Parere sul disegno di legge concernente:
“Nomina di professori universitari e di avvocati all'ufficio di consigliere di Cassazione, in attuazione dell'art. 106, 3° comma della Costituzione.”
Il Consiglio Superiore della Magistratura, nella seduta del 3 maggio 1995, ha deliberato di approvare il seguente parere:
“Con una risoluzione approvata il 17 giugno 1987 il C.S.M. ha concluso un prolungato dibattito sull'attuazione dell'art. 106 c. 3 Cost. sottolineando che detta norma, di grandissimo rilievo "si inserisce in una concezione del legislatore costituente che non può che essere condivisa, volta a consentire in forme diverse la partecipazione dei laici all'esercizio delle funzioni giurisdizionali. Nell'ambito di questa differenziata tipologia, la norma dell'art. 106 c. 3 assume connotati del tutto peculiari, in quanto diretta a realizzare una forma «organica» di partecipazione all'attività giurisdizionale, tale da eliminare o ridurre i rischi di separatezza dell'ordine giudiziario, soprattutto nella fase di legittimità. In realtà, più che la formazione di una categoria di magistrati onorari, l'art. 106 indica, come si è detto correttamente, «uno specifico criterio di assunzione in Magistratura» limitatamente ad una delle funzioni esercitate e con alcune peculiarità anche per quanto riguarda la normativa di carattere generale.
Trattandosi di laici che dovrebbero essere in possesso di particolari requisiti (non solo quelli oggettivi indicati nell'art. 106, ma anche i «meriti insigni»
ivi richiamati), è evidente l'importanza di questa forma di «partecipazione», suscettibile di recare un saliente contributo, anche di natura tecnica, alla formulazione di princìpi di diritto ed a quella funzione regolatrice che è tipica della Corte Suprema di Cassazione".
Con il disegno di legge in esame che si muove nella linea del richiamato precedente Consiliare sono stati sciolti taluni nodi concernenti l'attuazione pratica della norma, in punto di modalità ed effetti della chiamata.
Si è altresì definito con assoluta chiarezza l'ufficio cui possono essere destinati i laici chiamati in Cassazione, escludendone l'impiego quali sostituti
procuratori generali della stessa Corte o magistrati di merito con funzioni equiparate a quelle di cassazione.
Quest'opzione, sostenuta da condivisibili valutazioni del testo dell'art. 106 Costituzione, segna l'unico tratto di diversità che caratterizza, sotto il profilo ordinamentale, la condizione dei laici chiamati in Cassazione rispetto agli altri magistrati in cassazione.
Quanto invece al loro stato giuridico ed economico si è provveduto ad una completa equiparazione ai magistrati di carriera. L'opportunità di tale scelta è all'evidenza mediata da una previsione del numero degli accessi tale da concretare una provvista di significativa consistenza e continuità.
L'aleatorietà di una tale previsione non sembra tuttavia suggerire delle riserve alla predetta equiparazione.
E neppure giustifica delle controindicazioni per la scelta di chiamata entro limiti proporzionati all'organico della Cassazione, piuttosto che in soprannumero e senza limiti predeterminati.
Quanto, infine, alla espressa deroga all'obbligo di residenza, si osserva che la stessa segna un positivo punto di approdo dell'evoluzione interpretativa ed attuativa dell'art. 12 - R.D. 30.1.1941, n.12, verificatasi per intervento del C.S.M.
anche per i magistrati togati. E tuttavia proprio perchè ha il pregio di favorire un accesso alla Cassazione di soggetti provenienti da realtà territoriali distanti dalla città di Roma, si segnala come una novità normativa da estendere anche ai magistrati togati;
delibera
pertanto di esprimere nei termini di cui in premessa il proprio parere sul disegno di legge n. 1274/1994 Senato, concernente nomina di professori universitari e di avvocati in attuazione dell'art. 106, terzo comma, della Costituzione."