• Non ci sono risultati.

L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.03 (1876) n.117, 30 luglio

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.03 (1876) n.117, 30 luglio"

Copied!
16
0
0

Testo completo

(1)

L'ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE. INTERESSI PRIVATI

Anno III - Voi. VI

Dom enica 30 lu g lio 1876

N. 117

MICHELE CHEVALIER

E

la rinnovazione dei trattati di commercio

Crediamo opportuno richiamare I’ attenzione dei nostri lettori su un articolo di Michele Chevalier, in torno alla rinnovazione dei trattati di commercio, comparso in uno degli ultimi numeri della Revue

des Deux Monde», e che offre un interesse tanto

maggiore in quanto l’illustre economista fu anche il negoziatore del trattato del 1860 fra la Francia e l’Inghilterra, trattato a cui fecero seguito molti altri, che segnarono un movimento generale verso la li­ bertà del commercio.

Questi trattati scadono gli uni dopo gli altri, e sembra che universalmente si sia d’accordo per rin­ novarli, il che non dipende da un capriccio, ma dalla ragione e dal calcolo, poiché, come dice Che­ valier, se questo sistema restringe per qualche tempo la sovranità assoluta di ciascuno degli Stati con­ traenti, offre da altri punti di vista moltissimi van­ taggi.

Prima di tutto i trattati garantiscono per un certo tempo un grado di libertà superiore a quella di cui si godeva anteriormente, e lasciano in una certa mi­ sura aperta la porta ai miglioramenti successivi colla clausula della nazione p iù favorita. Inoltre i trattati sono un preservativo contro le fantasie reazionàrie degli uomini che un mutamento politico può da un momenlo all’altro portare al potere.

Dunque i trattati si hanno a rinnovare. Ma come ? I liberali, che vorrebbero si progredisse appunto nella via della libertà, si trovano di contro i protezionisti, a cui i trattati del 1860 e successivi sembrano il

maximum del liberalismo possibile. Per risolvere la

questione non basta la teoria : bisogna anche osser­ vare scrupolosamente i fatti.

Del resto il ragionamento prova in favore della libertà del commercio. La politica commerciale della libertà ha per merito proprio di sviluppare la po­ tenza produttiva di ciascuno, e dove essa è completa, la potenza produttiva di ogni ramo di industria e di ogni stabilimento tende continuamente a raggiungere

il suo maximum. Infatti è allo sviluppo dell’ intel­ ligenza che l’uomo deve ogni progresso, e l’intelli­ genza non può svilupparsi largamente che quando non le si oppongono ostacoli di sorta. La libertà degli, scambi internazionali non è tutta la libertà del lavoro, (f'ree trade secondo' gl’inglesi), ma applicata sinceramen e la porta a poco a poco con sé come sua naturale conseguenza, e lo mostrano 1’ esempio dell’ Inghilterra dal 1846 in poi, e quello della Francia dopo il 1860. La concorrenza interna ha il suo merito, ma la concorrenza internazionale pone gli industriali nella necessità di assimilarsi, per cosi dire, tutti gli interessi compiuti. La libertà molti­ plicando la produzione provoca una maggior do­ manda di braccia e pone l’operaio nel caso di poter reclamare più alti salari. Di più, aumento di prodotti significa aumento di ricchezza e di benessere ge­ nerale.

(2)

140 L’ ECONOM ISTA 30 luglio 1876

ed ha invece degli eccedenti. La mutua confidenza fra popolo e governo è divenuta completa.

Passando a considerare il continente, e partico­ larmente la Francia, si trova che paragonando ciò che ha potuto essere il movimento ascendente della ricchezza nazionale durante i tre intervalli presso a poco eguali fra i quali si dividono i CO anni scorsi dal ristabilimento della pace nel 1813, cioè la re­ staurazione, il governo di luglio e il secondo impero, non si può negare che 1’ aumento più notevole ap­ partiene al terzo periodo e soprattutto al! intervallo di 10 anni che ha per punto di partenza il trattato collTnghilterra. Senza il forte impulso dato al lavoro nazionale, alla potenza produttiva del paese e quindi a quella del risparmio, la Francia non avrebbe po­ tuto sopportare i disastri della ultima guerra così infelice per essa. Certo non è in un letto di rose, ma ha potuto riprendere T andamento di una na­ zione florida e piena di avvenire. Il successo ha dunque sorpassato le speranze di coloro che stipu­ larono il trattato.

In Germania il governo mostra una tendenza as­ soluta alla libertà degli scambi. Già da 60 anni la Prussia manifestava a questo proposito spiriti libe­ rali. Quando ebbe formato lo Zollverein, fu contenuta solo in altra via dai pregiudizi dei suoi confederati, ma fece adottare un sistema molto liberale per uno degli articoli più importanti, quello dei filati di cotone. La influenza dell’impero germanico non può non avere effetti notevoli.

Il Belgio, sebbene poco considerevole per la cifra della sua popolazione, ha nel commercio e negli scambi internazionali un posto vicino a quello delle grandi potenze, e molta lode meritano l’ Olanda, la Svizzera e i regni scandinavi. L’ Italia e l’ impero d’Austria sono convertiti alla stessa causa e per gli stessi motivi, salvo qualche riserva che non ha un carattere inquietante perchè loro imposta da cagioni di finanza. La Russia mira a divenire esportatrice su larga scala e quindi non può non essere amica, della libertà del commercio. La conclusione è che le nazioni che hanno fatto questa grande esperienza, sono interessate a continuare nella medesima via, e che il fatto quindi si accorda perfettamente colla ragione.

Un’altra maniera di dimostrare fino a qual punto il testimonio dell’esperienza sta a favore del sistema della libertà commerciale è quello di ricercare se le asserzioni dei protezionisti abbiano avuto riscontro nei fatti. Ebbene, è avvenuto precisamente il con­ trario. Uno degli errori più familiari ai protezionisti è quello di credere che il consumo di uno Stato rapporto a un oggetto qualunque sia limitato a una specie di quantità fissa, per modo che se si lascia penetrare una certa quantità di qualche mercanzia in un paese, per questo solo la produzione nazionale

sia forzata a restringersi, una parte degli stabilimenti debba chiudersi e una parte degli operai debba ve­ nire congedata. L’esperienza al contrario dimostra che quando mercanzie straniere sono ammesse in un paese in seguito a un ribasso di diritti o alla soppressione della proibizione, l’industria nazionale si perfeziona e produce a prezzi più bassi, di­ modoché sul mercato v’è posto pei prodotti nazio­ nali e per una parte dei prodotti esteri per l’au­ mentato consumo; oltredichè incomincia l’esportazione prima ignota. Così è avvenuto in Inghilterra e in Francia.

Dopo il 1860, Reims, Roubaix, Elbeuf, e altre citta date alle industrie similari hanno ciò nonostante veduto raddoppiare la loro fabbricazione e hanno fatto eccel­ lenti affari. A Roubaix si temeva di essere divorati da Bradford. Al contrario si smaltirono a, Bradford stessa masse di tessuti. La produzione di articoli di cotone si è accresciuta, e lo sarebbe di più se i diritti sui filati non fossero stati ancora esorbitanti. La maggior parte dei prodotti in metallo erano prima dei trattati proibiti, e il resto carichi di diritti gra­ vissimi. Dopo i trattati, anche a questo riguardo, si sono verificati gli stessi effetti e l’esportazione francese è divenuta assai notevole. Dappertutto in­ somma il fatto ha smentito le asserzioni dei prote­ zionisti.

Innalzandosi a un ordine di considerazioni più larghe il sig. Chevalier osserva giustamente che la libertà del commercio è reclamata dalle tendenze democrati­ che del tempo. Il suffragio universale in Francia fra molte aspirazioni, non tutte egualmente sane, ha quella che è propria della parte più sana e, a dire il vero la più numerosa, della democrazia moderna, quella cioè di giungere gradualmente alla proprietà e al benessere per mezzo del lavoro e del risparmio. Il più efficace incoraggiamento a questi voti è una organizzazione industriale e commerciale simile a quella a cui l’ Inghilterra è giunta partendo dal principio degli scambi internazionali.

(3)

dini a scapito del maggior numero, il che è poco repubblicano, come nota giustamente Chevalier. La Francia resterebbe indietro allTnghillerra, alla Ger­ mania e a parecchi altri Stati di Europa.

Bisogna combattere il sofisma protezionista che l’interesse degli operai giustifichi la protezione delle industrie nazionali ; il che è già stato dimostrato chiaramente fino da Turgot e da G. B. Say.

Il protezionismo condannato dalla scienza e dalla esperienza non potrebbe più vivere che per tolle ranza, la quale però costando cara non potrebbe durare a lungo senza impegnare la responsabilità dei poteri pubblici. Bisogna stabilire un termine. Molte fra le più importanti delle industrie protette hanno dichiarato che fra 5 o 10 anni sarebbero in grado di lottare contro la concorrenza straniera. Non v’è dunque ragione di prolungare indefinitamente gli avanzi del sistema protettore.

Gli argomenti addotti dall’illustre economista fran­ cese in favore della libertà commerciale hanno una autorità incontestabile perché basata sui fatti. L’Italia, sebbene in minori proporzioni, pure da un tempo più remoto ha conosciuto i benefici effetti della li­ bertà. Non occorre citare la Toscana sotto P. Leo­ poldo e il Piemonte governato dal conte di Cavour. Il presente ministero che ha dichiarato di aderire pienamente al programma liberista, non vorrà man­ care, giova sperarlo, alle sue promesse nella rinno­ vazione dei trattati commerciali, e noi ci auguriamo pel bene del paese che non si lasci sedurre dai vecchi sofismi che gli autoritari riaffacciano oggi sotto nuova forma, la quale tradisce bensì, anche agli occhi dei meno esperti, le opinioni poco liberali di certi uomini di Stato.

LO STATO ITALIANO INDUSTRIALE

CONSIDERATO

specialmente secondo i giudizi della M esta industriale

Lettere al Direttore dell’Economista Lettera IY e ultima 1)

Riepilogo

Egli è oramai tempo di raccogliere le sparse vele e di concludere; ma prima conviene rivolgere lo sguardo ai materiali raccolti, e vedere quale più o men grande probabili« di verità abbiano i fatti es­ posti. In una recente pubblicazione ne furono negati alcuni, e ciò con molte personalità a mio riguardo.

A queste non rispondo: da un lato credo che il pubblico abbia ben altro da fare che occuparsi della mia persona, e dall’altro lato ho troppo poco in

pre-’) Vedi numeri 90, 93 e 95.

gio questo genere di polemiche. Nelle passate lettere ho nominato molti testimoni, non un solo accu­ sato; aggiungerò che ho già fatto notare, ed è ciò essenziale, che i mali lamentati si vedono chiara­ mente seguire non dagli uomini, ma bensì dal sistema che il Governo segue, e bene spesso deve seguire nella propria amministrazione.

In quanto alle rettificazioni le accolgo con molto piacere; gli uomini debbono sempre avere quale se­ gnalato favore di poter sapere la verità, in qualun­ que modo essa venga loro fatta conoscere.

Parlando della linea Contursi-Bomagnano accennai ad un ponte che cadde; mi si fa osservare che non soffri mai danni. Confesso che dissi male e rettifico: dirotte pioggie distrussero il 16 ottobre scorso 62 metri di rilevato in aderenza al terzo attraversamento dell’Acquabianca, e danneggiarono anche il ponte

al quale f u quindi aggiunta una nuova luce.

Riguardo alla linea Sicula destinata al trasporto degli zolfi debbo anche riconoscere che non è ben detto ehe fu interrotta, dovevo invece scrivere che

è interrotta. Ma il fatto grave è questo che, così

come sta, non serve al trasporto degli zolfi. Ora eccoci dinanzi ad un caso che ci può rendere conto de’ diversi ambienti, ne’quali sì aggira l’azione del Governo e quella delle Società private. Se una di queste avesse avuto la linea di Palermo-Girgenti, e, per fare un caso estremo, supponiamo non ne avesse avuto altre, dovrebbe ritrarre dal trasporto degli zolfi la maggior parte dell’interesse del proprio capitale. Il potere eseguire quel trasporto sarebbe stato per essa una questione di vita o di morte; e niuno ignora quali miracoli possono fare gli uomini, quando sono spinti da simili necessità. Così egli è da supporsi che una Società privata avrebbe trovato modo di migliorare le condizioni della stazione di Comitini, la quale dovrebbe essere uno de’centri del traffico. Non è poi vero, come mi si fa osservare, che la pendenza della Sella d’Aragona, ove trovasi quella stazione, sia del 25 per mille, mentre invece si è adottato per quella linea il limite massimo del 50 per mille; ed in quanto alla stazione di Piteccio è vero che anch’essa si trova tra due notevoli pendenze, ma non ho mai sentito dire che fosse, o dovesse es­ sere, un centro di cbmmercio

(4)

118 L’ ECONOM ISTA 30 luglio 1876

una linea di montagna, vi è sempre molto da dire prò e contro — vi sarebbe certo una maggioranza

politica che approverebbe il ministro. La differenza

principale che in questo caso corre tra il ministro e il Direttore della Società sta in ciò che mentre al primo basta di trovare qualche ragione, più o meno buona, che lo giustifichi, al secondo preme meno questa che di potere dare un dividendo agli azionisti. Il primo può limitarsi alla parte passiva di non far male, di non dar luogo a fondate accuse; j al secondo non basta, conviene che ricorra alla parte attiva ed escogiti in ogni modo il mezzo di fare fiorire l’azienda sociale. I criteri coi quali si deve governare la cosa pubblica e quelli che servono per l’amministrazione di una Società privata sono del tutto diversi, ed il maggiore difetto della burocrazia sarà sempre di crederli identici. A questo proposito citai l’esempio di un impiegato governativo, fornito più che altro di studi legali, il quale sentenziava essere l’acciaio inferiore al ferro ben fucinato. Mi fu risposto colla pubblicazione di due lettere, in cui non si legge questa proposizione. Potrei, se mettesse conto, invocare autorevoli testimonianze in proposito, ma mi limito ad osservare che la questione degli assi d’acciaio essendo stata più volte trattate alle Ferrovie Romane, non sarebbe difficile di trovare anche più di due lettere che tacessero quanto ho espresso. Il volere adoperare l’ acciaio dopo che quel metallo era già da parecchi anni largamente in uso sulle ferrovie della Germania e che gl’ingegneri di queste, riuniti a Berlino, avevano messo in sodo gli ottimi risultati ottenuti dall’uso delle sale d’acciaio, non era certo un voler fare esperienza avventata.

Sarebbe un’ingiustizia il volere far carico ad un amministratore di erronei giudizi sul ferro e l’acciaio ma questi, appunto perchè la metallurgica non é la parte sua, dovrebbe astenersi dal proferirne.

Riassumiamo. Noi abbiamo veduto dalle testimo­ nianze del sig. ingegnere Gottrau, del signor depu­ tato Gregorini ed altri egregi industriali, che le aste governative sono poco serie, poco efficaci, e riescono quasi sempre a far pagare di più al Governo che ai privati. Ma ciò non vuol già dire che gl’incon­ venienti non sarebbero forse maggiori, ove non vi si ricorresse, ed anzi si può, serfza tema di andare errati, stare per l'affermativa. Una Società privata può scegliere industriali facoltosi, onesti e fidati, e fare a meno della cauzione appunto per la respon­ sabilità limitata che ha solo di fronte ai proprii azio­ nisti; il Governo non può fare lo stesso con i denari dei contribuenti, e deve chiedere una garanzia mate­ riale, la quale come abbiamo veduto, può essere caramente pagata. Dunque da un lato il sistema delle aste pubbliche non è buono, dall’altro lo Stato non vi può rinunciare senza andare incontro a guai mag­ giori. Che se ne deve concludere? Una cosa sola, a

parer mio; ed è che conviene fare meno aste governa­ tive che sia possibile, od in altre parole, che l’organa­ mento dello Stato non é in questa parte il più per­ fetto per le operazioni industriali. E qual meraviglia ? Non abbiamo noi migliaia e migliaia d’esempi che ci ammaestrano quanto sia utile e giovevole il prin­ cipio della divisione del lavoro ? Non è dato all’uomo essere egregio se non in poche cose, e delle macchine che crea il suo ingegno niuna è universale; che anzi, quella è più perfetta che ó destinata a più li­ mitata e determinata operazione.

L’ente Stato e le Società private hanno natura e vita del tutto diversa: e come la storia ci mostra che quando una di queste ebbe nelle mani la giu­ stizia e la tutela dell’ordine pubblico, curando più il proprio che l'interesse dei sudditi, fece pessima prova; cosi l’esperienza ci fa vedere che quanto lo Stato, escendo dalla propria sfera, volle invadere il campo dell’industria, non consegui mai migliori ri- sultamenti de’privati, mentre quasi sempre furono peggiori. Queste cose ci furono confermate dalle te­ stimonianze che abbiamo citato dei fabbricanti d’armi ed altri simili industriali: queste forse potrebbero parere sospette perchè di parti interessate, ma non lo saranno certo le autorevoli parole del Luzzatti che abbiamo riferite; l’opinione espressa da un illustre ingegnere navale governativo sul lavoro de cantieri dello Stato, ed in fine le rammentate parole della Re­ lazione sulle Convenzioni ferroviarie presentata alla Camera dai ministri Minghetti e Spaventa a di 10 dicembre 1874.

Riguardo alle saline dello Stato abbiamo preso come termine di paragone i prezzi segnati nella Re­ lazione del Direttore generale delle gabelle, ultima­ mente pubblicata, e se questi dati non sono atten­ dibili, confessiamo non sapere ove trovarne dei migliori. Dall’altro lato abbiamo citati i prezzi ai quali gli industriali privati di Trapani vendono il loro sale, prezzi ricavati da una Relazione della Ca­ mera di Commercio di quella città, e si è visto che salvo per la salina di Barletta, il sale di Trapani costa meno di quello del Governo. Mi dare difficile credere che la Camera di Commercio di Trapani possa asserire il falso in un argomento così noto in quel paese, quale è il prezzo del sale, e che sieno suoi complici tutte le persone di que’luoghi che de­ posero dinansi alla Commissione d’ inchiesta indu­ striale; ma, in fondo, in questo mondo tutto è pos­ sibile. Non vedo, per altro, come meglio porre in sodo la verità di questi fatti, poi che se anche recassi in prova un atto rogato da regio Notaro, mi si po­ trebbe obiettare che è falsificato.

(5)

In quanto all’Amministrazione dei tabacchi, prima che questa passasse alla Regìa cointeressata abbiamo veduto qual ne fosse la confusione, e ciò con le pa­ role degli stessi Commissari governativi.

Delle ferrovie Calabro Sicule abbiamo narrato molti fatti, e molti più se ne potrebbero recare innanzi per dimostrare che queste sono lungi dal poter es­ sere tenute in conto di ottima costruzione ferro­ viaria, per cui appaiono giustificati i lamenti degli interessati, che fon. Duca di Cesar ò, forse esage­ rando alquanto, riassumeva dicendo, essere quelle una parodia di strade ferrate.

Tutti questi fatti sono troppo varii, troppo di­ versi gli uni dagli altri per potere supporre che seguano per colpa degli uomini o per una mera accidentalità. Allo stringere de’conti gl’impiegati del Governo sono uomini come quelli delle Società, e tolto che queste pagandoli di più possono in alcuni casi, averli migliori, non si saprebbe vedere perchè gl’impiegati governativi avrebbero a essere da meno di quelli privati ; anzi i fatti provano largamente che fra i primi vi sono molti uomini che altamente onorano il nostro paese. Ma non è strano che uomini del parj egregi possano far male in un caso e bene nell’altro. Antico è il detto che è meglio un esercito di pecore comandato da un leone che un esercito di leoni comandato da una pecora. Non basta avere gli uomini, bisogna saperli adoperare, e la mente la più eletta rinchiusa nell’angusto cerchio de’rigidi sistemi burocratici, potrà fare meno buona prova che altra più mediocre,_ a cui liberamente sia con­ cesso adoperare le proprie facoltà.

Se inconvenienti simili a quelli che abbiamo ora lamentati si verificassero solo in Italia, potrebbesi supporre che accadono per qualche vizio della nostra macchina governativa e, conosciutolo, si potrebbe sperare di emendarli; senonchè ovunque sono po­ poli civili citansi fatti analoghi, e ciò non solo nel­ l’epoca presente, ma anche nelle passate.

In Inghilterra e nella stessa Francia, che è pure il paese dell’accentramento, egregi uomini li hanno riassunti e commentati. Così il signor Flachat, uno fra i più illustri ingegneri di ferrovie francesi diceva indirizzandosi alla società degli ingegneri civili di Parigi : « Potremmo qui rammentare Con soddisfazione che i segnali mobili delle ferrovie, e sovrattutto le trasmissioni del maneggio loro sono frutto dell’opera vostra, come pure le prime applicazioni del telegrafo per indicare la marcia dei convogli. I forestieri hanno seguito il nostro esempio, ma poscia sono andati molto più avanti di noi nell’applicazione della tele­ grafia alla sicurezza dei treni ; ma la ragione sta in ciò, che quest’arte è fra loro libera e si sviluppa favorita dalla libertà ; mentre invece i suoi progressi sono diventati più lenti in Francia dal giorno che passò quasi interamente nelle mani di un’ Ammini­ strazione speciale del Governo. »

Giova qui osservare, come ben notò l’ egregio commendatore Cini, che anche in Inghilterra l’Am­ ministrazione dei telegrafi per parte dello Stato si è veduta alla prova riescire meno economica e perfetta di quella de’privati.

Il signor Flachat accennava pure ad un altro vizio del sistema burocratico, quello della uniformità, dicendo: « La tendenza all’imitazione, che spinta all’ eccesso, degenera in forche caudine dell’ arte e della scienza, è lo scoglio de’Governi che il pubblico istinto spinge a fare tutto e per tutti. È già molto che il Governo abbia implicitamente riconosciuto ehe in fatto di strade ferrate non conviene fermarsi ad un tipo unico ed invariato : quello che è con­ sacrato dal capitolato d’oneri, del pari unico, che serve di norma per tutto il paese; e che può essere utile di studiare se non vi ha luogo di adottare altri tipi. »

Il signor F. T. Bramwel alla Society of A ris manifestava un’ opinione analoga; egli diceva che il porre le ferrovie nelle mani del governo sarebbe stato un grave guaio pel progresso dell’arte mecca­ nica in genere e per quella della trazione sulle strade ferrate in particolare, perchè si sarebbe voluto adot­ tare un tipo unico dì locomotive ed in ogni cosa por­ tare l’uniformità, mentre era appunto la grande va­ rietà di' tipi in uso sulle ferrovie inglesi che aveva per via deliminazioni, fatto riconoscere i migliori.

(6)

130 L’ ECONOM ISTA 30 lusrlto 1876

dichiarava non poter essere inferiore a cinque. La spesa si è trovata cosi ridotta di più del 10 per cento, e se il Governo avesse acconsentito ad am­ mettere l’uso dell’acciaio, facendolo lavorare a 12

chilometri per millimetro quadrato, mentre il ferro

ordinario del Progetto ufficiale lavorava a 15 chi­ lometri, il prezzo di costruzione sarebbe ancora sce­

mato, e le condizioni di stabilità dell’opera sarebbero state migliori.

« Si vede che la direzione che lo Stato dà ai lavori pubblici, agli Stati Uniti ed in Francia, ha caratteri ben diversi.

« Nel primo di quei paesi, come lo mette in

sodo il signor Malezieux, il sindacato del Governo interviene per ridurre al minimo strettamente indi­ spensabile gli impedimenti che recano le pigne nel letto dei fiumi, e questa cura degli interessi, tanto importanti, della' navigazione, diventa per l’arte del­ l’ingegnere una feconda sorgente di progresso : in Francia l’Amministrazione incaglia il progresso come il letto de’fiumi. »

Convien leggere il bel capitolo che lo Spencer dedica all’ingegnere governativo nella sua introdu­ zione alla scienza sociale per entrare nel vivo della questione, e per persuadersi che questi difetti che accompagnano l’azione del Governo industriale sono un portato dell’umana natura.

Fatti simili ai narrati, che in larghissima copia furono ne’vari paesi ed in diversi tempi raccolti, sono quelli da cui gli economisti hanno indotto es­ sere il Governo un poco buono industriale. Non è questo un dogma arcano, un astratto principio; è semplicemente la sintesi di innumerevoli e svaria­ tissimi fatti, è una proposizione generale che ce li rammenta condensati in poche parole. Ma non basta: dopo averla indotta da questi, la possiamo ancora dedurre dalle leggi psicologiche della mente umana Dopo avere riconosciuto che le cose stanno in quel modo, possiamo anche vedere perchè stanno così e non altrimenti. Con questa doppia prova si accresce moltissimo la probabilità della proposizione, che l’ente Stato è improprio alle funzioni industriali, e diventa questa degna di prendere posto tra le leggi della scienza sociale.

Troppo ci vorrebbe a svolgere compiutamente quest’argomento, nè mi sento da tanto; mi appago di avervi recato un piccolissimo tributo coi fatti narrati; e se alcuno lo troverà inutile e dirà che la verità di quella legge poteva ben fare a meno del meschino mio aiuto, lo prego di scusarmi in grazia della buona intenzione.

Ing. Vi l f r e d o Pa r e t o.

Studi sulle nuoye tariffe doganali in Francia

Il Consiglio superiore di agricoltura e commercio in Francia continua ad occuparsi indefessamente della conclusione dei nuovi trattati di commercio e della formazione delle nuove tariffe determinandole in generale, salvo qualche modificazione, sopra le basi e la misura del trattato del 1860. Già qualche tempo addietro facemmo cenno delle tendenze che si erano manifestate in seno alla sotto-commissione incaricata di studiare il regime che meglio conve­ nisse alle industrie tessili, adesso possiamo porgere qualche altro ragguaglio intorno ad alcuni principii prevalsi in seno all’altra sotto-commissione incari­ cata dello studio intorno a tutte le altre industrie differenti delle tessili, la quale ha già pubblicato la sua relazione.

In questo rapporto la sotto commissione conviene che i dazii da essa proposti non sono i più bassi che potrebbero essere adottati, ma si è creduto oppor­ tuno di lasciare un certo margine affinchè i nego­ ziatori francesi possano avere qualche cosa da con­ cedere in cambio delle concessioni ch’essi potessero domandare. La conversione dei dazii ad valorem in dazii specifici fu quasi unanimemente approvata anco da questa sotto-commissione. Fu quindi posto il prin­ cipio che la nuova tariffa includerebbe anco i due decimi ed il 4 0|0 addizionali con cui sono state a più riprese aumentate le imposte francesi per sov­ venire agli urgenti bisogni dell’erario. Questa riso­ luzione non fu per altro adottata senza un vivo contrasto, poiché era assai numeroso il partito di coloro che sostenevano che quelle sovrimposte non dovessero trovarsi incluse nella misura dei nuovi dazii proposti. Ecco adesso alcune delle principali disposizioni prese riguardanti la tariffa.

È stato mantenuto il dazio di 5 franchi per capo per il bestiame, eccettuati i cavalli sopra i quali è stato portato a 30 franchi e a 18 pei puledri. Nes­ sun cambiamento è stato proposto intorno al trat­ tamento dei cereali che consiste in un dazio di 60 centesimi ogni 100 chilogrammi pel grano, essendone

(7)

sopra questi articoli da 22 franchi a 6 franchi, si profettizi»va la rovina generale dell’industria metal­ lurgica; mentre al contrario la produzione è in fatto da quell’epoca raddoppiata. Gli oppositori della ri­ duzione sostenevano invece che una gran parte delle officine erano andate in rovina e che solo quelle collocate in condizioni eccezionalmente favorevoli, riguardo alle ferrovie, ai canali od al combustibile, si trovano adesso in condizione di lottare con 1 ac­ cresciuta concorrenza. 1 protezionisti insistettero addu- cendo il fatto dell’Inghilterra che offro grandi van­ taggi ai produttori per l’abbondanza e la prossimità dei bacini carboniferi alle officine del terrò, e che riuscirebbe a scacciare dal mercato i manifattori francesi se questi non fossero protetti, tanto più che in seguito alla guerra i trasporti ferroviari sono stati in Francia colpiti da pesi gravissimi, di modo che si eleva a 15 franchi per tonnellata il costo del trasporto del ferro dal centro della Francia a Mar­ siglia ed a 25 franchi per Bordeaux, mentre l’ In­ ghilterra può inviarlo per mare a Marsiglia a meno di IO franchi. I protezionisti ebbero su questa que­ stione la maggioranza in seno al Consiglio il quale propose che fa tassa sul ferro mani fatturato sia mantenuta quale è attualmente; se non che si ottenne che venisse aggiunta la raccomandazione di ridurre da 9 franchi a 6 franchi anche la tassa sulle rotaje in acciajo Bessemer e da I I franchi e 50 centesimi a 9 franchi quella sull’acciaio in piastre.

Parecchi membri desideravano di ridurre o di abolire comp'etamente la tassa sopra il carbon fossile, ma dietro l’osservazione del direttore generale delle Gabelle che la Tesoreria traeva una somma consi­ derevole da questa imposta fu mantenuta ritenendola come una misura fiscale. Per lo stesso motivo non fu toccato il dazio sopra gli olii minerali. Fu poi rigettata una proposta tendente a portare da 6 a 12 franchi ogni cento chilogrammi la tassa sopra le macchine da cucire. Dall’insieme di queste proposte il lettore non tarderà ad accorgersi che i principii del lihero scambio i quali acquistano continuamente in Francia nuovo terreno non fanno per altro passi molto rapidi ed incontrano ancora ostacoli assai gravi nella pubblica opinione. I progressi già acqui­ siti col fatto e riconosciuti dall’esperienza si è di­ sposti ad ammetterli, ma ogni nuovo tentativo sopra la via che ha già dato degli ottimi risultamenti è sempre fieramente avversato.

Le ferrovie e la difesa dello Stato

(Vedi num ero 115).

v ili

L a lin e a P e ru g ia -F o rlì c o n sid e ra ta com e valico ap p en n in ico h a d iv ersi g rav i in co n v e­

n ie n ti: 1° è troppo v ic in a al tra c c ia to F o lig n o - F alco n ara, p e r la sc ia re sp e ra re di essere eco­ n o m icam en te p ro d u ttiv a; 2° m e n tre sul v e r­ sa n te m e rid io n a le , n e lla v alle del T evere, sarebbe facile sv ilu p p a rla con pendenze non troppo sensibili, la ste ssa cosa non riesce pos­ sibile sul v e rsa n te s e tte n trio n a le ; in fa tti troppo piccola è la d ista n z a che separerebbe lo sbocco d ella g a lle ria di tra fo ro dalla te s ta di linea, F o rlì, ta lc h é difficilissim o, p er non d ire im possibile, sarebbe il te n e re la pendenza en tro il lim ite m ilita re del 12 p e r m ille e tu tto induce a rite n e re che desso salirebbe fino al 15 e anche al 18; 3° dopo la co stru zio n e del tronco di fe rro v ia T uoro-C hiusi che ta g lia fuori P e ru g ia dal m ovim ento fe rro v ia rio F i- renze-Rom a, la n u o v a lin e a non verrebbe a sboccare sopra u n a a r te r ia p rin c ip a le , m a sibbene s u lla seco n d aria dell’ U m bria, cosà sem pre noiosa e che può essere so rg en te di d istu rb i e di in co n v en ien ti quando si rifle tta che in tem pi norm ali le fe rro v ie secondarie sono sem pre te n u te peggio delle p rin c ip a li Ai quali in co n v en ien ti devesi ag g iu n g ere l’a l­ tro — p e r vero d ire però assai m inore — dell’essere troppo m eridionale — e perciò del non co rrisp o n d ere u tilm e n te alle com unica­ zioni d ella T oscana colla R om agna e al pas­ saggio rap id o delle tru p p e d all’ u n a all’ a ltr a p rovincia, nel caso in cui le so rti della g u e rra avessero c o n c e n tra ta la difesa d 'Ita lia a tto rn o a Bologna. R agioni tu tte queste che c’ in d u ­ cono a rig e tta re la P e ru g ia -F o rlì in co nlronto di m olti a ltr i fra i valici ap p en n in ici finora esam in ati.

C hiuderò queste osservazioni su i passaggi fe rro v ia ri dell’A ppennino col d ire due paro le sui tr a c c ia ti S asso -P rato e Sasso C alenzano, q u est’u ltim o p ro g ettato dal defunto padre An- to n elli, i q u ali hanno lo scopo di m ig lio rare e anche di rad d o p p iare 1’esisten te P o rre tta n a . Colla lin ea S asso-C alenzano si o tterreb b e u n a s tra d a la cui pendenza non su p erereb b e il 12 per m ille, e perciò facile a p e rc o rre rsi tu t t a con m acchine di p ian u ra; sarebbe d u n ­ que dessa s ta ta o ttim a p e r far com u n icare F irenze con Bologna — benché esiga di fo­ ra re l’A ppennino p e r p iù di 8000 m etri. — A p referen za dell’e siste n te stra d a della P o rre tta , oggi non ne rig etterem m o la co stru zio n e quando si avesse in anim o di e ffe ttu arla, dopo | av e r c o stru ito un a ltro valico dell’Appennino;

(8)

L’ ECONOM ISTA 152

m u n icare le v alli dell’A rno e dei Po, sbocchi in T oscan a a sud-est di F irenze, così non potrem m o a c c e ttare nè la Sasso-Prato, nè la Sasso-Calenzano a p referen za di m olte delle lin e e già s tu d ia te ed esam inate.

C oncretando queste osservazioni sul pag- saggio dell’A ppennino p er mezzo di u na nuova ferro v ia, passaggio che è ’indiscutibilm ente n ecessario , mi sem bra che l’A rezzo-Forlì per le ra g io n i tu tte com plesse che esposi, sia quella che m eglio sodisfà ai bisogni m ilita ri, m e n tre al tem po stesso ci dà la sp eran za di v e d e rla p resto c o stru ita . Perciò in sistiam o n e ll’appoggiarla, perchè se oggi 1’ Ita lia vive tra n q u illa di non vedersi aggredita, nessuno potrebbe g a ra n tire che ta le tr a n q u illità si p ro lu n g h e rà p e r anni ed a n n i, e sarebbe doloroso che un giorno, a ll’o ra del pericolo, la m obilitazione dell’esercito non si effettuasse colla m assim a c e le rità e com prom esse restas­ sero le so rti d ella p a tria per u n a g re tta ed in c o n su lta econom ia v o lu ta re a liz z are in tem p o di pace.

Am m esso adunque che p rim a o poi, ma sem pre presto, venga co stru ito un a ltro v a­ lico fe rro v ia rio a ttra v e rs o l’Appennino, al di là di q u esta c a te n a di m ontagne la m obilita­ zione e il successivo co n cen tram en to su lla fro n tie ra occidentale non offrono più difficoltà di so rta. Il tr a tto di fe rro v ia che va da Bo­ logna a A lessan d ria s a rà ra p id a m e n te e fa­ c ilm e n te p erco rso ; da A lessan d ria poi dipar­ ten d o si le linee A lessandria-G enova e A les­ san d ria-A cq u i-S av o n a potrem o g e tta re sulla r iv ie r a di P o n e n te quelle forze che si cre­ d e rà opportuno p er d estin are a lla su a difesa facendo p ro se g u ire le a ltre verso T orino, che com e c e n tro dell’arco di circolo che fanno le Alpi a tto rn o al P iem onte, sa rà u n o dei p u n ti p rin c ip a li di co n cen tram en to nel prim o periodo d ella g u e rra , quando si t r a tte r à cioè di d isp u ta re a ll’ a v v ersario che venisse da F ra n c ia l’ing resso delle n o stre v a lla te . Da T o rin o a lla fro n tie ra corrono poi diverse a ltre diram azio n i fe rro v ia rie che si p o tran n o u ti­ liz z a re in g ra n p a rte senza pericolo, quando cioè la m obilitazione sia p ro ced u ta talm en te ra p id a e sp e d ita da a v e r a rre s ta to il nem ico su lle v e tte e alle gole della grande caten a con cu i Iddio volle circo n d are e p ro teg g ere il no stro bel paese. E ragg iu n g erem o sem pre questo u tile re su lta to p e r poco che si faccia e si provveda al m om ento della dichiarazione di g u erra.

Così adunque, p e r q u an to riflette il con­ c e n tra m e n to dell’esercito s u lla fro n tie ra oc­

30 luglio 1876

cidentale io dom ando u n a cosa sola e ben m o d esta: la co stru zio n e di u n secondo pas­ saggio a ttra v e rs o l’Appennino, il più facile e il "più pro n to a co stru irsi, e perciò la lin e a A re z z o -F o rlì; ed in m an can za di essa u n a qualu n q u e delle a ltre F ire n z e -Im o la , Pontas- sieve-Faenza, P o n tassiev e-F o rli che sono o rie n ­ ta li a lla P o rre tta n a .

In a ltro a rtico lo dirò del co n c e n tra m en to su lla fro n tie ra o rie n ta le .

Armando Guarnieri

(Giornale dei Lavori Pubblici)

LE RISCOSSIONI E I PAGAMENTI

nel primo semestre 1876

La direzione generale del Tesoro ha pubblicato il consueto p ospetto comparativo delle riscossioni e dei pagamenti effettuati presso le tesorerie del regno dal primo gennaio a tutto giugno 1876.

Vediamo prima di tutto l’ammontare delle ri­ scossioni in ciascun mese del primo semestre del corrente anno, e confrontiamole con quelle dei mesi corrispondenti dell’anno 1875.

Mesi 1876 18 75 Gennaio . . . L. 82,931,708 L. 84,713,101 Febbraio. . . » 103,009,435 » 101,495,074 Marzo. . . . » 75,176,615 » 70,325,907 Aprile . . . » 150,178,251 * 163,092,113 Maggio . . . » 60,980,165 » 59,087,760 Giugno . . . » 141,643,765 » 120,289,290 Totale L. 613,919,939 L. 599,003,245 Nel primo semestre del 1876 si è verificato nelle riscossioni un aumento complessivo di lire 14,916,694 in confronto a quelle che ebbero luogo nel periodo stesso del 1875. Il mese di giugno concorre principalmente a questo aumento, pre­ sentando una deferenza in più di oltre 21 milioni di lire. Esaminando però le cifre parziali di cia­ scun cespite di entrata, vediamo che l’imposta sui redditi di ricchezza mobile è quella che dà luogo a questo aumento, a riguardo d,l quale si osserva che nelle riscossioni del mese di giugno del cor­ rente anno sono comprese lire 23,715,689 state versate a titolo di ritenuta per la tassa di ric­ chezza mobile sulla somma lorda di L. 179,664,311 competenza semestrale al primo luglio 1876 della rendita consolidata 5 per cento, il quale versa­ mento nel 1875 ebbe luogo invece nel mese di luglio. Quindi togliendo dagli incassi la somma suddetta, si avrebbe nel giugno del corrente anno un introito minore di oltre 2 milioni di lire a fron • te delle somme riscosse nel mese stesso del 1875.

(9)

corrispondenti del 1875 sono indicati dalle cifre seguenti : Mesi Gennaio 1876 . . . L. 77,058,350 L. 1875 86,861,493 Febbraio . . . » 60,763,322 » 57,315,206 Marzo. . . . » 77,049,339 » 80,718,561 Aprile . . . » 95,014,486 » 104,972,545 Maggio . . . » 59,950,834 » 59,564,624 Giugno . . . » 258,892,732 » 89,954,282 Totale L. 628,729,063 L. 479,386,711 Abbiamo perc'ò nei pagamenti fatti nel primo semestre del corrente anno un aumento di oltre 149 milioni di lire in confronto a quelli eseguiti nel semestre stesso del 1875. Questa notevole dif­ ferenza in più si dev6 tu tta al mese di giugno 1876 per essersi computati in detto mese gl’in­ teressi del debito pubblico che l’anno scorso fu­ rono invece computati nel mese di luglio.

Vediamo ora a quanto ammcntarono gli incassi fatti durante il primo semestre del 1876 per cia­ scun cespite d’entrata, e confrontiamoli con quelli che si ebbero nel periodo stesso del 1875, e con la metà delle somme previste nel bilancio defini­ tivo di previsione per l’es re zio corrente, secondo belle tale annesse alla legge 30 giugno 1876.

Cespiti Riscossioni Incassi

prev-1876 1875 1876

Pomlia.tes. cor: L. 89,687,311 91,025,999 90,201,917 ria (arretrati 1,155,351 1,660,767 1,250,000 Ricci, tesero, corr. 85,614,943 60,999,640 88,163,477 mobile Arretrati 1,150,323 6,641,465 2,250 000 Tassa sulla mae. 38,985,252 36,346,323 39,262,948 Imp. sugli affari 66,573,224 72,746,014 74,169,005 Tassa sulla fab. 1,459,765 1,446,857 1,605,495 Dazii di coni. 49,052,369 50,070,760 53,000,000 Dazii int. di con. 35,498,099 30,580,505 34,676,878 Privative 64,353,354 61,503,490 83,750,000 Lotto 35,537,757 36,548,168 38,627,348 Servizii pubbl'ci 24,615,968 26,958,540 41,783,252 Patr. dello Stato 25,921,628 24,567,436 36 996,564 Entrate eventuali 3,164,579 3,882,991 4,225,496 Rimborsi 50,265,452 50,415,536 45,438,645 Entrate straord. 21,681,195 21,849,905 37,712,378 Asse ecclesiast. 19,203,369 21,758,848 23,620,550 Totale L. 613,919,939 599,003,245 696,733,883 All’ aumento di quasi 15 milioni di lire che presentano la riseos -ioni del corrente anno, occorre tener conto dell’osservazione fatta a riguardo del versamento eccezionale eseguito nel mese di giu­ gno scorso per 23 milioni e 700 mila lire. Quindi invece di aumento , si avrebbe una d minuz one complessiva nel 1876 di 8 m ilùni e 800 mila lire a fronte delle riscossioni effettuate nel primo se­ mestre del 1875. A questa diminuzione concorre principalmente l’ imposta sul trapasso di proprietà e sugli affari. Esaminando infatti le cifre delle riscossioni riguardanti questa tassa, vediamo che

nel primo semestre del 1876 si è verificato un minore incasso di 6 milioni e 170 mila lire a fronte delle somme riscosse nel 1875, e confron­ tando poi le riscossioni con la metà degli incassi previsti pel 1876, abbiamo una differenza in meno a carico degli introiti di quasi 7 mil.oni e mezzo. Il capitolo delle successioni e quello del bollo pre­ sentavano a tutto maggio 1876 le maggiori dimi­ nuzioni , mentre in quello del registro si aveva un maggiore introito.

Nelle entrale dell’Asse ecclesiastico si verifica un minore incasso nel 1876 di 2 milioni e mezzo di lire a fronte del 1875, e sono inferiori di oltre 4 milioni di lire dalle previsioni del bilancio.

1 proventi dei servizi pubblici presentano nel 1876 una differenza in meno di oltre duo milioni e 300 mila lire ; e sono ben lontani dalla cifra stansiata nel bilancio. Nell’ imposta fondiaria si riscontra una diminuzione di un milione e 300 mila in confronto al 1875, e differisce soltanto di un mezzo milione circa dalle previsioni del b i­ lancio.

Anche i dazi di consumo presentano un minore incasso di oltre un milione, in confronto al 1875, e la differenza raggiunge quasi i 4 milioni di lire se confrontiamo gli incassi con le previsioni del 1876. Nei proventi del lotto abbiamo pure un minore incasso di un milione di lire a fronte del 1875, e di oltre a 3 m lioni sulle previsioni del corrente esercizio.

Nei dazii interni di consumo abbiamo invece un maggiore incasso nel primo semestre del 1876, di quasi 5 milioni di lire , in confronto sempre degl’introiti fatti nel periodo stesso del 1875 , ed hanno altresì superato di quasi un milione giun­ cassi previsti. Nelle privative pure abbiamo un aumento di circa tre milioni di lire sugli incassi del 1875, ma sono ancora ben lontane dal ra g ­ giungere le somme previste nel bilancio attivo del corrente anno. Anche nella tassa sulla maci­ nazione dei cereali abbiamo un aumento di oltre ! 3 milioni e mozzo di lire sulle riscossioni del 1875

e la differenza in meno a fronte delle previsioni si riduee neppure a 300 mila lire. Le rendite del patrimonio dello Stato presentano maggiore in­ casso di un milione e 300 mile lire a fronti del 1875, ma presentano una differenza in meno di | circa 11 milioni dalla somma stanziata nel bi­

lancio.

(10)

Ì U L’ ECONOM ISTA 30 ludio 1876

somme stampate per la competenza dell’anno corrente.

Mi n is t e r i Pagamenfi Spese previs'e

1876 ’1875' 1876 Finanze L. 409,892,019 243,036,419 478,575,979 Graz, e Giust. » 12,856,385 Esteri » 2,819,532 Istruz. pub. » 10,108,235 Interno » 27,031,374 Lavori pub. » 55,595,502 Guerra » 90,684,700 Marina » 14,789,912 Agr. e comm. » 4,951,404 14,700,951 15,937,500 2,490,479 3,251,041 9,783,770 11,543,754 28,242,292 31,4*7,942 66,248,583 63,917,106 92,495,101 101,855,104 17,117,741 23,911,836 5,271,372 6,025,668 Totale L. 628,729,063 479,386,711 786,470,930 La differen'a in più di oltre 149 milioni di lire che si riscontra nei pagamenti fatti nel 1876, a fronte del 1875, spetta principalmente al mini­ stero delle finanze, il quale nel solo mese di giugno scorso, e per la ragione sopra indicata del pagamento degl’interessi del debito pubblico, pre­ senta la cifra di 171 ni lioni di lire pagata in più a fronte del 1875. Nei pagamenti del ministero dei lavori pubblici, abbiamo invece una diminu­ zione di circa L l i m i l i ni, in quello della marina di 2 milioni e 300 mila lire, e di circa 2 milioni pei ministeri della guerra e di grazia e giustizia.

In complesso i pagamenti effettuati nel primo semestre del 1876 sono inferiori alle semme stan­ ziate nei b.lanci passivi delle singole amministra­ zioni.

Confrontando le riscossioni fatte nel primo se­ mestre del corrente anno, con i pagamenti ese­ guiti nel periodo stesso, abbiamo una differenza in più nei pagamenti che ascende a l re 14,809,124.

RIVISTA PARLAMENTARE

29 Luglio. Tout est bien qui finii bien! Questo vecchio ada­

gio francese che cosi di frequente suona sulla bocca di tutti vale certo meglio di qualunque altra frase ad esprimere con poche parole l’ impressione che ogni persona spassionata ed onesta deve avere pro­ vato nel leggere il resoconto della seduta senatoria del 26 corrente. Eppure se si pensa a quale stato di esacerbazione erano giunti gli animi per il deplo­ revole conflitto insorto nelle precedenti tornate del 41 e del 45, se si considera come la stampa perio­ dica di ogni partito cercasse con tutti i mezzi (salva qualche rara eccezione) non già di sopire, ma di rinfocolare le passioni, e colle sue improntitudini rendesse ogni giorno più vasto e più difficilmente conciliabile il dissidio, è certo che non si sarebbe potuto tacciare di pessimismo, chi, come noi, pre­ vedeva, nella nuova riunione del Senato, il segnale di una di quelle lotte, da cui le stesse istituzioni

fondamentali del nostro paese potevano uscire scosse fino dalle loro più intime basi. Da un Iato il Mi­ nistero, soverchiamente preoccupato della opportunità di ottenere la sanzione legislativa per l’istituzione dei

punti franchi, si era lasciato sfuggire parole ed atti

che, a turto o a ragione, venivano interpretati come un tentativo di coazione sulle deliberazioni della Ca­ mera vitalizia; in questa dall’altro un desiderio forse eccessivo di tutelare il proprio decoro e di affer­ mare la propria indipendenza faceva credere a molti e molti senatori indispensabile per l’una cosa e per l’ altra che il rigetto della legge, già proclamato dall’ onorevole De Filippo, passasse allo stato di cosa giudicata e si rendesse per tal guisa inoperoso l’ il­ legale procedere dell’altro vice-presidente on. Eula. Per peggio poi, un affaticarsi da ambe le parti, per attirare in Roma il maggior numero di alleati che fosse possibile cosa la quale, lungi dal facilitare un amichevole componimento, sembrava invece mira­ bilmente concorrere a rendere sempre più inevita­ bile e più seria l’ imminente battaglia. Tutto insomma faceva sì che una conciliazione si ritenesse, cosa pres­ soché impossibile.

Come avviene adunque che dei pericoli temuti da tutti non uno se ne sia verificato nel fatto e che oggi noi possiamo innalzare l’inno della pace, anziché deplorare le conseguenze di una battaglia? Ciò av­ viene perchè nel calcolare le possibili soluzióni di quella situazione di cose certamente gravissima, tutti, o noi stessi per i primi (lo confessiamo con tutta franchezza), non abbiamo tenuto quel conto che si doveva di un elemento della più capitale importanza: del patriottismo cioè del Senato e del Ministero.

Ispirandosi a questo sentimento elevato, la Camera vitalizia seppe comprendere quanto fosse sconveniente e pericoloso l’abbandonorsi a recriminazioni perso­ nali e a censurare atti ormai irretrattabilmente com­ piuti, e rinunziando ad ogni discussione su ciò che riguardasse il passato, stabilì concorde di rimettere la soluzione di ogni dissidio al muto certame dei- fi urna. Nè il Ministero si mostrò meno all’altezza della sua posizione. Infatti prima che incominciasse la votazione fionorevole Deprètis con nobili e calo­ rose parole, non solamente respinse col maggiore sdegno la taccia di volere in qualsiasi modo eser­ citare la benché minima pressione su quell’augusto Consesso, ma professando al medesimo il più reve­ rente ossequio, dichiarò solennemente essere supremo desiderio del Ministero il vederlo sempre procedere nelle sue eminenti funzioni circondato dal rispetto di tutti gli alti Corpi costituiti e guidato unicamente dal sentimento della propria dignità e della propria indipendenza.

(11)

chessia si potesse essere pensato a menomare le alte I prerogative del Senato, la questione tornò quale avrebbe dovuto sempre rimanere. Cioè una questione finanziaria e commerciale; ma ridotta la cosa in questi termini, il Senato, mosso forse dal desiderio di sopire anche la memoria di un incidente così disgustoso e di non creare imbarazzi al Governo e forse più di tutto dal sentimento cavalleresco di affer­ mare col fatto stesso dello scrutinio la completa pacificazione degli animi, approvava il progetto con 114 voli sopra 216 votanti.

Così chi avrebbe qualche ragione di dolersi del resultato finale di tante incertezze, saremmo sol­ tanto noi che avversari dei punti franchi, facevamo sicuro assegno sulla prudenza del Senato per vederli respinti. Ma ce ne guardiamo bene, perchè di fronte al pericolo di vedere seriamente compromesso il re­ golare andamento delle nostre istituzioni fondamen­ tali, l'averlo potuto felicemente superare, è tale van­ taggio che quello dei punti franchi apparisce a noi pure questione affatto secondaria.

Del resto se è vero che l’esperienza è tale mae­ stra alle cui lezioni niuno può impunemente chiu­ dere gli occhi, abbiamo fede che essa fra non molto costringerà forse lo stesso Ministero attuale ad appa­ gare i nostri voti anche per questa parte.

RIVISTA DELLE BORSE

F iren z e , 29 Luglio.

Nella decorsa settimana, gli avvenimenti guerre­ schi impensierirono pochissimo la speculazione. I risultati della lotta tra la Turchia ed i principi slavi, pare riescano pienamente nel senso desiderato dagli speculatori; epperciò si crede che la guerra avrà ben presto fine. 1 Serbi rientrarono nel loro terri­ torio, ed i Montenegrini, hanno ormai fatto lo stesso. La vittoria loro non arrise, causa Tinferiorità del numero dei combattenti, ed il difetto di cooperazione per parte delle popolazioni Bosniache ed Erzegovine, j raffrenate dalla paura dei massacri ' in massa per parte delle truppe- turche. Questa prima fase della questione orientale, pare pertanto, si avvicini a gran passi al suo termine, e che ben presto passerà nel dominio della diplomazia.

Le voci corse di un armistizio, sono ancora pre­ mature, ma non tarderanno però molto tempo, a veri­ ficarsi, essendo questo l’unico mezzo di far cessare un inutile spargimento di sangue.

Le divergenze fra la politica russa ed inglese, che tanto ed a ragione, inquietarono le borse europee, pare che poco per volta, si vadano appianando, e che mediante reciproci accordi fra queste due po­ tenze e l’Austria, si potranno stabilire le basi di una temporanea soluzione dell’eterna, intricatissima que­ stione.

L’Europa, ha bisogno di pace, tutte le potenze temono le conseguenze di un passo imprudente epperciò impiegano tutte le cure, adoperano tutti i mezzi, onde eliminare, od almeno procrastinare, la radicale soluzione di un problema, gravido di peri­ coli, e che dopo lo sfacelo della Turchia, produr­ rebbe indubitatamente, quello dell’Austria.

Speriamo ed auguriamo, che i mutui sforzi delle potenze, nel senso della pace, siano coronati da un lieto successo e che le trattative che fra loro con­ tinueranno in questo senso, giungano ad ottenere risultati tali, da dare una soddisfazione qualsiasi, alla Serbia ed al Montenegro, non che alla provincie insorte.

In una soluzione temporanea di questa questione, corre maggiori pericoli la Turchia, che non la Serbia, ed il Montenegro è perciò necessario chela Turchia sappia rintracciare ed applicare un sistema di mo­ derazione nelle esigenze, alle quali la vittoria le porge un tal quale diritto, ed accettare le proposte di pace, qualunque esse possano essere, chele ver­ ranno consigliate dalle potenze, nell’interesse di una stabile pace europea.

In questa fiducia e persuasione le Borse princi­ pali europee, furono ottimiste e l’abbondanza del denaro, attutì le preoccupazioni per la guerra.

Nella borsa di Londra, i consolidati inglesi con­ tinuarono a sostenersi sul prezzo superiore al 96. L’incetta di consolidato per ammortamento, per parte del governo ha in queste circostanze, un grande significato, esso esprime , la persuasione del governo e della nazione, della soluzione in senso pacifico, della questione orientale.

La Borsa parigina condivise questa persuasione e tendenza, e nelle operazioni settimanali accentuò quasi costantemente, il rialzo, sì sulle proprie rendite, come suedi altri valori. Nelle antecedenti settimane eransio vendute grosse partite di vendite, onde prepararsi alla sottoscrizione dell’ imprestito di 120 milioni, della città di Parigi. La sottoscrizione, nel breve giro di 8 ore, è stata coperta 54 volte, producendo un totale di circa 6 miliardi e mezzo. Le riduzioni da farsi sul capitale sottoscritto produssero, come era da prevedersi, pronunziati rialzi sugli altri valori.

Il 3 per cento francese, nel sabato antecedente, cioè nel giorno stesso della sottoscrizione, rialzò di 20 centesimi, salendo a 69 e nel giovedì sera otte­ neva il prezzo di 69 87, ieri quello di 70 25.

Il 5 per cento non divise pienamente la stessa tendenza ; esso ebbe qualche oscillazione in senso di ribasso sui prezzi fatti in aumento. Nel mercoledì ottenne il prezzo di 107 05, l’indomani ripiegava a 796 85 e ieri di nuovo a 107 75.

(12)

156 L’ ECO N O M ISTA 30 belio 1876

117, ma esso non ha più a correre l’ inevitabile

chance di una riduzione che il patriottismo francese

accetterà, al pari delle gravissime imposte che re­ sero possibile l’equilibrio del bilancio, dopo la disa­ strosa guerra del 1870-1871.

La rendita italiana partecipò in leggerissime pro­ porzioni ai rialzi delle rendite francesi. Le disposi­ zioni delle Borse italiane non furono molto favore­ voli nell’assecondare la tendenza parigina, epperciò la rendita nostra, che chiudeva nel sabato antece­ dente a 71 15, ripiegava nel lunedì a 70 95 e stentatamente raggiungeva il prezzo di 71 42, nella riunione di mercoledì, l’indomani ripiegava a 71 17, e ieri veniva negoziata di nuovo a 71 42.

Le azioni Lombardo-Yenete leggermente oscillanti sul 155, 157, le relative obbligazioni sul prezzo di 230, 228.

Le azioni Ferrovie Romane, poco negoziate sul prezzo di 57, 58; le relative obbligazioni piuttosto ferme sul prezzo di 231, 232.

Le obbligazioni Vittorio Emanuele, quasi sempre sul prezzo ragguagliato a quello della rendita, di 222, 221.

Il cambio sull’Italia indebolito di 1)8 sul prezzo della settimana antecedente e negoziato a 7 3(8.

Le Borse italiane, comecché in condizioni, rispet­ tivamente molto inferiori alle altre maggiori europee, passarono la settimana, si può quasi dire assoluta- mente inattive. Le preoccupazioni per la guerra son sempre maggiori presso di noi che altrove. In set­ timana, si temette inoltre, che dalla votazione del progetto di legge sui punti franchi potesse prodursi una spiccata scissura fra la Camera elettiva ed il Senato e se ne attese il resultato con molta trepi- danza. Superato questo pericolo, si temette la pro­ clamazione della guerra santa e conseguenti massa­ cri per 1’ avvenuta distribuzione delle bandiere del profeta, alle popolazioni turche, nelle provincie tur­ certa, e quel che peggio è, pochissime e di quasi nissun rilievo, furono le contrattazioni avvenute.

L’ avvenire dirà se l’ operato delle Borse italiane, ispirato d’altronde ad una saggia prudenza, alla vi­ gilia della liquidazione, sia stato più o meno ragio­ nevole di quello delle altre Borse maggiori.

Il riporto sulla rendita oscillò su circa 5 cen­ tesimi, e la liquidazione imminente si presenta assai bene dappertutto per le poche partite rimaste in sospeso nel corso del mese.

La rendita italiana, che lasciammo nel sabato an- cedente a 76 67 1(2, nelle riunioni del 26 e 27, raggiunse il prezzo di 76 87 1(2, 76 82 1(2, quindi più debole, in seguito a dispacci allarmanti da Costan­ tinopoli e Berlino, ieri riotteneva denaro a 76 82 1(2 e stamani in forte rialzo a 77 17 1(2 77 12 1(2.

Scuponata sul prezzo nominale di 74 80, il 3 per cento nominale sul prezzo di 46, l’imprestito na­ zionale su quello di 49.

Nominali le azioni Tabacchi a 788, le relative obbligazioni a 549.

Le Banche nazionali italiane da 1988 nominali, contrattate ieri a 2010 2008, e stamani a 2014, 2010.

Le Banche Toscane, dopo il pagamento del va­ glia semestrale di lire 17 50, cadute al prezzo no­ minale di 905 908.

Le azioni del Credito Mobiliare, nominali quasi tutta la settimana a 619, 618, venivano stamani quo­ tate nominali a 620.

In settimana si negoziarono alia nostra Borsa le azioni Banca Generale di Roma a 435 332 e le Italo Germaniche a 184 50.

Di valori ferroviari, nominali le azioni Livornesi a 318 le relative obbligazioni a 220.

Le Meridionali oscillanti sul 519 518 e le omo­ nime obbligazioni a 225.

Le Vittorio Emanuele sempre nominali a 241. I cambi, deboli in principio di settimana, rinca­ rarono giovedì; ieri il Londra ricaduto e 27 15 ed il Francia a 108. Oggi il prezzo del Londra era a 27 20, 27 16, e quello del Francia a 108, 107 90.

I Napoleoni d’oro dal corso medio di apertura a 21 68, cadevano ieri a 21 62, oggi 21 66, 21 62.

NOTIZIE COMMERCIALI

Cereali. — Dal complesso delle notizie ricevute nel corso della settimana dalle varie provincie del Regno, sembra accertato che il raccolto del grano preso collettivamente si aggirerà sulla media ordi­ naria, per la ragione che se vi forono regioni poco favorite come quelle del centro e del Nord, ve ne furono altre, come le Meridionali, non esclusa la Sicilia, che dettero un abbondante raccolto. Tuttavia non bisogna farsi illusione, e se per avventura i seminati di primavera fallissero, oppure altri paesi circonvicini non fossero meglio favoriti del nostro, potrebbe avvenire , che aumentando rapidamente l’esportazione, i prezzi facessero dei sensibili pro­ gressi nella via del rialzo.

Fortunatamente per il consumo, gran parte di questo pericolo è allontanato per la ragione, che all’estero, e più specialmente in Francia, il nuovo raccolto si presenta molto ricco tanto per quantità, che per qualità, e i prezzi proseguono a retrocedere in proporzioni non insignificanti.

Scendendo a rassegnare il movimento della setti­ mana abbiamo notato, che i mercati furono discre­ tamente provvisti, che le transazioni proseguirono in generale abbondanti, e che i prezzi furono meno sostenuti dell’ottava scorsa.

A Firenze, a Livorno, a Siena, Empoli, ecc. i grani gentili vecchi si venderono da lire 29 50 a 30 25 al quintale, e il granturco da lire 16 a 16 50.

(13)

A Ferrara, malgrado la vivacità delle operazioni, i frumenti retrocessero di circa 50 centesimi sui prezzi dell’ottava scorsa.

A Padova i grani vecchi con pochi compratori furono pagati da lire 30 a 31 al quint., e i nuovi vecciati, e senza stagionatura da lire 27 a 28.

A Venezia si fecero moltissime operazioni in grani esteri, perchè meno cari dei nostrali. I frumenti ve­ neti del 1876 si venderono da lire 28 50 a 31 al quint. i Ghirk e Odessa viaggianti da lire 26 a 29 i Galatz pronti a bordo a lire 24 50, e i Danubio mercantili da lire 24 a 25,

A Verona la settimana trascorse sostenuta per i frumenti vecchi, e per i frumentoni, e chiuse in ribasso di 1 lira al quint., per i frumenti nuovi e per il riso.

A Milano affari correnti al prezzo di lire 29 a 31 al qnint. per i grani vecchi, di lire 27 50 a 30 50 per i nuovi, e di lire 15 a 16 per il granturco.

A Vercelli tutti gli articoli, ad eccezione della segala, retrocessero di- 25 a 50 cent.

A Torino, con poche vendite, i frumenti vecchi ebbero compratori al prezzo di lire 30 a 31 75 al quint., i nuovi da lire 28 a 29, e la meliga da lire 15 a 15 50.

A Genova gli arrivi dal Levante essendo sempre abbondanti, le migliori qualità retrocessero di circa 25 cent, all’ettolitro.

I Berdianska nuovi si contrattarono a lire 23 50 all'ettol., i Berdianska vecchi a lire 24 50, i grani lombardi vecchi da lire 29 50 a 32 al quint., e i nuovi da lire 28 50 a 31.

In Ancona si venderono diverse partite di frumenti nuovi marchigiani al prezzo di lire 26 a lire 27 il quintale.

A Napoli nessuna variazione.

Le maioriche di Puglia si mantennero al prezzo di ducati 2 70 Ij2 al tomolo, vale a dire di L. 20 66 all’ettol.

A Barletta tendenza al rialzo, stante le moltissime domande che vengono giornalmente dall’Alta Italia. Tanto i grani bianchi che i rossi di rot. 49 furono in pretesa di D. 2 68 al tomolo.

A Messina e nelle altre piazze della Sicilia la set­ timana chiuse in ribasso.

All’estero la situazione è la seguente:

In Francia il raccolto dei grani si presenta molto ricco, tanto per quantità che per peso, e quindi quasi tutti i mercati chiusero in ribasso. Sopro 90 corrispondenze venute ultimamente, 80 segnano ri­ basso, 2 tendenza al ribasso, 4 nessuna variazione, 2 calma e 2 rialzo. I prezzi estremi furono nel corso della settimana di franchi 23 50 a 26 al quintale per i grani, e di franchi 25 a 26 per le farine.

In Inghilterra prevale la stessa tendenza. A Londra i grani esteri ribassarono di scellini 1 a 2 sui corsi dell’ottava scorsa.

Anche nei grandi mercati della Russia, della Germania, dell’Austria-Ungheria e del Belgio la set­ timana trascorse calma e con tendenza molto debole.

Olj di Oliva. — L’attitudine dei nostri principali

mercati di produzione prosegue calma e pesante e senza presentare nessuna speranza di prossima ri­ presa. Tale apatia si attribuisce non tanto alla sta­ gione estiva che, come si sa, non è molto propizia al commercio oleario, quanto all’incertezza che do­ mina in generale sull'entità del futuro raccolto. Tuttavia i detentori specialmente delle due Riviere, ove il futuro raccolto si presentn affatto nullo, non cessano dal sostenere la loro merce nella speranza di venderla in seguito a prezzi più elevati.

A Porto Maurizio gli olii nuovi mangiabili si ven­ derono da lire 125 a 128 i 100 chilogrammi gli av­ vantaggiati da L. 130 a 133, i vecchi fini da L. 155 a 160, i mezzo fini da L. 145 a 150, e i mangiabili da L. 135 a 138.

A Lucca e nelle altre località più distinte della Toscana gli olii sopraffini acerbi all'orcio del ven­ ditore furono collocati al prezzo di lire 90 a 100 la soma di 2 barili, o chil. 61 20; i mangiabili buoni da lire 80 a 85 e gli olii da ardere da L. 70 a 72.

A Napoli approssimandosi la liquidazione del 10 agosto, la settimana trascorse con maggiore attività, ma con prezzi deboli e in ribasso, specialmente per il Gioja.

Il Gallipoli per ottobre fu quotato a lire 92 61 al quintale; e per marzo a lire 94 63. Il Gioja a lire 91 27 per la prima scadenza, e a lire 92 58 per la seconda.

A Bari, Barletta e a Messina pochissime opera­ zioni, e prezzi invariati.

Anche a Trieste, all’ opposto delle settimane pre­ cedenti, la domanda fu limitatissima e gli affari af­ fatto insignificanti.

Sete. _ Le transazioni furono attivissime anche in questa settimana, e i prezzi proseguirono nel loro movimento ascensionale in modo così rapido che ben pochi rammentano di aver veduto l’eguale.

A Milano si presero di mira tu tti gli articoli tanto greggi che lavorati, senza distinzione di me­ rito, e si pagarono con prezzi in rialzo di circa 8 lire per le qualità primarie, e di 4 a 5 per quelle secondarie. Le greggie tuttavia furono gli articoli preferiti.

Le classiche 9[11 si spinsero fino a lire 100 al chil. le sublimi si venderono da lire 94 a 96, le bellissime da l’re 91 a 93, e le buone correnti da lire 88 a 92.

Anche gli articoli lavorati furono oggetto di nu­ merose operazioni. Le trame belle correnti, e buone correnti 20(24 si pagarono da lire 98 a 100; idem 22(26 da lire 96 a 98; idem 26(30 da lire 94 a 96.

Gli organzini raggiunsero prezzi anche più ele­ vati. I belli 18p20 si spinsero fino a lire 104 ; e i buoni correnti fino a liro 100.

I cascami pure ebbero buona domanda con pro­ gressivo aumento di prezzo. Le struse di prima qualità si pagarono da lire 15 2o a 16 25, e i doppi in grana da lire 6 a 7 oO al chil.

Riferimenti

Documenti correlati

Così la norma direttiva del Governo in questo argomento delle ferrovie potrebbe essere questa : classificare, secondo la varia importanza politica ed economica,

L’industria ferroviaria, così feconda nelle applica­ zioni, così estesa nei rapporti colle altre industrie richiede quindi un personale non solo numeroso, ma

Egli incomincia ad osservare che in quanto la eccedenza che costituisce la rendita si applica agli agenti naturali, non v’ ha ragione di restringerla alla sola

I valori ferroviari ebbero anche nella corrente settimana poco movimento, quantunque un comuni­ cato del giornale ufficioso il D iritto abbia lasciato travedere,

Però, prescindendo dai desiderii e dalle illusioni che potrebbe destare in Sicilia una nuova proroga dell’applicazione integrale della legge 28 giugno 1874, le

Se le Società nella loro formazione e nel loro esercizio fossero combat­ tute tanto più quanto maggiormente i loro scopi miras­ sero a quei vasti e importanti

Niun v ’ha che ignori come in tutte le borse, si facciano giornalmente importantissime contrattazioni a termine sugli effetti cambiari, le quali non essendo altro

onere assai grave per il bilancio dello Stato. Io aspet­ to a vedere quale sarà l’effetto dell articolo 4 ; aspet­ to a vedere quali saranno le società private