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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.03 (1876) n.129, 22 ottobre

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L'ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno III - Voi. VI

Dom enici 22 ottobre 1876

N. 129

IL

PARLAMENTO INGLESE NELL’ ULTIMA SESSIONE

I

Poiché i nostri autoritari italiani vanno tuttodì citando come prova della bontà delle loro teorie I’ esempio di alcune riforme adottate di recente in Inghilterra, crediamo per parte nostra opportuno di andare mano a mano esponendo ai nostri lettori lo svolgimento della legislazione inglese contempo­ ranea, perchè, conosciutane la vera portata, tutti pos­ sano constatare quale abisso separi le temperate misure che, non senza contrasti, furono sanzionate dal Parlamento britannico, da quelle ben altrimenti radicali che i nostri avversari vorrebbero attuate fra noi in omaggio ad un esagerato ed erroneo con­ cetto delle attribuzioni dello Stato nelle moderne società.

E con questo intendimento eccoci a dare un suc­ cinto resoconto dei lavori parlamentari in Inghil­ terra durante il 1876.

Non è già che la sessione del Parlamento inglese nel corrente anno, aperta il 9 febbraio e chiusa il 15 agosto, vada segnalata da taluna di quelle discus­ sioni che mettono in dubbio l’ esistenza di un Ga­ binetto , o per il numero delie leggi votate, ma perchè due fra queste, per la materia cui si riferi­ scono e per l’ importanza loro reclamano più spe­ cialmente la nostra attenzione e sono: una nuova legge sulla istruzione primaria (Education bill) ed un’altra legge relativa alla marina mercantile. (Mer­ chant shipping bill).

La prima approvata dalla Camera dei Comuni nella tornata del 5 agosto, viene in ultima analisi a sanzionare il principio dell’ istruzione gratuita ed obbligatoria, ma lo stabilisce in un modo assai di­ verso da quello che si intenderebbe fra noi. Infatti non si dà già allo Stato la facoltà di costringere, mediante la irrogazione di certe determinate pene, i genitori a inviare i loro fanciulli nelle scuole go­ vernative; questa coercizione diretta ripugnerebbe troppo all’indole delle istituzioni inglesi, e perciò nella legge di cui ci occupiamo, si cerca di rag­ giungere lo stesso scopo con mezzi assai differenti. In primo luogo si e vietato agli industriali di ricevere nelle fabbriche fanciulli, i quali non abbiano

compiuto il decimo anno di età, nè quelli dai IO ai l i anni se non presentano un attestato di istru­ zione e di frequenza in qualche scuola, e ciò perchè la brama di usufruire precocemente l’opera degli adolescenti anziché uno ostacolo divenga un incen­ tivo a promuovere la loro istruzione. In secondo luogo si accorda ai boards o f guardiano (Comitati eletti dai proprietari di ciascuna parrocchia per ap­ plicare la legge dei poveri, vegliare all’osservanza dei regolamenti sanitari, eco., ecc.), il diritto di di­ chiarare sotto certe determinate condizioni, l’obbli­ gatorietà e la gratuità dell’ istruzione per i loro ri­ spettivi amministrati.

Questa facoltà era già conferita da una legge del 1870 ai scìiool boards, cioè alle scuole puramente laicali che sarebbero fondate dallo Stato col con­ corso del Corpo elettorale, in virtù della legge stessa. Con la legge di quest’anno r.on si voleva fare altro che estendere l’applicazione di quel prin­ cipio, accordando le stesse facoltà ai boards o f guar­ diano, in quelle parrocchie ove ancora non sono istituiti i school boards, sennonché la proposta cosi concepita incontrò una opposizione talmente seria che fu mestieri modificarla nel modo di sopra ac­ cennato.

La causa di questa opposizione deve ravvisarsi nella dilfidenza naturale in quanti non appartengono alla chiesa anglicana di fronte ai boards o f guar- dians, nei quali l’ influenza ecclesiastica è troppo potente, diffidenza che si faceva tanto più giustifi­ cata in quantochè all’ infuori delle città quasi tutte le scuole pubbliche sono sotto il dominio della chiesa. Approvando quindi la proposta primitiva si veniva in sostanza ad accordare alla chiesa un esor­ bitante potere sulla pubblica istruzione e ad attuare il principio della istruzione obbligatoria mediante le scuole confessionali. Ciò che il partito liberale non poteva in veruna guisa permettere.

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si volessero costringere i non-conformisti a pagare del proprio pel mantenimento di scuole poste sotto la tutela della Chiesa nazionale, ne nacque una tem­ pesta talmente forte da fare temere che l’intera legge avrebbe fatto naufragio. —■ Si fu allora che per scongiurare il pericolo Lord Sandon, a nome del­ l’intiero gabinetto, propose un emendamento, appro­ vato poi a grandissima maggioranza, col quale si stabilisce, che dappertutto, senza distinzione fra le lo­ calità ove esistono o non esistono i school boards, debbano i soli boards o j guardians provvedere al pagamento dei diritti scolastici dei fanciulli indi­ genti, presso quella scuola alla quale vorranno in­ viarli i respettivi genitori, adottandosi così quella soluzione che è certo In migliore per conciliare il principio della libertà di coscienza, colla obbligato­ rietà della istruzione.

Queste essendo le principali disposizioni della legge in esame ci sembra appena necessario il dichiarare che noi non vorremmo in veruna guisa approvare i principii a cui la medesima appare informata ; per­ chè anche astrazione fatta dalla quistione di massima che da tanto tempo si agita intorno alla istruzione obbligatoria, è certo per tacere del resto, che il divieto imposto agli industriali di cui sopra abbiamo fatto pa­ rola, deve all’atto pratico dimostrarsi anziché vantag­ gioso, esiziale per la moralizzazione delle generazioni nascenti, essendo troppo facile il prevedere che quei fanciulli cui si chiude l’adito a procacciarsi un lecito guadagno nelle officine, saranno dall’avidità dei ge­ nitori, sfruttati, in altri modi assai più contrari al loro sviluppo fisico ed intellettuale, e per peggio pro­ fondamente demolizzatori.

D’altra parte però, non sappiamo astenerci dal rilevare, come questa stessa legge rivela quanto sia grande in Inghilterra il rispetto per la libertà indi­ viduale, e quanto gli uomini di Stato di quel paese siano lontani daH’ammettere quella effrenata inge­ renza governativa che si vorrebbe instaurare fra noi. Infatti abbiamo veduto che lungi dal decretare la obbligatorietà dell’istruzione elementare, in modo ge­ nerale ed assoluto, si è soltanto concesso a delle singole autorità locali di origine elettorale, la facoltà di prescriverla luogo per luogo, nè basta: anche quando l’istruzione può divenire obbligatoria, non è già lo Stato che si ritiene capace di adempiere a questa ardua missione di compartire i primi elementi dell’umano sapere alle giovani generazioni, ma la scelta del modo viene completamente rilasciata nell’arbitrio delle persone che possono vantare i maggiori di­ ritti in questa delicata materia, cioè ai genitori. — Così in Inghilterra anche quando si crede opportuno ricor­ rere a qualche mezzo coercitivo della libera iniziativa individuale, in omaggio ad un principio superiore di pubblico interessse, lo si fa per guisa da rispettare per quanto sia possibile, la libertà dei singoli citta­

22 ottobre 1876

dini ; ma sopra tutto si vuole che l’esercizio di una missione tanto delicata, anziché allo Stato, venga affidato ad enti amministrativi autonomi, i quali trovandosi legati da rapporti più diretti, e più intimi a coloro su cui la coercizione stessa deve ricadere, offrono maggiori garanzie che la medesima non sia applicata troppo alla leggera e senza una evidente necessità.

Avevamo dunque ragione di dire che l’esempio inglese non è un’arma troppo pericolosa nelle mani dei nostri avversarii.

Ma di ciò è una prova ancora più evidente la seconda delle leggi da noi accennate di sopra. — Tutti ricordano l’agitazione provocata in Inghilterra sul finire del decorso anno dal signor Plimsoll il quale esagerando i pericoli che derivavano dalla costruzione e dall’uso di navi inette alla navigazione reclamava per parte del governo l’applicazione di gravissime misure preventive per la sicurezza della vita e degli averi dei cittadini. L’argomento anzi non deve giungere nuovo ai lettori de\YEconomista giacché uno dei nostri più dotti e più brillanti collaboratori, ne fece fino d’allora argomento di un vivacissimo articolo. Or bene, a cosa condusse tutta questa agi­ tazione? Condusse a far votare, e non senza serio opposizioni, una legge di mera polizia punitiva, una legge quindi che anche il più sincero liberista avrebbe potuto sottoscrivere senza titubanza alcuna. — Ecco infatti le principali disposizioni del Merchant shipping late, andato in vigore col primo del corrente mese e che non è altro che la legge in quistione.

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22 ottobre 1876 L’ E C O N O M IS T A 515 sono applicabili alle navi straniere che nei porti del

Regno Unito siano state caricate di un carico ecces­ sivo e si addimostrino incapaci a sostenerlo mentre si trovano nelle acque del regno. Altre disposizioni riguardano la linea di fluttuazione, il modo di tra­ sporto di alcune merci e dei passeggieri oltre molto altre misure per assicurare il mezzo di esercitare sulle navi una vigilanza attenta ed attiva«

Se questi sono i trionfi di cui menano tanto vanto i seguaci della scuola autoritaria, bisogna dire davvero che essi si contentano di troppo poco!

STUDI SULLA PESCA

§ 5

(Segue) Discussione alla Camera del progetto Finali

(Vedi N. 120)

OSSERVAZIONI CRITICHE

Art. 26. — L’onorevole Varè vorrebbe ritoccare questo articolo, sostenendo che per colui che involi qualche pesce è una pena un po’sproporzionata la multa di lire 250 comminata dall’articolo; vorrebbe che in ciò ci si referisse alla legge comune civile o penale secondo le circostanze, come per le altre violazioni della proprietà. E vorrebbe porre nell’ar­ ticolo la dizione — contro il divieto del proprietario — in luogo di dire — senza il consenso del pro­ prietario. Infatti nel Codice civile si vieta la caccia, quando sia fatta — contro il divieto del proprietario — ed ivi non si dice — senza il consenso; e ciò perchè il proprietario, senza dare speciali permessi, può lasciar che alcuno cacci (o peschi) nel suo fondo.

Osservava, in replica, l’onorevole Alvisi che si fa in questo proposito una distinzione giuridica « fra le acque pubbliche e le private, fra il diritto che c’è nei cittadini di usufruire dei prodotti che non sono di nessuno, ed i diritti assolutamente privati. Da questo fondamento legislativo ne nasce anche la diversa giurisdizione, perchè colui il quale porta via un animale da un bacino di acqua di ragione pub­ blica, come da un fiume, da un canale, commette una contravvenzione, in quanto che ha la sua parte di diritto sopra quel prodotto. Invece colui il quale porta via un pesce da un bacino o da un canale di proprietà privata, commette un furto. »

Quindi, aggiungo io, non ci si può rimettere alla legge comune, ma bisogna creare una contravven­ zione per chi fa atti di pesca in quelle acque, nelle quali la medesima non può esaurire gli estremi del furto; altrimenti quei fatti anderebbero impuniti.

Il ministro Finali combatte la sostituzione delle

parole — centro il divieto — alle parole — senza il consenso — perchè è difficile costatare quando ci sia il divieto del proprietario. Quanto alla multa osserva che le 250 lire sono il massimo, ma che nei casi concreti, può essere comminata la pena an­ che di 50 centesimi.

Dopo alcune osservazioni, in replica, dell’ onore­ vole Varè che vorrebbe che i proprietari ponessero un cartello ove sia detto — Pesca riserbata — come 10 mettono per dire — Caccia riserbata, — non amando che nella legge ci sia quest’ antinomìa5 che per la caccia si dica contro il divieto e per la pesca si dica senza il p>rmesso, pur tuttavia dichiara di seguire al solito la corrente e di ritirare il suo emen­ damento.

Art. 51. — Su proposta dell’ onorevole Speciale si aggiunge a questo articolo un capoverso per dire — che quando si tratti di confisca di pesci, sui cui 11 proprietario abbia diritto, quanto al provento delle pene pecuniarie e delle confische, verranno applicati gli articoli 611 e 612 Codice di proced. penale. (1)

Art. 31. — Sorge discussione su questo articolo perchè richiama l’articolo 414 del Codice della ma­ rina mercantile dichiarandolo applicabile alle con­ travvenzioni di pesca. L’onor. Maldini proponeva da principio che invece di dire che era applicabile alle contravvenzioni il citato articolo 414; si dicesse es­ sere applicabili le disposizioni « del Codice civile in quanto riguarda la responsabilità civile. » Ma dopo alcune ooservazioni dell’onor. ministro, 1’ arti­ colo viene approvato coll’aggiunta fatta dal ministro stesso — essere applicabile l’articolo 414 Codice di marina mercantile pei fatti considerati nel medesimo.

Così non si estendono alla pesca gli articoli pre­ cedenti al 414, richiamati da questo. L’ onorevole Galvani, che però non si trovava presente, aveva proposto nn articolo 56 del seguente tenore:

« I Consigli provinciali dovranno alligare ai loro regolamenti un elenco nominativo dei diritti di pesca appartenenti al demanio, ai corpi morali ed ai pri­ vati. » Ma l’onorevole Piroli osservava essere im­ possibile, deferire ai Consigli provinciali l’incarico di formare quegli elenchi, e che essi non ne ave­ vano nè i mezzi, nè la competenza, quando si voglia che l’elenco così fatto dei diritti di pesca spettanti al Demanio, ai corpi morali e ai privati formi prova

(1) Gli articoli 611 e 612 del Codice di procedura penale dispongono del modo, con cui si devono ven­ dere gli oggetti posti sotto sequestro, del deposito che se ne deve fare dal cancelliere del prezzo nella Cassa dei Depositi e prestiti; e della restituzione che si dev» fare (prima della prescrizione che è di 10 anni) degli oggetti o del loro valore, (se sono venduti) al legittimo proprietario che si presenti a

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516 L’ E C O N O M IS T A 22 ottobre 1876 dei diritti medesimi. Dopo ciò la proposta dell’ono-

j

revole Galvani si ritiene come non presentata. La legge essendo al suo termine, si viene alla discussione del voto motivato dalla Commissione che è il seguente: « La Camera invita il ministero a presentare un progetto di legge per la estinzione dei diritti di uso che vincolano in alcune località 1’ esercizio della pesca. »

Su questo proposito ò da vedere quanto osservava la Relazione Alvisi.

L’onorevole Di Sambuy (della Commissione) a cui aderiva poi l’onorevole Mussi, proponeva invece un ordine del giorno, invitando il Governo « a pre­ sentare un progetto di legge per cedere alle Pro­ vincie i diritti di pesca spettanti allo Stato, dichia­ rando di riprendere l’antico ordine del giorno, se questo nuovo non fosse approvato; e faceva volen­ tieri cotesto passaggio alla Provincia dei detti diritti perchè la Provincia li farebbe fruttare di più del Governo.

Il ministro Finali dichiarava di non potere accet­ tare il nuovo ordine del giorno Di Sambuy perchè si trattava di una cessione gratuita, mentre col primo ordine del giorno egli intendeva di parlare di estin­ zione, sì, dei diritti d’uso, ma estinzione correspet- tiva. Onde le Provincie con quella prima proposta potevano benissimo acquistare dal Governo, mediante correspettivo, tali diritti.

Dopo alcune repliche del ministro e dell onorevole di Sambuy l’onorevole Varè propone un altro or­ dine del giorno del seguente tenore: * La Camera invita il Ministero a presentare una relazione sulle condizioni giuridiche ed economiche dei dir<tli di uso, che in alcune località vincolano la industria della pesca, proponendo quei provvedimenti legislativi che bisognassero perchè i principii ond’è intormata la legge ora discussa, ricevano anche sotto questo aspetto una completa attuazione in tutto lo Stato. »

Questo ordine del giorno, come più largo ha la precedenza sugli altri, e messo ai voti, viene appro­ vato dalla Camera.

Così finisce la discussione della legge sulla pesca. L’ordine del giorno dell’onorevole Varè che fu appprovato come sopra, è il migliore di tutti gli altri, perchè chiede al ministero — una relazione sulle condizioni giuridiche ed economiche dei diritti di uso — e — la proposta dei provvedimenti legi­ slativi opportuni. Così non solo si ha riguardo ai diritti demaniali di pesca, ma a tutti i diritti di uso spettanti ai Comuni, Provincie, altri corpi morali e privati. E difatti e necessaria la indicazione e la de­ terminazione di questi diritti di uso, perchè, se deve essere proibito di pescare in tali acque, è giusto che siano da tutti conosciute.

E poi è il caso di vedere se qualcuno dèi diritti spettanti allo Stato debba farsi cessare senz’altro, o

si debba cedere o vendere. A questo proposito una savia disposizione era portata dal progetto Castagnola negli art. 3 e 4 e dalla primitiva Giunta della Ca­ mera nell’articolo 4 del suo progetto, articoli richia­ mati a pagina 13 della relazione Alvisi. In essi si dichiarava — che i diritti di pesca spettanti allo Stato erano estinti, quando non abbiano dato un pro­ vento negli ultimi sei anni — che dovesse emettersi nella Gazzetta Ufficiale un elenco dei diritti di pesca demaniali non estinti — che questi diritti rimasti allo Stato potessero alienarsi specialmente per scopi di piscicoltura — che infine nella Gazzetta Ufficiale e nei regolamenti dovrebbe pubblicarsi l’elenco dei diritti di pesca spettanti ai privati e corpi morali, nonché l’enumerazione delle acque private. La relazione Alvisi richiamava su queste cose il ministro, ed oggi sembra che egli se ne debba dar carico, dopoché la Camera ha approvato l’ordine del giorno Varè, se vuole portare ad atto l’invito che gli si fa col me­ desimo.

Questa discussione sebbene avvenuta quando la Camera era disattenta, perchè preoccupata dalla que­ stione politica che portò poi alla caduta del Gabi­ netto Minghetli, pur tuttavia è stata fatta con cura, e la materia della pesca vi è stata trattata con suf- ficente ampiezza, ed è certo migliore e più impor­ tante della discussione che ne fu fatta precedente- mente in Senato. Dalle considerazioni fatte in que­ sta discussione si traggono varie illazioni e alla base di essa si possono fare alcuni rilievi. I o La di­ scussione dimostra che la legge ha voluto seguire il sistema della libertà della pesca, cioè che questa sia permessa in tutte le acque pubbliche o dema­ niali ; che non vi spetti più allo Stato, tranne per quei diritti speciali e singoli di pesca che esso ci avesse. Ciò non è detto espressamente nella legge, ma resulta dalle parole pronunziate da diversi oratori e segnatamente da quelle dell’ onorevole Mancini, e dal rigetto che la Camera fece dei 3 articoli pre­ liminari dell’onorevole Varè, i quali volevano inau­ gurare il sistema che la pesca spettasse nelle acque demaniali allo Stato. Però era migliore su questo proposito il progetto Castagnola, il quale all’articolo 3 così si esprimeva « Chiunque può pescare nelle acque del Demanio pubblico e in quelle del mare territoriale eccettochè in quelle parti di esse che sono soggette a diritti di pesca a favore dello Stato, dei Comuni, di altri corpi e persone morali o dei privati. »

Perchè non ripetere questo articolo nella legge attuale, se, tanto, cotesto principio si voleva sancire?

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-22 ottobre 1876 L’ E C O N O M IS T A 517 chiarazione avanti al sindaco. Già in Senato l’ono­

revole Ferraris aveva propugnato cotesto emenda­ mento, acciocché la contravvenzione e l’ ammenda per non aver fatto la dichiarazione colpisse « l’in­ dividuo che dichiarava di volere esercitare non un atto solo di pesca, ma parecchi, e farne in seguito quel maggiore o minore uso che è nelle sue abi­ tudini e nella sua convenienza, e che si distingue da chi per semplice accidente fa atto di pesca. »

Quindi, stante cotesto emendamento, è da ritenersi che per la novella legge, si possa, senza bisogno di emettere la dichiarazione avanti al sindaco, fa "e qualche atto di pesca, ed anche la pesca con lenza galleggiante tenuta a mano, che è pure permessa in Francia, nelle acque, ove spetta allo Stato. L ’a bitunhtà soltanto farà cadere in contravvenzione il pescatore, che non abbia fatto la dichiaiazione avanti al sindaco.

5° Le critiche che facemmo a questo progetto dopo la discussione al Senato, non sono state rese inutili dalla discussione alla Camera. Laonde torniamo a ripetere: perchè non riprodurre nella Legge l’ar­ ticolo 0 del prog. Castagnola? perchè non dichiarare abolite le leggi anteriori? Se lo spirito della novella legge, quello si è, che nelle acque demaniali la pesca sia libera, perchè non dichiararlo? Vuoisi tener presente che in Senato, per quanto disse 1’ onorevole Giovanola, la questione dell’ uso della pesca nelle acque demaniali, si voleva lasciare impregiudicata, non attribuirla allo Stato, non abbandonarla ai pri­ vati e tenere le cose come sono adesso. Si faceva male a non risolvere tale questione; la Camera elettiva, almeno nella discussione, l’ha risoluta; dun­ que perchè non porre nella legge una disposizione a ciò intesa? Una tal cosa si vorrà forse fare coi regolamenti: e comprendo che in ogni modo, ciò avverrà indirettamente, per mezzo cioè, di più o meno involontarie violazioni che i regolamenti fa­ ranno delle antiche leggi; ma evidentemente ciò non sarebbe troppo costituzionale.

Ma si dirà che coll’ordine del giorno Varò il Mi­ nistero è stalo invitato a presentare un’ altra legge pei diritti di pesca. Senonchè dovrebbe farsi, come suol dirsi, la campana tutta d’un pezzo, secondo anche quanto esponeva l’onorevole Della Rocca nella discus­ sione generale, essersi, cioè, sufficientemente stu­ diata questa materia. Prova ne siano i cinque vo­ lumi dell’inchiesta.

Che se poi si ritiene di non avere studiato abba­ stanza, allora sarebbe meglio aspettare alcun poco ma far poi una legge completa (1).

4° Si è detto che il progetto Castagnola stabiliva

(1) Vedasi al termine dell'articolo la nota nella quale è esposto il caos delle leggi attualmente in vigore.

che venisse fatta l’enumerazione di tutti ì diritti speciali di pesca, sia dello Stato, sia di altri, ed una enumerazione di tutte le acque private, distinguen­ dole dalle demaniali.

Si obietta che è cosa molto difficile cotesta; ma si risponde che non è però cosa impossibile ; e che deve farsi, cliè altrimenti l’art. 26 manca di base dappoiché non si saprà quali sono le acque, nelle quali è proibita la pesca. E si passi pur sopra quanto agli altri diritti di pesca; ma circa alle acque pri­ vate, è indispensabile dichiarare quali acque sono tali. Imperocché vario è il significato delle voci — acque private. Se si prendono in contrapposto a de­ maniali, hanno la più ampia estensione, essendo private quelle acque che non siano fiumi o torrenti (articolo 427 del Codice civile). Se si prendono in contrapposto a pubbliche hanno una minore esten­ sione, perchè, ad esempio tra queste ultime si pone il rivo, il quale per la legge dei lavori pubblici, è pubblico, essendo privato (ossia non demaniale) per l’articolo 427 del Codice civile. È noto che alle pa­ role — acque private — si dà un significato spe­ ciale secondo la materia della quale si tratta: così se ne fa una distinzione particolare agli effetti del reato di deviazione d'acque (Carrara, programma, IV). Dando ancora un senso più ristretto alla dizione — acque private, — queste saranno quelle che nascono nel nostro fondo, per esso scorrono, attraversandolo e finiscono nel nostro territorio (indicate dai pratici coll’appellativo di fiumen proprium). Tali acque non sarebbero che quei corsi che attraversano per tutta la loro durata il territorio di un solo proprietario, non però quelle che costeggiano più proprietà (ossia i rivi); sarebbero in una parola, le acque di che nel capoverso dell’articolo 543 Codice civile non quelle di che nella prima parte dell’articolo stesso. Final­ mente un senso ancor più ristretto di quelle parole si è, cne acque private siano soltanto — le vasche, vivai, peschiere e conserve, di dominio privato — le acque chiuse, e quelle di che nell’ articolo 624 del Codice penale sardo e nell’articolo 388 del Co­ dice penale francese (1).

E quale di questi significati daremo alle acque di proprietà privata dell’ articolo 26? Forse il meno ampio trattandosi di legge penale da interpretarsi restrittivamente, quando si parla della applicazione di una pena.

Dunque, riepilogando, bisogna provvedere: a di­ chiarare qual sistema vuol seguirsi per la pesca nelle acque demaniali o pubbliche (libertà o monopolio dello Stato?); fare l’enumerazione di tutti i diritti speciali di pesca; indicare chiaramente quali sono le acque private, potendo e bastando, se si prendono in contrapposto a demaniali, di fare l’enumerazione

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518 L ’ E C O N O M IS T A 22 ottobre 1876 di queste ultime, come si è fatto in Francia, e, sebbene

imperfettamente anche presso di noi, agli effetti però della classificazione delle opere da farsi sui fiumi a mente della legge sui lavori pubblici: abolire in tal modo tutte le leggi anteriori, che in caso diverso rimarrebbero a portare enorme confusione.

5° Rimangono pure le altre critiche fatte al pro­ getto, quando fu discusso al Senato consistenti nel­ l’avere omesso: Io d’indicare se le contravvenzioni siano di azione pubblica o privata, osservando che a senso nostro dovrebbero essere di azione pubblica quelle poste per le buone regole di ittiologia, di azione privata quelle lesive dei diritti di pesca; IIo, di dichiarare (mentre non si concede ai privati di poter nominare apposite guardie-pesca) che le guardie campestri particolari nominate a termini dell’articolo 7 della legge di pubblica sicurezza po­ tranno accertare le contravvenzioni di pesca lesive dei diritti dei proprietari, cui sono addette e i loro verbali far prova ai termini del citato articolo 7 ; IIIo; di prescrivere che non si debba ricorrere pre­ ventivamente all’autorità amministrativa, se non che per le contravvenzioni alle disposizioni ittiologiche, non dovendosi ammettere tale ingerenza per le con­ travvenzioni ai diritti, essendo queste di azione pri­ vata, e bastando unicamente il ricorso alla autorità giudiziaria, perocché il leso anche dopo iniziato il procedimento, può sempre dare quietanza, e quindi l’ingerenza delle autorità amministrative è inop­ portuna.

6° Finalmente è da notare come nell’articolo. — Questioni sul diritto di pesca — (I) osservavamo, seguendo il diritto romano, che il pescatore, per quanto commetta contravvenzione se pesca in acque private o soggette a diritto speciale, pure fu proprio il pesce ‘pescato, quando però questo sia nullius, vale a dire nelle acque correnti, non nelle peschiere vasche, e vivai chiusi, ed è perciò che nel primo caso, commette contravvenzione, non furto. Quindi sembrava censurabile l’aggiunta fatta da! Senato al­ l’articolo 30, per la quale i pesci confiscati al pe­ scatore dovevano esser resi all’avente diritto di pesca. In tal modo si veniva a risolvere la questione con­ tro il pescatore, coH’ammettere che questi non acqui­ sta mai il pesce fuori delle acque demaniali, sebbene nullius. Tale osservazione ha luogo, anche al se­ guito della attuale discussione, nella quale l’onore- revole Speciale dichiarò doversi applicare alle con­ fische gli articoli fil i 612 del Codice di procedura penale, e così attribuire ai proprietarii del diritto di pesca, il pesce pescato nelle acque a loro riservate.

Queste sono le censure, che io timidamente, se­ condo il mio naturale, e remissivamente, ho trovato da fare alla novella legge sulla pesca. Ciò non toglie

(1) Arch. Giuridico voi. XII.

però che la legge non abbia moltissimi pregii, e non apporti grandi vantaggi che certo son venuti ad emergere anche durante l’escursione che su di essa abbiam fatto.

Firenze, 4 ottobre 1876.

Avv. Carlo Gtattkschi.

N O T A . Leggi vigenti in Italia

Per dimostrare il caos che vi è in questa materia, ed il bisogno di provvedervi, vogliamo passare in rassegna le leggi attualmente esistenti.

Le leggi che si possono dire in vigore sulla pe­ sca, per quanto in alcune disposizioni tacitamente siano abrogate, sono le seguenti:

Nelle provincie subalpine vi è il regolamento 9 agosto 1827 sulla polizia della pesca marittima. E quanto alla pesca fluviale le RR. Costituzioni del 1770, il regolamento del 29 maggio 1817 ed un numero grandissimo di Statuti municipali, bandi campestri, ecc.

In Sardegna per la pesca di mare vi sono due pregoni vicereali del 24 aprile 1819 e del 28 aprile 1821; sulla pesca delle alici e delle sardelle; e due altre del 6 dicembre 1822 e del 13 luglio 1842 sulla pesca e caccia negli stagni, laghi e mari dello Stato; e per la pesca fluviale le RR. patenti del 29 aprile 1813.

In Lombardia le leggi sono varie, secondo la differente storia passata dalle sue provincie.

In quelle dell’antico ducato di Milano vi sono due editti del 26 marzo 1731 e del 23 febbraio 1764 e due gride del 20 marzo 1763 e del 27 agosto 1774 precipuamente rivolte alla conservazione della specie. Nei paesi appartenenti al ducato di Mantova vi era un editto dell’ 11 gennaio 1761 sull’ esercizio della pesca nei laghi di Mantova, un altro del 23 novembre 1799 sulla pesca del Mantovano ed una disposizione ministeriale austriaca che estese ivi la efficacia della succitata grida del 1763.

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22 ottobre 1876 L’ E C O N O M IS T A 519 4 frimale, anno x, sui diritti di pesca; la legge 17

luglio 1805, che agli articoli 67 e 68 disponeva sulla licenza di pesca nelle acque pubbliche; la de­ terminazione 5 agosto 1831, numero 18,993, della Camera aulica austriaca sul diritto di pesca nel lago di Como, e l’altra del 2 maggio 1844 della cancel­ leria riunita, sul fiume Lambro.

Nel Veneto la pesca marittima era governata da un decreto 22 giugno 1808 del prefetto italico del- l’ Adriatico relativo alla laguna di Venezia, che fu confermato da ripetute disposizioni successive; da una notificazione del 30 aprile 1830 sui mandati terrieri (che erano una specie di licenze); da un regolamento del 6 maggio 1835 sulla pesca lungo le coste dell’Adriatico, quello stesso che è in vigore per le spiaggie tuttora austriache: da una notifica­ zione governativa del 15 febbraio 1837, che inter­ preta una disposizione del sopradetto regolamento, da un rescritto ministeriale del 21 novembre 1817 che ne sospende un’altra, e per ultimo dall’avviso 11 gennaio 1863 della delegazione provinciale au­ striaca di Venezia sulla pesca del pesce novello. Pressoché niuna disposizione regolava nel Veneto la pesca fluviale, all’ infuori della sovraccennata prov­ visione 28 dicembre 1617, dell’antica repubblica, sul lago di Garda e della legge generale italica, pa­ rimenti ricordata più addietro del 17 luglio 1805 (articoli 67 e 68), per quanto riflette le licenze di pesca nelle acque pubbliche.

Nelle provincie modenesi erano in vigore una notificazione governativa del 21 maggio 1816 e pa­ recchie disposizioni di carattere locale. Due altre notificazioni del 6 novembre 1819 e del 2 giugno 1857 erano volte a tutelare alcuni diritti privati di pesca.

Nelle provincie parmensi la pesca era governata dal regolamento 25 aprile 1821 sulle acque (arti­ coli 160-168) e dalla risoluzione sovrana 13 marzo 1822 sulla repressione penale delle contravvenzioni.

Nello Stato pontificio era in vigore una disposi­ zione del 23 luglio 1830 che regolava la pesca in generale. Vigevano inoltre sulla pesca marittima le istruzioni del 6 giugno 1854, le discipline per le guardie della stessa data e la notificazione del 13 settembre 1854, tutte relative alle valli di Cornac­ chie, oltre a un’ordinanza delegatizia del 9 febbraio 1836 sulla pesca del pesce novello ed a parecchie altre della stessa natura: e suba pesca fluviale, una costituzione di Pio VI del 21 gennaio 1795, un motu proprio di Pio VII del 3 agosto 1822 speciale al lago Trasimeno, e una modificazione regolamen­ tare del card. Spada.

In Toscana, il motu-proprio 22 dicembre 1822 e la circolare 25 maggio 1829 che disciplinavano la pesca marittima, erano stati indefinitamente sospesi colla notificazione governativa 8 giugno 1831, nè

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successivamente era stata emanata alcun’ altra dispo­ sizione su questa materia. La pesca d’acqua dolce era disciplinata dal motu-proprio 14 aprile 1823.

Nel cessato regno delle Due Sicilie avevano effi­ cacia per tutto lo Stato il regio decreto 16 settem­ bre 1817 suU’amministrazione della pesca, e la legge 3 ottobre 1836 sulle riserve (cioè sui diritti pri­ vati) di caccia e di pesca, e il regolamento sulla pesca del corallo del 19 gennaio 1856 (surrogato al Codice corallino del 14 aprile 1790). Nelle pro­ vincie napoletane (domimi al di qua del Faro) la pesca sia di mare, sia d’acqua dolce era inoltre re­ golata dal regio decreto 20 ottobre 1834 sulla po­ lizia della pesca, e vigevano pure, sulla pesca ma­ rittima, parecchie disposizioni di carattere locale, cioè le istruzioni 4 aprile 1793 ed il rescritto 28 ottobre 1846 sui mari di Taranto, quello del 13 febbraio 1853 sulla pesca nelle acque di Gallipoli, quello del 4 maggio 1835 snlla pesca nell’ Adria­ tico e nel Ionio, il regolamento del 7 agosto 1847 sulla pesca nel golfo di Napoli, il rescritto della stessa data sanzionante la statistica delle reti per la pesca medesima, e il regio decreto 19 giugno 1856 sulla pesca nelle acque d’ Ischia e di Procida. In Sicilia (nei domimi al di là del Faro) la pesca in generale era disciplinata dal regio decreto 10 mag­ gio 1835 e vigeva inoltre il regolamento 7 no­ vembre 1832 pei mari di Termini.

(Relazione Castagnola L a pesca in Italia, voi. II, parte II, pag. 686 e seg.)

La relazione Castagnola dice che per talune tra le accennate disposizioni « era allora, come è tut­ tora giudiziariamente controversa se fossero ancora in vigore » ma che gran parte di queste disposi­ zioni hanno tuttora forza e vigore. Nota altresi che questa situazione giuridica fatta dalle'dette leggi è stata pure modificata dal Codice penale sardo del 1859 (art. 624) e dall’art. 172, num. 20 della legge comunale e provinciale che dà facoltà ai Consigli provinciali di determinare il tempo in cui la pesca può essere esercitata, ferme le disposizioni delle leggi relative, vale a dire di tutte quelle sopra indicate, le quali perciò sono anche per questo mantenute in vigore.

E osserva inoltre che col decreto del 22 dicem­ bre 1861, num. 382 furono estesi a tutto lo Stato il regolamento 9 agosto 1827 e gli articoli 13 e 14 della legge penale 13 gennaio 1837 per la marina mercantile, all’oggetto di disciplinare la pesca ma­ rittima.

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520 L’ E C O N O M IS T A 22 ottobre 1876

Il Congresso opsraio di Parigi

Questo Congresso di cui tanto si era parlato in­ nanzi e di cui alcuni dubitavano se nemmeno avrebbe avuto luogo, si aprì la sera del 2 ottobre. Niun dub­ bio che le questioni che riguardano gl’interessi delle classi operaie possano essere discusse liberamente in un’assemblea di delegati delle classi medesime, quando siano rispettate le ragioni dell’ ordine pub­ blico.

E v’è ragione di rallegrarsi quando si pensa che la discussione ha preceduto con una calma quale pa­ reva appena sperabile. E di più convien dire che in mezzo a certe esagerazioni e a certe manifestazioni di opinioni poco fondate per mancanza della coltura necessaria a discutere così gravi problemi, sono state pur dette delle cose savie ed esposti dei particolari interessantissimi.

Un altro fatto degno di osservazione si è che il Congresso, al quale si è voluto conservare opportuna­ mente un carattere privato, si componeva solo di ope­ rai. 11 sig. Guihon,, che ne è stato l’ organizzatore, diceva:

« Noi abbiamo voluto che il Congresso fosse esclu­ sivamente operaio, per evitare che gli utopisti bor­ ghesi vengano a denaturare il senso della nostra ma­ nifestazione. »

Non già che egli neghi le loro buone intenzioni, ma trova che essi si lasciano andare in balìa delle loro « elucubrazioni » senza conoscere abbastanza la realtà delle condizioni, in cui versano le classi lavo­ ratrici. Noi non diremo, che l’escludere da un con­ gresso operaio chiunque non appartenga a quelle classi sia cosa opportuna, mentre senza dubbio vi possono essere uomini istruiti e pratici al tempo stesso appartenenti a classi più colte, che potrebbero portare il sussidio dei loro lumi; nondimeno non può contestarsi che questa tendenza degli operai a respin­ gere le teorie nebulose e a restare più vicini alla pratica, costituisce in fondo un progresso, tanto più notevole in un paese dove il socialismo militante sorse e si sviluppò, e per un momento apparve più forte di prima dopo il periodo di repressione che seguì ai moti del 1848.

Le questioni costituenti il programma del Con­ gresso erano otto: 1. il lavoro delle donne; 2. Le Camere sindacali; 3. I Consigli di prud’ hotnmes ; 4. L’apprentissage e l’insegnamento professionale; 5. La rappresentazione diretta del proletariato al Parlamento ; 6. Le associazioni cooperative di con­ sumo e di credito; 7. Le casse di ritiro, di assi­ curazione e deoli invalidi del lavoro; 8. L’associa- zione agricola e l’utilità dei rapporti fra i lavoranti agricoli e i lavoranti industriali. Sette questioni eco­ nomiche, come ognuno vede, ed una politica.

Sulla prima questione crediamo interessante rias­ sumere le conclusioni della Commissione di cui fu relatrice la cittadina Giuseppina André.

Il lavoro delle donne, secondo la relazione, è ne­ cessario dal punto di vista pratico, e sopprimerlo sarebbe un rovesciare completamente il sistema eco­ nomico attuale, perchè l’ industria francese non po­ trebbe sostenere la concorrenza straniera. Non resta dunque che cercare di migliorarlo. Quindi la Com­ missione omette il voto che rientri nelle attribuzioni di camere sindacali di donne il diritto di sorve­ gliare la morale e l’ igiene nelle officine dove sono impiegate delle giovani. Deplora il lavoro delle donne nelle case di detenzione.

« Quando avremo dei legislatori usciti dal nostro seno, noi domanderemo loro la soppressione o al­ meno una modificazione alla tariffa, e non lasciando alcuna ragione di benefizio a quelli che ne pro­ fittano. »

Esprime il voto che un meccanico umanitario e filantropo si occupi della ricerca di un agente facile, poco costoso, destinato a rimpiazzare il pedale della macchina da cucire.

Venendo poi ai mezzi pratici di migliorare il la­ voro delle donne, la Commissione propone:

10 La creazione immediata di Camere sindacali di donne;

2° La durata della giornata non dovrebbe sorpas­ sare 8 ore senza riduzione di salario ;

3° La soppressione del lavoro di notte interdetto da una legge nelle manifutture. Il risultato, a senso della Commissione, sarebbe quello di repartire il lavoro fra un maggior numero e di forzare i prin­ cipali per mantenere la loro riputazione a impiegare appunto un più gran numero di braccia.

11 lavoro della donna deve essere a pari condi­ zioni retribuito con eguale salario di quello del­ l’uomo. Bisogna poi rimaneggiare la legge sul la­ voro dei fanciulli nelle manifatture e la sua appli­ cazione nei conventi, nelle prigioni, fissando il mi­ nimo di età a tredici anni e la durata del lavoro a sei ore. Chiede la fondazione di officine destinate a far concorrenza agli stabilimenti clericali del mede­ simo genere e la creazione di Società cooperative.

La Commissione farà appello agli uomini troppo poco curanti della loro dignità per occupare degli impieghi che si spettano alla debolezza della donna. Chiede per questa un’istruzione più solida che le permetta di darsi ad alcuni lavori intellettuali, ed infine una Società protettrice della gioventù, che come la Società protettrice degli animali, abbia il diritto di redigere dei processi verbali ogni volta che si trovi di fronte ad infrazioni delle leggi uma­ nitarie applicabili all’ infanzia e all’adolescenza.

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22 ottobre 1876

sostanza le opinioni che a questo proposito si ma­ nifestarono nel Congresso.

1° \ i sarà un Consiglio di prud' hommes per tutte le industrie, realmente similari in tutte le città e borghi della Francia.

2° Il Consiglio dei p ru d ’ hommes pronunzierà in prima istanza per una somma illimitata e in ultimo appello fino a concorrenza di 500 fr.

5* La conciliazione sarà esercitata da tribunali misti (principali e operai) composti dalle Camere sindacali, nelle quali la differenza si è prodotta.

4° Saranno egualmente giudicabili dai Consigli di prud'hommes tutti gli impiegati, contabili, com­ messi, e altri che a qualunque titolo sono occupati nella professione giudicabile degli stessi Consigli.

5° Per tutte le somme superiori a 500 franchi il tribunale d’appello sarà formato da tutti i Consigli di p ru d ’ hommes del dipartimento a ragione di un membro principale e di un membro operaio per ogni Consiglio.

6° 1 presidenti, vice-presidenti, segretari, uscieri, medici sono scelti da ogni Consiglio.

Successivamente il Congresso operaio si occupò della questione delle Camere sindacali, riguardo alla organ zzazione delle quali il signor Lockroy, depu­ tato di Marsiglia, ha presentato un progetto di legge. Naturalmente in questo progetto vengono indicati gli obblighi che lo Stato impone ad ogni associa­ zione, cioè deposito degli statuti, indicazione dei nomi e del numero dei materiali, ecc., e si com­ mina una multa in caso d’inosservanza. Ciò è sem­ brato esorbitante a un oratore del Congresso, tanto che ha potuto dire in mezzo agli applausi che egli non avrebbe fatto ai Consigli sindacali l’ ingiuria di credere che essi consentirebbero a diventare gli au­ siliari della prefettura di polizia.

Si è lamentato il troppo gran numero degli ap­ prendisti e si è proposto:

1° Le Camere sindacali di principali e di operai nominerebbero una Commissione arbitrale mista, incaricata di redigere i contratti di apprentissage e di sorvegliarne l’esecuzione.

2° Nel caso in cui l’istruzione del fanciullo fosse stata troppo trascurata, il principale sarebbe tenuto a fargli seguire dei corsi complementari sia della sera, sia del giorno.

3° Le Camere patronali ed operaie istituirebbero un concorso annuale fra apprendisti aventi un tempo eguale di fatto; nei due primi anni sarebbero distri­ buite medaglie di bronzo di differenti modelli, nel terzo e quarto queste medaglie dovrebbero essere d’argento.

Su questo argomento si rilevarono molti fatti de­ gni di osservazione e molti abusi; nondimeno si manifestò in fondo una tendenza che ricondurrebbe verso le corporazioni chiuse, resa bensì meno

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nubile per un grave disdegno del regolamentarismo governativo.

Sulla questione politica, il terreno era più ardente e la moderazione, se non scomparve del tutto fu certo minore. Dai discorsi che si lessero apparisce che il congresso intende la rappresentanza diretta del proletariato come la rappresentanza di una classe in opposizione alle altre, e che il deputato dovrebbe agire dietro un mandato assoluto.

Nella discussione succeduta a questa apparve uno spirito più pratico. Nel rapporto del signor Nicaise a nome di un gruppo della sesta sezione si riscon­ trano particolari preziosi sulle tre forme di coope­ razione, se ne rilevano gli ostacoli, si nota che se è difficile riunire 50 o 100, non sarebbe facile riunire le migliaia di operai che mancano di buoni gerenti.

« Credeteci, egli dice, noi ci aggireremo sempre in un circolo vizioso se vorremo uscire dal principio fecondo e luminoso della libertà. » Ha mostrato che le società di consumo devono precedere quelle di produzione. Un altro rapporto notevole del signor Masquier fa la storia di una società e conclude:

« 11 nostro scopo è di evitare a coloro che vo­ lessero seguire gli scogli contro i quali non abbiamo urtato.

La discusssione sulle casse di ritiro divagò assai, come de! resto era facile per le gravi difficoltà dell’ar­ gomento.

Il signor Corsin, che ha aperta la discussione sui rapporti da stabilire fra le città e le campagne, ha proposto « di aggruppare tutti gli operai di una stessa comune per permetter loro di resistere coll’accordo a un padrone poco coscienzioso. » Il signor Hamet vuol fare il povero lavorante agricolo « collettivi­ sta. » Ma in verità le condizioni presenti fra lavo­ ranti agricoli e lavoranti industriali in Francia sono tanto diverse e tanto diverso è anche il livello intel­ lettuale che non sappiamo comprendere a quali ri­ sultati pratici si potrebbe giungere coi concetti del resto molto vaghi ed indeterminati del Congresso.

Accennate così per sommi capi le discussioni che ebbero luogo nel Congresso operaio di Parigi, non possiamo non ripetere quello che abbiamo detto da principio, che la sua moderazione è degna di lode, e crediamo con Garnier che probàbilmente molti operai ne siano usciti meno socialisti di quando vi erano entrati.

RIVISTA ECONOMICA

Osservazioni sopra lo stato della marina mercantile in Italia in risposta alle lettere pubblicate n ell’ E conom ista — Gli ultimi lavori dell’ ufficio di statistica su questo argomento — La sta­ gione dei Congressi — Il Congresso di Brema dell’Associazione per la Codificazione del diritto delle geriti — Le cagioni dei presenti imbarazzi commerciali agli Stati Uniti. Opinione del signor D. W ells al Congresso di scienze sociali in America.

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522 L ’ E C O N O M IS T A

22 ottobre 1876 ed inserite nei numeri 126 e 128 intorno alla marina

mercantile italiana. Egli ci rimproverava di avere nella nostra Rivista Economica del numero 122 espresso l’idea che gli armatori liguri non avessero molto grave fondamento per spaventarsi dello stato attuale dell’ industria dei trasporti marittimi e di avere addotto come una prova a conferma di questa nostra convinzione il considerevole sviluppo verifi­ catosi durante gli ultimi quindici anni nel movimento del porto di Genova.

Il movimento del porto di Genova, egli dice, e la parte importantissima che in esso è riserbata all industria nazionale non giova a provare che gli armatori genovesi abbian torto di lamentarsi poiché i’industria marittima italiana si alimenta prin­ cipalmente dei trasporti a grandi percorrenze fra paesi esteri e sono questi che hanno subito un grave tracollo in conseguenza del notevole ribasso dei noli.

Bisogna innanzi tutto porre nei veri suoi termini la questione giacché finché l’egregio scrittore afferma che una parte degli armatori italiani si trovano in non prospere condizioni, noi non lo neghiamo, e finché egli dice eh’essi hanno diritto di essere sollevati da quei pesi che gravano senza una giusta cagione sopra di essi, noi ci troviamo con lui di pienissimo accordo. Ma la divergenza incomincia soltanto se da queste sofferenze di alcuni, si vuol dedurre che la marina commerciale italiana si trovi in uno stato di deca­ dimento che debba gettare una seria apprensione nel paese, come ha impressionato in Francia alcuni scrittori lo stato dèlia loro marina; questo noi ab­ biamo inteso negare avvertendo che le cagioni ge- tìératrici del malessére che adesso può esserèi ri­ sentito, hanno un carattere transitorio che non ci sénibra tale da minacciare lo stato della nostra marina.

Riconosciamo che un notevole ribasso nel prezzo dei noli è difatti avvenuto da qualche anno; ma non ci sembra che questo ribasso, se ha potuto creare degli imbarazzi a qualche armatore, possa citarsi come un segno decisivo di depressione della marina mercantile ed anzi stimiamo che possa in molti casi ritenersi come indizio del contrario.

Le angustie di alcuni armatori, provengano esse dal ribasso nei noli o da altre cagioni, possono molto èp sso essere la conseguenza dello stesso sviluppo dell’industria marittima e del suo organizzarsi sopra nuove basi fatti che sono sempre accompagnati da un notevole spostamento d’ interessi. Ogniqualvolta avviene nelle industrie (come vediamo avvenire adesso nella marina) una di quelle grandi rivoluzioni che tendono a concentrarne l’esercizio in un numero più ristretto di mani, sostituendo le intraprese organiz­ zate su vasta scala alle modeste operazioni dei piccoli industriali isolati, l’industria che traversa questo pe­ riodo prende, è vero, un insolito slancio, ma lo prende

a prezzo di un gran numero di sacrifici e di sof­ ferenze per parte di coloro che non sono in grado di sopportare la concorrenza dei grandi stabilimenti.

Ma anco indipendentemente da questa osservazione che ha una parte maggiore che non si creda nel- l’occasionare i lamenti degli armatori liguri, noi non possiamo accettare il fatto del ribasso dei noli come una prova delle angustie della nostra marina. Se togliamo da questo ribasso quella porzione dovuta aìl’influenza che naturalmente la marina mercantile risente dallo stato di crisi che traversano in Europa alcuni rami della produzione industriale (influenza che ha un carattere affatto transitorio e che pesa ugualmente sopra tutto quanto il movimento econo­ mico del paese), noi non possiamo riconoscere nel ribasso dei noli che la manifestazione di una legge generale e costante per cui col progresso della ci­ viltà e della ricchezza il valore di ogni servigio economico tende continuamente a diminuire.

Le continue facilitazioni e gl’incessanti perfezio­ namenti che può conseguire chi mette a disposizione del pubblico la propria industria lo pongono in grado di contentarsi di una rimunerazione minore per ogni servigio che rende; in compenso però, egli può con lo stesso capitale, e con la stessa fatica rendere un numero molto maggiore di servigi ; per cui guadagnando meno sopra ciascuno di essi, guadagna per altro assai di più sopra la loro totalità. Tutto sta nel sapersi sempre porre in ¡stato di potere usare di queste facilitazioni e perfezionamenti e non rima­ nere indietro, per non essere schiacciati dall’ altrui concorrenza. Il ribasso dei noli è a nostro avviso un fenomeno che di per sé solo non vale ad allarmarci intorno allo stato della nostra marina se non si possa credere che tal ribasso sia accompagnato da una effettiva diminuzione nel numero dei trasporti. Con­ veniamo che a persuaderci che tale diminuzione non esiste, il fatto da noi allegato del ragguardevole svi­ luppo nel movimento del porto di Genova non possa offrire che un indizio di non grande entità il quale può essere benissimo contrastato da altri fatti con­ trari: ma non intendevamo di addurre questo fatto come una prova assoluta e solo segnalavamo l’evi­ dente contrasto fra il rapido accrescersi del movi­ mento del porto di Genova (soprattutto della parte riservata alla marina nazionale in questo movimento) e l’allarme gettato nel pubblico dagli armatori ge­ novesi.

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22 ottobre 1876 L’ E C O N O M IS T A 523 possiamo citare quello assai meno rapido ma pure

notevole e costante di tutti i principali porti del regno il grandissimo aumento nella navigazione di ca­ botaggio, l’aumento nel numero totale delle per­ sone dedite all’industria dei trasporti marittimi, l’ac­ crescimento del materiale addetto a questa industria, e finalmente lo sviluppo delle costruzioni navali nello Stato.

À fornirci questi dati ci giunge opportuna una recente pubblicazione del Ministero di agricoltura e commercio compilata con la solita cura e chiarezza di cui vanno sempre forniti i lavori che escono dall’ufficio centrale di statistica annesso a quel Mi­ nistero. Questo pregevole documento contiene nu­ merosi prospetti dinotanti il movimento della navi­ gazione internazionale e di cabotaggio in tutti i porti del regno, lo stato della pesca, del personale e del materiale della marina mercantile, il numero delle costruzioni navali e degli infortuni marittimi. Ci piace di estrarre da questa pubblicazione alcune cifre che ci sembra possano servire a confortarci nell’opinione da noi accolta.

Il movimento complessivo in tutti i porti del re­ gno della navigazione internazionale e di cabotaggio si a vela che a vapore tanto sotto la bandiera na­ zionale quanto sotto quella estera, calcolato in ton­ nellate, fu negli ultimi cinque anni il seguente:

Anni Tonnellate 1871 ... 20,965,073 1872 ... 22,002,345 1873 ... 21,703,376 1874 ... 24,029,473 1875 ... 25,340,332 La partecipazione presa in ques:e somme dalla navigazione nazionale fu la seguente:

1871 ... 14,808,231 1872 ... 15,236,508 1873 ... 14,686,996 1874 ... 15,695,344 1875. . . . 16,517,590 È peraltro da notarsi che l’aumento progressivo in queste cifre è dovuto intieramente alla naviga­ zione di cabotaggio, mentre nella navigazione inter­ nazionale si riscontra dal 1871 al 1875 piuttosto diminuzione che accrescimento. Ecco il prospetto che riassume questo movimento durante l’ultimo quinquennio :

Navigazione internazionale (Tonnellate)

Navigazione di canottaggio [T' m eliate)

Anni Bandiera nazionale Totale della navigaz,

1871 11,690,184 12,551,086

1872 11,971,540 13,034,508

1873 11,604,839 12,934,947

1874 12,907,699 16,449,156

1875 15,751,504 17,255,737

Il movimento della navigazione di cabotaggio esercitata dall’ industria nazionale, come si scorge in in quest’ultimo prospetto, si è aumentato in cinque anni di oltre 2 milioni di tonnellate, il che rappre­ senta un aumento circa del 17 0|O

Ecco alcune cifre che varranno a dare un’ idea dello sviluppo del movimento complessivo della

na-Anni Bandiera nazionale Totale della navigaz.

1871 5,118,047 8,433,987

1872 3,265,166 8,968,037

1875 3,082,157 8,768,429

1874 2,787,645 7,580,317

1875 2,766,086 8,084,595

vigazione in. alcuni porti di maggiore importanza:

Anni Tonnellate A nni Tonnellate

Genova 1861 1,936,764 1875 3,109,796 Napoli )) 1,603,875 )) 2,923,922 Livorno )) 1,675,219 )) 2,375,169 Messina » 1,109,591 )) 2,355,144 Palermo )) 823,254 )) 1,812,195 Venezia 1863 623,245 )) 1,070,600

Il numero totale delle persone dedite all’industria dei trasporti marittimi (compresi i pescatori che for­ mano una popolazione di oltre 35,000 uomini anche essa in leggiero aumento) ammontava nel 1868 a 176,491 individui, a 179,847 nel 1869, ed è an­ data gradatamente accrescendosi fino a 199,240 nel 1874 e 204,189 nel 1875.

Un aumento corrispondente si riscontra nella ca­ pacità totale della flotta mercantile; vi è, a dir vero, una leggiera diminuzione nel numero e nellr ca­ pacità dei bastimenti a vela, ma questa diminuzione e compensala e sorpassata di altrettanto dall’aumento della capacità della flotta a vapore come può riscon­ trarsi dal seguente prospetto comparativo dello stato dei bastimenti a vela ed a vapore provvisti di atto di nazionalità italiana negli ultimi quattro anni.

Bastimenti a vela

Anni Numero Capacità totale

1875 108,28 987,190 tonn.

1874 107,91 979,519 »

1873 107,12 997,866 »

1872 709,51 992,913 »

Bastimenti a vapore

Anni Numero Capacità totale

1875 141 57,147 tonn.

1874 158 52,370 »

1873 133 48,573 »

1872 118 57,860 »

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524 L’ E C O N O M IS T A 22 ottobre 1876 effetto di ridurre l’ importanza di quest’ultirr.a, fra

noi, se vi è stata una diminuzione nel 1875 del tonnellaggio della flotta a vela di fronte al 1872 ed anche maggiore di fronte al 1875, nel 1875 si ri­ scontra invece un aumento in confronto del 1874; vi è stato dunque una specie di ripresa ; vi sono state oltre a 7500 tonnellate che la marina a vela italiana ha riconquistate sopra quelle precedente- mente perdute.

In secondo luogo si deve osservare che una de­ terminata capacità nel materiale marittimo a vapore può valutarsi, come altra volta avemmo occasione di notare, che uguagli almeno una potenza di tra­ sporto tre volte maggiore della stessa capacità nel materiale veliero, per cui un aumento di 20 mila tonnellate nella capacità dei piroscafi italiani ra p ­ presenta per lo meno un aumento effettivo nella potenza marittima del nostro paese di 00 mila ton­ nellate.

A questo aumento della nostra marina mercan­ tile hanno largamente contribaito i costruttori na­ zionali, giacche risulta da uno dei prospetti della pubblicazione di cui parliamo che per le navi a vela come per quelle a vapore (e per queste ultime specialmente in una proporzione più notevole), il tonnellaggio dei legni costruiti nei cantieri italiani per la marina nazionale è andato gradatamente au­ mentando. Le navi a vela da 62,571 tonnellate rappresentanti la capacità de'le costruzioni effettuate nel 1872 raggiunsero nel 1875 la cifra di 78,659 tonnellate, mentre per altro il numero dei legni diminuiva da 447 a 554, e quelle a vapore da 158 tonnellate nel 1872 costruite in Italia per la marina nazionale, passarono a 2425 nel 1875 presentando una corrispondente diminuzione nelle costruzioni e negli acquisti fatti all’estero.

11 seguente quadro delle costruzioni navali in Italia basterà a convincere che questa industria è presso di noi in uno stato di progressivo sviluppo quando si faccia astrazione dagli anni 1869 e 70 in cui anche essa come tutte le altre dovette apprestarsi ad una straordinaria produzione in conseguenza della cessazione del lavoro in non piccola parte di Europa.

Bastimenti varati dal 1865 al 1875

Compreso il Veneto Escluso il Veneto Anni Bastim. / 4875 557 1874 415 \ 4875 657 1 1872 720 { 1871 805 1870 724 f 1869 685 1868 705 ' 1867 642 \ 1866 675 1865 907 Tonn. Cap.media 87,691 260 81,291 199 65,544 105 65,965 89 69,128 86 90,695 125 96,010 141 86,954 124 72,257 115 59,522 88 58,140 64

gio scrittore ci mostrava nella sua passata lettera è vero ma questo fatto non indica deca limento nella marina quando la capacità delle navi costruite è mag­ giore che in passato.

Da questi prospetti che siamo andati riassumendo fra quelli contenuti nella pregevole pubblicazione del nostro ufficio di statistica risulta una riprova del­ l’opinione da noi dianzi manifestata che cioè la ma­ rina mercentile vada anche presso di noi trasfor­ mandosi sopra le basi di un esercizio intrapreso su più vasta scala. E questo fenomeno vale a spiegarci il malessere sentito dai più piccoli intraprenditori ed a renderci conto delle loro apprensioni, ma basta al tempo stesso per rassicurare il paese il quale da questo malessere e da queste lagnanze non può ra­ gionevolmente trarre argomento per sgomentarsi delle condizioni di un’ industria da cui deriva una delle principali sorgenti della sua ricchezza.

Quando aumentano le costruzioni navali, quando aumentala capacità dei legni nazionali, il movimento dei nostri porti, e la popolazione che vive di questo commercio le condizioni della nostra marina non possono dirsi allarmanti.

Ben altrimenti accade in Francia ove il paese si preoccupa della proporzione del traffico nazionale ridotta dal 55 al 29 0;o nel movimento dei suoi porti e della riduzione di 78,000 tonnellate nella capacità della flotta veliera avvenuta in 5 anni assai al disotto dell’aumento di 45,000 tonnellate realiz­ zato nella flotta a vapore ') Ed anco in Inghil­ terra vi è stata una sensibile riduzione nel numero delle costruzioni; l’ultimo numero dell’ Economist di Londra che abbiamo sott'occhio, annunzia, nelle sue notizie commerciali, che nei primi nove mesi del­ l’anno corrente l’ammontare complessivo della capa­ cità delle navi gettate in mare fu inferiore di 26,000 tonnellate al numero raggiunto nello stesso periodo del 1875 e di 50,000 tonnellate a quello del 1874 il che vuol dire che anche il 1875 presentava di fronte al 1874 una diminuzione di 24,000 tonnel­ late nello stesso spazio di tempo.

Ritornando quindi ai reclami degli armatori liguri, noi non abbiamo nessuna difficoltà ad ammettere la loro giustizia finché si tratti di togliere tutti quegli imbarazzi e quelle inutili formalità legislatire che im­ pacciano il libero sviluppo dell’ industria. Questi im­ pacci è utile e doveroso il toglierli indipendentemente dalle condizioni più o meno prospere in cui essasi trovi ; devono sparire per la sola ragione che è nel- l’ interesse di tutti che l’ industria si muova più li­ bera e più spedita nel suo progressivo svolgimento ; ma non saremmo ugualmente propensi a riconoscer giusti quei reclami se tendessero a fare all’ industria dei trasporti marittimi una posizione eccezionale,

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22 ottobre 1876 L’ E C O N O M IS T A 525 a costituire per essa una specie di privilegio di fronte

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alle altro industrie del paese. Dobbiamo convenire che una soltanto di queste domande ci ha l'atto sor­ gere questo dubbio ed è quella che vorrebbe dimi­ nuita la formula con cui dagli agenti delle tasse si applica l’imposta di ricchezza mobile agli armatori di bastimenti.

Non sappiamo ben comprendere quale significato possa avere questa domanda degli armatori diretta al governo, mentre è ad essi come ad ogni attro cit­ tadino aperta la'via di rivolgersi direttamente agli agenti delle imposte ed alle commissioni locali per ottenere da loro la diminuzione delle quote imponibili in seguito all'accertata riduzione dei redditi. Vo­ gliamo pertanto credere che questo dubbio sarà com­ pletamente dileguato dalla terza lettera che ci è stata promessa dall’ egregio scrittore che ci ha dirette le altre due e gli saremo grati delle spiegazioni che vorrà darci come di quelle che egli già ci ha fornite.

Nel campo dell’ Economia Politica i mesi di set­ tembre e di ottobre sono consacrati ai congressi e quest’anno ne abbiamo avuto una copiosissima messe. Di varii fra questi abbiamo assai estesamente rag­ guagliati i nostri lettori, di altri ancora intendiamo parlare a parte, assai più diffusamente che non lo consentano i limiti della nostra rivista, come faremo pel Congresso di Igiene e Salvataggio, che ha teste compiuto i suoi lavori a Bruxelles, per quello delle Trade's Unions, che ebbe luogo in Londra, e per per quello della Scienza Sociale che sta tenendo le sue sedute nella città di Liverpool. Diamo qui frat­ tanto alcune notizie di qualche congresso di cui ci manca lo spazio per poter parlare con maggior ampiezza.

A Brema contemporaneamente al Congresso degli Economisti tedeschi, di cui il nostro giornale ha già dato notizia, si teneva quello per la Riforma e la Codificazione del diritte delle genti. Molte cose inte­ ressanti furono discusse anco in questa Conferenza, basti qui lo accennare che il Comitato permanente dell’ Associazione presentò all’ assemblea un progetto dei principi fondamentali su cui dovrebbe basarsi una legge internazionale sopra la lettera di cambio. I principi contenuti in questo nuovo atto dovranno venire sottoposti all’ esame di tutti i comitati locali dell’ Associazione nei differenti Stati, e col sussidio delle risposte ottenute da questi comitati il Congresso che dovrà tenersi 1' anno venturo lavorerà alla com­ pilazione di un piano completo per una legge inter­ nazionale generale su questa materia, il quale dovrà quindi essere sottoposto all’ approvazione dei governi dei varii Stati. Altri argomenti fra i più importanti, discussi dal Congresso furono la confisca della pro­ prietà privata in mare durante il tempo di guerra, una legge internazionale di estradizione pei delin •

quenti, le questioni dei brevetti e delle marche di fabbrica. Nelle ultime sessioni fu discusso quella in­ torno ai rapporti finanziari in tempo di guerra fra gli Stati neutri e gli Stati belligeranti e fu adottata T opinione che esca dallo stato di neutralità quel paese il quale invii sussidii di danaro ad una delle parti belligeranti; fu anche lungamente discusso se possano g'i Stati neutri influenzare sopra le sorti degli Stati impegnati in una guerra eoi comprare le loro obbligazioni e gli imprestiti da loro emessi.

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