A. Di Canto 9 luglio 2006
∗Documento reperibile all’indirizzohttp://web.tiscali.it/angelodicanto_home/
1. Propriet` a generali dei nuclei atomici 1
1.1. La forma geometrica dei nuclei . . . . 1
1.1.1. Sezione d’urto Rutherford . . . . 2
1.1.2. Sezione d’urto di Mott . . . . 4
1.1.3. Fattore di forma nucleare . . . . 5
1.1.4. Spostamento isotopico delle righe K dei raggi X . . . . 7
1.1.5. Momenti di quadrupolo elettrico nucleari . . . . 7
1.2. Masse ed energie di legame dei nuclei . . . . 7
1.2.1. Modello a goccia liquida e formula semi-empirica di massa . . . . . 8
1.3. Radioattivit` a . . . . 11
1.3.1. Legge del decadimento radioattivo . . . . 11
1.3.2. Teoria quantistica dei decadimenti radioattivi . . . . 12
2. Interazione nucleare 15 2.1. Il deutone . . . . 15
2.1.1. Spin del deutone . . . . 17
2.1.2. Momento di quadrupolo elettrico del deutone . . . . 17
2.1.3. Momento magnetico del deutone . . . . 17
2.2. Il potenziale nucleone–nucleone . . . . 18
2.3. Teoria di Yukawa . . . . 19
2.4. Diffusione nucleone–nucleone . . . . 21
2.4.1. Sfasamenti . . . . 21
2.4.2. Caso di diffusione in onda ` = 0 . . . . 24
2.4.3. Diffusione protone–protone e neutrone–neutrone . . . . 27
3. La struttura dei nuclei 31 3.1. Modello a gas di Fermi . . . . 31
3.2. Modello a shell . . . . 33
3.2.1. Numeri magici . . . . 33
3.2.2. Autostati del potenziale nucleare . . . . 33
3.2.3. I momenti magnetici nell’ambito del modello a shell: le linee di Schmidt . . . . 35
4. Decadimento α 39 4.1. Energetica del decadimento α . . . . 39
4.2. La teoria dell’emissione α . . . . 40
5. Decadimento β 45
5.1. Energetica del decadimento β . . . . 46
5.2. Teoria di Fermi del decadimento β . . . . 48
5.2.1. Transizioni permesse . . . . 50
5.2.2. Transizioni proibite . . . . 54
5.3. La violazione della parit` a nel decadimento β . . . . 56
6. Decadimento γ 59 6.1. Energetica delle transizioni elettromagnetiche nei nuclei . . . . 59
6.2. Teoria dell’assorbimento e dell’emissione stimolata . . . . 60
7. La fissione nucleare 63 7.1. Caratteristiche della fissione . . . . 63
7.2. Fissione controllata . . . . 67
8. La fusione nucleare 71 8.1. Caratteristiche della fusione . . . . 71
8.2. Il ciclo di fusione p–p nelle stelle . . . . 73
9. Fisica dei neutrini 77 9.1. L’elicit` a dei neutrini . . . . 77
9.1.1. Evidenza sperimentale della differenza tra neutrini ed antineutrini 78 9.2. La massa dei neutrini . . . . 78
9.3. L’oscillazione di sapore dei neutrini . . . . 79
9.4. Esempio di oscillazione tra due stati di neutrini . . . . 81
10. Fisica dei pioni 85 10.1. Propriet` a dei pioni . . . . 85
10.2. Risonanze negli urti pione–nucleone . . . . 88
10.2.1. Le particelle strane . . . . 89
11. Introduzione alla fisica delle particelle elementari 93 11.1. Studio dei nucleoni con urti di elettroni . . . . 94
11.1.1. Urti profondamente anelastici elettrone–protone . . . . 95
A. Appendici 99
A.1. Probabilit` a di penetrazione di una barriera rettangolare unidimensionale . 99
A.2. Teoria delle perturbazioni dipendenti dal tempo e regola d’oro di Fermi . 100
A.2.1. Applicazione della regola d’oro di Fermi ad un processo di diffu-
sione elastica di un elettrone su di un nucleo . . . 102
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Nel seguito useremo la seguente notazione per indicare un nucleo atomico
A Z
X dove:
(i) X indica il simbolo chimico dell’elemento, ad esempio H per l’idrogeno, O per l’ossigeno, etc.;
(ii) Z, detto numero atomico, ` e il numero di protoni del nucleo;
(iii) A, detto numero di massa, ` e il numero totale di nucleoni (protoni + neutroni) del nucleo.
Ricordiamo inoltre che i nuclei ad A =cost si dicono isobari, quelli a Z =cost isotopi.
1.1. La forma geometrica dei nuclei
In questo capitolo ci proponiamo di studiare le dimensioni e la forma dei nuclei. In linea di principio tali informazioni potrebbero essere ottenute mediante esperimenti di diffu- sione di protoni o particelle α sui nuclei in esame. Questo fu quanto fecero Rutherford, Geiger e Marsden, i quali utilizzando fasci di particelle α, determinarono che il raggio dei nuclei doveva essere inferiore a 10
−14m. In pratica, per` o, ` e difficile estrarre informazioni particolareggiate con questo tipo di esperimenti. innanzitutto perch´ e i proiettili stessi sono oggetti non puntiformi e la misura della sezione d’urto per il processo di diffusione in esame rifletter` a, quindi, non solo la struttura del bersaglio, ma anche quella del proi- ettile stesso. In secondo luogo a causa del fatto che l’interazione nucleare fra proiettile e bersaglio ` e dinamicamente molto complessa e non ` e completamente capita teoricamente.
Per lo studio di oggetti dell’ordine del fermi ` e molto utilizzata la diffusione di elettroni, in quanto essi, per quanto ne sappiamo, sono particelle a tutti gli effetti puntiformi e l’interazione fra elettrone e nucleo ` e solo di natura elettromagnetica (ben capita teorica- mente).
La dimensione spaziale che ` e possibile investigare con un’esperimento di diffusione ` e dell’ordine della lunghezza d’onda di de Broglie
λ = }
p = √ }c E
2− mc
esi vede allora che per investigare dimensioni dell’ordine del fermi occorre, per uno scat-
tering da elettrone, un’energia dell’ordine dei 100 MeV (cui corrisponde una velocit` a con
fattore β ≈ 0, 999986).
1.1.1. Sezione d’urto Rutherford
Consideriamo un processo di diffusione di una particella di carica ze ed energia cinetica E su di un nucleo bersaglio di carica Ze come mostrato in figura
Per calcolare correttamente la cinematica e la sezione d’urto della reazione occorre uti- lizzare il formalismo della meccanica quantistica relativistica. Nel caso di nuclei pesanti e particelle a bassa energia, gli effetti di rinculo possono essere trascurati; in questo caso il processo di scattering pu` o essere considerato completamente elastico e quindi l’energia E ed il modulo dell’impulso p della particella incidente sono uguali prima e dopo l’ur- to. La cinematica del processo pu` o, allora, essere calcolata con il formalismo classico
1. Consideriamo il nucleo bersaglio come puntiforme, facendo riferimento alla figura
le particelle diffuse nell’intervallo (θ, θ + dθ) saranno quelle con parametro di impatto compreso tra b e b + db, quindi il numero di particelle diffuse ` e dato dal prodotto del numero I di particelle incidenti per la superficie della corona circolare
dσ = 2πbdb
I I = 2πbdb = 2πb(θ)
db dθ
dθ
1In appendice A.2.1a pag. 103`e mostrata la derivazione quantistica della sezione d’urto Rutherford come esempio di applicazione della regola d’oro di Fermi.
ed essendo dΩ = 2π sin θdθ, si ha che la sezione d’urto differenziale vale dσ
dΩ = b(θ) sin θ
db dθ
(1.1) Dobbiamo ora calcolare la funzione di distribuzione b(θ). Detta m la massa ridotta del sistema (dato che il nucleo bersaglio ha massa molto maggiore della particella incidente m ` e approssimativamente la massa della particella incidente), la lagrangiana del sistema vale
L = 1
2 m( ˙r
2+ r
2ϕ ˙
2) − α
r con α = zZe
24πε
0Le costanti del moto sono
` = dL
d ˙ ϕ = mr
2ϕ = ˙
√
2mE b (1.2)
H = 1
2 m ˙r
2+ V
ef f(r) = E con V
ef f(r) = `
22mr
2+ V (r) (1.3) Dal (1.2) si trova
˙ ϕ = `
mr
2e da (1.3)
˙r = r 2
m (E − V
ef f(r)) per cui
dϕ dr = `
mr
2r 2
m (E − V
ef f(r)) integrando si ottiene infine
ϕ(r) = ` Z
r∞
dr
r
22m (E − V
ef f(r))
−1/2= b Z
r∞
dr r
21 − b
2r
2− V (r) E
−1/2La traiettoria ` e un’iperbole simmetrica rispetto al raggio vettore di minima distanza dal centro di forza; si ha allora che l’angolo di diffusione vale
θ = π − 2ϕ
mindove
ϕ
min= b Z
rmin∞
dr r
21 − b
2r
2− V (r) E
−1/2calcolando r
mincon la condizione ˙r|
r=rmin= 0 ed integrando si trova ϕ
min= arccos x
√
1 − x
2con x = α
2bE
con un po’ di conti si trova x = cot ϕ
mine quindi, dato che tan ϕ
min= cot
θ2, si ottiene la funzione di distribuzione cercata
b(θ) = α 2E cot θ
2
Ricordando la definizione della costante α, dalla (1.1) si trova la sezione d’urto Ruther- ford
dσ dΩ
Ruth.
= zZe
24πε
0 21 4E
21
sin
4 θ2(1.4)
Come si vede in figura 1.1, la (1.4) ` e in accordo con i dati sperimentali a basse energie.
Figura 1.1.:
1.1.2. Sezione d’urto di Mott
Finora gli spin dell’elettrone e del bersaglio non sono stati considerati. In realt` a, ad
energie relativistiche, la sezione d’urto (1.4) di Rutherford ` e alterata da effetti di spin.
La sezione d’urto di Mott descrive la diffusione di elettroni relativistici e include gli effetti dovuti allo spin dell’elettrone; essa pu` o essere scritta come segue
dσ dΩ
M ott
= dσ dΩ
Ruth.
1 − β
2sin
2θ 2
(1.5) dove β = v/c. Tale espressione mostra che, ad energie relativistiche, la sezione d’urto (1.5) di Mott diminuisce pi` u rapidamente di quella di Rutherford al crescere dell’angolo di diffusione. Nel limite β → 1 la sezione d’urto (1.5) di Mott pu` o essere riscritta in modo pi` u semplice come
dσ dΩ
M ott
= dσ dΩ
Ruth.
cos
2θ 2 1.1.3. Fattore di forma nucleare
Negli esperimenti di diffusione su nuclei si vede che i valori ricavati dalla sezione d’urto (1.5) di Mott sono in accordo con le misure sperimentali solo nel limite in cui ` e trascur- abile l’effetto di rinculo del bersaglio, ovvero, definito l’impulso trasferito q = p − p
0, nel limite in cui q → 0. Per valori pi` u grandi di q le sezioni d’urto sperimentali risultano essere sistematicamente pi` u piccole; la ragione di ci` o sta nel fatto che i nuclei hanno un’estensione spaziale non nulla.
Detta ρ(r) la funzione di distribuzione della carica nucleare, la trasformata di Fourier di ρ(r)
F (q) = Z
e
iq·rρ(r)d
3r (1.6)
prende il nome di fattore di forma nucleare della distribuzione di carica
2. Il fattore di forma (1.6) contiene tutte le informazioni riguardanti la distribuzione spaziale di carica dell’oggetto in esame.
Il modulo del fattore di forma (1.6) ` e determinabile sperimentalmente dal rapporto fra la sezione d’urto misurata e la sezione d’urto di Mott
dσ dΩ
exp.
= dσ dΩ
M ott
|F (q)|
2(1.7)
Il calcolo dei fattori di forma (1.6) ` e estremamente complicato, salvo in casi semplici:
per una distribuzione a simmetria sferica, ad esempio, vale F (q) = 4π
Z
∞ 0ρ(r) sin qr
qr r
2dr (1.8)
se inoltre la distribuzione ` e anche uniforme ρ(r) =
3
4 πR
3per r 6 R 0 per r > R
2Per maggiori dettagli sul perch´e di tale definizione si veda l’appendiceA.2.1a pag. 103.
integrando la (1.8) si trova
F (q) = 3
(qR)
3(sin qR − qR cos qR) Distribuzione di carica dei nuclei
Dai risultati sperimentali si trovano le seguenti propriet` a:
(i) I nuclei non sono sfere con una superficie definita in modo netto. Al loro interno la densit` a di carica ` e praticamente costante, mentre in superficie essa si annulla in modo graduale. La distribuzione radiale della carica elettrica pu` o essere descritta, in buona approssimazione, da una distribuzione di Fermi a due parametri
ρ(r) = ρ(0) 1 + e
(r−R)/aQuesto ` e mostrato in figura 1.2, per alcuni nuclidi.
Figura 1.2.: Distribuzioni di carica radiale per alcuni nuclei.
(ii) La costante R indica la distanza radiale alla quale ρ(r) si riduce alla met` a del suo valore a r = 0 e pu` o quindi essere considerata come il raggio medio del nucleo atomico. Per nuclei medi e pesanti il numero di nucleoni per unit` a di volume ` e circa costante
A
4
3
πR
3≈ cost si trova allora per il raggio nucleare
R = r
0A
1/3con r
0≈ 1.2 fm.
(iii) Nel caso di nuclei con alto numero atomico la costante a, determinata sperimen- talmente vale circa a = 0.54 fm.
1.1.4. Spostamento isotopico delle righe K dei raggi X appunti Bombaci
Atomo idrogenoide appunti Bombaci
1.1.5. Momenti di quadrupolo elettrico nucleari
La distribuzione di carica in un nucleo ` e descritta dai momenti di multipolo elettrico.
dato che i momenti di ordine dispari (ossia dipolo e ottupolo) devono essere identica- mente nulli a causa della conservazione della parit` a, il momento di quadrupolo elettrico costituisce la quantit` a pi` u direttamente accessibile alla misura per determinare di quanto la distribuzione di carica, e quindi il nucleo, si scosti dalla forma sferica.
La definizione classica di momento di quadrupolo ` e Q =
Z
(3z
2− r
2)ρ(r)d
3r
Una distribuzione ellissoidale con semiasse a lungo z e semiassi b nelle altre direzioni, avente densit` a di carica ρ(r), possiede il seguente momento di quadrupolo
Q = 2
5 Ze(a
2− b
2)
Se Q > 0 abbiamo a > b ed il nucleo si dice prolato, se invece Q < 0 abbiamo a < b ed il nucleo si dice oblato (vedi figura 1.3).
1.2. Masse ed energie di legame dei nuclei
L’energia di legame o binding energy di un nucleo
AZX ` e definita essere B = Zm
p+ (A − Z)m
n− m(
AZX) c
2dove m
p` e la massa del protone, m
nquella del neutrone, e m(
AZX) la massa nucleare.
Dato che sperimentalmente ` e di notevole difficolt` a la misura delle masse nucleari, ma
`
e molto pi` u facile misurare le masse atomiche (con spettrometri di massa, ad esempio) risulta conveniente definire la binding energy in funzione della massa atomica, essendo
M (
AZX)c
2= m(
AZX)c
2+ Zm
ec
2−
Z
X
i=1
B
iFigura 1.3.: A sinistra nucleo prolato (Q > 0), a destra nucleo oblato (Q < 0).
Nucleo
21H
42He
84Be
5626F e
23892U B/A 1.1 7.07 7.06 8.15 7.57
Tabella 1.1.: Binding energy per unit` a di nucleone (in MeV).
dove m
e` e la massa dell’elettrone e B
e= P
Zi=1
B
i≈ E
Ryd.Z
12/5(in eV) ` e l’energia di legame degli elettroni, si ha
B = Z(m
p+ m
e) + (A − Z)m
n− M (
AZX) c
2− B
e= ZM (
11H) + (A − Z)m
n− M (
AZX) c
2+ Zb
e− B
edove b
e` e l’energia di legame dell’elettrone nell’atomo di
11H. La differenza Zb
e− B
epu` o essere trascurata con buona approssimazione e quindi
B = ZM (
11H) + (A − Z)m
n− M (
AZX) c
2(1.9) L’andamento della misura della binding energy per nucleone in funzione del numero di massa ` e mostrato in figura 1.4. In tabella 1.1 sono mostrati un po’ di valori sperimentali.
1.2.1. Modello a goccia liquida e formula semi-empirica di massa
Il fatto che l’energia di legame per nucleone e la densit` a della materia nucleare sono quasi indipendenti da A, indica una certa rassomiglianza dei nuclei con goccioline di liquido, per le quali il calore di evaporazione e la densit` a del liquido sono indipendenti dalle dimensioni della gocciolina stessa. Seguendo questa analogia si trova l’espressione completa per la binding energy
B(A, Z) = a
vA − a
sA
2/3− a
cZ(Z − 1)A
−1/3− a
sym(A − 2Z)
2A
−1+ δ (1.10)
Discutiamo il significato dei vari termini:
Figura 1.4.: Binding energy per nucleone.
(i) Il primo termine, quello dominante, ` e proporzionale alle dimensioni del nucleo (R
3∼ A).
(ii) L’analogia con la goccia fa supporre l’esistenza di effetti (tensioni) superficiali: un nucleone vicino alla superficie del nucleo, avendo nucleoni solo da un lato, non ` e legato cos`ı fortemente come un nucleone esterno. Bisogna quindi sottrarre una quantit` a proporzionale ad R
2.
(iii) Tenendo conto dell’interazione coulombiana tra i protoni dobbiamo sottrarre una quantit` a proporzionale al numero di coppie di protoni, supponendo la densit` a di carica sferica ed uniforme si ottiene che tale quantit` a deve essere proporzionale anche a 1/R.
(iv) Esaminando la figura 1.5 si vede che c’` e una tendenza in natura ad una simmetria tra Z e (A − Z), almeno per i nuclei leggeri. Questo fatto ci induce ad introdurre un termine, proporzionale ad A e dipendente da (A − Z)/Z, che abbia un minimo per A = 2Z.
Una semplice espressione soddisfacente tali condizioni ` e a
symA 1 − (A − Z)/Z
1 + (A − Z)/Z
2= a
sym(A − 2Z)
2A
Figura 1.5.: I nuclei stabili sono raffigurati in nero scuro, quelli radioattivi in grigio.
(v) Infine va aggiunto un termine che tenga conto della maggiore stabilit` a, osservata sperimentalmente, per i nuclei con (A − Z) e Z pari rispetto ai casi in cui (A − Z), o Z, o entrambi siano dispari:
δ =
a
pA
3/4per il caso pari-pari 0 per il caso pari-dispari
− a
pA
3/4per il caso dispari-dispari
Sperimentalmente (Myers–Swiatecki) si determinano i seguenti valori (in MeV) per le costanti introdotte
a
va
sa
ca
syma
p15.68 16.56 0.717 28.1 34 Un po’ di valori sperimentali sono mostrati in tabella 1.2.
Nucleo B
v/A B
s/A B
c/A B
sym/A δ/A Totale Sperimentale
16
8
O 15.68 -7.36 -1.14 0 0.27 7.45 7.98
238
92
U 15.68 -2.99 -4.11 -1.45 0.002 7.13 7.57 Tabella 1.2.: Termini della binding energy per unit` a di nucleone (in MeV).
Combinando la (1.10) con la (1.9), si ottiene la formula semi-empirica di massa (dovuta a Weizs¨ acker)
M (A, Z) = ZM (
11H) + (A − Z)m
n− B(A, Z)/c
2(1.11)
1.3. Radioattivit` a
Facciamo una panoramica dei principali canali di decadimento di un nucleo atomico che verranno analizzati in dettaglio in seguito:
(i) Decadimento α:
A
Z
X −→
A−4Z−2Y +
42He (ii) Decadimento β
−:
A
Z
X −→
AZ+1Y + e
−+ ¯ ν
eovvero nel nucleo avviene n → p + e
−+ ¯ ν
e. (iii) Decadimento β
+:
A
Z
X −→
AZ−1Y + e
++ ν
eovvero nel nucleo avviene p → n + e
++ ν
e.
(iv) Decadimento γ:
A
Z
X
?−→
AZY + γ (v) Cattura elettronica (ε):
A
Z
X −→
AZ−1Y + ν
eovvero p + e
−→ n + ν
e. (vi) Fissione spontanea:
A
Z
X −→
AZ11
Y +
AZ22
W + kn con il vincolo Z = Z
1+ Z
2e A = A
1+ A
2+ k.
1.3.1. Legge del decadimento radioattivo Consideriamo un generico decadimento
A −→ B + b
Detta λ (costante di disintegrazione) la probabilit` a che il nucleo A decada in un dato istante, il numero dN di nuclei che decade nel tempo dt vale dN = −λN (t)dt, cio` e
N (t) = N (0)e
−λtLa vita media della sostanza radioattiva ` e definita come
τ = R
∞0
t|dN/dt|dt R
∞0
|dN/dt|dt = 1 λ Il tempo di dimezzamento del numero di nuclei vale allora
t
1/2= τ ln 2 ≈ 0.693τ Si definisce inoltre attivit` a la quantit` a
A =
dN dt
= λN (t)
storicamente A si misura in curie, 1c = 3.7 · 10
10decadimenti/sec.
interazione τ (sec) forte 10
−22÷ 10
−23debole 10
−16÷ 10
−18elettromagnetica 10
−8÷ 10
−10Tabella 1.3.: Tempi di decadimento caratteristici delle interazioni fondamentali.
1.3.2. Teoria quantistica dei decadimenti radioattivi
Come detto la costante di disintegrazione λ esprime la probabilit` a che il sistema nucleare abbia una transizione (decade) dallo stato iniziale |ψ
ii in un nuovo stato quantistico |ψ
fi, usando la regola d’oro di Fermi (discussa in appendice A.2) possiamo allora scrivere
λ = 2π }
hψ
f|V
0|ψ
ii
2
ρ(E
f) (1.12)
ipotizzando l’interazione del tipo V + V
0, dove la presenza di un potenziale V
0di debole intensit` a, in aggiunta al potenziale nucleare V , ` e la causa del decadimento. La (1.12) tiene conto della densit` a degli stati energetici finali ρ(E
f); la probabilit` a di transizione
` e infatti tanto maggiore quanto pi` u numerosi sono gli stati finali accessibili al sistema.
La funzione d’onda dipendente dal tempo dello stato finale sar` a
ψ
f(r, t) = ψ
f(r, 0)e
−iEft/}(1.13) essendo ψ
f(r, 0) ed E
frispettivamente la funzione d’onda e l’energia dell’autostato finale di V . La probabilit` a di trovare il sistema nello stato |ψ
fi `e |ψ
f|
2, per essere consistente con la legge del decadimento radioattivo deve valere
|ψ
f(r, t)|
2= |ψ
f(r, 0)|
2e
−λtPossiamo allora riscrivere la (1.13) come
ψ
f(r, t) = ψ
f(r, 0)e
−iEft/}e
−λt/2(1.14) Cos`ı facendo per` o perdiamo la possibilit` a di determinare esattamente l’energia del sis- tema in quanto il nuovo stato |ψ
fi rappresentato in (1.14) non ` e pi` u autostato dell’en- ergia. Scomponiamo ψ
fin autostati dell’energia
ψ
f(r, t) = Z
dEa(E)ψ
E(r, t) = Z
dEa(E)ϕ
E(r)e
−iEt/}in un intorno abbastanza piccolo di E
f, ϕ
E≈ ϕ
Efe quindi ψ
f(r, t) =
Z
dEa(E)ϕ
Ef(r)e
−iEt/}imponendo ψ
f(r, 0) = ϕ
Ef(r) troviamo Z
dEa(E)e
−iEt/}= e
−iEft/}e
−λt/2Figura 1.6.: L’ampiezza della distribuzione Γ = λ} `e una misura dell’indeterminazione sull’energia dello stato.
da cui
a(E) = 1 2π
1 E − E
f+ λ}/2
La probabilit` a di osservare il sistema con energia E, nelle vicinanze di E
f, ` e allora P (E) = |a(E)|
2= 1
4π
21
(E − E
f)
2+ (λ}/2)
2(1.15)
In figura 1.6 ` e graficata la (1.15), detta formula di Breit–Wigner.
2.1. Il deutone
Il deutone
21H ` e il pi` u semplice stato legato fra nucleoni. Esso risulta quindi particolar- mente adatto per lo studio dell’interazione nucleone–nucleone. Gli esperimenti hanno permesso di determinare le seguenti propriet` a, relative allo stato fondamentale:
(i) Energia di legame bassa, B = 2.225 MeV;
(ii) Spin e parit` a, J
π= 1
+; (iii) Isospin, T = 0;
(iv) Momento magnetico, µ = 0.857 µ
N;
(v) Momento di quadrupolo elettrico, Q = 0.00282 barn;
(vi) Raggio medio del sistema, R = 2.1 fm.
Ipotizziamo in prima approssimazione che il potenziale di interazione neutrone–protone sia semplicemente una buca rettangolare
V (r) =
( − V
0per r 6 R 0 per r > R
Nel riferimento del centro di massa, detta m la massa ridotta, l’equazione di Schr¨ odinger
`
e
− }
22m ∇
2+ V (r)
ψ(r) = Eψ(r) (2.1)
In coordinate sferiche la (2.1), essendo ψ(r) = R
`(r)Y
`m(θ, ϕ), si disaccoppia in
` b
2Y
lm(θ, ϕ) = }
2`(` + 1)Y
`m− }
22m
d
2dr
2+ V (r) + `(` + 1)}
22mr
2u
`(r) = Eu
`(r)
dove si ` e introdotta la funzione radiale ridotta u
l= rR
l(r). Risolviamo l’equazione radiale per lo stato fondamentale, quello in ` = 0. Distinguiamo i casi
(i) Per r 6 R bisogna risolvere (l’energia dello stato legato `e E = −B) d
2dr
2u
0(r) + k
2u
0(r) = 0 con k
2= 2m
}
2(V
0− B)
Figura 2.1.: L’energia di legame del deutone ` e molto vicina alla cima della buca di potenziale
la cui soluzione ` e
u
0(r) = A
1sin kr + A
2cos kr
Imponendo u
0(0) = 0 (vogliamo che R
0(r) sia regolare in r = 0) si trova (A
2= 0) infine
u
0(r) = A
1sin kr per r 6 R (2.2)
(ii) Per r > R bisogna risolvere d
2dr
2u
0(r) + λ
2u
0(r) = 0 con λ
2= 2mB }
2la cui soluzione, scartando l’addendo che diverge all’infinito, ` e
u
0(r) = A
2e
−λrper r > R (2.3)
Da (2.2) e (2.3), imponendo la continuit` a di u
0(r) e della sua derivata prima in r = R si trova
( A
1sin kR = A
2e
−λRA
1k cos kR = −A
2λe
−λR=⇒ k cot kR = −λ ovvero
p V
0− B cot R }
p 2m(V
0− B)
= −
√ B
da cui si trova, per R = 2.1 fm che V
0= 35 MeV, cio` e il deutone ` e uno stato poco legato.
Si veda la figura 2.1.
2.1.1. Spin del deutone
Posto s = s
p+ s
n, possiamo avere lo stato di singoletto di spin
s = 0 =⇒ s
z= 0, cio` e |s = 0, s
z= 0i = | ↑↓i − | ↓↑i
√ 2 oppure lo stato di tripletto
s = 1 =⇒ s
z=
1 cio` e |s = 1, s
z= 1i = | ↑↑i 0 cio` e |s = 1, s
z= 0i = | ↑↓i + | ↓↑i
√ 2
− 1 cio` e |s = 0, s
z= −1i = | ↓↓i
Sperimentalmente risulta J = 1 e dato che J = (` + s), ..., |` − s| deve essere necessari- amente s = 1 (` = 0). In notazione spettroscopica tale stato si indica con
3S
1(con il significato
2s+1`
Jed ` = S, P, D, F, ...).
2.1.2. Momento di quadrupolo elettrico del deutone
Per lo stato puro in onda ` = 0, la funzione d’onda ` e a simmetria sferica quindi il momento di quadrupolo elettrico Q dovrebbe essere nullo. La misura sperimentale (Q 6=
0) ci induce a pensare che il deutone ` e una miscela di stati in onde diverse. Dato che ogni stato del deutone deve avere gli stessi numeri quantici J
π= 1
+, si trova
|ψ
di = a
0|
3S
1i + a
2|
3D
1i
In altre parole c’` e una di probabilit` a di trovare il deutone in uno stato in onda ` = 2. Questo effetto di mixing pu` o essere spiegato mediante la componente tensoriale dell’interazione nucleone–nucleone.
2.1.3. Momento magnetico del deutone
Un altro indizio del fatto che il deutone non ` e uno stato puro in onda ` = 0 ` e dato dalla misura del momento magnetico.
Assumendo che il centro di massa del sistema legato del deutone ` e a met` a strada tra il protone ed il neutrone, si ha che il momento magnetico del deutone deve valere (in unit` a µ
N/})
µ = g
s(p)s
p+ g
s(n)s
n+ 1 2 g
``
Per ` = 0 si ha allora che il momento magnetico del deutone ` e pari alla somma dei momenti magnetici del protone e del neutrone
µ(` = 0) = 1
2 (g
s(p)+ g
s(n)) = µ
p+ µ
n= (2.792 − 1.913)µ
N= 0.879 µ
Nil che ` e in disaccordo con la misura sperimentale.
Da s = s
p+ s
n, trovo
g
s(p)s
p+ g
s(n)s
n= 1
2 (g
s(p)+ g
s(n))s +
:
0 1
2 (g
s(p)− g
s(n))(s
p− s
n)
dato che nello stato di tripletto di spin mediamente protone e neutrone hanno lo stesso momento angolare intrinseco. Essendo inoltre s = j − ` si ha
µ = 1
2 (g
s(p)+ g
s(n))j + 1
2 (1 − g
s(p)− g
s(n))`
Dovendo prendere la proiezione lungo j si trova infine che µ = 1
2 (g
s(p)+ g
s(n))j + 1
2 (1 − g
s(p)− g
s(n)) |j|
2+ |`|
2− |s|
22|j|
2j Per l’onda ` = 2 si ha allora, essendo ha
2 3D
1|b `
2|a
2 3D
1i = 6|a
2|
2,
µ(` = 2) = 3
4 |a
2|(1 − g
s(p)− g
s(n)) per cui il momento magnetico totale del deutone ` e
µ = µ
p+ µ
n+ 3
4 |a
2|(1 − g
s(p)− g
s(n))µ
NUsando la misura sperimentale possiamo allora calcolare la percentuale di onda
3D
1nello stato del deutone, si trova
|a
2|
2≈ 0.039
2.2. Il potenziale nucleone–nucleone
Nello scrivere un’espressione generale per il potenziale nucleone–nucleone si trascurer` a, come fin qui fatto, la struttura interna dei nucleoni, il che significa che questo potenziale sar` a valido soltanto per gli stati legati nucleone–nucleone e per la diffusione fra nucleoni a basse energie.
Il potenziale deve verificare le seguenti propriet` a:
(i) invarianza per traslazioni, ne segue che deve dipendere solo da r = r
1− r
2; (ii) invarianza per rotazioni, ne segue che V deve essere uno scalare e quindi pu` o
dipendere solo da r = |r|, r · p, r · σ
i;
(iii) invarianza sotto trasformazioni di Galilei
1, ne segue che V deve dipendere da v = v
1− v
2, o meglio da p
1/m
1− p
2/m
2;
1Meglio sarebbe richiedere che V sia relativisticamente invariante, ma per semplicit`a di esposizione non tratteremo questo caso.
(iv) invarianza per parit` a
2(la ammettiamo perch´ e nei sistemi nucleone–nucleone non si osservano dipoli permanenti);
(v) invarianza per inversione temporale
3(si crede sia una buona simmetria per le interazioni forti).
Il pi` u generale potenziale soddisfacente a queste ipotesi ` e:
V (r) = V
1(r) + V
2(r) σ
1· σ
2+ V
3(r)S
12+ V
4(r) (r × p) · (σ
1+ σ
2) + V
5(r) (r × p)
2+ V
6(r) (r × p)
2σ
1· σ
2+ V
7(r) (r × p)
2(σ
1+ σ
2)
2+ ... (2.4) Il primo ` e un termine puramente centrale, mentre il secondo dipende dallo spin dei due nucleoni. Il terzo termine ` e chiamato potenziale tensoriale e descrive una forza di tipo non centrale, con
S
12= 3 (σ
1· r)(σ
2· r)
r
2− σ
1· σ
2Il quarto termine scritto tiene conto dell’interazione spin–orbita.
2.3. Teoria di Yukawa
La teoria di Yukawa postula che le forze nucleari derivino da un campo mediato da pioni, vedi figura
2Ricordiamo che l’operatore di parit`a manda
r −→ −r, p −→ −p, σi −→ σi
3Ricordiamo che l’operatore di inversione temporale manda
r −→ r, p −→ −p, σi −→ −σi
Se sostituiamo l’energia E e l’impulso p che compaiono nell’equazione relativistica E
2= p
2c
2+ m
2c
4con gli operatori i}∂/∂t e −i}∇, come viene fatto nell’equazione di Schr¨odinger, otteni- amo l’equazione di Klein–Gordon
∇
2− m
2c
2}
2ψ(r, t) = 1 c
2∂
2∂t
2ψ(r, t)
Questa equazione, per una particella di massa nulla, descrive un’onda che si propaga alla velocit` a della luce (se sostituiamo ψ con il quadrivettore del potenziale elettromagnetico si ottiene l’equazione di d’Alembert nel vuoto). Si pu` o allora interpretare ψ come la funzione d’onda del fotone.
In analogia a quanto appena detto, cerchiamo ora soluzioni stazionarie in presenza di sorgenti del campo mesonico
∇
2− m
2πc
2}
2ψ
π(r) = −gδ(r − r
0) Si ha
ψ
π(r) = g 4π
e
−mπ c} |r−r0||r − r
0| (2.5)
Il potenziale di Yukawa, che descrive l’interazione mediata da pioni ` e allora
V
Y uk.(r) = gψ
π(r) = g
24π
e
−mπ c} |r−r0||r − r
0|
Dato che il range della forza nucleare ` e ∆r ≈ 1 fm, dal principio di indeterminazione segue che la massa del pione ` e
m
π. }c
∆rc
2≈ 200 MeV/c
2Generalizzazione di Bethe
Per il pione si osserva che J
π= 0
−, quindi la funzione d’onda (2.5) non va bene perch´ e ψ
π(−r) 6= −ψ(r). Sostituisco allora la forma della sorgente
∇
2− m
2πc
2}
2ψ
π(r) = −g(σ
1· ∇
1)δ(r − r
1)
dove il pedice indica che l’operatore agisce su r
1. In questo caso si trova allora ψ
π(r) = g(σ
1· ∇
1) e
−mπ c} |r−r1|4π|r − r
1|
la quale come richiesto ha parit` a negativa. Da questa si ottiene il potenziale OPE (one pion exchange)
V
OPE(r) = g
2(σ
2· ∇
2)(σ
1· ∇
1) e
−r/rπ4πr
= g
24π
σ
1· σ
2+
1 + 2r
πr + 3r
π2r
2S
12e
−r/rπr
avendo posto r = |r
1− r
2| ed r
π= }/(m
πc). Si ritrovano cos`ı i primi tre termini del potenziale nucleone–nucleone in (2.4).
2.4. Diffusione nucleone–nucleone
La diffusione nucleone–nucleone alle basse energie (al di sotto della soglia di produzione del pione) ` e puramente elastica e pu` o essere descritta con la meccanica quantistica non relativistica. I nucleoni, in questo contesto, sono interpretati come oggetti puntiformi privi di struttura, dotati per` o di spin e isospin.
2.4.1. Sfasamenti
Consideriamo il sistema di riferimento del centro di massa. Il nucleone incidente dal- l’infinito pu` o essere descritto con un’onda piana, tale onda pu` o essere espressa mediante una decomposizione in onde parziali con momento angolare ben definito
ψ
inc.= Ae
ikr= A
∞
X
`=0
i
`(2l + 1)J
`(kr)P
`(cos θ) (2.6)
Stima semiclassica della sezione d’urto
Se le particelle con momento p interagiscono con un parametro d’impatto b si ha che il relativo momento angolare (semiclassico) sar` a
` = pb } = kb
Le particelle con momento angolare 0 6 ` 6 } interagiranno con parametro di impatto 0 6 b 6 1/k, per cui la sezione d’urto sar`a π/k
2. Analogamente particelle con } 6 ` 6 2}
avranno una sezione d’urto pari all’area della corona circolare di raggi 1/k e 2/k, cio` e 3π/k
2. Possiamo allora dividere l’area di interazione in zone aventi ognuna uno specifico momento angolare ` di area (2` + 1)π/k
2. Dato che il massimo valore del parametro d’impatto ` e pari alla somma R dei raggi delle due particelle si ha che alla sezione d’urto totale ` e data da
σ
semicl.=
Rk
X
`=0
π(2` + 1) k
2= π
R + 1
k
2Calcolo quantistico
Quando le particelle sono infinitamente lontane (r → ∞) possiamo espandere la funzione di Bessel come
J
`(kr) ≈ e
i(kr−`π/2)− e
−i(kr−`π/2)2ikr per cui la (2.6) pu` o scriversi come
ψ
inc.= A 2kr
∞
X
`=0
i
`+1(2l + 1)e
−i(kr−`π/2)− e
i(kr−`π/2)P
`(cos θ) (2.7)
I termini in (2.7) che contengono e
−ikrrappresentano un’onda sferica che converge sul bersaglio, invece quelli con e
ikrl’onda sferica emergente. Lo scattering ha effetto solo sull’onda emergente, la quale pu` o essere modificata in due modi:
(i) attraverso un cambio di fase;
(ii) attraverso un cambio in ampiezza.
Questi cambiamenti si traducono in un fattore moltiplicativo del tipo S
`= η
`e
2iδ`, per cui la funzione d’onda totale (onda incidente + onda diffusa) sar` a
ψ
tot= A 2kr
∞
X
`=0
i
`+1(2l + 1)e
−i(kr−`π/2)− S
`e
i(kr−`π/2)P
`(cos θ)
Per ottenere l’onda diffusa basta allora ψ
sc.= ψ
tot− ψ
inc.= A
2kr
∞
X
`=0
i
`+1(2l + 1)(1 − S
`)e
i(kr−`π/2)P
`(cos θ)
Notiamo che stiamo assumendo che la diffusione sia elastica in quando l’onda diffusa e l’onda incidente hanno lo stesso numero d’onda k.
Per ottenere la sezione d’urto
dσ
dΩ = j
sc.r
2j
inc.bisogna calcolare le densit` a di corrente j
sc.= − i}
2m ψ
∗sc.∇ψ
sc.− ψ
sc.∇ψ
∗sc.= − i}
2m
ψ
sc.∗∂ψ
sc.∂r − ψ
sc.∂ψ
∗sc.∂r
= |A|
2} 4mkr
2∞
X
`=0
i(2l + 1)(1 − S
`)P
`(cos θ)
2
e analogamente
j
inc.= |A|
2}k
m
La sezione d’urto differenziale ` e allora dσ
dΩ = 1 4k
2∞
X
`=0
i(2l + 1)(1 − S
`)P
`(cos θ)
2
Per ottenere la sezione d’urto totale, occorre integrare i polinomi di Legendre Z
dθdϕP
`(cos θ)P
`0(cos θ) sin θ =
0 se ` = `
04π
2` + 1 se ` 6= `
0e quindi
σ = π k
2∞
X
`=0
(2` + 1)|1 − S
`|
2Dato che la diffusione ` e elastica |S
`| = η
`= 1, quindi, notando che |1 − e
2iδ`|
2= 4 sin
2δ
`, si ha
σ = 4π k
2∞
X
`=0
(2` + 1) sin
2δ
`(2.8)
L’angolo δ
`prende il nome di sfasamento.
Calcolo degli sfasamenti per un potenziale centrale
In presenza di un potenziale centrale V (r) come centro diffusore la funzione d’onda totale pu` o scriversi come sviluppo in onde parziali
ψ(r) = A
∞
X
`=0
i
`(2` + 1)P
`(cos θ) u
`(r) r
essendo u
`(r) le funzioni d’onda radiali ridotte soluzioni delle equazioni di Schr¨ odinger
d
2dr
2− `(` + 1) r
2u
`(r) + 2m }
2E − V (r)u
`(r) = 0 Studiando gli sfasamenti si pu` o quindi risalire alla forma del potenziale.
Si vede in particolare che il potenziale nucleone–nucleone a corto raggio ` e fortemente repulsivo (si pu` o addirittura assimilare ad una barriera di altezza infinita), a lungo raggio ha la forma OPE, mentre a medio raggio OBE (one boson exchange, ovvero la particella mediatrice ` e un mesone pi` u pesante, tipo particella ρ ad esempio).
Risonanze
A certe energie la particella incidente ha una grossa penetrazione e quindi la sezione
d’urto presenta una risonanza. Supponiamo che tale risonanza sia presente per un fissato
valore di `. Per E = E
rsar` a δ
`= π/2, mentre in un intorno di E
r, sviluppando in serie
4cot δ
`(E) ≈
:
0
cot δ
`(E
r) + (E − E
r) ∂ cot δ
`∂E
Er+
:
0 1
2 (E − E
r)
2∂
2cot δ
`∂E
2Er
≈ E
r− E Γ/2 avendo posto
Γ = 2
− ∂ cot δ
`∂E
−1= 2 ∂δ
`∂E
−1sar` a quindi
sin δ
`= 1
p 1 + cot
2δ
`≈ Γ/2
p(E
r− E)
2+ (Γ/2)
2Dalla (2.8), segue per la sezione d’urto
σ = π
k
2(2` + 1) Γ
2(E
r− E)
2+ (Γ/2)
2(2.9)
nota come risonanza alla Breit–Wigner. La (2.9) pu` o essere generalizzati in due modi.
Innanzitutto bisogna tenere conto degli spin delle particelle che reagiscono, in tal caso il coefficiente (2` + 1) va sostituito con
g = 2J + 1
(2s
a+ 1)(2s
X+ 1) (2.10)
essendo J = s
a+ s
X+ ` il momento angolare totale della risonanza. In secondo lu- ogo bisogna tenere conto dei possibili modi di decadimento della risonanza per cui la larghezza totale ` e la somma delle larghezze dei processi parziali. Se oltre al processo di diffusione elastica considerato a + X → a + X si ha anche il decadimento a + X → b + Y la sezione d’urto diventa
σ = π
k
2g Γ
a+XΓ
b+Y(E
r− E)
2+ (Γ/2)
2(2.11)
essendo Γ = }/τ e τ la vita media della risonanza (si veda la sottosezione 1.3.2).
2.4.2. Caso di diffusione in onda ` = 0
A basse energie contano solo i primi termini dell’espansione in serie (2.8). In particolare se l’energia del nucleone incidente con parametro di impatto b (dell’ordine del raggio di interazione della forza nucleare) ` e
E }
2mb
2≈ 27 MeV
4Infatti
∂ cot x
∂x
˛
˛
˛
˛π/2
= −1 − cot2(π/2) = −1, ∂2cot x
∂x2
˛
˛
˛
˛π/2
= 2 cot(π/2)`1 + cot2(π/2)´ = 0
il processo di diffusione avviene in onda ` = 0 e quindi la sezione d’urto totale vale σ = 4π
k
2sin
2δ
0Il segno di δ
0specifica se l’interazione ` e attrattiva o repulsiva. Si consideri un’onda S (` = 0, la funzione d’onda ` e a simmetria sferica), risolvendo l’equazione di Schr¨ odinger
d
2dr
2u(r) + 2m }
2E − V (r)u(r) = 0
per stati ad E > 0 si trova, per una barriera rettangolare di raggio R (potenziale repulsivo)
δ
0= −kR < 0
Questo significa che l’onda diffusa ` e in ritardo di fase rispetto ad un’onda non diffusa.
Nel caso di potenziale attrattivo l’onda diffusa risulta, invece, in anticipo di fase e quindi δ
0> 0 (si veda figura 2.2).
Figura 2.2.: Andamento dello sfasamento nel caso di un potenziale repulsivo (a sinistra) e di uno attrattivo (a destra). Le linee tratteggiate indicano onde che non sono state diffuse.
Sperimentalmente si trova che in un processo di diffusione nucleone–nucleone lo sfasa- mento δ
0(E) presenta l’andamento in figura 2.3.
In particolare δ
0cambia segno per energie E > 250 MeV. Dato che per energie maggiori si indagano distanze minori si trova che a corto raggio l’interazione nucleare presenta un nocciolo repulsivo.
Lunghezza di scattering e raggio efficace
In un processo di diffusione consideriamo la solita buca di potenziale rettangolare, la soluzione dell’equazione di Schr¨ odinger radiale ` e
u(r) = A sin(kr + δ
0) = A
r sin kr kr
k
tan δ
0+ cos kr
sin δ
0Figura 2.3.: Sfasamento in funzione dell’energia per l’onda
1S
0.
Nel limite di basse energie (k → 0) si ha u(r) ≈ A
1 − r a
sin δ
0dove si ` e definita la lunghezza di scattering
a = − lim
k→0