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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.03 (1876) n.119, 13 agosto

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L'ECON OMISTA

GAZZETTA S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno III - Voi. VI

Domenica 13 agosto 1876

N. 119

LE FINANZE COMUNALI

La Commissione incaricata dello studio del rior­

dinamento del sistema tributario delle Provincie e \ dei Comuni, nominata cinque anni or sono, ha final­

mente eseguito il suo incarico e dato il suo responso. Diremo schiettamente che forse era da attendersi qualche cosa di più pratico e concludente di quello che ci offrono le conclusioni della relazione ri­ messa dalla onorevole Commissione; e le ammini­ strazioni locali che, illuse dalla pompa del titolo di cui essa andava fregiata, si aspettavano dall’ opera sua un sostanziale rimedio alle stremate loro finanze non debbono essere rimaste troppo sodisfatte. Nè di ciò deve incolparsi la onorevole Commissione, ma piuttosto la difficoltà intrinseca e quasi insuperabile del problema affidato ai suoi studi. Trattavasi di- fatti di trovare il modo di venire in aiuto delle fi­ nanze locali aumentandone le entrate, ma però con la condizione di non menomare in alcuna parte il bilancio attivo dello Stato e di non gravare quello passivo; ma siccome, in ultima analisi, è ovvio il riflettere che le persone che debbono contribuire alle spese dello Stato sono quelle stesse che debbono sopportare gli aggravii locali, e che se ci fossero stati dei cespiti imponibili veramente feraci e non ancora sfruttati l’Erario nazionale ne avrebbe già fatto suo prò, così basta enunciare il problema sotto codeste condizioni per vederne a colpo d’occhio la immensa difficoltà. E codesta difficoltà ha dovuto necessariamente, a parer nostro, limitare il campo delle ricerche della onorevole Commissione, la quale invece di darci un progetto radicale di riforma del sistema tributario locale, invece di offrire ai Comuni ed alle Provincie nuovi titoli di rendita, è stata co­ stretta ad escogitare il modo di rendere più proficue per i Comuni le imposte già loro concesse dalle leggi esistenti, con la mira principale di salvare più che sia possibile la proprietà fondiaria su cui attualmente grava la maggior parte delle spese di coteste aziende locali.

Il principale argomento che si offriva alle consi­ derazioni della onorevole Commissione era quello della separazione del demanio tassàbile dei Comuni

e delle Provincie da quello dello Stato. Cotesto con­

cetto già attuato in parte con la legge del dì i l agosto 1870 che toglieva le sovrimposto locali sulla Ricchezza mobile, era poi stato accuratamente svolto e concretizzato a proposito dei dazi di consumo dall’onorevole Minghetti nel suo progetto di riforma di cotesti dazii presentato alla Camera nella tornata del 21 gennaio 1875. Ora la Commissione esaminò se fosse conveniente spingere fino agli ultimi limiti l’applicazione di cotesto concetto, vietando affatto le sovrimposte locali sulle tasse fondiarie, e compen­ sando di cotesta perdita i Comuni col rilascio a loro total vantaggio di altri cespiti di rendita goduti dallo Stato e segnatamente dei dazii di consumo. Noi non ci sentiamo inclinati ad accettare cotesta ardita in­ novazione parendoci che, nelle attuali strettezze eco nomiche dell’Erario, e con le tendenze assorbenti che si manifestano nelle alte sfere governative, sa­ rebbe facilissimo che in cotesta divisione dei cespiti d’entrata fra lo Stato e gli enti minori, lo Stato si facesse la parte del leone, prendendo per se le tasse più feraci e più sicure e lasciando ai Comuni le più scadenti e di più incerta esazione. Siamo dun­ que lieti di vedere come anche la onorevole Com­ missione siasi decisa ad abbandonare cotesto con­ cetto a proposito delle sovrimposte sulla fondiaria. L’argomento che l’ha indotta a cotesta conclusione si è che il baratto delle sovrimposte fondiarie col dazio di consumo mentre avrebbe apportati indebiti vantaggi ai grossi Comuni urbani avrebbe immensa­ mente deteriorate le condizioni dei piccoli Comuni rurali.

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obbli-194 L’ E C O N O M IS T A 13 agosto 1876 gatorie. Le sole sovrimposte comunali sulla fondiaria

toccano oggi i 100 milioni mentre i dazi erariali di consumo ascendono a poco più di 70 milioni ; dunque è chiaro che in cotesto baratto i Comuni perderebbero la bagattella di 30 milioni. E come poi dovrebbe supplirsi agli altri milioni sovrimposti per loro conto dalle Provincie sulla fondiaria? In secondo luogo avvertiamo che nell’attuale assetto tributario locale riuscirebbe in pratica affatto ingiusta eotesta desiderata proibizione di gravare la proprietà fondiaria per le spese locali. Difatti è da ricordarsi che vi sono molti possidenti di terre e di case, ed anzi i più facoltosi, che non hanno nè dimora nè domicilio nei Comuni dove sono situati i loro beni, mentre di molte spese locali, ed in ¡specie di quelle stradali, essi riscuotono il massimo vantaggio; se si abolisse la sovrimposta sulla opdiaria cotesti possi­ denti non potrebbero costringersi a contribuire alla spesa pei vantaggi locali perchè non potrebbero colpirsi con i dazii locali nè diretti nè indiretti.

Dovendo adunque abbandonare il concetto di to­ gliere alle Provincie ed ai Comuni la facoltà di so­ vrimporre sulla fondiaria, la onorevole Commissione si preoccupa vivamente del pericolo che corre oggi cotesto cespite di entrata di essere soverchiamente sfruttato, come quello che, dopo aver pagato un vi­ stoso contingente all’erario, ' deve poi sopperire a tutte le occorrenze delle Provincie e ad una gran parte delle necessità dei Comuni. La onorevole Com­ missione ha constatato come vada annualmente au­ mentando il tributo totale fondiario, talché le sovrim­ poste dal 1866 al 1874 sono cresciute da 109 a 151 milioni di lire. A lei sembrò adunque nè giu­ sto nè tollerabile cotesto enorme aggravio, e ricer­ cando le cause che possono avervi contribuito ha creduto che cotesto stato di cose dipenda : 1° dalla poca lealtà con la quale i Comuni sperimentano le tasse locali prima di gettarsi sulla fondiaria; 2° dalla poca diligenza adoperata dai prefetti e dalle deputa, zioni provinciali nella revisione dei bilanci di quei Comuni che chiedono la facoltà di eccedere il limite legale della sovrimposta fondiaria; 3° dalla facoltà illimitata concessa alle provincie di sfruttare il campo della sovrimposta fondiaria prima che i Comuni de­ liberino i proprii bilanci. Ma quali saranno i rimedi adatti ad evitare coteste cause che rendono così gravi le condizioni della possidenza fondiaria? La onorevole Commissione si cerca di trovarli e le di­ sposizioni da lei escogitate a cotesto proposito for­ mano la parte pratica della sua relazione.

Ecco adunque in brevi parole cotesti rimedii tali quali li suggerisce la onor. Commissione.

Per quello che riguarda i Comuni si vorrebbe più rigorosa e più estesa l’applicazione delle dispo­ sizioni portate dalle leggi del 28 giugno 1866, 26 luglio 1868, 11 agosto 1870 e 14 giugno 1874, le

quali vogliono che prima di concedere ai Comuni la facoltà di eccedere il limite normale delle so­ vrimposte fondiarie le deputazioni provinciali pro­ curino che sieno seriamente applicate le tasse lo­ cali e che si cancellino dai bilanci comunali le spese che non sieno strettamente obbligatorie, sia per legge, sia per impegni precedentemente contratti. La Commissione propone che avanti di riportare la fa­ coltà suindicata i Comuni sfruttino seriamente le risorse locali applicando: primo, i dazi speciali di consumo oltre alla sovrimposta pel dazio governa­ tivo; secondo, la tassa di famiglia o quella sul va­ lore locativo delle abitazioni; terzo, la tassa sugli esercizi e rivendite o quella sulle insegne; quarto, la tassa sul bestiame ; quinto, la tassa sulle vetture e sui domestici, e sesto la tassa sui cani. La diffe­ renza adunque che si ravvisa fra le disposizioni re­ cate in proposito dalle leggi soprarammentate e le proposte della Commissione consisterebbe nell’obbli- gare i' Comuni che debbono eccedere il limite nor­ male delle sovrimposte ad applicare in precedenza, oltre alle tasse volute dall’articolo 15 della legge l i agosto 1870, anche i dazi speciali di consumo e le tasse sul bestiame e sui cani. Altro rimedio che proporrebbe la Commissione ad evitare il lamentato inconveniente sarebbe quello di dare alle deputa­ zioni provinciali la facoltà di cassare dal bilancio comunale le spese facoltative e di ridurre le obbli­

gatorie non solo quando le sovrimposte nel loro

complesso passino il 100 per 100 dell’imposta era­ riale principale, ma anche quando tocchino sola­ mente al 60 per cento se vi è reclamo di contri, buenti che tutti insieme paghino il ventesimo dei tributi locali fondiari. In caso poi di reluttanza o trascuratezza dei municipii nell’attivazione dei bal­ zelli locali, i prefetti dovrebbero inviare sul luogo appositi commissari investititi delle più late facoltà per far quello che gli ufficii comunali non avessero fatto. A giustificare cotesti nuovi vincoli della li­ bertà amministrativa comunale la onorevole Com­ missione cerca di provare con quanta leggerezza sieno oggi applicate nei Comuni le risorse locali, e conseguentemente si studia di persuadere che cote­ sti dazi locali contengano in sè tanta forza produt­ tiva quanta è bastante a rinsanguare le finanze dei Comuni senza che occorra moltiplicare i carichi della proprietà fondiaria.

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13 agosto 1876 L’ E C O N O M IS T A 195 ciali si darebbe facoltà ai Comuni che. insieme pa­

ghino un ventesimo del contingente provinciale o che sieno in numero non minore di dieci, di recla­ mare al prefetto contro le deliberazioni del Consi­ glio provinciale che riguardino spese facoltative o importino spese obbligatorie vincolanti i bilanci per più di o anni.

Non vi ha dubbio che le proposte della Commis­ sione, qualunque ne sia il valore pratico, sieno in­ formate da un concetto giustissimo qual è quello di non lasciare sola o quasi sola la possidenza fondiaria a sostenere i carichi delle spese locali. E cotesto concetto è tanto più giusto in quanto che col sistema elettorale amministrativo oggi vigente la possidenza è quella che meno delle altre classi di contribuenti concorre alla scelta degli amministratori. Però noi non potremmo concordare con lei per quello che riguarda l’asserta efficacia delle risorse concesse dalle varie leggi oggi vigenti ai Comuni nell’ inten­ dimento di rendere sempre meno necessaria per loro la sovrimposta sulla fondiaria e non crediamo che, nella generalità dei Comuni una applicazione anche più rigorosa di cotesti dazii possa arrecare i vantaggi sperati dalla onorevole Commissione e giovare so­

stanzialmente alle condizioni dei possidenti di beni

fondi. Comincieremo dal dire che se la efficacia di cotesti balzelli locali fosse così reale non si sarebbe verificato il fatto deH’aumento costante delle sovrim­ poste locali sulla fondiaria. La Commissione ci dice che cotesti balzelli non rendono perchè non si ap­ plicano sul serio dai Comuni rurali ; ciò può essere per alcuni di essi ma cotesta reluttanza a servirsene più spesso dipende da che i Muuicipii, più pratici delle condizioni locali di quel che non sieno certi tecnici finanzieri, vedono che sarebbe perdita inutile di tempo e di fatica il farne l’applicazione, e perchè conoscono che ad ogni modo la stessa somma di denaro, sia per un titolo sia per un altro, deve ne­ cessariamente uscire dalle stesse tasche.

Se si riguardasse soltanto al numero dei balzelli lo­ cali concessi dalle leggi potrebbero i Comuni richia­ marsi contenti perchè cotesti non sono meno didicias­

sette. Bisogna però ricordarsi che taluni di essi, come

quelli sulle vetture, sui domestici, sulle insegne, sulle fotografie non sono applicabili in moltissimi Comuni per la eloquente ragione della mancanza di materia imponibile. Vi sarebbe il dazio di consumo; ma anche cotesto nei Comuni aperti di campagna, privi di notabili centri di popolazione agglomerata, non riesce troppo efficace in specie perchè per le nostre popolazioni agricole si riduce a ben poco il bisogno di ricorrere alla bottega. Una elevazione esagerata del dazio di consumo, che nei Comuni aperti, eccetto le macellazioni, si esige unicamente per la vendita dei generi al minuto, porterebbe la conseguenza, in specie per il vino, di far cessare la vendita al mi­

nuto, come l’esperienza ha dimostrato. La onorevole Commissione pare che faccia calcolo sulla tassa sui cani perchè la rende obbligatoria; ma è ovvio il riflettere che un’ esagerata applicazione di cotesto balzello piuttostochè in una efficace risorsa dell’erario comunale si convertirebbe in una sentenza di morte di cotesti animali ; e chi è pratico di simili cose sa bene che il dazio sui cani va considerato piuttosto come misura di igiene pubblica che di finanza. Le tasse più serie e più produttive anche per i Comuni rurali, e che appunto come tali si applicano quasi generalmente, sarebbero quelle di famiglia o del valor locativo, sugli esercizii, e sul bestiame. Ma coteste tasse vanno forse a colpire redditi sfuggiti alle pubbliche gravezze? Nuli’affatto ; esse non sono altro che duplicazioni di imposte già esistenti ma riscosse sotto altro titolo. Le tasse di famiglia e sul valor locativo, se si applicano ai possidenti di beni fondi si convertiranno in una sovrimposta sulla fon­ diaria, se al possidente di redditi mobiliari saranno una sovratassa sulla ricchezza mobile. Può obiettarsi che vi sono cittadini che non pagano nè tasse fon­ diarie nè tasse di ricchezza mobile ; ma cotesti sono i poveri e sarebbe stoltezza gravar la mano su certe classi dì cittadini già di troppo vessate dal macinato e da altri dazii indiretti. La tassa sugli esercizi non è che Una seconda sovrimposta sulla ricchezza mo­ bile essendo in conclusione una sopratassa sulla tassa comunale di famiglia. La onorevole Commis­ sione vuol rendere obbligatoria la tassa sul bestiame. Or bene chi pagherà cotesta tassa nei Comuni agri­ coli ? Ma evidentemente la pagheranno i proprietarii di bestiame, ossia i possidenti di terreni che ten­ gono bestiami o come strumenti del fondo o per allevamento, ossia in conclusione quelli stessi con­

tribuenti fondiarii che si vorrebbero salvati dall’ec­

cessivo carico delle spese locali.

E perciò, comunque si rigiri T argomento e da qualunque parte si guardi la questione, noi trove­ remo sempre questo che, avendo oggi l’Erario gra­ vata per suo conto ogni e qualunque specie di red­

diti, i dazii locali, ed in specie quelli diretti, deb­

bono necessariamente convertirsi in sovrimposte sui

dazii erariali, si chiamino pure coteste sovrimposte

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196 L’ E C O N O M IS T A 13 agosto 1876 della finanza localé e senza sollievo degli stessi con­

tribuenti fondiarii caricano di nuovo spese d’ammi­

nistrazione i bilanci comunali, ci sembra molto sen­

sata e ragionevole.

Non ci dilungheremo sulla proposta della Com­ missione di includere nei bilanci comunali, sotto forma e nome di quote di concorso, le spese delle Provincie che non possono ricuoprirsi con i redditi proprii patrimoniali. Cotesta proposta noi l’approviamo come una semplicizzazione di contabilità, ma non possiamo davvero riguardarla come una misura ef­ ficace a diminuire il carico della sovrimposta sulla fondiaria, quando le spese delle Provincie debbano rimanere come sono oggidì. Sarebbe pretendere un po’troppo dalla forza produttiva dei balzelli comunali se si volesse che con cotesti, oltre alle spese del Comune, si provvedesse anche a quelle della Provincia.

Noi adunque non possiamo credere all’efficacia delle progettate misure. Se lo Stato vuole venire

seriamente in soccorso delle finanze comunali, se

vuole che le sovrimposte fondiarie si alleggeriscano pare a noi che non abbia che due mezzi per farlo : o cedere ai Comuni qualcuna delle sue entrate, o riprendere a carico suo qualcuna delle spese che oggi gravano i bilanci locali. Ogni altro espediente pare a noi fallace ed insussistente. Si lamenta che le sovrimposte sulla fondiaria sieno salite dal 1866 ad oggi di 40 milioni ; ebbene, si rimettano le cose come erano nel 1866 e si vedrà che le sovrimpo­ ste scemeranno. Dal 1866 al 1874 lo Stato ha tolto ai Comuni ed alle Provincie per cento ed ha reso per uno e poi si grida che le sovrimposte crescono di troppo; ma cotesti lamenti a noi sembrano, ci si perdoni la libertà della frase, semplicemente e pu­ ramente assurdi ! Sa ella, la onorevole Commissione, a che approderanno in ultima analisi tutti quei ri­ gori e tutte quelle limitazioni delle libertà comunali che suggerisce nella sua relazione? A rendere sem­ pre più pesante ed odiosa ai migliori cittadini la carica di amministratore dei Comuni, e nient’altro.

Cosa proprio singolare si è che coteste proposte di nuovi vincoli all’azione delle rappresentanze lo­ cali vengano annunziate per l’appunto oggi che si grida alla libertà dei Comuni e che un’altra Com­ missione governativa ci prepara, come solenne espres­ sione di coteste aspirazioni liberali, il sindaco élet-

tivol In verità bisogna dire che da posizione che si

prepara a cotesto funzionario municipale non è punto bella. Se le proposte delle quali abbiamo tenuto parola si convertissero in legge, il primo regalo che il nuovo Sindaco dovrebbe fare ai suoi amministrati per ringraziarli del loro voto sarebbe l’impianto di nuovi balzelli locali, ed il prestigio di cotesta tanto strombazzata riforma liberale sfumerebbe del tutto.

Ed è con cotesta poco lieta previsione che termi­ niamo questa nostra rassegna.

DEI SISTEMI DEL CREDITO PEGLI OPERAI

(Continuazione e fine, vedi N. 118) il

Ci siamo riserbati a parlare da ultimo dello svi­ luppo del Credito popolare, mediante il selfhelp, nelle Banche popolari. Tutte le Società pattuite fra operai e gente del popolo, per la produzione e per lo smercio dei prodotti, come per la compra o con ■ sumazione degli oggetti necessari, per la costruzione di case, per intraprendere affari bancari, possono es­ sere dette Società cooperative di credito popolare e non rappresentano altro che il successivo svolgi­ mento delle Società commerciali borghesi dei tempi passati. Ma il nome di cooperazioni di credito è stato specialmente serbato alle Banche popolari, o Banche istituite da operai, col fine di fare operazioni di credito fra loro ; queste sono vere e proprie Ban­ che di deposito e di anticipazione e servono eziandio di casse di risparmio ai soci che vogliano collocarvi i loro capitali disponibili, ricavandone un frutto alquanto maggiore di quello dato dalle Casse or­ dinarie.

Questi istituti cooperativi di credito popolare fu­ rono diffusi per la prima volta, in Germania, per opera di Schulze-Delitzsch, ed in essi si esercitò la libertà economica del popolo, cui era preclusa la libertà politica. In Delitzsch, nel 1830, fu fondato dallo Schulze la prima Unione di credito, ma sopra basi molto imperfette, le quali furono rinnovate e migliorate nell’anno successivo in Eilenburg, e nel 1852 a Delitzsch, coll’intervento dello stesso fonda­ tore. Il selbsthùlfe, l’individualità è il carattere es­ senziale di queste istituzioni, nè poteva esse altri­ menti, attesa la personalità del loro fondatore, de­ scritta dal Seinguerlet nei seguenti termini : « Schulze Delitzsch è avversario deciso dell’ingerenza dello Stato, discepolo della scuola di Manchester; domanda che la società assicuri ai suoi membri il più largo sviluppo possibile della libertà individuale, che lo Stato non faccia che garantire ad ogni cittadino la sicurezza della sua persona e della sua proprietà. » (I)

I caratteri fondamentali di queste istituzioni sono i seguenti : I soci onorari non sono ammessi ; anzi talora furono rifiutate delle offerte di sovvenzioni gratuite: ognuno il quale non sia privo di lavoro, nè assolutamente povero, può far parte della Banca; deve pagare, perciò, una tassa d’entratura ed una somma settimanale di 5 a 20 silbergroschen o mensile di 20 sgr. a 2 talleri, fino a che sia raggiunto lo ammontare dell’azione che è fissato fra 10 e 100 talleri: fino a questo momento i dividendi non ven­ gono spartiti al socio, ma vanno in acconto del pa­

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13 agosto 1876 L’ E C O N O M IS T A 197 gamento dell’ azione. Lo Schulze è decisamente con­

trario a diminuire le quote di contribuzione « perchè non si richiede troppo, in verità, con una imposi­ zione cui l’artigiano può supplire sol che si con­ danni all’astinenza di un bicchiere di birra per set­ timana: ogni uomo bisognoso di credito, offra coi suoi risparmii la garanzia di meritarlo. » (1) Niuno può acquistare più di due azioni « perchè tutto deve farsi affine di impedire che sorga fra i soci, pur solo il pensiero che nei diritti e nelle obbligazioni, nel profitto e nel pericolo, possa esistere qualche differenza fra povero e ricco. » (2) Il socio ha di­ ritto di chiedere alla Banca anticipazioni, senza ga­ ranzia, fino all’ammontare della sua contribuzione, e con garanzia (Bürgschaft) di una o due persone fino al decuplo della contribuzione medesima.

I prestiti ricevuti dalla Banca sono constatati da una cambiale o da una semplice promessa scritta. Al pubblico, di regola, questi prestiti non si fanno se non quando la Banca è fornita di grossi capitali. L’interesse dei medesimi òdi 6 a 14 1[3 per cento; il loro termine non oltrepassa di solito tre mesi. I depositi dei risparmi vengono accettati tanto dai soci come dagli estranei. Nelle città e nei distretti più industriosi, le Banche aprono inoltre conti correnti, operano incassi, sconti di cambiali, prestiti (Lom­

bard) sopra gioie, metalli, carte-valori, ecc. Dopo

la nuova legge del 4 luglio 1868 per garanzia della Banca, tutti i soei sono vincolati per l’ammontare dei loro averi personali, pro rata, ciascuno per una quota parte uguale, anche pei soci insolventi, fino a totale pagamenti dei debiti; sennonché prima di ricorrere ai beni individuali debbono essere impie­ gati a disimpegno delle obbligazioni, i beni sociali. I profitti sono spartiti in proporzione delle quote di partecipazione, dopo dedotti: a) gl’interessi dei prestiti presi e dei depositi ricevuti; b) le spese di amministrazione. « Fra interesse e dividendo non intercede differenza; e solo in quanto debba forse assicurarsi ai soci almeno l’interesse prima di prov­ vedere ad altri scopi col guadagno, come ai salarii proporzionali, o ad altro, dovrà farsi la distinzione. » (3) Mediante le tasse d’entratura e con una parte dei guadagni fino a che non sia raggiunta la somma voluta, viene costituito un fondo di riserva, che è poi amministrato separatamente ed impiegato nei modi più sicuri. In caso di scioglimento della Banca, questo fondo viene spartito egualmente fra tutti i soci, perchè tutti concorrono in modo eguale, colle tasse d’entratura, e colla responsabilità illimitata che li lega. (4) L’amministrazione è tenuta da un di­

lli Schulze Delitzsch, loc. cit. IV (b). (2) Ibidem.

(3) Schulze Delitzsch, loc. cit., cap. I l i , sez. V. (4) Schulze Delitzsch, loc. cit., cap. I l i , sez. IV (a).

rettore e da un cassiere sorvegliati da un Comitato : l’assemblea generale dei socii fa i regolamenti ne- cessarii. Ogni socio può uscire dalla Banca, dando la denunzia tre mesi innanzi; ma per non turbare l’andamento degli affari, i suoi conti non sono sal­ dati se non alla chiusura del bilancio dell’anno in corso. Non essendo da prima riconosciuta alle unioni di credito la personalità giuridica, esse avevano molti inciampi e dovevan circondarsi di molte cau­ tele; vi rimediavano chiedendo la istituzione a cor­ porazione, la quale, in Sassonia ed in qualche altro Stato era facilmente ottenuta mediante la conces­ sione di certe ingerenze al Governo. Oggidì sono state levate molte difficoltà dalla legge prussiana del 27 marzo 1867, estesa poi a tutta la Germania settentrionale il dì 4 luglio 1868, e modificata nel 1871. Del resto gl’interessi delle unioni sono sem­ pre tutelati dal loro promotore Schulze Delitzsch, il quale pubblica annuari (Jahresberiehte) sul loro an­ damento, e libri per consigliarle, fra i quali è a ricordarsi quello intitolato Neue Anweisung fUr

JHorschuss und Creditverein, del quale sono state

fatte più edizioni e che venne tradotto eziandio in italiano.

Lo sviluppo di queste istituzioni nella Germania e nell’Austro-Ungheria è straordinario; spesso ga­ reggiano coi maggiori istituti di credito, e si sono trovate, nei tempi di traversia, a dover rifiutare i depositi arrecati loro da ogni parte, che fuggivano l’impiego nelle altre Banche ordinarie. Nel Nassau particolarmente, benché ivi esistesse la Banca locale con numerose succursali, non v’ha paesello che sia privo della Banca popolare (1). Nel 1870 in Ger­ mania erano 1,750 Banche popolari; 700 di queste, che sole avevano presentati i conti, avevano 250,000 soci, un fondo di riserva di 650,000 talleri. I de­ positi ammontavano a 10,000,000 di talleri, e le anticipazioni a talleri 140,000,000 (2).

Nel 1874 vi erano 2,639 Banche le quali fecero prestiti per 1,694,656,477 lire e 50 centesimi.

In Austria, nel 1868, le Creditund Vorschussve-

reine erano 4 ’ 8; in Boemia, in particolare, nel 1869,

ve n’erano 259, per la maggior parte czeche (3). Nel 1876 v’hanno 1,111 Banche in Austria, 253 in Ungheria.

Tutte le società tedesche di credito, di consumo, di produzione, di materie prime, e di magazzinaggio sono riunite in una associazione federale (AUgemeiner

(1) Max Wibth, loc. cit. pag. 321.

(2) Schultze Delitzsch. — Jahresbericht fü r 1870 über die a u f Selbsthülfe gegründeten deutschen Ge- werbs und W irthchaft genossenschaften. — Leipzig 1871.

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198 L’ E C O N O M IS T A 13 agosto 1876

Verband der a u f Selbsthulfe beruhenden deutschen Erwerbs tmd Wirtlischaft genossenschaften), i cui

statuti furono definiti in un congresso tenuto nel 1864, a Magonza. A capo sta un’ agenzia centrale

(Anwaltscliaft) dove ha parte lo Schulze, la quale

tutela gl’interessi delle Unioni esistenti, ne cura la fondazione, ed appresta i dati statistici: alle spese necessarie concorrono le associazioni con un tanto per cento sulle rendite nette. L’agenzia centrale con­ voca ogni anno le rappresentanze ( Vereinstag) delle Unioni associate a discutere gl’interessi comuni. Un giornale che mutò il nome antico di Innung der

zuhunft in quello di Genossenschaftsblatt fa le pub­

blicazioni che riguardano la società. Vi sono poi le riunioni per provincie ( Provincialverbande) o per industrie, le quali preparano le materie per la dieta generale e difendono le questioni regionali. Nel 4868 ne erano circa 20, per lo più in Prussia, ed anche altrove, fuorché in Austria, in Baviera e nell’Annover. Nel 1869 partecipavano all’associazione generale 721 società di credito, 97 di consumo, 27 di magazzi­ naggio, di materie prime, o di produzione, ed 1 so­ cietà di costruzione. Dopo il 4865 fu fondata da queste unioni la Deutsche fa'enossenschafts banh, in Berlino, colla forma di società in accomandita e con un ca­ pitale di 270,000 talleri; il suo scopo è di ricevere depositi dalle associazioni e di far loro dei prestili, contemperando la rispettiva abbondanza o deficienza di capitali.

In Francia fino da 4857 esistono delle società di operai così dette de crédit mutuel ; mediante con­ tribuzioni di 4 a 2 franchi si formano un capitale col quale fanno prestito ai soci, per fornirli di stru­ mento di lavoro, fino al doppio del loro attivo ; l’am­ ministrazione è tenuta da un gerente assistito da un comitato nominato dall’assemblea generale. Il primo gennaio 4865 in Parigi erano 34 di quelle società con 4560 soci, e con franchi 444,862,74 di capitale (4); oggi si dice che in tutta la Francia ne siano più di un centinaio ma di organizzazione assai imper­ fetta. Sul modello delle Banche tedesche era stata tentata dai signori Lieblin, Roeder, Pachard, ecc., la fondazione di Società di credito popolare nell’Alsazia, a Strasburgo, a Mulhouse, a Schelestadt ecc.; ma la la legislazione francese allora vigente, contraria allo sminuzzamento dei capitali nelle Banche, vi avea portato ostacolo, e soltanto ora, dopo che quella re­ gione ó divenuta germanica, vi si sono sviluppate delle Banche popolari. La legge francese fu corretta nel 4868 ma non è ancora troppo adattata, d’altra parte le circostanze critiche nelle quali si è trovata la Francia hanno ritardato lo sviluppo di quelle isti­ tuzioni popolari; nondimeno cominciano già a pren­ der piede alcune Sociétés coopératives pour le crédit.

(1) Ju i.e s Sim o n. — L e travati, pag. 309.

Nel 4875 il nostro Viganò ha istituito una Banca popolare a Cannes prendendo a modello gli statuti della banca di Milano.

In Inghilterra sembra non sieno vere e proprie società di credito popolare; gli operai quivi cercano il credito non come scopo a sé, ma come ¡ausiliare nella produzione e nella consumazione, e lo sviluppo straordinario che hanno colà le società di amici, e quelle di produzione e di consumo tiene luogo dello svolgimento delle Banche operaie.

In Isvizzera fin dal 4864 sono state istituite delle Banche popolari, simili alle tedesche; però il prin­ cipio della responsabilità illimitata, è sostituito dalla responsabilità limitata all’ammontare dell’azione so­ ciale.

Nel Belgio, dopo il primo giugno 4864, furono istituite Banques populaires, Unione de crédit po-

pulaire o Sociétés de credit mutuel, a Liegi, che fu

la prima, ad Huy, a Verrières, a Charleroi, a Bru­ xelles, Gand, Pournay, Namur, St. Nicolas, ecc. Gli 8 istituti che esistevano il 34 dicembre 4874 ave­ vano 3,692 soci, e franchi 518,239, 45 di capitale versato; avevano ricevuto franchi 544,938,27 in de­ positi. — Nel 4875 v’ erano 20 di questi istituti tutti riuniti in una federazione, come le Banche po­ polari tedesche, e le società cooperative Inglesi.

I loro statuti erano quasi tutti uguali. Lo scopo è procurare ai soci i capitali di cui hanno bisogno.

II fondo sociale è formato:

I. da una tassa d’entrata di 3 franchi, che viene accumulata nel fondo di riserva;

II. dai boni od azioni di 200 franchi pagabili a 2 franchi il mese o a 50 centesimi la settimana : fino a che il pagamento non è completo, si mettono a conto del medesimo i dividendi. L’azione è nomi­ nale e non trasmissibile;

III. dai depositi dei soci, e dai prestiti presi da terze persone.

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13 agosto 1876 L’ E C O N O M IS T A 199 Queste norme sono analoghe, quelle delle Banche

tedesche; da primo tutte le Banche belghe am­ mettevano anche la responsabilità illimitata; ma og­ gidì non si conserva fedele a questo principio se non la Banca di Namur.

L’Italia, dopo la Germania può essere appellata la seconda patria delle Banche popolari, le quali in pochi anni hanno preso un grande sviluppo. Fin dal 1857, al Congresso operaio di Novi, il Boldrini ed altri sostennero la dottrina del credito sul lavoro, e la riaffacciarono più volte, fino al 1865, in con­ gressi ed in adunanze successive : secondo loro do­ vevano esser conceduti prestiti agli operai senza altra garanzia se non la prova eh’ essi erano dediti al lavoro ; ma con ciò le Banche prestatrici sareb­ bero divenute istituti di beneficenza, ovvero Banche usura, e questa non era la via migliore per diffon­ dere il credito nel popolo. Il Viganò (1) fin dal 1858 attirava l’attenzione degl’ Italiani sulle Banche operaie tedesche.

L’Alvisi nel 1860 e nel 1861 gettava le basi di una Banca del popolo centrale con succursali nelle varie città, nel 1865 ne faceva approvare lo statuto dal Ministero, e nel settembre di quell’anno apriva di fatto in Firenze la prima Banca del popolo Ita­ liana.

D’altra parte il Luzzatti nel 1863 aveva pubbli­ cato un libro in proposito e colla viva voce s’ era fatto promotore delle Banche mutue popolari isolate ed indipendenti, le quali infatti cominciarono ad essere fondate nel 1861 in Milano ed altrove. Varii anni durarono a fronte i due sistemi, quello del- l’Alvisi e quello del Luzzatti, e la preferenza da darsi ad un sistema od all’altro fu lungamente e valente- mente discussa. Ambedue le sorti d’istituzioni ebbero la loro grande utilità ; ma indipendentemente dagli avvenimenti posteriori intervenuti per varie circo­ stanze alla Banca del popolo, nella diffusione del credito popolare, la vittoria è rimasta alle Banche mutue indipendenti. Una breve esposizione storica dei due sistemi non starà male.

Tanto nella Banca del popolo come nelle Banche

mutue il credito è reso più accessibile al popolo di

quel che non lo sia nelle Banche ordinarie ; nell’una come nell’altra, la solidarietà illimitata de’soci delle Banche operaie tedesche, è sostituita dalla respon­ sabilità limitata all’ ammontare dell’ azione, essendo adottata la forma delle società anonime.

Secondo l’idea del fondatore della Banca del po­ polo, ispirato al principio delle Banche di Credito unito Scozzesi « il programma della Banca abbraccia « nella sua sfera le diverse classi della società, che « gli economisti collocano quali elementi di produ­

c i ) Francesco Viganò. —■ Le Banche popolari. — Milano 1863.

« zione..., cioè ritiene necessaria la simultanea coo- « perazione del capitale e del lavoro, sia che il # lavoro si faccia coll’aiuto delle braccia (arti mec­ caniche), ovvero dell’intelletto (arti scientifiche), della morale (arti-sociali) (I).

Le azioni sono di 50 franchi pagabili a rate men­ sili di 5 franchi o settimanali di 1 franco e possono essere al portatore. Ogni socio poi deve pagare 1 franco di tassa d’ entratura. Ognuno può acquistare quante azioni vuole, e per aver voto nell’Assemblea generale degli azionisti, occorre averne almeno 5. Le operazioni sono fatte tanto coi soci come cogli estranei, e consistono in prestiti sopra pegno delle azioni, o sopra pegno materiale, e sopra valori pub­ blici od industriali, sconti, conti correnti, pagamenti ed incassi, accettazione di depositi, contratti di ren­ dita vitalizia, e perfino emissione di biglietti di Banca. Il Consiglio di direzione è composto di un presidente, IO consiglieri, 1 segretario, ì cassiere e 3 sindaci. Secondo lo statuto, gli utili dovevan ri­ partirsi in ragione del 70 0[0 agli azionisti, del 10 0[o ai membri del Consiglio di direzione ed ai sindaci, del 5 0[0 in premio agli artisti, operai e letterati poveri, e del 15 0 |0 al fondo di riserva che è amministrato a parte, ed in caso di sciogli­ mento è distribuito proporzionatamente fra i soci. La Banca centrale e le succursali sono solidali delle perdite e dei guadagni. Il 31 dicembre 1870, dalla Banca del popolo, fra sedi, succursali ed agenzie, dipendevano 79 stabilimenti ; erano state fatte anti­ cipazioni per franchi 1,639,090 11 ; i depositi am­ montavano a franchi 137,085 29: sul capitale so­ ciale di franchi 10,000,000 erano stati versati effet­ tivamente franchi 6,940,261, ed il fondo di riserva era costituito da franchi 172,978 33. Quali vicende abbia subite or non ha molto, la Banca del popolo è noto.

Nelle assemblee basta l’intervento di un sesto de­ gli azionisti. Le Banche non fanno operazioni se non coi sodi e solo secondariamente, almeno stando agli statuti, coi terzi, sebbene poi in pratica queste pre­ scrizioni non sieno guari osservate. I depositi in conto corrente sono accettati fino ad una certa somma anche dai non soci; i risparmii lo sono dai soli socii. La Banca di Genova li accetta anche dai non soci, purché, quando hanno raggiunto l’ammon­ tare di una azione, il depositante si faccia azionista. La Banca di Bologna faceva prestiti anche ai terzi; ma per la troppa esuberanza delle domande, e per la difficoltà di garantirsi, dovè smettere. La Banca di Padova usava scontare le note di lavoro, cioè anticipare il pagamento di lavori finiti, ma non an­ cora pagati; sistema pericoloso perchè a garanzia

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200 L’ E C O N O M IS T A 13 agosto 1876 della anticipazione, verso la terza persona, non ri­

mane se non il conto del lavoro da pagarsi. In qualche caso il capitale della Banca, invece di essere costi­ tuito per azioni, era formato per contribuzione di qualche Società operaia annessa, come era per la

Banca del Comune artigiano di Firenze che aveva

per iscopo di far prestiti fino a 300 lire agli onesti operai. Benché, di regola, le Banche mutue sieno indipendenti l’una dall’altra, pure talune, per es. la Banca d’ Alessandria, hanno varie succursali. Il 31 dicembre 1870 erano in esercizio 43 Banche popo­ lari, la maggior parte nell’Alta Italia ed in Toscana, alcune nelle Romagne e punte nel Mezzogiorno ; il 31 gennaio 1876, ne esistevano 110 molte delle quali anche nel Mezzogiorno. Il loro capitale nomi­ nale era di lire 57,819,380; il capitale versato lire 33,139,195; i depositi a risparmio ammontavano a lire 31,869,654, il fondo di riserva a 9,152,762. Sul principio l’emissione di buoni ili cassa aiutò lo svol­ gimento di queste Banche; ma per legge, questi debbono a poco a poco essere ritirati ed il 31 gen­ naio 1876 non ne circolavano più se non per lire 707,129.

Tutte le Banche mutue nei loro statuti hanno ri­ fiutato il principio della responsabilità illimitata, salvo, credo, la Banca di Brescia, che però nel 1871 andò in liquidazione, cedendo il posto ad un’altra Banca detta artigiana, costituita come le nostre comuni Ban­ che popolari.

Se paragoniamo brevemente il sistema della Banca del Popolo unica colle Banche mutue, vediamo che queste rispondono molto più allo scopo di estendere il credito nel popolo e sono più adattate alla demo­ crazia del capitale. Nella prima infatti le azioni sono al portatore e non anonime ; ogni socio può avere quante azioni vuole e non ha voto nelle assem­ blee chi non ha almeno 5 azioni. Nel fatto poi vi è stato aperto il campo ad operazioni le quali non entravano nella cerchia delle operazioni di cre­ dito popolare, siòchè la Banca del popolo che pure è stata qua e là di grande giovamento, particolarmente | alla borghesia, era divenuta una Banca come le altre non popolari. Ci sembra poi preferibile pegli istituti di credito popolare l’indipendenza e non la solidarietà di tutte le diverse sedi come era pella Banca del popolo; chè in modo ognuna di quelle potrà avere una vita propria e naturale, non dipendente dalla esistenza delle altre e potrà prosperare con maggiore ardore e con maggior fiducia. La solidarietà reciproca di sedi, talune delle quali si reggevano sulle buone entrate delle altre, mentre quelle più prosperose non rimeritavano perciò di più i loro socii, che dovevano dividere i lucri con chi amministrava peggio, con chi guadagnava meno, fu una delle ragioni potenti che contribuirono a danneggiare la Banca del Popolo. La solidarietà delle sedi e delle succursali si può conce­

pire nelle Banche di Scozia e nelle Banche analoghe, nelle quali una sola è la Società che sta a capo della impresa e che apre uffici in varii paesi; ma non è altrettanto naturale in quegli istituti, nelle cui varie sedi gli azionisti sono diversi, indipendenti ed estra­ nei gli uni agli altri. La supposizione che il sistema meno democratico della Banca del Popolo, sia pre­ feribile , perchè traduce in realtà il sistema del credito unito ad uso delle più volte nominate Banche scozzesi e perchè in tal modo si ha il vantaggio, secondo alcuni, di riunire e di affiatare in un solo istituto i varii ordini sociali, era, parrai, un’idea, per­ chè in sostanza il credito è un solo, e i diversi indi­ vidui vi concorrono secondo i loro bisogni; sicché quando le Banche scozzesi fanno prestiti minuti al popolo ed ai piccoli commercianti operano come Banche così dette distinte per classi; quando poi le Banche popolari, come accade quasi sempre, fanno operazioni eziandio a chi non è propriamente operaio nè popolano, si possono dire vere e pro­ prie Banche di credito unito. Il vantaggio per chi abbia spirito d’ intrapresa e di progresso, e recipro­ camente il danno per chi si contenti del giorno per giorno nelle Banche popolari, consiste nel fatto che ogni socio prende parte da sè all’amministrazione ed ogni popolano che il voglia vi corre incontro in proporzione dei suoi pochi averi a tutti i rischi ed a tutti i lucri cui vanno incontro i ricchi capitalisti.

Quanto al sistema da tenersi della responsabilità illimitata come è nelle Banche tedesche, o della re­ sponsabilità limitata alla quota delle azioni, come è nella Svizzera, nel Belgio, nella Francia ed in Ita­ lia, in sostanza il divario non è tanto sostanziale come a prima vista potrebbe parere. Si dice da al­ cuno che fuor di Germania soltanto Vanonimia è consentanea all’indole delle popolazioni, mentre la responsabilità illimitata incute timore e pare ingiusta, ritenendosi che ogni debito contratto da un insolvente equivale alla spogliazione di un ricco.

Lo Schulze invece crede che soltanto la solida­ rietà illimitata dia forza di credito a chi non ne ha e póne in quel principio la cagione della grande prosperità raggiunta nel passato dalle Società coope­ rative inglesi, mentre profetizza presentemente la loro ruina, dopo che desse pure hanno assunta la forma anonima, profezia che sebben fatta da varii anni, non accenna veramente a divenire realtà.

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43 agosto 1876 L’ E C O N O M IS T A 201 cessa la personalità giuridica, ricordammo anche che [

la solidarietà assoluta, si cambio in solidarietà pro

rata ed in partem.

È verissimo che un individuo solo, con piccolissimo capitale, non ha credito, mentre più individui che sieno in eguali condizioni, ma che offrano come garanzia l’insieme delle loro personalità e la somma dei loro piccoli capitali avranno un credito alquanto maggiore; ma in ogni caso questo credito sarà pro­ porzionato alla somma dei capitali de’soci medesimi senza guardare se dietro di essi sia la responsabilità personale o la mancanza di questa responsabilità, dal momento che trattandosi di operai del tutto o quasi del tutto poveri, quei due fatti si equivalgono e costano come zero. Tanto è ciò vero, che le Banche tedesche ad onta del loro sistema teorico, prima di cominciare le operazioni, hanno cura di adunare un capitale, ed i terzi poi prestano loro fiducia, in proporzione della quantità reale de’capitali accumulati: questa è la ragione per cui a condizioni rimanenti pari il credito di una Banca a sistema germanico non è maggiore di quello d’una Banca a sistema che diremo italiano. Pelle Banche tedescheria responsabilità personale dei soci è venuta in campo, ch’io mi sappia una sola volta pel- l’unione di credito di Lipsia, atteso il pochissimo cri­ terio degli amministratori, i quali essendo il capitale soltanto di 9,000 talleri, in una volta, ad un solo cliente, scontarono cambiali scadenti contemporanea­ mente, per una somma di 11,000 talleri: fallito il cliente, fu tratta in rovina la società. La solidarietà il­ limitata si riduce ad una inutile e romantica genera­ lizzazione dell’idea di fratellanza voluta applicare dal popolo e da chi sia idealista come spesso egli è. « Non è quella, » dice il Seinguerlet, « la condizione essenziale dell’esistenza di una Banca del Popolo ; il principio fondamentale, che non si può alterare sotto alcun pretesto, è il Selfhelp ; » ed è per questo principio che vivamente raccomandiamo l’istituzione, come mezzo di progredimento morale, al popolo italiano.

Arrecherebbe una grande utilità alle nostre Banche la loro associazione, a similitudine delle Banche Ger­ maniche e l’istituzione di un uffìzio centrale simile al

centrai cooperative Bard istituito dalle società coope­

rative inglesi nel 1868, il quale le tenesse in co­ municazione continua fra loro, desse consigli oppor­ tuni, e facesse reciprocamente conoscere le esperienze fatte.

In Italia le Banche popolari sono regolate dalle leggi delle comuni società commerciali anonime; sono quindi soggette all’autorizzazione preventiva, e lo erano al Sindacato governativo. Nell’ approvarne i regolamenti, si proibiva loro di ricevere in conto corrente dai non soci più di 200 lire, perchè si pretendeva sapere, secondo quel che diceva il Diret­ tore dell’ ufficio di Sindacato, che quella somma « corrisponde alla fiducia che i terzi hanno nella

solvibilità dell’ istituto depositario, » (1) quasi che lo Stato ed il Sindacato governativo, buon’ anima, avessero il potere di proporzionare la fiducia dei terzi negli istituti bancarii : così pure si proibiva loro di ricevere i risparmii dei non soci, impedendo quei vantaggi che le Banche tedesche traggono da questo genere d’operazioni eseguite colle dovute cautele. Il Sindacato governativo fu abolito da un decreto mi­ nisteriale del Minghetti del 5 settembre 1869, e fu sostituito Tobbligo di pubblicare resoconti periodici, e la facoltà delle camere di commercio d’ispezionare i registri sociali dietro richiesta degli interessati. Nella pratica le Banche popolari erano esentate dall’obbligo prescritto alle altre società anonime di depositare almeno 3[10 del capitale nell’atto della costituzione, per ottenere l’autorizzazione governativa, e potevano anco emettere una nuova serie di azioni prima del saldo della serie antecedente, attesa « la periodicità « stabilita ed obbligatoria dei versamenti fino all’in- « tegrale saldo delle azioni » (2). Queste benigne diposizioni furono confermate e rese più stabili da una circolare ministeriale del 22 giugno 1873.

Ma perchè le Banche popolari prosperino, ed ab­ biano la loro fonte sempre più assicurata queste re­ strizioni alla legge non bastano, e non bastano nemmeno le nuove leggi proposte nel progetto del Codice di Commercio non ancora discusso. Anche le leggi speciali della Germania, della Francia e del Belgio, sono riconosciute insufficienti per lo sviluppo delle Società cooperative. Occorre per queste la in­ introduzione nei sistemi giuridici commerciali di una nuova specie di Società più democratica delle So­ cietà anonime ; vale a dire di una Società nella quale sia ammessa, o garantita nel più esteso modo, come dicono, la mobilità dei soci, e la variabilità dei capi­ tali. Ma di ciò, un’altra volta.

A vv. Cablo De St e f a n i.

U AMMINISTRAZIONE EGIZIANA

In uno dei suoi ultimi numeri il Times ha pub­ blicato una interessante corrispondenza suff’Ammini- strazione dell’ Egitto. Ci sembra meriii la pena di essere tradotta.

L’attitudine presa dal Khedive di fronte a quella giurisdizione mista che ó costata tanta pena a co­ stituire; il parere che si aspetta dalle potenze alle quali la questione è stata presentata; l’interesse che l’opinione pubblica in Europa prende a tutto ciò che-concerne T Egitto; la conoscenza incompleta e

(1) Cablo De Cesare. — Il Sindacato govervativo, pag. 45.

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202 L’ E C O N O M IS T A l o agosto 1876 superficiale che noi abbiamo di quel paese ; tutto ciò

dà un nero interesse alle seguenti linee.

Che cos’è l’Amministrazione Egiziana? Un vasto sistema di tassazione arbitraria. Esaminiamo ogni Amministrazione provinciale: e domandiamoci quali sono le funzioni o piuttosto la principale, se non l’u­ nica funzione dei governatori di provincia? Riscuo­ tere le imposte, o per parlare più esattamente, ri­ scuotere la maggior somma possibile con tutti i i mezzi praticabili e sotto tutti i pretesti immagina­ bili. La loro intelligenza ed i loro servigi sono mi­ surati secondo le quantità di numerario che spedi­ scono al tesoro e dacché furono stabilite le imposte, tutti i governatori e gli agenti delle tasse non hanno avuto altro scopo e non hanno riconosciuto altra re­ gola. È inutile il dire che guardano col massimo disprezzo le leggi ed i regolamenti sulla materia, al punto che si può dire che in Egitto queste leggi e questi regolamenti sono fatti per non essere appli­ cati e che hanno il solo scopo di mascherare le ir- regalarità e le illegalità che si commettono.

Prendiamo per esempio il dazio consumo. Esso è fisssato all’8 °/0 sugli articoli introdotti nelle città ; ma questo 8 diventa 24 o 52 % secondo la mag­ giore o minore onestà degli agenti percettori, e que­ sto ci spiega il perchè il prezzo dei legumi sia fissato Ogni mese dai principali membri delle corpo- razioni che si riuniscono a tale scopo dal governatore. « Quanto costa un kilogramma di cavoli ? » domanda Sua Eccellenza. Cinque piastre. No, no ! mettiamolo 20 o 25 piastre (4). Ed il dazio del! 8 % è valutato non già su 5 piastre ma su 15, 20 o 25 secondo la moderazione del detto governatore. Molti articoli sono esenti da dazio ma la guardia, daziaria si prende la cura di metterli nella categoria che è tassata e ri­ scuote quel che gli pare. Se è un personaggio d’im­ portanza che introduce quegli oggetti trova il modo di non pagare, ma se è un povero diavolo, bisogna che si sottometta a tutte le esigenze, senza potersi appellare a nessuno. Se una strada ferrata deve passare da un villaggio, la legge esenta dall’imposta fondiaria i terreni da essa occupati; accorda anzi un’ indennità per gli alberi atterrati per il suo pas­ saggio. Ebbene l’ imposta continua ad esser riscossa tanto su quei terreni quanto su quegli alberi. Se le persone lese godono di una certa importanza riescono, dopo parecchi anni, a farsi render giustizia.

Nel 1875 si erano riscosse le imposte del 1876, ma essendovi secondo il solito bisogno di danaro che cosa si è fatto in quell’anno? Si è colpito ogni

feddam (2) di terra con una tassa supplementare

(1) La piastra Egiziana vale circa 25 centesimi. (2) Siccome il feddam equivale a 40 are, si tratta di una imposta d i-15 fr. 60 per ettaro.

. di 25 piastre, col pretesto di arretrati provinciali immaginarii. Da questi esempi si può facilmente comprendere che in Egitto le leggi non sono fatte che per coprire l’arbitrio. Lo stesso sistema si applica alle corvées; l’arbitrio prevale ovunque e nell’opi­ nione degli Egiziani non v’ è sicurezza senza l’arbi­ trio governativo. Finché col tempo non si possa loro sostituire l’azione delle macchine, le corvées saranno necessarie per la pulitura dei canali, ed i fellah le ac­ cettano volentieri perchè per essi l’irrigazione è una questione di vita o di morte. Negli altri casi vorreb­ bero esserne dispensati ed hanno ragione. Lontani dai loro campi, come mai possono coltivarli ed irri­ garli ? Un acre di terreno non irrigato non dà che un quintale e mezzo di cotone, mentre che irrigato ne da 5. Per il grano si tratta di 2 Ardeb (1) e mezzo nel primo caso e del doppio nel secondo. Se si im­ piega il fellah lungi dal proprio villaggio e sulla pro­ prietà altrui, come potrà coltivare il proprio campo? Egli ha dunque ragione di preferire alla corvée una imposta doppia.

Una delle conseguenze della cattiva amministra­ zione di quel paese è l’abitudine di domandare le im­ poste anticipate. Il fellah è obbligato a prendere a imprestito le somme che gli sono richieste pagando un interesse che varia dal 5 all’ 8 % , ed il governo gli serve da intermediario in questa specie di transa" zione. Egli deve dunque pagare dei balzelli legali, dei balzelli illegali, l’interesse delle somme che deve prendere a imprestilo per pagarli, senza parlare della tassa sul suo lavoro, vale a dire la corvée, che di tutte le esigenze fiscali è per lui la più grave e la più rovinosa. Bisogna assolutamente regolarizzarla e sa­ rebbe cosa facile. Ogni villaggio dovrebbe conoscere anticipatamente la quantità d’uomini che dovrà fornire per la pulitura dei canali : dovrebbe esser certo che nessuno avrà il diritto di esigere un numero mag­ giore e che troverà la protezione di un tribunale in­ dipendente, nel caso in cui un funzionario poco onesto abusasse del suo tempo fuori delle ore stabilite: con queste disposizioni le corvées non sarebbero più ri­ chieste che per opere di vera utilità pubblica.

L’ Egitto diventa ricco ed il suo commercio si sviluppa, dimodoché il suo Governo può trarne, con mezzi legali, tutti i fondi necessari per il servizio del suo debito e per le altre spese.

Ecco un fatto che ci sembra caratteristico: alcuni inglesi che viaggiavano nell’alto Egitto ne sono stati testimoni, e mostra chiaramente come si proceda in quel paese alla repartizione ed alla percezione delle imposte. Il governatore di Assuan esigeva da quelle popolazioni una nuova tassa ed esse si rifiutavano a pagarla. Il governatore decide allora di recarsi

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L’ E C O N O M IS T A 205 13 agosto 1876

sul luogo accompagnato da qualche soldato. Le po­ polazioni si raccolgono con le loro mogli e i due partiti si trovano l’uno di fronte all’altro; gli abitanti del luogo si dichiarano pronti a pagare la tassa do­ mandata quando si mostri loro un ordine del go­ verno centrale. Il governatore aveva un tale ordine, ma non poteva mostrarlo perchè gli si diceva di far pagare la maggior somma di danaro possibile. Si dovette allora interporre il console inglese ed il go­ vernatore di Assuan fu ben fortunato di uscire da una falsa posizione.

Il gran male sta nell’inosservanza delle leggi e regolamenti amministrativi, in altri termini nell’ar­ bitrio. Per porvi rimedio si pensò alla giurisdizione mista, ma nella sua applicazione questa riforma è stata mutilata dalla risoluzione del Khedive di limi­ tare l’azione di quei tribunali ai rapporti dei fore­ stieri con gli indigeni e degli stranieri col suo go­ verno. Ciò che dovrebbe farsi subito sarebbe di estenderla a tutto l’Egitto, e nonostante, il benefizio di questa misura non si risentirebbe che dopo un certo tempo. Bisogna che al fellah venga il coraggio di chieder giustizia. Adesso non esiste che il con­ trollo istituito dal recente decreto del Khedive, ma tale risorsa ci sembra tanto più insufficiente che questo decreto non ha provveduto che alle riscos­ sioni destinate al pagamento del debito, senza punto occuparsi della amministrazione finanziaria e lasciando la porta aperta all’arbitrio.

11 controllo raccomandato dal signor Cave deve essere efficace, perchè si esercita sui riscuotitori di pubbliche entrate e costituisce un freno alle loro j esazioni ed al procedere illegale. Nel caso in cui il

Khedive si fosse rifiutato di stabilirlo il sig. Cave

proponeva la nomina d’ un ministro delle finanze Europeo. La proposta sarebbe stata buona, ma ci sembrerebbe necessaria un’altra garanzia : eccola — Si dice che il viceré abbia decisa la creazione di una Corte dei Conti di cui farebbero parte magistrati Europei. — Una Camera di questa Corte dovrebbe essere investita del diritto di accogliere i reclami dei contribuenti pel titolo delle illegalità, degli eccessi, e degli abusi commessi in materia fiscale e nella per­ cezione delle imposte. Questo sarebbe un vero con­ trollo che il Khedive non dovrebbe rifiutarsi di istituire. Ogni amministrazione ha il diritto, in Egitto, di prender cognizione dei reclami dei fellah: il togliere il diritto medesimo al corpo regolatore del­ l’intera amministrazione, cioè la Corte dei Conti, sa­ rebbe un atto ingiusto. I fellah hanno l’ abitudine di rivolgersi al ministro delle finanze e agli altri ministri ; si rivolgerebbero d’ora innanzi alla Corte dei Conti, nella quale la presenza di magistrati europei sembrerebbe loro una garanzia di equità. In questo modo, il controllo in questione diventerebbe efficace, j E non si parli a questo proposito d’umiliazione pel I

principe; nessuno si umilia inchinandosi davanti la autorità della legge. Sottoponendosi da sè stesso al controllo superiore della legge, in realtà avrebbe as­ sicurato la propria indipendenza, mentre al contrario d disprezzo di questo principio tutelare è. stato, in Egitto, la causa d’ogni male.

IL COMMERCIO ESTERNO DELLA FRANCIA

nel 1° semestre 1876.

Il commercio esterno della Francia nel 1° serne- tre 1876, produsse nell’insieme degli scambi operati, un aumento totale di fr. 62037000, rispettivamente al prodotto ottenuto nello stesso semestre nel 1873.

Dovrà perciò dirsi eccellente la situazione com­ merciale della Francia? No. Sarà dessa molto cat­ tiva? Nemmeno. Il commercio francese sopporta ora il contraccolpo della atonia, della languidezza della sta­ gnazione degli affari, che pesa su tutti i grandi mercati dell’antico e del nuovo mondo.

La Francia è meno direttamente colpita, di altri paesi, ma essa pure ne soffre. L’importazione cresce, e l’esportazione resta inferiore a quella dell’anno scorso. Havvi difetto di equilibrio fra i due rami di scambio. Bisogna riportarsi a tempo già assai lontano per mostrarsi soddisfatti del risultato ottenuto.

A questo scopo crediamo opportuno di mettere in evidenza i risultati commerciali del 1° semestre di varii anni dal 1867 a tutt’oggi.

Commercio della Francia nel 1° semestre degli anni 1867 Importazione 1112 452 000 Esportazione 1365 683 000 1868 1637 822 000 1500 767 000 1869 1437 947 000 1492 568 000 1870 1674 134 000 1540 859 000 1872 1678 752 000 1727 599 000 1873 1611 635 000 1941 850 000 1871 1742 710 000 1668 953 000 1873 1640 484 000 1878 182 000 1876 1811 057 000 1769 646 000 I risultati del primo semestre 1876, dei quali vo-lentieri ci lagneremmo, sorpassano di gran lunga quelli del 1° semestre 1872 che fu considerato come un anno straordinariamente buono. La nostra esporta­ zione del 1876 che ci apparisce assai inferiore, quando la confrontiamo con quella del 1873, è al­ l’opposto superiore a quella del 1874 e del 1872, ed a quella di tutti gli anni, che precedettero la guerra franco-tedesca.

Non è d’altronde che fra sei mesi che si stabili­ ranno i conti dell’anno. Il 2° semestre, può calmare le differenze esistenti, nei risultati del 1°.

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204 L’ E C O N O M IS T A 13 agosto 1876 supera di fr. 170573000 quella dell’anno precedente.

L’esportazione del 1876 è all’opposto inferiore di fr. 108536000 a quella del 1875.

Ecco come si decompongono i risultati generali: 1° Importazione

Oggetti di alimen- isrs 1876 tazione. . . . F. 398704000 F. 328-400 000 Materie prime . » 1072 204000 » 1006-435000 Prodotti fabbricati » 25-4329000 » 224718000 Altre merci . . » 85820000 » 80931000 Totale Fr. 1811057 000 1640 484000 Tutte queste categorie di mercanzie partecipano al maggior valore dell’importazione. L’aumento è di fr. 70304000 per gli oggetti di alimentazione, di fr. 65769000 per le materie prime, e di fr. 29611000 per i prodotti fabbricati.

2° Esportazione 1876 1873 Oggetti fabbricati F. 968920000 F. 1029 281 000 Materie prime e prodotti alimentari » 715568000 » 758205000 Altre merci . . . » 85158000 » 90606000 Totale Fr. 1769646000 1878182000 La maggior parte della diminuzione dell’esporta- zicne è a carico dei prodotti fabbricati. La differenza in meno constatata nel 1876 su questa categoria di merci è'di fr. 60361000. Il gruppo delle materie prime, e degli oggetti alimentari accusa una diminuzione dì fr. 42637000. Osserviamo ora in quale proporzione i principali articoli di importazione ed esportazione, parteciparono alle fluttuazioni degli scambi durante il 1° semestre 1876.

Importazione

Fra le merci, il cui movimento s’ò sviluppato nel 1876, dobbiamo segnalare da prima un dato numero di prodotti alimentari. Per fare fronte alle esigenze del consumo, si dovettero comprare all’estero dei cereali per fr. 94338000 nel 1876, invece di fr. 5-4780000 nel 1875. Nello stesso tempo si con­ sacrava la somma di fr. 53545000, nella compra di bestiame sui mercati esteri, mentre che nell’anno antecedente la somma di fr. 398000000 era stata sufficiente. L’importazione dei vini saliva nel 1875 a fr. 7585000, essa raggiunse attualmente l’importo di fr. 14667000, o quasi il doppio. W importazione dei legumi secchi da fr. 1735000 spesa nel 1875 raggiunse quella di fr. 568-4000 nel 1876. Notiamo ancora il caffè per fr. 56547000 nel 1875 e fran­ chi 59159000 nel 1876; i grassumi per fr. 10300000 nel 1875 e fr. 16000000 nel 1876.

Alcuni aumenti interessanti a segnalarsi, sono stati realizzati su alcune materie prime importanti, spe­ cialmente le materie tessili. Vediamo ad esempio che le importazioni della seta, del cotone, e della canapa, salirono alle seguenti cifre:

Seta . Canapa Cotone 1876 151 972 000 7 530 000 156 127 000 F. 1875 139 537 000 4 680 000 137 888 000 Si continuano a comprare cavalli, speeialmente un­ gheresi, e cavalle, il valore dei cavalli importati fu di fr. 7447000 nel 1875, e di fr. 11883000 nel 1876.

Il carbon fossile che figurava nel 1875 per l’importo di fr. 85300000, fu iscritto nell’ultimo rendiconto delle dogane per fr. 90300000. Si constata finalmente che l’ importazione del cuoio, si è elevata a fr. 13574000, mentre nel 1875 è salita a fr. 27305000. Bisogna ancora richiamare l’attenzione sul legno da costruzione e su quello da doghe. Il valore d’importazione del legname da doghe, è di fr. 34117000 nel 1876, in­ vece di fr. 21228000 nel 1875. Il valore dell’im­ portazione del legno da costruzione si elevò a fr. 26896000 nel 1875 ed a fr. 37598000 nel 1876.

Nella sezione dei prodotti fabbricati dovonsi segna­ lare degli aumenti molto importanti, sui fili e tessuti. L’importazione dei fili di cotone ammonta a fran­ chi 29650000 nel 1876, con un aumento di fran­ chi 11500000 rispetto al 1875; i fili di lana iscritti per franchi 10366000 nel 1876, realizzarono un aumento di fr. 1674000 rispettivamente al 1875. I tessuti di lana fr. 41527000 nel 1876 aumentarono di fr. 1215000. I tessuti di seta raggiungono final­ mente fr. 18187000 nel 1876 dopo aver fatto fran­ chi 16405000 nel 1875.

Sonvi ancora 4 milioni di aumento sulle stuoie e trecce di paglia fr. 26502000 nel 1876; e 2 milioni di aumento sull’importazione delle macchine e meccani­ smi fr. 18384000 nel 1876. Finalmente il valore de­ gli oggetti di collezione raggiunge nel 1876 la somma di fr. 9204500, mentrechè essa non aveva superato quella di fr. 4489000 nel 1875.

Di fronte a questi aumenti bisogna iscrivere al­ cune diminuzioni.

Le pelli non conciate videro cadere il loro movi­ mento d’importazione da franchi 101,374,000 (1875) a franchi 90,934,000 nel 1875,l’importazione delle lane è discesa da fr. 171,609,000 nel 1875 a fran­ chi 159,835,000. Quella del lino è diminuita della metà (fr. 31,648,000) nel 1873 e fr. 16,687,000 nel 1876. Finalmente gli zuccheri (fr. 45,915,000, i frutti oleosi (fr. 16,054,000) od i granelli oleosi (fr. 40,024,000) accusano nel 1876 una diminuzione di 2 milioni, rispettivamente al 1875.

Esportazione

Breve è l’elenco delle mercanzie la cui esporta­ zione ha dato quest’ anno risultati superiori a quelli del 1875.

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