a seguito di comparazione tra circostanze N (v.

i n questo senso la sentenza della Corte Costituzionale n. 70 del 25 marzo 1975).

Sta di fatto che la Corte Costituzionale, con pronuncia del 16 aprile 1979, ha dichin- rato illegittimo l'art. 612 anche nella parte in cui esclude il diritto dell'imputato di pro- porre appello contro le sentenza del pretore che l'abbia prosciolto per estinzione del reato per prescrizione a seguito della concessione di circostanze attenuanti (e non soltanto delh comparazione di circostanze di segno opposto); mentre successivamente l'illegittimita e stata estesa ,con sentenza del 7 aprile 1981, n. 53, al caso in cui l'imputato venga prosciol- to per amnistia (ma il problema non muta anche in presenza di altre cause di estinzione) a seguito di una definizione giuridica del fatto diversa da quella enunciata nel decreto di citazione o nell'ordinanza di rinvio a giudizio; e, con sentenza del 21 luglio 1983, n. 224.

al caso di proscioglimento per estinzione del reato per amnistia o per prescrizione, qualora nella sentenza siano stati effettuati un esame ed una valutazione del fatto e sia stata esclusa la possibilita di proscioglimento nel merito con una delle formule dell'art. l52 cpv. C.P.C.

Di questj'ultima pronuncia la leggc n. 689 non poteva evidentemente tener conto' in quanto posteriore alla sua emanazione; ma essa non ha riprodotto neppure quelle pre- cedenti. Cosi che appare ora necessario, se l'art. 512 C.P.P. deve essere modificato, che esso venga adeguato a tutte le indicate pronuncie della Corte Costituzionale, e che lu stesm operazione sia compiuta, non fosse altro che per ragioni di simmetria, anche prr I'arti- colo 513 C.P.P., che riguarda l'appello contro le sentenza del tribunale e della corte di as- sise e sul quale hanno parimenti inciso le sentenze della Corte; cosi come sarebbe opportii- no che fosse esplicitamente prevista l'ammisaibilita dell'appello in tutte le ipotesi analoghe a quelle considerate dalla Corte e cioe in tutti i casi di prosciogliniento per una causa di non punibilita o di immunita personale, a cui si pervenga a seguito di una esplicita esclii- sione di una possibilita di assoluzione nel merito.

Un'altra norma, sulla quale sembra opportuna una piu mediti~ta riflessione i: quella dell'art. 4 del testo del sottocomitato, con il quale si modifica il terzo comma dell'art. 63 dcl codice penale. Questa norma stabiliva nella formula originaria, che G quando pcr una circostanza la legge stabilisce una pena di specie diversa. o nc determina la misura in- dipendente dalla pena ordinaria del reato, l'aumento o la diminuzione per le altre circo- stanze non si opera sulla pena ordinaria del reato, ma sulla pena stabilita per la circostan-

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zu iinzicletta o. Li1 disposizione fii ( parzialmente) itbrojpta dalla modifica dell'art. (8

C.P., ~ ~ t t u a t a con la legge n. 220 del 1074, per la, qiide vennero soggette a, giudizio di compn- r:izione tutte inclistintamente le circostanze, comprese quelle per le quali la, legge stabili- sce una, pena di specie diversa o ne determina, la misura in modo indipendente dalla pena orrlinnriii del reato. Consegiientcmente, il terzo comma dell'art. ti3 e rimasto in vigore per il solo caso in cui concorrnno circoetanze speciali con circostnnze di segno omogeneo (iiX0riivitnti e tiggravi~iiti oppure utteniianti e'utteniianti). - - -

11 Sottocomitato pnrlamentnre propone ora di modific:tre Iii, piii volte citata, dispo- siziontb, sti~bilcndo vhe nei ci~si di circostiinze che prevedono una pencb (li specie diversa ovvcro tin i~urnerito o tim (liminiizione tiella pena in misura superiore itd un terzo, l'au-

nirnto o lit (linii~iiizione per le iiltre circostirnzo si opera ~ i i l l i ~ pena stabilita per li^ circo-

~ t i i m i i ;~iizidett;i. Per le ri~rrioni C7 che si sono nccennitte. la niioviL norma, si none in contrit- sto col vigentcl iwt, 89 C.P. ((li cui il Sottoromitiito non propone iilciiriit revisione) ed i ~ n ~ i 1'iicc.cntiin. iti qitmto, 1c:ttii i~olat~t~niente, tende i d escludere il giitciiiiio (li comparazione tra c*ircmtitnzo laiiclie nelle ipotesi in ciii 13 stato sempre consentito o meglio imposto, gia prima tlcl 1974, e vioe anche qiinncto la circostitnza importi iin itiimcnto o iina dimi- ii\izione e.omiinque coinmisiiratit proporzionalmente iillit penii ordinaria del rertto, seppu- re superiore ;t qiiello (solita) (le1 terzo. Pcr c+onvcrso, IU oompnrtuione rimarrebbe pomi- ljile, st:mdo ;LI niiovo trsto dt4l'art. 63 C.P., qironilo I;L misura delli& pena per lu circostanza fiwse tletermiriiitit (twme sovente avviene iiel codice e nelle Itxggi speciali) in modo indipeli- clcwte rli~llu pena ortiiniwiit del reitto. A tutto cib si deve ctggiiingereclio non t? i~ffutto cer-

to clic il solo principio & 4 i ~ si~ccessione delle leggi nel tempo v a m b b e :MI incidere, indi- i ' ( b t t i ~ ~ ~ i c ~ i i t ~ , ~llll'itttlli~lf? p o r t i h (Iell'iirt. 69 c.p. od 6 chioro ciomiinqiic, che h inotlifia~

del solo art. 63, ma non tlell'iirt. 69, creerebbe, vome risulta da qiinrito sommnriomento si i? rlt>tto, (iiffi~olta interpretittive ed incoerenze ibpplicutivc. Ptwio, se si vtiole inotlificnre il rty@io ,~ttiritlmento vigente del concorso clelle (4r~osti~iize i? iinzitiitto siiil'nrt. o9 e non

~iill'i1i.t. (i3 che bisognerebbe agire; ma non sembra ;LI Consiglio che iin intervento del ge- nere sia giti~titictito, i r i (~tii~ilto 1'iqq)liciv~ionu c l ~ o IIL normittiva, in qiiestione hn nvuto, an- (~lie c l o p lit ~tl~(liti('it (k1 I!J74 (rldla (1itith b •árrn:ti pwmto iin tlccennio) non pure che ah- hict ( l i ~ t ~ Iiiogo ad inconvenienti rilevitnti, cwendosi anzi rilevitta, specie dopo lit riformrr,

<.orne un vf'firiice strunicnto per \in rqiio i~tlegiinriierito tlellib pena dia gravit& in concreto clci singoli rcisti e d i ~ l l r b pericwlosita dei colpevoli. Nii l l : ~ (I'dtrn pwte impedisce che in re- Iiuioiie i~ ( w i cletcrrnini~ti si 1)OsSiS wmprc ~ s c l I I ~ C ~ P , w n opportiini riicccimismi legislativi.

l'opiwtivith ( t o t i ~ l ~ o pi~ri,irde>) ddl'wt. (i!) tlcl votlice pcnitle, cwil rorrie clrl resto 4 ~ t u t o C ~ t t o (liiIIci legge t i ftabbriiio 1!)80, n. 15 per i rei~ti i~ggrnvnti (itt finniitA di terrorismo e cii (*versione 1Ir4l'orrline t.o:ititiii.ioni~lt>, rioiich6 per il ctt4itto di s ~ q i t t > ~ t r o ( l i perYona ;L scopo ostorsivo.

.i. - Si o gih (letto ncllo pibgirie prcccv!(mti (3110 il I I I I ~ V O ripi~rto ( l i (~ompettmze tra pretore tribiirinle o l i t ronwntrcizione di tutti i gri~vi~irii (li inmito ricllt* (:orti (li ilppello

~)osson~> (.omport;ire so no11 131 ncceseiti~, cwto I'opporttiriith ( l i rniit~iiric~nti tlcgli organivi, sia ptrc 11011 rilcviinti. Si puo qui i~ggiiingcr•á clio il riis<~ors.ro vi~lc? non solo per il p:rsoii:rlt~

(li ~lii~~Wtri~tiirit, 1Iiik ariche pcr il pw'sonille (ti cwiclellcrict e per qiioiio i~~isilit~rio; e si (leve i~ndit? sottolinciire c.oinrb, soprnttiitto per qiitisto personiile, il problema si prcsenttb piii

presswtcB iri pitrti<:olerc per lo pretiire, clie hanno attualmente indici (li Iiivoro molto bas- s i P, ptar tliichrtit riiqionc~, sono s p e s o prive di itn titolnre.

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Senato sia sollecitamente approvato; e cio nella convinta speranza che la sua approvazio- ne possa prodime nell'immediato benefici effetti si fini d i una piu celere e piu incisiva trattazione dei processi penali e possa insieme rappresentare un primo, significativo passo sulln via di ulteriori riforme e soprt~ttutto in vista di una radicale revisione dell'organizza- zione e dell'ordinamento giudiziario, di cui l'opinione pubblica, la Magistratura tutta ecl il Comiglio avvertono sempre di piu la necessita.

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