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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.03 (1876) n.110, 11 giugno

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l'ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE. INTERESSI PRIVATI

Anno III - Yol. Y

Domenica, 11

Del sistema elettorale amministrativo

Con Decreto del 30 aprile ora decorso l’on. mi­ nistro per gli affari dell’Interno nominava una Com­ missione presieduta dall’on. Peruzzi e composta di 1 4 membri del Parlamento incaricata dello studio di tutte quelle riforme che possono condurre al mag­ giore, più pronto, semplice e libero sviluppo della vita amministrativa delle provinole e dei Comuni.

Noi sappiamo che la onorevole Commissione fino dal 46 m astio ora decorso ha iniziati i suoi studi i quali, secondo quanto dispone il precitato decreto ministeriale, debbano essere compiuti per la fine del prossimo agosto. Fra le questioni che princi­ palmente dovranno formar soggetto di cotesti studii vi è quella della riforma del sistema elettorale am­ ministrativo tal quale è oggi stabilito dalle leggi vi­ genti, ed è innegabile che fra tutti i problemi che debbono riv iv e rsi dal legislatore che si accinge all’ impianto di una buona legge che regoli le am­ ministrazioni locali, quello del sistema elettorale da prescegliersi tiene il primo posto.

Il buono e il cattivo stato di coteste aziende dipende necessariamente, più che dalle leggi che ne determinano l’andamento, dalla scelta delle persone che debbono dirigerle, ed è perciò che dal sistema elettorale che deve regolare cotesta scelta può dipendere la sorte di coteste amministrazioni. Per la natura stessa delle cose si verificano nei Comuni, più che nello Stato, conflitti di idee e di tendenze opposte le une alle altre, collisioni d’interessi diametralmente contrarii. Basta guardare un po’addentro nell’organizzazione di coteste agglomerazioni di cittadini per convincersi di cotesta verità. Noi vi vediamo una classe di per­ sone e la più numerosa, alla quale interesserebbe di avere un’amministrazione prodiga del pubblico denaro per i comodi locali, sicura com’è di che di questi dispendi ne risentirebbe ad ogni modo poco incomodo, mentre ve ne scorgiamo un'altra assai più limitata che al contrario farebbe volentieri a meno di ogni pubblico vantaggio persuasa che le spese relative debbono ricadere per la più gran parte sopra di lei. Vi è chi ha interesse a favorire i miglio­ ramenti materiali e chi per sua natura predilige quelli morali dei Comuni. Vi ha chi vorrebbe che le risorse

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dell’amministrazione comunale si chiedano principal­ mente alla proprietà fondiaria piuttosto che alle industrie ed alle contribuzioni indirette, e chi invece vorrebbe soverchiamente sgravata la possidenza a danno dei redditi personali. Se taluni di cotesti inte­ ressi venissero affatto sagrifieati agli altri, oltre al commettere un’ingiustizia si impedirebbe quella pa­ cifica colta e sodisfacente convivenza dei singoli interessati fra loro dalla quale soltanto dipende la pro­ sperità del Comune come dell’intiera nazione.

11 compito difficilissimo del Legislatore nello sta­ bilire un sistema elettorale amministrativo, sta dunque nel conciliare cotesti interessi nel dare a tutti co- testi un’adeguata parte d’influenza nell’ amministra­ zione comunale evitando gli eccessi viziosi senza accordare un’ingerenza eccessiva o ad una possidenza egoista o ad una democrazia invidiosa e dissipatrice. I problemi che si contengono nella ricerca di un buon sistema elettorale amministrativo si risolvono adun­ que nel ricercare e stabilire, I o a quali persone debba concedersi il diritto di scegliere e nominare gli ammi­ nistratori, 2° quali persono possono essere elette a cotesto incarico, e 3° qual sia il modo da determinarsi perchè l’elettore ponga ad atto la sua facoltà di scelta e di nomina. — Noi crediamo che possano stabilirsi a priori delle regole direttive per la soluzione di cotesti problemi. I principii del diritto pubblico moderno e le regole dell’equità richiedono che tutti coloro che contribuiscono parte qualunque dei loro averi per le spese dell’azienda comunale abbiano diritto alla scelta di coloro che debbono amministrarla: la prosperità e la vitalità del Comune esigono poi che a risiedere nei Consigli del Comune si prescelgano coloro fra i Comunisti che abbiano maggior grado di cultura e di capacità e maggiori interessi da tutelare: ed in ultimo, se non vuol rendersi illusorio il diritto del voto, occorre che dalla legge sieno emesse tutte le facilitazioni possibili per l’ esercizio di cotesto diritto.

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abbastanza per quello che riguarda il diritto del voto larghezza eccessiva nella scelta degli eligibili e diffi­ coltà inconsulte opposte alla manifestazione della volontà dell’elettore. Noi confidiamo che persone for­ nite di tanta scienza e di tanto senno pratico, come sono quelle alle quali fon. ministro dell’interno ha affidato lo studio e la soluzione di siffatti problemi sapranno risolverli a dovere e vedere quali sieno le disposizioni legislative relative che hanno bisogno di riforma, e sapranno proporre all’approvazione del potere legislativo un sistema che pur rispettando i diritti di ogni classe di cittadini dia garanzia seria di una buona amministrazione; pur non ostante ci facciamo lecito di esternare in proposito la nostra opinione parendoci che sia un dovere della pubblica stampa, ed in specie di quella che non si occupa di questioni politiche, il rilevare gl’inconvenienti che si rimproverano alle leggi amministrative vigenti e così a quella che regge le amministrazioni degli Enti locali, al benessere dei quali è tanto stretta- mente collegata la prosperità dell’intiera nazione.

In teoria astratta bisognerebbe ammettere che qua­ lunque cittadino godente dei diritti civili, che con­ corre alle spese dell’azienda comunale abbia diritto di scegliere gli amministratori dall’ opera dei quali dipende la buona o cattiva erogazione dei tributi pa­ gati da lui. Però in pratica si è creduto bene limi­ tare cotesta regola generale escludendo dei consigli elettorali, ì° coloro che contribuiscono in così pic­ cola parte alle spese comunali da farsi considerare troppo poco interessati alla scelta degli amministra­ tori ; 2° coloro che si presumono incapaci di eserci­ tare a dovere il diritto elettorale ; e 3° coloro che si reputano indegni di esercitarlo. — Per ciò che riguarda la ultima delle accennate esclusioni non sapremmo muovere censura alla legge vigente se ha espulso dal campo elettorale coloro che per propria colpa si sono procacciati la disistima dei proprii concitta­ dini. Cotesta esclusione è appoggiata a ragioni di alta moralità, ed i precedenti della vita di alcuni non permettono di credere che farebbero buon uso del diritto elettorale. Il suffragio non servirebbe che a colpire di discredito le persone elette da loro facendole_scadere nell’ opinione di tutti gli onesti. — Ma non così ci vieti fatto di dire per gli altri titoli di esclusione che la vigente legge comunale ha voluto stabilire. Una cifra più o meno alta di contribuzioni dirette non ci pare oggi una buona regola per n e­ gare o concedere al cittadino il diritto elettorale. Quando il sistema tributario locale limitavasi alle imposte dirette poteva forse cotesta giustificarsi con la tenuità del concorso di un cittadino nelle pubbliche spese; ma oggi, con tanto larga applicazione dei tributi indiretti, spesso accade che la imposta che si paga direttamente mediante ruoli non rappresenti più che una piccola parte del denaro che un cittadino

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esclusione dal corpo elettorale delle donne che hanno la libera amministrazione dei loro beni. Noi sappia­ mo intendere perfettamente e rispettare le ragioni di convenienza che vogliono tenute lontane le donne dalle agitazioni delle lotte elettorali politiche, ma non ci pare che simili ragioni possano affacciarsi nel caso delle elezioni amministrative. A sostegno della nostra opinione invochiamo l’esempio di tante altre | legislazioni antiche e moderne, ed anche meno libe­ rali della nostra, che hanno pure concesso il voto

alle donne; ed anche nella relazione dell’ on. Bon- j compagni sul progetto di riforma alla legge comu­ nale sarda del 1839, presentato alla Camera nel giugno 186 i, si conteneva la proposta di concedere il diritto di voto alle donne le quali avrebbero po­ tuto inviare la loro scheda scritta e suggellata ed au­ tenticata da un Notaio o dal sindaco del luogo di loro residenza. Noi, in omaggio alla giustizia ed alla logica, quantunqne non disposti a seguire in tutto le teorie eleganti di un chiarissimo membro della nostra Ca­ mera dei Deputati, ci auguriamo che la ragionevo- volezza di cotesta riforma non sfugga al senno della Commissone governativa eletta dall’on. Nicotera.

Però, mentre il rispetto ai diritti di tutti ci spinge a dichiararci fautori di un allargamento del suffra­ gio amministrativo, il pensiero dell’ interesse delle aziende locali ci induce a desiderare che sia ristretto il numero delle persone che possono eleggersi. Il di­ ritto di eleggere gli amministratori locali non può confondersi, a parere nostro, con quello di essere eletti, perchè altra cosa è il giudicare se la tale o tal’altra persona sia più o meno adatta a ben am­ ministrare l’azienda comunale altra l’ amministrarla effettivamente. Il diritto di elezione nasce dalla con­ tribuzione del cittadino alle spese occorrenti per i pubblici bisogni, ma il diritto di eligibilità non può ripetersi che dalla capacità personale di un cittadino a bene amministrare la quale si presume ragione­ volmente o per gli studii da lui fatti o per la entità dell’ interesse che egli ha nel buon andamento delle pubbliche faccende locali. — Perciò noi non ci pe­ ritiamo ad esprimere il desiderio che venga ri fermato l’Art. 25 della vigente legge comunale che dichiara eligibili tutti gli elettori con alcune eccezioni le quali anzi colpiscono le classi più colte. E tanto più ci pare necessaria una restrizione del numero degli eli­ gibili alle cariche del Comune quando voglia allar­ garsi quello degli elettori. Non bisogna dimenticare che nel corpo elettorale la grande preponderanza numerica è delle classi dei nullatenenti o dei piccoli industrianti, e dichiarando eligibili tutti gli elettori si corre naturalmente questi pericoli, 1° di porre l’ amministrazione del patrimonio comunale in mano di chi poco si cura che sia dilapidato perchè per­ suaso che non sarà chiamato a ripristinarlo se non in piccolissima parte; 2.° di tutelare troppo gli in­

teressi delle classi più numerose ed ignoranti vio­ lando quelli delle classi medie e superiori della so­ cietà; 3.° di sagrificare gl’ iuteressi della proprietà immobiliare a quelli delle proprietà industriali e pro­ fessionali. — Se potesse farsi una storia intima delle vicende finanziarie di molti Comuni noi vedremmo che nua gran parte delle loro angustie dipende dall’avere il legislatore troppo poco tutelato i diritti di chi paga contro le tendenze dissipatrici di coloro che non pa­ gano. Che un intrigante qualunque privo di senso e ricco di audacia si mescoli agli elettori di un Comune, in specie nelle campagne, promettendo loro lavori pubblici, comodi ed abbellimenti e sarà sicuro di aver per se la gran maggioranza dei voti, perchè troverà molti simili a lui nella sicurezza di godersi i pub­ blici vantaggi senza pagarli. Il pericolo di vedere affidate nei governi popolari le pubbliche ammini­ strazioni alla spensierata leggerezza di nullatenenti fu sempre avvertito, ed i legislatori più sapienti pur non volendo scontentare le masse popolari negando loro il voto per la scelta dei pubblici funzionarii, cer­ carono di evitarlo menomando il valore effettivo dei suffragi individuali di coteste moltitudini suddivi­ dendole o per tribù o per curie come fecero i le­ gislatori di Roma antica o per corporazioni di arti maggiori e minori come avveniva sotto le repub­ bliche italiane; tribù e corporazioni uguali l’ una all’ altra nella efficacia del voto complessivo ma di­ sugualissime fra loro per il numero dei cittadini dei

quali erano formate. Nell’ attuale ordinamento sociale colesti sistemi non avrebbero più ragione di essere, nè crediamo che possa venire in mente ad alcuno di ripristinarli, e perciò ad evitare l’ accennato pe­ ricolo non vi sarebbe oggi altro mezzo che quello di restringere il numero degli eligibili allargando pure quello degli elettori, e richiedendo per essere annoverato fra i primi, condizioni di censo e di ca­ pacità ben. diverse da quelle che si possono richie­ dere nei semplici elettori. Senza coteste limitazioni da noi invocate, nell’interesse del buon andamento delle aziende locali sarebbero sempre, solo che lo vogliano, le masse più numerose e più ignoranti che imporrebbero il loro governo alle classi più colte e civili. Il predominio privilegiato delle classi superiori sulle inferiori della società che i principii del diritto pubblico moderno hanno giustamente abolito verrebbe a ripristinarsi a favore delle classi infime sociali a danno delle altre soverchiate dalla prepotenza del numero.

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L ’ E C O N O M IS T A possibili quella libertà comunale e quel decentramento

che da tutti si invocano e che si limitasse quella ingerenza soverchia del governo nelle faccende locali che generalmente si deplora. Non crediamo difficile che possano realizzarsi cotesti voti finché una giudiziosa riforma del sistema elettorale amministrativo non dia garanzie serie che nei Consigli comunali siederanno sempre ed in maggioranza quelle persone che abbiano maggiori capacità e maggiori interessi da tutelare. Fino a che cotesto non sia, i voti di libertà e d’ indi- pendenza delle amministrazioni locali saranno parole inutili ed ingiuste, ed il controllo del Governo e delle altre autorità tutorie sugli atti da loro deliberati sarà sempre necessario se non voglionsi sacrificare gli inte­ ressi delle classi che pagano ai capriccii ed alle voglie di coloro che per la ioro posizione economica si sentono al sicuro dalle conseguenze d’ una amministrazione scialacquatrice. Se coteste restrizioni e cotesti vincoli messi dalle leggi alla volontà delle rappresentanze locali sparissero ad un tratto e rimanesse in vigore il sistema elettorale vigente non sarebbe troppo remoto il caso di vedere applicate nei Comuni con ogni lar­ ghezza le più sfrenate teorie dei socialisti e dei co­ munisti.

Neppure il modo stabilito dalla vigente legge co­ munale per le votazioni amministrative pare a noi corrisponda a quella regola che vorrebbe facilitato in ogni modo al cittadino l’uso di cotesto prezioso diritto di scelta delle Rappresentanze locali. La disposizion# sancita dall’art. 48 di cotesta legge che esige senza eccezioni la personalità del voto e la presenza nella sala delle votazioni del cittadino che vuole usare del suo diritto elettorale rende per moltissimi casi illu­ sorio cotesto stesso diritto. Senza rammentare molte legislazioni antiche e moderne che ammettevano ed ammettono il voto per iscritto ci limiteremo a ricor­ dare come nella relazione dell’ on. Boncompagni, di cui sopra abbiamo fatto parola, si contenesse la pro­ posta che le donne, gli assenti, gli ammalati e coloro che giustificassero di essere iscritti nelle liste eletto­ rali di più Comuni potessero mandare al Presidente del sesmo elettorale le loro schede entro un’ involtoD D

chiuso e suggellato autenticato dalla firma di un Notajo o del Sindaco del luogo di dimora dell’ elettore. — Ma la Commissione parlamentare di cui fu relatore l’ on. Restelli non credè di dover tenere conto di co- testa proposta per la solita ragione del dubbio che il voto mandato per messaggio non recasse l’ espres­ sione sincera ed intelligente dell’elettore e perchè si disse come la presenza dell’elettore nei comizj era indispensabile affinchè esso si ponesse in contatto con gli altri elettori e si accordasse con loro sul merito relativo di singoli candidati. Tutte queste ragioni che, almeno palesemente, motivarono per parte dell’ ono­ revole Restelli e del Ministero il rifiuto delle savie proposte dell’on. Boncompagni non ci persuadono

11 giugno 1876 troppo e non ci sembrano abbastanza forti per giu­ stificare la negativa del diritto di votare a chi trovasi nella materiale impossibilità di presentarsi perso­ nalmente nella salp delle votazioni. È da notarsi che gli elettori maggiormente danneggiati da simile disposizione di legge sono precisamente i maggior1 contribuenti ossia i maggiori possidenti che hanno più interessi degli altri nel buon andamento delle comunali amministrazioni, giacché trovandosi cotesti inscritti spesso nelle liste elettorali di "più Comuni si trovano impossibilitati a prender parte a tutte le votazioni che per la massima parte si compiono con­ temporaneamente nelle ultime domeniche del mese di Luglio A noi sembra che la giustizia ed un riguardo dovuto ai maggiori contribuenti dei Comuni ed in specie di quelli rurali consiglino imperiosa­ mente che sia riformato cotesto articolo di legge nel senso di agevolare agli elettori più interessati l’eser­ cizio dei loro diritti.

Tali sarebbero, secondo il nostro debole giudizio, le riforme che sarebbe conveniente introdurre nel sistema stabilito per le elezioni amministrative dalla vigente legge comunale e provvinciale. Non ci lu­ singhiamo troppo che coteste idee sieno per essere approvate da chi guarda le cose un po’ troppo dal- l’ alto, e confessiamo che talune di coteste innovazioni possono apparire troppo radicali. Pur nondimeno sen­ tiamo il dovere di esprimerle, mossi come siamo dal desiderio sincero di vedere una buona volta impian­ tata in Italia una legislazione comunale che possa in pari tempo ridonare alle Rappresentanze locali la loro libertà d’ azione, soddisfare al desiderio delle masse popolari di partecipare in qualche modo e senza troppo limitazioni all’ andamento della cosa pubblica, e tutelare gli interessi dei contribuenti dal pericolo di cadere in mano ad amministratori pro­ dighi e spensierati dell’ avvenire.

Il riscatto delle ferrovie dell'A lta Italia

Per quanto non si conoscano ancora con sicu­ rezza le intenzioni del Ministero e della Commissione parlamentare intorno alla soluzione della questione delle ferrovie dell’Alta Italia, pure qualche cosa incomincia a trapelare e non è difficile prevedere fino da questo momento quale ne sarà l’esito.

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questione ferroviaria, non potrebbe oggi far ciò per cui caddero i suoi predecessori.

Il problema così precipitosamente posto era com­ plesso. Y’era il lato finanziario e il lato economico. È opinione generale e conforme al vero che il sistema ferroviario in Italia abbia ad essere rior­ dinato più razionalmente, e il riscatto si presentava come un mezzo di raggiungere questo scopo ; ma restava a sapersi a quali condizioni si sarebbe fatto, e se avrebbe giovato alla finanza ricorrere a que* sto mezzo. In secondo luogo, posto che il riscatto si potesse fare in modo vantaggioso per lo Stato, come si sarebbe proceduto all’invocato riordinamento?

Sul primo punto la Convenzione di Basilea, sulla quale la Commissione dovrà riferire alla Camera, presenta condizioni che a buon dritto parvero inac­ cettabili. 11 riscatto non si fa sulla base della ren­ dita effettiva; si compra al prezzo di costo, sia per quel che riguarda le linee sia per quel che ri­

g u a rd a il m ateriale mobile, e si iloti inoltre che in conto capitale si pongono i dividendi e gl’inte­

ressi delle obbligazioni pagati nei primi anni agli azionisti e ai detentori delle obbligazioni non che le spese di riparazione sia per le linee, sia pel materiale mobile, accettando inoltre il riparto fra la rete austriaca e la rete italiana fatto dalla Società, colla quale il Governo ha quasi ottanta questioni sottoposte ad un giudizio arbitrale.

Il bilancio dello Stato verrebbe così ad esser gravato di parecchi milioni, oltre al peso non de­ terminabile a priori delle spese occorrenti ad u lti­ mare alcuni tronchi di ferrovie, a costruire nuovi binari sulle linee più percorse, e a riattare il mate­ riale in parte logorato. Yi sono di più i IO milioni pel Gottardo e i 5 per l’ampliamento del porto di Genova.

In verità parrebbe incredibile che un uomo ac­ corto come l’ onorevole Sella si mostrasse al fatto così mediocre negoziatore; se non che la cosa si spiega col riflettere che nella mente dei promotori del riscatto, questo doveva essere mezzo all’eserci­ zio governativo, ultima manifestazione di un sistema di ingerenza governativa, esiziale allo sviluppo eco­ nomico del paese, ma vagheggiato dagli amici troppo zelanti della passata amministrazione. Si tirava dun­ que via sulle condizioni del riscatto, pur di giun­ gere a ciò che era nei voti dei partigiani dell’on­ nipotenza governativa.

Oggi il nuovo Ministero ha riprese le trattative per mezzo dell’onorevole Correnti allo scopo di ot­ tenere qualche modificazione alla Convenzione di Basilea, e un atto addizionale sembra sia per esser firmato, il quale ridurrebbe il peso della finanza di qualche milione. Pare che il Ministero lo presen­ terà fra breve alla Camera ed è probabile che la Commissione ne proponga l’approvazione.

689 Noi avversi al riscatto delle ferrovie dell’Alta Italia non già in teoria, ma perchè onerosissimo alle finanze, non potremmo certo rallegrarci per le nuove proposte. È chiaro che in un affare così colossale, alcuni milioni, di differenza son ben poca cosa e non tolgono che sia un affare cattivo. Ma da altra parte si dice che il Governo è spinto in questa via non tanto dall’impegno contratto dai suoi predeces­ sori, pel quale era sempre sottintesa l’approvazione del Parlamento, ma dalle attuali complicazioni della questione d’ Oriente che consigliano la prudenza.

Se così fosse, e se per vari ordini di ragioni noi dovessimo vedere approvato il riscatto delle ferrovie dell’Alta Italia, a condizioni che sarebbero sempre gravose per l’erario, giustizia vuole che la respon­ sabilità di questa non lieta condizione di cose ricada non già sul nuovo Ministero, che ha trovata la po­ sizione compromessa, ma su coloro che con tanta leggerezza la crearono.

E Che? si maravigliano che l’on. Correnti abbia ottenuto poco ! Ma essi, che spontaneamente cerca­ vano quella soluzione, che si trovavano a terreno vergine, perchè non stipularono condizioni diverse, o non si ricusarono a stringere un contratto, le cui conseguenze per la finanza sarebbero state sì gravi? Si ha un bel dire, ma l’evidenza si impone a tutti,

Se pertanto per ragioni, che ancora non siamo al caso di apprezzare equamente, dovessimo vedere approvato il riscatto, vorremmo che almeno si evi­ tasse il pericolo dell’esercizio governativo. Qui non è più, come pel riscatto, una questione di opportu­ nità o di finanza, è una vera e propria questione di principio. L ’avvenire della libertà economica e della libertà politica del nostro paese esige che non si giunga a questa negazione di ogni sano principio. Noi non vogliamo la burocrazia onnipotente, perchè sappiamo che dove è così, la libertà è nome vano, non vogliamo che lo Stato si metta a far l’ indù- striale e, non contento di avere aggravato 1’ erario con un riscatto oneroso, faccia pagare ai contri­ buenti le spese della sua inettitudine ad esercitare le ferrovie; non vogliamo infine che si crei una nuova amministrazione governativa di fronte alla quale ogni sindacato è impossibile. E di tutto questo non ripetiamo le ragioni, le quali sono state da noi e da tanti altri svolte ormai larghissima mente.

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dronita anche delle ferrovie, chi può esser tanto ingenuo de credere che le lascerebbe cosi facil­ mente? Il ministero più volenteroso si troverebbe di fronte a una moltitudine d'interessi, contro i quali non sarebbe probabile che volesse impegnarsi in una lotta colla quasi certezza di soccombere.

Si dice che per gli accordi stipulati Fattuale So­ cietà continuerà per due anni ad esercitare le linee dell’Alta Italia, e quando al solito ciò si faccia ad eque condizioni, ci pare che non sarebbe inoppor­ tuno. Beninteso però che si provveda subito a con­ cedere l’esercizio per un tempo più lungo alla in­ dustria privata. Altrimenti si correrebbe lo stesso pericolo che offrirebbe l’ esercizio temporaneo per parte dello Stato.

Nè si può passare sotto silenzio che una volta ope­ rato il riscatto, per questo lato la situazione sarebbe molto più semplice, essendo più facile il trovare So­ cietà ili esercizio di quello che non fosse facile trovare Società che assumessero la costruzione delle linee. In un paese nel quale il movimento del traffico è troppo scarso per poter dare un premio remuneratore al capitale impiegato nella costruzione, nasce la neces­ sità delle garanzie e delle sovvenzioni, le quali bensì, giova ripeterlo, furono in sostanza per noi tutt’altro che grandi, tenuto conto dei benefizi e dei servigi di cui lo Stato fruisce senza spesa o con riduzione di spesa, e che ad ogni modo sono ben lungi dal rappresentare il peso che il governo avrebbe do­ vuto sopportare se avesse costruito egli stesso le ferrovie.

Noi concludiamo : il riscatto non può condannarsi in teoria, ma vuoisi considerare coi criteri della opportunità e della finanza; in questo senso la con­ venzione di Basilea merita di essere rigettata. Le modificazioni introdotte sono qualche cosa, ma non tali da far diventar buono un affare cattivo; che se ragioni impreviste di convenienza politica ne per­ suadessero l’approvazione, pur piegando la testa alla necessità, dovremmo rimpiangere che si sia creata al paese questa situazione di cose.

È necessario però che in ogni caso il riscatto resti staccato dall’esercizio e che lo Stato non prenda l’amministrazione delle ferrovie nemmeno per un momento. Il riscatto può essere una cattiva opera­ zione finanziaria ; l’esercizio governativo sarebbe, lo ripetiamo, l’ultima parola di un sistema che la pub­ blica opinione condannò col voto dei suoi rappre­ sentanti.

Pellegrinaggio alla tomba d’Adamo Smith

Sulla strada da Edimburgo a Dundee si trova in una piccola baia il porto di Kirkcaldy. In questo piccolo borgo nacque il 5 giugno 1723 l’uomo che,

a senso di molti, è stato il più fecondo del secolo passato, Adamo Smith.

Non molto tempo fa si mostrava ancora la casa dove l’ autore dell’Inquiry in to thè nature and eauses o f thè wealth of thè nation ha composta la sua opera immortale. Là in quella camera stava in piedi voltato verso il caminetto appoggiando al muro la sua testa colma di pensieri. Secondo l’uso del tempo, ungeva i suoi capelli con molta pomata e si dice che facesse una larga macchia d’unto nella parete della sua stanza da lavoro ; ma con grande rincrescimento dei touristes inglesi ed americani, che vanno a caccia di reliquie il muro è stato ri­ dipinto e la macchia è scomparsa.

Enrico Tommaso Buckle ha innalzato, nella sua Introduzione alla storia della civiltà inglese, il mo­ numento seguente a Adamo Smith. « Sia che si consideri l’opera sulla ricchezza delle nazioni dal punto di vista delle idee che vi sono esposte per la prima volta, sia che se ne consideri l’ influenza politica è forse il libro più importante che sia stato mai scritto. »

A dire il vero simili monumenti, constatanti l’im­ portanza di Adamo Smith, si trovano in tutte le opere che si occupano della storia della più mo­ derna fra le scienze, dell’Economia politica, si tro­ vano implicitamente in quasi ogni legge economica emanata in questo secolo. Ma non è egli sorprendente che questi monumenti non siano ancora stati espressi con segni visibili e che fino ad oggi nè la Scozia, nè la Gran Brettagna, nè 1’ Europa civilizzata non abbiano pensato sul serio ad innalzare a Adamo Smith un solo monumento in bronzo o in pietra? ( i)

L’autore di queste poche righe non sa con cer­ tezza se nella nuova università di Glassrow, vi sia un busto di Adamo Smith ; fino ad ora non ha ri­ cevuto risposta ad una lettera che ha scritto per informarsene. Ad ogni modo non ha trovato a Glas­ gow, malgrado lunghe ricerche, una statua del pen­ satore che ha passato in quella città un gran nu­ mero di anni, i più fecondi della sua vita.

Nel mezzo della più bella piazza di tutte le città scozzesi, sul George-Square di Glasgow accanto ad altre sculture si trova la grande statua di W alter Scott, riprodotta in molti luoghi in Scozia e prima di tutti a Edimburgo come segno visibile della ri- conoscenza del popolo. Nell’angolo sud-ovest della piazza medesima è il monumento all’ inventore della macchina a vapore, nell’angolo nord-ovest, quello a a sir Robert Peel, Fuomo che fu chiamato a met­ tere in pratica le dottrine del suo maestro Adamo

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Smith, finalmente nell’angolo sud-est si trova il mo­ numento a Graham, uomo relativamente poco co­ nosciuto fuori di Scozia.

E l’angolo nord-est della piazza è vuoto! non è ornato dall’immagine dell’uomo al quale l’ inven­ zione contemporanea di James W att deve il suo valore principale ! Le macchine a vapore sarebbero di ben poca utilità se non avessimo scosse le catene che ci impedivano di servircene. Ogni colpo di pi­ stone della macchina a vapore dovrebbe rammen­ tarci, oltre che James W att, l’uomo che ha dato al dominio dell’uomo sul vapore la maggiore utilità possibile per la prosperità delle nazioni. E perchè proprio quest’uomo è dimenticato nella città del commercio e dell’ industria nella più fiorente città della Scozia?

Volgiamo gli occhi verso la capitale. A Edim­ burgo, nell’Atene moderna, nella città dei monu­ menti, nel centro intellettuale del paese, nella città ove fin qui ogni merito era ricompensato, e dove Adamo Smith ha non solo insegnato, ma ha vissuto ed esercitata un’ influenza pratica dopo la pubblica­ zione della sua grande opera, dove Adamo Smith è morto, a Edimburgo, si dirà, il popolo scozzese ha certamente innalzato un monumento visibile al suo grande concittadino.

lo ho spesso percorso Edimburgo in tutti i sensi, vi ho veduto molti nomi immortalati col metallo o colla pietra, ma non ho mai potuto scoprire traccia d’un monumento a Adamo Smith nè nei verdi Princes Garden» ornati del monumento gotico di W alter Scott, uè sul Carlton Hill dove brillano i monumenti di Burns, di Dugald Steward (il bio­ grafo di Adamo Smith) di Nelson, di Playfair, il celebre matematico ed il magnifico monumento na­ zionale, sul modello del Partenone inalzato ai guer­ rieri caduti a Waterloo. Anche là donde si gode una vista estesissima sul Firth o f Forili coperto di vele che sembrano tutte gonfiate dal ^soffio del li­ bero scambio, anche là nel più bel punto della città, la più bella e la più celebre di un popolo grande ed onorato, anche là è stato dimenticato il più grande dei suoi figli.

Mi volgo verso l’Università. Entro sotto un por­ tico magnifico sostenuto da quattro grandi colonne doriche. Penetro nella Biblioteca dove si trovano riuniti più di 150 mila volumi ; vi è una vasta sala lunga oltre duecento piedi. Essa, come quella della biblioteca della Università di Dublino, è ornata di due lunghe file di busti in marmo dei professori e uditori i p iù celebri dell'Università. Fra questi uomini, i più celebri, manca.... Adamo Smith. Non mi fido dei miei propri occhi e domando al custode che mi conduce se il busto di Adamo Smith è stato posto in qualche altro luogo più in evidenza o in una sala qualunque dell’ Università. A tutte le mie

domande egli non fa che scuotere la testa e rispon­ dere : no.

Lascio l’Università ed entro in parecchi magaz­ zini d’oggetti d’arte dove si vendono in quantità innumerevoli delle vedute riprodueenti quanto vi ha di bello a Edimburgo ed anche ciò che non è bello. Domando una veduta della tomba di Adamo Smith. Nessuno può procurarmela, nessuno sembra conosca Adamo Smith. There are lots o f Smith in Edim- burgh. « Yi è molta gente qui che si chiama Smith » mi dice un mercante di stampe.

Mi metto alla ricerca della tomba di Adamo Smith. È nel cimitero di Canongate nella H igh- street. Ci troviamo qui in vicinanza del mondo ele­ gante: high-street significa in tutta l’Inghilterra ed in parte della Scozia la strada del mondo elegante. La High-street di Edimburgo è, a dire il vero, oscura e stretta e le case sono abitate da famiglie popolane. Qual diverso effetto produce il Princes Street con i suoi magnifici palazzi ed i suoi grandi magazzini. Eppure nella H igh-street dimorava un tempo l’aristocrazia scozzese sotto gli Stuardi. T i­ cino al Castle (molto spesso le Eigh-streets condu­ cono al Castello) è situata l’antica residenza del duca di Gordon, là si trova Milton-house, la dimora di lord Milton, eminente giudice scozzese; là è il palazzo del conte di Moray dove ha dimorato Oli­ viero Cromwell e dove è stata decisa la decapita­ zione di Carlo I. Non lungi di là, ma in una via laterale è la casa dove risiedevano il sapiente lord Monboddo e la bella miss Burnet. Siamo sopra un suolo aristocratico e al tempo stesso classico perchè il poeta Burns frequentava la casa di lord Mon­ boddo e la morte di miss Burnet ha inspirato uno dei suoi più commuoventi sonetti. Anche Smollett ha abitato in quel vicinato e precisamente la casa del celebre stampatore dei Wawerley Novéls. Final­ mente si trova ancora ben conservata la casa di John Knox, composta di tre stanze semplicemente mobi­ liate. Da una finestra di questa casa il riformatore della Scozia ha predicato la sua dottrina. John Knox è stato onorato in Scozia con molti monumenti. 11 più bello di tutti è la grande statua eretta nel punto più alto della necropoli a terrazza di Glascow.

La tomba del riformatore economico del mondo è lontana solo di pochi passi dalla casa di John Knox. Non è facile il vederla nel cimitero di Ca­ nongate, perchè non si trova qui guida alcuna, prova che il luogo è poco visitato. — Eppure non solo Adamo Smith è sepolto là, ma v’è ancora Dugald Steward, di cui abbiamo già parlato, l’arti­ sta Alcan David, e finalmente il poeta Ferguson, sul quale Burns ha posata una semplice pietra.

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692 L’ E C O N O M IS T A l i giugno 1876

edilìzio dove alloggia un impiegato e di cui una finestra dà sopra la tomba. Contro il muro è appog- gliela una pietra, poco ornata, alta circa dieci piedi dove si trova la semplice iscrizione che segue:

lieve are deposited thè remains of Adam Smith, author o f thè Theory of moral sentiments and « Wealth of Nations. » He was born 5th 3un e 1723 and he died 17th July 1790.

Ma quale ironia del destino. A sinistra accanto alla tomba di Adamo Smith, il più terribile nemico delle dogane, è la tomba d’un impiegato delle do­ gane, di Riccardo Elliston Philipps « one o f thè commissioners o f thè customs. »

Questa è stata l’ultima, ma non l’unica ironia del destino verso Adamo Smith. L’autore del libero scambio era figlio di un impiegato delle dogane, e Adamo Smith stesso, due anni dopo la prima edizione della sua grand’opera si recò a Edimburgo come impiegato delle dogane. Adamo Smith ottenne un tal posto dietro lo raccomandazioni del duca di Buccleuch che glielo procurò per metterlo al diso­ pra dei bisogni della vita. Nulladimeno è fuori di dubbio che gli obblighi che gli imponeva il suo ufficio pesavano duramente sullo spirito del grande investigatore: eppure nessuno aveva bisogno di riposo più di Adamo Smith, il quale confessa da sè stesso che produceva molto lentamente. Gli mancava asso­ lutamente la facilità di comporre del suo amico Hume, di cui le opere furono quasi tutte stampate sul manoscritto originale. Infatti Adamo Smith, du­ rante i dodici ultimi anni della sua vita, non ha pubblicato nessun nuovo lavoro, quantunque avesse raccolto molti materiali che poi fece bruciare. Fu gran ventura che le sue note sulla sua Theory of moral sentiments fossero già stampate prima della sua morte.

Così Adamo Smith viveva ritirato a Edimburgo adempiendo coscienziosamente le sue funzioni, ma perduto per il mondo e per il progresso. La sua rendita gli bastò per acquistare una piccola biblio­ teca che fu divisa fra i suoi parenti dopo la sua morte. La sua cugina, miss Douglas, si occupava dell’ interno della sua casa. Una tavola semplice, ma ospitaliera, riuniva ogni settimana un piccolo numero di amici. Adamo Smith non ha amato che una volta una fanciulla bella, piena di spirito, se­ condo il suo biografo. Siccome alcune difficoltà gli impedirono di sposarla, egli divise il suo cuore fra la scienza e gli amici.

Egli riposa là, egli che ha fatto la felicità degli uomini nel vero senso della parola. La sua tomba è circondata da un cancello di ferro, nel quale manca una porta che dia accesso alla tomba e che permetta al discepolo entusiasta di deporvi qualche volta un mazzo di fiori. La tomba di Adamo Smith è completamente negletta: così si onora in Scozia il

più grande degli scozzesi. D’altra parte non vogliamo tacere che l’ Inghilterra non si è maggiormente oc­ cupata del grand’ uomo. Non ho trovato monumenti a Adamo Smith nè a Londra, nè in nessun’alma città inglese. Eppure a Adamo Smith più che ad ogni altro i ricchi distretti manifatturieri dell’Inghil­ terra debbono la loro prosperità. La metropoli ha giustamente accordato un piccolo posto fra i suoi numerosi monumenti a Riccardo Gobden, il disce­ polo di Adamo Smith, ma ha dimenticato il maestro. In mezzo alle centinaia di monumenti della catte­ drale di San Paolo e dell’abbazia di Westminster, dove è stato eretto un secondo monumento a Ric­ cardo Cobden non vi è nulla che rammenti l’ardito libero-scambista, le cui dottrine formano la base della politica commerciale della nazione la più com­ merciante del mondo.

E quando il 17 luglio dell’anno decorso fu cele­ brato a Greenwich la festa del Cobden Club, la festa cosmopolita per eccellenza, alla quale presero parte i liberi scambisti di tutte le parti del mondo, quando molte parole furono pronunziate in onore del libero scambio, in questa festa, sulle rive del Tamigi, il fiume più favorito dal libero scambio, si dimenticò di ricordare che in quel giorno cadeva T anniversa­ rio della morte del fondatore del libero scambio. Se in Scozia e in Inghilterra il grand'uomo è stato dimenticato, non potrebbe far meglio la Germania ! Non si tratterebbe già per la Germania d’innalzare quel monumento che è sempre nelle cave di marmo dell’ Inghilterra.

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bi-i l gbi-iugno 1876 L’ E C O N O M IS T A 695

lità di un tale viaggio ed il progresso della scienza ne riceverebbe un nuovo impulso (1)

(.Die Gegenwart) Abiuro Studnitz. (1) Il signor Studnitz aveva già scritto quest’ar­ ticolo quando fu fissato il Congresso per festeggiare il centenario della pubblicazione dell’opera di Adamo Smitb.

IL RISCATTO DELLE FERROVIE IN ITALIA

Articolo i .

Il riscatto delle ferrovie per conto dello Stato, è oggi in Italia, come in Germania una questione vitale, predominante ; la si studia, e la si discute da per tutto, e l’opinione pubblica si preoccupa, e con ra­ gione, di una operazione così vasta, e così nuova per la sua universalità, e non nasconde gli ostacoli

di ogni specie che può incontrare quest’ impresa delicata e pericolosa, che sembra una sfida slan­ ciata da due nazioni divenute grandi in omaggio ai principii i più generalmente ammessi dalle scienze economiche. Quanti problemi spinosi solleva questa questione del riscatto ! Oltre le difficoltà generali che attengono alla natura delle cose, e che sareb­ bero fatalmente le medesime in ciascun paese, vi è per l’ Italia una serie di difficoltà speciali, che r e ­ sulta dalla sua situazione finanziaria, dal suo stato economico, e dalle condizioni critiche in cui trovasi la sua rete ferroviaria. Di qui le molte apprensioni e le polemiche numerose, di cui abbiamo trovato l’eco in un piccolo volume, che ha il merito di darci un concetto esattissimo della questione fino al punto in cui è arrivata in questi ultim i tempi, al- l’ indomani delle convenzioni che sostituivano il Governo alle diverse Compagnie, e alla vigilia della discussione, di esito molto incerto, che deve in breve aprirsi nel Parlamento Italiano.

È un resoconto delle sedute della Società Adamo Smith di Firenze, Società di Economia politica, come la indica il suo titolo, che contiene degli spiriti versatissimi in questa materia, economisti ben conosciuti, come il signor F errara e degli u o ­ mini politici, come il signor Toscanelli che, non è molto, fu preferito dagli uffizi della Camera allo stesso signor Sella, per far parte della Commissione incaricata di studiare il primo progetto di legge relativo al riscatto. In queste sedute accademiche, vi è naturalmente una parte considerevole di que­ stioni speculative, ma vi sono altresì dei fatti, degli argomenti topici, spinti fino al cuore stesso delle cose ; vi è in sostanza compendiato tutto ciò che da più anni si è detto presso i nostri vicini nelle con­ versazioni, nella stampa, nel mondo della scienza e degli affari, in favore e contro il riscatto delle fer- rovie per conto dello Stato.

I

L’ Italia è molto povera in vie di comunicazione. È questo uno dei lati deboli della sua organizza­ zione economica, un grave ostacolo allo sviluppo della ricchezza nazionale; poche strade, poche vie vicinali, pochi cauali, poche ferrovie. Nel 1875 la rete delle strade ferrate non raggiungeva ancora i 7000 chilometri e sotto questo rapporto l’Italia, fra le nazioni di Europa e di America, non si trova che in settima linea. Questa inferiorità deriva in primo luogo dalla natura stessa del paese. L’ Italia infatti è traversata per tutta la sua lunghezza da una ca­ tena di montagne ; da ambedue i lati di questa spina dorsale, il mare si estende e lambisce questa doppia fascia di terra stretta e sottile. L’Italia è un paese del tutto marittimo; molti tragitti che si fanno con la ferrovia, specialmente dal Nord al Sud, pos­ sono farsi anche per mare. È questa per le ferro­ vie una concorrenza molto pericolosa, perchè toglie loro una. gran parte dei traffici commerciali. Ag­ giungete che l’Italia è appena risorta da una deca­ denza profonda; che il commercio e le industrie sono ancora in una specie di languore specialmente nel Mezzogiorno, ove la popolazione è scarsa e poco istruita; se si pensa che si tratta di uno Stato che è da poco uscito da una crisi lunga e penosa di formazione, se si riflette infine che l’Italia per un lungo giro di anni è stata malmenata dalla guerra e da quel lavoro organico di elementi sociali che si combinano e si ricompongono sotto nuove forme, se si riflette anche che le sue finanze non sono molto floride, che il regime delle transazioni è sempre quello del corso forzato, si comprenderà fa­ cilmente come le Società ferroviarie debbano tro­ vare in Italia un terreno poco acconcio per prospe­ rare e per crescere d’importanza.

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forze. In queste lo Stato non può rimanere estraneo alla costituzione di Società ferroviarie. Ciò è avve­ nuto in Francia e non poteva avvenire di meno in Italia. Se noi consultiamo i testi delle leggi, se noi ci teniamo alle apparenze, ci sembra che il Governo italiano non abbia abdicato alla sua partecipazione; i rapporti fra lo Stato e le Compagnie non differi­ scono essenzialmente da quelli che si praticano fra noi ; vi è in sostanza il medesimo sistema, il regime delle sovvenzioni e delle garanzie accordate alle Com­ pagnie, le quali non sono che concessionarie per una durata presso a poco uguale a quella delle con cessioni in Francia. Esse non hanno sulle linee che costruiscono e che esercitano se non un diritto di usufrutto. Il vero proprietario è lo Stato ; esso allo spirare della locazione rientra nel pieno godimento della sua proprietà o può dopo un certo numero di anni riscattare le concessioni: è questa precisamente la clausola che si vuol mettere oggi in esecuzione. In scambio del concorso del suo denaro* e del suo credito, lo Stato si riserva dei privilegi e dei di­ ritti ; dei privilegi per alcune specie di servizi come le poste, i trasporti di truppe, ecc., dei diritti, come il controllo e la tutela.

Ciò quanto ai principii. Essi sono identici a quelli che vediamo praticati in Francia in condizioni tol­ lerabili. Tutto però dipende dal modo con cui ven­ gono applicati. Come sono stati essi praticati in Ita­ lia? Tocchiamo adesso un punto molto delicato, cioè i rapporti fra il Governo e le Società. Nessun argomento ha dato luogo a controversie così vivaci, a rimproveri tanto aspri e tanto frequenti, e noi riempiremmo delle pagine se volessimo riassumere solamente una parte delle lagnanze sporte da ambe­ due le parti su tal soggetto. Da qual lato il torto ? In simili affari, specialmente per gli stranieri è malagevole il distinguere il vero dal falso, ed è molto probabile che le Compagnie stesse, non meno del Governo, non sieno al coperto da ogni rimpro­ vero. Non sembra neppure che in questo insieme di errori la parte del Governo sia la più piccola. I suoi avversari hanno lanciato contro di esso accuse molto forti. Si conosce già la più importante. Il Go­ verno avrebbe da lungo tempo concepito il disegno di entrare in possesso delle sue linee e si sarebbe servito per raggiungere questo intento di mezzi i più machiavellici. Esso avrebbe tutto posto in opera per rendere alle Società la vita più difficile, incep­ pandole nel loro sviluppo col rifiutar loro il cambia­ mento di tariffe rovinose, col caricarle di processi, col seminare di ostacoli il loro cammino, con stan­ carle con la sua influenza inetta e turbolenta, com­ promettendo così quegli interessi che esso aveva l’obbligo di proteggere per averne meglio ragione, e venuto il giorno del riscatto, vincitore di nn ne­ mico estenuato, screditato, ridotto all’impotenza, im­

porgli le proprie condizioni e fare « un buon affare, » riscattando a basso prezzo ciò che avrebbe contri­ buito ad avvilire. Noi riproduciamo la tesi, nè ci prendiamo la briga di sostenerla, nè di prendervi parte. In verità cosa vi è di certo in queste recri­ minazioni ? Noi vogliamo allontanare la triste sup­ posizione che il Governo abbia a piacere e con pro­ posito deliberato, cercato di nuocere alle Società ferroviarie. Una verità però sussiste ed è che il Governo non è scevro di torti. Su ciò le testimo­ nianze abbondano. Nel 1872 vi fu un’ inchiesta sullo stato delle industrie e sui mezzi di svilupparle. Na­ turalmente si doveva anzitutto occuparsi dello stato delle ferrovie. E quale era il linguaggio del direttore delle ferrovie delfAlta* Italia. Noi facciamo del no­ stro meglio, diceva esso, non tralasciando alcun sa­ crifizio per migliorare i nostri servizi. Noi non ab­ biamo bisogno del Governo quantunque la via sia tutt’altro che scevra di difficoltà. Da sette anni a questa parte ci troviamo in condizioni anormali ; guerre, inondazioni, corso forzato, imposte sulla ric­ chezza mobile, nulla è mancato. Eppure non abbiamo domandato altro al Governo, che ci lasci vivere. Noi lo ringraziamo dei suoi favori, ma reclamiamo la sua equità. Che egli non cerchi sempre dei pre­ testi per sottrarsi ai suoi obblighi e per schivare interpretazioni vantaggiose alla Società. E prose­ guendo a deporre soggiungeva : quanto alla garanzia promessaci per ciascun chilometro esercitato da sette anni alla chiusura di ciascun esercizio, noi presen­ tavamo i nostri conti che non vennero mai nè re­ golati, nè saldati.

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11 giugno 1876 L’ E C O N O M IS T A 695

l’esperienza avendole dimostrato che essa ha fatto male i suoi calcoli, domanda di essere autorizzata a rialzarle ; ma invece di essere favorita si trova ad urtare contro un veto, ed ecco questa Compagnia che a poco per volta cade in rovina. Un altro esem­ pio : quello delle tariffe di ritorno. Tre anni sono vi fa nell’ Italia meridionale u n ’abbondanza straor­ dinaria di grani che si esportavano in massa verso il Nord. Le Società domandarono la facoltà di ac­ cordare le tariffe di favore che avrebbero permesso ai treni di non tornare senza carico ; il Ministero vi si ricusò e le file dei vagoni tornavano indietro vuote. La questione delle tariffe è per qualunque ferrovia una questione vitale. Date a una linea una tariffa giustamente appropriata alle condizioni economiche dello stato in cui deve esercitarsi, le mercanzie af­ fluiranno e la linea prospererà; imponetele invece una tariffa difettosa, le mercanzie prenderanno un’al­ tra direzione, e cosi tanto il paese che le Società incontreranno delle perdite sicure. Abbiamo avuto anche fra noi in proposito degli esempi palpitanti. Si cita la situazione delle ferrovie dell’ Est, allorché il signor Sauvage fu incaricato di rimaneggiarne le tariffe. In un anno le azioni erano declinate fino al costo di emissione ; in tre anni triplicarono e la So­ cietà fu salva.

Si comprende adesso qual parte di responsabilità deve avere il Governo italiano nel cattivo stato delle ferrovie. Esso ha inflitto loro senza averne l’intenzione, una ferita mortale. Checché ne sia i fatti esistono, e questi fatti sono gravi. Le società erano giunte a quel punto in cui bisogna immancabilmente pren­ dere misure urgenti. Che lo Stato volontariamente o no, abbia contribuito in maggiore o minor quan­ tità, a produrre una situazione così deplorabile, è cosa che non si può impugnare. Non staremo però ad analizzarla, perchè la si conosce abbastanza sul nostro mercato. Se prendiamo le quotazioni della nostra Borsa in questi ultimi anni possiamo misu­ rare il cammino percorso dai titoli delle Società italiane. Le Romane, per parlare delle più disse­ state, che erano nel 1875 quotate a 150 franchi, sono cadute oggi fra 50 e 60. È evidente che la forza delle cose s’ imponeva al Governo, e che oc­ correva una soluzione. Diverse gli se ne presenta­ vano. Esso ha fatto la sua scelta; ma questa scelta è la migliore ? Avea egli libertà di scegliere, ciò che contestano i partigiani, e i propugnatori del ri­ scatto? Non correva esso incontro a uno scacco parlamentare o a gravi dissesti finanziarii? È ciò che esamineremo passando in rivista gli argomenti sostenuti da ambedue le parti.

(Economiste français)

RIVISTA BIBLIOGRAFICA

Dopo il Sommario di Economia politica del Pro­ fessore Luigi Cossa l’editore Ulrico Hoepli ha pub­ blicato un altro opuscolo (non più che di 159 pagine) dello stesso autore col titolo: P rim i elementi di Scienza delle finanze.

Posto lo scopo utile sì ma modesto, che l’autore si è prefisso, può ragionevolmente parere poco op­ portuno il discutere della portata scientifica del li­ bro. Imperocché è evidente come egli non abbia inteso di dettare un trattato vero e proprio della scienza delle finanze, nè di dare svolgimento sto­ rico, dottrinale e pratico ad alcuna delle molteplici parti e questioni speciali che vi si comprendono. Il libro non è un trattato, ma il sommario di un trattato che si può supporre già disteso, o del quale si predispone l’ordito. Se non è il catechismo di un’opera già compilata, è il programma di un’opera da compilare.

Si può anche dubitare dell’utilità di simili lavori diretti a riassumere un sistema di dottrine, annun­ ziandole piuttosto che dimostrandole, e sostituendo quasi dommaticamente l’autorità dello scrittore a quella della ragione impersonale. È certo non di meno, che i sommari ben fatti, porgono grande age­ volezza agli studiosi, presentando loro le prime fonti razionali della scienza, l’ordinamento dei postulati e dei teoremi di cui consta, e la logica partizione delle materie. Ma checchessia di ciò, e qualunque opinione possa aversi sulla utilità, sotto certi rispetti, e sul danno possibile sotto alcuni altri, di questa specie di lavori, tutti, crediamo, sono concordi nell’ammettere che a ben condurli si richiede una profonda e non breve elaborazione scientifica del subbietto. E, seb­ bene il sommario ne presenti soltanto gli ultimi re­ sultati, non può non avere un valore scientifico, non solo per l’ordine e il metodo con è cui condotto ma anco per la sostanza medesima delie dottrine presupposte o riassunte, che ne formano il conte­ nuto.

Nel libro de! Cossa il subbietto della elaborazione scientifica è non tanto la scienza e l’arte della finanza come si desume da’ principii del diritto della poli­ tica, e della Economia sociale, e dallo svolgimento storico di essi nelle varie epoche e ne’ varii Stati ; quanto il sistema finanziario come è ora vigente nel regno d’Italia. Egli ne ha formulati i principii e i criterii direttivi, e non solo ne ha esposta, ma ne ha generalizzata la teorìa.

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emana-696

zione de’principii razionali del diritto, della ragione politica, della Economia, come disse il Lamper- tico, de’popoli e degli Stati. L' egregio professore non si ferma, in fatti, a ricercare ed esporre gli effetti economici generali delle imposte, e quelli delle varie specie e qualità di esse, e della forma e del modo diverso (giacché nelle imposte la forma è parte essenziale) dello assetto e della ripartizione ; non accenna al caratteri generali e alle molteplici modalità delle leggi della incidenza e della riper­ cussione; non giudica necessario di ricercare 1’ esi­ stenza e le cause delle imposte latenti, e i modi di eliminarle; non dà importanza alla distinzione e se­ parazione delle imposte generali dalle locali e dalle

addizionali, in rapporto cosi a’criterii razionali della distribuzione tributaria, come alle attribuzioni, alla competenza e all’ esercizio di varii servizi pubblici tra lo Stato, le Provincie e i Comuni ; nè espone i resultati dell’analisi importantissima degli effetti eco­ nomici de’prestiti pubblici ; nè mostra il legame tra F ordinamento della finanza e quello dell’ ammini­ strazione ; nè il limite dell’azione fiscale in rapporto all’ esercizio e allo sviluppo della libertà economica della Nazione.

E dopo i celebri canoni Smithiani può non sem ­ brare sufficiente l’ aver di volo accennato a quelle due sole norme economiche, che l’imposta deve col­ pire non il patrimonio, ma il reddito ; e arrecare la minor possibile perturbazione nel o svolgimento na­ turale della ricchezza. Più completa è la trattazione delle norme giuridiche della imposta ; ma può anche non sembrare abbastanza efficace la dimostrazione della ingiustizia assoluta di qualunque progressione, anche quando dovesse essere un mezzo necessario in ordine allo scopo della proporzionalità; e non abbastanza chiara quella del rapporto dell’ imposta coll’ avere de’contribuenti, desunta piuttosto dalla negazione del principio della correspettività del­ l’imposta ai servizii deilo Stato, che da una dottrina positiva, dall’obbligo, cioè, di tutti i cittadini di concorrere ai servizi di interesse e necessità comune del corpo sociale, e non avendo tutti l’attitudine e la possibilità di adempirli direttamente, di contri­ buire in proporzione delle respettive facoltà a re­ munerare l’opera di coloro che li adempiono. Più difettosa, per altro, potrebbe esser giudicata la parte concernente i monopolii governativi, e l’ordinamento e la base delle tariffe de’dazii di confine, che l’Au­ tore limita quasi esclusivamente all’importazione delle merci estere.

Del resto nel breve Sommario è raccolta e ordi­ nata, se si prescinde da quelle e da varie altre la­ cune, molta e svariatissima materia, con molta pre­ cisione e con lucido ordine logico : nè si sarebbe potuto e dovuto attender meno dalla dottrina e dal­ l’ingegno del chiarissimo scrittore.

i l giugno 1876 Vero è che ci sarebbe difficile di consentire in alcune sue opinioni. Non parliamo del dubbio che talvolta si presenta intorno alla tendenza di attri­ buire allo Stato una ingerenza anche al di là dei limiti strettamente e rigorosamente necessarii allo esercizio dell’azione fiscale; perchè, se il lettore non è pienamente tranquillo, non può neppure essere offeso da alcuna teoria chiaramente formulata od espressa sopra cotesto argomento. Vogliamo, inve­ ce, limitarci ad accennare alcune più particolari opinioni. La tassa di fabbricazione (diciamo tassa, perchè speciale sopra alcuni prodotti) non è consi­ derata come una contribuzione diretta, che si anti­ cipa dal produttore, ed ha spesso lo scopo anche e l’effetto di dazio compensativo in relazione al com­ mercio internazionale, ma è posta, invece, nel nu­ mero delle tasse indirette sul consumo. Sono con­ siderate non come retribuzioni di servigi, ma come vere e proprie tasse i proventi delle poste, de’ tele­ grafi e delle strade ferrate, ancorché non giungano a compensare le spese che si sopportano dallo Sta­ to. È posta anche nel novero delle tasse la spesa della monetazione e la differenza tra il valore, reale e il nominale delle monete sussidiarie, quasi che la prima non fosse remunerazione di un servizio e l’altra potesse altrimenti giustificarsi che per alcune necessità inerenti al sistema monetario per la rap­ presentazione della più piccola frazione nella misura dei valori e per assicurarne il mantenimento nella circolazione interna. Nè occorrerebbe fermarsi sopra coteste specialissime materie se non potesse ragio­ nevolmente temersi che le opinioni sopraccennale non fossero conseguenza di principii molto perico­ losi per sè medesimi e affatto contrarii alle buone dottrine economiche. È grave questione se debba essere, come in Germania, a carico del Tesoro pub­ blico, oppure, come in Italia, in Inghilterra ed in altri paesi, a carico dei possessori la spesa per la rifusione delle monete logore e sfigurate che non possono aver corso. L’autore afferma, ma non di­ mostra l’obbligazione del Tesoro, e cioè il carico di tutti i contribuenti.

Non citiamo altri particolari, perchè non si dica : non his offendar maculis, e perchè le cose testé rapidamente accennate siano considerate meno come censure, che come conferma della sincerità della lode che noi crediamo dovuta all’egregio autore pel nuovo libro, di cui ha fatto prezioso regalo alla gioventù studiosa.

Il riscatto e l’eserciz o governativo dell e ferrovie ìq

relazione agli interessi m ilitari. — Consi lerazioni di Cesare Zanolini. — Rom a 1876.

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11 giugno 1876 L’ E C O N O M IS T A 697

governo dal punto di vista degli interessi militari della nazione. Egli si è proposto il seguente quesito da ri­ solvere: Supposto effettuato il riscatto ed affidato 1’ esercizio allo Stato, i grandi movimenti ferroviari militari in qualsiasi circostanza di pace o di guerra si potranno ordinare ed eseguire più sollecitamente e meglio che non quando la proprietà e l’esercizio delle ferrovie appartengano a società private? L’autore co­ mincia dallo stabilire che perchè le ferrovie siano di una reale utilità in tempo di guerra è necessario che con costanti e diligenti studj in tempo di pace si cerchi 1° di aumentare per quanto è possibile quella che chiamasi produttività materiale delle ferrovie ossia la loro capacità per trasporti militari, 2° Prestabilire i piani di marcia da seguirsi nei grandi movimenti di grandi masse di truppe a seconda delle varie pre­ vedibili circostanze di guerra e predisporre i modi di condurne l’effettuazione.

Il primo di questi resultati dice 1’ autore dipen­ de unicamente dal numero delle linee, dal numero dei binari di ciascuna di queste dalla qualità e quantità del materiale mobile, e da tutte quelle condizioni le quali non sono in mano degli Stati, ma variano secondo le risorse finanziarie, la prosperità economica e la facilità di percorso in ogni senso del territorio.

Al secondo di questi resultati invece può direttamente contribuire l’opera dello Stato, ma è forse il riscatto e l'esercizio governativo il mezzo che lo Stato deve adoperare per conseguirlo?

Qui l’autore si fa a studiare quali siano le dispo­ sizioni legislative e regolamentari che furono adottate in quei paesi i quali riuscirono a risolvere la que­ stione ferroviaria militare nel modo più completo e perfetto. L’ impero Germanico, nonché l’Austria e la Francia hanno su questa materia un insieme di leggi e di regolamenti che 1’ onorevole Zanolini riassume in modo chiaro e preciso nei loro punti principali. Queste leggi consistono in una quantità di obblighi a cui sono sottomesse le Società ferroviarie allo scopo che esse siano sempre in condizioni tali da potere in tempo di guerra corrispondere nel modo migliore al bisogno del trasporto delle truppe e degli approvvigionamenti dell’esercito. L’ autorità militare sorveglia in tempo di pace il mantenimento di que­ sti obblighi per parte delle Società ferroviarie: essa ha poi in tempo di guerra il diritto di fare eseguire i suoi ordini dalle varie amministrazioni ferroviarie, e di assicurarne, in caso di rifiuto, l’esecuzione a spese delle amministrazioni medesime. Basta leggere l’opuscolo dell’on. Zanolini per convincersi che col sistema adottato nell’impero Germanico e imitato oggi in Austria ed in Francia si può, col sottoporre le Società ferroviarie private a un complesso di dispo­ sizioni legislative, la cui esecuzione sia affidata ad un servizio militare speciale sapientemente organiz­ zato, raggiungere il conseguimento degli interessi

militari di una nazione in rapporto alle ferrovie in modo pieno e sodisfacente. E l’autore dimostra che in Germania il riscatto delle ferrovie per parte dello Stato, vagheggiato anche colà da un partito, per ra ­ gioni meramente politiche, non presenterebbe mezzo di introdurre al sistema già esistente modificazioni essenziali, nè di migliorarne sensibilmente il funzio­ namento. Questo sistema infatti senza ricorrere al monopolio governativo ottiene lo scopo dell’unifor­ mità di esercizio e dell’unità di direzione che sono due fra le condizioni essenzialissime alla prepara­ zione, sorveglianza ed esecuzione dei grandi trasporti militari.

In Italia, si domanda l’autore, il riscatto e l’eser­ cizio governativo potrebbero giovare agli interessi militari? Egli dice che il riscatto, aggravando no­ tabilmente il bilancio dello Stato impedirebbe il mi­ glioramento materiale delle ferrovie e quindi non potrebbe certo giovare agli interessi militari. Quanto all’esercizio governativo esso anziché di vantaggio sarebbe di gravissimo ostacolo allo sviluppo di que­ sti medesimi interessi, sia per le relazioni compli­ cate e gli attriti di ogni sorta che dovrebbero ne­ cessariamente nascere fra il Ministero dei lavori pubblici e quello della guerra, sia perchè, assunto l’esercizio delle ferrovie dall’amministrazione dei la­ vori pubblici sarebbe quasi impossibile di potere seriamente ed efficacemente organizzare tutto quel grande e permanente lavoro di preparazione dallo autore descritto come esistente in Germania e che è tanto necessario per potere eseguire nel caso di una guerra i grandi movimenti di truppe. E l’osta­ colo principale all’organizzaziono di questo perma­ nente lavoro di preparazione l’autore lo vede nella difficoltà in cui è lo Stato nostro di procurarsi un buon personale tecnico al pari di quello che oggi hanno le Società private, e ciò tanto a cagione della necessità della diminuzione degli stipendi!, una volta che gli impiegati delle ferrovie diventassero impie­ gati dello Stato, quanto a cagione della cessazione quasi completa della iniziativa individuale e della diretta responsabilità di ciascun funzionario. Sicché l’autore conclude che in Italia mentre finora non sussiste quella definitiva ed efficace organizzazione dei grandi trasporti militari che esiste in altri Stati, il riscatto e l’esercizio governativo anziché avvici­ narci verso lo scopo di trarre il maggior utile pos­ s a l e dalle ferrovie come mezzo di guerra non fa­ rebbero che creare maggiori difficoltà al consegui­ mento di questo resultato.

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Risponde a questa domanda un distinto ufficiale dell’esercito nostro, il maggiore Carlo Aymonino, il quale in un opuscolo pubblicato nel 1873 sulle ferrovie