GAZZETTA SETTIMANALE
SCIENZA ECONOMICA, F IN A N Z A , COMMERCIO, BANCHI, F E R R O V IE , IN TE R E SSI P R IV A T I
Anno XXXII - Yol. XXXYI
Firenze, 13 Agosto 1905
N. 1632
S O M M A R I O : Lo Stato e i suoi contraenti — Ungheria e N orvegia — R . 0 ., Socialismo e intervento di Stato (IV, fine) — Luigi Nin a, Crisi vinicola e dazio sul vino. — R i v i s t a b ib lio g ra fica : P rof. Camillo Supino, P rincipi di Econom ia P olitica - Fritz Wolters, Studien über A grar gustande und A gra r probleme in Frankreich von 170J bis 1790 - James Darenport- Whelpley, The problem o f the im m igrant. — R i v i s t a econom ica e fin a n ziaria : Il Congresso internazionale della mutualità - Il movimento del porto di Genova e il suo avvenire - La rendita italiana in Francia - Il bilancio degli Stati Uniti dell’ America del Nord - Sull’ eser cizio ferroviario di Stato nella Svizzera. — R a s s e g n a del com m ercio in te rn a zio n a le : Commercio germanico dei sei primi mesi — Commercio dell’ Uruguay nel 1904. — Servizi m arittim i — Nelle Ferrovie Meri dionali. Il decreto che regola l ’esercizio — Camere di Commercio — M ercato M onetario e R ivista delle Borse — Società com merciali ed industriali — N otizie com merciali.
Lo Stato e i suoi contraenti
Questa faccenda delle liquidazioni ferroviarie non è che un esempio grande — perchè si tratta di cospicue somme — di tutto un sistema che è andato negli ultimi anni intensificandosi e che può creare, come crea infatti, dei seri pericoli agli interessi stessi dello Stato.
Alcuni giuristi ed uomini politici hanno cre duto di poter dare al diritto di imperio dello Stato, che gli proviene dalla tutela massima degli interessi generali al di sopra di quelli partico lari, una estensione che va prendendo come sua base la ingiustizia e la prepotenza.
Non vogliamo qui trattare di tale questione nel senso rigorosamente giuridico, perchè ciò usci rebbe dal nostro campo, ma vogliamo richiamare la attenzione del pubblico sopra gli effetti di questo sistema, che a poco a poco va compromet tendo seriamente l ’ interesse generale col pretesto di difenderlo.
Perchè si è affermata la onnipotenza della legge e la illimitata facoltà del legislatore di le giferare con piena libertà, in modo che il suo po tere sia sovrano e senza eccezione, si è confusa questa onnipotenza, che diremo di ordine gene rale e politico, con i rapporti giuridici che lo Stato, come un Ente Morale qualunque, stringe coi terzi; e dalla illimitata facoltà di legiferare si va deducendo la sua illimitata facoltà di in terpretare e di mantenere o no i contratti che così liberamente concluse.
Così abbiamo veduto lo Stato , intervenire terzo tra i contraenti ed interpretare per loro conto i loro contratti, senza che la urgenza del pubblico interesse lo spingesse a ciò.
L ’ istituto della prescrizione, così delicato e così importante, è stato in Italia addirittura ma nomesso dai poteri dello Stato in più occasioni stabilendo, non già a priori, ma dopo conclusi contratti tra terzi, dei termini arbitrari che mo
dificavano nelle mani degli uni il valore delle cose che in buona fede avevano comperate. Per esempio la prescrizione dei biglietti di Banca, la prescrizione delle cartelle del prestito Bevilacqua L a Masa quando fu riordinato.
E d ora la prescrizione a brevissimo termine dei piccoli risparmi postali permette allo Stato, per semplice comodità burocratica, di disporre del denaro altrui, ecc. ecc.
Con una leggerezza, che non può essere im putata ad ignoranza in una Camera dove siedono più di duecento avvocati, ma che dimostra la poca cura che i legislatori mettono a conservare alla legge tutta la sua maestà ed il suo prestigio, vennero approvate le famose leggi colle quali il credito fondiario del Banco di Napoli prima, i prestiti dei comuni poi, furono sottratti alla legge imperante nel tempo in cui i contratti di ces sione dei relativi titoli passavano nelle mani del pubblico.
Abbiamo avuto l’ iniquo spettacolo della legge che modificava i premi alla marina mercantile, so lennemente promessi da un’altra legge per dieci anni senza limiti di somma. I calcoli, sui quali si era basato il legislatore nella prima legge parvero sbagliati, la spesa fu considerata ecces siva, e il legislatore, modificando d ’arbitrio il con tratto fatto, calpestando le disposizioni chiare ed evidenti del Codice Civile, venne meno ai propri impegni ; e egli stesso, parte contraente, col pre testo del diritto d’ impero, modificò da se solo il contratto che aveva concluso.
Lasciamo andare la tassa sulla rendita e i suoi relativi aumenti fino al venti per cento, che rappresentano, come ben disse nel 1902 l’ on. Son- nino, una macchia nella nostra storia finanziaria, macchia tanto più deplorevole in quanto non rap presentava affatto un provvedimento necessario a salvare il paese, come i fatti hanno luminosa mente provato.
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possa, vien meno ai patti stabiliti, e commette, sia pure legalmente, degli atti che nessuno, vo gliamo credere, dei. legislatori commetterebbe come privata persona.
Abbiamo già avvertito, in un passato arti colo, che se le Società ferroviarie a mezzo dei loro organi diversi avessero compiuto anche una sola parte di ciò che ha compiuto coi suoi diversi organi lo Stato, si sarebbe sentito un grido di indignazione da un capo all’ altro del Regno.
Tale sistema di frequente inadempienza agli obblighi che lo Stato, come un Ente Morale qua lunque, ha contratti, produce necessariamente delle conseguenze che portano allo Stato stesso danni morali e materiali che forse in alcuni casi non si avvertono, ma che esistono egualmente.
Questa facilità di mancare ai propri obblighi contrattuali deriva in gran parte dal continuo timore in cui Governo e Parlamento vivono di essere ritenuti malversatori e corrotti. E vera mente sembra che si voglia infiltrare negli animi del paese la persuasione che i membri del Go verno e gli alti funzionari delle Amministrazioni governative, solamente perchè tali, sieno capaci delle più malvagie azioni. Mentre difficilmente ad un uomo, quando non sia provata la sua di sonestà, si lanciano accuse crudeli, lo stesso uomo, appena sia ministro od occupi un posto cospicuo negli impieghi, è considerato come un delinquente nato, e in pieno Parlamento lo si accusa come un ladro, o come un corrotto, o come un malver satore del pubblico denaro. Non diremo se e quando tali accuse possano essere in certi casi meritate, ma non può a meno di meravigliare che per quanto si mutino ministri e funzionari, ap pena la Camera discuta di interessi materiali, la diffidenza si manifesta, le accuse si moltiplicano e coloro che sono chiamati. a reggere le sorti del paese sono, più o meno vivacemente, indicati come persone che non meritano la pubblica fiducia. E ciò avviene con una reciprocità tra i diversi par titi veramente edificante ; basta che un deputato sia all’opposizione perchè vegga subito, nell’amico, che fino a ieri ha salutato come uomo onesto ed integro, una persona intorno alla quale vi è mo tivo per dubitare. Avviene una crisi e le parti si invertono : il giudice severo diventa a sua volta accusato, e l’accusato di prima l’accusatore
di oggi. . . . . .
Meno male per quei signori che si sono abi tuati ad essere indifferenti alle atroci ingiurie a cui si espongono salendo al potere; ma per il pub blico, per le moltitudini, che assistono a tali spet tacoli cosi frequenti, il danno morale è immenso, poiché nasce l’abitudine inevitabile di considerare il Governo come una accolta di persone che ad ogni minima occasione provvedano ai loro parti colari interessi, anche con danno dello Stato. Da ciò un disgusto per la vita pubblica da parte delle persóne rette, da ciò un disprezzo nel pub blico verso coloro che sono chiamati a reggere le sorti della nazione.
E che dire della persistente contraddizione in cui si mette il potere legislativo, che esige da una parte la indipendenza della magistratura e dall’ altra intimidisce il magistrato e lo designa come un uomo corrotto, tutte le volte che non sentenzia a favore dello Stato?
Ma vi è anche un danno materiale che non è indifferente e che deriva dal sistema pel quale 10 Stato abusa del proprio potere per non adem piere a quei patti che già gli sono onerosi.
Il danno che risente lo Stato da ciò, è che coloro, i quali contrattano con lui, alle altre alee a cui vanno incontro e per le quali cercano di avere compenso, si abituano anche ad aggiungere quella lotta speciale che presentano gli affari con clusi collo Stato, cioè la presente sua tendenza a sottrarsi ai propri obblighi contrattuali.
Quanti Ministri, come persone onestissime, non abbiamo conosciuto, i quali, non avendo avuto 11 coraggio di presentarsi al Parlamento per chie dere i fondi necessari a pagare il dovuto, si sono
fatta incoare una lite, affine di provare di essere
obbligati .da una sentenza a pagare cento, solo perchè temevano la opposizione della Camera ove spontaneamente avessero proposto di pagare ses santa per una transazione ?
Animi piccoli od incapaci, si dirà ; piccoli, se, convinti, non avevano il coraggio del proprio convincimento ; incapaci se non erano ben sicuri de! diritto che difendevano. Ma che importa si mile giudizio, quando tali uomini vanno facendosi sempre più numerosi e quando ne vediamo uno come il Ferraris, citato ad esempio di rettitudine, di tenacia, persino di ostinatezza, accettare la scappatoia, certo non coraggiosa, offerta dall’ on. Fortis per sfuggire ad un voto contrario ?
Intanto si susurra da ogni parte : — bisogna prendere mille precauzioni quando si contratta collo Stato ; non si è mai sicuri di aver nulla concluso quando uno dei contraenti è lo Stato ; bisogna armarsi di ogni cautela quando si ha un contratto collo Stato, che è cavilloso per ragioni politiche e cattivo pagatore per ragioni finanziarie.
E questi convincimenti, che si infiltrano tra gli uomini di affari, vogliono dire che a contrat- • tare collo Stato sempre meno le persone rette sono disposte e sempre più si accresce il numero di coloro che, di coscienza più elastica, contrat tando collo Stato, cercano di imbrogliarlo per tro vare un compenso ai suoi imbrogli.
Nel caso attuale delle liquidazioni ferroviarie si è visto palesemente che la opposizione costi tuzionale era mossa unicamente da ragione poli tica ; e vedremo a novembre quanta differenza si avrà tra ciò che era proposto e ciò che sarà ac cettato. Ciò che importava era la ragione poli tica ; indebolire il Governo abbastanza perchè dovesse cedere il potere, ma in modo però che a novembre togliesse esso stesso di mezzo questa spinosa materia dellè liquidazioni, affinchè più dolce fosse la soluzione della crise.
E l’ on. Fortis è caduto in questo tranello. Però con questi sistemi la dignità dello Stato va sempre più eclissandosi.
Occorre che si ritorni al concetto puro e semplice che lo Stato, come contraente, non ha nè maggiori diritti, nè minori obblighi di quelli che sono concessi ad un privato cittadino.
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In questa vecchia Europa tutta imperniata nelle antiche tradizioni e così restìa a muovere passi definitivi verso i moderni ideali positivi per paura di vedere allontanati troppo gli antichi ideali fantastici, in questa vecchia Europa cor rono talvolta delle fiammate strane che appas sionano i popoli e li conducono ad operare contro il loro stesso interesse.
Basta vedere ciò che avviene in questo mo mento in Ungheria ed in Norvegia, dove soffia un vento separatista di cui invano si cerca la ra gione nell’ utile dei due popoli. Certo, vi sono delle cause che determinano un simile movimento e possono anche essere cause di una qualche im portanza che giustifìchiuo la tendenza; ma una anche breve riflessione lascia comprendere che ben più gravi sarebbero i danni derivanti da una divisione che non sieno quelli che rimarrebbero persistendo nella unione.
Tutta la storia dell’ epoca presente lascia vedere la necessità in cui si sono trovati i po poli a costituirsi in grandi gruppi per quanto sia possibile omogenei ; e questo, aggruppamento se anche fu causato in qualche caso da movente di carattere superiore, in molti altri fu evidente mente determinato dai progressi tecnici che la società civile andava mano a mano conquistando.
Per lo stesso modo per il quale una città non può ingrandirsi se non in relazione ai mezzi di comunicazione, giacché tutto quello che deve ser vire a tutti deve stare nel centro della città, e la popolazione non può distribuirsi intorno a quel centro se non fino alla distanza in cui sia pro fittevole, rispetto al tempo, servirsi delle istitu zioni accentrate; e quindi una città, dovè non si possa che andare a piedi, non oltrepasserà mai in estensione un raggio, ad esempio, di tre chilo metri, che diventerà anche di quattro se sarà in trodotto l’ uso del cavallo, e mano a mano si esten derà colla ferrovia a vapore od elettrica che mantenga in tempo la stessa percorrenza massima dalla periferia al centro; - così avviene degli Stati: più o meno ciascuno Stato ha bisogno di avere accentrate certe sue istituzioni, il cui uso diventa per la civiltà necessario. Ora, a parte tutte le altre cause che possono determinare l’ aggruppa mento dei popoli, è evidente che la facilità di percorrere le distanze rende più utile l’ uso delle istituzioni, che necessariaménte non possono es sere che accentrate. Ed è per questo che hanno torto coloro che vorrebbero impedire le costru zioni delle strade ferrate nei paesi dove non rèndono abbastanza ; le strade ferrate non hanno soltanto la azione commerciale, ma allo stato odierno della civiltà hanno una funzione sociale e politica in quanto sono uno dei mezzi con cui sono tenute strette al centro le diverse parti del territorio di cui lo Stato è formato.
P i fronte a questi evidenti esempi che for nisce la storia vicina a noi ; non può che sem brare strana la attitudine della Norvegia e della Ungheria, le quali vanno alimentando una ten denza separatista che può diventare per loro pe ricolosa, inquantochè le mire imperialiste che
vanno dominando i grandi Stati, la mancanza di scrupoli che ebbe sempre la politica quando trat tisi di conquista, mettono i piccoli Stati la cui esistenza non sia voluta da particolari esigenze politiche, alla mercè dei maggiori, i quali, in date contingenze non esiterebbero a procedere a di minuzioni più o meno larvate, od anche a smem bramenti.
Troppo si illudono, a nostro avviso, coloro i quali credono che l’ epoca delle conquiste e degli smembramenti sia terminata. Certo oggi la opi nione pubblica ha maggiore influenza di quello che non avesse un secolo fa; certo i popoli nel loro insieme hanno idee di giustizia più raffinate di quelle che un secolo fa non dominassero; ma noi non siamo ancora giunti a tal grado di dif fusa civiltà perchè sia possibile sperare un mo vimento esteso della pubblica opinione per impe dire ciò che in fatto di politica essa giudicasse ingiusto. E d’ altra parte bisogna confessare che le istituzioni sono per lo più ancora troppo plasmate sulle vecchie idee, e sulle più antiche forme, per sperare in un ritegno morale degli Stati a com piere delle cattive azioni quando torni loro utile. A tacere di tanti altri fatti, ciò che si tollera in Armenia, ciò che si è fatto in Cina, ciò che si sta facendo al Congo, dimostra come negli Stati dominino ancora sentimenti che non sono all’ uni sono coi sentimenti che prevalgono negli indivi dui che li compongono.
Dal lato sociale e politico quindi la forma zione di piccoli Stati è senza dubbio pericolosa e come tale condannabile; e gli uomini che più sono in grado di creare e guidare i movimenti dei popoli assumono una grande responsabilità per l’ avvenire, se ispirano ed anche solo aiutano o non frenano le tendenze separatiste.
Ma non manca anche il lato economico che domanda qualche riflessione.
Senza nessun dubbio la somma delle spese necessarie a condurre due Stati è maggiore di quella che non occorra a condurre gli stessi due paesi fusi in uno Stato solo. Molte sono .le isti tuzioni che diventano doppie, o che costano circa lo stesso, tanto se lo Stato sia piccolo come se sia, entro certi limiti, più grande. Avviene come per le industrie e quasi come per le famiglie : le spese generali non aumentano in proporzione allo svol gersi dell’ industria od all’ aumentare del numero delle persone componenti la famiglia. Per di più tutti i rapporti economici cogli altri Stati, sono ne cessariamente tutelati meno efficacemente quanto meno grande, meno ricco, meno forte è lo Stato.
Nel periodo contemporaneo poi nel quale im pera il protezionismo, così che si vorrebbe, non ostante il maggiore dispendio di energia, che ogni Stato bastasse a sè stesso, e quindi fosse pro duttore di ogni cosa, è chiaro che tale sistema tanto più riesce nocivo quanto più piccolo è lo Stato, perchè la differenza di clima e di suolo obbliga a maggior spreco di energia per ottenere ogni genere di prodotto.
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per cementare e rendere omogenei popoli di ori gine diversa. Nella Svizzera vi sono italiani, francesi e tedeschi che custodiscono la loro lin gua, le loro tradizioni, i loro costumi ; ma tut tavia sentono vivamente, come ne hanno dato meravigliosi esempi, la patria svizzera, indipen dentemente dalla lingua, dalle tradizioni, dai co stumi. Si tratta è vero di un piccolo popolo in condizioni eccezionali ; ma ecco l’ esempio degli Stati Uniti dove la popolazione è costituita di ogni razza, di ogni nazionalità, di ogni religione, e dove pure è altissimo il sentimento di patria in tutti i suoi componenti, e dove possono con vivere politicamente uniti uomini di ogni prove nienza, che poco dopo il loro arrivo in quel suolo meraviglioso, si spogliano abbastanza delle trac- eie della loro origine per sentire profondamente tutti i doveri che domanda loro la nuova patria, tutto il concetto altissimo che essa rappresenta.
E questo segreto di regime politico che crea lo Svizzero e crea l’ Americano del nord sta nella libertà applicata sinceramente, per la quale ogni cittadino degli altri paesi nella Svizzera e negli Stati Uniti si sente inalzato alla dignità di uomo. Vicino alla Svizzera vi è l’ Austria-Ungheria, dove manca assolutamente la libertà, e dove per conse guenza le diverse nazionalità sono in continua lotta tra loro ; lotta che ha la apparenza di es sere lotta tra nazionalità e nazionalità, ma in sostanza è lotta per la libertà.
Ecco perchè non possiamo spiegarci come i dirigenti Norvegesi ed Ungheresi spingano con tanta leggerezza il popolo a vagheggiare una se parazione, che sarà certamente dannosa e che può diventare pericolosa.
SOCIALISMO E INTERVENTO DI STATO1*’
IV .
Se, come fermamente crediamo, non si può parlare di un qualsiasi trionfo dello spirito so cialista nell’ età di mezzo, non fosse altro perchè proprio allora si gettavano le basi della società capitalistica e delle associazioni bancarie, a più forte ragione si deve escludere qualsiasi accenno ad un socialismo municipale o di Stato negli ul timi tre secoli che precedettero la Rivoluzione francese.
Che cosa rappresentano essi nella storia dell’ Europa ? Tutti o quasi tutti i manuali di Storia moderna, quando hanno più o meno esat tamente o scelleratamente descritto gli avveni menti che precedettero la scoperta dell’ America, sintetizzano in una frase sola « formazione delle grandi monarchie e nazionalità » tutto il periodo che va dalla fine del secolo decimoquinto alla metà del secolo decimosettimo. Qualcuno si spinge, con buone ragioni, fino al trattato di Aquisgrana, quasi che dall’ età dei principi e ministri rifor matori incominciasse davvero una nuova epoca nella storia dell’ Italia e dei paesi germanici. Gli storici francesi, dal canto loro, considerano il
(*) Vedi Economista nn. 1628, 1629, 1630.
regno di Luigi X I V come 1’ ultimo e più fulgido bagliore della Francia monarchica assolutista, quasi che, spegnendosi dopo lunghe giornate il re-sole, si dovesse spegnere per tutta la nazione ogni fiamma di gloria e ogni sentimento di or goglio nazionale. Sembra però che a quella frase — formazione delle grandi monarchie — non si dia, generalmente, tutta l’ importanza che essa ha.
Dalla mistione di stirpi e di civiltà che aveva costituito il carattere essenziale dell’ alto medio evo, eran venute su sempre più e sempre meglio determinate quelle speciali forme econo miche e giuridiche che furono il fondamento della vita europea nei secoli che seguirono.
La proprietà fondiaria, che in ogni parte dell’ Impero carolìngio era accentrata nelle mani di pochi enti ecclesiastici e di signori laici, ancor meno numerosi, aveva fatto sì che il potere cen trale dello Stato fosse ridotto alla sua più povera espressione e diventato, come altrove noi dicemmo, « il regno del protettorato supremo ». La fòrza ef fettiva risiedeva tutta, specialmente in Francia, nell’ aristocrazia terriera, alla quale, in momenti di perturbazioni continue in ogni angolo dei do- monii carolini, la corona domandò protezione e soccorso in cambio di privilegi sovrani. La pic cola proprietà rimase qua e là come sterile pianta all’ombra di una quercia magnifica.
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si è affacciato decisamente alla vita pubblica sol tanto ai tempi di Lutero, che contro di esso non risparmiò fulmini e imprecazioni con la parola e con opuscoli, che tutti i conservatori odierni ri pudierebbero. Più accelerato, rispetto alla Francia e alla Germania, è il movimento proletario in Inghilterra, ma anche là le fondamenta della Costituzione -furono gettate quasi senza il suo intervento.... alla cerimonia inaugurale della prima pietra; e la Rivoluzione che sospinse sul trono gli Orange non fu, nè pur in minima parte, opera del popolo.
La formazione dello Stato moderno in Italia e il consolidamento delle monarchie assolutiste nel resto d’ Europa rappresenta, nella storia eco nomica dell’ occidente europeo, il dominio incontra stato di una aristocrazia cortigiana, in gran parte di recente formazione, e di un’alta borghesia ca pitalistica — sopra tutto nelle regioni marittime, in grazia degli scambi commerciali di loro natura, se così può dirsi, essenzialmente « b o r g h e s i».
Ebbene : quando tutta la vita di una nazione si esaurisce in un essere privilegiato che si chiama re assoluto, il quale può, sorretto da una potente oligarchia speculatrice o da una schiera d’ imbe cilli cortigiani forti solo nella volontà d ’oziare a corte, imporre la sua volontà e il suo capriccio a milioni di esseri umani ; quando questi milioni di esseri adorano i. loro carnefici oppure non hanno la forza di sbarazzarsene ; quando 1’ evo luzione economica della società rende possibile il lusso orientale di pochi e la fame di molti e, quindi, l’ ignoranza, la prostrazione, la viltà ; quando, in una parola le forme economiche e po litiche della vita sociale rivestono, diciamo così, un contenuto aristocratico e grasso borghese a tinte teocratiche, noi domandiamo se sia possibile parlare di « Socialismo municipale ».
Se ciò è possibile, e se è indiscutibilmente vero che il proletariato fu politicamente assente fino ad un secolo fa, vuol dire che quel « Socia lismo municipale » rispondeva ad interessi bor ghesi e aristocratici e che, perciò, non si può dire che esso sia un portato dello sviluppo della vita proletaria. Tutto questo, si badi, sempre che ci sia stata davvero una funzione municipale assai sviluppata nei secoli X V —X V I I I ; poiché, se, come fa il Des Cilleuls, a dimostrazione di quella tesi si porta il fatto che Carlo V , poniamo, o Luigi X I V o altro sovrano qualsiasi credevano di fare il loro dovere di capi di Stato regolando taluna delle molteplici attività economiche dei loro sudditi, con leggi che i libei'isti hanno tutto il diritto e il dovere di ritenere fatali, noi non sappiamo davvero come mai si possa continuare a parlare di « Socialismo municipale », e come mai quel che è più — a dimostrazione di questo fatto giu ridico—economico si possano scegliere atti dell au torità sovrana del re, ossia, del potere centrale dello Stato. _ . .
Noi avremmo riconosciuto giusto il procedi mento logico della dimostrazione della tesi se si fosse detto che i Comuni A, B, C, nei secoli X V - X V I I I fecero presso a poco quello che fanno gli attuali Comuni retti dai partiti popolari, o, meglio, da socialisti — per essere più rigorosa mente esatti. Ma, se ciò non è detto, e se, fatta eccezione di alcuni decreti di principi o di primi
ministri, altro non si può addurre, vuol dire che una vita municipale non ci fu, o almeno essa ri mase latente nell’ ombra ad agire, come docile strumento, secondo il moto impressole dall’ alto.
Infatti, quando sarà scritta la storia dei « Comuni » italiani e delle « villes » francesi nei secoli dell’ assolutismo monarchico, si saprà anche a che cosa siano stati ridotti gli enti ammini strativi locali, quando —■ specie in Italia — essi perdettero ogni carattere politico o statale. Per ora, non potendo qui nè pur tentare questa istoria pur avendo raccolto molti dati, contentiamoci di osservare che un libro che vuole appunto dimo strare tutta l’ aberrazione scientifica e tutto il male che si cela nel così detto « Socialismo mu nicipale », non ha potuto far parola di Municipi se non in età recentissima.
E allora, se un proletariato politicamente or ganizzato e, però, effettivamente partecipante alla vita dello Stato non vi fu, perchè ripetutamente in tutto il corso del suo libro il Des Cilleuls parla d’ influenza delle classi lavoratrici nel determinare l’ azione « socialista » dello Stato o del Comune? E se il Municipio ha perduto, per l’ Italia, tutto il suo antico significato e il suo valore, e, per la Francia, ha finito con l’abdicare a quel po’ di prestigio goduto durante le lotte della monarchia contro il feudalesimo delle campagne, perchè par lare di Socialismo municipale ? Perchè parlare di Socialismo a proposito della nota legge inglese su g l’ intermediari fra produttori e consumatori? Forse perchè nel programma Socialista c ’ è per P appunto la scomparsa dell’ intermediario ? Sì ? E allora noi potremmo dire che, siccome la pro prietà collettiva è 1’ ultima mèta a cui tende il Socialismo, i Germani furono ai tempi di Cesare e di Tacito i più autentici socialisti ; e che, sic come il Socialismo ha, se non inventate, certo propugnate le leghe di resistenza e le cooperative di produzione, così le associazioni artigiane del medioevo furono davvero le più solenni afferma zioni socialiste prima ancora che si fosse svilup pata la borghesia ! La poligamia e la poliandria potrebbero, sotto un certo aspetto, essere consi derate più che un primo passo verso il libero amore e, quindi, intinte anch’ esse — presso i primitivi popoli — di pece socialista. Le ser rate padronali sarebbero animate di Socialismo, perchè per l’ appunto il Socialismo vuole la soli darietà fra i combattenti per uno stesso ideale. Naturalmente, poco importerebbe che l’ideale fosse diverso da quello del partito socialista.
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sollevato questioni su cui già da un pezzo è pas sata la spugna della critica marxista, e che una conoscenza più esatta, delle vicende storiche dei paesi dell’ Europa civile avrebbe fatto prendere alle idee dell’ A . un indirizzo tutt’affatto diverso. Aggiungiamo ora che, se i partiti socialisti di tutti i paesi reclamano nei pubblici comizi e nei loro congressi nazionali — come, per esempio, quello che attualmente si tiene a Losanna — che lo Stato moderi l’ azione ostile del capitalismo verso il proletariato o che si assuma la gestione dei pubblici servizi, quale quello delle strade fer rate, o garantisca l’ operaio per g l’ infortuni del lavoro o che non permetta lo sperpero del pub blico danaro, e simili, non è già perchè tutte queste belle o brutte còse costituiscano il Socia lismo, sia pur quello a scartamento ridotto, ma perchè da una. parte i partiti d’ opposizione deb
bono, se vogliono vivere, esercitare costantemente
un’ opera di controllo su la vita pubblica ; dal l’ altra perchè quasi da per tutto, per la mancanza di un ceto borghese radicalmente riformatore, essi sono costretti a radicalizzarsi, e finalmente per chè la inesatta conoscenza del Socialismo scien tifico, che è nelle masse anche più evolute, fa si che si naturi il pensiero socialista fino a diventare qualcosa di.... ridicolo. Per esempio, pochi giorni fa un articolo dell’ A va n ti! firmato Guarnieri Ventimiglia, pretendeva di dimostrare che lo Stato dovesse impedire la serrata padronale contro gli scioperi !
Evidentemente lo Stato, organo di classe e tutelatore degl’ interessi predominanti, non può consentire che questi interessi siano intaccati e non può tanto meno legalizzarne Io scempio. Ma la così detta legislazione sociale segna altrettante tappe nella via della conquista proletaria. E il Des Cilleuls è perfettamente logico, da buon con servatore, quando insorge contro ciò che egli chiama menomazione della libertà individuale del capitalista e, in genere, del produttore e del con sumatore; ma non s’ accorge che egli implicita mente riconosce che lo Stato deve intervenire a tutelare questa libertà minacciata. In nome della libertà del lavoro si è invocata sempre 1’ opera dello Stato protettore di krumiri, in nome della libertà e, quindi, regolarità di funzionamento delle amministrazioni comunali si sono mantenute le autorità tutorie inceppanti ! E ’ che 1’ intervento di Stato rappresenta a volte un’ arme brandita dalle classi dominanti, a volte una concessione fatta da esse alle classi dominate. Noi che siamo liberisti, nel significato più ampio della parola, avremmo capito che il De Cilleuls, da liberista ad oltranza, avesse concluso dicendo che deve scomparire tutto ciò che è inceppamento delle at tività degli uomini e dei partiti e che, quindi, pressoché tutte le funzioni dello Stato non hanno ragion d ’ essere. Se non che, allora gli avremmo gridato che ciò è per l’ appunto quello che vo gliono i socialisti e che era inutile scrivere un libro contro il Socialismo.
Però, anche cosi com’ è, il libro che abbiamo (come diremo ?) confutato, ma che stimiamo as sai, è davvero fatto bene quanto a struttura e fattura. Lo rende poi in certo senso prezioso la appendice assai ricca di dati, su i quali l’A . ha formulato, specie per alcuni provvedimenti della
più recente legislazione francese, dei giudizi in teressanti.
Ma il libro vuole altresì fare argine, almeno nell’ intenzione dello scrittore, al dilagare del So cialismo, si è meritate le lodi incondizionate del
Journal des Economistes. Noi diciamo che l’ at
tacco è stato mal dato, perchè male scelto il ter reno della lotta, e che dal punto di vista stra tegico la battaglia è virtualmente perduta se il capitano la ingaggia in condizioni sfavorevoli. Se poi il capitano non compie tutte le operazioni « in maniera brillante », l’esito non può esser dub bio. Noi, spettatori, non possiamo, però, non tener conto della buona volontà anche quando l’ esito degli avvenimenti ad essa non risponda ; ma dob biamo anche constatare che i cavalieri nemici caracollano intanto lieti su i piani conquistati o non perduti.
(Fine) R. C.
CRISI VINICOLA E DAZIO SUL VINO
L ’ abolizione del dazio di consumo sul vino è stato oggetto di frequenti voti di produttori, e recentemente discussa dal Comizio agrario di Acireale, che con circolare 21 febbraio 1905 ha invitato i Deputati di tutti i partiti a proporre e votare che le disponibilità del bilancio siano destinate ad alleviare o ad abolire il dazio con sumo sul vino, anziché quello sul grano.
10 credo che se la questione dovesse farsi in questi termini, il voto di Acireale sarebbe molto probabilmente destinato a rimanere inascoltato; giacché chi entri ad esaminare l’ opportunità di facilitare i consumi, non durerà molta fatica a dar la preferenza al grano o ad altri prodotti, anziché al vino.
E le ragioni sono troppo ovvie; ragioni di principio, le quali hanno un’ importanza decisiva.
11 considerare, come fa il Comizio di A ci reale, che abolendo il dazio di consumo sul vino — anziché quello sul grano — si farebbero gli interessi del proletariato, « sia come consumatore sia come lavoratore, pel la mano d’ opera che l’ agricoltura e l’ enologia richiedono e per il com mercio che animano », non esclude che altret tanto possa dirsi, e con ragione, del grano stesso ; onde non si vede quel motivo, sul quale la pre ferenza per lo sgravio del vino dovrebbe basarsi, nè si spiega perchè debba allo Stato assegnarsi la missione di far l’ assicuratore di un minimo di utili per una sola classe.
Non starò qui a ricordare la nota classifica zione degli oggetti di consumo, in rapporto alla intensità dei bisogni che sono destinati a soddi sfare ; giacché si capisce troppo bene come sia conforme ai postulati della scienza l’ imposizione del vino e di altri prodotti della stessa catego ria, quali il caffè e lo zucchero, di fronte a quelli corrispondenti a bisogni d ’ esistenza di primo grado, come il sale, il petrolio e primo fra tutti il grano.
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e si studii la questione come di per sè stante, nella sua assoluta gravità. Senza dire che essa meriti una ricerca più accurata di altre, senza sostenere che la sua soluzione urga più che quella della questione del grano, si sostenga che è un problema il quale si raccomanda per molte ra gioni, e si resterà così nei limiti del vero; è un problema che va studiato e per quanto è possi bile risolto, non già per riguardo alle condizioni del consumatore, ma a quelle del produttore, il quale sente la crisi vinicola.
L ’ attenzione del potere legislativo ebbe più volte a soffermarvisi, ed anche recentemente quando con legge dell’ 11 luglio 1904, n. 377, nell’ interesse dei piccoli produttori, fu disposto per l’ acquisto di vasi vinari del valore di 300,000 lire e della capacità di 30,000 ettolitri, e per l’ impianto di cantine sociali, per le quali fu assegnato il fondo di 700,000 lire.
Basta pensare che dal 1883 al 1903 la su perficie data alla vite è aumentata di circa mezzo milione di ettari, aggirandosi presente- mente la superficie vitata attorno ai quattro milioni di ettari, con una produzione che nel l’ ultimo trentennio va da un minimo di 35 ad un massimo di 45 milioni di ettolitri.
Nel maggio 1902 si svolse in Parlamento un’ ampia discussione sulla crisi vinicola. Si in vocò, come provvedimento immediato, un sensi bile abbuono di tassa per utilizzare mediante la distillazione il vino invenduto, e si propugnò la sostituzione, con altro cespite fiscale, del dazio di consumo sul vino nelle grandi città, per modo da frenare la concorrenza che le miscele artifi ciali fanno ai vini genuini. Sia di fronte alla situazione della finanza pubblica — che non con sentiva soverchie larghezze — sia perchè l’ abo lizione del dazio consumo si collegava con una generale riforma del sistema tributario, riforma che non sembrava ancora matura, il lungo di battito parlamentare non potè approdare a risul tati concreti.
E bisogna riconoscere che anche oggi la si tuazione non consente un provvedimento come quello invocato ; vuoi perchè in tesi generale lo sgravio del vino non dovrebbe aver la preva lenza su quello dei consumi più necessari, vuoi anche perchè, dato il fabbisogno attuale, sarebbe impossibile coprirlo con nuovi cespiti tributari. Ma se alla soppressione del dazio consumo non si può procedere, non per questo è .preclusa la via all’ adozione di opportuni temperamenti, dai quali i produttori possano trarre un adeguato sollievo. Io credo che tre potrebbero essere i fon damentali.
1. — Abolizione del dazio sulla minuta vendita. 2. — Istituzione di un tributo fisso sul vino. 3. — Agevolazioni ai distillatori.
Abolizione del dazio sulla minuta vendita. —
Si può dire che la proposta di abolire il dazio sia stata fatta contemporaneamente alla imposi zione di esso. Introdotta nello Stato sardo come imposta governativa, veniva considerata come
tassa dì guerra per provvedere alle urgenti ne
cessità finanziarie del momento.
La legge 3 luglio 1864, n. 1827 (art. 13, all. L ) l ’ introdusse c o m e imposta facoltativa mu nicipale, ma pochi Comuni se ne valsero.
Ne propose l’ abolizione nel 1875 il Ministro Minghetti, limitatamente ai Comuni eccedenti i 50,000 abitanti, ma il progetto non fu approvato.
La Camera emise più voti nello Stesso senso in varie occasioni e il deputato Berio presentò un conforme progetto di sua iniziativa, d’ accordo coi deputati Oddone, Elia, E . Farina, Goggi, Ma- meli ed altri, progetto che veniva preso in con siderazione dal Ministro delle Finanze nella tor nata del 3" febbraio 1881.
Sull’ esordio della X V ' legislatura, la que stione dell’abolizione del dazio di minuta vendita veniva parzialmente risollevata con la presenta zione di un progetto di legge raccomandato dai deputati Sperino, Luzzatti ed altri (l), inspirato al concetto di un protezionismo alle benefiche istituzioni rappresentate dalle società cooperative, col quale le stesse società venivano dichiarate esenti da dazio. Questo progetto portava ad una disuguaglianza di trattamento tra gli esercenti ed i consumatori liberi e non associati, di fronte ai consumatori associati ed alle società coopera tive, e anche nei rapporti tra le stesse Società cooperative, secondochè avessero sede in comuni aperti od in comuni chiusi. Inoltre non risolveva punto la questione della abolizione.
Perciò fu riproposto il progetto Berio nel 1883 (2), ma benché approvato dalla Comera non venne in discussione al Senato. Ripresentato nuo vamente 1’ 11 maggio 1889 (3), ebbe la stessa sorte.
Giungiamo così alla legge 17 luglio 1890, n. 6956 — dopo di cui nessun altro provvedi mento fu dal potere legislativo adottato in ma teria —- la quale non sancisce la soppressione del dazio sulla minuta vendita; ma detta talune disposizioni, con cui ai Comuni chiusi si da fa coltà di rinunziare a questo cespite e di soppe rire alla mancanza del relativo provento, au mentando anche oltre il limite consentito dal- l’ art. 11 della legge 11 agosto 1870, n. 5784, all. L, la addizionale al dazio governativo sulle bevande, all’ introduzione nella linea daziaria. Si intende che tale aumento non può eccedere la misura occorrente per compensare il mancante provento della detta tassa, e per poter essere deliberato deve venir sottoposto alla approva zione del Governo.
Ma quali sono le ragioni che si oppongono all’ abolizione assoluta del dazio di minuta ven dita ?
Anzitutto — si dice — porterebbe uno scom piglio nelle amministrazioni comunali, in quanto verrebbero a scemare non lievemente i redditi delle medesime.
E ’ facile però convincersi che il temuto scompiglio, se pur si verificherà, sarà ben ri stretto. Infatti solo un numero addirittura mi nimo di Comuni chiusi conserva questo dazio ; e di quelli che lo conservano, la massima parte non ha toccato il limite del 50 0 /o del dazio co munale addizionale al governativo; per cui senza scosse e con un leggiero aumento del dazio di
(1) Cfr. Atti Parlamentari, Tornata dell’ 8 dicem bre 1882, disegno di legge, n. 41.
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introduzione potranno abbondantemente supplire alla perdita che eventualmente deriverebbe dalla rinunzia alla tassa sulla minuta vendita.
A d ogni modo, se si accettassero i criteri del progetto Berio (legisl. X I V , n. 162, anno 1881), potrebbero valersi della sovrimposta, ove già avessero raggiunto l’ addizionale del 50 Ojo sul dazio di introduzione.
Si osserva ancora, contro il progetto di abo lire l’ imposta di minuta vendita, che essa è preferibile all’aumento anche lieve del dazio di introduzione; perchè in Italia — e specialmente nelle provincie meridionali — vi sono campagne, le quali, difettando di case coloniche e fattorie con annesse cantine, obbligano gli agricoltori a trasportare nel vicino comune chiuso, ove abi tano, i prodotti delle loro campagne per deposi tarli nei magazzini di dove li ritirano il giorno che li vendono ; per cui il dazio di introduzione graviterebbe su essi, mentre dal dazio di minuta vendita sono completamente esenti.
Questa obbiezione non regge. Pel disposto dell’ art. 24 e segg. del Regolamento 25 agosto 1878, n. 5840, il vino che è introdotto nel Co mune chiuso per esservi depositato, non paga nulla alla sua introduzione e gode inoltre di no tevoli facilitazioni. Infatti il proprietario di esso non è soggetto ad alcuna cauzione, non ha da soffrire vessazioni di sorta, gli è accordata una tara per il calo solito a soffrirsi dal vino e non è soggetto al pagamento del dazio, se non tra scorso un anno, ed unicamente per quella parte di vino, che anziché esser venduto pel consumo fuori del Comune chiuso, è venduto e consumato entro la cinta di questo.
Da ultimo si osserva che non vale la pena di procedere alla abolizione di questo cespite di entrata comunale, perchè ne fruirebbero i con sumatori di pochissimi comuni, e perciò la que stione non tocca interessi generali.
Anzi pare a me che questa sia una ragione per attuare subito il provvedimento invocato. Se pochi sono i Comuni, la riforma è facile; nè si può negare l’ urgenza di toglier di mezzo un’ in giustizia enorme, per cui a Genova e Torino il povero è gravato d i più che a Roma, Napoli, Milano. Si tratta di fare sparire due ingiustizie, assoluta'1’ una, inerente al dazio stesso, relativa l’ altra.
Se si sopprimesse il dazio di minuta ven dita, si avrebbe l’ effetto pratico importantissimo di una espansione del consumo e quindi di una limitazione della crisi vinicola.
{Continua). Luigi Nixa.
R
ivista
B
ibliografica
P r o f. C a m illo S u p i n o . - Principi di Economia
Politica. — 2a ed. Napoli, L. Pierro 1905, pag. 552.
In brevissimo tempo questo notevole trattato di Economia Politica raggiunge la seconda edi zione, il che prova con quanto favore il pubblico
abbia accolto un lavoro che veramente meritava di essere diffuso tra gli studiosi.
Abbiamo già espresso su questi P rin cipi del prof. Supino il nostro giudizio, e ci compiacciamo che non sia stato diverso dal nostro il giudizio del pubblico.
Si può non essere d’accordo con l’ Autore sulla partizione della materia e sul suo ordinamento, ed anche dissentire da lui sul valore che dà a certe teorie tuttavia controverse nella scienza, ma il concetto che dà il prof. Supino della scienza, il modo con cui espone il proprio convincimento sono ammirevoli per chiarezza di pensiero e di espressione e per bontà di ragionamento.
E questa seconda edizione che l’ Autore ha riveduta ed ampliata aggiunge altri pregi ai pregi della prima.
Fritz W o lte r s . - Studien ilber Agrargustànde
und Agrarprobleme in Frankreich von 1700 bis 1790. — Leipzig, Dunker et Humblot, 1905,
pag. 438 (M. 10).
Abbiamo avuto occasione più volte di pre sentare ai nostri lettori qualcuno dei volumi delle notissime « Staats-und socialwissenschaftliche Forschungen » diretti dallo Schmoller e dal Se- ring, ed ora ne abbiamo sotto gli occhi uno inte ressante assai.
L ’ Autore in questo studio dimostra alla stre gua delle ricerche fatte e dei ' molti documenti raccolti, che i grandi uomini della rivoluzione francese, i quali sulla proprietà fondiaria porta rono tante ardite innovazioni, non furono essi stessi gli autori di nuove teorie, ma piuttosto gli esecutori di idee e di concetti che esistevano gi^ in tutto il popolo e non aspettavano che le opportune circostanze per essere applicate.
Questo notevole studio è diviso in quattro capitoli. Nel primo l’ Autore esamina le condizioni della proprietà immobiliare rustica alla vigilia della rivoluzione ; e quindi la divisione del suolo nelle singole proprietà piccole e medie, e nelle diverse classi sociali. Nel secondo capitolo è trat tato della teoria della divisione e del comuniSmo della terra nel X V I I I secolo fino alla Rivoluzione ; l’Autore esamina prima l’ evoluzione di tale teoria fino al 1780, e quindi la teoria della eguale par tizione della terra e del comuniSmo della terra negli scrittori del decennio 1780-1790; e final mente la relazione tra la legge agraria e la que stione politica sul principio della Rivoluzione.
Nel terzo capitolo l’Autore rileva la origine del movimento agrario e lo sviluppo della sua let teratura ; discute sulle teorie economiche e sul mutamento • dei sistemi di coltura, e fa notare l’ influenza delle teorie agronomiche ed economiche sul principio della Rivoluzione.
L ’ ultimo capitolo tratta della lotta per i beni ecclesiastici immobiliari nel X V I I I secolo fino al 2 novembre 1789.
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J a m e s D a v e n p o r t-W h e lp le y . - The problem
o f the immigrant. — L o n d o n , Ohüpman et Hall,
1905, pag. 295.
Fornito di numerosi dati statisti e di noti zie economiche largamente raccolte, l’Autore, dopo aver trattato in generale della moderna emigra zione, esamina particolarmente quella che muove da tredici Stati su ciascuno dei quali dà alcuni interessanti elementi.
L ’ Autore osserva che venti anni or sono la emigrazione europea, presentava all’ incirca lo stesso numero odierno. Una corrente allora pro veniva principalmente dall’ Ovest e dal Nord-ovest d’ Europa ; ora la proporzione si è rovesciata, ed il principale contingente è offerto dall’ Italia, dal- l’Austria-Ungheria e dalla Russia. « Gli italiani — dice l’Autore — sono cacciati dal loro paese, dalle durevoli cattive condizioni economiche ora culminanti nelle regioni del Sud e nella Sicilia; i russi ebrei sono spinti a lasciare il loro paese dalle persecuzioni politiche ; gli Austro-Ungheresi emigrano verso l’Ovest per sfuggire i pesi eco nomici e politici. Così nell’ ultimo anno 230,000 italiani, 200,000 austro-ungarici e 136,000 russi passarono negli Stati-Uniti, mostrando che la po vertà e lo sconforto sono causa per la quale masse di popolazione lasciano la rispettiva patria ».
L ’ Autore quindi considera questo fenomeno come un interesse internazionale, e ciò lo con duce ad esaminare le leggi di immigrazioni nei diversi paesi che assorbono queste masse emi granti, e specialmente l’ Inghilterra é le sue co lonie e gli Stati Uniti.
Quindi l’Autore si occupa con larghezza delle leggi che sono state adottate nei diversi Stati, Danimarca, Belgio, Svizzera, Germania, Italia, Austria-Ungheria, Spagna, Portogallo, Olanda, Francia, Scandinavia e Russia sulla emigrazione.
Riguardo al nostro paese, dopo aver detto che la emigrazione è sottoposta al controllo del Governo, controllo che si esercita o dovrebbe esercitarsi a favore dell’ emigrante, ed aver date le cifre delle principali destinazioni della emi grazione italiana, ripete che il numero maggiore di quelli ohe lasciano il paese è spinto a ciò dalle condizioni economiche, specie nell’ Italia Meridio nale, ed infine aggiunge: « Tasse elevate, i locali dazi di consumo, l’alto saggio del cambio, le di soneste amministrazioni locali, ed altre cause, hanno resa improduttiva l’agricoltura nei latifondi che esistono nel Sud d’ Italia e nella Sicilia ». Questo giudizio severo e purtroppo non ingiusto è largamente svolto dall’Autore con minori ine sattezze di quelle che non sogliono gli stranieri parlare delle cose nostre. Dopo di che l’ Autore illustra la nostra legge sulla emigrazione e l’ uf ficio con essa recentemente creato.
Molto diligente, pieno di acute osservazioni, ricco di notizie e di dati, il lavoro e già stato unanimemente giudicato dagli studiosi degno di ogni attenzione.
RIVISTA ECONOMICA E FINANZIARIA
Di questi giorni si è tenuto a Liegi il Con gresso internazionale della mutualità. Fra le altre importanti deliberazioni che il Congresso ha preso e che speriamo vedere al più presto rese pubbliche negli Atti del Congresso, notiamo quella di istituire un ufficio internazionale degli studi su la mutualità, chiamandovi gli italiani Abbiate, D e Angeli, Maffi e Magaldi. Inoltre, il Congresso nella sua ultima seduta, facendo sua la proposta di Abbiate e del Sig. Mabilleau, de liberò la creazione della federazione internazio nale della mutualità, dando mandato al nuovo ufficio di prepararne la costituzione.
— Sul movimento del porto di Genova leg giamo nel Foreign Office un rapporto consolare per l’ anno 1904.
« Il rapporto rileva che i lavori di demoli zione delle vecchie strade e di allargamento delle stazioni ferroviarie sono quasi completati. Si dif fonde quindi sui lavori di allargamento del porto che cominceranno nel 1905. La spesa preveduta sarà di 50 milioni di franchi.
« L ’ impianto ferroviario del porto è ancora insufficiente poiché non si possono utilizzare più di 1200 carri al giorno; occorre invece che, apren dosi la linea del Sempione, il porto sia in grado di smaltire il traffico per mare e per terra. La massima parte del traffico presente è costituita dall’ importazione del carbone e di materiale greg gio principalmente destinato all’ Italia superiore. Il movimento di esportazione a Genova, ora, non . ha grande importanza, ma si spera che possa acquistarne una maggiore. Si faranno degli sforzi onde rendere Genova un gran centro per le mer canzie internazionali, così da assicurare alle navi la possibilità di trovare carichi di ritorno ed ai mercanti di inviare le loro merci in tutte le parti del mondo.
« Certamente •— aggiunge il ropporto — l’a pertura del Sempione e di altre linee progettate fra la Svizzera e la Francia avrà per effetto di attirare molto traffico a Marsiglia e la concor renza dei porti tedeschi, olandesi e belgi rimarrà sempre grande. Ma se tutti i progettati miglio ramenti portuali e ferroviari saranno eseguiti, sarà incoraggiata l’ affluenza delle mercanzie eu ropee a Genova. Supponendo che queste speranze siano realizzate, si calcola che in venti anni il porto di Genova possa raggiungere un movimento annuo di dieci milioni di tonnellate, cioè di quasi il doppio del movimento attuale, ma questo ri chiede un corrispondente movimento sulle fer rovie di 2000 vagoni al giorno, anziché di 1200 come è ora. In breve il porto di Genova, me diante un trattamento conveniente e giudizioso,
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Nel 1904 la differenza diminuì a sole 3,614 navi con 1,283,774 tonnellate di stazza e 270,889 tonnellate di merci.
Un altro sforzo e Genova conquisterà il primo posto tra i porti del Mediterraneo.
— Su la rendita italiana in Francia for nisce alcuni dati statistici il Memoriai Diplo-
matique, testé pubblicato. Da essi risulta che
l’Italia, approfittando del suo sviluppo economico, ha ritirato rapidamente circa la metà dei titoli di rendita che aveva in Francia.
A l primo gennaio 1898, il capitale rappre sentato dai titoli che erano in Francia si poteva valutare a 800 milioni e i pagamenti semestrali del gennaio 1898 richiesero 15,790,810 franchi.
Nel luglio 1903 gli interessi semestrali non erano più che 8,961,000 franchi. Nel gennaio 1905 erano 7,475,000, ossia per un capitale di 400 mi lioni solamente.
— Il bilancio degli Stati Uniti dell’America del Nord registra ancora un nuovo disavanzo. Quello dell’ anno finanziario 1903-1904 poteva es sere giustificato dal fatto di aver sopportato molte spese straordinarie, come per esempio, quella di 200 milioni di franchi per il riscatto degli inte ressi francesi nel Canadà e i 45 milioni dati alla Repubblica del Panama. Nell’esercizio del 1904-1905, invece, notiamo che, mentre sono di minuite sensibilmente le spese per le pensioni e il debito, sono in aumento assai forte quelle per l’ esercito e per la marina e per i servizi civili. Ecco, a questo proposito, alcune cifre riguardanti i tre ultimi esercizi :
1902-003 1903-904 1904-906 L ir e L ir e L ir e Entr. do e. 1,422,897,910 1,806,372,825 1,810,802,640 » interne 1,191,050,620 1,164,720,527 1,167,321,005 >» diverse 225,531,845 228,107,465 239,495,650 Entr. tot. 2,801,633,375 2,664,000,885 2,717,119,295 Spese 2,530,495,035 2,630,011,605 2,837,045,055 Differ. +271,488,340 +59,989,280 —119,938,760
Sono stati principali cespiti di spesa :
1902-903 1903-904 1904-906 L ir e L ir e L ir e Pensioni Serv. civ. Esercito Marina D ebito Indiani 692,128,230 621,221,450 593,097,600 413,090,175 142,781,745 64,675,835 712,706,330 660,833,515 575,177,050 514,780,510 123,232,450 52,191,750 508,854,780 733,853,825 612,495,475 586,670,015 122,955,120 71,332,840 Spese 2,530,495,035 2,639,014,655 2,837,055,055
— Nel n. nel 16 luglio pubblicammo, sotto altra rubrica, alcuni dati su l'esercizio ferroviario di Stato nella Svizzera. Ora togliamo, sempre dal
Bullettin Commercial Suisse, altri dati più
com-pleti per il primo semestre del 1905 :
Entrate i 1905 F r . 7,330,845 Gennaio Febbraio Marzo A prile M aggio Giugno Luglio A gosto Settem. Ottobre N ovem . Dicem . 1904 F r . 7,255,009 7.202.690 9,178,975 8,987,590 9,735,500 9,500,719 11,803,409 11,829,153 10,983,328 10,150,765 8.088.690 9,915,949 7,055,842 8,945,125 9.073.000 10,077,000 9.889.000 1934 F r . 5,173.009 5,372,057 5,790,662 5,660,832 5,803,003 5,820,007 6,012,124 6.149,665 6,193,960 6,163,761 6,139,237 6,216,315 1905 F r . 5,572,199 5,484,677 6,037,528 5.956.000 6.224.000 6.082.000 Totale 114,631,784 » fine giu. 51,860,487 52,370,813 In più 510,326 70.494,638 33,619,578 35,356,405 1,736,831
Come si vede, le entrate sono in lievissimo aumento, e le spese continuano a crescere sensi - bimente. A tutto giugno il deficit è di 1,226,504 sul resultato del primo semestre del 1904.
Rassegna del commercio internazionale
Commercio germanico dei sei primi mesi. — Nel primo semestre del 1905 l ’ importazione in Germania si è elevata a 25,271,615 tonnellate, contro 22,304,081 e 21,723,916 del periodo stesso dei due anni precedenti, rispettivamente.
Anche per questo semestre quindi dobbiamo notare un considerevole aumento nel commercio di importazione di questa regione : aumento che si riscontra pure allorché dal calcolo del peso si passi a quello del valore. Infatti, l’ importazione si elevò nel semestre 1905 a 3,373 milioni di marchi, contro 3,223 e 3,077, rispettivamente dei due anni precedenti.
E ’ importante conoscere, nel commercio spe ciale, che gli articoli che più hanno contribuito all’aumento dell’ importazione sono: il carbone, i cereali, gli olì e in particolar modo i metalli pre ziosi che da 72 e 67 milioni di marchi sono sa liti in questo semestre a 107 milioni. Grande diminuzione, invece, nei cotoni.
Quanto alla esportazione, essa si è elevata a 18,546,979 tonnellate contro tonnellate 18,604,153 e 18,303,109 dei semestri dei precedenti anni. Anche per i metalli preziosi si ebbe un conside revole aumento: 55 milioni contro 49 e 50 mi lioni degli anni precedenti. E ’ in diminuzione, invece, l’ esportazione del carbone e dei cereali. Commercio dell’ Uruguay nel 1904. — Il movimento commerciale d’esportazione del 1904 dell’ Uruguay ha avuto un considerevole aumento, se si paragona con quello del 1903. Infatti, esso è aumentato di 1,138,258 piastre, ossia fu di 38,456,167 la cifra più alta fin qui raggiunta. E si deve notare che le esportazioni riflettono so pratutto la potenza produttrice del paese. Invece le importazioni diminuirono di 3,887,277 piastre.
La cifra poi del commercio generale esterno dell’ Uruguay nel 1904 scese., a 59,672,856 pia stre ossia a 2,749,019 piastre di meno, che nel 1903. L e esportazioni superarano di 17,239,000 piastre il totale delle importazioni. Questa dif ferenza è veramente enorme, ed ebbe un’influenza salutare sulle condizioni monetarie dell’Uruguay.
Ecco ora un prospetto del commercio speciale :
13 agosto 1905 L ’ E CO N O M ISTA 527 A nim ali v iv i Prodotti « de l’elevage » » agricoli A ltri prodotti Diversi
A pprovigioni per battelli
Esportazioni: piastre 9'J5,‘216 34,548,360 1,966,666 711,856 6,969 197,430 Piastre 38,456,167 V e l o c i t à P e r io d . m ig li a t o n n e l. 8 ° Gruppo.
1» Venezia-Calcutta ogni 4 sett. 10 6000 9 ° Gruppo.
1“ G enova-Batavia ogn i 2 sett. — — 10° Gruppo.
1* G enova-P orti del Messico-
Colon-Trinidad-Teneriffa-G e nova ogni 2 m. 10 601X1
2a Genova-Teneriffa-Trinidad- C olon -P orti del M
essico-Genova id. 10 6000
11.° Gruppo.
1* P a lerm o-N ew -Y ork settiman. 18 10000 Il Ministero delle Poste e Telegrafi nominò tempo
fa una Commissione incaricata dello studio del pro blema che s’im poneva in previsione della scadenza delle convenzioni marittime nel 1908. Le proposte e le con clusioni della Commissione sono le seguenti :
Le linee di navigazione proposte dalla Commissione sono quelle indicate d a ll’ elenco che segue, diviso per gruppi. Dna Società od un armatore possono concorrere ad uno o più gruppi.
A lle linee comprese nei gruppi 11° e 12° sarà accor dato soltanto il beneficio del credito navale alle linee del gruppo 9°, sarà accordato soltanto un compenso ; alle linee comprese negli altri gruppi, oltre al beneficio del credito navale, sarà corrisposta una sovvenzione.
V e l o c i t à P e r io d . m ig li a
Linee : l.° Gruppo.
1* M arsiglia-Porti it.-T rieste settim . 10
2* Cagliari-Palerm o id. 10 3» PaTermo-Tunisi id. 10 to n n e l 1. 3003 2000 1000 2.° Gruppo. della id. id. 1> G enova-Portotorres 2* Genova-Costa Orient. Sardegna-Cagliari 3» Genova-Cosa Occident. Sardegna-Cagliari 4» Cagliari-Civitavecchia 5“ G enova-C agliari-P orti della
Tunisia - Tripoli - Malta - Siracusa fino a Genova settim. 6“ G enova-N apoli Costa Orient.
Sicula-M alta-Tripoli-Porti della Tunisia-Cagliari-Ge
10 10
4 . “ Gruppo. 1* Genova-Alessandria d ’E gitto settim. 2» Venezia-Alessandria d ’E gitto id.
5. ° Gruppo. 1» G enova-Tripolitania-E gitto- ogn i 4
Soria-Genova settim.
2* G enova-Soria-E gitto-T
ripo-litania-G enova id.
3* Venezia-Soria-E gitto-T
ripo-litania-Venezia id.
4* V en ezia -T rip olita n ia -E
git-to-Soria-Venezia id.
5a Venezia-Costantinop. Braila settim. 6 ° Gruppo. 1* Genova-Costantinopoli settim. 2» Costantinopoli-Odessa ogni 2 sett. 3* Costantinopoli - Novorossisk
e ritorno per l ’ A natolia id. 7.° 1“ 2“ 3» 4* N apoli-M assaua-Sidney Massaua-Aden M assaua-Zanzibar 2000 2000 id. 10 2030 bisett. 12 2003 12 2000 nova id. 12 2000 7* Carloforte-Portovesm e quotid. 10 100 3.° Gruppo. 1* Venezia-Albania-Brindisi settim. 12 1000 2* Venezia-Dalm azia-Bari id. 12 10-30
3» Venezia-Epiro id. 10 500-6/0
4“ Del fiume Boiana bisett. 10 100
5» Brindisi-Patrasso id. 15 1500
6» Ortona-Trem iti-M anfredonia id. 15 320 7» R aven na-F iu m e-T rieste settim. 10 320 8» R avenna-Trieste-F ium e id. 10 320 9* Venezia-Ravenna-Seavi pu- ogni 2
gliesi settim. 10 320 20 20 10 10 10 10 12 12 12 12 7C0J 7000 4000 4000 4000 4000 2503 4000 4000 4000 ogni 4 sett. 12 7C03 6 all’ anno 10 5000 ogni 2 sett. 11 800 ogni 4 sett. 11 800 1 2 ° Gruppo.
1* G enova-B uenos-A yres id. 1.5 7000 13.° Gruppo.
1“ V enezia-R io J a n e iro -M o n - tevideo-Buenos
Ayres-Val-paraiso-Callao ogni mese 12 6000 1 4 ° Gruppo.
l a Palermo L o n d ra A n v e rs a
-Brema o A m bu rgo ogni 15 g. 14 2000 1 5 ° Gruppo.
1“ Livorno-Arcipelago
Toscano-Civitavecchia bisettim. 12 500
2“ Porto Ferraio-P iom bino bigiorn. 12 200 3* Porto S. Stefano-G iglio quotid. 10 100
16° Gruppo.
1* M ilazzo-Lipari-Salina id. 12 2* M essina-Scali Isole
Eolie-Napoli bisettim. 10
3* L ip ari-F ilicu d i-A licu d i id. 10 17.° Gruppo.
1“ T rapani-Porto Em pedocle settiman. 12 2° Palerm o-Ustica bisettim. 12 3“ P. Em pedocle-Lam pedusa id. 12 4» Marsala-Pantelleria id. 12 5* Trapani-Scali delle Egadi id. 12
18° Gruppo. 1° Napoli Penis Sorrentina
-Capri quotid. 12
2" Napoli-Capri id. 15
3" Torregaveta-Isole del G
olfo-Forio bigiorn. 10
4" N apoliIsole del G olfoP on
-za-A nzio 3 la sett. 10
19° Gruppo (Linee da esercitarsi dallo Stato). 1 a Civitavecchia-G olfo A ranci
con prolung. a Terranova quotid. 15 2a Golfo Aranci-M addalena id. 10
3a N apoli-Palerm o id. 18
4a Palerm a-Tunisi settiman. 18
250 500 150 500 320 320 320 320 500 1000 100 200 1660 150 2300 2300 La Commissione Reale propone poi la creazione di uno speciale Istituto destinato a somministrare, a mite ragione di interesse, il credito ad armatori od a So cietà italiane per l’ acquisto e costruzione di navi a vapore.
L ’ ammontare del credito varierebbe a seconda del- l’ importanza dei servizi ai quali le nuove navi sareb bero destinate.
Il debitore dovrebbe rim borsare in rate trimestrali posticipate, a com inciare dal sesto mese dall’ acquisto, o dal varo della nave, l ’ interesse, più una percentuale a titolo di commissione, di imposta e di amm orta mento, e la spesa di assicurazione della nave.
Le domande di credito sarebbero classificate, nel dicembre e nel giugno di ciascun anno, nel modo se guente :
1° per le linee regolari di em igrazione: 2° per le linee regolari libere;
3° per la marina libera in genere: 4° per navi da acquistarsi all’ estero.
Fra più domande avrebbero la preferenza le navi di m aggior portata, ed a parità di portata quelle di maggior velocità.
L ’aggiudicazione dei servizi avrà lu ogo col mezzo delle aste osservandosi le seguenti norme :