SCIEN ZA ECONOMICA, F IN A N Z A , COMMERCIO, BANCHI, F E R R O V IE , INTERESSI P R IV A T I
Anno XXXII - Yol. XXXYI
Firenze, 17 Settembre 1905
N. 1637
S O M M A R I O : Sventura e carità — Leggi locali — E. Z., Gli agricoltori italiani m Tunisia — Avv. A. F., Conciliazione e arbitraggio — R i v i s t a b ib lio g ra fica : Eugéne Fourniére, .Ouvriers et patrons - Victor Bérard, La révolte de PAsia — R i v i s t a econom ica e fin a n ziaria : II secondo Congresso operaio pie-_ montese, - I disboscamenti e redditi dei terreni boschivi - I rendimenti delle dogane dell’ Eritrea - Le vie francesi d'accesso al Sempione - Il decimo Congresso dell’ Istituto Internazionale di statistica - Il raccolto serico del 1J05 m Persia — R a s s e g n a del co m m e rcio in tern a zio n ale : Il commerciò d’ importazione dell’ Uraguag nei primo semestre del 1905 - Il commercio italiano nei primi sette mesi del 1905 - Il commercio della Spagna net mese di luglio 1905 — Il Congresso per gl’ infortuni sul lavoro — Il valore di Borsa delle Azioni di Banche e eli Società italiane — Il nuovo regolamento contro le frodi sul commercio dei vini — Boicottaggio delle merci americane ili Cina — Camere di commercio — Mercato monetario e Rivista delle Borse — Società commerciali e industriali — Notizie commerciali.
SVENTURA E CARITÀ
La grande sciagura, che ha colpito una delle regioni italiane, non può a meno di commuovere ogni animo e non può che acuire quel sentimento di fratellanza che già in più dolorose occasioni si è manifestato tra le diverse parti d’ Italia.
E tanto più è necessario che tale sentimento di fratellanza si esplichi sollecitamente e gene rosamente, in quanto la Calabria è una delle regioni italiane che meno di tante altre può di sporre di mezzi che valgano a diminuire le con seguenze prossime e remote del terribile fatto.
Già la regione di per sè non è ricca ; man cando le industrie mancano anche molti di quegli elementi che in tali casi possono servire a ren dere più solleciti i provvedimenti. Si aggiunga la scarsezza della viabilità e lo stato non certo buono delle strade che esistono ; le condizioni di istruzione di molta parte della popolazione ; la super stizione ancora viva e dominante come nel tempo passato, e si può desumere la desolazione di quei paesi dove, oltre le numerose vittime umane, si accumulano tanti danni economici, che colpi scono simultaneamente tutti gli abitanti o quasi tutti.
V i è chi parla ora di studi e di tentativi per prevenire le conseguenze di simili commovi menti tellurici, ma sull’ effetto di tali propositi non abbiamo che poca fede. L a macchina compli cata dello Stato può commuoversi un momento di fronte ad una immane sventura, ma è scatto che dura pochi momenti;, passata la prima sin cera, dolorosa impressione, tutti si rimettono a quel lento passo, che non permette se non rara mente la soluzione anche delle cose più urgenti. Gli esempi di simile indolenza, che avrà anche le sue origini e le sue ragioni nella razza e nel clima, ma che perciò non cessa di essere funesta, li abbiamo tutti i momenti e in molti e molti fatti ; e quindi poco importa rilevarlo, come pure
sarebbe ozioso sperare in una azione pronta, efficace, continuamente assidua da parte delle di verse Autorità governative.
Quello che in questo momento urge è che la carità, o meglio il sentimento di solidarietà per i fratelli sventurati; si esplichi con tutto quello slancio con cui è incominciato; e poiché questo non mancherà certo, che la distribuzione dei denari raccolti venga fatta con sollecitudine e con intelligenza.
A questo proposito non possiamo a meno di fare ,due riflessioni: l’ una che riguarda il pre sente l’ altra l’ avvenire.
Per il presente, ha recato sorpresa che in presenza della così larga ed estesa zona di danni, la Croce Rossa non abbia subito mobilizzato tutte le sue schiere e non abbia mandato in Ca labria tutti i mezzi di cui dispone.
A giustificare il ritardo non potrà certo dirsi che gli statuti o gli scopi della simpatica Associazione limitano la sua azione ai tempi di guerra: anche i soldati, in fondo, sono chiamati al servizio soltanto per la difesa della patria, ma ciò non pertanto negli incendi, nelle inondazioni, nei terremoti ed in ogni pubblica sventura cor rono frettolosi e premurosi, senza che sorga un lamento, per essere stati adibiti a servizi che non sono strettamente connessi colle loro militari at tribuzioni.
Ma detto questo, per esprimere la nostra me raviglia che la Croce Rossa si sia mossa così tardi in tale circostanza, crediamo che sia necessario provvedere in qualche modo per 1’ avvenire.
Pur troppo la penisola è frequentemente pro vata da gravi infortuni, che colpiscono larghe zone e mettono la miseria tra numerosa popolazione, perchè non si senta il bisogno di una solida e bene organizzata associazione che renda pronto, immediato, efficace quel sentimento di solidarietà che dimostra il popolo italiano.
mezzi adeguati per distribuirli prontamente ed intelligentemente'. Carri di pane — ricordiamo questo episodio — stazionavano sotto la pioggia ammuffendo su una riva del fiume, e la popola zione, che aveva fame, era dall’ altra parte del fiume stesso ; ed anche i denari raccolti erano di stribuiti alle Prefetture ed ai Comuni sproporzio natamente alla entità dei danni locali.
E non ricordiamo abusi e malversazioni contro questo denaro della pubblica carità, fino al punto che i fatti scandalosi occorsi consiglia rono qualche autorevole giornale — se non er riamo il Corriere della Sera — a dichiarare pub blicamente che la distribuzione sarebbe fatta da un suo incaricato sul luogo, per evitare le lun gaggini dei diversi meati burocratici, e per as sicurare i benefattori che il loro obolo sarebbe veramente arrivato a destino, senza trattenersi o perdersi tra le mani di certi improvvisati Co mitati, che non hanno per fine il bene altrui.
Or bene, data questa frequenza di disgrazie, non sarebbe conveniente istituire una Associazione, la quale si organizzasse preventivamente allo scopo di portare essa stessa, per mezzo dei suoi mem bri, i sussidi sul luogo della sventura? Una A s sociazione, di cui non suggeriremo il nome, ma che dovrebbe essere nazionale, composta di uo mini e di donne, che ad un dato cenno in certo modo si mobilizzasse con uno slancio di carità ed agisse prontamente; ognuno dovrebbe avere la propria parte già precedentemente assegnata ; la Associazione, riceverebbe il denaro del pubblico, potrebbe godere dallo Stato certi privilegi, dalle Banche certi van taggi, tenere sempre pronta una certa riserva, essere in una parola l’ ordine sostituito al disordine, la organizzazione alla con fusione. Naturalmente, per necessità di cose, il numero dei membri attivi dovrebbe essere limi tato, un migliaio per provincia, bene scelti tra coloro che vogliono e possono pagare di persona.
Far parte di questa Associazione dovrebbe essere un onore, che i cittadini volenterosi si di sputerebbero....
Insomma noi gettiamo là una idea, che spe riamo sia raccolta e da persone, capaci tradotta in atto.
L E G G I L O C A L I
L ’ argomento della opportunità di fare delle leggi, che non sieno eguali per tutto il paese è argomento sul quale molto si è discusso. Da una parte il bisogno di cooperare alla unificazione delle diverse regioni e creare a poco a poco Vita
liano, suggeriva il concetto di mantenere rigo
rosamente la uniformità della legislazione in tutte le sue varie parti e specialmente sulla parte tri butaria; (tranne, come è noto, la imposta sul sale e quella sul lotto) : dall’ altra si compren deva che tale uniformità della legislazione po teva essere frutto di una specie di transazione rispetto alle diverse condizioni ed ai diversi bi sogni e poteva quindi riuscire incomoda a tutti, ingiusta per alcune delle regioni.
In sostanza però prevalse il criterio di fare leggi eguali per tutto il Regno, e tutte le volte che qualche tentativo fu fatto per ottenere di sposizioni di legge speciali per qualche parte di Italia, si è evocato il pericolo del regionalismo per impedire che il tentativo fosse applicato.
I nostri lettori ricordano che abbiamo sem pre combattuto questo sistema di applicare le stesse leggi a regioni tra loro così diverse sotto tanti aspetti, sopratutto notando che si perde vano in questo modo tesori di energia, che avreb bero potuto esplicarsi meno difficilmente se spe ciale legislazione, adatta alle speciali condizioni di una regione, avesse potuto venire prudente mente escogitata ed applicata.
L ’ argomento però era nel tempo passato de licatissimo, ed è abbastanza spiegabile la per plessità degli uomini di Stato ad affrontare una soluzione che poteva presentare dei gravi pericoli.
Oggi, sotto l’ impero di fatti gravissimi e di situazioni che richiamano seriamente la attenzione di tutto il paese, la stessa questione risorge e tanto più risorge viva, in quanto già il Parla mento, in questi ultimi anni, ha fatto qualche breccia al principio che era stato stabilito, ed ha votato qualche legge, anche importante, di ca rattere regionale.
Si deve proseguire per questa nuova via con criteri più larghi e con applicazioni ancora più estese?
Certo il paese oggi non è più quello di qua ranta anni fa; questo quasi mezzo secolo di unità ha servito a qualche cosa per cementare la unione intima delle diverse parti del Regno e per far ritenere che ove fosse necessario tutte le regioni, nessuna esclusa, sarebbero pronte ad ogni sacri fizio per mantenere la unità della patria. Se mai qualche manifestazione contraria si è avuta, non solo fu transitoria e piuttosto astratta, ma fu tosto cancellata da potenti dimostrazioni di un sentimento unitario vivamente sentito, appena qualche circostanza lo ha reso necessario o solo conveniente.
L ’ obbiezione fondamentale quindi, che veniva opposta al proposito di leggi non uniformi per tutto il Regno, sarebbe oggi, se non caduta del tutto, certo notevolmente diminuita d’efficacia.
D ’ altra parte, se lo svolgersi del fatto po litico ha resa intima e salda la unione delle di verse parti d’ Italia, non si può negare che lo svolgersi del fatto economico ha fortemente di- versificate alcune regioni. Non dividiamo l’ opi nione di coloro che pensano essere il Mezzogiorno d’ Italia e la Sicilia in uno stato miserrimo ; e nemmeno crediamo che il disagio che possano lamentare dipenda per la maggior parte dal- l ’ azione ingiusta dello Stato. Ma è certo che, qualunque sieno le cause del fatto, non si può negare che lo svolgimento della attività econo mica è stato molto maggiore al Nord che non sia al Sud.
Ma anche ciò ammesso, sorge inevitabile la questione del metodo. Sarebbe veramente effi cace il sistema di leggi speciali di ogni genere che stabilissero a poco a poco una legislazione speciale p erle diverse regioni? Molti si illudono sulla possibilità di simili provvedimenti e sulla loro efficacia. Tuttavia non si può a meno di ri flettere che tale sistema potrebbe portare la quasi inevitabile conseguenza di diminuire l’ autorità del Parlamento, che dovesse legiferare per una regione, facendo nascere il convincimento che i de putati di quella regione fossero riconosciuti come più competenti o più indicati a compilare, redi gere e magari votare quelle leggi. Difficoltà po litica a cui appena accenniamo, ma che ci sem bra della massima importanza per le conseguenze che potrebbe portare.
Gi limitiamo ad esprimerne il timore che un sistema di leggi regionali presenterebbe, se ap plicata su larga scala, pericoli di cui è diffi cile determinare la intensità e la estenzione.
Piuttosto ci domandiamo se, volendo provve dere in qualche modo a diminuire i danni della uniformità, delle leggi non sarebbe il caso di pen sare a quel famoso decentramento che per tanto tempo fu discusso, intorno al quale si fecero pro messe, così che gli animi di molti se ne erano appassionati, e che poi fu relegato in quel so lito dimenticatoio, dove tante altre buone cose sono andate perdute.
La Autonomia dei Comuni, opportunamente temperata da Consigli di gruppi di provincie o se si crede di Consigli regionali e la separazione dei cespiti d’ entrata tra lo Stato ed i Comuni, potrebbe essere un esperimento meno pericoloso che potrebbe venire tentato per alcune regioni.
La Sicilia, ad esempio, si presterebbe stu pendamente ad un esperimento di dieci od anche venti anni di una larga autonomia comunale coordinata a Consigli superiori, costituiti con pon derato sistema. Lo Stato per un decennio o ven tennio, mantenendo la amminstrazione della giusti zia, della istruzione superiore, della sicurezza pubblica, e, si intende, dell’ esercito e della ma rina come sono attualmente, potrebbe lasciare per tutto il rimanente una libertà larghissima, specie nella distribuzione dei tributi, limitandosi ad esigere una somma a prò dell’ erario da distri buirsi per contingente nelle Provincie e nei Co muni dell’ Isola.
Arriveremmo a comprendere in tale autono mia anche quella doganale, lasciando che fosse fatto l’ esperimento per l’ Isola di un libero scam bio coll’ estero e colla penisola.
Le provincie meridionali hanno bisogno di una vita nuova, e questa vita non possono crear sela che loro stessi ottenendo una maggiore li bertà. Non può il Parlamento, lo si è veduto colla esperienza, trovare esso i rimedi necessari ai loro bisogni; è necessario che quelle popola zioni sentano la responsabilità della loro situa- zione e sappiano crearsene una nuova.
Ma è possibile pensare, cogli uomini così ti morosi, e così paurosi di ogni discussione, che riforme così ardite possano essere applicate?
Eppure il bisogno è impellente ed il peri colo grave.
GLI AGRICOLTORI ITALIANI IN TUNISIA
Per quanto interessante possa riuscire lo studio intorno alla condizione degli operai e dei pescatori italiani che vivono in Tunisia, un in teresse anche maggiore ci sembra che destino i nostri concittadini che su quel suolo lavorano come agricoltori. Sono essi che costituiscono, al meno ai nostri occhi, il vero nerbo della coloniz zazione. Non si mette radice in un paese nuovo, bene dice il De Lanessan citato dal Loth, se non si dirigono i propri sforzi verso il possesso della terra.
Seguitiamo dunque a spigolare nel libro del Loth (1) e ricaviamone, sull’opera di quegli agri coltori italiani, notizie, giudizi, previsioni.
Perchè prima dell’ occupazione francese, e anche per alcuni anni dopo 1’ occupazione, erano tanto pochi i proprietari italiani di terreni? E p pure erano già numerosi i contadini siciliani im migrati ; ma servivano come modesti ausiliari dei proprietari francesi, dissodando i loro terreni, piantandoli,, coltivandoli. Era ignoranza? Era tra scuratezza? Era mancanza di capitali? Quest’ul- tima spiegazione sembra la più ragionevole.
Ma a un pò per volta alcuni agricoltori si ciliani divennero piccoli possidenti. Dapprima esercitarono più che altro la cultura orticola, vivendo in modeste capanne nei dintorni della città; poi piantarono qua e là parecchi vigneti. Il loro numero andò sempre crescendo, ma le cifre che in proposito si leggono nelle tabelle pubblicate dalla Direzione dell’ Industria e del Commercio della Reggenza, sono, secondo il Loth, poco esatte. A lui consta, per esempio, che di molti vigneti non è stato tenuto conto. Inoltre egli rileva che spesso, nelle pubblicazioni stati stiche ufficiali, non viene fatta abbastanza netta distinzione tra le proprietà rurali e quelle ur bane. Più caratteristico è l ’appunto eh’ egli muove ad alcune delle pubblicazioni stesse, cioè la cura minuziosa di registrare fra le proprietà rurali francesi anche tutte le villette circondate da giardini che abbelliscono le vicinanze di Tunisi, di Susa, di Sfax, di Biserta, per dare l’ illusione che all’ opera della piccola colonizzazione i fran cesi prendano parte in numero circa eguale a quello degli italiani. Ma, osserva egli giustamente, il piantare un giardino di poche are con arbusti ornamentali e varie specie di fiori, come può con tribuire all’ incremento della proprietà rurale?
Abbiamo parlato di piccola colonizzazione. Se si guarda alla estensione dei possedimenti, i 35 mila ettari, o poco più, posseduti da italiani fanno una figura modestissima di fronte ai 600 mila ettari di proprietà francese. Si è invece nel numero di persone che, poco o molto, posseggono in proprio, che gli italiani pareggiano i francesi e anzi li superano. Non possiamo qui riprodurre tutti i calcoli dell’Autore, nè far menzione di tutte le fonti a cui attinge. Egli ritiene vi siano in Tunisi circa 1500 famiglie siciliane dedite alla coltivazione, le quali rappresentano circa 7000 persone che lavorano per proprio conto, e circa
3 o 4000 braccianti agricoli, cioè sterratori, car bonai, vignaiuoli, ecc; ossia in tutto 11,000 anime. In altro articolo abbiamo detto perchè crediamo che quest’ ultima cifra possa un poco ingrossarsi. In quanto alla popolazione agricola francese, se condo 1’ Amministrazione francese, che è propensa a vederla e farla vedere più numerosa che può, non oltrepasserebbe, tra uomini e donne, 3265 anime.
Mentre nell’ Algeria i coltivatori italiani non formano gruppi omogenei, ma vivono disseminati e frammisti ai francesi, agli spagnuoli e agli in digeni, tanto che serbano poco il ricordo della pa tria e spesso abiurano la propria nazionalità, nella Tunisia succede l’opposto. La formazione di centri agricoli è la caratteristica della coloniz zazione siciliana nella Reggenza.- Tali piccoli villaggi, aumentati nell’ ultimo decennio, sono oggi una trentina, e l’Autore ne dà l’ elenco, indicando per ciascuno il numero di famiglie che li popo lano. Le abitazioni per lo più non sono allineate in strade vere e proprie, ma non sono neanche molto discoste una d ’altra. La gente perciò non vive nè troppo agglomerata nè assolutamente sparsa, salve alcune eccezioni. Sembra che i si ciliani, dice il Loth, abbiano voluto evitare la costituzione di borgate suscettibili di sviluppo soverchio ; hanno infatti verificato che in Sicilia, nei luoghi dove la popolazione agricola vive a g glomerata, la mortalità è m aggiore; inoltre con siderano che v ’ è troppa perdita di tempo quando è lunga la strada per andare e venire tra 1’ abi tazione e i luoghi del lavoro: « Se si pensa che in Sicilia la più parte delle grosse borgate, dove vivono ammucchiati i lavoratori dei campi, devono il loro sviluppo alla poca sicurezza delle campa gne, le nuove abitudini prese in Tunisia dai si ciliani attestano la perfètta tranquillità che regna in tutta la Reggenza. »
Il Loth non partecipa ai timori di molti suoi concittadini riguardo al perii italien, e so prattutto dimostra la vanità degli elementi che inducono certi scrittori francesi a dare l’ al l’ arme.
Uno, il Flandin, tutto impensierito, nota che i centri agricoli italiani sono, situati sulle vie che fanno capo a Tunisi, al confine algerino, a Biserta, al golfo d’ Hamamet, tanto favorevole a uno sbarco di nemici! Sono posizioni di primo ordine, destinate a crescere e a prosperare, e co stituiscono una minaccia permanente. — Oh, che esagerazioni, replica il L o th : basta dare un’ oc chiata alla carta della Tunisia per capire che i siciliani non potevano scegliere altri luoghi. Non si coltiva il suolo fuorché a patto di poterne sfogare i prodotti : bisogna perciò stare vicino alla città, o lungo le strade e le ferrovie. 0 che forse i coloni francesi si regolano diversamente? Se i siciliani sono strateghi, lo sono davvero senza saperlo !
A un altro, al Sauvin, mettono pensiero le grandi Società italiane che comprano terreni in Tunisia per migliaia di ettari! Eppure in Italia, specie in Sicilia, i capitali disponibili, dice lui, sono pochi. Oh, qui, è chiaro, c’ è lo zampino del Governo italiano. L a Compagnia Florio-Rubat- tino ha venduto alla Compagnia francese B ona- Guelma per L. 7,500,000 la strada ferrata
Tu-nisi-Golletta, che aveva comprata nel 1880 con la garanzia dello Stato italiano. Senza dubbio la somma è stata consacrata alla piccola colonizza zione. Fa presto uno Stato a dissimulare, sotto il velo di spese fatte da privati, ciò che largi sce per acquisto di terreni. — Ma anche qui il Loth rimette le cose al loro posto, e fa sapere in Francia ciò che in Italia tutti sanno, ossia che la Florio-Rubattino avrà forse realizzato un guadagno nella differenza tra il prezzo d’ acquisto della Tunisi-Goletta e quello di rivendita, ma che esso le può e deve essere servito per rim borsare i possessori delle obbligazioni emesse, nonché per pagare altri debiti, anche senza con tare i bisogni della sua flotta. Altro che com prare immobili !
Anche la Camera di Commercio francese di Milano, testimone bene informato e non sospetto dichiara che in siffatte speculazioni agricole il Governo italiano non entra per nulla e che gli acquisti di terreni in Tunisia sono stati fatti spontaneamente da capitalisti siciliani, sia indi vidualmente che a piccoli gruppi.
Del resto il Loth dimostra, con molte e mi nute notizie, che l’ azione delle tre sole Società italiane colonizzatrici in complesso è stata poco fortunata e poco feconda. Una, dopo alcuni anni, fu messa in liquidazione ; l’ altra, dopo vari espe rimenti, ha rinunziato a frazionare i terreni a vantaggio dei lavoratori, amministra direttamente le sue tenute, in altri termini non esercita più ia piccola colonizzazione ; la terza può essere che ricavi un lucro, ma impone ai piccoli coloni patti leonini, pei quali essi, al termine dei loro con tratti, si troveranno; privi d’ ogni proprietà, sep pure arriveranno mai a pagare ciò che devono. Ci duole che la tirannia dello spazio non ci consenta di riferire qui, neppure in succinto, i particolari relativi ai sistemi di colonia agraria, sui quali il ragionamento dell’ Autore si aggira. Ne diremo forse qualcosa in altro articolo, visto che il tema, che ha molteplici aspetti, non è esaurito.
E. Z.
CONCILIAZIONE E ARBITRAGGIO (,)
Come abbiamo detto il signor Fromont de Bouaille nella introduzione del suo libro Conci
liation et arbitrage dà alcuni chiarimenti circa i
tre concetti di conciliazione, arbitraggio e media zione, giustamente avvertendo che questi termini sono costantemente confusi e presi 1’ uno per 1’ altro nel comune linguaggio ; e poiché la chia rezza di questi concetti fondamentali è essenziale elemento per lo studio comparativo propostosi dal l ’Autore ; e d’ altra parte molto spesso la parola arbitraggio si adopera inesattamente per desi gnare, in un senso generale, tutte le pratiche che si pongono in essere onde porre fine a uno sciopero, così occorre procedere a distinzioni precise.
L ’Autore nostro parte dal concetto di un conflitto tra operai e padroni, e tale conflitto pone
come base comune dei tre elementi che egli vuol considerare.
Dopo di che egli all’ incirca così ragiona: Se più operai, trovandosi in conflitto col padrone danno a qualcuno di essi incarico determinato di abboccarsi con lui, di esporgli le loro domande, le cause dei loro lamenti, in una parola di pero rare la loro causa, ricercando le basi per un’ in tesa pacifica, essi fanno senz’ altro una concilia
zione ; se invece interviene nel conflitto un terzo
che non rappresenta nessuna delle parti, ma le ascolta ambedue, e pronunzia la sua decisione, si ha 1’ arbitraggio vero e proprio.
L ’ Autore insiste specialmente nel carattere di libera discussione che deve riscontrarsi nella conciliazione : cette situation est caracterisée par
ce fait que les intéressés discutent librement entre eux de la question qui les divise... ; e più sotto : quelle que soit la forme d’une tentative di conci- liation ; qu’ elle soit spontanee ou provoquée ou bien imposée p a r la force de la loi, on y retrou- vera toujours ce caractère essentiel : deux parties discutent librement....
E questo carattere si riscontra realmente in ogni conciliazione ; sennonché libertà di discus sione alle parti deve aversi (e si ha infatti) tutte le volte che vi sia pure arbitraggio : il terzo scelto a dare il suo avviso nel conflitto, ha da sentire prima le due parti con la più ampia li bertà di argomenti per ambedue a difesa dei loro diritti : soltanto che nella conciliazione l’accordo può nascere, o non nascere a seconda della per sistenza minore o maggiore delle parti nelle ri spettive pretese, mentre nell’arbitraggio la deci sione del terzo si verifica sempre, ed una soluzione del conflitto non può a meno di scaturire. In altre parole la conciliazione si tenta semplicemente, l’ arbitraggio si impone. Ed altro carattere vo gliamo aggiungere : la conciliazione più di rado rappresenta la rinunzia completa di una sola delle parti alle sue pretese, è generalmente una specie di transazione, per la quale ambedue le parti, padroni e operai, con reciproche concessioni, cer cano il modo migliore per arrivare, con rispettiva soddisfazione, alla soluzione pacifica del conflitto, ovviando il pericolo di uno sciopero, sempre fo riero di danni per tutte le parti. Nel caso del l’ arbitraggio invece il terzo, chiamato e accettato liberamente da esse a giudicare della , loro con troversia, deve dare il suo parere unicamente secondo giustizia ; dimodoché con maggior proba bilità potranno sembrargli le sue pretese comple tamente infondate, e quindi potrà anche emettere una decisione del tutto contraria ad una delle parti, che dovrà accettarla.
Questo carattere su cui abbiamo insistito, forse poco avvertito dallo scrittore nostro per quel che riguarda la conciliazione, è espresso in vece a riguardo dell’ arbitraggio là ove dice che il terzo, l’ arbitro, ha essenzialmente il diritto, dopo aver inteso gli interessati, di formulare un avviso completamente personale. E questo avviso che sarà emesso in base alle condizioni del com promesso o a quelle dettate dalla legge, se fu la legge stessa che designò l’arbitraggio quale modo per porre fine al conflitto, potrà avere un potere morale solamente o anche la forza d una deci sione vera e propria di giustizia, ma sarà sempre
l’ opinione di un terzo, che si sostituisce alle parti, senza rappresentare o difendere nè 1’ una nè 1’ altra.
Accanto a questi due concetti sta quello dèlia mediazione, come altro mezzo di dirimere i conflitti del lavoro. Si tratta di fare intervenire nella questione o nelle questioni, in specie quando sono gravi, difficili e complesse, un personaggio politico importante. Evidentemente il sistema non differisce dall’ arbitraggio, se non per la natura, per il carattere speciale della persona dell’arbitro.
Il nostro Autore non fida troppo su questa forma di risoluzione del 'conflitto, e lo suggerisce per i soli casi straordinari e a titolo compieta- mente eccezionale. Egli infatti nell’ accennare alla mediazione, parla di un mezzo che si sarebbe ten
tato di porre accanto alla conciliazione e all’ ar
bitraggio. E non ci pare davvero che abbia torto: la politica nei conflitti del lavoro non sarà mai un buon elemento, e ben difficilmente il perso naggio sarà immune da ogni preconcetto che gli diminuisca, quando non gli tolga, la serenità ne cessaria a risolvere le questioni proposte. Sicché generalmente coloro che ne ricercano l’intervento, fidano più sulla sua autorità politica (sempre a danno dell’ imparzialità) che non sulla sua com petenza a decidere la questione. E il più delle volte succede che l’ alto personaggio, approfittando della sua posizione risolve con un colpo il con flitto, imponendo l’ autorità sua al suo giudicato ; ma ciò se potrà essere una via di uscita, è ben lungi dal rappresentare quella soluzione equa che, sebbene difficile, non può derivare che da uno studio profondo e imparziale delle cause del con
flitto. A vv. A . F.
R
ivista
B
ibliografica
E u géne Fourniére. - Ouvriers et patrons. -
Paris, E. Fasquelle, 1905, pag. 403 (fr. 3.50). Queste importante volume, che fa parte della notissima Biblioteca Cliarpentier, tratta una que stione o meglio molte questioni, che in questi ultimi anni ebbero una larga letteratura; e quindi non si può pretendere che l’Autore dica sempre cose nuove, nè sempre si può dichiararsi d’ ac cordo con quello che espone in questo lavoro, del resto molto accurato e molto ordinato.
L ’Autore vede nelle moderne associazioni degli, operai un fattore di libertà e di moralità ; ritiene che lo Stato non possa disinteressarsi delle questioni che concernono la condizione dei lavo ratori, le quali debbono essere utilmente regolate dalla legge.. Esamina pertanto il contratto di la voro ed i tentativi per disciplinarlo; si sofferma sulle disposizioni riguardanti il « tirocinio » e di mostra la loro inefficacia ; studia i rapporti tra il salario ed il lavoro, e giudica che « il salario separa . l’ operaio dal prodotto del lavoro, e che l’ operaio ammogliato non ha la proprietà del suo salario ».
dei lavoratori, sulle pensioni, sul lavoro delle donne e dei fanciulli, sulla salubrità del lavoro, e sul Codice di lavoro.
Quest’ opera, condotta con larga conoscenza della materia e con vastità di concetti rivolti a legare le questioni operaie alle più alte questioni di sociologia, si legge con vero profitto.
V icto r Bérard. - La rivolte de l’Asie. — Paris, A. Colin, 1904, pag. 440 (fr. 4).
La guerra russo-giapponese, felicemente ter minata, ha dato occasione a questo lavoro così bene accolto dal pubblico, nel quale l’Autore non si propone soltanto di descrivere la guerra ed il teatro sul quale si combatte, ma di studiarne le cause remote e prossime.
E veramente i cinque capitoli in cui è diviso il libro sono interessanti assai e si leggono con facilità, sia per la forma attraente, sia per la ori ginalità di vedute che l’ Autore .espone. L ’ Asia e 1’ Europa — il Giappone e l’ Europa — la di scesa Russa — l’ espansione Giapponese — l’ a zione dell’ Inghilterra; sono i titoli dei cinque capitoli.
Curioso un paragrafa del capitolo quinto in titolato « I t a lie et C orée» nel quale l’ Autore, esaminando quanto scrissero i geografi Bitter, Kohl e Reclus paragonando le due penisole, in sostanza dimostra più le loro differenze che le somiglianze.
Ma l’ ultimo capitolo che tratta della azione dell’ Inghilterra è oltremodo profondo e interes sante, e rileva le cause remote del conflitto russo giapponese e di tutto il movimento, che si è ma nifestato in quest’ ultimo tempo nelle popolazioni gialle.
RIVISTA ECONOMICA E FINANZIARIA
Si è tenuto recentemente a Torino il se condo Congresso operaio piemontese. Importanti furono le discussioni sul tema dell’ Ufficio del la voro e su quello relativo alla Legislazione so ciale.
Del primo fu relatore Antonio Maffi, e l’ or dine del giorno approvato, dopo larga discus sione, fu il seguente:
« Il secondo Congresso operaio piemontese constata che l’ ufficio del lavoro per la sua stessa natura non è e.n on può essere che un organo di studio di statistica di elaborazione; che per tale ragione la sua opera è forzatamente limitata alla raccolta dei dati statistici ed alla elaborazione di essi e dei progetti di legge, e che spetta poi alla classe lavoratrice il compito di servirsi dei dati raccolti per le sue battaglie economiche e politiche ;
« in v ita le Mutue, le Cooperative, le Leghe a coadiuvare l’ azione di statistica e di studio dell’ Ufficio del lavoro e ad agitarsi per miglio rarne la struttura, specialmente per quanto ri guarda la rappresentanza numerica del proleta riato, che deve essere pari a quella del capitale e l’ elettività e i maggiori mezzi per spiegare la
sua attività, ma consiglia di non farsi soverchie illusioni sopra 1’ azione legislativa ed esecutiva che l’ Ufficio del lavoro non ha e non può avere, perchè i vantaggi che la classe lavoratrice può trarre dipendono unicamente dalle forze del pro letariato organizzato e cosciente ».
Sul secondo tema del Congresso (Legisla zione sociale) riferisce il dott. Attilio Labiati leggendo le conclusioni contenute nell’ ordine del giorno che con le lievi modificazioni suggerite ' dall’ avv. Sciorati fu poi approvato dal Congresso e che è così concepito:
« Il Congresso piemontese, ritenuto che la legislazione sociale è in ultima analisi una neces sità della costituzione industriale borghese e che, se non presenta grande importanza per la indi- pendenza economica e l’ elevamento intellettuale degli operai, ne ha però una considerevole sotto l’ aspetto politico, portando alla creazione di or ganismi la cui conquista e controllo serve per la classe lavoratrice di esercizio alla disciplina e all’ arte di amministrare;
« convinto che tale legislazione dovrebbe presso noi presentare il primo esempio di una savia e originale diversità di trattamento per le diverse regioni o industrie a cui si applica, ma che in ogni modo non sortirà effetti sicuri in Italia fino a quando non sia sorta in tutte le parti di essa una borghesia moderna intellettual mente e industrialmente;
« fa voti che le forze operaie — pur non cessando di far da propulsore verso la borghesia, per affrettarne l ’ evoluzione, combattendo special- mente tutte le forme di parassitismo, rinvigo riscano con ogni mezzo le loro organizzazioni di resistenza — specialmente appoggiandole alla coo perazione e alla mutualità — perchè, con l’ opera positiva dell’ azione diretta e rappresentativa e con quella negativa della critica, costringano lo Stato e gli altri Enti pubblici a dedicare una parte sempre più importante di ricchezze a be neficio dei loro ideali ».
— Mentre il problema del migliore ordinamento delle nostre Foreste si va discutendo con tanto interesse, non sarà inutile portare a conoscenza alcuni importanti dati circa i disboscamenti e redditi dei terreni boschivi, che togliamo dal B ol
lettino ufficiale dell’ Amministrazione forestale ita liana: si rileva che prima dell’ attuale legge fo
restale, cioè nel decennio 1867-1876 si dissodarono con l’ autorizzazione governativa 160,060 ettari di terreno boschivo. Dopo la promulgazione della legge 20 giugno 1877, fino al 31 dicembre 1899, i terreni svincolati ascesero ad ettari 2,190,325, dei quali ettari 231,367 sopra la zona del casta gno, ed ettari 1,958,958, sotto la zona del ca stagno.
D i questi terreni una parte fu destinata al- P agricoltura.
1 terreni vincolati al 31 dicembre 1899 rap presentavano una superficie di 4,081,789 ettari dei quali sopra la zona del castagno ettari 2,370,887 e sotto la zona del castagno ettari 1,710,902.
Ecco ancora alcuni dati circa la produzione boschiva che il sig, Victor P. espone a questo proposito nella Tribuna togliendoli da un recente libro di Lunardoni sui vini, uve e legumi nei trattati di commercio:
Nei boschi d’Italia si producono annualmente: Legna da carbonizzare e da ardere :
а) proveniente da cedui Me. 3,000,000 б) proveniente dalle fustaie
latifoglie » 2,255,000
c) proveniente dalle fustaie
resinose » 550,000
Totale Me. 5,800,000 Legname duro da costruzione
e da lavoro Me. 250,000
Legname dolce da costruzione
e da lavoro » 450,000
Totale Me. 700,000
— A proposito dei rendimenti delle dogane dell' Eritrea, che all’ Italia è costata tanti sa crifizi, rileviamo dai prospetti compilati mensil mente dall’ ufficio « Affari civili dell’ Eritrea » che durante l’ esercizio 1903-904 la Colonia ri cavò dalle dogane un’ entrata accertata di lire 961,398. Si ebbe quindi un piccolo aumento di lire 9,181 di fronte al reddito di 962,260 ac certato nell’ esercizio 1902-903.
Nell’ anno solare 1904 l’ accertamento fu di lire 952,350, somma che presenta invece una pic cola diminuzione di lire 2,819 di fronte a quella di lire 955,169 accertata nell’ anno 1903.
Nell’ esercizio 1903-904 la sola dogana prin cipale di Massaua introitò lire 815,979 ; vengono quindi le dogane di Assab con lire 136,747, di Edd con lire 6,344, di Meder con lire 5,611, di Agordat con lire 5,083 di Raheita con lire 159, di Sabderat con lire 21. I posti di osservazione introitarono lire 1,454.
Il maggior introito, lire 103,378, si ebbe nel mese di giugno 1904; il minore, lire 67,394, nel mese di gennaio.
— Il Moniteur officiel du commerce pub blica alcune notizie interessanti a proposito delle vie francesi d’accesso al Sempione. Sin dall’ inizio dei lavori si costituì a Ginevra un Comitato per ottenere la costruzione d’ una linea tra la Fran cia e il Sempione attraverso Ginevra.
Qualunque sia la decisione che il governo della Repubblica sarà per prendere, nota il gior nale citato, Ginevra costituisce per la Fran cia uno sbocco considerevolissimo non solo per sè stessa, ma per tutta la regione che la circonda di cui essa è il centro economico. Oltreciò è im portante che la grande città del Lemano, la cui ricchezza è in continuo aumento, sia messa in più facile e rapida relazione non solo con Parigi e il Nord della Francia, ma pure colle provincie dell’ ovest.
L o stesso giornale nota come il più gran contingente di viaggiatori discesi negli alberghi di Ginevra sia dato dalla Francia, e conclude che gli interessi propri di Ginevra sono troppo con nessi con quelli della Francia, perchè non si debba cercare di consolidarne e svilupparne le relazioni
con quel paese dove la popolazione francese è cosi considerevole e dove, si può dire, vengono consumati sopratutto prodotti francesi.
— A Londra si è tenuto testé il decimo Congresso dell'Istituto Internazionale di stati stica che riuscì di grandissima importanza, in quanto si propone specialmente di rendere para gonabile tra loro e omogenei i numerosi docu menti statistici editi dai diversi Governi.
Ci limitiamo a riprodurre i temi che furono svolti, i quali dettero luogo a lunghe e dottis sime discussioni, con preziosi risultati scientifici : 1. Statistica della superficie e della popola zione delle varie contrade della terra. Relatori Levasseur e Bodio.
2. Censimento dell’ Impero di Russia. Rela tore Troinisky.
3. I registri di popolazione. Rei. Nicolai, direttore al Ministero dell’ Interno del Belgio.
4. La questione del censimento al Giappone. Rei. conte Yanagisawa.
5. La mortalità nelle grandi città, Rei. prof. Bleicher, direttore dell’ ufficio di Statistica di Francoforte.
6. La fecondità dei matrimoni. Rei. Kiaer, direttore della Statistica in Norvegia.
7. Inchiesta antropologica nell’ esercito ita liano. Rei. maggiore medico Livi.
8. La statistica della tubercolosi. Rei. prof. Lexis dell’ Università di Gottinga.
9. La statistica internazionale degli infor tuni. Rei. Kogler di Vienna.
10. La statistica del pauperismo. Rei. prof. Loch del K in g’ s College di Londra
11. La statistica dei salari. Rei. David Schloss.
12. La statistica della disoccupazione. Relat. March, direttore dellà Statistica in Francia.
13. La statistica del prezzo del grano nel mondo. R ei. prof. Bela Fòldes dell’ Università di Budapest.
14. La statistica internazionale dell’ agricol tura. Rei. maggior Craigie, Inghilterra.
15. L a statistica internazionale dei trasporti. R ei. generale de W andrich, Russia.
16. La statistica internazionale delle impor tazioni e delle esportazioni. Rei. Sir Alfred Ba- teman del Board o f trade.
17. Della ripercussione dei dazi doganali. Rei. Y ves Guyot.
18. La statistica internazionale dei valori mobiliari. R ei. A . Neymarck di Parigi.
19. La bilancia economica delle nazioni. Rei. Gruber e De Foville.
20. L ’ avvenire della statistica. Rei. prof. Mundello, Ungheria.
— Da un rapporto dal R . Ministro in Persia pervenuto al Ministero d ’ Agricoltura, Industria e Commercio, ricavansi alcune previsioni sul rac colto serico del 1905 in Persia.
Per la parte e l’ interesse sempre maggiore che l’ elemento indigeno prende all’ allevamento del baco da seta ed alla conseguente produzione serica, quest’ anno ebbe luogo un’ assai maggiore importazione di seme (nel Solo Ghilanne vennero distribuite 350,000 oncie) in modo da far ritenere sicuro un raccolto abbondantissimo : questo si man tenne abbastanza promettente sino alla quarta muta, ma da quel periodo deteriorò sino a dare risultati finali deficienti.
Questa cattiva riuscita, oltre che alle cattive condizioni, e agli squilibri climatici, sembra dovuta in gran parte all’ ignoranza dei produttori ed alla incuria delle autorità, che ignorano e non curano, l’ applicazione di quei sistemi e di quelle misure preventive, atte a preservare l’ allevamento dalle malattie, e dalle altre circostanze che lo danneg giano, ed alla mancanza di qualsiasi criterio ra zionale direttivo che regoli la bachicoltura, la perfezioni e ne assicuri la buona riuscita.
Malgrado qualche tendenza alla flacidezza, la qualità del raccolto sembra in generale mi gliore di quello dell’ anno scorso, ma le in fezioni tengono le. transazioni in sospeso perchè la scarsità del prodotto mantiene i prezzi eleva tissimi. Esse poi soùo, come negli anni addietro, ostacolate dalle copiose sovvenzioni che la Banca Bussa fa agli incettatori indigeni.
Qualche partita di bozzoli venne già espor tata da Bescht, dovendosi però da Balkor seguire le linee ferroviarie per l’ Europa, in quanto che i torbidi del Caucaso rendono impossibile il tra gitto e l’ imbarco a Batum.
Mancano però ancora gli elementi necessari per determinare il vero carattere della campagna di quest’ anno, la media dei prezzi fatti nel com plesso dalla produzione.
Rassegna del commercio internazionale
Il commercio d'im portazione dell' Uraguay nel prim o semestre 1905. — Dal Bollettino uffi ciale della Camera di commercio Italiana in Montevideo, togliamo alcune importanti notizie circa la importazione dell’ Uraguay nel primo semestre dell’ anno corrente. Esse risulterebbero aumentate a 5,428,941.15 pesos con un aumento sulle entrate del corrispondente periodo del 1904 di 1,165,928.87 pesos. Si deve tener conto che du rante i primi nove mesi dell’ anno scorso imper versò la guerra civile in tutta la Bepubblica, rendendo difficile e di scarsa importanza il mo vimento generale degli affari.
Nonostante l’ aumento del Debito interno i fondi pubblici si mantengono a prezzi altissimi per questa repubblica avendo raggiunto quelli la quotazione di 96,50 e il 3 1/2 esterno quella di 70.25 ’O/o tanto sul mercato inglese come nella Borsa locale.
Seguitano attivamente i lavori della costru zione del porto di Montevideo che sarà termi nato fra tre o quattro anni. A opera compiuta il porto di Montevideo sarà di una profondità di dieci metri e vi potranno entrare anche le navi di tonnellaggio massimo.
Il commercio italiano nei prim i sette mesi del 1905. — U mese di luglio ha dato un au mento di 30 milioni nella importazione ed una diminuzione di 15 nella esportazione, perciò l’ au mento totale del traffico internazionale italiano si limita nel detto mese a 5 milioni.
Nei sette mesi pertanto si hanno le seguenti risultanze complessive :
1934 1905 Differenza Importazione 1,101,283,783 1,169,036,097 + 67,802,314 Esportazione 872,886,320 919,911,403 47,025,(983
Totale 1,974,120,103 2,088,947,500 +114,827,397
11 movimento è lento, ma costante con pre- valenza della importazione, però la differenza non è molto grande.
Diamo il solito prospetto delle categorie :
Valore merci importate
CATEGORIE Anno Differenza
secondo la tariffa doganale 1905 col 1901
Spiriti, bevande ed olii 33,018,800 + 7,417,958 Coloniali e tabacchi 20,794,182 + 1,214,386 Prodotti chim., medie, ecc. 51,216,511 -f- ^13,371 Colori e gen. p. tinta e concia 18,53 ¡,469 + 785,502 Canapa, lino, iuta escluso cot. 22,126,941 — 207,176
Cotone 191,268,683 + 18,838,801
Lana, crino e peli 54,283,643 — 6,091,883
Seta 107,770,780 + 17,631,724
Legno e paglia 54,286,028 + 491,454 Carta e libri 18,189,8*9 +- 1,136,258
Pelli 43,370,341 + 280,514
Min., metalli e loro lavori 169,915,292 - f 3,306,060 Pietre, terre, vetri e cristalli 130,344,142 + 10,670,984 Cereali, farine, paste ecc. 158,346,371 + 19,901,558 Animali, prod. e spoglie anim. 74,252,039 — 4,540,162 Oggetti diversi 21,315,987 + 1,952,985 Metalli preziosi Totale 1,169,036,097 70,223,600 + 67,802,314 -1- 39,887,300 Totale generale 1,239,259,697 + 107,689,614 Valore merci
Spiriti, bevande ed olii 51,142,897 — Coloniali e tabacchi 6,328,826 + Prodotti chim., medie, ecc. 34,830,569 -f* Colori e gen. p. tinta e concia 4,260,326 4- Canapa, lino, iuta escluso cot. 36,563,269 —
Cotone 62,132,858 +
Lana, crino e peli 17,509,915 +
Seta 332,566,515 +
Legno e paglia 32,519,321 — Carta e libri 9,807,631 +
Pelli 20,014,997 —
Min., metalli e loro lavori 26,614,059 + Pietre, terre, vetri e cristalli 52,055,363 — Cereali, farine, paste ecc. 99,871,398 + Animali, prod. e spoglie anim. 111,818,453 + Oggetti diversi 21,875,506 4~ esportate 15,352,285 1,425,797 1,715.782 9,921 7,238,723 2,617,345 4,063,515 66,531,960 81,001,671 375,575 1,207,963 1,450,263 5,630.204 12,088,540 14.212,777 2,964,504 Metalli preziosi Totale 919,911,403 + 3,732,500 — 47,025,083 1.056,500 Totale generale.923,643,903 + 45,968,583 dei E diamo dazi :
pure il prospetto della riscossione
Dazi di importazione Dazi di esportazione Sopratasse di fabbricazione Diritti di statistica Diritti di bollo
Tassa speciale zolfi di Sicilia Proventi diversi Diritti marittimi A n n o 1905 131,463,078 650,870 2,510,155 1,611,951 816,583 323,717 428,377 6,042,276 D ifferen za c o l 19J4 + 12,370,196 + + + + + 40,767 996,636 114,859 61,677 22,297 12,686 253,909 Totale 143,847,007 - f 13,705,079
fermezza in contrapposto ai resultati dei mesi pre cedenti dello stesso anno. Se però si fa un con fronto tra questo mese e il mese di luglio degli anni precedenti, si trova invece che le importa zioni si elevano a 85 milioni, cioè 21 di più che nel luglio 1904 ; e le esportazioni a 63 milioni contro 60 milioni dell’ anno precedente, tutto ciò non comprendendo in queste cifre i metalli preziosi.
Si domanderà da che cosa sia provenuto il forte disquilibrio nella importazione di quest’anno. Questo deriva specialmente dall’ aumento dei prodotti alimentari importati, i quali in tutti i sette mesi, giunsero a 182 milioni invece di 89 del 1904. E si noti che questi 89 milioni del 1904 rappresentano già un aumento sul 1903, durante il quale si importarono in Spagna 66 milioni soli di questi prodotti.
Si ebbe poi un aumento nella importazione del grano: 475,255 tonnellate invece di 119,680 avutesi nell’ anno precedente. La farina vi con tribuì assai ad aumentare il deficit : se ne im portarono 32,164 tonnellate invece che 747 del 1904. Senonchè però negli acquisti delle altre specie di cereali si ebbe una diminuzione di 18,000 tonnellate.
Quanto alla esportazione è da segnalarsi una differenza rilevante tra i diversi generi: cosi per le materie prime, essa si trova aumentata di 15 mi lioni di pesetas in rapporto al 1904, pei prodotti fabbricati resta invece stazionaria, e per le der rate alimentari ha perduto 35 milioni di pesetas in riguardo al 1904.
Il Congresso per g l’infortuni sul lavoro
Il comm. Vincenzo Magai di, delegato dal Ministro di agricoltura e commercio al Congresso medico in ternazionale degli infortuni sul lavoro, tenutosi recen temente a Liegi ha pubblicato una relazione, nella quale rende diligente conto dei lavori compiuti dal Congresso, dei quali vogliamo per la loro importanza
dare un cenno. . .
Il primo argomento trattato fu la definizione del l’ infortunio nelle differenti legislazioni. 11 dott. Thé- bault della facoltà di Parigi volle tentare una defini zione dell’ infortunio secondo dati razionali. Ecco le sue conclusioni:
1. Che ogni perturbazione primitiva dell orga nismo la quale sia prodotta, per fatto o in occasione del lavoro, da una causa esterna qualunque, d ’ ordine meccanico, fìsico, o chimico e di cui Vazione non si ri pete, determina, dal punto di vista medico-legale, un
infortunio sul lavoro. ’
2. Che ogni perturbazione ecc., di cui l azione si ripete, determina una malattia professionale.
8. Che le perturbazioni secondarie dell’ organismo, le quali siano prodotte, per fatto o in occasione del lavoro, da cause di ordine meccanico, fìsico, chimico o biologico, transitorie o permanenti, determinano una complicazione, una conseguenza o una susseguenza dell’ infortunio o della malattia professionale.
Sul difficile argomento si accese una viva discus sione e nulla venne deciso.
Interessante fu la discussione del secondo tema sull1 assimilazione delle malattie professionali agli infortuni.
Sopra questo argomento erano state presentate due relazioni conchiudenti in modo affatto opposto. L una del dott. Glibert, accoglieva la tesi dell’assicurazione speciale. L ’altra, dei dottori Ollive e Meignen, conclu deva che si debba distinguere tra malattia accidentale e malattia professionale.
Il carattere sempre violento delle prime permette di considerarle come infortuni, mentre il tipo delle
malattie professionali è costituito dalla intossicazione lenta.
Volendo quindi considerare isolatamente la que stione delle malattie professionali è impossibile trovare la via dell’ equità e si pecca necessariamente per ec cesso o per difetto.
Qualunque legge quindi la quale prenda di mira il concetto di malattia professionale è destinata, allo stato attuale della scienza medica, a riuscire insuf ficiente.
L ’unico provvedimento possibile è V assicurazione generale contro tutte le malattie.
A questa conclusione si associò il comm. Magai di, il quale fece al Congresso una importante comuni cazione sulla questione delle malattie professienali in Italia.
Nella discussione prese pure la parola il generale medico ispettore Randone, delegato al Congresso dal Ministero della guerra e della Croce Rossa Italiana, per osservare come in Italia il riconoscimento giuri dico delle malattie dette professionali è sancito dalla legge del 1899 per gli operai a servizio dello Stato.
Da questa infatti, oltre le lesioni riportate nell’ese cuzione di un lavoro o di un servizio comandato, sono comprese anche le malattie contratte nelle stesse con dizioni e ad esse è applicato lo stesso trattamento di' indennità o di pensione che agli infortuni.
Il Congresso non ritenne di dover mettere ai voti le conclusioni formulate dai vari relatori, pensatalo giustamente che le controversie scientifiche non si ri solvono a maggioranza di pareri.
La terza questione era di natura tutta speciale medica e sulla quale in Italia si sono accese tante con troversie giudiziarie : se V ernia possa essere considerata quale infortunio: e dopo lunga discussione, anche su questo argomento non fu presa alcuna deliberazione.
Il quarto tema portava: Studiare 1’ organizzazione : a) dei primi soccorsi medici in caso di infortunio sul lavoro; b) degli Istituti creati o da creare in vista della guarigione definitiva dei postumi d ’ infortunio, tenendo conto nella descrizione e nella critica delle organizzazioni vigenti, della differente natura delle industrie e professioni, della maggiore o minore im portanza degli stabilimenti industriali e della situa zione di questi stabilimenti nei centri urbani o nelle campagne.
Nel quinto tema furono prese in esame alcune conseguenze e complicazioni speciali di traumi.
Materia della sesta questione furono le ricerche intorno alla simulazione ed ai volontari aggravamenti.
La profilassi degli infortuni, la statistica, 1’ arte periziale medica furono le ultime questioni trattate dal Congresso.
Una statistica di 14,069 casi d’ infortunio dal 1894 al 1904 fu presentata dal dott. De Marbaix d ’Anversa; essa ha importanza come rivelazione conclusiva d’ un periodo nel quale non ancora vigeva la nuova legge
d ’ assicurazione. . . . .
Le osservazioni si riferiscono per la quasi totalità a lavoratori del porto : sopra 14,018 uomini e 51 donne abbiamo 18,966 casi d’ inabilità transitoria, 62 di in validità permanente parziale, 2 di invalidità perma nente totale, 89 d’ infortuni seguiti da morte.
Abbiamo poi 8350 casi di guarigione entro ì sette giorni, 10,616 di guarigione oltre la settimana. Il De Marbaix non ha riscontrato alcun caso di nevrosi trau matica: il gran numero di guarigioni rapide si spiega, specialmente, col sistema di liquidazione posticipato m uso sotto il vecchio regime.
L’ unico argomento, nel quale il Congresso cre dette di dover venire ad una deliberazione, fu la li bera scelta del medico curante da parte dell’ infor tunato.
Il relatore dott. Nuel trova che la Ubera scelta sia indispensabile ad assicurare quella reciprocità di fiducia che ha più importanza di qualunque altro ri medio per l’ esito della cura. Il Congresso fu dello stesso parere e approvò il principio delia libera scelta del medico e della libertà di tariffa.
-IL VALORE DI BORSA
delle Azioni di Banche e di Società italiane
Secondo i dati esposti dettagliatamente nel con sueto prospetto comparativo pubblicato da,\\’ Economista d’Italia del primo corrente, il valore di Borsa a fine agosto u. s. di tutte le azioni di Banche e Società ita liane, calcolato sui prezzi di compensazione, ascendeva a L. 3,253,621,519 e superava di L. 123,558,000 quello risultante a fine luglio precedente.
Tutti indistintamente i valori di qualsiasi specie concorrono a questo aumento considerevole, ma più specialmente quelli bancari e quelli dell’ industria me tallùrgica, come apparisce dal seguente riassunto:
Istituti di credito L. Società di trasporti » Industria Zuccheri » Miniere e metallurgia » Gaz ed elettricità » Tessitura e filatura » Condotte d ’acqua » Molini » Prodotti chimici » Industrie diverse » F in e a gosto 1905 775,821,860 883.639.000 200.0 20.000 555,8/2,400 159.957.000 220,064,250 82.269.000 67.392.000 111.053.000 328,542,01X1 L. 3,253,621,510 D ifferenza su fine lu g lio 1805 + 38.418,024 f 5,863,000 + 10,725,000 + 33,939,700 + 11,799,000 . 4,450,750 t 736,000 l 3,112,000 + 6,863,000 + 7,587,000 123,553,475
IL NUOVO REGOLAMENTO
contro le frodi sul commercio dei vini
Continuiamo la pubblicazione del Firn portante regolamento contro le frodi sul commercio dei vini :
CAPO IV.
Della vigilanza sulla preparazione e . sul commercio dei vini.
Art. 9. — Nei luoghi di produzione la vigilanza sulla preparazione e sul commercio dei vini è princi palmente affidata al ministero di agricoltura, industria e commercio, il quale la esercita per mezzo dei diret tori e degli enotecnici delle Cantine sperimentali, dei capi delle stazioni agrarie e di quegli altri funzionari che saranno a tal fine incaricati nelle diverse regioni del regno.
I funzionari anzidetti possono prelevare campioni senza bisogno di riceverne di volta in volta l’ ordine, la autorizzazione od il mandato dal ministero; l’ope razione materiale del prelevamento può anche essere commessa ad un agente da essi designato.
Art. 10. — Nei porti marittimi e lacuali, nei paesi di confine ed anche nei paesi interni dove esistono u f fici doganali, sempre quando la merce si trovi nei ma gazzini doganali, compresi i magazzini generali e pri vati, sulle calate, sugli spazi doganali, sulle chiatte, sulle Davi o sui carri, o sia dichiarata per l’ importa zione o per l ’esportazione, la vigilanza spetta esclusi vamente all’autorità finanziaria, la quale sola può di ufficio o d ’ istanza di chi possa avervi diritto o inte resse, ordinare il prelevamento dei campioni commet tendone la esecuzione agli agenti doganali.
Art. 11. — Nei negozi e spacci di vino all’ ingrosso ed al minuto, la vigilanza è esercitata dall’ autorità sanitaria competente, la quale fa prelevare i campioni per mezzo di agenti all’uopo designati.
Tuttavia nelle città di popolazione superiore a 50,000 abitanti e laddove esistano speciali funzionari del ministero di agricoltura, ovvero quando si tratti di stabilimenti enologici di notevole importanza com merciale, il ministero di agricoltura può sempre pren dere l ’ iniziativa e in ogni caso deve essere sempre informato dei provvedimenti che l ’autorità sanitaria credesse di adottare.
Sotto la denominazione di spacci di vino sono compresi i ristoratori, anche se aperti nelle stazioni ferroviarie.
Art. 12. — In casi speciali o quando si vogliano raggiungere determinati intenti, il ministro dell’agri
coltura, quello dell’ interno e, quello delle finanze pos sono, con istruzioni tra loro concordate, regolare di versamente le attribuzioni a ciascuno di essi conferite nei precedenti articoli.
Art. 13. — Le associazioni, i circoli e i sodalizi in dicati nell’art. 7 della legge quando credano di eser citare la facoltà di far prelevare campioni di vino, devono per mezzo dei loro rappresentanti o di altre persone espressamente delegate, rivolgerne domanda, in carta libera, all’autorità competente, secondo le di sposizioni dei precedenti articoli, indicando nella do manda per quali indizi la merce possa presumersi non genuina.
L ’ autorità richiesta provvede nel termine non mag giore di tre giorni od anche immediatamente, se vi sia urgenza, e quando accolga l’ istanza rilascia l’ordine di prelevare i campioni, designando l ’agente che dovrà eseguire l’operazione.
Non è ammesso richiamo contro il rigetto della domanda.
CAPO V.
Degli incaricati del prelevamento dei campioni. Art. 14. — Gli agenti delegati della operazione ma teriale del prelevamento dei campioni devono essere muniti di un documento ufficiale dal quale risulti l’or dine e la delegazione ricevuti.
Ai momento del prelevamento dei campioni il pro prietario del vino o chi per esso, può farsi assistere da una persona di sua fiducia.
Nulla è innovato alle facoltà spettanti ài medici provinciali ed agli ufficiali sanitari.
Art. 15. — In caso di rifiuto o di assenza del pro prietario o del suo rappresentante, l’agente incaricato di prelevare i campioni richiede l ’ intervento del pre tore o del conciliatore locale o di uno degli ufficiali di polizia giudiziaria indicati nell’ articolo 6 della legge.
Per rappresentanti del proprietario s’ intendono l’ institutore, il detentore, i commessi, il vettore, il possessore della lettera di vettura o della polizza, di carico, il capitano della nave e le persone di famiglia maggiori di età.
CAPO VI.
Del prelevamento dei campioni, delle analisi dei vini de stinati al commercio e consumo interno.
Art. 16. — La quantità di vino da prelevarsi per V analisi chimica deve essere almeno di quattro botti glie di circa un litro ciascuna.
Le bottiglie da adoperarsi devono essere traspa renti, lavate prima con acqua, poi con lo stesso vino, in guisa che in esse non rimanga traccia delle sostanze che possono aver precedentemente contenute.
Le bottiglie devono essere piene, tappate accura tamente con tappi nuovi di sughero di buona qualità e munite di suggelli a ceralacca e di un cartello por tante le firme del detentore e dell’ agente incaricato del prelevamento e le altre indicazioni per stabilire la identità del campione. Inoltre in foglio speciale si de vono indicare il nome, il cognome e residenza del de tentore del vino, la capacità dei fusti o recipienti vi nari da cui il campione fu prelevato, il loro grado di riempimento, l’eventuale produzione di fioretta, e pos sibilmente il tipo ed il luogo di produzione del vino stesso.
Art. 17. - - Ad ogni prelevamento dei campioni viene redatto apposito processo verbale su carta libera che si deposita presso l’autorità che ordinò il preleva mento. Il verbale deve indicare il nome e cognome della persona o ditta cui il vino appartiene, il luogo di produzione e le circostante nelle quali si effettua li prelevamento, e deve portare le firme ed i suggelli già applicati al campione stesso.
Se il proprietario o il suo rappresentante, si è ri fiutato di dare il campione, oppure non ha assistito alla operazione, oppure non firma il verbale, se ne deve far menzione.
Art. 18. — Dei campioni prelevati due sono spediti all’ ufficio di analisi, insieme col foglio di cui all’ arti colo 16, uno resta in depositi' presso l ’ ufficio che ha ordinato il prelevamento dei eampiopi, per servire eventualmente all’ analisi di revisione, di cui all’ arti colo 9 della legge ; gli altri saranno rilasciati al pro prietario del vino.