¡SCIENZA ECONOMICA, F IN A N Z A , COMMERCIO, BANCHI, F E R R O V IE , INTERESSI P R IV A T I
Anno XXXII - Voi. XXXYI
Firenze, 8 Ottobre 1905
N, 1640
S O M M A R I O : Justitia fimdamentum regnorum — Giu s e p p e Pra to, Corrispondenza da Torino (Verso la mu^ ’ ’ ine?) — E. Z., Il commercio degli italiani in Tunijua^—- Do t t. Gr. S., E emissione bancaria in Svizzera e
ni pina,ì i zza z ione del nane?) — E. Z., Il commercio degli italiani in Tunisia ,
m oralizzaton e dei pa n eo ^ rifo>ma _ R i v i s t a b i b l i o g r a f i c a : Frédèric Passy, Les Causerie du Les écol^ catholiques d’ fon o| iie p o li t ile et sociale* en T ran ce- 5 “ f “ rarhat des chemins de fer - Prof. W. Z. Ripley, Trust, pools and corporations — R i v i s t a e c o n o m ic a e f i n a n z ia r ia : Legge contro le frodi nel commercio dell’ olio di oliva - Unione permanente dei
- Proporzione dei salari e delle ore di lavoro in Inghilterra - Rapporto annuate^del-
V e s ^ r l T d d ^ T r r Z k Y d d l e tram-vie del Regno U n ito-T R a s s e g n a d e l c o m m e r c io i n t e r n a z i o n a le :
'l^comiwrciodeW Inghilterra ^ della Francia del Belgio nei primi otto mesi del 1905 - I * - ,
nei 'orimi sette mesi del 1905 — Lo Stato e la piccola proprietà fondiaria — Banche Bopo ari e cooperai v
Camere di commercio. — Mercato Monetario e Rivista delle Borse — Notizie commerciali.
JUSTITIA FUND AMENTUM BENNORUM
L ’ on. Nasi ex-M inistro della Pubblica Istru zione è imputato di volgari furti compiuti a danno dell’ erario pubblico durante il suo ufficio di Ministro; — 1’ on. Ferri ha contro di sè una sentenza che lo condanna per diffamazione ed in giuria verso un collega, l’ on. B ettolo; — l’ onore vole Todeschini è stato pure condannato per in giuria -— se non erriamo — da un Tribunale del Regno ; — il pubblico ha seguito le diverse fasi della procedura ed è fortemente colpito nel con cetto che ha della giustizia la quale, dal modo con cui vanno le cose, non gli sembra affatto eguale per tutti.
Siamo lontani dalla idea di dare un eguale valore ai tre fatti, ma nello _ stesso tempo sen tiamo che nessuna giustificazione è sufficiente a diminuire la dolorosa impressione che si infiltra nell’ animo delle moltitudini, impressione che equi vale ad un disastro morale.
Si dirà forse benissimo per il caso dell ono revole Nasi che si tratta di una delicata que stione di competenza; per il caso delTon. Ferri, che una Commissione,di inchiesta parlamentare pare abbia avvalorate le accuse, che solo con fine politico e non con iscopo personale ha scagliato a suo tempo 1’ on. Ferri contro 1’ Amministrazione della Marina; per il caso dell’ on. Todeschini che importa salvaguardare, anche fino all’ assurdo, le impunità parlamentari, affine di impedirne gli abusi. Tutti questi ragionamenti avranno forse valore giuridico e politico, ma non hanno nè^ pos sono avere alcun valore morale; ed il fattole che il pubblico si domanda soltanto questo: — tali que stioni, tali incertezze, tali dubbi sarebbero mai sorti se non si trattasse d< quelle persone? E la risposta non può essere, lo ripetiamo, che un di- sastro per il concetto che le moltitudini debbono avere della giustizia del paese, della sua indi- pendenza, della sua efficacia.
Non occorre dire che poco può importare che il processo dell’ on. Nasi si faccia presto o tardi, e che auguriamo anzi che egli possa dimostrare la propria innocenza ; e meno ancora che le sen tenze emanate contro l’ on. Enrico Ferri e 1 on. Mario Todeschini si eseguiscano con maggiore o minore sollecitudine; diremo di più, compren diamo anche, specie nel caso dell’ onorevole Ferri, la ripugnanza dei grandi Poteri dello Stato ad eseguire una sentenza che non a tutti può sembrare conforme ai fatti, e che potrebbe ri sultare tutt’ altro che una punizione pel condan nato; ma ciò non toglie che non sembri scandaloso il contegno di quei Poteri dello Stato, ai quali spetta di far sentire al popolo che la giustizia è supe riore ad ogni considerazione politica.
Temiamo molto che si trattino con so verchia leggerezza situazioni, le quali possono avere nei casi specifici delle spiegazioni, ma che hanno l’ apparenza veramente grave di una in capacità da parte delTAmministrazione della giu stizia. E se mai si può avere una prova della debolezza di tutto l’organismo politico dello Stato, questa è certamente nella fiacchezza della giu stizia, poiché lascia supporre che in tutto il ri manente della pubblica amministrazione la tolle ranza, la impotenza, la indifferenza sieno ancora
maggiori. , . „
zione della giustizia su cui si possa fidare. E si noti che diciamo giustizia relativa, inquantochè sappiamo benissimo che invano si potrebbe do mandare una giustizia assoluta; il magistrato il luminato, indipendente, libero da ogni esterna influenza, dotto e sagace, sarebbe un sogno e nulla più. Anche il magistrato è uomo, e come tale soggetto a tutte le passioni umane. Ma se si può tollerare una giustizia rappresentata da uomini di scarsa cultura, se si può anche tacere quando il potere esecutivo eserciti talvolta sulla magistratura qualche influenza, se si comprende che i magistrati possono essere non abbastanza sereni per rimanere estranei alle correnti che si agitano nell’ ambiente in cui vivono; — tutti però sentiamo che questi deviamenti debbono essere contenuti in una certa misura, così che sia evi dente che le influenze, e le pressioni, e la scarsa cultura agiscono sul magistrato inconscio del- l ’ azione che subisce.
Cessa e deve cessare ogni tolleranza quando si veda che le interpretazioni delle leggi, le in certezze della procedura, le considerazioni della politica, la influenza dell’ ambiente sono efficienti allo scopo unico di intralciare con pretesti e con artifici il regolare andamento della giustizia.
Allora nelle moltitudini sorge il dubbio che vi sieno veramente dei poteri occulti che si im pongono allo Stato e impediscono il funziona mento delle sue amministrazioni per favorire il caso di Tizio o di Caio. La impressione che tale dubbio produce sulle moltitudini diventa delete ria, poiché in tal modo si vanno creando prece denti e fatti, i quali alla loro volta serviranno come altrettanti mezzi per estendere ed inten sificare questa condizione anormale, la quale si riepiloga in una sola frase: la denegata giustizia; frase che rappresenta uno stato di cose da cui derivarono sempre lo sfacelo e la rovina delle organizzazioni sociali.
E riteniamo davvero che faccia minor male alla pubblica moralità la assoluzione di un colpe vole, sebbene tale sia giudicato dalla pubblica opi nione, che non sia questo artificioso tentennamento, questa ostentata discussione su interpretazioni dei casi speciali, troppo chiaramente diretti a non dare corso alla giustizia per ragioni che alla giustizia sono estranee.
L ’ on. Nasi, sarà innocente, ed auguriamo che tale apparisca, l’ on. Ferri sarà stato mal condannato, l’ on. Todeschini usufruirà di una eccessiva interpretazione dello Statuto; ebbene; si assolvano, si proclami la loro impunità ; ciò potrà urtare coloro che sono di diverso parere, ma infine bene o male giustizia sarà fatta. Il mantenere questa sospensione non è nè bene nè male, ma peggio che male, poiché tutti, e non solo alcuni, si sentono offesi dall’ artificioso pro cedere di chi ha la responsabilità degli atti, e tutti sentono che la debolezza degli organismi dello Stato implica debolezza dello stesso orga nismo sociale.
La giustizia è il fondamento dei Regni nel senso che è la base della convivenza sociale; ogni strappo che si fa alla giustizia è un passo verso una condizione inferiore di civiltà.
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«sp.---Corrispondenza da Torino
Terso la municipalizzazione del pane ?
Superate le prove preparatorie stabilite dalla legge a correttivo di possibili sorprese od intem peranze partigiane — garanzie che, come era age volmente prevedibile, si rivelano in pratica, quando si tratti di grossi comuni, nuli’ altro che formalità ingombranti inefficaci —• il disegno di impianto elettrico-industriale per parte della città di Torino verrà fra pochi giorni sottoposto alla sanzione suprema del referendum popolare. Senza attendere però i risultati concreti di que sta intrapresa, del cui successo le obbiezioni con cordi dei tecnici più competenti dan diritto al meno di fortemente dubitare, l’ Amministrazione municipale si è risolutamente lanciata in una nuova iniziativa,. le conseguenze economiche e morali della quale, non facili a misurarsi fin d’ ora, potranno risultare però infinitamente più gravi; e, dalla produzione della forza elettrica in servigio delle industrie, essa viene insensibil mente avviandosi alla municipalizzazione del pane. Antica in Torino è la contesa tra operai e proprietari panattieri a proposito del lavoro con tinuativo notturno, che i primi vorrebbero abo lito, e che i secondi affermano indispensabile alla confezione delle forme speciali di pane richieste, nelle pi-ime ore del mattino, dall’ intiera cittadi nanza; ma comizi e scioperi non eran riusciti finora ad alterare lo statu quo tradizionale, pre ferito d’ altronde anche da buon numero di la voranti, ormai avvezzi all’ orario anormale, che lor procacciava non trascurabili vantaggi, così per l’ abbreviazione del tempo, come per il sen sibile aumento della mercede. L ’ agitazione, ciò non ostante, si manteneva viva, ad opera di un gruppo risoluto ed organizzato, ridotto tuttavia a minaccie platoniche dalla recisa opposizione dei proprietari, disposti e determinati, ove il conflitto scoppiasse, ad una rinnovazione di personale, che ritenevano facile e pronta, mediante larghi re clutamenti nelle vicine città.
continuando, coi lavoranti che lo accettassero, il solito orario, ed obbligandosi a sottostare in so lido alle penalità che potessero eventualmente colpire qualcuno di loro. Non mancarono contem poraneamente i garzoni — incuorati da una Ca mera del Lavoro a tinta assai mediocremente ri formista — di denunziarli sediziosi e ribelli, affermando mendace l’ asserzione che la totale chiusura notturna rendesse materialmente impos sibile una soddisfacente fabbricazione del pane. Veementi manifesti ed appelli al pubblico furono affissi dalle due parti: mentre gli agenti muni cipali, fedeli alla consegna, dichiaravano in con travvenzione un grandissimo numero di fornai, ostentatamente lavoranti in violazione del supe riore divieto.
La questione si faceva grossa e minacciosa, per l’ intervento, in appoggio dei contèndenti, delle Società generali degli esercenti da ùn lato, delle organizzazioni proletarie dall’ altro: quando agli Amministratori — inquieti dei poco benevoli commenti con cui la cittadinanza incominciava a rimeritare il loro provvido operato, e tutt’ altro che tranquilli d’ altronde circa la sostenibilità giuridica dell’ ukase infelice — sembrò opportuno differire, lo scioglimento violento del suscitato confliito scendendo a patti colle Commissioni dei proprietari, le quali non avevano ottenute dap prima se non sdegnose intimazioni di immediata obbedienza. E fu convenuto d’ accordo che, a di mostrare un conciliativo spirito di ossequio verso l’ Autorità, i fornai avrebbero consentito, in via di esperimento, a veder rigorosamente applicato l ’ incriminato articolo per tre mesi ; tempo du rante il quale una apposita Commissione muni cipale avrebbe praticamente ripreso in esame, in base a larghe ed imparziali inchieste ed ispezioni, il dibattuto problema, proponendone infine al Consiglio una soluzione conforme alle invocate esigenze tecniche, non meno che alle ragioni della più imparziale equità.
Questa specie di arbitrato conciliativo, da cui si attendeva la pacificazione degli animi, non servì purtroppo che a riaccendere, più irose ed implacabili, le ostilità. Dopo accurato studio della questione sotto ogni suo aspetto, la Commissione emetteva, poche settimane sono, un parere^ col quale, approvato in massima il principio di un equo riposo notturno, riconosceva però il buon volere dei proprietari, dichiaratisi disposti ad at tuare, invece della totale chiusura dei forni, ri tenuta rovinosa, un turno di servizio, assicu rante a ciascun operaio un’ interruzione continativa di lavoro di almeno sei ore durante la notte ciò che, praticamente, costituiva un riposo più lungo di quello imposto uniformemente, a ora fìssa, dal dibattuto articolo 380: e conciliava nei suddetti termini la definizione della incresciosa vertenza.
Si affrettarono i fornai a confermare la loro proposta, insistendo per la modificazione in tal senso del regolamento : ma protestarono subito, con veementi clamori, i lavoranti, minacciando 10 sciopero immediato, ove la primitiva disposi zione non venisse applicata nella sua integrità. A l che risposero i proprietari esasperati, indi cendo la serrata generale dei forni, e licenziando 11 personale non disposto ad accettare i suggerì ti temperamenti.
Alla violenta decisione seguì una quasi im mediata resipiscenza : e, tre giorni dopo la chiu sura, le botteghe si riaprirono. Annunziarono però i principali che, pur cessando dall’ estrema mi sura per rispetto alla legalità, essi avrebbero continuato a ritenere inesistente il divieto, fino a quando l’ Autorità giudiziaria ne avesse san zionata la costituzionalità, pronunciando circa le contravvenzioni di cui essi invocavano una pronta discussione, ad arte differita dal Municipio.
A questo punto stavan le cose quando si radunò il Consiglio comunale, d’ urgenza convo cato durante la serrata. Ma ivi una nuova sor presa attendeva gli esercenti. Intimidita infatti dalle minaccie, la Giunta, rimangiandosi le con clusioni dei Commissari da essa nominati, pro clamava la sua ferma volontà di mantenere illeso il contestato provvedimento, e, pur respin gendo la proposta della minoranza socialista per la municipalizzazione del pane, otteneva però dal Consiglio il consenso alla immediata creazione di forni municipali, destinati a frenare le velleità ribelli dei proprietari, ed a servir da calmiere sul corso dei prezzi.
Vivissima intanto era l’ attesa dell’ invocato responso del magistrato: e, il 16 scorso settem bre, 1’ aula della Pretura Urbana aveva l’aspetto delle grandi occasioni. L ’ aspettativa ansiosa però dovette subire un nuovo rinvio, dacché la sen tenza, anziché entrare nel merito della questione discussa, si limitò ad assolvere gli imputati, ri tenendo non sufficientemente provata dal sem plice asserto dell’ agente la dichiarata contrav venzione.
Coll’ ambiguo verdetto, che diede alle due parti belligeranti uguali ragioni di cantar vit toria, la controversia ha subita una momenta nea tregua: ma pende tuttora, in sede superiore, il giudizio di merito: mentre il Comune, fedele alla promessa, inaugura in vari quartieri i suoi forni, iniziando intanto la concorrenza alla pa nificazione libera, non senza far intravedere la eventualità non impossibile di una totale assun zione monopolizzatrice.
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Allo schematico riassunto di fatti, che ab- biam cercato di rendere, più che per noi si potesse, obbiettivo ed imparziale, sarebbero, superflui molti commenti.
Non è compito nostro ricercare fino a qual punto le preoccupazioni opportunistiche di equi librismo personale o partigiano abbian potuto al terare la equanime coerenza di condotta, che è primo dovere di ogni autorità moderatrice. E c cederebbe, d’ altra parte, i limiti della nostra competenza l’ entrare a discutei’e tecnicamente se, come vuole l’ una parte, la pretesa dell’ uffi cio di igiene sia tale da rendere irremediabil- mente impossibile la panificazione e la vendita mattutina, quale è richiesta dalle abitudini della cittadinanza, o se, come l’ altra pretende, l’ oppo sizione non sia frutto che di misoneismo invete rato e di rapace cupidità capitalistica.
esercizio ininterrotto dei forni, i proprietari insi sterebbero unanimi per il mantenimento di uno stato di cose che li obbliga, oltre ad una sorve glianza personale gravosissima, all’ aumento di spesa non indifferente che gli elevati salari not turni loro impongono. Ed una prova di più della buona fede da essi dimostrata deve, a parer no stro, riconoscersi in quella proposta di turno, a base di riposo alternato, che solo uno spirito di ostilità sistematica e di inconciliabile puntiglio può avversare e respingere, con danno manife sto degli ostentatamente patrocinati interessi dei lavoratori.
Ma, qualunque sia 1’ apprezzamento che altri voglia recare sull’ oggetto della controversia, fran camente crediamo che nessuno spirito equanime possa dissentire dalla tesi giuridica che i danneg giati han sostenuta e sostengono circa la legalità
e costituzionalità del provvedimento, di cui si
sentono così duramente colpiti.
La questione sta essenzialmente nello sta bilire :
1. ° Se l’ autorità municipale possa, con un semplice regolamento, esorbitare dalle proprie
funzioni, emanando decreti in una materia di competenza esclusiva, fino ad oggi, del potere le gislativo.
2. ° Se per di più sia lecito alla stessa, su prema autorità politica portar arbitraria limita
zione a ciò che costituisce l’ essenza fondamentale del diritto statutario: la inalienabile libertà per sonale del cittadino.
Ohe, nel caso nostro, questa libertà abbia sofferta violenta offesa, è fatto innegabile. La contravvenzione fu, d’ ordine superiore, applicata non soltanto ai forni nei quali si sorpresero, in ore notturne, squadre di lavoranti, ma a quelli stessi dove i soli proprietari e le loro famiglie vegliavano a tener accesi i fuochi fino al mattu tino, ritorno del personale. Ora, non trattandosi di industria in alcun modo molesta, anzi neppure avvertita dai vicini, bisognerebbe concluderne che l’ autorità municipale non esorbita dal proprio diritto penetrando, in ogni ora, in qualsiasi pri vato domicilio, per controllare con sollecitudine materna, se le persone che vi abitano vivano e si ^ contengano secondo i precetti despotici del- l’ igiene codificata. Neppure nell’ umoristica re pubblica medica dei Morticoles, descritta dalla
verve del buon Daudet si trova messo in pratica
un così gaio postulato amministrativo-sanitario ! Anche supponendo però che, riconosciuta l’esi larante assurdità della pretesa, il Municipio ri nunciasse a questa parte del divieto, limitandolo ai lavoranti salariati, resterebbe pur sempre a decidersi se, nei riguardi stessi di costoro, sia lecito ad esso esercitare funzioni, che sono, per loro essenza, di esclusiva competenza dello Stato.
Ispirandosi a criteri superiori di umanità, non meno che a precetti igienici universalmente riconosciuti, la legge di tutti i paesi civili è in tervenuta a regolamentare il lavoro in alcune circostanze specialissime, nelle quali il tempera mento della sfrenata libertà contrattuale si rav visa doveroso ed opportuno. Le restrizioni sancite circa l’ impiego delle donne e dei fanciulli in de terminate industrie rappresentan finora tra noi la piu nota applicazione di questo salutare prin
cipio: del quale appaion frutto altresì i progetti, meno pacificamente accettati, riguardo al riposo festivo o settimanale.
Ma appunto perchè tali divieti costituiscono una deroga manifèsta ad uno dei capisaldi del nostro diritto statutario, il quale riconosce a cia scuno la facoltà di esercitare liberamente la pro pria attività, fino a che non ne nasca danno, impedimento o molestia ad altrui, offesa alla mo ralità o turbazione dell’ Ordine pubblico, i casi nei quali viene vulnerato, in vista dell’interesse collettivo, il provvido principio appaiono espres samente specificati e tassativamente circoscritti dalle leggi, che, circondando di garanzie la pro pria, eccezionale ingérenza, implicitamente con ciò stesso riconsacrano il generale postulato.
A che si ridurrebbe l’ autorità del potere legislativo in questa materia, che interessa tanto da vicino le nostre più intangibili prerogative civili, se si facesse lecito a qualunque ente locale di contraddire a tutto intiero lo spirito della pa tria legislazione, intervenendo ad intralciare, con un semplice regolamento, l’ esercizio di industrie e di mestieri, riguardo ai quali deliberatamente il legislatore nessun vincolo ha posto alla piena facoltà di un libero contratto di lavoro? E d a quali conseguenze non potrebbe condurci la pe ricolosissima premessa, di fronte alla tendenza crescente nei nostri Comuni di assumere un nu mero sempre maggiore di servizi più o men pub blici, ad assicurare le sorti economiche dei quali troppo spesso tornerebbe indicatissimo l’abuso di un’ arma così micidiale, contro la concorrenza delle preesistenti imprese private ? A quali enor mità gli interessi di classe e lo spirito di parte non potrebbero spingerne 1’ applicazione, ove alle amministrazioni elettive locali fòsse riconosciuto il formidabile potere ?
Per poco che uno voglia riflettere alle ul time, logiche illazioni del postulato di cui si chiede la giudiziale conferma, è impossibile non ricono scere che il problèma,, -armile nelle apparenze e nelle origini, diviene in realtà uno. dei più im portanti cui abbian dato luogo le quotidiane, in terne controversie della vita municipale italiana. Ammettere nel Comune di Torino la facoltà di ispezionare di notte tempo il chiuso domicilio dei fornai, dichiarandoli in contravvenzione ove essi attendano, d’ accordo col loro personale, ad un lavoro silenzioso e consentito dalle leggi, si gnifica proclamare il diritto dei municipi ad inge rirsi nell’esercizio tecnico di qualunque industria: e. significa, per chi ben guardi, esplicitamente autorizzarli a violare, a sua volontà, la privata dimora di qualunque cittadino, angariandolo oggi nel nome-dell’ igiene, domani in virtù .di un altro qualsiasi preteso interesse collettivo.
Il prof. Tenerelli ha narrati di recente, in un ampio, spassionato studio, i mezzi, non sempre leali, usati dalla Giunta socialista di Catania a procurare il trionfo d el! attuata municipalizza zione, contro la disperata resistenza dei proprie tari di forni (1).
Colla stessa obbiettività giudicando, ci sem bra che nessun abuso di potere ivi eventualmente commesso possa paragonarsi all’ arbitrio
camente despotico di cui ci han dato esempio gli amministratori liberali di Torino, ostinandosi, per autoritarismo verso i deboli pari alla acquiescenza verso i min acci an ti ed i forti, in un provvedi mento di palese sopraffazione e di illegale violenza.
Torino, settembre 1905.
Giu se ppe Pr a t o.
Il commercio degli italiani in Tunisia
Dopo avere esposta la situazione di quegli italiani che in Tunisia esercitano l’ agricoltura (1) il sig. Gastone Loth pass a dire di quegli altri che vivono del commercio.
Il ceto dei negozianti italiani ha in Tunisia antiche e salde radici. Sino dal principio del se colo X I X , livornesi e genovesi costituivano il nocciolo della popolazione nelle piazze di com mercio di quel littorale ; e poiché gli indigeni, nomadi o pastori o agricoltori, non si curavano del traffico coi paesi esteri, quegli italiani erano 10 strumento degli scambi tra le manifatture europee e i prodotti recati sulla costa dalle tribù arabe. Francesi, in quella regione, ve n’ erano pochi. Ma gli scambi si fecero assai più attivi dopo il 1860, quando i diversi Stati italiani si unirono a formarne uno solo. V i cooperarono an che le Compagnie nostrali di navigazione col- 1’ istituire linee più regolari e servite da migliori piroscafi, viaggi comodi e frequenti. Fra tutte le colonie europee gli italiani erano giunti a poco a poco a conseguire una posizione preponderante. Nell’ importazione come nell’ esportazione, il traf fico tra l’ Italia e la Reggenza di Tunisi ebbe il suo punto culminante nelle ultime annate, che precedettero l’ occupazione francese.
Ma il progresso restò troncato dal cambia mento di regime politico, cui l’ istituzione del Protettorato venne a inaugurare.
E ’ vero che la Francia s’ era impegnata a rispettare i trattati conchiusi dalla Reggenza con le Potenze estere. E per ciò che concerne l’Italia, 11 trattato del 1868 assicurava piena libertà di commercio tra i due paesi e pagamento di tasse doganali eguali a quelle applicate alla nazione più favorita. Ma il commercio francese, avendo preso dopo l’ occupazione un vivo impulso, veniva ad essere di fatto un nuovo e valido concorrente ; epperò quello italo—tunisino ebbe a soffrire in quel tempo una diminuzione, non solo in via re lativa, ma anche in via assoluta. Senza riportare l’ intera tabella, che comprende anche gli anni intermedi, basti dire che dal 1885 venendo al 1890, il movimento delle esportazioni ed impor tazioni riunite fra l’ Italia e la Tunisia, mentre aveva rappresentato il 29.40 per cento del mo vimento totale della Reggenza, non rappresentò più che il 9.65, perchè dopo avere corrisposto a un valore di quasi 13 milioni di franchi, non corrispose più che a un valore di poco oltre franchi 5,700,000.
(1) V e d i Econom ista nn . 1638 e 1639.
Un altro colpo ebbe il commercio con l’Italia dalla legge francese del 1890, che permise a un certo numero di prodotti tunisini, oli, cereali, vini, eco., pur limitandone le quantità annue, l’ ingresso in franchigia nella metropoli. Accadde allora che parecchi negozianti italiani stabiliti nella Reggenza cominciarono essi pure ad avviare cotesti prodotti, invece che in Italia, dove paga- vado dazio doganale, a Marsiglia, dove non lo pagavano più. Per altro, dopo qualche anno si vide che se il commercio italiano perdeva ancora come parte percentuale del commercio comples sivo della Reggenza, isolatamente considerato man teneva la sua posizione abbastanza bene. Nel 1892 le importazioni in Tunisia erano ascese a un va lore di 5 milioni, le esportazioni in Italia a 3,600,000, trascurando le frazioni minori ; nel 1897 la prima, sempre in cifre tonde, erano salite a 5,700 mila, le seconde a 4,800 mila.
Il modesto auménto delle importazioni si spiega con facilità. Mentre le relazioni d’ affari tra i due paesi erano antiche e ben radicate e delle condizioni locali del mercato tunisino gli italiani erano, come pur oggi sono, ottimi cono scitori, l’ Italia e la Francia, malgrado il Protet torato, erano ancora in condizioni eguali rimpetto alla Reggenza, perchè nell’ introdurvi le rispet tive merci andavano soggette allo stesso tratta mento doganale. L a preponderanza francese era ancora più che altro politica: quella commerciale già sorgeva anch’ essa, ma non aveva peranco messo in opera tutti gli elementi di cui ebbe a disporre di lì a poco. Il trattato italo—tunisino del 1868 era ancora vigente.
Restò abolito, come tutti sanno, dalla con venzione italo—francese del 1896, entrata in v i gore nel 1897, che l’ Italia dovette firmare a malincuore, mediante la quale la Francia si fece, riguardo al paese suo protetto, la parte del leone, stabilendo cioè per le sue merci importate in Tunisia tariffe di favore e lasciando all’ Italia, come ad altri Stati, il solo benefizio della tariffa minima francese.... che non e poi tanto minima.
A ll’opinione pubblica italiana non sfuggì l’im portanza del fatto non lieto, il ceto commerciale italiano di Tunisi mandò fuori grida di dolore, ma dovette anche chinare il capo sotto il peso della forza maggiore e, composto com’ è di gente pratica, non potè fare altro che cercare di accon ciarsi meglio che fosse possibile alla nuova si tuazione.
La quale era la seguente. Prese per base le importazioni italiane in Tunisia, quali erano state nel 1895, cioè per un totale di circa 5 milioni di franchi, colla nuova tariffa minima francese un pò più d’ un quarto veniva ad essere esentato da ogni dazio, un pò meno del decimo veniva a go dere una riduzione, un quarto circa restava tas sato a un dipresso come prima, e un terzo su biva un aggravamento daziario assai forte.
annullato, non veniva ad essere, in modo asso luto, reso più languido. Di fatti, prescindendo dalle piccole oscillazioni da un anno all’ altro, dovute alle cause più varie, si può dire eh’ esso conserva un livello quasi costante, forse con un piccolissimo moto verso l’ aumento. Nel 1903 le importazioni italiane in Tunisia restarono di poco inferiori al valore di cinque milioni e mezzo. E ’ pur qualcosa, benché sia cosa piccola accanto ai sessantasei milioni d’importazioni francesi. Cosi pure, nello stesso anno, le esportazioni tunisine per l’ Italia superarono il valore di sei milioni. E ’ qualche cosa anche questo.
Riguardo alla tendenza all’ aumento, assai lieve, badiamo !... sarà bene che la produzione italiana tenga conto del fatto che alcune merci — come prodotti chimici, vasellami, carta, pelli e lavori di pelle, lavori di paglia, mobili, generi di moda, ombrelli — entrando nella Reggenza hanno lo stesso trattamento doganale delle ana loghe merci francesi. Qui la lotta è possibilissima. In quanto alla clientela, si può fare un certo assegnamento sulla grande entità numerica della colonia italiana della Tunisia, e su quel persi stente afflusso d’ immigranti italiani che continua ad ingrossarla.
E. Z.
L’ EMISSIONE BANCARIA IN SVIZZERA
e la sua riforma W
i l .
La legge tuttora vigente sulle banche di emissione in Svizzera, fu presentata, come è stato avvertito, il 9 giugno 1880 e divenne esecutiva il 1 gennaio 1881, entrando effettivamente in v i gore il 1 luglio dello stesso anno. Senza dilun garci a rammentare le vicende del progetto, esporremo succintamente le principali disposizioni del testo promulgato, il quale mirava a porre su un piede di uguaglianza la emissione delle varie banche e ad organizzare la vigilanza del governo federale sul funzionamento degli istituti, pur la sciando che ognuno di essi continuasse le opera zioni speciali costituenti l’ oggetto principale della propria attività ; ispira vasi, cioè, alla legge precedentemente respinta dal popolo elvetico, delle cui disposizioni non poche riproduceva.
La concessione del privilegio dell’ emissione a^ una banca svizzera è subordinata alla condi zione che questa possegga un capitale versato di Fr. 500 mila almeno, abbia il carattere di sta bilimento cantonale o di società per azioni, dia pubblicità alle proprie operazioni, si impegni di accettare i biglietti degli altri istituti ; e non può essere rifiutata quando le prescrizioni di legge sieno adempiute.
Il limite massimo della circolazione è fissato in una somma doppia del capitale versato (men tre nel progetto era costituito dal capitale, su bordinandosi l ’aumento fino al doppio di questo
(1) V ed i Econom ista n n . 1631, 1633, 1636.
a un deposito di titoli cantonali, nella propor zione del 50 per cento, in più della garanzia ri chiesta normalmente; e nella legge del 1874 sta- bilivansi, come si è visto, norme assai più restrittive) fermo nel Governo federale il diritto di determinare il totale della circolazione nel paese e quindi quella di ciascun istituto. I bi glietti emessi debbono avere una copertura me tallica corrispondente al 40 per cento del loro importo. Qui non sarà inutile notare come, ba sandosi sulla media dell’ incasso dei cinque anni precedenti, il progetto prescrivesse una riserva metallica uguale alla metà della circolazione, e la Commissione propendesse invece per una di un terzo: colla proporzione adottata si ritornava ai limiti accettati dalla legge del 1874.
I rimanenti 60/100 debbono essere coperti : o dal portafoglio, costituito come prescrivevasi nella legge ora citata (Banche di sconto) (1 ); o da un deposito, presso la Cassa depositi del re lativo Cantone (il quale percepisce un diritto di custodia di 1 0/00 all’ anno) di titoli pubblici, federali, cantonali ed esteri (Banche miste) ; o da una garanzia del Cantone in cui la Banca ha la sua sede principale (Banche Cantonali). L e ban che di sconto (da operazioni limitate) non pos sono aprire crediti allo scoperto ; seguire o inter venire in operazioni a termine su merci o valori; possedere immobili oltre quelli a uso di ufficio; fondare o esercitare imprese di assicurazioni, in dustriali e commerciali (eccettuato il commercio dei metalli preziosi) ; assumere la emissione di titoli che non siano quelli di Stati e Comuni in digeni ; nè partecipare a ditte che trattano affari del genere sopraindicato.
Limitati i tagli dei biglietti a quelli da Fr. 50 ; 100 ; 500 e 1000, s’ impone l’ obbligo alle banche di rimborsare i propri biglietti : a pre sentazione, nella sede principale; entro un ter mine massimo di due giorni, nelle succursali e uffici di cambio ; e di accettare in pagamento quelli di ogni altro istituto svizzero che esegui sca puntualmente il rimborso. A differenza della legge del 1874, non si costringe, colle accennate limitazioni, ciascuna banca a rimborsare i bi glietti delle altre ; ma la si costituisce interme diaria, a titolo gratuito, del cambio, da compiersi entro tre giorni, non compresi i festivi. L ’ isti tuto che emise i biglietti presentati al cambio, è tenuto a fornire a richiesta della banca che si incaricò del rimborso, l’ importo dei biglietti stessi, in numerario o in biglietti della banca interme diaria del cambio.
In caso che una banca neghi il rimborso di un suo biglietto, il portatore di questo ha fa coltà (o se è un istituto di emissione che lo pre senta al cambio, l’obbligo) di far constatare o f i cialmente il rifiuto mediante protesto ; in seguito
al quale il Tribunale federale intima alla banca emittente un termine per il pagamento del bi glietto, interessi e spese, e le interdice ogni ul teriore emissione, salvo a decretare la liquidazione forzata di essa. Ove quest’ ultimo provvedimento si verifichi, i portatori dei biglietti hanno diritto di rivalersi sulla riserva metallica legale del 40 per cento e sulla garanzia, di varia natura se condo il carattere della banca fallita, che com pleta la copertura della circolazione. Se questa risulta effettivamente inferiore al 60 per cento, i diritti dei portatori dei biglietti segnano imme diatamente quelli dei creditori ipotecari e pigno- ratizi, e hanno la precedenza su tutti gli altri ; si sancisce, cioè, il privilegio che, in mancanza della garanzia dello Stato, era contenuto nella legge del 1874.
La Confederazione, per mezzo dell’ Uffizio di controllo dei biglietti istituito presso il Ministero delle Finanze (Regolamento 2 giugno 1882) eser cita la vigilanza sugli istituti : a) mediante l’e same delle situazioni settimanali, dei bilanci men sili e annuali, dai medesimi rimessi all’ Ufficio, che li riassume e rende pubblici, e occorrendo, degli stati giornalieri di cassa ; b) mediante ispe zioni ordinarie (almeno una volta all’ anno) e straordinarie, e verifiche.
La Confederazione, a titolo di rimborso delle spese di controllo e non già come mezzo di con tenere la circolazione entro dati limiti, percepisce una tassa di 1 0/00 all’ anno sulla emissione; i Cantoni, infine, non possono esigere su questa una imposta maggiore del 6 0/00 all’ anno, da essere uniforme pei vari istituti di ogni Cantone.
Questo, in succinto, il contenuto della legge del 1881, per tacere delle sanzioni stabilite in caso d’ inadempimento delle norme imposte, e della procedura per le liquidazioni forzate.
Approvata la legge in parola, le banche concordatarie — valendosi del disposto dall’ ar ticolo 28, che autorizza, salvo l’ approvazione del Consiglio federale, la stipulazione di Concordati — promossero la trasformazione della conven zione del 1876 in un accordo, il quale, senza con traddire alle disposizioni della legge, ne agevo lasse l’ adempimento ; aumentasse, in favore dei portatori dei biglietti, l’ estensione degli obblighi da questa imposti, e regolasse uniformemente i rapporti, reciproci degli istituti. Il nuovo con cordato, concluso a Berna il 1° giugno 1882, fa ceva obbligo ad ogni banca concordataria di rim borsare ai terzi i biglietti di tutte le altre, anziché agire da semplice intermediaria, ripristinava, cioè, la norma posta del Concordato del 1876, entrata ormai nell’ uso del pubblico; estendeva poi alle succursali di ogni banca il diritto, all’ istituto, come tale, conferito dalla legge, di richiedere alla banca emittente la copertura dei biglietti accet tati pel cambio; ponendo il principio che, tolta la necessità di rifornire il proprio incasso, fosse accettata, di regola, la controvaluta in biglietti di propria emissione anziché in numerario.
Istituivasi inoltre un « Ufficio Centrale delle Banche concordatarie » il quale, alle funzioni di stanza di compensazione dell’ Ufficio centrale pree sistente univa quelle di Cassa di depositi, do vendo ogni istituto consociato tenere in deposito presso di esso una somma in numerario (da po
tersi computare come parte della riserva legale dei biglietti) destinata alla liquidazione dei cre diti derivanti dal cambio reciproco dei biglietti. Manteneva si l’ uso d’ indire adunanze gene rali ordinarie e straordinarie dei delegati degli istituti concordatari, e creavasi un Comitato di cinque membri, da nominarsi, di anno in anno, dall’adunanza ordinaria.
In un secondo Concordato, portante la stessa data di quello ora accennato, si regolava l’ incasso reciproco gratuito degli effetti esigibili sulle piazze in cui trovasi la sede centrale o una succursale degli istituti stessi, e l’ emissione e il pagamento reciproci di mandati, incassabili, d’ ordinario, a pre sentazione; la compensazione delle somme rela tive da eseguirsi per cura dell’ Ufficio centrale, salvo che sieno giornalmente superati determinati limiti d’ importo, nel qual caso l’ istituto trat tario può direttamente richiedere al traente la immediata copertura.
A tali convenzioni, fin dal 30 giugno 1882, avevano aderito 26 delle 29 banche allora esi stenti. (1) In sostanza si riconfermavano, a van taggio del pubblico, quei legami di solidarietà che erano venuti formandosi fra la maggior parte delle banche, e che, dato il principio a cui s’ in spirava la legge, non avrebbero potuto in questa trovare il loro riconoscimento.
(Continua) Do t t. G. S.
(1) Fu soltanto con l ’ aprile del 1902 che, per l ’ade sione della Banca Cantonale di Berna (l’ unica che an cora vi rimanesse estranea) al Concordato del 23 no vembre 1901, tutte le Banche di emissione svizzere (36) divennero Banche concordatarie. Quest] ultimo Con cordato, di cui parte sostanziale sono le disposizioni dei precedenti, contiene alcune innovazioni che ci avverrà di accennare più avanti.
R
ivista
B
iblioqrafica
F r é d è r i c P a s s y . - Les Causerie du Grand-Pére.
—- Paris, A. Picard et Kaan, 1905, pag. 262 (Fr. 1.50).
Ecco un altro prezioso volumetto dell’illustre Maestro tutto pieno di sapore, di chiarezza e di scienza vera. E gli si è proposto di trattare molte delle questioni di ordine economico e sociale che si sogliono indicare col nome generico di questione
sociale, sotto una forma tale che riuscissero di
facile intelligenza ai profani e nello stesso tempo che riuscissero attraenti. L a forma scelta è il dialogo, che l’ illustre pensatore afferma in parte ricavato dal vero per le discussioni che sopra vari temi egli ha avuto coi suoi nipotini.
Il lavoro fu concepito e pensato dall’Autore per una lunga serie di anni ; nè ciò deve mara vigliare chi sappia quanto sieno difficili le opere facili ; ma è riuscito veramente perspicuo e fa ricordare quei pochi notissimi lib ri popolari che costituiscono una vera ricchezza per un paese.
di-scutere sulla eterna lotta tra poveri e ricchi, per esaminare 1’ utopia della eguaglianza, dare il con cetto della proprietà ed analizzarne le basi ; e giù giù con un legame continuo di una naturale successione di discorsi semplici ed evidenti, parla del valore e delle sue leggi, della eredità, del ca pitale, della moneta, del salario, dell’ interesse delle macchine, del commercio, della libertà del commercio, del lusso, delle assicurazioni, delle im poste, ecc. eoe.
Auguriamo che questo geniale lavoro del- 1’ eminente Maestro trovi presto un sagace tra duttore ed un abile editore che, facendo un buon affare, lo diffonda tra le moltitudini.
Dott. Maurice Éblé. - Les écoles catholiques
d’economie pólitique et socìales en Trance: —
Paris, V. Giard et E. Brière, 1905, p. 412. Questo lavoro è diretto a dimostrare che non vi può essere un ordine sociale voluto e sta bilito dalla Chiesa cattolica, perchè, se si esami nano i diversi scrittori, anche dei soli tempi più vicini a noi, si trova che vi sono diverse scuole economico-sociali, che si chiamano cattoliche e le quali non sono necessariamente tra loro concordi. « Egli è - afferma l’ Autore sulla fede di molti scrittori - che la Chiesa non impone nessun si stema economico-sociale, ma lascia libertà sul modo con cui concepire ed attuare un sistema. Però la Chiesa ha e mantiene i suoi principi cristiani, e qualunque sistema economico-sociale deve essere 1’ applicazione di tali principi, se non li applica, non può essere nemmeno dalla Chiesa tollerato. Entro i limiti nei quali i prin cipi possono essere applicati, possono nascere e svilupparsi sistemi e scuole cattoliche. A l di là di tali principi, no ». « Così l’ economia cristiana - conclude l’Autore - si comporrà di una scienza rigorosa, ma ristretta, e di un’ arte molto pie ghevole, tenuta sotto il rigore dei principi, ma che si può adattare alla infinita varietà delle circo stanze, senza timidezza e senza temerarietà ».
Sviluppa l’ Autore questa tesi esaminando prima il movimento sociale cattolico nella prima metà del secolo X I X ; quindi il periodo dal 1850 al 1870, Corbière, Noblat, Périn, Le Play, de Ketteler sono gli scrittori di questo periodo, che l’ Autore esamina.
Viene quindi alla fioritura delle scuole cat toliche contemporanee dal 1870 al 1891 ed alle divergenze di dette scuole sulla questione del maggiore intervento dello Stato, sulla organiz zazione sociale, sulla legislazione operaia ; ed ac cenna alla lotta tra la Réforme sociale e la Scienze
sociale, i due periodici che più diversamente con
cepiscono la applicazione dei principi cristiani, terminando questa parte con un rilievo sulla si tuazione delle scuole economiche cattoliche nel 1891.
Tratta quindi lungamente della Enciclica
Rerum novarum e della sua influenza sulle scuole
cattoliche e finalmente viene a cercare lo stato attuale delle scuole stesse e crede di poterle di videre in cinque gruppi : la scuola cattolica li berale; - la scuola conservatrice; - la scuola cat tolica sociale ; - la scuola democratica sociale ed il socialismo cristiano ; domandandosi quindi quale
possa'essere l’ avvenire di tali scuole e se pos sono fondersi in una nuova unica scuola cattolica. Il lavoro è scritto con una certa imparzia lità, la quale però pare abbia reso l’ Autore alquanto incerto nei suoi giudizi, così che tal volta sembra che dica molto meno di quello che pensa.
E d g a r d M ilh a u d . - Le rachat des chemins de fer. — Paris, E. Gornely et C., 1904, pag. 315 (Fr. 3.50).
E noto che la Camera dei deputati francese al principio del 1902 aveva votato un ordine del giorno che invitava il Governo a riscattare la rete dell’ Ovest e del Mezzogiorno ; ma che tale voto non ebbe efficacia ed anzi più tardi il mi nistro Rouvier non si mostrò propenso a tale po litica ferroviaria. Il sig. Milhaud scrive questo volume affine di propugnare il riscatto delle strade ferrate francesi da parte dello Stato e natural mente afferma che i patti verso le Società eser centi sono patti leonini, che il servizio va male, che 1’ erario perde dei denari e che tutto questo sarebbe evitato mediante l’ esercizio di Stato.
Non è il caso qui di analizzare questo libro; i nostri lettori hanno letto nell’ Economista tanti scritti sulla questione dell’ esercizio di Stato, che non hanno bisogno di conoscere il nostro giudizio. Rileveremo solamente che l’Autore, per suffragare la sua tesi cita anche 1’ esempio dell’ Italia e di scorre quindi delle Convenzioni di esercizio 1884; ma sventuratamente con poca conoscenza di causa. Egli comincia a dire che lo Stato pagava alle Società una sovvenzione di 3000 lire al chilo metro sulla rete esercitata da esse, mentre le 3000 lire al chilometro, più la metà del prodotto lordo, erano le basi di esercizio della sola rete secon daria. E ripete il solito errore di calcolare quanto 10 Stato ricava di rimunerazione al capitale im piegato nelle strade ferrate, coi soli elementi della spesa di costruzione e dal prodotto netto del bilancio ; afferma dei lauti guadagni conse guiti dalle Società esercenti e non avverte che le azioni della Mediterranea, non ostante tali guadagni, si quotano sotto la pari. Attribuisce le imposte sui trasporti del 1894 e 1898 a tentativi dello Stato « per diminuire le sue perdite », il che non è esatto.
Ciò non vuol dire che molte delle osserva zioni dell’Autore sulla questione non siano accet tabili. L ’esercizio privato delle strade ferrate con tinuiamo a ritenerlo la miglior soluzione, quando però le Società esercenti non siano animate, come avvenne da noi, da troppo vivo desiderio di ren dere inevitabile l’esercizio di Stato.
P r o f. W . Z . R ip le y . - Trust, pools and
corpora-tions. — Boston, Ginn et 0., 1905, pag. 477.
L ’Autore ha avuto 1’ eccellente idea di rac cogliere una serie di monografie di diversi scrit tori che hanno trattato dei singoli grandi trust sorti negli Stati-U niti e fornire così agli stu diosi importanti elementi per giudicare sul mo derno problema, che preoccupa in vario senso gli economisti e gli uomini di Stato.
Association », il C. E. Edgerton della << W ir e - Nail Association », il E. B. W hitney della « Ad- dyston Pipe Company », il P. C. Knox della « Interpretation and Amendement o f thè Sher- man A nti-T ru st A ct » ed altri tali, l’Autore (che ha pure dettate due monografie, una sulla « Ca- pitalization of Public-Service Corporation » l’ altra « Later History o f thè Bond Conversion ») pre mette una interessante introduzione nella quale distingue quattro periodi sullo svolgimento dei
trusts dopo la depressione dal 1873 al 1879. —
Uno che va dal 1880 al 1887 in cui comincia la ten denza alle grandi, unioni industriali; dal 1887 al 1897 nel quale queste unioni assumono forma strettamente legale, coll’ esempio dell’ O il-Trust nel 1882; ed in cui comincia la legislazione Anti
trust, il terzo periodo di grande prosperità che ha il suo culmine nel 1902, nel quale periodo che corre dal 1897 al 1904 si estendono i trusts ai vari rami dell’ industria e del commercio ; e final mente 1’ ultimo periodo che ha inizio nel 1903 coi grandi scandali, che turbano l’ economia del paese.
Giustifica quindi l’Autore, e spiega la natura delle diverse monografie raccolte, le quali tendono ad illustrare i fatti più importanti avvenuti in ciascuno dei quattro periodi e si estende alquanto a considerare le conseguenze economiche, finan ziarie e giuridiche di tale movimento.
RIVISTA ECONOMICA E FINANZIARIA
Il vice presidente della Associazione per la difesa della produzione e del commercio na zionale, ing. Vincenzo Marchetti, ha licenziato alle stampe una relazione intorno a una legge contro le frodi nel commercio dell’ olio di oliva.
La relazione è importante e contiene delle grandi verità : L ’ing. Marchetti osserva come in Italia si commerciano liberamente miscele d’olio di oliva, e queste sono poste in vendita non solo come olì d’ oliva finissimi, ma si esportano anche sotto il nome di olio di oliva italiano, discredi tando così il prodotto nazionale e mettendo gli olivicultori in condizioni sempre più sfavorevoli nella lotta con i paesi concorrenti e nella difesa contro le malattie dell’ olivo, per la meschina re munerazione che essi ritraggono dal loro prodotto. A ciò si aggiunga la importazione continua di altri olì dalla Tunisia, dalla Spagna e dalla via di Trieste, che fanno forte concorrenza al prodotto nazionale, con grave danno degli ulivi- cultori italiani.
Perciò l’ Associazione si propone di difendere la produzione e il commercio dell’ olio di oliva italiano, combattendone le adulterazioni e le con correnze sleali e perniciose, e crede sia indispen sabile per raggiungere lo scopo, che una provvi denziale legge contro le frodi dell’ olio di oliva venga presto votata dal Parlamento.
Dietro questa importante relazione il Con siglio direttivo dell’ Associazione Nazionale ha votato il seguente ordine del giorno :
« Il Consiglio direttivo dell’Associazione Na zionale per la difesa della produzione e del com mercio dell’ olio di oliva ;
« Udita la relazione del vice presidente cav. Vincenzo Marchetti sulle condizioni del com mercio dell’ olio di oliva italiano, fa proprie le considerazioni e le proposte in essa contenute e delibera di dare mandato agli onorevoli deputati che fanno parte del Consiglio medesimo di pre sentare al Parlamento, insieme agli altri colleghi rappresentanti le principali regioni oleifere, un progetto di legge contro le frodi nel commercio dell’ olio di oliva.
« Delibera, inoltre, di trasmettere la suddetta relazione alle Camere di commercio, ai Sodalizi agrari delle regioni oleifere, con preghiera di far conoscere il loro parere sulle considerazioni e pro poste in essa contenute, non più tardi del 31 ot tobre corrente anno, affinchè possa servire di guida nella preparazione del progetto di legge da sottoporsi all’ approvazione del Parlamento nella prossima sessione ».
— Segnaliamo specialmente perchè le sue ve dute non sono limitate alla sola Turchia, ma a tutte le Nazioni del mondo la recente avvenuta costituzione di una grande associazione interna zionale a Costantinopoli, intitolata Unione per manente dei delegati del commercio estero, com posta dei delegati delle Camere di commercio estere a Costantinopoli, e dei delegati di quelle comunità commerciali che non hanno Camere di commercio. Il principale oggetto di questa asso ciazione è di agire con unità di vedute nelle nu merose questioni commerciali che sorgono in Tur chia e che generalmente nuocciono al commercio di ogni nazione. L ’Associazione ha già deliberato, tra altro, sulle seguenti questioni : analisi delle dogane, proibizione di certe marche di fabbrica, e 1’ eccessivo costo dei protesti.
— In questo momento nel quale la questione del rapporto tra salari e ore di lavoro è così di battuta nelle diverse Nazioni, non sarà inutile riportare una breve statistica, tolta dal rapporto annuale che il Dipartimento del Lavoro del Board
o f Trade pubblica sulle modificazioni avvenute
nella proporzione dei salari e delle ore di lavoro in Inghilterra durante 1’ anno 1904.
La diminuzione dei salari — dice il rap porto — che caratterizzò gli anni 1901-1903, è continuata nel 1904.
Le industrie, specialmente colpite, furono quelle delle miniere di carbone e di ferro, delle ferriere, delle acciaierie, delle costruzioni navali, della fabbricazione delle bottiglie di vetro e delle costruzioni edilizie.
Gli operai che ebbero mutati i loro salari, nel corso del 1904, furono 801,000; di essi 16,000 ottennero un aumento complessivo settimanale di sterline 1200 (130,000 lire italiane), e 785,000 patirono, invece, una diminuzione complessiva di salari per sterline 40,400, pari ad 1,010,000 lire italiane alla settimana. Il risultato netto è per tanto una perdita di sterline 39,200 nei salari settimanali, in confronto ad una diminuzione di 39,200 nel 1903, di 72,600 nel 1902, e di 76,600 nel 1901.
infe-riore del 28 per cento alla diminuzione media accertata nel corrispondente periodo del 1904.
Le variazioni nelle ore di lavoro furono poco importanti. Esse riguardarono 16,792 operai, dei quali 16^018 ebbero le ore di lavoro diminuite.
L ’ effetto netto di queste modificazioni fu una riduzione di 24,599 ore nell’ insieme del lavoro settimanale, assegnato a cotesti 16,118 operai.
Il maggior numero degli operai, che ebbero ridotte le ore di lavoro, appartiene all’ industria delle costruzioni edilizie.
— Il Board o f Tracie pubblica un Blue
Book, contenente il rapporto annuale dell'eser cizio delle ferrovie e delle tramvie del Regno Unito, durante il 1904. E ’ importante assai co noscere alcuni dati di questo rapporto. La lun ghezza totale dei binari di corsa era alla fine del 1904, miglia 37,900, comprese miglia 13.700 di doppio binario. Il capitale impiegato nelle fer rovie era di Lire sterline 1,268,495,000, con un aumento di Lire sterline 23,000,030 rispetto al 1904. Il prodotto lordo totale ammontò a Lire sterline 111,833,000, con un incremento di Lire sterline 944,000, rispetto al 1903; Lst. 48,388,000 costituiscono il prodotto, passeggeri, Lire sterline 55.400.000 il prodotto merci e Lst. 8,045,000 il prodotto miscellanea. Le spese d’ esercizio am montarono a Lst. 69,173,000 con un aumento di Lst. 611,000 rispetto al 1903. Il prodotto netto ammontò a Lst. 42,660,000, con un aumento di lire sterline 333,000 rispetto al 1903. Il profitto netto del capitale fu pertanto del 3.36 per cento mentre era stato del 3. 40 per cento nel 1903 ; ma la media dei dividendi pagati alle differenti classi di capitali fu praticamente la stessa che nel precedente anno, ad eccezione della media, dell’ interesse sui prestiti che declinò da 4. 46 a 4. 11 per cento.
Il numero dei passeggeri trasportati durante il 1904 fu in totale di 1,198,774,000 cosi ripar titi: 34,931,000 di prima classe, 71,294,000 di seconda classe, e 1,092,549,000 di terza classe. Le cifre corrispondenti del 1903 erano state : 1.195.265.000 pel tot. e respetti vamente 35,069,000; 73,991,000; 1,086,205 per le varie classi.
L ’ incremento nel numero dei passeggeri di terza classe fu più grande nel 1904 che nel 1903, ma fu ancora piccolo rispetto all’ incremento an nuale, verificatosi negli anni precedenti al 1902. La scarsa misura dell’aumento è attribuita alla crescente concorrenza dei tramivays. Il numero dei passeggeri di terza classe, trasportati sulle ferrovie dal 1896 al 1904, fu rispettivamente di 888,604,000; 935,160,000; 963,674,000; un mi liardo 003,996,000; 1,038,873,000; 1.068,918,000; 1,080,625,000; 1,086,205,000; 1,092,549,000; il numero dei passeggeri trasportati sui tramways negli stessi anni fu: 759,466,000; 788,570,000; 858,486,000; 924,820,000; 1,065,374,000; un mi liardo 198,227,000; 1,394,453,000; 1,681,949,000; 1,799,343,000.
Nel 1900 il numero dei passeggeri traspor tati sxii tramways ha superato il numero dei passeggeri di terza classe trasportati dalle fer rovie, ed ha continuato a superarlo negli anni successivi, con aumenti proporzionali molto mag giori.
Rassegna del commercio internazionale
Il commercio dell' Inghilterra nei primi otto mesi. — Riportiamo qui i resultati del commercio di importazione dell’ Inghilterra nei primi otto mesi dell’ anno corrente, confrontandoli col pe riodo corrispondente dello scorso anno :
1905 1904
in sterline Bestiame e sostanze aliment. 149,800,000 1.48,500,000 Materie greggie 119,800,000 115,100,000 Oggetti manifatturati 93,400,000 90,100,000 Generi diversi e pacchi post. 1,500,000 1,400,000 364,500,000 355,100,000
E ’ notevole il progressivo e continuo aumento della importazione inglese, già constatato anche nelle Riviste dei precedenti mesi : la differenza tra i due anni sarà del resto meglio constatata dal seguente specchietto :
Bestiame e sostanze alimentari Materie greggie
Oggetti manifatturati Generi diversi e pacchi postali
+ 1,300,1X10 + 4,700,000 -t- 3,300,000 - I - 100,000 + 9.400,000
Ecco ora i resultati delle esportazioni :
1905 1904
in sterline Bestiame e sostanze aliment. 11,300,000 10,000,000 Materie greggie 23,200,000 23,300,000 Oggetti manifatturati 175,400,000 159,200,000 Generi diversi e pacchi post. 2,900,000 2,600,000 212,800,000 195,100,000
Anche la esportazione inglese è in questo periodo in aumento tranne una piccola differenza in meno nelle materie greggie : forte è però lo slancio nell’ esportazione degli oggetti manifattu- rati, come qui vedesi :
Bestiame e sostanze alimentari Materie greggie
Oggetti manifatturati Generi diversi e pacchi postali
+ 1,300,000
— 100,000
- f 16,200,000 -I- 300,000
17,700,000
Il commercio di transito inglese ha dato poi 52,200,000 sterline nel 1905 contro 47,700,000 del 1904 : una differenza in più di 4,500,000.
Il commercio della Francia nei primi otto mesi del 1905. — Durante i primi 8 mesi del corrente anno le importazioni in Francia ammon tarono a fr. 3,083,146,000, contro 2,971,867,000 durante lo stesso periodo del 1904. Le esporta zioni ebbero il valore di L. 3,024,349,000, contro L. 2,842,591,000. Le importazioni superarono adunque le esportazioni di L. 58,797,000. Queste cifre così si scompongono :
Im porta zion i 1905 diff, su i 1904 Sostanze alimentari L. 598,921,000 — 14,629,000 Materie necessarie all’in
dustria » 2,024,067,000 + 123,022,000 Manifatturati » 550,158,000 2,886,000 Totale L. 3,083,146,000 + 111,279,000 E sportazion i
Sostanze alimentari L. 453,366.000 28,968,000 Materie necessarie all’in
dustria » 812,489,000 + 31,775,000
Le importazioni segnano un aumento di 111.279.000 sui corrispondenti 8 mesi del 1904, ma siccome 1’ aumento stesso riguarda le materie necessarie all’ industria ciò dimostra una ripresa nella fabbricazione degli oggetti lavorati.
Il commercio del Belgio nei primi otto mesi del 1905. — Durante questo periodo il commercio generale delle importazioni del Belgio si è ele vato a 12,007,644 tonnellate, di un valore di 1.870.265.000 franchi contro 11,479,650 tonnel late di un valore di 7,754,407,000 dello stesso periodo del 1904.
L ’ esportazione belga invece è rimasta in gran parte stazionaria : essa raggiunse una cifra di 9,933,858 tonnellate per un valore di franchi 1.354.185.000 contro 9,970,282 tonnellate, per un valore di 1,317,694,000 del 1904.
Le dogane belghe si elevarono a 36,158,274 franchi contro 31,994,246 del 1904: ciò che portò una differenza in più del 13 per cento, e più esattamente 4,164,028 franchi.
Ecco come in queste cifre figurano i princi pali paesi : Importazione 1995 1901 Germania 197,782 172,487 Inghilterra 148,606 142,523 Francia 271,623 266,702 Paesi Bassi 155,922 157,202 Esportazione 1905 1904 Germania 307,658 283,661 Inghilterra 233,699 245,202 Francia 231,293 226,269 Paesi Bassi 162,129 164,318
Notevole l’ aumento della Germania tanto per la importazione che per 1’ esportazione : le altre Nazioni restarono circa stazionarie.
Il commercio del Giappone nei primi sette mesi del 1905. — Diamo i resultati di questo com mercio, in yen, paragonando il 1905 col 1904 (stesso periodo di sette mesi) :
1905 1904 Differenza
Esportazioni 167,016,345 159,839,361 -j~ 7,176,984 Importazioni 321,884,605 206,061,985 -j- 115,822,620 Totale 488,900,950 365,901,346 - f 122,999,604
Le differenze denotano dunque un sensibile aumento delle merci, delle' quali il Giappone ha avuto bisogno in questo periodo : la eccedenza del valore delle importazioni sulle esportazioni sale a 154,868,260 di yen contro 46,222,624 del 1904.
Se poi si volesse prendere in considerazione il solo mese di luglio, questo dà 1,865,392 di esportazioni contro 1,506,277 del luglio 1904, e 583,402 di importazioni contro 727,556 del 1904.
L ’ aumento delle esportazioni, che come si è detto salì a 7,176,984 di yen si ripartisce in genere su tutti gli articoli ; sennonché i soli tes suti diminuirono alquanto. Nelle importazioni (115,822,620 di aumento) aumentarono special- mente i cotoni, le macchine, lo zucchero.
Evidentemente la guerra ha prodotto questo stato di cose, questo anormale aumento delle im portazioni : lo sbilancio si attenuerà senza dubbio col ritorno delle cose allo stato normale.
Ecco intanto i resultati del commercio dei metalli preziosi, così importante nel Giappone,
sempre nel periodo dal glio 1905 : 1905 Esportaz. Oro 7,773,382 » Argento 1,129,865 Importaz. Oro 17,216,482 » Argento 7,469,556 Ecced. delle esport. — Ecced. delle import. 15,782,795
1° gennaio al 31 lu-1901 D ifferenza 82,154,088 — 74,381,446 1,006,160 -e 121,701 2,505,062 -f 14,711,420 13,378,364 — 5,908,608 69,279,562
E pel solo mese di luglio :
luglio 1905 luglio 1901 Esportazioni Oro 1,406,153 1,393,413
» Argento 638,330 297,809
Importazioni Oro 455,444 453,434
» Argento 1,237,269 3,801,538
Eccedenza delle esport. 401,770
Eccedenza delle import. — 2,563,746
LO STATO
E LA PICCOLA PROPRIETÀ FONDIARIA
Riassunti così (1), brevemente, i concetti ai quali si ispira la riforma francese, non ci soffermeremo a farne di essi un esame critico, perchè ciò uscirebbe dal no stro campo. Qualunque però sia il giudizio che si vo glia fare dei rimedi adottati, è certo che il male la mentato realmente esisteva, come, in proporzioni certo minori, esiste da noi pure, malgrado ì provvedimenti di sgravio a favore della piccola proprietà, di cui nel- i ’ art. 1 della legge 25 gennaio 1902.
Ed è per questo che, qui di seguito, pubblichiamo, sulle traccie del prospetto redatto daii’ on. Clémentel per la Francia, una tabella del costo approssimativo per tasse ed onorari di una vendita di immobili per atto pubblico, stipulata in Italia, a seconda del prezzo relativo.
Avvertiamo però subito che, per amore di unifor mità unicamente, ci siamo astenuti da qualsiasi modi ficazione del criterio seguito dall’ on. Clémentel, per quanto gli elementi raggruppati non ci sembrino, al meno per quanto riguarda il nostro Paese, tutti omo genei, nè sempre razionali. Invero per il bollo, che rappresenta un tassa fissa e grava più duramente sulle piccole trasmissioni, non è sempre vero eh’ esso sia in relazione alla entità dell’ atto, come suppose il relatore francese che sino a 999 lire di prezzo ritenne bastasse un foglio di carta bollata ; ne occorressero due da mille a 10 miie; tre da 10 a 50 mila; sei oltre questa somma. Sovente una grossa vendita si può comprender in un solo foglio bollato, ed una piccolissima esigerne pa
recchi. .
Inoltre non conviene confondere le tasse e diritti percetti dall’ erario, con i diritti dovuti ai notai.
Non tutte le transazioni immobiliari vengono sti pulate, almeno in Italia, per atto pubblico, bastando anche la scrittura privata (art. 1314 G. C.) specialmente se autenticata da notaio per gli effetti della trascri zione (1935 C. C.). Ora le scritture private costano meno tanto per bollo che per diritti notarili, quando dovuti, perchè richiesta l’ autentificazione delie firme.
Non sappiamo quante trasmissioni immobiliari si effettuino per atto pubblico e quante per scrittura pri vata ; ma sappiamo però che complessivamente in Ita lia, nel 1903-904, vennero presentati per la registra zione 682,219 atti pubblici; 53,523 atti privati autenticati e 721,218 atti non autenticati (Boll,, voi. 4°. pag. 737). Ed in Francia, secondo quanto risulta dal Bollettino di statistica del giugno scorso (pag. 569), gli atti civili in forma pubblica, registrati nel 1904, furono 3,052,377 e quelli per atto privato 1,280,689.
Aggiungasi poi che non è vietata ai notai conceder riduzione dei diritti ad essi dovuti, ed è anzi cosi che, in generale, si opera, non solo nei piccoli centri, ma anche nei maggiori. In ogni modo, ripetiamo, per amor di uniformità abbiamo tracciate le nostre tabelle sulla falsariga di quelle francesi, onde i confronti che si vo lessero fare riescano più facili.
P R E Z Z O D I ACQUISTO
:•{
109 200 809 400 500 1000 10,000 20,000 50,000 209,000
S p esa :
fa) fa) (a) fa ) (b) (b) (b) (b ): (b) (b)
R e g i s t r a z i o n e ... 2.40 4.80 9,60 12.80 24.00 48.00 480.00 960.00 2400.03 9600.00
T ra scrizion e. . . . . 2.00 2.00 2.00 2.00 200 2.00 28.00 58.00 148.00 5r-8.00
V o lt u r a ... 1.00 1.09 1.00 1.00 1.00 2,00 6.00 12.00 18.00 30 00 5,40 7.80 12.60 15.80 ■27.00 52.00 514.00 1180.00 2766.03 10228.00 Tasse e d i r i t t i e r a r ia li :
B ollo d e ll’ a tto n ota rile , 1.20 2.40 3.60 3.69 7.20 7.2U
» d e lla cop ia per i l registro . 0.60 1.20 1.80 > 1.83 3.60 3.60
» d ella copia per la parte 2.40 3.60 4.89 4.80 8,40 8.40
» d ella dom an da d i v oltu ra . 0.60 7.40 7.40 7.40 7,40 0.63 0.60 0.60 0.60 0.60 » dei registri ipoteca ri . 0,20
1 0.20 0.20 0.35 0.35 0.35
» delle n ote d i tra scrizione 2,40 2.40 2,40 4.81 4.80 4.88
7.40 7.40 7.40 7.40 7.40 10.40 13.40 15.95 24.95 24.95
D ir itt i ed o n o r a r i n o t a r ili :
O norario n ota rile . . . . 5,00 8.00 43.00 68.00 128.03 280.00
D iritto d i du e cop ie . . 4.00 4.00 10.00 20.0 20.00 20.00
S crittu ra to d e ll’ orig in ale 1,00 1 2.00 3.00 3.00 6.00 6.00
S crittu ra to d i due co p ie . 2.00 16.50 16.50 16.50 16.50 4.00 6.00 6.00 • 12.00 12.00
R ed azion e note ip otecarie c) 8.00 1 3.00 3,00 6.09 6.00 6.00
Tassa d ’ a rch iv io . . . . 0.50 059 0.50 0.50 0.50 0.50
D iritto d i repertorio . . . . 1.09 1.00 1.00 1.00 1.00 1.00
16.50 16.50 16.50 16.50 16.50 22,50 66.50 104.50 173.50 325.50
T o ta le g e n e r a le , 29.80 31.70 36 59 39.70 50.90 84.00 593X0 104.50 2964.45 10578.45
P e r c e n t o . 29.30 15.85 12.16 9.92 10,18 8.49 5.93 6.25 5.92 5.28
(ci) Tassa d i fa vore, cioè rid o tta a lla m età d ella tariffa n orm a le (4,80 per cen to) per i tra sferim en ti n on superiori a 200 lire e ad un terzo, per q u elli fra le 200 e le 490 (art. 1, L. 28 g en n a io 1902, n. 25).
(b) Tassa norm ale.
( c) D iritto m in im o in uso presso g li u ffici delle ipoteche,
Volendo poi tener distinte le « tasse e diritti era- i sultati della precedente tabella si scindono nel modo riali », dalle tasse di bollo e dai diritti notarili, i ri- | che segue: