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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.03 (1876) n.102, 16 aprile

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L'ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno III - Voi. V

Domenica 16

Il riscatto e l’esercizio Governativo Selle ferrovie

SOTTO L ’ASPETTO MILITARE

I partigiani del riscatto e dell’esercizio governati­ vo delle ferrovie non si sono trattenuti dall’accumu- lare argomenti ad argomenti per sostegno della loro tesi senza badare troppo pel sottile se reggevano o pur no. A sentirli, non finirebbe mai la litania dei benefici che, auspice lo Stato, ne verrebbero all’in­ dustria ferroviaria in Italia e, quasi ciò fosse poco non dubitano di asserire che in tempo di guerra le ferrovie risponderebbero meglio al supremo scopo della difesa nazionale qualora lo Stato ne tenesse rieserci­ zio. Come si vede, si invoca nientemeno che la salus

publica che, se esistesse davvero, dovrebbe fare ac­

cettare a chiusi occhi il riscatto e far esclamare a tutti in coro la nota frase-provideant consules. In­ fatti chi vorrebbe allora assumersi la responsabilità di opporsi ad un provvedimento reclamato dall’ in­ teresse generale del paese per la ragione che si ag­ graverebbe il bilancio dello Stato? Ma i nostri av­ versari hanno buttato là all’aria codesto argomento, sicuri, se non altro, che un certo effetto 1’ avrebbe prodotto, e se la Società Adamo Smith non avesse suscitato il desiderio di studiar bene l’ardua quistione sarebbe accaduto che, presentatosi il progetto alle Camere senza esame sufficiente, anche 1’ argomento della necessità della difesa del paese non sarebbe stato dei meno efficaci per indurre ad accettare ri­ scatto ed esercizio da parte dello Stato.

Dunque vediamo anche noi se agli interessi mi­ litari giovi tanto l’esercizio governativo delle ferro­ vie da indurre uno Stato, e lo stato nostro in ispe- cial modo, a sostituirsi alle Società private.

Secondo il concetto dei nostri avversari, tutto il bene sperato deriverebbe da ciò che esercito ed am­ ministrazione ferroviaria dipendendo in egual modo dallo Stato, i rapporti sarebbero più stretti, più fa­ cile l’intendersi e prontezza maggiore nell’esecuzione, in una parola, tutto procederebbe ordinato come le membra del corpo umano dopo la malaugurata ri­ bellione menzionata da Menenio Agrippa. E davvero se negli ordini amministrativi si potesse creare un nuovo Briareo dalle cento braccia e con un cervello

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solo, si comprenderebbe il valore di cotale unità e si comprenderebbero pure gli inni all’armonia che presiederebbe sovrana ; ma siccome ciò non è, nè può essere, così pigliamoci lo Stato come si trova, con tutte le sue contraddizioni ed irregolarità e so­ pratutto che l’immaginazione non ci faccia formare delle figure retoriche.

Scopo nostro è ora di dimostrare:

1° Che col riscatto lo Stato non acquisterebbe sulle ferrovie maggiori diritti di quelli che oggi non abbia nell’interesse militare.

2° Elio l’associazione dell’elemento militare e del­ l’elemento tecnico è affatto indipepdente dal fatto che le ferrovie siano o no esercitate dallo Stato.

3° Che l’esperienza delle guerre passate non prò’ va per nulla che le ferrovie esercitate dallo Stato abbiano reso migliori servigi delle altre.

§

I-Col riscatto lo Stato non acquista sulle ferrovie maggiori diritti di quelli che oggi non abbia nell’in­ teresse militare.

Durante la guerra, migliaja e migliaja di volte succede il caso che, per ordine superiore, siano requisiti tutti i mezzi di trasporto che vengono sotto mano. PasSa una vettura; eccola tosto arrestata da un soldato il quale annuncia l’ordine, e quelli che son dentro devono smontare. La truppa si prende quella vettura e Chi la guida, non risparmia fatiche nè all’uomo, nè all’animale, e a quel pover’ uomo tocca, alle volte di sentirsi fischiare agli orec­ chi le palle senza poter far altro che raccomandarsi ai santi. Così dura il servizio finché dura il bisogno.- Suppongasi che quella vettura avesse appartenuto all’intendenza militare, ne avrebbe forse usato altri­ menti e più ampiamente?

Crediamo che no. Ora dicasi lo stesso delle fer­ rovie esercitate dalle Società quando lo Stato le re­ quisisce per se, di modo che potendo esso esercì tare tutti quei diritti che sono richiesti dal servizio mi­ litare, sarebbe il caso di dovere pregiudizialmente, come innanzi ai tribunali, escludere per questa parte la domanda di riscatto, per mancanza d’interesse.

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militari sono bene definiti da patti speciali, da leggi, e da regolamenti.

I patti speciali furono quelli inseriti nei capitolati alle varie Società ferroviarie e per essi ecco quello che lo Stato stipulò: « Quando il Governo avesse bisogno di spedire masse di truppe o materiali od oggetti attinenti al servizio militare e marittimo ad un punto qualsiasi della rete concessa, la Società sarà tenuta di metter tosto a di lui disposizione tutti i mezzi di trasporto, di cui essa dispone per l’eser­ cizio delle sue linee.

In questo caso, e sempre che si verifichi sospeso per tale straordinario servizio ogni altro trasporto per uso del pubblico, verrà pagata dal Governo la metà dei diritti stabilita dalla tariffa generale pei trasporti da essa eseguiti. »

Disposizione presso che identica è quella pure che viene stipulata in Francia: — « Si le Gouvernement avait besoin de diriger des troupes et un matériel militaire ou naval sur les points desservis par le chemin de fer, la Compagnie serait tenue de mettre immédiatement à sa disposition, pourla moitié de la taxe du mème tarif, tous ses moyens de trasport. » Forse per noi sarebbe stato meglio che i patti fossero stati un po’ più espliciti e avessero compreso varie ipotesi; ma è noto che le linee principali delle nostre ferrovie furono costruite in un epoca in cui non si riconosceva tutta la loro importanza strate­ gica. In Francia, un trattato stipulato fra il ministero della guerra, e le Compagnie costituite in sindacato regolò più tardi il trasporto sopra tutta l’estensione della Francia e si rese completa la unificazione dei servigi. Anche da noi qualche cosa si è fatto e se rimane ancora a fare non poco, questo potrà essere compiuto nella sfera dei miglioramenti che va in­ troducendo la nostra amministrazione della guerra, senza saltare pei primi il fosso del riscatto col pe­ ricolo che le finanze nostre non ancora ben salde, ritornino a zoppicare.

Ma, oltre ai patti speciali vi è la legge del 20 marzo 1863, la quale usando espressioni generali o tassative viene, meglio che colle convenzioni parti­ colari, a rendere più chiaro il diritto dello Stato. All’ art. 280 di detta legge infatti è detto:

. « Ogni qualvolta il Governo abbia bisogno di spe­ dire truppe o materiale militare di qualunque genere ad un punto qualunque di una ferrovia pubblica, il concessionario della medesima sarà tenuto a mettei tosto a di lui disposizione, ed ai prezzi stabiliti dal­ l’atto di concessione, tutti i mezzi di trasporto che gli verranno richiesti, quand’anche la richiesta si estendesse alla totalità di quelli di cui egli può di­ sporre per l’esercizio della sua linea. »

E l’art. 281 dispone: « I concessionari delle fer­ rovie pubbliche devono provvedere a tutti i casi e sottostare a tutti gli eventi così ordinari come straor­

dinari, senza potersi esimere dagli obblighi contratti in forza della loro concessione e senza acquistar diritto a speciali compensi che non fossero espressa- mente pattuiti negli atti di concessione. » Se per misura di ordine pubblico o per la difesa dello Stato, il Governo ordinasse la temporanea sospensione del l’esercizio, o facesse in modo qualunque interrom­ pere una ferrovia, sarebbe da esso sopportata la spesa dei lavori dell’interruzione e quella del com­ pleto regolare ristabilimento, cessate le cause della sospensione, senza che i concessionari potessero pre­ tendere a maggiore risarcimento dei sofferti danni. »

Noi crediamo che in questo articolo 281, che con­ templa perfino la sospensione temporanea dell’ eser­ cizio, ci sia ampio luogo a configurare tutte le più svariate esigenze militari, dal trasporto del materiale mobile oltre la linea spettante ad una Società, fino alla distruzione dì opere ferroviarie. Ciò però non toglie che in tempo di pace si debbano regolare le cose in modo che nulla o ben poco sia lasciato al­ l’oscuro e all’improvveduto. Ci si guadagna nell ordine e nella borsa.

Si è però detto da taluni, che nonostante tutto lo zelo delle Compagnie ferroviarie, queste alla fine della guerra presentano i loro conti senza tanti ri­ guardi. Noi non comprendiamo che serietà vi sia in codesta osservazione. Pretendesi forse che i servigi resi dalle Compagnie non costino nulla alle mede­ sime per non essere rimborsate? Gli impiegati sti­ pendiati, il materiale usato o distrutto, il carbone consumato, ecc., sono forse oneri leggeri nell eser­ cizio di una ferrovia?

E poi non tutti i danni che una Società ferrovia­ ria può subire in una guerra sono risarciti.

Lo Stato è tenuto a risarcire quei danni che de­ rivano da movimenti strategici o da ordini combinati in antecedenza, sia per la difesa che per la offesa, non già quelli che furono prodotti nel calore della guerra; per quest’ ultimi sottentra la teorica del caso fortuito e della forza maggiore, che colpisce le com­ pagnie ferroviarie come ogni altro proprietario. Sicché nella peggiore ipotesi dei danni di guerra, lo Stato soffrirebbe di più nel caso che esercitasse egli medesimo le ferrovie.

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ferro-L’ ECONOM ISTA 453

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vie e loro dipendenze, sulla composizione dei convo­ gli, sulla velocità ecc. ecc.

Sicché, per quanto venne finora esposto, non può esser dubbio alcuno intorno al diritto dello Stato di disporre di tutto il materiale delle ferrovie quando lo reputi necessario. E fatti quindi sicuri che gli in­ teressi della difesa nazionale sono pienamente gua­ rentiti, torna vano per questa parte il sostenere T uti­ lità dell’ esercizio ferroviario governativo.

§• II.

L ’ associazione dell’ elemento militare e dell’ elemento tecnico è indipendente dal fatto che le ferrovie siano o no esercitate dallo Stato.

Dacché la ferrovia venne a centuplicare la rapi­ dità dei movimenti la sua utilità in tempo di guerra doveva farsi sempre più evidente e, poco curata dap­ prima, ora invece forma oggetto degli studi e delle cure dei Governi.

Ma tale importanza della ferrovia negli usi militari non altera per nulla l’indole del servizio che essa presta. Essa è, e sarà sempre un’industria di trasporto e, come tale, regolata solo da quelle tecniche disci­ pline che devono reggere ogni industria. Se codesto trasporto entrerà nelle vedute strategiche di un co­ mandante, sarà bensì parte di una operazione di guerra ma la natura sua non sarà mutata, nella stessa guisa che un cavallo adoperato da un mercante tra­ sporterà oggetti al mercato e requisito dall’ esercito porterà le salmerie.

L’industria ferroviaria, così feconda nelle applica­ zioni, così estesa nei rapporti colle altre industrie richiede quindi un personale non solo numeroso, ma tecnico, cioè che conosca bene il suo mestiere; e chi per poco ha veduto come si eserciti una ferrovia sa come in essa venga applicata al sommo grado la di­ visione del lavoro affinchè tutti essendo nella sfera loro assegnata concorrano, sotto la loro responsabi­ lità, a mantenere l’ordine, la precisione e la sicu­ rezza nei trasporti. Ora, tanto se la ferrovia appar­ tenga ad uno Stato quanto ad una Società privata, il modo tecnico di esercitarla non può essere variato, per cui anche nell’ interesse della difesq nazionale lo Stato non può far altro che associare l’elemento mi­ litare nè più nè meno di quello che può associarlo ora nell’ esercizio delle Compagnie; imperocché niuno può supporre per poco che codesti due elementi pos­ sano essere fusi.

L’esempio poi degli altri Stati, seguito anche da noi, ci dimostra come codesta associazione si possa ottenere qualunque sia l’ipotesi dell’esercizio, e un rapido cenno ai regolamenti militari degli altri Stati e del nostro ce ne farà pienamente convinti.

Come è naturale, cominciamo dalla Germania, co­ me quella che per la prima rivelò gli splendidi ri­ sultati del suo ordinamento militare e come quella

che può fornire i fatti maggiori di quella esperienza che hanno voluto invocare perfino i nostri avversari.

In Germania sono forse gli Stati che esercitano tutte le ferrovie? Tutti sanno che no, e neppure quella Prussia che preparò i trionfi del 1866 e del 1870 ebbe bisogno di avere in suo potere le ferrovie per ottenerli. Lasciamo da parte se ora pei suoi fini po­ litici, il grande cancelliere dell’Impero vuol riscattare tutte le ferrovie, ciò non fa al caso nostro ; ma nep­ pure colà si invoca per codesto riscatto la necessità militare alla quale già da lunga pezza si è soddisfatto. Dunque ancora in Germania vi sono e ferrovie eser­ citate dallo Stato e ferrovie esercitate dalle Compa­ gnie, eppure l’ elemento militare vi si trova associato in modo uniforme. A ciò si giunse con non poco tempo e fatica, perchè in Germania dal 1846 in poi si è dovuto un po’ alla volta unificare le misure, i pesi e le monete che erano differenti nelle cinquanta e più società ferroviarie che sbocconcellavano il ter­ ritorio; ma il fatto è che dapprima coll’ Unione delle

Direzioni delle ferrovie prussiane (1846) ed in ap­

presso coll’ Unione delle Direzioni delle ferrovie te­

desche (1847) si pervenne alla unità di esercizio,

Codesta Unione contava nel 1854 quarantasei am­ ministrazioni con 7422 kilometri di ferrovia e la di­ rezione degli affari era affidata alla ferrovia prussiana Berlino-Anhalt. Nel 1869 1’ Unione era rappresentata da 71 amministrazioni di cui 49 tedesche con kilo­ metri 17,001, e 22 austriache con 7,421 kilometri. Più tardi accanto all’ Unione si aggrupparono le as­ sociazioni parziali in numero di 28, allo scopo di unificare, anche nei più minuti particolari, regola­ menti, tariffe e condizioni dell’esercizio. Di guisa che nell’ ordine economico-commerciale T unità di eserci­ zio fu presto conseguita.

Nell’ordine militare essa procedette più lenta a ca­ gione delle gelosie fra i vari Stati confederati. Solo nel 1. maggio 1861 fu emanato dal ministero della guerra prussiano il primo regolamento riguardo ai trasporti militari rche fu imposto a tutte le direzioni delle ferrovie dello Stato. Codesto regolamento fu pure accettato sul finire dello stesso anno dall’Unio­ ne dell? ferrovie del Nord compreso il Brunswik e l’Hannover, con qualche riserva. La guerra, poi del 1866, costituendo la Confederazione del Nord, fece raggiungere anche maggiore uniformità nei servizi militari e per mostrare in qual conto fossero tenute le ferrovie per gli usi strategici, citeremo la se­ guente risoluzione presa nel 1869 dal Parlamento della Confederazione del Nord.

« Le Amministrazioni delle ferrovie dovranno stabilire, secondo un modello convenuto, e comu­ nicare alla cancelleria federale quadri indicanti l’or­ ganizzazione e i mezzi di ciascuna dal punto di vista dei servigi e dei bisogni militari.

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nire questi documenti ogni due anni; quelle in co­ struzione appena saranno aperte. »

Ora è lo Stato Maggiore Generale che diretta- niente domanda alle amministrazioni ferroviarie tutte le informazioni che crede necessarie.

Prima della guerra del 4870 il regolamento della Confederazione del Nord fu esteso anche agli Stati alleati, e quella terminata, si continuò anche dopo a togliere tutte le più minute differenze. Da ultimo la legge del 13 giugno 1873 ha indicato chiara­ mente quali sono le prestazioni di guerra a cui sono tenute le amministrazioni delle ferrovie dellTmpero.

• Per vedere poi il modo come accanto all’elemento tecnico funziona l’elemento militare sarebbe mestieri descrivere come nel fatto la Germania eseguì i suoi grandi movimenti militari, ma questo è tema da pubblicazione militare e non mancano libri che ne trattino. Qui basti dunque il dire che l’associazione dell’elemento militare e dell’elemento tecnico è con­ seguita si può dire perfettamente colla costituzione, in primo grado, di una Commissione centrale a Ber­ lino, e di una Commissione esecutiva', e in secondo grado, dalle Commissioni di linee e dai comandanti

di tappa.

In Austria, dove lo Stato non esercita ferrovia

alcuna, vi sono pressoché identici gli ordinamenti,

insieme alla unificazione del servizio di tutte le So­ cietà ferroviarie.

In entrambi codesti Stati il principio che domina è la costante associazione dell’elemento militare e dell’elemento tecnico, associazione che, come scrive il Jacqmin, esiste in ogni grado « dans le conseil et dans Fédération, dans les tournées, dans les re­ connaissances préparatoires des gares et des lignes, tournées et reconnaissances qui doivent être faites par deux fonctionnaires inséparables, un officier d’ état-major et un agent technique du chemin de fer.

L’élément militaire commande; mais il comman­ de en connaissance de cause, parce qu’ a chaque instant l’élément technique intervient et rectifie ce qui doit être rectifié. Avec une organisation sem­ blable, on ne dirige pas vingt trains de cavalerie ou d’ artillerie à la fois sur une gare du dernier ordre qui n’a qu’ un quai. On ne multiplie pas les expéditions sur une gare qui a encore cinquante

trains à décharger, etc. ')

Ad esaminare codesti ordinamenti non si può a meno di provare un sentimento di ammirazione im­ perocché sembra che quanto la prudenza umana po­ teva prevedere fu preveduto. E cosi, allo scoppio della guerra tutto è già studiato e preparato da lun­ ga mano, e tutti sanno quello che devono fare. Così

16 aprile 1876

dalla Commissione esecutiva che segue il quartier generale partono gli ordini ; le Commissioni di linea sono incaricate della ripartizione del lavoro da ese­ guire colle ferrovie ; finalmente nei punti impor­ tanti, i comandanti di tappa, veri capi-stazioni mi­ litari, assicurano l’ordine. Le cose allora procedono regolate ed appunto nell’ordine sta parte grandissi­ ma del buon esito.

Se ci facciamo ora ad esaminare le condizioni di Francia, precedenti all’ultima guerra, noi vediamo il rovescio del quadro ora descritto. Cullandosi nella gloria passata, giammai riuscì più vero per lei quanto scrisse il poeta latino l)

Miserum est aliorum incumbere famae.

Le sei Società ferroviarie che essa ha, tutte po­ tenti e ricche di materiali e, quello che è più, uni­ formi nell’esercizio, offrivano tutti i vantaggi che dalla loro industria potevano esser tratti; ma era l’ordinamento militare che faceva difetto, ordina­ mento che non può essere surrogato nè dal buon volere delle persone, né dalle disposizioni che pos­ sano essere prese all’ultimo momento. A badar bene i primi ordinamenti prussiani del 1861 pare che abbiano attinto a quelli francesi del 1851 e sul 1855, ma in Francia dopo il primo passo non si è fatto di più, e si rimase alle semplici norme sul caricamento e sullo scaricamento dei treni militari. Ben è vero che nel 1869 il maresciallo Niel pro­ mosse la costituzione di una commissione centrale composta dell’elemento militare e dell’elemento tecni- ■ co, la quale si era già posta a rivedere i regola­

menti anteriori e a proporre le più utili riforme che sarebbero riuscite a dare anche alla Francia un or­ dinamento identico nel concetto a quelli di Germa­ nia e di Austria; ma in Francia, come da noi, i lavori delle commissioni son posti facilmente nel dimenticatoio, e così nella guerra del 1870-71 la Francia offrì miserando spettacolo di disordine nel suo servizio ferroviario.

Per formarsi un’ idea di codesto disordine basta scorrere rapidamente l’opera citata del Jacqmin. La guerra fu dichiarata il 15 luglio e da quel giorno le ferrovie che menavano verso la frontiera tedesca furono tutte requisite per lo Stato e cominciarono ad ingombrarsi, poiché i reggimenti arrivati si trat­ tenevano per parecchie ore nelle stazioni e non isca- | ricavano le loro salmerie.

Col sistema di completare i reggimenti alla fron­ tiera, le ferrovie erano sempre percorse da soldati isolati che molte volte erano veri sbandati senza disciplina. Fu una turba di codesti soldati in numero | di circa cinque mila, che, verso la fine d’ agosto, diede l’assalto alla stazione di Reims per saccheg-T) F. Jacqmin. Les Chemins de fer pendant la

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giarla. Tutte le autorità credevansi poi in diritto di dare ordini e di avere la preferenza e avvenne per­ fino che, mentre la ferrovia dell’Est era impegnata a trasportare l’esercito di Bourbaki, il prefetto del Rodano mandò l’ordine di requisire immediatamente tutto il materiale circolante onde surrogare i vagoni alle baracche nel campo trincierato di Yénissieux. Tratteggiando questo stato di cose, il sullodato Jacqmin scrive:

« Depuis le chef de l’état-major général jusqu’au sous-officier qui vient chercher les bagages de son bataillon, depuis l’intendant général jusqu’au dernier garde-magasin, chacun se croit le droit de donner des ordres à un chef de gare, de désigner des empla­ cements, etc.... Chacun est enfermé dans un cercle d’attributions souvent fort restreint. Un intendant expé­ die sans savoir, et sans pouvoir savoir si un autre in­ tendant est en état de recevoir. Un officier d’administra­ tion vient chercher des avoines, tandis qu’un autre ré­ clame des effets de campement. Chacun affirme que ses ordres sont de la plus extrême urgence et que de leur exécution dépend le succès de la campa­ gne. Ajoutons à la confusion qu’engendre déjà une telle multiplicité dans les ordres, les exigences de l’artillerie qui désigne les voies dont elle seule pourra se servir, qui entend convertir les gares en arse­ naux, comme l’intendance veut les convertir en ma­ gasins et en magasins roulants. » (pag. 120).

A Metz, per la confusione, si fece un tale ingom­ bro che quando per porvi termine, la Compagnia ferroviaria prese la risoluzione di mettere tutto per terra, gli eserciti tedeschi avevano già circondata la città. — Che dire poi dell’uso irreflessivo delle fer­ rovie ! Avveniva che, dato l’ordine di trasportare un corpo di esercito dal punto A al punto B, l’ammini­ strazione militare credesse che tutto fosse finito per lei, mentre invece qn trasporto per ferrovia è una operazione molto complessa che suppone, da una parte, un concentramento di truppe da trasportare completo alla partenza, e dall’altra, la riunione del necessario materiale circolante, il rapido scaricamento nelle stazioni di arrivo, la sicurezza nel trasporto me­ desimo e, finalmente, lo studio dei trasporti da fare per le vie di terra per guadagnar la ferrovia alla partenza ed il teatro delle operazioni al di là della stazione d’arrivo.

Abbiamo voluto accennare a tutti codesti fatti per mostrare dove stava il difetto degli ordinamenti fran­ cesi e non si fosse indotti ad avvolgere nel biasimo comune le società ferroviarie e 1’ Amministrazione militare. Non è che con ciò si voglia dire che le Società dal canto loro abbiano fatto tutto bene, ma è fuori di dubbio che il disordine nei trasporti si deve ascrivere al difetto di unità di comando, cioè alla mancanza di associazione dell’ elemento militare, associazione che, come si è veduto in Germania ed

in Austria, non ha nulla a che fare coll’esercizio go­ vernativo delle ferrovie. Con decreto del 4-4 novem­ bre 4872 anche in Francia venne creata una Com­

missione militare superiore, composta di militari e

di delegati delle società ferroviarie, la quale compì il lavoro ordinato dal maresciallo Niel e presentò nel 4874 un progetto di regolamento pei trasporti ferroviari dei militari, approvato poi e pubblicato con decreto del 4° luglio 487-4. Per codesto re­ golamento, anche la Francia ha ora la commissione superiore centrale, la commissione esecutiva e le commissioni di linee e di tappe con attributi presso che uguali a quelli dell’ordinamento tedesco. Ha ora regolato nei più minuti particolari i trasporti ordi­ nari ed i trasporti strategici introducendovi molte ed opportune distinzioni. Insomma nel regolamento francese del novembre 4874 trovasi ora tutto bene ordinato, e coloro che se ne intendono lo giudicano almeno non inferiore a quello tedesdo.

Si potrebbe ora accennare ai regolamenti di altri Stati, ma quando si è detto che tutti o ra , ammae­ strati dalle ultime guerre, si sono sforzati di non essere da meno degli altri, si implica necessaria­ mente l’idea che tutti hanno più o meno tradotto in pratica il principio di associazione dell’ elemento militare e dell’elemento tecnico ; e siccome non vi è Stato che, pur esercitando linee ferroviarie, eser­ citi tutte quelle che sono nel suo territorio, così niuno ostacolo si incontra nel fatto del duplice si­ stema di esercizio.

Veniamo ora all’Italia.

Anche da noi, dal 4870 in poi non si è rimasti inoperosi e vennero emanate norme generali per trarre il maggior profitto possibile dalle nostre fer­ rovie nei trasporti militari, e, disposizioni speciali per rimediare ai molti inconvenienti che le nostre ferrovie, a cagione del triste loro stato, presentavano. Diremo brevemente delle une e delle altre.

Per raggiungere l’intento di accoppiare i due ele­ menti tecnico e militare la nostra amministrazione militare si propose :

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Il primo scopo è raggiunto coll’invio che si fa ogni anno di un gruppo di ufficiali di ogni arma, compresi i medici ed i commissari di guerra, sotto la direzione di un maggiore di stato-maggiore, snlle linee ferro­ viarie per compiervi durante quattro mesi un corso di istruzione pratica sul servizio delle ferrovie e in par­ ticolare su quello del movimento dei treni. Oltre a questo personale istruito nel servizio generale delle ferrovie, se ne forma anche un altro coll’incarico di prestar l’opera sua negli sbarchi e negli imbarchi di truppe, nella direzione di drappelli, ec., coll’in­ viare ufficiali appartenenti ai distretti ed alla mili­ zia mobile nelle diverse stazioni per apprendervi il servizio delle ferrovie nella parte che piu particolar­ mente risguarda le attribuzioni di capi-stazione.

La costituzione di un corpo speciale, come si pro­ pose il governo in secondo luogo, è attuata colla or­ ganizzazione di quattro compagnie di ferrovieri che in tempo di guerra saranno forti di 20 ufficiali e 820 soldati, col relativo materiale.

Nelle norme che regolano la formazione di guerra, sono comprese le istruzioni indicate nel terzo punto. Yi è quindi determinato come e da chi deve essere fornito il materiale ai corpi delle armi di linea, del­ l’artiglieria e del treno. E in quanto al servizio ferro­ viario è regolato l’impiego delle ferrovie, sia per i bi­ sogni generali dell’esercito, sia pei bisogni particolari dei vari corpi. Disposizioni particolareggiate furono date a tal proposito nella Istruzione apposita sulla mo­ bilitazione.

Al quarto scopo di assicurare le comunicazioni del­ l’esercito colla propria base di operazione, è provve­ duto nella formazione di guerra col regolamento sul servizio delle tappe. Ciascun’ armata ha la sua li­ nea di tappe diretta. Incigni luogo di tappa, che dista 200 kilometri, è stabilito un comando di tappa diretto da un ufficiale superiore o capitano, coadiuvato da ufficiali contabili, da commissari, da medici e da

scrivani. .

Infine, quanto al Regolamento sui trasporti mili­ tari, questo contien tutti i particolari riguardo ai tra­ sporti di maggiore o minore importanza, determina i preavvisi ed i concerti da prendersi cogli agenti fer­ roviari, la composizione dei treni e le speciali dispo- zioni secondo che essi siano ordinari, facoltativi o spe­ ciali, e cosi via, tutte le norme per l’imbarco, il viag­ gio, le fermate e lo sbarco dei militari o del materiale. Ma le condizioni delle nostre ferrovie hanno fatto sentire il bisogno anche di disposizioni speciali per metterle in grado di rispondere, il meno imperfetta­ mente possibile, alle esigenze militari. Le ferrovie che finora possediamo sono ben lungi dal soddisfare a co- deste esigenze, perchè se nella parte settentrionale la rete si va ogni giorno più completando, e quando si avrà la linea Parma-Spezia la rete stessa sarà abba­ stanza fitta; nella parte peninsulare invece il numero

delle linee ferroviarie è troppo scarso longitudinal­ mente e trasversalmente , oltre che nelle esistenti vi sono dei tratti troppo difficili e disadatti ai grossi mo­ vimenti, ed altri mal sicuri perchè troppo esposti alle offese nemiche dalla parte del mare. Stando alle pro­ poste che nel 1871 aveva fatto la Commissione per­ manente per la difesa dello Stato, si avrebbero do­ vuto allora costruire sedici nuove linee ferroviarie con una estensione di 1237 kilometri, e mettere il doppio binario ad altre sei linee per la lunghezza di 1671 kilometri. Una prima previsione di spesa dava 460 milioni di cui, una metà circa, a carico dello Stato. Ma poi restringendosi le proposte, la spesa sa­ rebbe stata sempre più di 100 milioni, che, pur di­ stribuita sopra parecchi anni avrebbe aggravato in modo non indifferente il bilancio dello Stato. Ma tutti sanno che le nostre condizioni economiche ci obbligano di affidare al tempo e allo sviluppo com­ merciale il compimento di una rete che risponda ai bisogni della difesa dello Stato, e per ora è mestieri che ci accontentiamo di rimediare agli inconvenienti che esistono, per renderne meno sensibili gli effetti e per mettere le ferrovie medesime in grado di darci tutta la produttività di cui sono capaci nelle loro at­ tuali condizioni di tracciato, di giacitura e di mate­ riale rotabile. Fu con cotale intendimento che nello scorso anno venne adottato dal Parlamento un pio- getto di legge col quale si ordinarono non pochi la­ vori sulle linee ferroviarie. Per detti lavori la spesa sarebbe stata presuntivamente la seguente:

A carico A carico delle Società dello Stato Sulla rete dell’A. Italia L. 6,100,000. 2,780,000. » » Romana » 5,180,000. 570,000. » » Meridionale» 1,690,000. 420,000.

L. 10,970,000. Somma in massa per imprevisti e per la costruzione di alcuni tratti di strada

ro-230,000. Totale L. 4,000,000 Sulla utilità e sulla applicazione di detti lavori, ecco come si espresse la relazione della Commissione della Camera, redatta dall’onor. Bertolè-Yiale:

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e nell’essere i rifornitori d’acqua scaglionati ad inter­ valli eccessivi o di portata insufficienti. Onde occorre ampliare o riordinare parecchie stazionii ed in altre costrurre nuovi piani caricatori, assestarvi gli esi­ stenti, aumentarvi e allungarvi i binari, ecc.

Questi lavori p o i, unitamente ad altri tendereb­ bero ad accrescere la celerità di mobilitazione. Que. sto accrescimento per la linea Napoli-Roma-Foli-

gno-Firenze-Bologna si è di 1[3. Sarebbe d’altret­

tanto per la linea del litorale Mediterraneo, di Ij5 per la linea Adriatica; con che la media dell’ acce­ leramento che si otterrebbe nei movimenti lungo la parte petìinsolare del regno, sarebbe all’ incirca da 4 [3 ad 4 [4. »

Notisi poi che la Commissione della Camera avrebbe voluto che le Società ferroviarie avessero concorso maggiormente nella spesa e per ragion di lucro che avrebbero ricavato e principalmente a norma delle rispettive convenzioni. E non aveva torto. Allorquando la Commissione permanente della difesa dello Stato nel 1870 propose di mettere il doppio binario a pa recchie linee, calcolò una spesa di 190 milioni che la Commissione parlamentare credette poi poter re­ stringere a 50. Ma ad ogni modo la spesa era sem­ pre grossa ed anche dopo le nuove line aperte o migliorate, non deve essere indifferente. Ora le con­ venzioni stipulate colle varie società non hanno omesso questo punto e, fra le altre, la Società dell’Alta Italia può essere obbligata a costruire il doppio binario so­ pra una parte delle sue linee senza che lo Stato abbia a sopportare una parte qualsiasi di spesa. Infatti al­ l’articolo 6 del capitolato annesso alla convenzione 25 giugno 1860, approvato con legge dell’ 8 luglio dello stesso anno, venne stabilito quanto segue:

« In tutte le linee costituenti la rete della Lombar­ dia e dell’ltalia]Centrale i terrapieni ed i manufatti do­ vranno, a richiesta del Governo, essere eseguiti per due binari. — Però il collocamento del secondo bi­ nario non sarà obbligatorio, se non nei tronchi i quali somministreranno un introito lordo superiore a lire italiane 30 mila per ogni kilómetro, ad ecce­ zione della linea da Piacenza a Bologna, sulla quale dovrà collocarsi il secondo binario quando l’introito lordo arrivi a lire 24,000 per kilómetro. »

E relativamente alle ferrovie dello Stato che fu­ rono vendute alla Società dell’Alta Italia colla con­ venzione 30 giugno 1864, approvata con legge 14 maggio 1865 N. 2279, l’articolo 15 del capitolato è cosi espresso :

« La Compagnia sarà tenuta a costruire il doppio binario sulle linee che costituiscono la rete cedutale dallo Stato, quando il prodotto lordo di esse linee raggiunga le lire 23,000 per chilometro. — Qualora però il governo volesse obbligare la Compagnia a co­ struire essi binari prima che il prodotto raggiunga l’indicato limite, esso ne farà le spese e le pagherà

alla Compagnia in titoli di rendita dello Stato al corso del giorno, con riserva, realizzandosi il caso in cui la Compagnia avrebbe dovuto farli del proprio, di ripetere il rimborso integrale della incontrata spesa. — La manutenzione dei binari predetti, anche nel caso di costruzione a spese del Governo, resterà a carico della Compagnia. »

Dunque in questo caso l’onere dello Stato consi­ sterebbe in una anticipazione la quale in un termine non molto lontano verrebbe rimborsata dalla Società.

Per la linea Ancona-Bologna delle Società Meri­ dionali, il capitolato 42 maggio 4856, approvato con decreto pontificio del 24 dello stesso, all’art, 3, stabi­ lisce che fino dal principio detta linea doveva essere a doppio binario. Per lo stesso capitolato era obbligatorio il doppio binario sulla linea Ancona-Roma quando il prodotto netto chilometrico fosse stato di 5000 scudi.

Anche per la maggior parte delle altre linee il dop­ pio binarlo è obbligatorio quando siasi raggiunta una determinata cifra di introiti, e veggasi, fra gli altri, in proposito il capitolato approvato dalla legge 44 mag­ gio 4865 p erla fusione delle ferrovie Romane colle Toscane.

Di guisa che lo Stato, se vuol essere tenace dei suoi diritti, e non lo fu sempre, ha anche il modo di far contribuire maggiormente le Società ferroviarie alla difesa dello Stato. E la conclusione, che si può trarre dalla disposizione speciale del passato anno, è che lo Stato, in primo luogo, ha il pieno diritto che le ferrovie sieno in condizioni tale da soddisfare ai biso­ gni militari, ed in secondo luogo, che esse concorrano 0 in lutto o in gran parte a introdurre tutti i miglio­ ramenti necessari, evitando con ciò che tutta la spesa sia a carico dello Stato.

Certo che rimane ancora a fare molto per rendere complete e meno difettose, sotto l’aspetto militare, le nostre ferrovie, ma, come si è detto più sopra, un osta­ colo insormontabile ci viene dalle condizioni finan­ ziarie dello Stato che non può neppure aumentare il suo concorso alle Società, e se, come è dimostrato l’ o- perazione del riscatto aggraverebbe il bilancio, non vi può essere alcuno che non veda come per esso ogni miglioramento e rimedio si dovrebbe ancora differire a tempo indefinito.

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460 V ECONOM ISTA

16 aprile 1876

invece fino allo scorso anno l'amministrazione mili­ tare dette le più savie misure per conseguire un buon ordinamento militare nei servizi ferroviari, senza far intravedere la possibilità di un ordina­ mento migliore nel caso che lo Stato avesse eser­ citato le ferrovie. Senza aspirare al poco invidiabile vanto di esser primi in certe esperienze , sarebbe opportuno che prima si facesse almeno tutto quello che hanno fatto gli altri. Diamoci anche noi un buon ordinamento militare ferroviario, rendiamo an­ che noi più efficace l’associazione dell’elemento mi­ litare e dell’elemento tecnico e, invece di parlare di un meglio problematico, accontentiamoci del buono, il quale ha per di più il vantaggio di avere soddi­ sfatto e di soddisfare ancora pienamente alle esigenze di alcuni Stati che in fatto di guerra l'hanno saputa

più lunga di noi. .

r (Continua)

LA LISTA CIVILE

SECONDO

LA SCIENZA DELLE FINANZE f1) La giustificazione d’ una spesa pubblica dipende da tre condizioni: che si faccia per un servizio u- tiie ; che il servizio spetti veramente allo Stato, e che il dispendio sia proporzionato all’utile. A queste tre condizioni bada la scienza delle finanze anche trattando della Lista Civile.

Il Capo dello Stato ha molti uffici da compiere. Alcuni gli spettano qualunque sia la forma del go­ verno; altri vengono determinati dalle qualità di essa forma. Infatti una sua costante prerogativa è di personificare, per così dire, il.paese nelle rela­ zioni estere, e di raccoglierne e accentrarne in se me­ desimo la maestà. Di qui gli derivano alcuni obblighi speciali, per non mancare ai quali, deve disporre di mezzi economici proporzionati. E non v’ ha dubbio che sarà giudicata fruttuosa la spesa perchè man­ tenga il decoro nazionale di fronte ai forestieri, e la propria indipendenza di fronte alle parti politiche nello Stato.

Lo Smith si spinge anzi tanto innanzi, parlando di ciò, da affermare che se le varie classi sociali vanno facendo spese sempre maggiori per la casa,

') Questi che noi pubblichiamo sono gli appunti di una lezione detta dal chiaris. prof. Scolari nella R. Università di Pisa dove egli in questo anno sco­ lastico ha fatto un corso di Scienza delle Finanze. L’egregio amico nostro ce ne ha permesso la pub­ blicazione che siamo sicuri riescirà graditissima ai lettori àe\V Economista. Speriamo che il prof. Scolari cedendo alle vive istanze dei suoi amici e dei suoi discepoli vorrà presto dare alla stampa tutto il suo corso di Scienza delle Finanze.

Nota della Direzione.

il mobilio, la cucina, gli abiti e gli equipaggi, non è possibile pretendere che il sovrano vada contro a questa moda. Ma l’affermazione è soverchia, e sola­ mente ci è forza convenire che le idee e le abitu­ dini correnti nel nostro mondo antico non consen­ tono si provveda strettamente alla dignità di chi è alla testa dallo Stato; il quale, più presto che l’ap­ provazione o là gratitudine delle nostre moltitudini, si attirerebbe le loro critiche e il biasimo se tenesse casa e vita meno fastose di quelle di un privato.

Ma il sovrano benché si trovi a capo della ge­ rarchia amministrativa, non cessa di farne parte, e perciò deve compiere alcuni uffici stabiliti nella specie e nella forma dalla costituzione dello Stato. Per questo servigio spetta anche a lui una rimunerazio­ ne, e questa sarà giusta finché sarà proporzionata I all’ utile che ne deriva. Siffatta spesa ha relazione con la costituzione e la conservazione stessa dello Stato; e perciò quanto al suò obbietto viene imposta dalla scienza politica a quella delle finanze, la quale ncn può sollevare difficoltà od opposizioni, come in ! certi casi potrebbe, per obbietti che soltanto concer­

nessero il miglioramento o come si dice il progresso della società.

Nondimeno essa non può'dispensarsi dal giudicare se T aggravio sopportato dal paese per provvedere a questo servizio, e cioè la misura della spesa fatta dal pubblico erario, sia o non sia proporzionata al­ l’utile che se ne ottiene; e perciò se ha poco a dire Sùll'oggetto, ha tutto da dire sull’ ordinamento del servizio stésso.

In questo proposito è da guardare alla costituzione dello Stato, alle qualità del governo e allo stesso costume popolare.

La spesa per il Capo dello Stato è diversamente ordinata negli Stati repubblicani e nei principati ereditari. In quelli basta provvedere alle necessità di una persona; in questi non basta provvedere al principe e conviene pensare altresì alla sua famiglia la quale non può essere lasciata in piu stretta for­ tuna eh’ egli non sia, primamente per causa degli affetti del principe e per convenienza verso i membri della sua casa; secondamente per riguardi politici, affinchè dalla strettezza economica non sieno esposte a pressioni straniere o partigiane persone prossime al trono o che possone essere chiamate ad oc­ cuparlo.

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Go-16 aprile 1876

verno è posto nella necessità di circondarsi di molto splendore e prestigio, e di legare a se potentemente gli strumenti che adopera, per la estesa, universale sua azione. Quindi presso cotesti popoli, ai pubblici ufficiali rimunerazioni larghissime ; e per serbare la giusta proporzione, lautissimo assegnamento al So­ vrano: e basta citare ad esempio la Francia impe­ riale.

Ma una cagione che il dispendio per questo servi­ gio s’allarghi oltre il ragionevole ed assuma forme non rispondenti ai principi e agli scopi della scienza finanziaria è riposta, più. che nelle cose qui dette, nel costume o nei pregiudizi popolari. Ed in vero il principato negli Stati Europei è posto in una con­ dizione eccezionale dalle sue tradizioni e da quelle stesse dei popoli che regge, e ciò tanto più nei paesi dove le due tradizioni come le due storie si confon­ dono in una.

Nell’epoca feudale la regalità che ricorreva ai sud­ diti per la più gran parte delle spese militari chie­ dendo loro de’ sussidi, provvedeva invece da sè all’amministrazione civile con le rendite dei proprj beni, dei propri feudi e molte regalie a lei assegnate. Ma per il concentrarsi dell’autorità nelle mani del principe, per lo stringersi dei legami fra le varie parti dello Stato che a poco a poco si unificano, e per il successivo incivilimento dei popoli, i servizi dello Stato si moltiplicano ed estendono, e le spese s’ingrandiscono. 11 principe perciò domanda sussidi anche per le cose, civili. Chi somministra danaro può dettar legge; e dapprima viene conceduto il sussidio senz’altro; poi gli viene posta la condizione che ne s;a reso conto; indi si vuole amministrarlo. Da ul­ timo si dice al principe : liberatevi dall’ obbligo dei servigi a cui provvedete con le vostre rendite; libe­ ratevi dalle noje dell'amministrare i beni o i diritti da cui le ricavate; in cambio ricevete dallo Stato una dotazione di cui potrete disporre liberamente.

Questa origine delle dotazioni principesche può dirsi siasi veduta in tutti gli stati, ed è veramente quella della dotazione della corona in Inghilterra, di dove ci viene il nome, di lista, civile; e s’intendeva la descrizione delle spese fatte dalla Corte per causa de’ suoi uffici’ civili, esclusi i militari e gli ecclesia­ stici descritti separatamente ( V. Blackstone, Comm. lib. 1 cap. 8.)

Ne deriva che nei principi è rimasta la memoria delle tante cose che facevano provvedendovi con entrate proprie o a loro assegnate; ed è rimasta an­ che nelle nostre popolazioni. Che se della massima e della più importante parte di quelle cose non si mescolano più ; nondimeno i principi mettono la loro ambizione nel continuare a farne alcune, e i popoli si aspettano sempre ch’eglino continuino a farle. In questo stato delle opinioni, vogliono che il principe sia il mecenate dei letterati e degli artisti, il distri­

461

butore di soccorsi per tutte le sciagure, 1’ incorag- giatore delle nuove industrie, il miglioratore di razze, l’eccitatore di spedizioni e di straordinarie imprese; e che ad ogni occasione eserciti ospitalità munifi­ cente e sfarzosa.

E oltre le tradizioni, anche i pregiudizi e l’igno­ ranza hanno parte in questo allargamento della mis­ sione o del servizio che spetta al Capo dello Stato; reputandosi pur troppo ancora che servono a qualche buono effetto per le lettere e le arti le elargizioni dei mecenati, e che incoraggiamenti saltuari, passeg- gieri, non determinati in qualità e misura da un concetto scientifico e amministrativo, possano dare desiderahile frutto per le industrie o per altre spe­ cie di operosità civile.

La scienza delle finanze si trova dinanzi a questi fatti ; ma evidentemente non può accettare i criteri che ne derivano per approvare l’ordinamento dato a questa parte del pubblico servigio.

Presentemente Lista civile significa tanto l’ammi­ nistrazione e i suoi obbietti, quanto i mezzi econo­ mici o le entrate che vi sono destinate. Essa è dunque un’ amministrazione e un’ entrata.

In questo secondo senso consta della dotazione

immobiliare (Demanio della Corona) e della dota- zione pecuniaria o assegno annuo in danaro.

La dotazione immobiliare comprende i beni stàbili, il cui uso e godimento è conceduto per legge al Capo dello Stato.

Il motivo del concedergli è che il principe e i membri della famiglia reale abbiano residenza de­ corosa e comoda, anche per le necessità o conve­ nienze del pubblico servizio.

Quindi la scienza finanziaria non consente di as­ segnare alla Corona beni fondi affinchè amministran­ doli ne ricavi una rendita. Altra cosa è che dai beni, di cui fu necessario od apparve opportuno dotare la Corona per il motivo sopradetto, essa ricavi se è possibile delle rendite; altro è il darle beni fondi al solo scopo che ne ritragga la, rendita.

Contro questo secondo partito stanno le ragioni che in generale si oppongono alle amministrazioni demaniali, e alle pubbliche in paragone colle priva­ te ; e in ogni caso conviene meglio lasciare quei beni al demanio dello Stato affinchè il Governo possa all’occorrenza più agevolmente disporne pei fini ge­ nerali della Società.

Per questo rispetto l’Italia s’è trovata in condizioni singolarissime ed eccezionali. La dotazione immobi­ liare della nostra Corona è infatti più d’ogni altra splendida e ricca; e ciò per la ragione ch’è costi­ tuita dalle dotazioni dei parecchi Stati prima esistenti, e che comprende insigni monumenti della storia e dell’arte. Donde in moltissima parte non si può dire destinata al re per l’uso o il fine naturale delle do­ tazioni immobiliari principesche; essendogli inveve

(10)

462 L’ ECONOM ISTA 46 aprile 1876

affidala perchè in luogo del Governo, ne curi la con­ servazione, derivandone nello stesso tempo lustro per la sua Corte e per il paese che rappresenta.

È questo un servizio che il Governo trasmette alla Lista civile, benché veramente spetti a lui; e però nella dotazione pecuniaria deve comprendervene il correspettivo.

Molte mutazioni sono state fatte nella dotazione immobiliare mediante leggi speciali (40 Agosto 4862 n. 755; 44 marzo 4865 n. 2498; 26 agosto 4868 n. 4547; 20 maggio 4872 n. 823), sia per liberarla di beni da cui il Governo e i Comuni potevano trarre miglior partito, sia per aggiungergliene. Non potrem­ mo però affermare con sicurezza e precisione che tutti i beni costituenti ora la dotazione, vi siano ve­ ramente compresi per l’uso che abbiamo detto do­ verne giustificare la concessione, o per interesse sto­ rico ed artistico. Certo è che la Corona dalla parte fruttifera del suo Demanio ricavava pochi anni or sono un solo milione di rendita e non abbiamo ar­ gomento per dire che fosse proporzionata, nè che presentemente sia aumentata. Donde il timore che anche per questa si verifichi l’ inconveniente proprio più o meno di tutte le pubbliche aziende di non dare frutto corrispondente al capitale.

Per la dotazione della Casa Reale in generale sono inscritte nel bilancio del 4875, 44,250 mila lire, com­ presi in questa somma anche gli assegni ai membri della famiglia reale. Quanto alla Dotazione pecuniaria della Corona, dopo Novara per la legge del 15 marzo 4850 essa fu di quattro milioni. In seguito alle an­ nessioni fu portata dalla legge del 24 giugno 4860 a dieci milioni e mezzo. Dal 4 gennajo 4864 con legge retroattiva del 40 agosto 4862, salì a 46,250 mila lire. Il Re rinunziò a tre milioni nel 4864 (legge del 24 novembre), e a un altro milione nel 4868 (legge del 5 febbrajo) ; quindi la Lista Civile è ora ridotta a 42,250 mila lire; che stanno in ragione di 46 centesimi per testa, e di 94 per ogni cento lire della totale spesa ordinaria del Regno.

Molte obbiezioni furono sollevate contro la entità di questa somma: alcune per motivi politici, altre per motivi amministrativi.

Alcuni pubblicisti favorevoli al governo repubbli­ cano portano in campo l’esempio dei minori asse­ gnamenti fatti ai Presidenti o Capi, comunque si nominino, delle Repubbliche. La scienza politica a parte, la quale a nostro parere deve pronunciarsi per il governo costituzionale per la essenzialissima ragione che comporta ed assicura ogni e qualunque svolgi­ mento delle umane libertà, meglio che il governo alla cui testa è un potere mal fermo e poco sicuro di se perchè mescolato alle quotidiane lotte politiche, e non imparziale fra il diverso parteggiare dei cit­ tadini ; consultando soltanto la scienza delle finanze, questa naturalmente darebbe la preferenza al sistema

in cui all’ identico servigio è destinata minore spesa. Non cerchiamo se veramente il servizio sia identico, perchè a noi pare che col principato l’ordine e lo svolgimento normale della Società abbiano maggiore sicurezza ; ma vogliamo anzi ammettere che per que­ sto titolo nelle repubbliche si spenda meno. Giova però guardare le cose più da vicino e a fondo; e fermiamoci alla Unione Americana eh’ è repubblica vera e non d’ apparenza come la Francese.

Dalla Costituzione federale del 47 settembre 4776 (art. 2 sez. 4* § 7 ) è stabilito che il presidente ri­ ceverà pei suoi servigi ad epoche fisse una inden­

nità da non potersi accrescere nè diminuire durante

il tempo per il quale è stato eletto ; e durante lo stesso tempo non potrà ricevere alcun altro emolu­

mento dagli Stati Uniti o da qualsiasi degli Stati par­

ticolari. Inoltre il Presidente ha l’ uso della Casa Bianca a Washington.

Dal 4793 a oggi riceve la indennità di 25 mila dollari pari a 425 mila franchi circa ; e a questi giorni s’è letto sul Times, che qualcuno propone di toglier­ gliene dieci mila. Ma Jefferson e Monroe ci si sona rovinati ; e il primo dovette persino allottare la suo libreria; e in generale quando dopo avere sostenuto il più alto ufficio dello Stato, viene il tempo di la­ sciarlo, quegli che fu il Presidente s incontra in spe­ ciali e grandissime difficoltà per trovar modo di oc­ cuparsi. Gli resta soltanto la franchigia postale, pri vilegio che divide con la moglie se ne ha (Vedi E. Laboulaye, H ist des Etats-U nis; 3° voi. pag. 450)- Questo sistema è égli giusto, morale, utile e prudente?

Non è giusto, perchè i servigi del Presidente della

Repubblica sono pagati meno di quelli che qualche grande società industriale paga a un direttore, e non si tiene alcun conto delle esigenze della odierna vita sociale. Non è morale, perche costringe a vita stretta e forse povera chi serve in grado eminente la pa­ tria, quando lasciato libero avrebbe potuto in ragione de’ suoi talenti procurarsi vivere agiato. È questa una ingratitudine e un cattivo esempio. Non e utile, perchè V angustia economica toglie serenità all’ animo e libertà alla mente, e l’ applicazione all’ arduo uffi­ cio diventa minore. Non è prudente, perchè si lascia esposto il depositario del potere pubblico a seduzioni pericolose per lo Stato.

Può bensì obbiettarsi che anche aumentando la somma della indennità fissata dalle leggi americane, si starebbe ancora molto lontani dalla grossa cifra delle dotazioni monarchiche. Nondimeno una più at­ tenta considerazione delle cose menoma d’assai il valore di questa obbiezione, eh’ è principalissima per gli avversari del governo costituzionale.

(11)

L’ ECONOM ISTA 463

46 aprile 1876

4. Conservazione e riparazione degli immobili ne­

cessari alla residenza del principe, o non necessari

a lui, ma interessanti il pubblico che li vuole con­ servati e riparati. Evidentemente qui la Lista Civile viene caricata da un dispendio che il governo do­ vrebbe sempre pigliare per se.

2. Beneficenze è incoraggiamenti. In generale alle costumanze e ai pregiudizi popolari è da dare la colpa di queste spese, le quali dovrebbero figurare nel bi­ lancio di questo o di quel Ministero quando, secondo la legge, fossero giudicate indispensabili o conve­ nienti.

3. Rappresentanza politica. Riguardo alla spesa per questo oggetto c’ è tutta la ragione di applicare la regola da noi stimata sola buona oltre che am­ ministrativamente, anche finanziariamente ; che quan­ do la si deva fare, la sostenga lo Stato, volta per volta, in seguito alla prova documentata del suo ammontare, o mediante il preventivo aprimento di un credito, il cui impiego deva da ultimo essere giustificato.

4. Spese di amministrazione. Il presente ordina­ mento della Lista Civile porta con se la necessità di una speciale grandiosa azienda; il cui assetto, gli sti­

pendi per il numeroso personale, e le pensioni ri­

chiedono un dispendio, che anche diminuito della rendita degli immobili fruttiferi, è gravosissimo.

Sottratta dall’ assegno della Corona la somma oc­ corrente per questi quattro titoli di spesa, che in America figurerebbero nei bilanci delle amministra­ zioni governative, rimane la somma che costituisce la indennità pagata al primo ufficiale dello Stato; e di questa, parte spetta alla borsa o cassetta partico­

lare del re, e la parte maggiore serve alle Spese di Corte.

A quanto però può ritenersi che ammonti questa indennità? Fatte le suddette eliminazioni, non può essere eccessiva ; ci dispiace però di non possedere dati sufficienti per rispondere in modo concreto e sicuro. Nondimeno qualche criterio per giudicarne può esserci fornito dall’analisi della lista civile d’In­ ghilterra.

Anticamente, come s’ è detto, i re inglesi soste­ nevano le spese del Governo con le rendite dei loro beni e col prodotto delle regalie a loro concedute. Liberati da quest’onere, dopo la rivoluzione del 4688, in luogo dei demanii e dei diritti ceduti, ebbero sulle entrate generali dello Stato una dotazione spe­ ciale. Fu lo Statuto 42 di Carlo II (4672) quello da cui fu costituita la Lista civile inglese, alla quale rimasero ancora adossati alcuni stipendi civili, ad esempio per gli ambasciatori e per i giudici. All’av­ venimento al trono della Casa d’Annover (Giorgio I, 1744) la dotazione fu di un milione di sterline (25220000 fr.) somma ridotta nel 1777 sotto Gior­ gio III a 900 mila sterline, e nel 1830 sotto Gu­

glielmo IY a 510 mila; nel qual tempo la Corona fu dispensata dall’obbligo delle sopradette spese ci­ vili. Finalmente per l’atto 1 e 2, Vittoria, cap. 2 (1837-38) la Lista è fissata in lire sterline 385 mila pari a 9700 mila circa delle nostre.

Di questa somma alle spese di corte vanno 325 mila sterline, e alla Cassetta particolare della Re­ gina, sessanta mila. Qui dunque non figura alcuno dei titoli, che abbiamo veduto compresi nella Lista civile d’Italia. Infatti il Governo inglese conserva e ripa­ ra i palazzi e castelli, spendendo 955350 lire italiane e i parchi e i giardini reali con altra spesa di 2457450 lire italiane, e provvede per 5407125 lire italiane a pensioni per lo innanzi poste a carico della Corona (vedi Blackstone, Erskine May, Fieschél,

F. Cohen. Etude sur les impots et sur les Rudgets

des principaux Ètats de V Europe, 1865).

Comprendendo pertanto nella lista d’Inghilterra elementi o titoli che sono compresi nella italiana, la si farebbe salire in totale alla somma di circa venti milioni all’anno. E togliendo dalla nostra lista gli elementi o titoli che a noi pare non ci dovessero figurare, essa scenderebbe molto al di sotto dei 9 milioni e mezzo assegnati alla Regina d’ Inghilterra e alla sua Corte.

L’analisi fatta dei servigi che aggravano la nostra Lista civile, e il confronto di questa Lista con la inglese portano di necessità ad esprimere il voto che nei nostri bilanci la dotazione regia venga distinta in due parti: della indennità al principe; e degli assegni destinati a tutti gli altri oggetti.

Quanto alla indennità, vanno distinte la somma esclusivamente assegnata alla bórsa o cassetta parti­ colare del re, e la somma propriamente necessaria per le spese della Corte. E per ciò che s’ attiene alla prima, giustizia e convenienza non permettereb­ bero che in alcun modo fosse esercitata da chic­ chessia un sindacato sull’ uso a cui potesse essere destinata.

Quanto però all’amministrazione degli assegni fatti per altri oggetti diversi da questo, la scienza finan­ ziaria d’accordo con l’amministrativa e con la po­ litica, domanda altamente che le sia data la più completa pubblicità; e ciò non per sola garanzia del pubblico, ma anche per garanzia del principe che ha il più diretto interesse al buon Governo del patrimonio affidatogli.

Siccome poi la pubblicità apre il campo ai giu­ dizi dei cittadini e del Governo; e questi giudizi non devono spiegarsi con effetti contrari alla regia prerogativa; così per essa si viene alla pratica con­ seguenza di dover istituire uno speciale Ministero, ch’abbia per ufficio di amministrare la parte della Lista civile non sottratta di propria natura al pub­ blico sindacato, come ad es. la cassetta privata.

(12)

161 L’ EC O N O M ISTA 16 aprile 1876

opportuno. Quella Casa Reale è formata di quattro dipartimenti : il dipartimento del lord Siniscalco

(Lord stewart’s departement), del lord Ciambellano,

delle Dame e del Grande Scudiere. Il lord Siniscalco è il primo ufficiale della Casa Reale; dopo di lui, nel suo dipartimento, vengono il Tesoriere, e il

Controllore della Casa della Regina. Questi tre uffi­

ciali di casa seguono le sorti del gabinetto eh’è alla direzione del governo, ed egualmente si dica del Ciambellano, del Capo Scudiere di quasi tutti i loro diretti dipendenti. La pratica costituzionale tende persino a introdurre l’uso che si mutino al mutarsi del ministero le Dame di Corte, compresa quella di

camera.

Con questo sistema la responsabilità ministeriale . è impegnata anche per l’amministrazione della Lista Civile; e con ciò appunto si ottiene una guarentigia il cui valore politico è incontestabile quanto la uti­

lità finanziaria ; chè invero serve a frenare abusi

possibili, o a correggerli se avvenuti, a rendere più solerte e fruttuosa la gestione delle rendite assegnate alla Corona, e più giusta e conveniente la loro ap­ plicazione allo scopo per cui ad essa sono as­ segnate.

La importanza di questo argomento, si può dire già avvertita dalla pubblica opinione, ed è confer­ mata in una recente relazione parlamentare; giova quindi discuterlo affinchè le conchiusioni della scienza servano di norma opportuna ai nostri legislatori.

Saverio Sc o la ri.

COBDEN E L’OPINIONE POLITICA MODERNA

Saggi sa alcuni argomenti politici

DI JAMES E. THOROLD ROGERS

(Vedi numero 101).

III.

Riccardo Cobden ha senza dubbio titolo alla ri- conoscenza del mondo civile per aver fatto trionfare nella sua patria le dottrine del libero scambio. Nè vuoisi tacere come 1’ opposizione fosse lunga, vigo­ rosa, tenace, e come ai membri della lega mancasse 1’ appoggio che deriva dall’ esperienza, la quale oggi invece sta tutta a favore de’ liberi scambisti. Impe­ rocché la protezione era allora il sistema general­ mente seguito, e le dottrine liberali applicate in Italia dal più celebre dei principi riformatori del secolo decimottavo erano un fatto troppo ristretto per ri­ chiamare abbastanza l’ attenzione dell’ Europa e per ¿vere l’ influenza, che ebbe 1’ esempio dell’ Inghil­ terra.

Chi volesse vedere i principali argomenti che si allegavano in quel paese a favore della protezione della industria e specialmente dell’ agricoltura, non

avrebbe che a ricorrere all’ esame della prima fra le due proteste, che vennero fatte alla Camera alta dopo la terza lettura del Corn Importation Bill, e che, dovuta probabilmente a Lord Stanley, portava la firma di novanta pari dissidenti.

Sono dodici capi, di cui ci piace riferire i punti essenziali. Secondo gli autori della protesta, 1’ aboli­ zione della legge sui cereali avrebbe grandemente accresciuta la dipendenza dell’ Inghilterra dai paesi stranieri per la sua provvista di grano, e 1’ avrebbe esposta ai pericoli che i suoi uomini di stato avevano appunto voluto evitare con quelle cautele legislative.

Il paese non sarebbe esposto soltanto ai rischi di una deficienza di provvista in uno stato di guerra, ma .anche ad un’ affluenza senza limiti nei tempi di abbondanza e alle subite crisi che riducessero per avventura l’ordinaria offerta ne’paesi esportatori, come pure ai danni derivanti da misure di precauzione in senso protezionista prese dai governi esteri; tutte cause che avrebbero prodotte rapide e disastrose fluttuazioni nel mercato inglese. L’ abbandonare il sistema della protezióne, che assicurava 1’ equilibrio fra i mezzi di sussistenza e la crescente domanda della crescente popolazione, avrebbe posto fuori di coltivazione alcune terre e avrebbe arrestato in altre i progressi ed i miglioramenti.

I proprietari territoriali, i fittaiuoli e in fin de’conti i lavoranti agricoli avrebbero sopportato le tristi con­ seguenze dell’ abolizione della legge. E le industrie stesse manifatturiere e gli operai avrebbero risentito indirettamente un danno, sia per la concorrenza dei lavoranti agricoli disoccupati, sia principalmente per lo scemato consumo, dei prodotti manifatturati per parte dei produttori di grano e dei loro dipendenti. A sentire gli autori della protesta non c’è male esco­ gitabile che il libero scambio non avrebbe dovuto produrre, e per gli artigiani e pei venditori al mi­ nuto, e per l’ Irlanda e per la Finanza dello Stato, che avrebbe dovuto sopportare una diminuzione no­ tevole nell’ incoine annuale. L’ interesse del danaro sarebbe rialzato, sarebbe stato scalzato dalle fonda- menta quel sistema coloniale, a cui l’ Inghilterra do­ veva la sua grandezza.

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