SCIENZA ECONOMICA, F IN A N Z A , COMMERCIO, BANCHI, F E R R O V IE , IN TE RESSI P R IV A T I
Anno XXXII - Vol. XXXYI
Firenze, 27 Agosto 1905
N. 1634
S O M M A R I O : A .. J . d e Jo h a n n is, La conversione della rendita— Em il io Ma k a i n i, La Convenzione di Bruxelles e le condizioni dell’ industria degli zuccheri — Lu ig i Nin a, Crisi vinicola e dazio sul vino — R i v i s t a bi- bliocrrafica : Prof. Giorgio del Vecchio. I presupposti filosofici della nozione del diritto - Jules Uufay, L> impôt progressif en France— R i v i s t a e c o n o m ic a e fin a n z ia r ia : La situazione delle banche di emissione - Il commercio e V industria della Lombardia - R a s s e g n a d e l c o m m e r c io i n t e r n a z io n a le : Il com mercio del Giappone nel primo semestre del 1905 - Il commercio del Portogallo nel pruno semestre del 1905 - ¡ Le cause di morte in Italia — La situazione del Tesoro al 01 luglio 1905 - Mercato Monetario e Rivista delle Borse — Società commerciali ed industriali — Notizie commerciali.
La conversione della rendita
Forse è ozioso discutere sull’ argomento se, come pare, il Ministero si considera in crise, e se appunto il Ministero del Tesoro si ritiene col pito dalla discussione avvenuta alla Camera in torno alla liquidazione del debito ierroviario. Ma poiché venne rilevato da alcuno l’ articolo del- 1’ Economista che proponeva il piano di una con versione libera, non e inutile, fosse pure dal lato, diremo così astratto, tener conto delle osserva zioni che furono fatte alla nostra proposta. La sciando quelle di minor conto e quelle che non hanno fondamento, si può dire che il Corriere
della Sera nel suo articolo del 13 agosto abbia
più chiaramente espresso il dubbio che tanti al tri ci hanno manifestato.
Ecco quanto espone il Corriere della Sera nelle linee generali del progetto di conversione
libera che abbiamo pubblicato:
« L ’ operazione è bene congegnata ; ma ad un patto che siano numerosi quelli che si lascino adescare dai 30 o 60 centesimi di premio ed ac cettino, senza esservi costretti, la conversione in 3 1/2 0/0. Se si fosse certi, o_ se almeno fosse probabile 1’ accettazione di 4 miliardi su 8, allora l’ operazione sarebbe consigliabile e doverosa. Ma esiste codesta probabilità? Bisogna essere otti misti per crederlo. Non tutti i portatori di ren dita sono banchieri, uomini d’ affari, calcolatori pronti a paragonare il valore di 30 o 60 cente simi in più d i capitale alla perdita di 50 cente simi d’ interessi ed a scegliere la prima alterna tiva appena, nel loro giudizio, 30 o 60 centesimi oggi valgono più di 50 centesimi, che forse si otterranno ancora per parecchi anni e forse non si otterranno ancora per parecchi anni e forse non si otterranno più nemmeno una volta. La rendita italiana oramai si è classata, è entrata nel patrimonio di moltissime famiglie a scopo di
impiego. Ora, basta pensare alla psicologia dei proprietari di rendita per vedere che essi sono assai più affezionati ad un reddito alto che non ad un piccolo aumento di valor capitale. V i sono molti che non guardano mai i listini di borsa: che cosa importa che il loro titolo valga 30 o 60 centesimi di più, se non lo vogliono vendere? Oscillazioni ben maggiori nelle quotazioni di borsa si sono verificate senza che essi pensassero a pro fittarne. Ciò a cui essi tengono è di avere un certo reddito: per esempio 4,000 lire all’ anno, che essi possono spendere. Andate a proporre a costoro la rinuncia a 500 lire all’ anno in cambio di 300 o 600 lire di più di capitale! C’ è da scommettere che tutti si terranno stretti alle loro 4,000 lire di frutto e alle vostre argomen tazioni risponderanno : non sono riusciti a con vertire il 4 in 3 1/2 sinora; non vi riusciranno tanto presto.
« E se costoro fossero maggioranza ; e se su 8 miliardi la conversione fosse accettata solo per mezzo o 1 miliardo, il vantaggio parziale e mo mentaneo dello Sta' o sarebbe offuscato da un danno più grave: dall’ impressione cattiva che i portatori non vogliono assolutamente saperne, del 3 1/2 0/0, anche se allettati con vantaggi non ¡spregevoli. Di quanto ciò ritarderebbe la futura grande conversione? Non è possibile dirlo; ma un effetto lo avrebbe sicuramente ».
Conclude T autorevole periodico milanese ri tenendo che la operazione sarebbe arrischiata e che per consigliarla occorrono studi di psicologia finanziaria distintissimi e forti.
E, non lo nascondiamo, è questo il punto veramente discutibile riguardo ad una simile ope razione; però crediamo che i dubbi che essa può giustamente sollevare scemino di valore e di im
in’ 3 1/2 quando spontaneamente si presentasse per essere convertito,
Ora è bene ricordare che abbiamo già sem pre in vigore una legge del 1874 che autorizza di convertire in consolidato 5 0 /q la maggior
parte dei debiti redimibili che si presentassero alla conversione ; che le leggi Sonnino 1894-95 nella creazione del 4 e del 4 1/2 per cento con tengono la autorizzazione concessa al Ministro del Tesoro di convertire i debiti redimibili e con solidato 5 0/0 nei titoli di minor reddito; che è pure in vigore la legge per la conversione in 3 1/2 dei certificati trentennali ferroviari ecc. ecc. la enumerazione potremo farla a suo tempo se sarà necessario.
Si tratta quindi in sostanza di seguire il metodo già vigente in altre leggi, quello cioè di non fare la operazione a scadenza, almeno per ora, ma di autorizzare il Ministro a compiere le operazioni singole di conversione che spontanea mente si presentassero. Nè sono nemmeno cosa nuova i prem i che noi proponiamo, giacché al cune delle leggi suindicate contemplano il caso in cui il Ministro possa anche concedere dei pi'emi; la legge si limita a fissarne la misura massima, come del resto è ben naturale.
Non ostante tutte queste leggi in vigore che in sostanza hanno lo stesso concetto di quella che noi proponiamo, non si è mai sentito dire che quelle disposizioni abbiano nociuto al buon contegno dei titoli sul mercato, nè che l’ insuc cesso di alcuna di quelle leggi abbia impedito o possa impedire la ulteriore conversione sotto al tra forma.
La conversione degli 8 milioni di rendita quale si proponeva di eseguirla l’ on. Luzzatti, è una operazione formidabile inquantochè domanda l’ accordo sincero e intimo di tutte le forze od almeno delle principali forze finanziarie del mondo. Un gruppo ostile ed alcuni gruppi indifferenti, bastano a modificare in pochi momenti i prezzi dei due consolidati, cosi che mutino quelle con dizioni di convenienza colle quali era stata tas sata la grande operazione. Nè vale il ¿lire che il consolidato 5 0 /q è ora quasi tutto in Italia;.un
mutamento di prezzi può determinare ad un tratto un movimento di emigrazione che nessuno sa rebbe capace di arrestare. Perciò l’ on. Luzzatti quando iniziò i primi studi ed atti per apparec chiare la conversione prima che scoppiasse il con flitto russo-giapponese, aveva in animo, ed a questo si era già accinto, di interessare alla ope razione moralmente e materialmente il gran mondo finanziario, così che le defezioni o non fossero possibili o potessero essere subito ari-estate.
Ma per ottenere questo risultato, per costi tuire tale fascio, occorre che alla testa della ope razione vi sia un uomo a cui per un motivo o per 1’ altro, le grandi forze finanziarie sieno stret tamente legate; l’ on. Luzzatti è tra i pochissimi che fuori d’ Italia trova ferventi ammiratori e devoti sicurissimi.
Tuttavia la entità della operazione teneva e tiene sempre perplessi gli animi di coloro che studiano l’ argomento ; tanto che lo stesso ono revole Luzzatti era quasi persuaso della pru dente convenienza di fare la conversione in due tempi; l’ uno per la rendita nominativa, l’ altro
per quella al portatore, chè, come è noto, i due gruppi rappresentano ciascuno la metà del con solidato circa.
E ’ da questo convincimento della difficoltà tecnica e del pericolo finanziario che presenterà sempre la conversione di una così alta cifra di debito appartenuto ad una nazione, che, per quanto in via di notevole progresso, è sempre finanziariamente debole e debolmente organizzata, che sorgono i tentativi per trovare il modo di diminuire questa cifra.
Ed uno di questi tentativi è rappresentato dalla proposta che fu argomento di esame da parte del Corriere della Sera.
E se pochi si perturbassero alla conversione libera, non sarebbe questo un insuccesso che ri tarderebbe-qui la operazione di .conversione sotto condizione di rimborso?
Questo il dubbio mosso dal Corriere della
S era ; diremo poi per quali motivi crediamo che
la operazione potrebbe avere successo, ma in tanto vorremmo alla nostra volta chiedere al
Corriere della Sera: perchè lo scarso successo di
una conversione libera e spontanea potrebbe ri tardare la conversione obbligatoria?
Il periodico milanese dice : « non si avrebbe « la impressione cattiva che i portatori non vo- « gliono assolutamente saperne del 3 1/2 anche « s e allettati con vantaggi non d isp reg ev oli?»
A llo stato attuale delle cose colla continua crescente abbondanza dei capitali sul mercato, abbondanza così reale che i mercati non si sono quasi risentiti dagli effetti di quegli enormi ro ghi sui quali si sono bruciati tanti miliardi, la guerra anglo-boera e- quella russo-giapponese, e colla conseguente tendenza del saggio dell’ in teresse a diminuire dovunque, il pubblico non si potrà mai dire non disposto ad accogliere il 3 1/2 italiano, cioè di un paese che ha già su perato quella crise che poteva soffocarlo, e si mostra finanziariamente molto meno debole di quello che si credesse. Su tali motivi ogni pro fezia è temeraria, ma tutto lascia ritenere che, passata forse la inevitabile e transitoria rarefa zione che, ove si faccia la pace, sarà determinata dalle richieste di prestiti da parte del Giappone e della Russia, non sia prevedibile affatto un armento nel saggio di interesse. Ora la misura di capitalizzazione oggi in Italia dèi valori di Stato ed analoghi è intorno al 3 1/2 onde è a ritenersi che non abbia fondamento in nessun modo il dubbio « che il mercato non voglia as solutamente saperne del 3 1/2 ».
Non ci riferiamo al prezzo attuale di Borsa, che mostra una capitalizzazione sensibilmente in feriore al 3 1/2 giacché esso è quotato più di tre quarti sopra la pari ; ma tuttavia anche que sto fatto è sintomatico per valutare le condizioni e le tendenze del mercato.
Ma il CoìTÌere della Sera si domanda su. quali elementi di psicologia finanziaria noi ba siamo la fiducia che una notevole quantità di consolidato 5 0/0 si presenterebbe spontanea alla conversione in 3 1/2. usufruendo del premio pro posto; e noi non abbiamo difficoltà di enumerare questi elementi.
presentano in genere così strette oscillazioni di prezzo che le operazioni a termine o come si fanno o si fanno in piccola misura, o non me schinamente redditizie. Il nostro consolidato 5 0 /o che ha oltrepassato il 105 è come addossato ad un muro, quello della conversione, sul quale eser cita una forte pressione ma che non può spo stare. E ’ quindi come cristallizzato, e se è sog getto alle ampie oscillazioni che colpiscono nel complesso i titoli di Stato, non ne sente più di sue proprie. Ed a ciò anche si deve il rimpatrio di quasi tutto il consolidato italiano che non of friva più margine ad operazioni di misurata spe culatone. Ora se si riflette che vi sono otto mi liardi di titoli italiani che sono sottratti alle oscillazioni che alimentano le Borse e che pos sono essere sostituiti da un titolo 3 1/2 che, al meno per un notevole periodo di anni, potrebbe essere oggetto di transazioni a termine su larga scala, non vi è da dubitare che in genere la speculazione, la quale non fa assegnamento sul reddito perchè non rappresenta la tendenza al- l’ impiego, non può vedere che con favore il mu tamento del 5 0 /o immobile al 3 1/2 oscillante. E la Borsa è un fattore importante di queste operazioni, cosi che opportunamente illuminata sul suo interesse non mancherebbe di favorire il mo
vimento a favore della libera conversione. 2° Fu già accennato al fatto che il 5 0( q
minacciato da conversione è per conseguenza meno scelto nell’ impiego; l’ alto prezzo del 3 1/2 è da attribuirsi in gran parte a questo contin gente di capitalisti ultra-pacifici, che non vo gliono il 5 0 0 per non essere soggetti alle vi cende della conversione, il che li obbliga a pensare ed a calcolare, e quindi addirittura preferiscono il 3 1/2 anche pagandolo così alto che rende ap pena il 3.40 0/0. Se pertanto a questo contin gente di ultra-pacifici capitalisti si accorda anche un premio, sia pure modesto, è probabile che se ne accresca la schiera e quindi sia facile assai il collocamento di una certa quantità di 3 1/2 per tale motivo.
3° Quando venisse proposta al mercato la conversione libera con un qualche premio, do vrebbe nascere il timore che se a detta conver sione accedesse una parte notevole di consoli dato 5 O/'o, sia poi possibile che in un tempo non lontano si offra al mercato stesso la conversione semplice, cioè la proposta del 3 1/2 o del rim borso senza alcun premio. E questa possibilità deve necessariamente spingere non pochi di co loro che possiedono il 5 0/q ad approfittare del premio offerto nella conversione libera pel timore di non percepirlo più. E la schiera dei prudenti che preferiscono « l’ ovooggi alla gallina domani » non è poco numerosa anche negli affari.
4° Va tenuto conto poi che l’ avveduto Ministro del Tesoro che ottenesse l’autorizzazione di convertire il 5 0/0 in 3 1/2 quando la con versione fosse chiesta, dovrebbe, aver già, come si dice, lavorato il mercato. Il Tesoro italiano non dispone, come quello francese e tedesco, delle forze finanziarie del paese, che sono per va rie cause storiche indisciplinate, ma può sempre contare sull’ Istituto maggiore che sarebbe fede lissimo e che ha dato già prova di saper eserci tare una influenza importante sul mercato ita
liano. E bene condotte rapidamente le pratiche in questo senso, non vi ha dubbio che si potrebbe aprire il periodo di una libera conversione con una considerevole, somma già assicurata; e ciò determinerebbe, a nostro avviso, quella psiche del mercato che potrebbe far riuscire la operazione.
Sono questi i principali motivi per i quali crediamo che il Ministro del Tesoro non do vrebbe perdere una situazione così notevole, sulla quale il mercato ha già eseguita esso stesso la conversione. Basta pensare che il 3 1/2 è già quasi a 104, e che con un piccolo sforzo lo si può mantenere sopra la pari, anche se venisse emessa una quantità molto maggiore di quella che è ora in circolazione. Ma l’ importante è di lavorare bene il mercato, legare le principali forze di esso. Il Governo ha sotto mano l’ istro- mento devoto, intelligente, e tecnicamente abile ; bisogna che sappia usarne con piena fiducia.
A . J. DE JoHANNJS.
e le condizioni dell’ industria degli zuccheri
La Convenzione internazionale di Bruxelles per l’ industria degli zuccheri è sul punto di com piere il secondo anno delia sua applicazione, e i resultati da essa forniti, come ho avuto occa sione di esporre in un precedente scritto, hanno confermato le previsioni che sui suoi effetti erano state formate dagli autori di essa e dalle persone competenti in materia.
I prezzi degli zuccheri, a misura che l’ in flusso dei premi si veniva dileguando, riprende vano il movimento normale rispondente alle leggi naturali economiche; e noi avremmo potuto va lutare già da un anno con esattezza l’ effetto esercitato su di essi dal nuovo regime fiscale in ternazionale, se un elemento straordinario non fosse intervenuto a perturbarne l’ andamento.
II raccolto di barbabietole, scarsissimo in tutti i paesi produttori d’ Europa, ridusse la pro duzione della campagna saccarifera 1904 del 40 per cento circa, rispetto alla media normale; e questo evento, sopraggiunto per di più quasi im provvisamente, produsse, sul mercato una ripei- cussione molto maggiore di quella che effettiva mente avrebbe dovuto avere quando fosse stata possibile una valutazione più esatta delle quan tità di zucchero esistenti, cioè degli stocks visi bili e latenti, e se non fosse intervenuta l’ azione delle speculazioni.
A misura che la situazione si è fatta più chiara intorno all’ entità degli stocks e che le notizie sulle coltivazioni hanno dato buoni affida menti intorno al prossimo raccolto, i prezzi hanno accentuata la discesa sino a 27.75 al momento in cui scriviamo (31 luglio).
Siccome nel luglio 1903, quando la Conven zione non era entrata in vigore e i premi eser citavano la loro maggiore efficacia massima, que sto prezzo era di L . 25.25, così l’ elevamento batterebbe intorno a 2.50. E ’ da credere che il prezzo di 27.75 segni il massimo ribasso su cui deve aver influito il crack del grande speculatore francese signor Jaluzot, tanto che i prezzi per settembre ed ottobre sono già un po’ più alti; ma il limite toccato dal ribasso dimostra che, attraverso alle esagerazioni della speculazione, favorita dallo scarso raccolto del 1904, l’ effetto della Convenzione di Bruxelles, con la cessazione dei premi diretti e indiretti nei grandi paesi produttori di Europa, è stato modestissimo.
Nè sono mancati gli altri risultati sperati da questo accordo internazionale. Nei paesi che elargivano premi di esportazione o che, per mezzo di alti dazi di confine, rendevano possibile la formazione dei Gartells che agivano arbitraria mente sui prezzi, i consumatori hanno potuto, per virtù della Convenzione di Bruxelles, acqui stare lo zucchero a prezzo meno elevato ; gli Stati hanno potuto, senza sacrifizio, anzi con vantag gio del loro Erario, ridurre i tributi sullo zuc chero ; e il consumo generale di questa derrata, nei detti paesi si è sviluppato in ragione diretta del minor aggravio fiscale.
V i ha di più : il regime fiscale stabilito dalla Convenzione di Bruxelles tra un certo numero di Stati, tende a generalizzarsi sotto il duplice sti molo dello esempio e del tornaconto; per cui il numero degli Stati aderenti si viene accre scendo, e anche qualche Stato, che per le pe culiari condizioni della sua produzione non po trebbe conformarsi alle condizioni tutte della Convenzione stessa, cerca di attenuare il suo re gime fiscale per avvicinarlo ai limiti di essa. E ’ la fòrza di attrazione che esercitano' naturalmente le grandi Unioni internzionali, rendendo penosa e difficile, per l’ isolamento in cui sono posti, la situazione degli Stati rimasti al di fuori di esse. Lo sviluppo stesso dell’ industria saccarifera, non tarderà a far sentire a costoro il danno che la chiusura degli altri mercati potrà recare domani a questa loro produzione. Così, a mano a mano, tutti i paesi produttori si troveranno nell’orbita dell’ Unione di Bruxelles, ed il regime fiscale da questa stabilito diverrà la legge comune della produzione saccarifera mondiale, e potrà condurre all’ applicazione dei principi fondamentali del l’ Unione stessa ad altre produzioni industriali che trovansi ora parimenti in lotta sul mercato internazionale.
E ’ quindi con legittimo orgoglio che codesti risultati dovrebbero essere riguardati dallo Stato, alla cui iniziativa ed alla cui azione energica e perseverante si deve la Convenzione di Bru xelles, l’ Inghilterra.
*
* S T T •
Senonchè è proprio nel Regno Unito, anzi esclusivamente in esso, che è stata sollevata una
forte agitazione pubblica contro la Convenzione di Bruxelles; così la questione degli zuccheri minaccia di entrare in una nuova fase in quello stesso grande paese che aveva tanto operato per indurre l’ Europa a risolverla secondo i suoi de sideri; la qual cosa darebbe ragione a coloro i quali affermano che l’ Inghilterra è banditrice di libertà economica quando questa equivalga nei suoi effetti a monopolio a di lei favore.
Ho già accennato nei miei precedenti scritti sull’ argomento i termini della questione che ora risorge. L ’ Inghilterra non ha una produzione di zucchero; essa importa questa derrata, di cui è larga consumatrice, dagli altri paesi ; però, le sue Colonie delle Indie occidentali hanno, invece, una produzione saccarifera doviziosa : quindi, im portare lo zucchero dalle sue Colonie e raffinarlo nella metropoli, apparisce evidentemente il desi
deratimi della sua economia.
Ma i premi, diretti ed indiretti, accordati dagli Stati alla loro produzione di zucchero di barbabietole avevano scacciato così dall’ Inghil terra come da quasi tutti i mercati d’ Europa lo zucchero di canna coloniale; i premi di esporta zione, promuovendo una surproduzione dello zuc chero di barbabietola, ed il regime di alta pro tezione doganale favorendo, a sua volta, coi Cartells, lo sbocco al di fuori, avevano avuto per effetto una depressione dei prezzi di questa derrata sul mercato internazionale sino a renderli inferiori al valore della sola materia prima: come tutti ri cordano, lo zucchero greggio, base 88, discese a 17 franchi il quintale, mentre il valore della quantità di barbabietole necessaria a produrlo, nelle più favorevoli condizioni, non era inferiore a 18 o 19 lire.
In tal modo il mercato inglese era guidato dal proprio tornaconto a soddisfare i bisogni del consumo della metropoli con gli zuccheri europei di barbabietole; così l’ Inghilterra, da un lato vedeva sacrificata la produzione saccarifera delle sue Colonie, dall’ altro i suoi consumatori e i suoi fabbricanti di conserve godevano il singolare vantaggio di avere lo zucchero al più basso prezzo di tutti i paesi del mondo.
Questa situazione singolarissima non fu giu dicata dagli uomini illuminati del Governo in glese tanto profittevole quanto si dimostrava in apparenza: la rovina della produzione saccari
« carattere economico, avviene sempre che chi si « trovi al di fuori riesca a trarne profitto » ; però, da ciò non segue che la lotta debba durare in eterno affinchè non cessi il profitto che altri ne trae.
Ora, è un fatto che la Convenzione di Bru xelles, facendo cadere tutto 1’ edificio dei premi e dei Cartells, ha ricondotto il mercato interna zionale dello zucchero ad una situazione normale ed ha quindi prodotto un ragionevole e legittimo aumento dei prezzi di questa derrata, donde la cessazione del privilegio, di cui hanno goduto durante alcuni anni i consumatori inglesi, di a c quistare lo zucchero ad un prezzo inferiore a quello pagato dai consumatori di tutti gli altri paesi e finanche inferiore al costo di produzione. Ed è, in sostanza, della cessazione di questo pri vilegio che si dolgono i consumatori inglesi ; essi attribuiscono alla Convenzione di Bruxelles, ed esclusivamente ad essa, il forte aumento verifi catosi nei prezzi dello zucchero in questi ultimi * tempi, rimproverano il Governo di aver promosso e conchiuso la Convenzione stessa ed insistono affinchè l’ Inghilterra abbandoni l’ Unione.
E non si può dire che, dal loro punto di vista, i cittadini inglesi non abbiano ragione di dolersi dello aumento dei prezzi dello zucchero che impone loro un dispendio maggiore per l’ ac quisto di una derrata di cui fanno cosi largo consumo, e si comprende che l’ agitazione si estenda in particolar modo tra fabbricanti di conserve abituati ad impiegare lo zucchero -premiato col denaro dell’ Erario degli Stati esportatori. E, come si usa in quel forte paese, l’ agitazione è tenuta viva per mezzo di pubblicazioni di ogni sorta : si pubblicano, infatti, opuscoli, fogli volanti e financo un giornale: The sugar users Journal (Il giornale dei consumatori di zucchero), e qual cuna di queste pubblicazioni è posta sotto il pa trocinio del Cobden-Club, imperocché, nel mo mento attuale, la questione degli zuccheri si è trovata collegata a quella più vasta, sollevata dal signor Chamberlain per il regime doganale di favore alle Colonie e dal signor Balfour per il regime doganale differenziale di rappresaglia verso i paesi che praticano il protezionismo a danno dei prodotti inglesi.
Non è certo agevole spiegarsi per quali ra gioni il Cobden-Club appoggi l’ agitazione con tro la Convenzione di Bruxelles, che ha fatto cessare i premi di produzione e di esportazione sugli zuccheri, ma il fatto è che ho qui innanzi un opuscolo The Resultats o f The Sugar Con
vention, ed un foglio volante n. 170, del gennaio
1905: The Cost o f thè Sugar Convention, en trambi del signor G. H. Perris, con l ’ indicazione del Cobden-Club.
Questo opuscolo è molto interessante poiché è la sintesi di tutti gli argomenti esposti in In ghilterra contro la Convenzione di Bruxelles ; ar gomenti, a dire il vero, tutt’ altro che fondati e seri, nè potrebbero essere diversi avendo un fon damento erroneo, cioè che i consumatori inglesi avessero acquisito un diritto ad acquistare, a spese dell’ Erario degli altri Stati, lo zucchero ad un prezzo anche inferiore al co3to di produzione, e che questo diritto avrebbe avuto durata indefi nita, se dalla Convenzione non fosse stata in
consultamente troncata. E ’ questo concetto erro neo, oserei dire falso, che fa cadere tutti gli argomenti: il dire, infatti, che la Convenzione ha giovato all’ Erario degli Stati i quali accorda vano dei premi non è di certo un argomento contro la Convenzione, e tale da dimostrare che la situazione creata dall’ artificio dei premi e de gli alti dazi avrebbe dovuto durare, affinchè il mercato inglese potesse continuare ad avere gli zuccheri al basso prezzo prodotto da quei premi. Così pure non mi pare che conferisca valore alla tesi l ’ affermazione che qualche cosa del regime antico sia rimasta, malgrado la Convenzione di Bruxelles, nel dazio di 6 lire, nelle detaxes di distanza consentite in Francia, nelle agevolezze ferroviarie consentite in Germama. Ma se ciò fosse vero, non dovrebbero essere i consumatori inglesi a dolersene, sibbene gli altri paesi produttori di zucchero ed aderenti alla Unione.
Negare poi che la Convenzione riconduca i prezzi al loro movimento naturale e conferisca loro quella stabilità compatibile con le vicende del raccolto agrario delle barbabietole, è addi rittura negare l’evidenza dei fatti. E ’ invero, af fatto arbitraria la supposizione del sig. Perris che il ribasso del 50 per cento verificatosi nel decennio anteriore all’ entrata in vigore della Con venzione di Bruxelles sullo zucchero non raffi nato, da 14 scellini e 38 centesimi nel 1893 a 7 scellini e 15 centesimi nel 1902, sia stato con seguito, come vorrebbero far credere gli agitatori inglesi, per virtù delle naturali leggi economiche, e non da tutto quel complesso sistema artificioso di premi, di alta protezione doganale e quindi di
Cartells e Trusts, che la Convenzione di Bru
xelles ha distrutto. Basta notare che, secondo le indicazioni del sig. Perris, la media del detto decennio fu di 9 scellini e 96 centesimi per com prendere che la discesa dei prezzi venne accen tuandosi negli ultimi anni di quel periodo cosi rapidamente da non poter derivare dai fenomeni delle naturali leggi economiche, sibbene, come fu di fatto, da artifici violatori e perturbatori di tali leggi, quali sono i premi, i Trusts, i Cartells e simili.
Ora, se malgrado i ribassi degli ultimi anni del decennio, dovuti a , codesto sistema di concor renza artificiosa, la media dei prezzi di tale pe riodo risulta di 9 scellini e 96 centesimi, il prezzo odierno di 11 scellini non lo supera che di una tenuissima frazione; in conseguenza, la Conven zione di Bruxelles non avrebbe avuto altro ef fetto finora, malgrado lo scarso raccolto del 1904, che quello di ricondurre i prezzi ad un livello eguale a quello medio dell’ ultimo decennio, a formare il quale concorsero i prezzi eccezionali di 8, 7 e fino di 6 scellini, che nessuna argo mentazione varrebbe a dimostrare che non fos sero anormalissimi e non conseguissero dalla ar tificiosa- lotta dei premi e dalla speculazione al ribasso che essa alimentava. Certo è che il 31 lu glio 1903, quando i premi continuavano ad eser citare la loro efficacia, il prezzo del granulato inglese fu di 9 scellini e IO denari ed il 31 lu glio 1905 è di scellini 12, 6 3/4.
dei loro calcoli e delle loro argomentazioni, il più basso punto toccato dai prezzi dello zucchero granulato durante il regime dei premi, cioè il prezzo di 7 scellini e 4 1/2 denari; e mostrano di credere che tale livello fosse normale e quindi legittimamente loro acquisito di diritto; laonde, secondo essi, la Convenzione di Bruxelles diver rebbe l’ artificio per mezzo del quale i prezzi sono stati elevati ed il loro diritto è stato manomesso Si giunge per tal via all’ assurda conchiusione, che i premi e i Cartells erano latti economici la cui azione sui prezzi era naturale e legittima, mentre la Convenzione di Bruxelles costituirebbe un’ arbitraria intesa dei paesi produttori per ele vare artificialmente i prezzi dello zucchero a danno dei consumatori inglesi.
Si comprende che l’ approvazione della Con venzione di Bruxelles da parte degli Stati con traenti e la sua applicazione abbiano prodotto un rialzo dei prezzi, dovuto in gran parte alla spe culazione la quale, come suol fare sempre, cercava di scontare gli effetti futuri e fors’ anco non prossimi di quell’ accordo internazionale: ma, que sto rialzo (prendiamo il periodo su cui il sig. G. H. Perris ha fondato i suoi calcoli nell’ opuscolo sopra citato) non assunse proporzioni notevoli se non quando, nell’ aprile 1904, cominciarono ad influire sui prezzi le notizie del cattivo raccolto; basti notare che nel febbraio 1904 si ebbe il prezzo medio di 9 scellini e 11 denari, inferiore a quello del decennio.
La discesa dei prezzi avvenuta da alcuni mesi e che le notizie intorno all’ entità degli stocks disponibili e le previsioni favorevoli, ormai sicure del prossimo raccolto tendono ad accentuare, ha distrutto tutta l’ argomentazione degli agitatori inglesi fondata sull’ alto prezzo eccezionale di 14 scellini e 1 denaro pel greggio, e di 15 scel lini e 8 1/2 denari raffinato, ed ha smentita la affermazione loro che questi alti prezzi fossero la conseguenza diretta ed immediata della confe renza di Bruxelles.
Nessuno nega di certo che la situazione della fabbricazione di conserve in Inghilterra sia stata modificata dalla cessazione dei premi diretti ed indiretti, che gli Stati produttori accordavano allo zucehero venduto all’ estero, e che le esportazioni della detta industria siano diminuiti; ma quella situazione era essa fondata sulle leggi naturali economiche e quindi stabili, o non era, invece, la conseguenza di fatti straordinari èd anormali, di fatti antieconomici transitori e destinati acessare?
In realtà l’ industria inglese delle conserve potè avere, durante questi ultimi anni, lo zuc chero, cioè la sua materia prima, ad un prezzo inferiore al costo di produzione, perchè la diffe renza. era pagata dall’ Erario e dai consumatori degli altri Stati nei quali tale derrata era troppo abbondantemente prodotta; godendo di così sin golare favore la detta industria potè vendere le sue conserve all’ estero a prezzi più bassi di quelli dell’ industria locale. Ma, ognuno intende come codesta fortuna, codesta aubaine come direbbero i francesi, non potesse costituire uno stato di fatto duraturo, e meno ancora uno stato di d i ritto immutabile; tanto varrebbe il pretendere che i combattenti non debbono cessare la lotta quando questa reca profitto ad un terzo.
L a Convenzione di Bruxelles potè essere' conchiusa, non tanto per la minaccia di sopra tasse fatta dalla Inghilterra, quanto perchè gli altri Stati d ’ Europa erano stanchi^ del regime dei premi diretti ed indiretti che imponeva al loro bilancio dispendi ragguardevoli e ai consu matori sacrifici gravissimi. Gli stessi produttori si sentivano esauriti da questa lotta ohe li co stringeva a produrre sempre di più ed a vendere all’ estero lo zucchero a prezzi sempre più bassi. La situazione, divenuta intollerabile per tutti, rese possibile l’ accordo a condizioni di gran lunga più severe pei grandi paesi produttori di quelle dei precedenti progetti di convenzione che erano stati discussi durante più di un quarto di secolo senza poter giungere a conchiusione.
La Convenzione di Bruxelles rappresenta la pace dopo una guerra lunga e disastrosa; una pace desiderata da tutti i combattenti, che era imposta dallo stato, per dir così, di esaurimento di costoro ; una pace di cui gli effetti benefici, come ho accennato, sono già evidenti e maggiori potranno essere in avvenire; se essa ha fatto ces sare i vantaggi che ne ritraevano i consumatori inglesi di zucchero, da ciò non è lecito inferire che la pace non fosse necessaria, giusta, oppor tuna, e meno ancora che la produzione ed il com mercio europeo dello zucchero debbano ritornare allo stato anteriore di lotta per mantenere agli inglesi il privilegio di pagare lo zucchero al di sotto del costo di produzione. Ripeto, la situa zione era giunta a tal punto da non potersi pro trarre più oltre, ed il prezzo d i ' 6 scellini per lo zucchero greggio, nel luglio 1902, indica già che una reazione dovea essere imminente poiché nè i premi di esportazione, nè gli alti dazi interni, e i Cartells e Trusts dei paesi produttori erano bastevoli a coprire la perdita che imponeva un prezzo così basso. La crisi sarebbe scoppiata si curamente, e di fronte ad essa gli Stati, avrebbero finito per abbandonare il regime dei premi, la produzione avrebbe subito necessariamente una forte restrizione, e i prezzi si sarebbero elevati ad un livello più alto di quello a cui li ha ri sospinti la Convenzione di Bruxelles.
D ’ altra parte, si è ingiusti in Inghilterra nel riguardare la Convenzione di Bruxelles da un punto di vista così ristretto, togliendo pregio ai vantaggi che essa offre al Regno Unito. Quando i prezzi dello zucchero saranno ricondotti ad un punto normale, l’ industria della raffinazione, così decaduta per effetto dei premi, rifiorirà indub biamente. La produzione saccarifera delle Indie occidentali, che era stremata al punto di non poter più esistere, riprenderà la sua attività, e il con tingente che essa recherà sui mercati europei, favorita com’ è da un costo di produzione infe riore, impedirà ai prezzi dello zucchero di bar babietole di elevarsi oltre il giusto limite. I raf finatori inglesi non avendo piu tornaconto di preferire lo zucchero europeo a quello coloniale, le importazioni di questo ridaranno alla marina, inglese il traffico di cui la situazione creata dai premi li avea privati.
risultato di una specie di aberrazione dello spi rito che impedisce di valutare serenamente le cause e gli effetti di quell’ accordo internazionale, attribuendo ad esso l’ eccezionale elevamento dei prezzi dello zucchero, che in fatto è derivato dallo scarso raccolto del 1904, come l’ odierno ri basso vien provando in modo indiscutibile. Eppure l’ agitazione non prende fine ; essa si adopera a mantenere l’opinione pubblica nell’ errore per ra gioni politiche, per combattere, in vista delle prossime elezioni, il sig. Chamberlain ed il suo programma di polilica coloniale.
* *$•
Mentre più ferveva quest’ agitazione si adu nava a Bruxelles nei primi giorni dell’ aprile p.p., la Commissione internazionale permanente, che ha il compito di vegliare all’ osservanza dei patti contenuti nella Convezione di cui si tratta. Pur troppo, non si può dire che l’ eco di tale agita zione non si ripercuotesse sulla Commissione, e non esercitasse qualche influsso sui suoi lavori.
Occorre appena ricordare che la Convenzione di Bruxelles obbliga gli Stati contraenti ad ap plicare dazi compensatori sugli zuccheri dei paesi che accordano a questi prodotti premi di espor tazione o un regime di favore diverso da quello fissato dalla Convenzione stessa. Ecco i termini precisi di'quésto patto della Convenzione:
« Les Hautes Parties contractantes s’ enga- « gent à frapper d’ un droit spécial, à l’ impor- « tation sur leur territoire, les sucres originaires « des pays qui accorderaient des primes à la pro- « duction ou à l’exportation.
« Ce droit ne pourra être inférieur au mon- « tant des primes, directes ou indirectes, accordées « dans le pays d’origine. Les Hautes Parties se « réservent la faculté, chacune en ce qui la con- « cerne, de prohiber l’importation des sucres « primés ».
Per l’applicazione del patto suddetto la Com missione permanente è chiamata ad esaminare il regime economico-fiscale applicato agli zuccheri da ciascuno dei paesi rimasti all’ infuori dell’ U nione, per accertare se da esso conseguono premi di esportazione e, nell’ affermativa, determinare la misura dei diritti compensatori da applicarsi a tali prodotti. Questo lavoro, in parte già com piuto dalla Commissione, dovea essere, nella ses sione dell’Aprile ultimo, riveduto per alcuni paesi, continuato e compiuto per altri.
Com’ è naturale i paesi, la cui esportazione saccarifera è stata dalla Commissione colpita da dazi compensatori, cercano di dimostrare che quel patto non deve colpirli perchè dal loro regime non derivano premi all’ esportazione : e fin qui nulla di men che normale e prevedibile. Esce, invece, dall’ ordine naturale e non era prevedi bile, che qualche Stato facente parte dell’ Unione elevasse opposizione a codesto compito della Com missione permanente, col fine di restringere l’ ap plicazione dei dazi compensatori e dispensarsi dall’ applicarli allo zucchero proveniente da al cuni paesi: il che, in termini più semplici e più chiari, significa pretendere il diritto d’ importare zuccheri premiati senza applicar loro i dazi com pensatori.
L ’ organismo e le finalità della Convenzione
escludono che gli Stati ad essa aderenti possano avere interesso a far ciò ; eppure, in fatto è ap parso il contrario. L ’ Inghilterra, sotto la pres sione della agitazione di cui sopra è parola, ha adottato il programma di restringere l’ applica zione dei dazi compensatori, ed allargare così il mercato di approvvigionamento del suo consumo. Per tal modo, l’ Inghilterra, che non produce zuc chero, mantenendo i patti della Convenzione nei riguardi degli Stati dell’ Unione, vorrebbe poter importare, senza colpirlo con dazi compensatori, lo zucchero da paesi estranei all’ Unione, che ten gono in vigore un regime fiscale non conforme ’ai patti della Convenzione stessa. Da ciò conse guirebbe che l’ Inghilterra potrebbe acquistare lo zucchero dai paesi che ne agevolano l’ esporta zione con premi ed averlo così a minor prezzo dello zucchero non premiato, proveniente dai paesi dell’ Unione.
L ’ Inghilterra avea cominciato ad ammettere contrariamente agl’ impegni presi, l’ importazione dello zucchero dalla Spagna, ma le proteste con cordi degli altri Stati dell’ Unione la fecero ac corta della impossibilità di perseverare in questa violazione della Convenzione. Nella sessione ul tima della Commissione permanente, la delega zione inglese intervenne col programma preciso, di sostenere le ragioni dei paesi che aveano re clamato contro i dazi compensatori fìssati sui loro prodotti dalla Commissione permanente, e di far adottare a tal fine da questa una inter pretazione del detto patto della Convenzione per restringerne 1’ applicazione.
Questo atteggiamento nuovo dell’ Inghilterra, così diverso da quello da lei tenuto nella prepa razione della Convenzione quando insisteva per renderne, i patti più che fosse possibile severi, dovea necessariamente rendere molto difficile l’o pera della Commissione permanente nell’ ultima sua sessione.
Il primo e fondamentale concetto, che l’ Iu- ghilterra sosteneva doversi seguire nell’ interpre tazione di questo patto della Convenzione è, a dire il vero, molto ardito. Gli Stati contraenti non avrebbero l’ obbligo di applicare i dazi com pensatori fissati dalla Commissione permanente, e la penalità facoltativa della proibizione dell’ im portazione, fino a quando non fosse dimostrato che un premio derivi effettivamente a favore dei- fi esportazione dal regime fiscale del paese colpito dalle dette misure. A tal fine, la Commissione permanente non dovrebbe limitarsi ad esaminare il regime fiscale di ogni paese in confronto con quello stabilito dalla Convenzioue, ed accertata la differenza, determinare la misura dei dazi com pensatori ; ma dovrebbe fornir la prova che da quel regime deriva effettivamente un premio ai- fi esportazione.
Secondo la Delegazione inglese la tesi si rac comanda d raison du fa it /¡u’ elle est la seule
interprètation compatible avec le principe univer- sel qui veut qu’ une disposition pénale soit inter- prétée strictement. Per verità a nessun Profes
Convenzione, rendendola praticamente inappli
cabile. . .
Ad ogni modo la teoria messa innanzi dal Governo inglese apparisce manifestamente con traria allo spirito ed al fine della Convenzione, la quale, volendo far cessare il regime dei premi diretti ed indiretti alla produzione mondiale dello zucchero in vista del perturbamento che essi reca vano, stabiliva una sanzione efficace per escludere lo zucchero dei paesi, che continuassero ad appli care il detto regime, dall’ importazione negli Stati dell’ Unione. Apparisce inoltre contraria alla let tera della Convenzione, la quale stabilisce chia ramente il modo automatico di applicazione dei dazi compensatori : ecco infatti, il testo del terzo comma dell’ alt. 4.:
« Pour l’ évaluation du montant des avan- « tages résultant éventuellement de la surtaxe « spécifiée au littera f de 1’ article I er, le chiffre « fixé par T article 3 est déduit du montant de « cette surtaxe : la moitié de la difìérence est « réputée représenter la prime, la Commission « permanente instituée par l’ article .7 ayant le « droit, à la demande d’ un Etat contractant, de « reviser le chiffre affisi etabli. »
Le discussioni furono vivaci durante le cin que sedute ufficiali (6, 7, 8, 10, 11 Aprile) della Commissione, ed in quelle private. Ma, la Dele gazione inglese, con la stessa perseveranza ^ che avea posta nelle discussioni della Convenzione, ripresentava la sua tesi a misura che si presen tava l’ occasione di farne applicazione nell’ esame del regime dei diversi paesi, ripetendo la dichia razione di riserbarsi piena libertà di azione qua lora la Commissione non accettasse la interpre tazione da essa proposta, e minacciando in via ufficiosa di abbandonare la Conferenza per uscire poscia dall’ Unione.
Di fronte ad un atteggiamento così deciso ed energico, le Delegazioni degli altri btati ri manevano alquanto perplesse. .Sull’ animo loro pesava la conoscenza piena delle difficoltà in terne, economiche e politiche sollevate in Inghil terra dalla Convenzione di Bruxelles, e quindi prevaleva in esse il consiglio di non mettere il Governo di quel paese alle strette e spingerlo a deliberazioni che potessero compromettere le. sorti della Unione. Soltanto la Delegazione francese si mostrava disposta a procedere con risolutezza; ma il concetto di moderazione finì per prevalere. Così, la Commissione non prese alcuna delibera zione, la quale ammettesse in linea generale e di massima la interpretazione ideata e proposta dall’ Inghilterra; invece, adoperando molto tatto diplomatico, risolvette, caso per caso, in omaggio a peculiari contingenze di fatto, in guisa da non compromettere il principio, ¡.richiam i di alcuni Stati sostenuti dall’ Inghilterra.
Ecco, infatti, le deliberazioni adottate dalla Commissione permanente.
Pel Guatemala la Delegazione inglese ebbe campo di svolgere praticamente la sua interpre tazione. Si tratta di un paese che non elargisce premi all’ esportazione dello zucchero, ma accorda all’ industria saccarifera una protezione daziaria molto elevata, che la Convenzione ritenne recare all’ esportazione dei vantaggi eguali, nei loro ef fetti, ai premi; da ciò l’ applicazione dei dazi
compensatori; e la Commissione ne avea infatti fissata la misura, tanto più che l’ esportazione del Guatemala esiste effettivamente.
La Delegazione inglese, contestando in base ai prezzi dello zucchero all’ interno di quello Stato, che dal regime di esso derivassero vantaggi al l’ esportazione, sosteneva che quando, come nel caso, non si tratta di premi diretti di uscita, ma soltanto di vantaggi, résultants éventuellement, (come si esprime la Convenzione), da elevata protezione interna, i dazi compensatori non deb bano divenire obbligatori per gli Stati della Unione, se non sia provato che un premio derivi in fatto da quel regime, prova che dovrebbe ^ es sere fornita dalla Commissione permanente. L ’ in terpretazione, invocata dall’ Inghilterra, sarebbe così limitata soltanto ai dazi compensatori sta biliti in relazione non a veri premi di uscita ma al regime di elevata protezione interna, e sarebbe giustificata dal fatto che essendovi dei casi nei quali da questa non deriva alcun vantaggio al l’ esportazione, i dazi compensatori non avrebbeio ragione di essere. Quindi, la sola esistenza di una protezione interna elevata non giustifiche rebbe la applicazione dei dazi compensatori, ma occorrerebbe la prova ohe un premio di uscita derivi effettivamente da essa.
I casi tipici nei quali l ’ alta protezione fi scale sullo zucchero nei paesi produttori rimane senza effetto favorevole all’ esportazione, secondo il pensiero della Delegazione inglese, sarebbero due : quello in cui il consumo interno sia minimo rispetto all’ esportazione; quello in cui^ l’ espor tazione non esista o non possa esistere. Nel primo caso, che è il più notevole per riguardo ai prin- cipii della Convenzione, il consumo essendo te nuissimo in confronto all’ esportazione, non po trebbe assicurare ai produttori di zucchero un profitto tale sui prezzi all’ interno da permetter loro di vendere all’ estero il prodotto esuberante a prezzi più bassi di quelli normali.
Secondo la Delegazione inglese la Commis sione permanente dovrebbe perciò accertare, pei ogni singolo paese il cui regime fiscale sia ele vato, se e di quanto il prezzo dello zucchero de stinato al consumo interno risulti maggiore del prezzo mondiale di questa derrata, e se il con sumo interno sia così importante in confronto al- l’ esportazione che il maggior prezzo faccia na scere un premio apprezzabile sull’ insieme delle quantità di zucchero esportate.
In tal modo circoscritta, la proposta inglese ha una portata sostanziale alquanto minore : tut tavia, essa non cessa di esser grave in quanto, rinnega uno dei concetti informatori delia Con venzione,- quello, cioè che non soltanto i premi diretti di uscita, ma eziandio un regime fiscale più elevato dei 6 franchi ai quintale, da essa stabilito, debba essere impedito perchè contrario allo scopo della Convenzione stessa. Oltre a ciò la distinzione desiderata dal Governo inglese pone ostacoli al conseguimento di quel regime fiscale sullo zucchero, uniforme in tutto il mondo, a cui intende l’ Unione per eliminare dal mercato in ternazionale di questa derrata gli elementi che lo hanno perturbato fino ad ora.
parte dagli impegni assunti; infatti, un dilemma s’ impone: o il regime interno di un paese, pel le circostanze di fatto accennate, non reca alcun vantaggio alla esportazione e i produttori non possono vendere lo zucchero all’ estero ad un prezzo inferiore a quello consentito dai produt tori dell’ Unione, e in tal caso la questione sol levata dall’ Inghilterra non ha valore pratico, e il mercato inglese non otterrebbe alcun profitto dalla facoltà di acquistare lo zucchero da un paese estraneo all’ U nione; o il regime anzidetto ha un’ azione vantaggiosa sull’ esportazione, per mettendole di offrire lo zucchero ad un prezzo al di sotto di quello del mercato dell’ Unione, e al lora l’ Inghilterra non può dispensarsi clalPap plicare i dazi compensatori senza violare i patti della Convenzione.
La discussione in seno alla Commissione fu perciò molto viva, alle altre Delegazioni parendo evidenti i pericoli ai quali la interpretazione in glese esporrebbe la Convenzione. Questa, per lo scopo che si proponeva, non poteva ammettere, come non ha ammesso, alcuna distinzione riguardo agli effetti di un regime di protezione interna più elevato di quello da essa stabilito, ma, rite nendo, in base all’ esperienza, che da un dazio più elevato di franchi 5,50 al quintale per lo zucchero greggio e di franchi 6 pel raffinato, de rivi un vantaggio all’ esportazione, ha voluto im pedire l’ importazione negli Stati dell’ Unione della derrata in tal modo protetta.
E la ragione è molto ovvia : il paese in cui il regime di protezione, più elevato di quello della Convenzione, non riesca ad elevare i prezzi dello zucchero consumato all’ interno, e quindi non produca alcun vantaggio all’ esportazione, non ha ragione di conservare il regime stesso; l’ interesse dei produttori consiglia, invece, di modificarlo per aderire alla Convenzione ed esportare senza in correre nei dazi compensatori. Ammessa la di stinzione, che seguirebbe dalla interpretazione inglese, non vi sarebbe stata ragione per deter minare nella Convenzione la misura massima, testé indicata, dei dazi di protezione interna, sarebbe bastato che si stabilisse il sistema ora proposto dall’ Inghilterra, cioè che quando ^dal regime interno più elevato di quello della Con venzione resultasse effettivamente un piemio all’ esportazione, la Commissione centrale, accer tato il fatto, fisserebbe la misura dei dazi com pensatori. Invece, si volle la misura massima dei dazi e P Inghilterra fu quella che la volle ed impedì che non la si determinasse più alta, e volle la sanzione dei dazi compensatori di cui ora propone di limitare l’ applicazione.
D i fronte a queste considerazioni si com prende che le altre Delegazioni, pur essendo ani mate da sentimenti conciliativi, fossero riluttanti ad accettare la proposta inglese e ad imporre alla Commissione l’obbligo di fornir la prova che effettivamente un premio alla esportazione derivi da un determinato regime di protezione interna. La Commissione ammetteva, però, che lo Stato la cui esportazione fosse da essa colpita con dazi compensatori, nell’ appellarsi contro tale provve dimento, avesse il diritto di dimostrare che di fatto nessun premio a vantaggio risulti dal suo regime ; che in tal caso la Commissione, vagliati
gli elementi di fatto, potesse ridurre a zero i dazi compensatori precedentemente determinati.
Per tale via la Commissione, nel caso del Guatemala, senza risolvere in alcun modo la questione di massima, riconobbe la convenienza di assumere nuove informazioni di fatto e di so spendere, nel frattempo, l’ applicazione dei dazi compensatori.
Rispetto alla Grecia, la Commissione per manente avea fissato i dazi compensatori di franchi 26,12 sul greggio e di franchi 25,87 sul raffinato ; ma l’ Inghilterra, dimostrando che la produzione di zucchero m quello Stato è limitata ad 1/g del consumo, opinava che non fòsse il caso di fissare dazi compensatori di sorta, e la Com missione finì per confermare cotte ‘ììicitiìccg de voir. Revocava poi i dazi compensatori fissati pel
Portogallo e per le possessioni portoghesi, avendo accertato che il primo non esporta e il secondo esporta soltanto nel Portogallo.
Rispetto ad altri paesi, la Commissione, senza accogliere la proposta dell Inghilterra, pei la revocazione dei dazi compensatori, ne ammetteva la sospensione onde assumere nuove informa zioni. Cosi faceva rispetto alla Bolivia, la quale avendo una produzione inferiore ai bisogni del consumo, non esporta ; e per lo stesso _ moti vo anche a riguardo delle repubbliche di Haiti, Onduras, Nicaragua, Paraguay. Pel Brasile e per le isole Filippine ohe esportano, la Commis sione sospendeva pure l’ applicazione dei diritti compensatori, ma per assumere nuove informa zioni sul regime vigente ; influiva su tale deci sione riguardo al Brasile la speranza che esso modifichi il suo regime per partecipare all’ Unione.
Lungo dibattito fu impegnato rispetto a Cuba per stabilire se il regime di favore, di cui lo zucchero prodotto in quell’ isola gode ^ all im portazione negli Stati Uniti, possa costituire uno di quei vantaggi previsti dalla Convenzione e da esso possa derivare un premio all’ esportazione cubana in altri S tati: ma la decisione fu rin viata, influendo a favore del rinvio il fatto che Cuba esporta lo zucchero esclusivamente negli Stati Uniti, e la speranza che entri a far parte della Unione di Bruxelles. Una decisione iden tica veniva presa rispetto a Portorico, che si trova nelle identiche condizioni di Cuba. A ri guardo degli Stati Uniti, dopo lunga discussione fu parimenti adottata la sospensiva, in vista del fatto, che essi non hanno esportazione, e ciò con molte riserve.
La Commissione riconosceva poi che non fosse il caso di fissare dei dazi compensatori ri guardo allo Uraguay, che non ha produzione di zucchero, del Venezuela che non ne esporta af fatto, e di San Domingo che applica dazi infe riori a quelli stabiliti dalla Convenzione, e l’ im posta nuova in progetto darebbe luogo ad un aumento insignificante.
Soltanto per la R epubblica Argentina la Commissione si trovava d'accordo nello stabilire i dazi compensatori di franchi 19,90 sullo zuc chero raffinato a 96 e più, franchi 15,05 sullo zuccliero raffinato a meno di 96, franchi 10,50 sullo zucchero candito.
più ampie riserve, a tutte le sue domande. Però, la Commissione dimostrò nettamente il proposito di non permettere che il provvisorio si trasfor masse in fatto nella concessione all’ Inghilterra d’ importare zucchero da tutti i detti paesi senza applicare i dazi compensatori. Il Delegato fran cese si rese interprete di questo pensiero con la dichiarazione seguente : il est entendu que dans
le cas où l’ un des pa ys pour lesquels on a dé cidé l’ ajournement, importerait des sucres dans un des Etats de l’ Union, la Commission permanente pourrait être convoquée sur l’initiative d’une seule délégation ». Ed il Presidente ribadì tale con
cetto con la dichiarazione: que les ajournements
votés ju sq u ’ici n’ impliquent p a s une remise à la prochaine session ; la Commission pourrait, si les circostances le comportaient, se réunir dans l’ intervalle des deux sessions, pour statuer à l’egard des sucres de l’ un ou l’ autre pays. 1
Queste dichiarazioni tolgono alle delibera zioni adottate dalla Commissione ogni valore pratico per l’ Inghilterra. In sostanza questa è autorizzata a non applicare i dazi compensatori allo zucchero dei detti Stati a patto però che non ne importi ; il giorno in cui ne importasse, la Commissione permanente sarebbe autorizzata a provvedere. Allora sorgerebbe di nuovo la que stione, se dal regime di protezione interna de rivi effettivamente un premio all’esportazione ; però, la soluzione sarebbe agevolata dai maggiori elementi che la Commissione ha stabilito di rac cogliere ed eziandio dal fatto che se l’ Inghil terra preferisce lo zucchero dei detti paesi, deve trovarvi la sua convenienza economica, vuol dire, cioè, che le è offerto ad un prezzo minore dello zucchero prodotto dagli Stati dell’ Unione, donde si argomenta che un vantaggio esiste a favore dell’esportazione del prodotto dei paesi stessi.
E ’ evidente che la Commissione non ha avuto in mente con le accennate deliberazioni, che di prender tempo per non compromettere, con de cisioni definitive contrarie alla proposta inglese, le sorti della Convenzione, di prender tempo nella speranza che il ribasso inevitabile dei prezzi dello zucchero, faccia cessare l’ agitazione in Inghil terra e, smentendo, le affermazioni degli agita tori, dimostri come il forte rialzo dei prezzi nel decorso anno e nei primi mesi dell’ anno cor rente, sia affatto estraneo alla Convenzione di Bruxelles. Così, l’ Inghilterra non avrebbe più alcun motivo per insistere nella interpretazione da essa proposta.
La speranza non è stata delusa. I prezzi sono ribassati al di là d’ ogni previsione, ed il ribasso ha confermato che il forte movimento di rialzo ebbe occasione dal cattivo raccolto, il quale fornì alla speculazione un • efficace motivo per spingere i prezzi più in alto di quanto il detto evento avrebbe dovuto elevarli. Il crah avve nuto in questi giorni a Parigi nel mercato dello zucchero, conferma che al rialzo dei prezzi nel decorso anno contribuì anche l’ azione della spe culazione ; la quale si è chiarita impotente di fronte allo svolgimento dei fattori naturali del mercato, tanto che il signor Jaluzot, con 1’ acca parramento di tre milioni di sacchi di zucchero, non è riuscito ad impedire e neppure a tratte nere la discesa dei prezzi.
L a Convenzione di Bruxelles ha potuto, tutt’ al più e all’ inizio,'fornire un pretesto alla speculazione rialzista, ma in fatto poi Fazione di quell’ accordo internazionale, rendendo difficile l’ opera della speculazione, ha ostacolato dapprima il rialzo dei prezzi (basta ricordare che il man cato raccolto elevò il prezzo dello zucchero nel 1876 da 63 a 95 franchi e nel 1889 da 40 a 67 fran chi, cioè rispettivamente di 32 e 27 franchi, men tre nel 1904-905 il massimo aumento è stato di 17 lire) e poi ne ha agevolato la discesa.
Il regime dell’ Unione di Bruxelles, appli cato nei paesi che rappresentano la grandissima maggioranza della produzione europea, impedendo la formazione dei Trusts e dei Cartells, agevolando il movimeuto del prodotto sul mercato interna zionale, lasciando regolare i prezzi dalle leggi economiche naturali dell' offerta e della domanda è riescita a sconcertare i piani della speculazione ed a farne fallire l ’ impresa.
Nessuno potrebbe dire che il basso livello toccato oggi dal prezzo dello zucchero non debba subire qualche rialzo; ma la possibilità d’ un rin- carimento sensibile è esclusa in modo assoluto dai fattori del ribasso stesso, che sono:
1° un più esatto accertamento degli stocks esistenti, ohe ascendevano al .1° giugno p. p. a tonnellate 3,028,129 ed erano inferiori soltanto di tonnellate 442,860 a quelli della stessa data del 1904. Nelle dette cifre non è compreso lo stock italiano di circa 25,000 tonnellate ;
2° la ripresa dell’ esportazione dello zuc chero coloniale di canna, che era quasi bandito dal mercato europeo, e la cui produzione ha con seguito un risveglio dalla Convenzione di Bru xelles; esclusi i premi e la protezione eccessiva dei paesi produttori di zucchero di barbabietole, lo zucchero coloniale di canna opporrà sempre un forte ostacolo all’ aumento dei prezzi di questa derrata sui mercati europei ;
3° le previsioni pienamente favorevoli ed oramai certe del buon raccolto della campagna che ora s’ inizia.
Tutto, dunque, consente di concepire la, spe ranza che le difficoltà sorte in Inghilterra contro la Convenzione di Bruxelles saranno facilmente eliminate e che questa potrà svolgere sempre più largamente la sua azione benefica sulla produ zione e sul commercio dello zucchero, e servire di esempio e di modello per una legislazione in ternazionale di altri rami della produzione.
* *
l’ industria, ha dato modo al Tesoro di accrescere le entrate che lo zucchero fornisce all’ Erario.
Imperocché nessuna argomentazione potrebbe dimostrare che l’ industria saccarifera italiana, sorta da appena qualche anno, fosse in grado di tollerare queste riforme fiscali e vivere, quando 10 zucchero greggio, base 88, era offerto a Ge nova a 18 o 19 franchi il quintale e quando il cambio sulla moneta, che rappresentava per sé stesso una protezione, era sparito. E nessun ar gomentazione varrebbe a negare che l ’ Italia sia 11 solo paese del mondo in cui l’ industria sacca rifera ha potuto sorgere quasi senza alcun sacri ficio per l’ Erario, mentre in altri paesi lo Stato ha dovuto imporre all’ Erario ed al pubblico la spesa di qualche miliardo; che ha potuto sorgere ne! periodo della maggiore depressione dei prezzi di questa derrata, quando l’ industria straniera, con l’ aiuto di vistosa protezione fiscale interna e di alti prezzi durante mezzo secolo, avea po tuto ammortizzare più volte i suoi capitali d’ im pianto e, mercè i premi di esportazione, invadere tutti i mercati di consumo.
Senza la Convenzione di Bruxelles l’ indu stria italiana, colpita dalla sparizione dell’ aggio sulla moneta, dalia diminuzione della protezione fiscale e dall’ enorme ribasso del prezzo dello, zuc chero, avrebbe finito per soccombere. E ’ vero che questo evento da taluno è giudicato lieto, ma contro un simile giudizio si leva la coscienza del paese, che ha fatto giustizia di simili follie. Non vale il conto di insistere su questo punto, poiché il pubblico è oramai persuaso che l’ Italia, par tecipando alla Convenzione di Bruxelles e con tribuendo alla cessazione del regime dei premi, ha compiuto opera utile non soltanto all’ indu stria, ma eziandio all’ Erario, senza recar danno ai consumatori di zucchero. Q.uesti ultimi hanno continuato a pagare la detta derrata sempre meno di quello che avrebbero dovuto pagarla impor tandola dall’ estero. Quanto ho esposto innanzi dimostra quali siano stati in realtà gli effetti della Convenzione di Bruxelles sui prezzi dello zucchero, il ribasso odierno toglie ogni importanza anche tra noi a siffatta questione.
Coloro i quali, rari a dire il vero, biasimano la Convenzione di Bruxelles ed avrebbero gioito nel vedere distrutta l’ industria saccarifera ita liana perchè per tali vie g l’ italiani, al pari de g l’ Inglesi, avrebbero acquistato lo zucchero ad un prezzo, inferiore al costo di produzione, fingono d’ ignorare le cagioni di quest’ ultimo fenomeno, la situazione della produzione mondiale dello zuc chero prima e dopo la detta Convenzione, e so- pratntto dimenticano la diversità delle condizioni economiche tra il Regno Unito e l’ Ita lia ; dimen ticano che quello ha toccato il più alto livello della produzione industriale, e questa è all’ inizio ed è per lei questione di esistenza lo svolgimento di tutte le forme della produzione economica.
L ’ Italia non può conseguire la sua prospe rità e la sua futura ricchezza soltanto con la produzione agraria, o soltanto con la produzione idustriale; essa ha bisogno di allargare e perfe zionare quella, svolgere questa e tanto più fa cilmente e più sicuramente raggiungerà la meta, quanto più saprà armonizzare 1’ una all’ altra e far servire la prima alla seconda.
Nella scelta del lavoro industriale l’ Italia deve preferire quello che più giova al lavoro agrario, che rechi maggior piofitto all’ agricol tura ed ai lavori di essa. Nessun’ altra industria risponde a questi concetti meglio di quella sacca rifera, che deve attendere la sua materia prima dalla terra e deve trasformarla nel luogo stesso in cui essa è prodotta. Questo concetto è così ra dicato nella coscienza del paese, che per un quarto di secolo — e gli atti parlamentari non meno di quelli ministeriali ne fanno testimonianza — non si è fatto che desiderare la creazione dell’ indu stria saccarifera, é non una voce si è mai levata contro i modi e i mezzi che Governo e Parla mento, con singolare concordia escogitarono e poi deliberavano per raggiungere codesto intento.
Oggi l’ industria saccarifera è un fatto; essa esiste, la sua produzione ha già superato il li vello, del resto non ‘alto, del consumo; essa ha mantenuto tutte le sue promesse, ha giustificato tutte le speranze che avea lasciato concepire; essa è desiderata dagli agricoltori che ne, apprez zano i vantaggi , o re ai contadini proficuo la voro nei campi ed anche nelle officine. E se noi daremo a questa nuova industria il tempo di svol gersi, di consolidarsi e di prosperare,, essa diverrà la più grande e la piu utile fra le industrie ita liane. Essa non chiede allo Stato che di essere lasciata tranquilla nel suo periodo di svolgimento e di consolidamento: le si dia il tempo di dive nire forte tanto da potersi cimentare con quella degli altri paesi anche sul mercato internazio nale; e, raggiunta la meta, l’ industria stessa ap plaudirà a quelle riforme fiscali che riducano la sua protezione verso la misura fissata della Con venzione di Bruxelles.
Quindi, non per un sentimento d’ interesse personale, io fo plauso al Governo per aver abbandonato il proposito di proporre al Parla mento nuovi aggravi immediati a questa indu stria. Codesto proposito avea avuto origine dal l’ aumento del prezzo dello zucchero al di sopra di 40 lire : ma, come si è visto, quell’ aumento era un fenomeno assolutamente transitorio, che oggi è già sparito: guai a fondare -su di esso una riforma ! Abbandonando il detto disegno, il Ministero presieduto dall’ onorevole Fortis, ha di mostrato di comprendere l’ esigenze della situa zione presente d’ Italia e di conformare ad essa, anziché a teorie astratte, la politica economica dello Stato in questo periodo della vita nazionale.
E ’ una politica economica illuminata e pre vidente quella di cui il Ministero ha dato l’ esem pio nel breve tempo da che è al potere. Alla rinunzia del divisato aggravio sullo zucchero, che avrebbe recato danno alla agricoltura, il Mini stero ha fatto seguire la riforma del regime fiscale sugli alcools, agevolando con opportune conces sioni la distillazione dei vini e delle vinaccie e l ’ esportazione dell’ alcool, e permettendo, con la esenzione dell’ imposta, la produzione dell’ alcool industriale, che potrà dar vita ad una nuova e grande industria profittevole all’ agricoltura.