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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.03 (1876) n.118, 6 agosto

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L'ECONOMISTA

G A Z Z E T T A . S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno III - Voi. VI

D om enica 6 a g o sto 1876

N. 118

Affidamento del servizio di sanità marittima alle capitanerie ed ufflcii di porto sotto la dipen­ denza del Ministero dell’interno.

Nella tornata del 25 aprile 1876 l’onorevole mi­ nistro dell’interno, di concerto con quello della ma­ rina, presentava alla Camera dei deputati un pro­ getto di legge inteso ad affidare il servizio di sanità marittima alle capitanerie ed uffizi di porto sotto la dipendenza del Ministero dell’interno. Il ministro si riprometteva non tanto una maggiore prontezza e regolarità nel servizio, e ciò nell’interesse del com­ mercio e della navigazione, quanto un notevole ri­ sparmio di spesa. Esso veniva determinato in lire 140,000 circa notando che potrà elevarsi più tardi circa a 250 mila lire, col cessare di certi assegni di disponibilità a cui questa riforma dà Irrogo.

La Commissione parlamentare riconoscendo che il concetto donde muoveva questo disegno di legge era vero ed opportuno, stimò conveniente il com­ pletarlo e ritenne non bastare che il servizio sanita­ rio marittimo venisse affidato alle capitanerie e uf- fizii di porto, ma che fosse altresì mestieri che l’am­ ministrazione della sanità marittima fosse attribuita al Ministero della marina. E ciò per ragioni di eco­ nomia e di maggior regolarità nel servizio, nonché nell’interesse della navigazione e del commercio e della tutela della pubblica salute in straordinarie circostanze.

Vari senatori e deputati in più occasioni, il Con­ gresso delle Camere di commercio riunito a Napoli nel 1871, e fra le Camere di commercio delle più importanti città del regno avevano già espresso un simile voto, rilevando gli inconvenienti di un si­ stema che oltre all’arrecare infinite molestie ai cit­ tadini, riusciva a una duplicazione assurda di ser­ vizi e di spese come osserva l’onorevole Boselli nella sua dotta relazione. Dove egli far notare chela sa­ nità marittima non si limita a tutelare il paese dalle epidemie. Infatti ai termini del Codice di marina mercantile articolo 85 è chiamata a soprintendere alla igiene navale ed in specie al trasporto dei passeggieri nei viaggi marittimi. Ma anche l’ammi­ nistrazione della marina propriamente detta ha delle

| ingerenze da esercitare alla partenza e all’arrivo d' ogni nave. Ora queste ingerenze sono affidate alle capitanerie ed uffici di porto sotto la dipendenza del Ministero della marina e quelle della sanità marit­ tima ai relativi uffizi dipendenti dal Ministero dello interno. Ciò porta incontro alla necessità .di due uf­ fici diversi con diverso personale e cioè con un numero quasi doppio di impiegati. Si può invece acquistar tempo e risparmiare fastidi, aggiungendo semplicemente il medico al commissario di visita della marina, che può benissimo ricevere le dichia­ razioni dei capitani e osservare lo stato delle navi.

Noi plaudiamo altamente alle parole dell’onore­ vole Boselli, quando dice che la marina mercantile non ha d’uopo di particolari protezioni governative spesso perniciose e sempre sterili; ma ha d’upo di fare e di passare liberamente senza incontrare ad ogni tratto un ostacolo o soggiacere ad ogni istante ad un tributo.

Col sistema consigliato dalla Commissione si sa­ rebbe tornati al sistema che il conte di Cavour proponeva nel 1861 e che vigente già negli an­ tichi Stati sardi, in Toscana e nel Veneto, veniva così esteso a tutta Italia. Fu un decreto del 7 mag­ gio 1865, convalidato dalla legge del 13 maggio 1866 che fece passare il servizio della sanità ma­ rittima dalla dipendenza del Ministero della marina a quella del Ministero dell’interno, a cui quella legge affida esclusivamente la tutela della salute pubblica. Una tale disposizione ebbe per origine il grave timore di una epidemia, ma in breve gli or­ dinamenti creati da cotesta legge parvero eccessivi al libero movimento del commercio ed impotenti ad arrestare le temute invasioni, e molti ritennero che la sanità marittima differisse per la sua indole e pei suoi rapporti cemmerciali e internazionali dalla sanità terrestre e che dovesse far parte dell’ammi- nistrazione della marina.

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162 L’ E C O N O M IS T A 6 agosto 1876

strazione che sia competente nell’igiene navale e conscia dei bisogni del commercio.

Dalla necessità che la sanità interna e terrestre come la marittima debbano procedere sotto l’azione diretta o sotto l’indirizzo dello Stato, non ne segue, secondo la Commissione, che debbano dipendere da una stessa amministrazione, salvo certe norme di­ rette ad assicurarne 1’ armonia scientifica. La sanità terrestre ha un carattere generale ; quella marittima ha un carattere speciale, e quando si tratta di pre­ venire una invasione di epidemia, i provvedimenti sono di natura diversa. Nè si possono ragionevol­ mente invocare le ragioni della pubblica sicurezza, inquantochè in caso di turbamento dell’ordine pub­ blico in una città marittima l’ ufizio di porto non potrebbe agire senza 1’ autorità politica.

Per soddisfare alle esigenze scientifiche e ai rap­ porti fra la sanità marittima e la terrestre, la Com­ missione proponeva che nessun provvedimento di massima o che potesse aver rapporto colla sanità terrestre dovesse esser preso dal Ministero della ma­ rina senza il parere del Consiglio superiore di sanità presso il Ministero dell’ Interno. L’autorità del pre­ fetto, a cui ci si dovrebbe riferire in casi dubbi e gravi, e che per ragioni di sicurezza pubblica po­ trebbe sospendere l’ordine dato dal capitano di porto, sarebbe un altro legame fra le due sanità.

Non vuoisi dimenticare che l’ igiene navale ri­ chiede una scienza speciale delle cose di mare; mentre oggi non un membro che appartenga alla marina, o almeno ai commercianti marittimi, fa parte del Consiglio superiore di sanità, e nei Consigli pro­ vinciali di sanità il capitano del porto e il capitano marittimo sono ammessi soltanto con voto consultivo. Gli esecutori non sono gente di mare, mentre un perso­ nale adatto sarebbe quello delle capitanerie del porto composto in gran parte di gente di mare. Ufficiali che hanno fatto studi speciali potrebbero utilmente vigilare sul servizio sanitario almeno nei porti principali. La riforma sarebbe dunque nell’ interesse della pubblica salute.« Non illudiamoci, dice egregiamente l’on. Bo- selli ; oggi all’ igiene navale sarebbe troppo provveduto presso di noi se si avesse a giudicare dalle forma­ lità delle nostre istituzioni, e dalla moltiplicità delle nostre visite sanitarie; ma non è in realtà provve­ duto come si conviene, e ne fanno fede per l’una parte le tristissime storie dei nostri poveri emigranti e per l’altra le doglianze del commercio e dei na­ vigatori i quali frequentemente debbono pagare a caro prezzo di tempo e danaro i frutti del sistema oggi in vigore.

Esaminati pertanto gli uffici della sanità marit­ tima così rispetto alle convenzioni internazionali come ai progetti del Codice sanitario e alle riforme in quello della marina mercantile, tutti possono essere opportunamente diretti ed esercitati dal Ministero della marina.

L’ economia prevista dal Ministero si ottiene sulle spese diverse, sulle spese di vacazione, d’ indennità, di uffizio, mobili, stampati, sulla manutenzione dei | fabbricati e fitto di locali e sul personale. Tale eco­ nomia sarebbe di L. 250,000, ma è ridotta per ora a L. 140,000, perchè attualmente L. 80,000 ande- rebbero in assegni di disponibilità.

La dotta relazione dell’ on. Boselli passa infine a ricercare se le misure della sanità marittima rivolte a difendere il paese dalle invasioni epidemiche ap­ partengono tutte ad una storia di pregiudizi e ad un seguito di errori prossimi ad essere cancellati dalle leggi e dagli usi delle nazioni moderne o se invece seriamente trasformate e corrette abbiano tuttora la sanzione della scienza e possano corrispondere agli interessi e ai voti delle popolazioni — se i nuovi istituti della sanità marittima siano realmente distinti da quelli della sanità marittima e tali a un tempo da richiedere nel loro svolgimento e nella loro ap­ plicazione 1’ unità e l’energia che si attendono in­ vano dall’ intervento di due diverse amministrazio­ ni — se il Ministero della marina sia il più atto a governare la sanità terrestre sia di fronte alle at­ tuali discipline sanitarie, come alle innovazioni che potessero per avventura introdursi in questa mate­ ria ormai d’ ordine internazionale e in cui regna an­ cora molta incertezza nei principii e negli ordina­ menti.

Sul primo punto 1’ on. Boselli tesse con molta eru­ dizione la storia dei provvedimenti sanitari, che è anzitutto storia italiana, avvegnaché Genova fosse la prima ad abbracciare quel sistema sanitario marit­ timo che divenne poi comune a tutti i popoli civili, e Venezia costruisse il primo lazzeretto. Le quaran­ tene, se non una garanzia assoluta, sono almeno un bene relativo, essendo l’isolamento l’ unico mezzo di preservazione, come provano la scienza e l’esperienza.

Le quarantene stabilite nel Mar Rosso di concerto coll’Egitto hanno preservato quattro volte il Medi- terraneo dall’invasione del morbo esistente in Per­ sia. Quanto alle quarantene terrestri, si adattano solo ai paesi poco abitati e forse al solo Oriente e il tempo dei cordoni sanitari è passato, tranne qualche rara eccezione, che vuoisi attribuire a condizioni parti­ colari.

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6 agosto 1876 L’ E C O N O M IS T A 163

porte e forse la principale, perchè il gran commercio delle Indie si fa pel Mar Rosso.

Il Congresso di Vienna non contento delle sole misure igieniche fu d’avviso che dovesse adottarsi il sistema della revisione, che può applicarsi così alle provenienze per la via di mare come a quelle per via di terra, onde nessun malato si confonda colla popolazione, sistema questo che ha dato ottimi frutti in Inghilterra. Siamo, ancora nel periodo delle esperienze e le diverse condizioni dei popoli li fanno più o meno favorevoli ai sistemi preservativi.

A ogni modo il Ministero della marina era se­ condo la Commissione, il più atto a soddisfare ai voti dei congressi sanitari. Si vogliono minori osta­ coli al commercio, ma se vuoisi raggiungere questo intento senza danno della pubblica salute, si richiede al tempo stesso un’azione più oculata ed energica, e la competenza maggiore è appunto nel Ministero di marina.

< Perciò, dice il relatore, non bastando all’uopo il servizio consolare, occorre che la Società marit­ tima sia affidata a quel Ministero, il quale per la sua indole, pei suoi contatti, pel suo personale, per le relazioni che riceve dalla marina militare, è più d’ogni altro in grado di conoscere, d’ avvertire e quasi di sospettare le epidemie che possono essere importate dai porti esteri. I tre fattori degli ordina­ menti sanitari , cioè la necessità di proteggere la salute pubblica, l’ elemento commerciale, la cui im­ portanza va sempre crescendo, e la possibilità di applicazione di mezzi efficaci contro le epidemie, co­ stituiscono pure le tre sostanziali ragioni per le quali proponiamo che la Società marittima ritorni al Ministero della marina. »

Con quel linguaggio efficace ed eloquente che lo distingue 1’ on. Boselli ricorda che 1* Oriente non solo fu patria delle grandi ricchezze e delle grandi ispirazioni, ma fu eziandio la culla di fatali pesti­ lenze. E noi esposti a maggior pericolo per la lun­ ghezza delle nostre coste, dobbiamo alla operosità economica aver pari la previdenza sanitaria, se mi­ riamo, come si deve, a riconquistare i commerci di Oriente.

Secondo il progetto della Commissione il medico ispettore del corpo sanitario militare marittimo e il direttore generale della marina mercantile devono far parte del Consiglio superiore di sanità, alle se­ dute del quale dovranno intervenire quando vi si debbano trattare affari riguardanti la sanità marit­ tima, e con voto deliberativo.

Nella tornata del 20 giugno 1876 la Camera dei Deputati discusse questo progetto di legge ed ebbe primo la parola l’ on. Umana, il quale dichiarò che per quanto il progetto della Commissione fosse pre­ feribile a quello del Ministero, non rispondeva però, a suo avviso, alle esigenze della pubblica salute.

Egli concludeva col chiedere la presentazione di

-una nuova legge diretta a riordinare tutto il ser­ vizio della sanità marittima, coordinandola ai prin- cipii della scienza moderna.

L’on. Orlandi osservò che gli ordinamenti attuali della sanità marittima mirano a tutelare la pubblica incolumità, ma non fanno che nuocere alla nostra marina. Si pronunziò in favore del progetto della Commissione.

L’on. Baccelli invece ritenne troppo grave de­ liberare un mutamento come quello chiesto dalla Commissione e caldeggiò la proposta del Ministero, che intanto migliora lo stato presente.

Il progetto della Commissione fu appoggiato dagli onorevoli De Amezaga e Saint-Bon, che facevano parte della Giunta, e l’ultimo insistè specialmente su un inconveniente che l’on. relatore aveva accen­ nato, quello cioè di avere impiegati servitori di due padroni; sebbene a questo proposito possa notarsi che inconvenienti potrebbero nascere anche dal non potere il Ministero deH’interno adottare provvedi­ menti generali riguardanti la sanità sia terrestre, sia marittima, senza l’intervento di quello della marina. L’on. Boselli aveva anche osservato che se il per­ sonale dipendeva da due Ministeri, rimaneva incerta e illusoria la responsabilità di fronte al Parlamento e al paese. L’on. Maldini perorò in favore del progetto del Ministero, che fu abilmente difeso dall’on. Nicotera il quale insistè sui legami della sanità marittima colla sanità terrestre e sui benefizi della unicità del servizio.

La Camera approvò con notevole maggioranza il progetto ministeriale. Noi concluderemo che sebbene esso presenti degli’inconvenienti, a cui cercava ri­ mediare il progetto della Commissione, alla sua volta non scevro di difficoltà, vi è da rallegrarsi di quanto si è ottenuto. I fastidi scemati per il commercio, la dimi­ nuzione di aggravio per il pubblico erario, l’aggiunta di due membri esperti delle cose.di mare al Consiglio su­ periore di sanità con voto deliberativo nelle que­ stioni che riguardano la sanità marittima, costitui­ scono un miglioramento non lieve agli ordinamenti fin qui in vigore.

IL DEPERIMENTO DELL’ARGENTO

ed il rapporto della Commissione della Camera inglese

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161 L’ E C O N O M IS T A

tali eventi aflinchè una diagnosi diligente del male potesse facilitare l’applicazione degli opportuni rimedi.

La commissione ha compiuto il suo lavoro esten­ dendone i resultati in un elaborato rapporto dovuto probabilmente alla penna del suo presidente, il si­ gnor Goschen, illustre scienziato di cui tutti cono­ scono la competenza in simili materie.

La cagione più manifesta del deprezzamento del- 1’ argento, e quella che il rapporto tratta la prima è la produttività delle nuove miniere americane. È rimarchevole la celerità degli effetti prodotti dalla scoperta dei nuovi depositi argentiferi.

Adamo Smith era di opinione che i prezzi in Inghilterra non avevano cominciato ad essere sen- sibilmente alterati dalla scoperta dell’oro in America fino al 1570, benché i primi carichi di metallo fossero spediti in Europa nel 1502 e le miniere del Potosi, le più produttive di tutte, fossero scoperte nel 1542.

Quando nel 1850 furono scoperte grandi quantità di oro in California ed in Australia, molte persone supposero che ne sarebbero stati enormemente alte­ rati i prezzi di tutte le cose ; ma questo non accadde; adesso pertanto non sono che pochi mesi dacché la pubblica attenzione si è rivolta intorno alle produt­ tività delle nuove miniere d’argento americane e già quel metallo ha subito un ribasso che raggiunge quasi il 20 per cento. Devesi osservare per altro che questo ribasso l’argento lo ha fatto di fronte all’oro; ma non vi è nessuna prova che i prezzi di tutte le cose, nei paesi in cui essi sono misurati in argento soltanto, si siano accresciuti in quella proporzione, anzi un’inchiesta accurata dimostra che essi non sono cresciuti in modo apprezzabile.

E ciò è comprovato dalla considerazione che se tutti i prezzi fossero cresciuti del 20 per cento in tutti i paesi che adoperano l’argento come agente principale degli scambi, si sarebbe reso necessario uno stock di monete d’argento maggiore del 20 per cento di quello usato fin qui per effettuare a quei prezzi maggiori lo stesso scambio di merci; il che, stante la mancanza nella maggior parte di quei paesi che comprendono tutte le contrade dell’Oriente, di altri agenti più economici di circolazione avrebbe prodotto una richiesta di una somma assai rilevante di argento che nel fatto non si è verificata. Ed invero non ostante l’accresciuta produzione dell’argento negli Stati Uniti è un fatto degno di nota che nessun aumento nell’importazione dell’argento in Inghilterra dagli Stati Uniti ha avuto luogo dopo il 1873. Nel 4875 questa importazione fu di 3,092,000 lire ster­ line e fu la più piccola dopo il 4869 e siccome, eccetto una piccola somma di argento che va diret­ tamente in China da S. Francisco, tutto 1’ argento che lascia l’America passa dall’Inghilterra, è chiaro che nessuna richiesta per una somma addizionale di

6 agosto 1876

argento, quale sarebbe stata necessariamente provo­ cata da un grande aumento nei prezzi specialmente in Oriente non ha avuto luogo. La nuova legge monetaria dellTmpero tedesco, ha, è vero, messo in disponibilità una certa quantità di argento, ma le vendite di quel metallo fatte dalla Germania a tutto il 26 aprile dell’anno corrente non hanno ecceduto i 6,000,000 di sterline da ripartirsi in varii anni.

Nei primi sei mesi del 4876 la somma dell’argento spedita dall’America fu quasi indenticamente uguale a quella inviata nello stesso periodo del 4875 e assai minore di quella degli anni precedenti. Abbiamo infatti pel 4874 (nei primi 6 mesi) 2,046,925 1. st.

4875 » » 4,293,258 »

4876 » » 1,293,854- »

Sicché in realtà nonostante il grande deprezza­ mento dell’argento nel mercato dovuto in gran parte all’apprensione cagionata dalla scoperta delle nuove miniere non si è verificato ancora nessuna offerta straordinariamente maggiore di quel metallo.

La spiegazione di questo fatto è che la notizia della nuova scoperta è giunta in un mercato dove i prezzi erano già anteriormente in ribasso e che trovavasi straordinariamente perturbato e sensibile.

La causa di questa perturbazione era l’incertezza che pesava sopra di esso in conseguenza della de­ monetizzazione dell’argento in Germania. Coloro che facevano commercio di questo metallo non sapevano di quale quantità di argento avrebbe potuto disporre il governo tedesco, nè quando ne avrebbe disposto. Questa incertezza esercitava un’azione incessante delle più intense; il mercato metallico ne era influenzato come sarebbe impressionato il mercato dei cotoni a Liverpool se si temesse ad ogni istante l’arrivo di una grossa partita di cotone di cui non si cono­ scesse la quantità.

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6 agosto 1876 IV E C O N O M IS T A 165

Una terza gravissima cagione deve riscontrarsi nei rapporti fra l’India ed il Governo inglese; l’ammontare delle contribuzioni pagate dall’India è quasi tripli­ cato dall’epoca della ribellione di quel paese. L’effetto di questo cambiamento si è risentito soltanto recen­ temente, perchè la costruzione delle ferrovie indiane importava nell’ India una spesa di capitali prelevati dall’Inghilterra che contrabbilanciavano le contribu­ zioni pagate allTnghilterra dall’India.

L’esportazione dell’argento dall’Inghilterra nell’India era negli anni dal 1868 al 1872 di 10,000,000 di sterline annue, mentre dal 1872 al 76 non è più stato che di 4,100,000 sterline l’anno.

D’altra parte i biglietti tratti dal Governo inglese sull’India ammontavano a una media annuale di 7.400.000 sterline dal 1868 al 1872, mentre dal 72 al 1876 hanno raggiunto la media annua di 12.600.000 sterline e la diminuzione della domanda dell’ argento che da ciò è derivata ha pesato sul mercato monetario rendendolo costantemente sensibile e sempre maggiormente proclive ad abbassarne il prezzo. Quanto alla scoperta di nuovi depositi ar­ gentiferi essa non avrebbe bastato da se sola ad al­ terare il prezzo dell’argento di fronte all’oro in modo così repentino, tanto più che anche la produzione dell’oro si è negli ultimi anni accresciuta in modo notevolissimo.

Tutte le affermazioni contenute nel rapporto sono diligentemente comprovate dai dati desunti da rap­ porti ufficiali della massima autenticità; dall’insieme di questo lavoro risulta adunque in modo evidente che il male di cui soffre in questo momento il mer­ cato monetario non è il deprezzamento dell’ argento di frontq ad ogni altra merce nei paesi in cui esso è adoperato come misura dei valori, nè il deprezza­ mento dell’argento di fronte all’oro cagionato dal­ l’abbondanza subitanea nella offerta del primo metallo o da una diminuzione nel suo costo di produzione ma è l’apprensione cagionata da un aumento di produzione sopraggiunto improvvisamente sopra un mercato già dapprima perturbato, nel quale un Go­ verno ha creato un’offerta straordinaria, una lega di altri governi ha rifiutato di attingervi come il consueto, ad un altro finalmente richiedendo un forte aumento dei tributi a paesi che importavano molto argento ha indirettamente diminuito la loro domanda.

Dalla esposizione di queste cause perturbatrici del mercato monetario 1’ Economist di Londra de­ duce ciò che debba pensarsi intorno alle opinioni da alcuni espresse per porre riparo ai mali che derivano alle Indie inglesi, il cui governo percipe le sue entrate in argento, ed è costre.to a pagare annualmente alla madre patria come interessi di debiti, di obbligazioni ferroviarie ecc. una somma fortissima in oro. La sostituzione dell’oro all’argento

come tipo metallico condurrebbe l’India in questo momento a comprare l’oro ad un prezzo straordi­ nariamente elevato ed a vendere il suo argento co­ piosissimo ad un prezzo straordinariamente vile. Lo arrestare la coniazione dell’argento in Oriente sa­ rebbe lo stesso che aggravare di più il disordine a cui è in preda il mercato monetario, aggiungendo una nuova difficoltà a quelle che hanno cagionato tutto questo disturbo. 11 chiedere ai contribuenti in vista del deprezzamento dell’argento il pagamento delle tasse in oro o in una somma maggiore d’argento che equivalga in valore all’ammontare della somma da essi pagata anteriormente al ribasso, sarebbe una flagrante ingiustizia, perchè l’argento essendo svilito relativamente all’oro e non già di fronte alle altre merci i contribuenti delle Indie non hanno punto aumentata la loro rendita calcolata in argento. Il solo rimedio l’Economist lo trova nel lasciare ope­ rare liberamente le grandi forze naturali del com­ mercio. L’effetto necessario del deprezzamento del­ l’argento di fronte all’oro è quello di sviluppare notevolmente l’esportazione dai paesi che fanno uso dell’argento e nei quali le merci possono esser pagate a miglior mercato restringendo in essi in pari tempo le importazioni che quei paesi si trovano, costretti a pagare a prezzo più caro. Per ristabilire l’equilibrio nella bilancia commerciale così alterata, si rende allora necessario lo spedire in quei paesi delle forti . somme metalliche e la nuova ricerca d’argento pro­

mossa dalla necessità di provvedere a questa corrente metallica tenderà inevitabilmente a farne risalire il prezzo. L’Economist in conclusione crede che nello stato attuale delle cose il deprezzamento notevole dell’argento sia un fatto di carattere affatto transitorio e ciò per due ragioni, cioè lo sviluppo dell’importa­ zione di questo metallo nei paesi d’Oriente in conse­ guenza del suo attuale ribasso, e la nuova richiesta che dovrà sorgerne se il suo svilimento di fronte a tutte quante le altre merci renderà necessario una maggior quantità d’argento per effettuare la stessa somma di scambi nei paesi che adoperano l’argento, ; la quale quantità ancorché non fosse che una piccola

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166 L’ E C O N O M IS T A 6 agosto 1876

Le condizioni economiche della Russia meridionale

( Nostra corrispondenza)

Odessa, 27 luglio 1876.

Le pioggie quasi giornaliere, e gli uragani che si succedono con una frequenza insolita per questi climi, mettono in serie apprensioni i coltivatori del- l’interno, i quali attendono invano da tre anni un buon raccolto, che ne migliori le condizioni econo­ miche. Costretti a vivere della terra, e ad attendere esclusivamente dai prodotti del suolo le proprie rendite, i grandi come i piccoli proprietarii, menano da tre anni una vita stentata, la quale ha per ne­ cessaria conseguenza diminuita la prosperità di questo grande emporio commerciale, già travagliato del resto da una crisi abbastanza grave e profonda.

Se il cielo ed i venti si rabboniranno, se nuovi cataclismi non ci cadranno tra capo e collo, io credo che i timori concepiti svaniranno e che i granai si apriranno ad accogliere un raccolto ubertoso e suf­ ficiente a sanare molte piaghe apertesi in questi anni di carestia.

Non crediate però che con questo le sorti di Odessa si abbiano a mutare radicalmente e che questa perla splendidissima del Mar Nero possa ripigliare subito quella corsa ascendente, che bastò in sessant’ anni a mutarla da borgo ignobile e sconosciuto in una citta di primaria importanza. Troppe sono le cause che hanno determinato la crisi alla quale accennavo più innanzi, perchè essa abbia a cessare d’un tratto e quando una di queste cause, sia pure la princi­ pale, venga rimossa.

Innanzi tutto le contrade che stanno alle spalle di Odessa e che ne alimentano il vasto traffico di espor­ tazione, sono estremamente povere di popolazione. Chi ha percorso non solo il Governo di Chersona ma quelli pure della Bessarabia, della Podelia, di Kieff, di Pollava, in una parola tutta la Russia Me­ ridionale non può a meno di aver notata questa scarsità d’abitanti, questa mancanza di lavoratori ai campi interminati, alle steppe desolate che un sole d’Africa tormenta coi suoi raggi infocati e che nude d’ alberi e di foreste sono quasi impraticabili nel­ l’estate. Solo ad enormi distanze si scontrano simu­ lacri di villaggi, dove intorno ad una dimora quasi signorile, si stringono venti, trenta capanne, a metà sepolte nel suolo, col tetto coperto di terra e di ve­ getazione, in cui vivevano prima del 1861, poche centinaia di schiavi, e dove oggi languono le fami­ glie dei redenti, diventati coloni.

Quando i raccolti son larghi e ubertosi, quando la natura è generosa a questi infelici dei suoi doni migliori, allora la posizione loro diviene quasi sop­ portabile, ma se la siccità manda a male le biade, I

allora la più squallida miseria gli tormenta, allora essi stringono dei contratti, come avvenne quest’in­ verno passato, in forza dei quali ed in correspettivo del mantenimento si impegnano a lavorare un anno intero come giumenti; allora i bestiami, gli aratri, le macchine che erano il loro capitale perdono in­ teramente il valore, e da coloni agiati si mutano d’un tratto in miserabili. Un cavallo si vendeva nel- l’interno e verso il novembre passato, uno o due rubli, un bue, cinque o sei, qualche cosa meno d’un napoleone.

Ora questa scarsità di abitanti e per conseguenza di lavoratori, produce per contraccolpo naturale un prezzo elevato per la mano d’opera e quindi per le derrate. Di qui una concorrenza disastrosa ai pro­ dotti della Russia Meridionale, per parte delle gra­ naglie e delle farine della California, specialmente sui mercati dell’ Inghilterra, questo centro del più grande consumo. Infatti basta interrogare le stati­ stiche per accorgersi, che mentre del grano impor­ tato in Inghilterra e che ammonta annualmente a

14 circa milioni di Quarters, gli Stati Uniti d’Ame­

rica non fornivano nel 1867 che il 14 0|0 e la Russia il 44 0[o; nel 1872, le parti erano invertite, e la Russia non ne inviava più che il 24 per 100, mentre TAmerica vedeva crescere la sua quota di concorso fino al 51

0[0-Nè la scarsità d’ abitanti ed il caro conseguente della mano d’ opera, sono la causa unica di quella decadenza a cui vi accennavo incamminarsi da qual­ che tempo questo emporio commerciale.

L’apertura della linea ferrata che congiunge Kiew a Brest per la via di Konisberg, creando un nuovo sbocco ai prodotti di quella vasta regione che cir­ conda Kiew, deve necessariamente aver diminuito e di una cifra importante il commercio di transito del porto di Odessa. Infatti colle tariffe elevate della Società ferroviaria in Russia, coi noli d’ ordinario mollo alti per il trasporto dei cereali da Odessa al­ l’Inghilterra, vi ha tutta la convenienza di seguitare la linea di terra ferma, la quale lasci fuori il Mar Nero e il lungo giro attraverso al Mediterraneo. E il commercio ha inteso senza ritardo questa conve­ nienza e masse imponenti di grani e di segale s’in­ camminano alla Manica per il nuovo cammino aperto al traffico internazionale.

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com-6 agosto 187com-6 L 'E C O N O M I S T A 167

mercio, quando queste industrie avranno attirato qui una folla di operai e offerto all’attività umana nuove e più vaste sorgenti di lucro.

I grandi corsi d’acqua del Dnieper e del Dniester utilizzati meglio di quello che oggi noi siano, possono prestare all’industria dei larghi servizi, come mezzo di irrigazione e come forza motrice, e molte mani­ fatture che la Russia è costretta a domandare alle altre Nazioni in cambio delle materie prime, che essa loro invia, potranno essere prodotte qui a pari buon mercato, e con uguale risultamento in fatto di qualità e di merito.

Le lane della Russia, p. es. già cosi vantaggiosa­ mente conosciute ed ora tanto deprezzate in com­ mercio, potrebbero benissimo venire lavorate in queste regioni, con molto risparmio di spesa, e con molta utilità del paese, dove durante l’ inverno mi­ gliaia di individui non hanno il mezzo di guada­ gnarsi un Copeco, e passano la giornate nei Traktir a bere dozzine di tazze di thè, o ad inebriarsi di

Votka.

Per arrivare a questo risultato, il Governo Russo ha creduto di seguitare fino a quest’oggi un sistema assurdamente protezionista. Ogni articolo manufatto che arriva dall’ estero è gravato di diritti doganali enormi, corrispondenti in media al 35 per 100 del valore delle merci importate. Un rigore estremo presiede alle visite, ogni più piccolo articolo è bol­ lato a piombo, ed ispezioni frequenti nei magazzini hanno luogo per combattere il contrabbando. Ma sapete qual’ è il risultato di tutto questo ? Il consu­ matore paga tutto carissimo, ciò che costa 10 all’a­ bitante di Parigi, rinviene a 20, a 25 al poco for­ tunato cittadino di Odessa, ma le industrie non na­ scono in paese, ma l’indirizzo economico della Russia Meridionale non si trasforma, prova novella, se nuove prove occorressero, che non è la protezione ma la libertà che fa prosperi i commerci e le industrie.

Società di Economia politica di Parigi

Riunione del 5 luglio 1876

sotto la Presidenza di Michele Chevalier

Aperta la seduta il segretario perpetuo annunzia la morte di miss Harriet Martineau. Essa ha pub­ blicato alcuni Racconti sull'economia politica nei quali ha trattato, con forma aneddotica, parecchie questioni popolari. Fra i lavori presentati dal segre­ tario ve ne ha uno relativo alle Banche popolari del signor Vigano che è invitato a dare qualche schia­ rimento sulla costituzione di quelle Banche di cui si è fatto ardente promotore.

11. signor Viganò, accettando il cortese invito, dice che ha già avuto l’onore di intrattenere la Società

nel 1855, nel 1859, nel 1863 e nel 1867 intorno alle istituzioni popolari che, in mezzo a mille osta­ coli, trionfano in Italia, fanno miracoli in Germania ed anche in Russia, dove hanno messo radice rapi­ damente dopo il decreto del primo marzo 1861 che ha dato la libertà a più di 40 milioni di servi di­ venuti una potenza enorme per quella nazione.

Queste istituzioni sono fondate sul potente prin­ cipio « Aiutati che il cielo ti aiuterà » sono di as­ soluta necessità economica, sociale e politica, e la Francia dovrebbe affrettarsi a fondarne in casa propria. Siccome il signor Viganò ha avuto la for­ tuna di contribuire, insieme con altri, a fondare in Italia molte Società cooperative e che da sè solo negli ultimi due anni ha potuto fondare quattro Banche popolari, due sul lago Maggiore, a Intra e ad Arona, una a Merate, luogo ov’egli è nato, e l’ul­ tima a Cannes, egli si crede autorizzato a spiegare quale è il metodo che tiene per fondare una Banca popolare. Quando ho scelta la località, dice il signor Viganò, m’indirizzo a una dozzina di persone che godono la pubblica considerazione, spiego loro che cosa sia una Banca popolare e cerco di convincerli del bene che essa produrrebbe nel loro paese; li consiglio di aiutarmi a fondarne una ed in una con­ ferenza privata spiego loro lo scopo, il carattere ed il meccanismo di questa istituzione.

In questa prima conferenza ottengo facilmente la adesione di tutti gli uditori, rispondo a tutte le obie­ zioni e domando che sia nominata immediatamente una Commissione di 7 o 8 membri incaricata di raccogliere le sottoscrizioni e di preparare gli Sta­ tuti. Si autorizza al tempo stesso uno dei membri di quella Commissione a riscuotere il primo decimo sulle azioni, ossia 5 franchi, più 4 franchi per azione destinati a cominciare il fondo di riserva.

È distribuito ad ogni membro della Commissione una lista di sottoscrizione.

A Cannes gli statuti sono stati redatti sopra quelli della Banca popolare di Milano, la più prospera al mondo; sono stati poi modificati secondo le leggi fran­ cesi e riveduti dalla Camera dei notari di Parigi.

Tutte le Banche popolari che si volessero stabi­ lire d’ora innanzi in Francia dovrebbero modellarsi sugli statuti della Banca popolare di Cannes. In tal modo si eviterebbe una gran perdita tempo. La Com­ missione d’iniziativa, che fa ordinariamente il suo lavoro in 15 giorni, riunisce in una seconda adu­ nanza gli aderenti. In questa adunanza gli statuti sono letti, discussi ed approvati. Quindici giorni dopo si fa una terza conferenza, che diventa la prima as­ semblea generale. In questa assemblea si nominaho il presidente, il vice-presidente, il Consiglio d’ammi­ nistrazione ed il Consiglio di sconto, composto ognuno di 12 membri almeno; si nomina in pari tempo il Comitato dei censori, composto di tre membri. Di

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168 L’ E C O N O M IS T A 6 agosto 1876

ogni adunanza si fa un processo verbale, il quale, insieme con le liste di sottoscrizione, deve essere inserito in un atto notarile secondo la legge del 1867.

Ecco fondata la Banca popolare. Dopo di ciò non resta altro che a far redigere da un notaro l’ atto di Società anonima con capitale variabile. Si con­ voca un’altra assemblea generale che dopo aver confermata T amministrazione nomini un direttore ed un cassiere.

Subito dopo si incominciano le operazioni. Il si­ gnor Yiganò ricorda che nel 1874 vi erano in Ger­ mania 2659 Banche popolari, 600 Società d’arti e mestieri e materie greggie, 1089 Società di consumo, 55 Società di costruzioni; in tutto 4385 stabilimenti.

Le 2639 Banche popolari hanno prestato ai loro soci nel 1874, 451,908,594 talleri, vàie a dire 1,694,656,477 franchi e 50 centesimi. La Cassa di risparmio di Milano aveva, il 31 dicembre 1875, 95 succursali, con 222,224,593 franchi e 80 cente­ simi di depositi di cui 100,445,392 franchi e 67 centesimi appartengono alla Cassa di risparmio della città di Milano.

Il signor Pascal Duprat, deputato della Senna, che ha soggiornato in Italia e studiato il movimento intellettuale ed economico di questo paese, attribuisce il successo delle Banche popolari, alle qualità spe­ ciali delle popolazioni dell’ Italia settentrionale, non ha la stessa fiducia nelle popolazioni del centro e del mezzogiorno. L’ italiano del nord è laborioso, pa­ ziente, economo; ha il genio lombardo.

Il signor Viganò non nega la verità delle cose dette dal signor Duprat; eppure anche nell’Italia centrale e meridionale vi è un certo numero di Banche popolari. In grazia della diffusione dell’inse­ gnamento della economia politica nelle scuole tec­ niche, in quelle primarie superiori ed in quelle delle Società di mutuo soccorso, le Banche popolari si spargeranno sempre più in tutta l’Italia. Questo mo­ vimento cresce ogni giorno ed al 31 dicembre ul­ timo l’ Italia contava 152 Banche popolari autonome, senza parlare delle succursali stabilite da taluna di esse. Queste Banche popolari hanno poco o nulla sofferto per la legge che le ha obbligate a ritirare dalla circolazione, al 51 dicembre 1875, tutti i bi­ glietti di piccolo taglio. Il signor Viganò aggiunge pertanto che due o tre Banche popolari, che hanno fatte operazioni contrarie allo statuto, sono andate in rovina.

Rispondendo al signor Michele Chevalier, il signor Viganò dice che è vero che la Banca popolare di Milano ha avuto nel 1875 un movimento di cassa di 1,211,000,000 di franchi e ha dato un dividendo di 14 franchi per ogni azione di 50 fr.

Rispondendo al signor Courtois, intorno al carat­ tere popolare di queste Banclie, il signor Viganò dice che la povera gente e gli operai partecipano

largamente alle Banche popolari. Le azioni general­ mente di 50 lire ognuna possono pagarsi un poco per volta. Se un buon operaio vuol migliorare la propria posizione o giungere a lavorare a conto proprio, si fa socio di una Banca popolare e coi suoi piccoli risparmi diventa possessore di tre, quattro o cinque azioni. Se per esempio desidera aprire una piccola bottega, può prendere in prestito dalla Banca in una sola volta una somma eguale a quella che ha versato in parecchie volte ed anche più se la sua capacità e la sua probità sono abbastanza conosciute, per tre ed anche per sei mesi ad un interesse mo­ derato. Vi sono anche delle Banche che scontano le note di lavoro o le note dei fornitori, purché siano liquide e con scadenze determinale. È inutile il dire che le Banche popolari scontano le più piccole let­ tere di cambio ; 1’ anno decorso la Banca di Milano ha scontate 12,193 lettere di cambio da 20 a 200 franchi. Anche il mendicante, che è l’ultimo gradino della scala sociale, può depositare un poco per volta l’ammontare delle elemosine quotidiane; la coope­ razione arriverà senza dubbio a fare sparire la men­ dicità.

Il signor Giuseppe Garnier crede che la prospe­ rità delle Banche popolari è forse dovuta solo alla abnegazione dei loro fondatori e non sarà sempre facile rinvenirla: ed il signor Viganò gli risponde che in Italia ogni anno una gran parte dei membri dei Consigli d’amministrazione e di sconto e dei Co­ mitati di censori è rinnovata. Eppure vi è sempre una vera concorrenza di persone disposte ad assumere tali ufficii. Il sentimento del bene pubblico si svi­ luppa sempre più, un poco per un vero desiderio di rendersi utili, un poco per innalzarsi nell’ opi­ nione pubblica, ed un poco finalmente per una lo­ devole ambizione. Il signor Viganò crede così di aver risposto a tutte le obiezioni, sia sul meccanismo delle Banche popolari, sia sulle loro operazioni con l’intimo convincimento che sia aperto un grande avvenire a queste istituzioni.

Dopo alcune parole di ringraziamento del presi­ dente, la seduta è sciolta.

Le Ferrovie in Europa ed in America

La discussione avvenuta testé in Parlamento sul riscatto ed esercizio delle ferrovie, ha ridestato an­ che fra noi, lo studio di questo importante servizio, che ha tanta parte nello svolgimento morale ed eco­ nomico delle nazioni.

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prò-6 agosto 187prò-6 L ’ E C O N O M IS T A 169

venti ed il tasso dello interesse corrisposto al capi­ tale impiegato in codesto ramo d’industria, a noi pare opera non solo di attualità e vantaggiosa, ma utilissima tanto per gli studiosi di questa materia, quanto per i lettori, che desiderano, mediante una serie di fatti e di cifre, farsi un giusto criterio su questo importante argomento.

È perciò che verremo man mano riassumendo ed esaminando le notizie più recenti riguardanti le fer­ rovie nei diversi paesi, incominciando col dare oggi quelle che si riferiscono alla:

Gran Brettagna e Irlanda

La lunghezza delle linee ferroviarie in esercizio nella Gran Brettagna ed Irlanda, che alla fine del 1871 era di 21,710 chilometri, saliva al 31 dicembre 1871 a 26,166 chilometri, dei quali 18,700 nell’ In­ ghilterra e Galles; 1341 nella Scozia e 3122 nel- l’ Irlanda. Nel 1873 furono costruiti altri 401 chilo­ metri di linea, portando così il numero totale a 26,870 chilometri.

I tre quarti circa di codeste linee sono di pro­ prietà ed esercitate da 20 grandi Compagnie. Esse sono in Inghilterra: la Great Eastern (1371 chilo­ metri), la Great Northern (960); Great Western (2493): Lancashire and Yorkshire (723): London

and North Western (2585); London and South- Western (1102); London, Brighton and South-Coast

(535): London Chatham and Dover (253); Manche­

ster Sheffield and Lincolnshire (462); Midland

(1792); North Eastern (2286); North Staffordshire (309) e South-Eastern (533); nella Scozia; la Ca­

ledonian (1329); Glasgow and South-W estern (SOI); Great North o f Scotland (460); Hgh-land (617) e North British (1563); in Irlanda: la Great Sou­ thern and Western (716) e Midland Great Western

(639); Le altre linee sono di proprietà ed esercitate da piccole Società.

La spesa di costruzione di tutta la rete ferro­ viaria della Gran Bretagna ed Irlanda ascendeva a 15,247,398,275 di franchi alla fine del 1874 (576,102 per chil.); a 13,247,716,825 nel 1870 (529,925 per chil.) e a 8.703,253,173 nel 1860 (518,460 per chil. e a 3,006,768,650 nel 1850 (553,280 per chilometro.

Le linee che per costruzione hanno maggiormente costato, sono la Ferrovia Metropolitana (10,684,617 franchi per chilometro); la linea London Chatham e Dover (2,023,468 per chilometro); e la Manchester.

Sheffield c Lincolnshire (1,194,589 per chil).

II materiale mobile nella Gran Brettagna ed Ir­ landa sommava nel 1874 a 11,935 locomotive; 23,441 vetture e 354,438 carri, ciò che darebbe 4,5 locomo­ tive; 9,5 vetture; 134 carri ogni chilometro; il doppio circa della Germania, come vedremo in seguito.

La Compagnia London e North Western ha essa

sola 2110 locomotive; 3223 vetture e 42.054 carri; la North-Eastern 1226 locomotive; 1703 vetture e 75,459 carri.

Le locomotive hanno percorso, su tutte le ferrovie della Gran Bretagna e Irlanda, nell’anno 1874, chi­ lometri 322,579,179 (ogni locomotiva in media 27, 028 chil.)

Nel prospetto che segue diamo per gli anni 1860-66-70 il ragguaglio del materiale mobile nel Regno Unito:

1870 1866 1860 Locomotive 9,379 8,125 5,801 Tettare 20,121 19,228 15,076 Carri Ogni 10 chilometri 269,873 250,223 180,574 Locomotive 3.7 3.6 3.4 Vetture 8,0 86 9.0 Carri

Percorso delle lo­

108,5 112,2 107,5

comotive, chil. Id. medio di una

272,029,400 229,777,885 164,509,100

locomotiva 29,000 28,280 28,358

Nell’anno 1874 furono trasportate da tutte le ferro­ vie del RegnoUnito 477,840,411 persone e 188,538,752 tonnellate di merci. Gli anni 1858-66-71 avrebbero dato i seguenti risultati:

1871 1866 1858

Persone . 370,220,754 274,403,805 139,141,137 Merci Tonn. 169,361,698 126,119.516 73,124,296 Il risultato finanziariario per tutte le ferrovie della Gran Bretagna ed Irlanda sarebbe così rappresentato negli anni seguenti in lire italiane:

1874 1870 1860

Entrata lorda 1,422,487,450 1,126,953,575 694,165,550 ld. per chil. 58,745 43,287 40,931 Spesa d’esercizio 815,317,800 542,888,125 629,684,220

Id. per chil. Per cento delle

29,893 21.C82 19,444

spese sulle en­

trate. 55,6 50,0 47,5

Il capitale in azioni che era rappresentato da 6,212 milioni di franchi, diede per il 1874 il seguente dividendo: 125 milioni il 15 per cento; 23 milioni

11-12 0[o; 450 milioni 9-10 per cento; 100 milioni 8-9 0[o; 1925 milioni 7-8 0[o; 600 milioni 6-7 0[o; 875 milioni 5-6 per cento; 425 milioni 4-5 0|o; 200 milioni 3-4 0|o; 250 milioni 2-5 0[o; 150

milioni 1-2 per cento e 1087 milioni di franchi che non ricevettero ancora interesse alcuno. La media del dividendo per il 1874 fu di franchi 5, 61 per cento.

DEI SISTEMI DEL CREDITO PEGLI OPERAI

i

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170 L’ E C O N O M IS T A 6 agosto Ì876

.abbia pensato da se nei tempi trascorsi ad accumu­ larvi qualche capitale. Ma l’efficacia di quelli non si estende oltre la somma dei capitali accumulati e . dei frutti relativi, mentre all’operaio possono occor­

rere delle somme superiori a quelle già messe da parte, e possono sopravvenire dei bisogni svariati, ancorché egli non abbia mai fatto alcun risparmio, per circostanze impreviste di malattie, di sospen­ sione di lavori, o per migliorare il suo mestiere, o per accomodarsi in maniera che egli possa acqui­ starsi uno stato migliore e più lucroso pell’avvenire. In questi casi si manifesta la grande utilità degli Istituti di Credito.

È inutile il dire che quanto più il Credito sarà maggiore, e quanto più facilmente riconosciuto, tanto più la persona che lo gode, potrà trovare dei capitali a prestito, e tanto minore la sarà rimunerazione richiesta pel prestito medesimo. Ma, per sua sven­ tura, l’operaio può dare poche garanzie, e può ispi­ rare poca fiducia, avendo quasi per unico capitale, la persona propria esposta anche a continui rischi per causa del lavoro. Nelle epoche passate a mala pena egli poteva ottenere un credito assai limitato, porgendo in garanzia i suoi pochi beni materiali, come le masserizie, gli arredi di casa, o gli arnesi del mestiere, ai Monti di Pietà. Questi ebbero ori­ gine in Italia, nel 1-464, collo scopo di rimediare in parte ai prestiti degli usurai dei quali avevano bisogno i poveri ; e d’allora in poi si sono diffusi in tutta l’Europa : nella maggior parte di essi, chi ri­ ceve nn prestito sopra pegno, alla restituzione deve pagare una somma più o meno grande che rap­ presenti il frutto dei denari prestati e che compensi le spese incontrate nella custodia del pegno rila­ sciato; qualche volta i prestiti sono invece affatto gratuiti e senza interesse. Nel 4863 erano in Italia, escluso il Veneto e Roma, 299 Monti di Pietà che prestavano ad interesse, e 9 monti gratuiti, nelle Romagne, in Lombardia e nel Piemonte; nel Ve­ neto ne erano i l e nella provincia di Roma 14. Alcuni erano e sono amministrati da privati, altri da Istituti di beneficenza; e considerati alla lor volta come tali sono soggetti alla legge sulle opere pie.

In qualche luogo, per evitare l’inconveniente de­ rivante dalla consegna e dal deposito del pegno presso il Monte di Pietà, sicché, il pignorante si priva della facoltà di disporre dj esso, e degli utili che di questa disposizione potrebbe ritrarne, sogliono rilasciare l’oggetto oppignorato al suo proprietario, limitandosi a segnarlo con una marca per dimostrare il vincolo di esso, fino a che il denaro prestato non sia restituito.

Così fanno alcune Banche popolari tedesche, ed il Monte di Pietà di Amburgo, e si era proposta di farlo, secondo gli statuti, benché mai lo traducesse

in pratica, la nostra Banca del popolo di Firenze. Questo sistema riduce il prestito quasi puramente ad un atto di beneficenza, e non è privo d’ incon­ venienti, perchè in sostanza sparisce ogni garanzia reale del prestito, rimanendo soltanto la garanzia personale, che può essere fallace, del pignorante ; oltre che troppo facilmente porge occasione a frodi ed a tentativi di frode.

Non vi ha dubbio che grande fosse 1’ utilità di queste istituzioni allorché vennero fondate, poiché, come dice ii Viganò « i Monti di Pietà uccisero in Europa l’usura organizzata », e d’ altronde, in quei tempi colle parole di Turgot il quale curava la prima loro fondazione in Parigi si poteva affermare che, l’unica garanzia veramente solida contro l’operaio è il pegno. » Anehe oggigiorno, chi è nell’ ammini­ strazione dei Monti sa ch’essi non hanno perduta la loro utilità per tutti gli ordini della popolazione, e che sempre fanno comodo specialmente agli operai, ed ai poveri in generale, se non altro ai più neghit­ tosi che non possono provvedersi di credito altri­ menti. L’abolire oggi i Monti di Pietà, come alcuni vogliono, sarebbe cosa inconsulta e prematura. Ri­ conosciuto, cogli scrittori più competenti, eh’ essi pure, possono avere la loro umile parte di utilità, si dovrà pensare, se non convenga sottrarli alla legge che li considera come opere pie, e riunirli agli isti­ tuti di previdenza, anzi che a quelli di beneficenza, mentre in realtà, ehi chiede a queste istituzioni un prestito sopra pegno, non riceve beneficenza alcuna; ma paga il frutto del denaro ricevuto, spesso anche in proporzione maggiore dell’ordinaria.

Ad ogni modo questi istituti hanno dei gravi di­ fetti, che p. es., porgono agli operai troppo facile occasione di fare pazzi debiti, e di depositarvi og­ getti necessarii alle famiglie, che poi non hanno mezzi di riscuotere. Essi sono poi del tutto disa­ datti alle esigenze del credito odierno, ed alla esten­ sione che questo ha raggiunto nei tempi nostri.

In altra maniera l’operaio può ricevere un cre­ dito limitato, ricorrendo al padrone, e facendosi dare a titolo d’anticipazione una parte dei salarii che egli non ha ancora riscosso. Ma se in questo caso manca il pegno di un oggetto materiale, vi è un pegno assai più prezioso nella persona e nella libertà dell’operaio medesimo, il quale per tutto il tempo nel quale dura il debito rimane vincolato al padróne ed ob­ bligato fino alla soddisfazione del medesimo, quasi come un addictus nell’antico diritto Romano.

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6 agosto 1876 L ’ E C O N O M IS T A 17

lavoro altrove il padrone nuovo doveva prelevare l’uno per IO del salario quotidiano onde pagare il debito verso il padrone antico segnato nel libretto. Le medesime norme imponeva T antica legge di pubblica sicurezza pel regno d’Italia, del 1839; ma questa legge relativa al libretto non fu mai presso di noi molto osservata. In Inghilterra la cosa è ben peggiore, e l’operaio, pagato colà, spesso, a lunghi termini, se vuole una qualche anticipazione nel suo salario, in ragione del lavoro che ha già fatto, bi­ sogna si rassegni ad una somma molto minore di quella che gli spetterebbe; così il padrone del suo prestito usuraio guadagna per fino il 260 per cento l’anno (1). — Simili limitazioni alla libertà del­ l’operaio, e simili prestiti usurai, non si verifi­ cherebbero, o si verificherebbero assai meno, quando fosse maggiore la libertà dei contratti di lavoro, quando fossero progrediti la moralità ed il sentimento individuale dell’operaio, e quando fossero introdotti istituti, dai quali senza danno e senza umiliazione potesse egli acquistare credito nei suoi bisogni.

Una istituzionè avente per ¡scopo di concedere agli operai, dietro la sola garanzia della moralità e senz’altro pegno che la parola d’onore, è quella delle così dette Banche d’onore. In Italia, nell’anno 1862, sette Società di mutuo soccorso avevano an­ nesse di quelle Banche allo scopo di fare dei pic­ coli prestiti ai soci, spesso anche senza interesse; e fra le altre meritava di essere citata per la sua modesta, ma utile importanza, la Banca annessa alla Società delle operaie di Milano: il massimo dei prestiti era di 50 lire, e l’unica punizione minac­ ciata contro il debitore insolvente, della quale del resto dicono non sia mai stato bisogno, era la pub­ blicazione del suo nome in un albo apposito.

Secondo la statistica del 1874 in quell’anno le Banche d’onore presso le Società mutue erano circa cinquanta.

In Inghilterra le Friendly Societies hanno co­ minciato in questo secolo a concedere prestiti di onore ai soci. Ahche in Francia sono stati fatti dei tentativi analoghi, ed una circolare ministeriale del 1850 incoraggiava simile istituzione, considerando le Banche d’onore, con altisonanti parole, come • promettitrici di grandi vantaggi morali all’operaio. Però, riducendo queste Banche alla loro dovuta im­ portanza, si scorge che, annesse con altre istituzioni operaie, potrebbero avere una qualche efficacia, come ritiene anche il Luzzatti (2), poiché si limi­ terebbero a sollevare i bisogni urgenti di alcune poche persone le quali si conoscono reciprocamente e che per essere ammesse nella Società canno dato (1) Le Comte de Paris - Lee associations ouvri/fres

en Angleterre. Pag. 161.

(2) Lu ig i Lu z z a t t i. — La diffusione del credito e le

Banche popolari. Padova, 1863.

preventivamente garanzie di moralità; d’altra parte la perdita possibile delle piccole somme prestate, non recherebbe grave danno ai fondi sociali rima­ sti e l’operaio che mancasse colla insolvenza ai proprii doveri perderebbe immediatamente i diritti acquistati nella Società mediante le contribuzioni anteriori. Però alle Banche d’onore, come istituzioni indipendenti ed isolate, mancherebbero i fondamenti materiali per acquistare un vero sviluppo, poiché se si vuole qualche cosa di utile e di efficace in fatto di credito, bisogna rispettare i due fondamenti naturali del medesimo, cioè la prestazione di una garanzia solida ed il pagamento di un interesse con­ veniente.

1 maggiori istituti di Banca, godenti di potentis­ simi mezzi di credito, e generalmente sorretti dai Governi, limitano la loro azione nei centri più ric­ chi e non offrono giovamento agli operai che per la insufficienza dei mezzi di fortuna non possono perve­ nire fino a loro. Per rendere il credito più demo­ cratico e più accesssibile all’operaio, bisogna appli­ care il decentramento e lò sminuzzamento; aumentare per tutto il paese gli uffizii delle Banche sì che trovinsi accosto ai luoghi dove gli operai dimorano; e diminuire le quote di partecipazione, sicché ognuno possa prendervi parte. Allo scopo di estendere il credito agli operai, sono stati formati in questi ul­ timi tempi varii istituti; taluni per patrocinio, o per semplice speculazione, tali altri per selfhelp colle forze individuali degli operai medesimi.

Faremo innanzi una breve rivista dei primi, tes­ sendone la storia ne’vari paesi dove si mostrano più degni di nota, chà in tal modo potremo averne qualche ammaestramento per l’ Italia nostra.

In Prussia, per sovvenire ai bisogni degli operai, nelle critiche circostanze del 1848, subendo le idee che la rivoluzione aveva destate in quell’anno in Francia, circa all’intervento dello Stato in aiuto delle classi povere, il Governo destinò grosse somme per aprit e delle casse di soccorso (Hülfscassen), le quali anticipassero somme, senza interesse, agli ope­ rai ed ai piccoli industrianti bisognosi. A Berlino furono aperte 100 di simili casse, dotate d’un capitale di 85 mila talleri, ed altre ne furono aperte altrove ; ma istituite come opere di beneficenza e quasi per fare limosina ai popolani, questi, sdegnosi di ricor­ rere alla carità altrui, non se ne approfittarono, sì che a Berlino gli affari ammontarono soltanto a 68 mila talleri e nelle altre città, come Gotha, Nord- lingen, Niirnberg, Anspach, raggiunsero appena il totale dei fondi di circolazione : ben presto perciò quelle casse perirono quasi tutte.

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172 L’ E C O N O M IS T A 6 agosto 1876

Meritava pure di essere citata la Banca di sconto di Eisleben, una delle più potenti fra le Banche popolari, la quale però, staccandosi dal tipo delle vere Volksbanhen, sin dal 1851, era stata istituita da una Società in accomandita per azioni, e solo fra individui abbienti; nondimeno, secondo lo statuto, le operazioni di credito potevano essere fatte anche coi popolani non socii e questi se n’erano abbondante­ mente approfittati (1). Del resto in Germania appena 5 o 6 Banche sono istituite con tale sistema.

In Olanda parimente le Hulpbanken, costituite da Società private, sogliono far prestiti ai piccoli indu­ strianti.

In lsvizzera fino dal 1850, molte casse di rispar­ mio (Spar-und Leihcassen), hanno cominciato a fare operazioni di credito sul genere di quelle delle Ban­ che popolari germaniche di cui diremo fra poco. La libera organizzazione del eredito ha loro tolto ogni ostacolo, nè il Governo v’ ha mai preteso ingerenza alcuna. In una trentina di quelle casse i fondi per fare i prestiti sono forniti da un capitale per azioni, secondo il sistema delle Società -anonime, in altre sono forniti soltanto dai depositi ricevuti; alcune poche finalmente, e solo in questi ultimi tempi, hanno assunta la forma di vere Banche popolari, ossia di Società cooperative, ma senza solidarietà dei socii. Le operazioni loro sono: accettazione di depositi, prestiti, conti correnti, sconto di cambiali. I prestiti sono fatti a scadenza di 3 mesi, ma pos­ sono essere prorogati a 6 mesi e più a volontà del­ l’amministrazione; cotali presiiti fatti da 41 istituti, nel 1866 ammontavano a franchi 24,667,922 (1). In quell’anno i depositi equivalevano in media a dieci franchi e mezzo per individuo, mentre i depositi nelle Banche del popolo tedesche, nel 1862, rag­ giungevano appena 2 franchi per testa.

In Russia sono delle Banche comunali, la prima delle quali fu fondata a Wologda nel 1788; e nel 1872 ve n’erano già 235. Il Governo il 6 febbraio 1862 pubblicò a loro norma un modello regolamen­ tare di statuti. Sono create dal Consiglio municipale e debbono avere almeno il capitale di 10,000 rubli, preso sui fondi comunali o denaro di privati. Il beneficio in generale è consacrato a spedali, ospizii, o scuole. Sono garantite solidalmente e per l’intiero da tutti i borghesi della municipalità, che però hanno il diritto di sorvegliarle, nè questa garanzia era sce­ vra di pericoli che, per esempio, la Banca di Skopin aveva depositi per 68 volte il capitale. Però una legge del 1870 limitò i depositi al decuplo del ca­ pitale; un progetto di statuto, che non so se sia stato

(1) Eugène Seinguerlet. — Organisation du cre­

dit populaire. Les Banques du peuple en Allemagne.

— Appendice. — Paris, 1865. (1) Max Wirth.

ancora approvato, sopprimeva poi la solidarietà, limi­ tando la garanzia ai beni comunali. Queste Banche fanno sconti, anticipazioni e prestiti su fondi pub­ blici, su mercanzie, oggetti preziosi, case e campi. I contadini se ne giovano molto. Nel 1870, 185 Banche avevano ricevuto in deposito 28,724,188 rubli (4 fr.) e ne avevano rimborsati 14,673,160 (1).

In Francia, si è sempre discorso molto di credito per il popolo, e nel 1848, circa 4 milioni di (ranchi, furono impiegati, in ossequio alle idee socialistiche, nel fare dei prestiti agli operai, i quali per la mag­ gior parte, si credettero non obbligati alla restitu­ zione. Nel fatto, il credito non fu mai colà molto democratico, e, prescindendo da poche Società di cre­ dito mutuo, delle quali parleremo dopo, appena po­ trebbero essere citale alcune istituzioni poste sotto il patrocinio degli ordini più elevati, aventi lo scopo di fare agli operai dei prestiti allo scoperto e con modico interesse. Gol patrocinio dell’ imperatrice, e sotto la presidenza dell’ arcivescovo di Parigi, era stata fondata la Societé de crédit dii Brince Im pe­

riale, altrimenti conosciuta col nome di Socie à dei prestiti dell’ infanzia al lavoro essa era costituita

mediante fondi accumulati dai soci fondatori, e con­ tribuzioni di bambini che vi ponevano i loro denari come in una cassa di risparmio (2). Fino all’ am­ montare di certe somme, venivano fatti dei prestiti agli operai. L ’intendimento di questa istituzione era palesato chiaramente nel rapporto della Commissione all’ Imperatrice in data del 25 aprile 4862 ; esso diceva nell’introduzione: « Vostra Maestà fu colpita « dalle grandi difficoltà che trovano sovente gli uo- « mini che vivono del loro lavoro, quando hanno « bisogno di prendere a prestito un piccolo capitale, « per comprare degli strumenti, degli ordigni, delle « materie greggie, per soddisfare bisogni accidentali « e temporanei. Ella determinò di levare più che « sia possibile quelle difficoltà con una istituzione

fondata sulla beneficenza. »

Con ciò si comprenderà, come dal prestito della

infanzia siensi avuti poco buoni effetti, e come

avesse ragione il Seinguerlet nel dire che, parago­ nato alle Banche del popolo, desso era un giocattolo da bambini (3). Nel 1863, fu fondato in Parigi, colla forma accomanditaria la Société dii credit au travail sotto la direzione di Béluze. Lo scopo della Società era di incoraggiare l’istituzione di associazioni operaie cooperative, e di concedere loro dei prestiti, di ope­ rare anticipazioni ai sottoscrittori, e di fare altre ope­ razioni di banca ordinarie. Nel 1864, questa Società

(1) Russische Revu», lahr II, N. 2.

(2) Baudrillart, Le credit populaire. — Conferen­ ces populaires à l'Asyle imperial de Vencennes. — Paris, 1867.

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