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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.32 (1905) n.1642, 22 ottobre

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GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, F IN A N Z A , COMMERCIO, BANCHI, F E R R O V IE , IN TERESSI P R IV A T I

Anno XXXII - Yol. XXXYI

Firenze, 22 Ottobre 1905

1642

S O M M A R I O : Sulle condizioni del Mercato — E. Z., Istituzioni italiane di utilità pubblica m Tunisia Avv A. F., Il ritorno alla terra e la sopraproduzione industriale — Do t t. G. b., L emissione bancaria ;h Svizzera e la sua riforma - S. Gc l ì, Ancora il ciazio sul petrolio - R i v i s t a b ib lio g r a fic a . Prof. Giu­ seppe Scherma, La teoria economica della (¡(¡operazione - Avv. G. B. 1 enne. Pei 1 Italia Africana

Sbavo. The common sense of municipal trading - Arthur L. Bowley,

Bernard

Short account of England’ s foreign trade' in the^ihnetéenthcentury its œonomic and social résultats - Victor Bérard, L ’ Empire Russe et le Tzarisme - I. Novicow, La Justice et l ’ expansion de la vi e - Dott. Bene Delcourt, Les résultats ded aæurande contre les accidents du travail - R i v i s t a econom ica e fin a n z ia ria : Il francobollo universale a IO cen tesimi - U rendimento delle imposte

francesi_-Buenos-Avres — R a s s e a n a del com m ercio in te r n a z io n a le : U commercio wfftese nez pnrrn nove mesi del 1905 - Il commercio delle Filippine nel 1904— La legge francese sull’ assistenza obbligatoria ai vecchi :e agH infermi — ^Banche Popolari ^Cooperative - Camere di commercio - Mercato monetano e Riv.sta delle Borse — Notizie commerciali.

SULLE CONDIZIONI DEL MERCATO

Le riviste finanziarie, che vengono pubbli­ cate nei giornali quotidiani, lamentavano qualche tempo fa, con giusto criterio, 1 andamento delle Borse da lungo periodo rivolte ad un continuo rialzo, che, per alcuni titoli specialmente, sembrava più che esagerato. Ed ammonivano che, andando di questo passo, si apparecchiava inevitabilmente una crise, la quale avrebbe potuto essere fatale a quel movimento di prosperità, che per tanti segni oggi sorride all’ Italia.

0 che il ripetuto monito fosse ascoltato, o che la forza stessa delle cose lo abbia determi­ nato, o che altre cause sieno intervenute — e questo lo vedremo poi — il fatto si è che da al­ cune ottave il processo al rialzo si è sospeso, anzi è intervenuto un movimento inverso, che alcuni vollero giudicare eccessivo.

Si comprenderà facilmente che un giudizio sintetico sull’ andamento di un mercato in simili contingenze non è possibile, e che bisognerebbe, per procedere cautamente, analizzare prima, quasi si direbbe, titolo per titolo per rendersi conto delle singole situazioni e trarne poi una genera­ lizzazione abbastanza fondata.

Tuttavia, il fatto stesso nel suo complesso e di tale natura ed importanza da permettere qual­ che considerazione, poiché è sempre utile cercare di vedere quali sienò le vere cause che determi­ nano sul mercato un andamento soverchiamente -arrischiato o che lo dimostrano debole, od oscillante

ora in un senso ora nell’ altro.

Prima di tutto vogliamo premettere che er­ rano coloro i quali paragonano la buona situa­ zione odierna coi prodromi della grande crise che P Italia ha dovuto subire nel 1888-94. A l­ lora il debito pubblico e molti titoli di grandi Società italiane si trovavano all’ estero, e sia per bisogni dei mercati forestieri, sia per mover guerra al credito italiano, i valori nostri venivano

abbondantemente offerti, più ancora di quello che la potenzialità del risparmio italiano permettesse di acquistare ; allora, per di più, il capitale ita­ liano si era gettato capofitto e senza conveniente misura quasi in una sola industria, la edilizia, della quale ricavò, appunto per il modo tumul­ tuario ed irragionevole con cui la si spinse, delle disillusioni che si riassunsero in danni enormi. Niente quindi di sorprendente se la gracile strut­ tura economica dell’ Italia non seppe e non potè resistere a tre nemici che contemporaneamente la assalivano: — ritiro dei capitali esteri che si erano impiegati in Italia ; — perdite enoimi nel- l’ industria edilizia ; — acquisto crescente del de­ bito collocato all’ estero.

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certo nemmeno lontanamente la cifra assoluta di un tempo, e in relazione poi al capitale na­ zionale disponibile, si può considerare una quan­ tità trascurabile.

Il timore quindi di una crise industriale di dimensioni vaste, ci sembra senza base, perchè la molteplicità delle industrie può causarne par­ ziali, che perciò stesso sarebbero di poca impor­ tanza, ma esclude la possibilità di una crise generale che colpisca la industria in genere.

Un solò pericolo, a nostro avviso, può essere considerato, ed è quello di una crise nel credito.

Un tale fatto produrrebbe immediatamente una contrazione del capitale, sia sotto forma di tesaurizzazione, sia sotto forma di largo im­ piego in titoli esteri di eccezionale solidità (e si badi bene che già in Italia cominciano a pene­ trare con qualche larghezza titoli esteri di di­ verso genere), la quale contrazione potrebbe essere esiziale al complesso delle industrie, che appunto essendo sulla via di allargarsi e di espandersi, hanno bisogno di aver costantemente disponibile questo stromento indispensabile, che è il credito in una misura che non sia oscillante.

Siamo lungi dal credere facile una crise del credito; almeno per ora, senza dire che si possa essere perfettamente tranquilli, non ci sono sin­ tomi che ne accennino la prossimità. Certo però bisogna che l’Alta finanza sia un po’ più oculata e guardinga nel regolare il mercato per impedire che si continui nel sistema di una soverchia gon­ fiatura nel valore dei titoli industriali. Perchè, lo ricordiamo ai nostri lettori, in passati arti­ coli più volte abbiamo osservato che era perico­ loso in genere questa spinta smodata che si dava ai valori, molti dei quali arrivano a cifre troppo superiori al valor nominale e troppa parte delle speranze avvenire scontano oggi.

V a da sè quindi che, come lamentammo prima le gonfiature, così oggi ci compiacciamo di ve­ dere nel mercato stabilita una remora e speriamo che essa voglia dire : — attesa calma per un certo periodo, affinché possano essere bene digerite le abbondanti pietanze messe in tavola in quest’ ul­ timo tempo.

Ma se siamo d’ accordo su questo punto con molti di quelli che settimanalmente nelle gazzette analizzano o sintetizzano l’ andamento del mer­ cato, non siamo affatto d’ accordo in quei loro giudizi, per i quali essi attribuiscono alle Borse ed alla speculazione dei borsisti il soverchio mo­ vimento al rialzo e 1’ attuale remora.

A nostro avviso, bisogna risalire molto più in alto per trovare la causa di questi fatti, e risalendo in alto si troverà anche molto evidente che i metodi seguiti per regolare il mercato, non sono tra i più encomievoli.

Il periodo, troppo lungo invero, nel quale si sono slanciati i valori industriali — e tra i valori industriali vanno compresi anche quelli di Istituti di credito — a prezzi eccessivi, non è sempre e solamente determinato dalle Borse, ma, a chi bene osserva, apparirà che proviene dalla stessa A lta Banca, la quale, specie nell’ anno corrente, fu colta da una sorte di frenesia per vedere quotate ad alto prezzo le azioni degli Istituti di credito. Che ciò sia prodotto dalle sin­ gole rivalità — le quali sono stimolo lodevole se

sono contenute in giusta misura, ma diventano forme meno encomievoli se sono spinte all’ ec­ cesso — o che sia prodotto dal desiderio di mo­ strare la grande perizia dei dirigenti ; — od anche solo dalla indifferenza con cui i dirigenti lasciano operare sulle azioni del loro Istituto ; poco im­ porta ; probabilmente entrano nel fatto tutti e tre quegli elementi.

Ma la conseguenza di questo alto prezzo delle azioni degli Istituti bancari è inevitabilmente quello di renderlo giustificato da un congruo di­ videndo ; e per distribuire un dividendo crescente e sempre in relazione al crescente prezzo del ti­ tolo, bisogna affannarsi ad allargare la cerchia degli affari, ad acquistare sempre nuove piazze, a vigilare sul mercato perchè questo o quello dei rivali non prenda qua o là prevalente posizione.

E se ciò non basta — ed arrivati ad un certo punto non basta certamente — ecco la ne­ cessità di ricavare una parte degli utili dal plus­ valore dei titoli che si hanno in portafoglio ; ed ecco infine quella parola d’ ordine data, più o meno tacitamente alle Borse, di sostenere i titoli, il che vuol dire di farne aumentare il prezzo.

Questa, pare a noi da certi sintomi, la prin­ cipale causa dei gonfiamenti di prezzi a cui ab­ biamo assistito, in quest’ anno specialmente. I nostri maggiori Istituti di credito rappresentano un cospicuo capitale di versato ed uno molto maggiore di prezzo corrente delle loro azioni ; ora per servire un così cospicuo capitale occorre una grande quantità e varietà di affari, e dubitiamo molto che il mercato italiano, joer quanto rinvigo­ rito, sia in grado di offrire una messe di affari con tale margine da assicurare il benefizio con­ veniente al capitale corrente degli Istituti di credito, tanto più che, come abbiamo osservato altra volta, la lotta per accrescere la cifra dei depositi arriva al punto da rendere appena sen­ sibile la differenza tra il saggio di interesse che gli Istituti domandano e quello che gli Istituti danno.

Perciò diciamo che una parte dei benefizi si ricava dal plus-valore dei valori in portafoglio, e quindi si desidera 1’ aumento del loro prezzo, e, si sa, che tra il desiderare una cosa ed agire, quanto si può per ottenerla,. non è che un passo.

L a via quindi era pericolosa, il sistema ve­ ramente condannabile ; ed è naturale che qual­ cuno abbia cercato di mettere un freno.

Se non che dobbiamo domandarci: — il me­ todo seguito per frenare questo minaccioso anda­ mento, è veramente saggio ?

In sostanza si è ristretta la disponibilità del denaro, si sono rincarati i riporti, mettendo così molti nella necessità di realizzare e quindi di de­ terminare senza volerlo una sosta nel rialzo od anche un movimento al ribasso.

Ma questa politica sarebbe saggia se il col­ pevole fosse veramente il mercato ; ci sembra un po’ ingiusta, se è vera, e crediamo che sia vera, la diagnosi che abbiamo fatta sopra ; se cioè i colpevoli principali sono gli Istituti di cre­ dito, che hanno nel loro proprio interesse deter­ minata, con lungo lavorìo, questa situazione che si vuole migliorare.

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22 ottobre 1905 L ’ ECONOMISTA 683

eoi ribasso dei titoli, e si troverà forse in seguito che le Banqhe, le quali hanno tanto guadagnato sul rialzo, guadagneranno anche sul ribasso, e potranno riprendere più agevolmente la loro cam­ pagna.

In condizioni normali, e quando i mezzi di­ sponibili non sono effettivamente insufficienti, queste restrizioni artificiali non ci pare che rag­ giungano lo scopo, nè che rappresentino un buon metodo. Occorre invece che chi può dire una pa­ rola ascoltata, faccia sentire ai dirigenti gli Isti­ tuti di credito che occorre fermarsi ed anche tornare indietro ; esigere da essi che compiano la ritirata in buon ordine e con tutte le cautele per lasciar tempo al mercato di orientarsi ; ma la­ sciare ad essi la responsabilità dei metodi e dei sistemi.

Questo quos ego deve essere pronunciato senza minaccia, ma senza timore, in modo che si sappia chiaramente quali sieno gli intendimenti di chi può, vuole e deve n e l! interesse generale dirigere il mercato e impedire quelle perturba­ zioni che non sarebbero prodotte dalla situazione del mercato, ma da chi nel mercato stesso opera e guadagna.

Istituzioni italiane di utilità pubblica

I N T U N I S I A

Dopo aver parlato d e l! immigrazione, della mano d’opera, degli artigiani, dei pescatori, degli agricoltori, il sig. Gastone Loth (1) si apparec­ chia a riassumere il proprio lavoro, dando uno sguardo più sintentico alle classi sociali che com­ pongono la colonia italiana, scrutando il loro modo di sentire, enumerando le istituzioni che le più agiate e colte di esse hanno creato e alimentano.

Alla testa della colonia italiana si trova_ la borghesia istruita dei professionisti : cioè medici, avvocati, ingegneri, architetti, professori, tutti coloro insomma che esercitano una professione liberale. Intorno a loro si sono aggruppati gli industriali e i commercianti. Tutti insieme for­ mano un nucleo coloniale intelligente, operoso, affiatato, importantissimo.

Certo, non possono più avere nel paese la prevalenza che prima del Protettorato francese esercitavano incontrastata. Pei medici, un tempo quasi tutti italiani, è sopravvenuta la concor­ renza di quelli francesi ; gli avvocati, se non ab­ biano anche una laurea francese, non possono più perorare dinanzi ai tribunali; gli ingegneri fanno il loro mestiere privatamente, ma sono esclusi dagli appalti dei lavori pubblici; alla azione educativo-patriottica degli insegnanti italiani fa riscontro quella non meno attiva dei loro concor­ renti francesi, e via dicendo. Riguardo ai nego­ zianti e più ancora ai banchieri, la loro impor­ tanza relativa è senza dubbio diminuita dopoché in Tunisia operano grandi Case di commercio e grandi Istituti di credito francesi.

Con tuttociò le ricordate categorie d’ italiani tengono ancora nella Reggenza un posto assai

(1) Lo t h, Le peuplement italien en Tunisie et en Algerie.

ragguardevole, ed anzi, dal Protettorato in poi, hanno serrato le loro file per esercitare, sulla massa meno colta e meno agiata dei loro conna­ zionali, una azione sempre più varia, più avve­ duta, più efficace.

« Sono i professionisti, gli industriali, i com­ mercianti agiati, quelli che pretendono la parte di educatori degli immigranti e si sforzano di mantenere tra questi ultimi il sentimento del­ l’ italianità. Sono essi che galvanizzano i cuori, che riscaldano lo zelo dei tepidi, che fanno pro­ paganda per il reclutamento delle scuole, per la costituzione della Società. » Così scrive l’Autore, e nei periodi che seguono accenna, non senza una lieve ombra d’ ironia, ai molti anniversari patriottici sempre clamorosamente celebrati, ai fastosi cortei ginnastici, alle sbandierate fre­ quenti. Ma, aggiunge, riferendo anche le osserva­ zioni di uno scrittore italiano, chi si muove e si commuove è soltanto la parte eletta della bor­ ghesia, ma i piccoli negozianti e gli operai re­ stano indifferenti e attendono ai fatti loro. Quando invece ricorre la festa nazionale francese del 14 luglio, tutti si mettono in gala, non v ’ è un solo siciliano che lavori, uomini e donne e ragazzi empiono le piazze e le strade, ammirano i mo­ numenti pubblici riccamemte illuminati, ascoltano i concerti musicali, s’esaltano allo spettacolo dei fuochi d’ artifizio; e li organetti, chitarre e man­ dolini, balli improvvisati per le vie, e chi più n’ ha più ne metta.

Siamo certi che la descrizione è esattissima. Ma quale conseguenza s’ immagina l’ Autore di poterne trarre? Un bel nulla! Un fatto non ita­ liano e tunisino, nè soltanto francese, o spagnuolo, o esquimese, ma universale, è questo: che nelle feste pubbliche gli organizzatori sono sempre pochi, come son poche nei melodrammi le prime parti che cantano le arie principali e dànno luogo all’ azione scenica; mentre la gran massa della gente, quando già le prime parti ci siano, accorre, s’ affolla, fa eco e canta in coro. Provi il signor Loth a far dichiarare festa ufficiale in Tunisi, non più il 14 luglio, ma l’ anniversario dello Sta­ tuto italiano, faccia in questo giorno, invece che in quello, dar vacanza alle scuole e agli uffici burocratici, suonare le bande musicali, accendere razzi e girandole, illuminare gli edizi pubblici, e stia pur certo che lo spettacolo si riprodurrà identico.

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aspetti esterni delle cose si siano in parte mo­ dificati, E ’ un fatto spiegabilissimo, per esempio, quanto lodevole e utile, che in quei siciliani delle classi lavoratrici i quali hanno occasione di vi­ vere in quartieri molto abitati anche da operai francesi, meno poveri e più evoluti di loro, si noti un vero progresso nella nettezza personale e domestica, nell’abitudini di addobbare quanto meglio possono le loro modeste stanzette, nel de­ siderio d’ istruirsi un poco. — Ma di qui al sup­ porre mutati nell’ anima della più numerosa tra le colonie straniere, quella italiana, i sentimenti di razza e di patria, ci corre!

Del resto il Loth riconosce che l’ operosità nelle classi dirigenti della nostra colonia non fi­ nisce coi pomposi discorsi ufficiali e colle sban­ dierate. In proposito ricorda come sino dal 1888 il console Berisj un po’ impensierito dalle trasfor­ mazioni che il Protettorato andava operando, iniziasse un lavoro di persuasione e di spinta per avviare i suoi concittadini a non contentarsi più di rumorose feste nelle ricorrenze patriottiche ed a raggruppare tutte le forze della colonia in un valido fascio. Bisogna — tale era il pro­ gramma — guidare l’ operaio, aiutare l’ indu­ striale, favorire il commerciante, sviluppare e anche creare ogni istituto atto all’ espansione delle idee italiane. Scuole, associazioni, commercio, im­ migrazione, navigazione, proprietà, tutto ci vuole. E i diversi organismi è bene che siano indipen­ denti, per incitare la colonia a fondarli, a pren­ dervi parte, a sorreggerli; ma è anche necessario che, pur serbando ognuno libertà d’ azione nella propria sfera, siano concordi e ben coordinati fra loro, acciò nessun sussidio, anche minimo, vada disperso e il comune impulso direttivo sia ef­ ficace.

Il conoscere coteste istituzioni è certo inte­ ressante. Sarà opportuno dar loro un’ occhiata.

La Camera di Commercio ed Arti, ordinata a modo di quelle del Regno, esiste fino dal 1885, tutela gli interessi dei negozianti presso il Govei no italiano e il Governo tunisino, raccoglie notizie e pubblica bollettini d’ informazioni, mira a dare incremento al commercio locale e a moltiplicare le relazioni d’aflari tra l’ Italia e la Tunisia. Dal 1892 in poi la sua azione è cresciuta come esten­ sione e come intensità. Limitata dapprima allst sola città di Tunisi, abbraccia oggi l’ intera Reggenza. La Camera ha membri corrispondenti in tutti i punti importanti del littorale, in modo da potere spesso porgere agli immigranti aiuti morali e materiali. Fra i suoi membri oggi si annoverano, oltre i negozianti e gli industriali, anche agricoltori, medici, avvocati, professori. I soci, che erano 83 nel 1889, erano saliti ne! 1902 a 150.

Alla Camera di Commercio è dovuta la crea­ zione della Banca Cooperativa di Credito. Il progetto, un po’ avversato dapprima dei banchieri privati, ebbe anche a lottare contro la sfiducia dei più. Dove si troverà il capitale sufficiente per cominciare le' operazioni? Ma i promotori ri­ cordarono che a Milano un Istituto congenere, che oggi possiede un capitale di 30 milioni, a suo tempo aveva esordito con una dozzina di mila lire; tant’ è, nel 1900 la Banca potè costituirsi, avendo 139 azionisti sottoscritto un capitale di

30 mila franchi, rappresentato da azioni di fran­ chi 100 l’.una. Sei mesi dopo aveva già fatto ope­ razioni per 4,000,000 di franchi. — Nel 1903, con un capitale aumentato a franchi 222,500 e un fondo di riserva di franchi 27,442, il movi­ mento di cassa era di franchi 15,600,000. Man­ cano i dati più recenti, ma è quasi certo ohe tutti questi numeri saranno dipoi ingrossati. Sotto il rispetto sociale va rilevato il fatto che moltissimi degli effetti scontati hanno un valore inferiore ai 1Ó0 franchi. Ciò prova che la più modesta clientela non viene trascurata ; e ap­ punto un articolo dello Statuto esprime il pro­ posito di favorire le classi operaie e meno agiate. Del resto, per rilevare il carattere popolare della Cooperativa italiana, basta percorrere la lista dei soci. Tutte le classi vi sono rappresentate. In quanto agli utili loro distribuiti, nel 1901 il di­ videndo fu dell’ 8 per cento, nel 1902 fu del 10.75 per cento, nel 1903 fu dell’ 11 per cento. La Cooperativa procura poi a tutta la colonia il vantaggio di porla in relazione coi grandi stabi­ limenti finanziari italiani, avendo saputo guada­ gnarsi la fiducia della Banca d’ Italia e del Banco di Napoli.

L a stessa Cooperativa dal canto suo ha fon­ dato una Cassa di Risparmio. Il Loth dice che lo scopo è di sottrarre a quella degli Uffici po­ stali i fondi che gli operai italiani vi depositano. Sarà; ma se la prima ha adottato, come pare, sistemi più semplici e più agili pei versamenti e i ritiri, e inoltre corrisponde un interesse un po’ maggiore, ci sembra che abbia una ragion d’ essere bella e buona. Sulle prime, come suc­ cede, la sua clientela era scarsa, ma a un certo punto i membri del Corpo insegnante, dando un bell’ esempio, le affidarono le loro economie. Nel 1903 i libretti erano 301, per franchi 40,223. La somma è piccolissima, se paragonata coi depositi ricevuti dalle Casse Postali, ma ha un’ impor­ tanza civica non indifferente.

Altro Istituto è il Consorzio Agrario, desti­ nato ad aprire il credito dei piccoli centri, e for­ nire a buone condizioni strumenti aratori ai col­ tivatori di cereali, e ai viticultori concimi chimici, zolfo, recipienti. Gli effetti di tale istituzione piuttosto recente, che frattanto è un’ altra bella prova di solidarietà fra italiani, non sono an­ cora noti.

Esiste inoltre una Cooperativa di consumo, intitolata La Previdenza. Sono italiani i promo­ tori e gli amministratori, ma vengono ammessi come soci anche gli stranieri. La detta Società pare bene avviata ed ha i propri magazzini nel centro di Tunisi, in un quartiere molto popolato e pieno di movimento.

Sono numerose le Associazioni d’ indole pa­ triottica (Militari in congedo, Gruppo garibal­ dino, ecc.) ma per non dilungarci troppo, è me­ glio fare invece menzione d’ una piccola Società

di Mutuo Soccorso tra gli operai di lu n isi, che

ha 500 soci, di cui 380 uomini e 120 donne, un capitale di 50 mila franchi e un’ entrata annua, non grassa, di 7000 franchi proveniente dai con­ tributi. Essa provvede all’ assistenza medica, al- l’ istruzione dei figli dei soci, a procurar lavoro ai nuovi immigranti.

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L ’ ECONOMISTA 685 22 ottobre 1905

che è sorretta da contribuzioni volontarie, da una sovvenzione del Governo italiano e talvolta anche da qualche sussidio del Governo dèi Protettorato. Ciò dispiace ad alcuni francesi: il nostro Autore invece approva, sia perchè la carità non deve avere patria, sia perchè la Società predetta coa­ diuva le Autorità locali col provvedere al rim­ patrio di molti immigranti indigenti, epperò collo sbarazzare la Tunisia da molti accattoni ed oziosi.

Pel ultimo è da ricordarsi 1’ Ospedale colo­

niale italiano, solennemente inaugurato il 14

marzo 1901. Sorto mercè larghissime offerte di tutti gli italiani di Tunisi, nonché del R e d’ Ita­ lia, dei Ministeri italiani e d’ alcune città di Sar­ degna e di Sicilia, è costruito secondo tutte le migliori regole igieniche su una collina bene esposta e può ricoverare più di cento ammalati.

Le Associazioni italiane, fra tutte, non an­ noverano che qualche centinaio di aderenti, e fi­ nora, stando a quello che scrive il Loth, esse non avrebbero esercitato una azione molto note­ vole sulla massa dei lavoratori. « Ma — sog­ giunge egli subito — non bisogna dimenticare che esse, nelle mani di abili capi, possono costi­ tuire una forza abbastanza potente per ritardare i nostri progressi ; tanto più che accanto a loro, o meglio sopra di loro, esercitano ancora la pro­ pria funzione, scuole istituite e vigilate dal Go­ verno di Roma, suscettibili di fornir loro reclute fortemente imbevute di spirito nazionale, e capaci di tener vivo quel sentimento patriottico che è oggetto delle incessanti preoccupazioni delle A s­ sociazioni stesse. »

Le scuole sono forse la più importante fra le istituzioni italiane della Tunisia. E ’ quindi il caso di discorrerne a parte un altro giorno.

E. Z.

IL RITORNO ALLA TERRA

e la sopraproduzione industriale

Il sig. Giulio Méline ha con questo titolo pubblicato, per i tipi della Libreria Hachette e C. di Parigi, un volume del quale l’ Economista già ha dato un cenno bibliografico (1), pieno di cri­ tiche considerazioni, le quali si prestano però fa­ cilmente, per la qualità dell’argomento intrapreso a trattare, a non pochi commenti. E ’ da ricono­ scere tuttavia che il libro si legge con molto in­ teresse, e si dimostra scritto con competenza della materia quale doveva averne l’ Autore, cui per la posizione da lui occupata in Francia, non potevano mancare i mezzi necessari per svolgere, studiare coscientemente, e farsi qualche concetto chiaro su questo grande problema della produ­ zione industriale e della agricola.

Cogliere il preciso rapporto tra queste due spe­ cie diverse di produzione, stabilirne i limiti rispet­ tivi nella cerchia della attività umana è problema gravissimo, irresolubile forse ; ma consigliare una

(1) Vedi Economista del l.° ottobre, n. 1639, pag. 639.

maggiore inclinazione verso l’ una o l’ altra delle due specie di produzione è cosa che può sembrare più facile, e a questo si è rivolto l’ Autore, annun­ ciando la sua opinione fino dal titolo: Le retour

à la terre. E diciamo che p u ò sembrare più facile,

poiché veramente non oi pare possibile di con­ sigliare un ritorno alla terra nello stesso modo e nella stessa misura per tutti i popoli, in tutti i tèm pi: ogni popolazione, in un dato periodo storico dà un diverso carattere alla sua attività produttiva : e se oggi alla Francia, per le sue peculiari condizioni industriali, potrà con ragione indicarsi di coltivare maggiormente l’agricoltura, ciò non esclude che ad altre Nazioni debba in­ dicarsi altro genere di industria cui dedicare più precisamente la propria attività.

Lo schema del lavoro del sig. Méline è il seguente : egli studia prima la sopraproduzione industriale, esaminando la storia dell’ industria - la voragine industriale - la situazione della Francia - gli operai e i commercianti ; in d i. il ritorno alla terra - l’ assistenza e previdenza - la vita agricola e la pubblica sanità - gli operai e i contadini - il movimento agrario generale - la terra alle Colonie e il Socialismo agrario. Trat­ tando di tutti questi argomenti, l’Autore intende delineare la situazione passata e presente e fare previsioni per la situazione futura nei riguardi della produzione agricola e industriale. E gli si propone di studiare i resultati della grande tra­ sformazione che, a suo modo di vedere, ha subito 1’ umanità nel secolo X I X , di esaminare il bene e il male da lei prodotto, di prevedere infine dove essa finirà per condurci.

Scopo questo, come vedesi, ampio e non fa­ cile a raggiungersi. L ’Autore pone ad esso ogni suo migliore impegno, nondimeno non può affer­ marsi con sicurezza se vi sia riu scitole se il ri­ torno alla terra, da lui con tanto entusiasmo caldeggiato potrà essere la vera via della pro­ sperità e della agiatezza, come egli sostiene.

Intanto, egli non ci sembra scevro da una certa esagerazione, quando pone nella introdu­ zione al suo libro, il punto di partenza, nel- 1’ affermare che la fine del secolo X I X lascierà le tracce più profonde nella storia dell’ umanità, e che in esso trovansi cambiamenti assolutamente radicali in confronto ai periodi precedenti; una nuova forma sembrerebbe aver assunto in questo mezzo secolo il mondo intero ; ciascuno di noi deve credere di sognare nel pensare alle profonde metamorfosi prodottesi; e lo spettacolo si è ma­ nifestato bruscamente, di un batter d ’ occhio ; più che una evoluzione è una rivoluzione, che segue il suo corso come un torrente che tutto travolge sul suo passaggio.

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delle comunicazioni, che devonsi i cambiamenti industriali in questione, ed-è pur vero che queste grandi scoperte rappresentano un meraviglioso progresso sull’ antecedente periodo storico : sen­ nonché pur quello conteneva alla sua volta cam­ biamenti e scoperte in confronto al periodo che 10 precede. Il mondo cammina e si svolge in una proporzione sempre crescente, ma questa non ci sembra sia una legge del secolo nostro, bensì di tutti i secoli; e ognuno di questi rappresenta una rivoluzione in paragone a quello dal quale sorge.

A llo studio della sopraproduzione industriale l’Autore premette un breve sguardo storico all’ ul­ timo secolo e allo sviluppo che in esso ha assunto l’industria : troppo breve sguardo, ci sembra, date le sue affermazioni di modificazioni straordinarie, di rivoluzioni poderose avvenute nel campo in­ dustriale proprio in questo periodo. Tuttavia il quadro che egli presenta al lettore offre molto interesse, sebbene non privo della esagerazione che già riscontrammo nella introduzione. In meno di cinquant’ anni (egli afferma) l’ industria mo­ derna ha attirato tutte le forze vive, tutte le intelligenze, tutte le energie, e i popoli si sono precipitati febbrili verso di essa....

Più precisamente l’Autore divide la storia industriale dell’ ultimo secolo in due periodi : nel- l’ uno succede la grande applicazione della scienza alla industria, l’ impiego della macchina a vapore, la creazione della industria meccanica ; nel se­ condo, di cui l’Autore precisa esattamente l’anno, 11 1870, si avvera un nuovo orientamento econo­ mico in tutta Europa prima, e poi in tutto il mondo.

Con un’analisi un po’ più obiettiva, il sig. M é­ lme dà uno sguardo generico ai diversi paesi : si ferma sullo svolgersi dell’ industria in Inghil­ terra, cui segue il movimento protezionista del­ l’Austria, della Russia, della Francia, dell’ Italia, della Svizzera. Dopo quello dell’ Europa sorse il moto espansionista degli Stati Uniti e quello del Giappone, che entrarono in linea con una straor­ dinaria energia ed impetuosità. A proposito del Giappone, l’Autore nostro va anche più avanti, affermando che il movimento di oggi non si ar­ resterà, ma sarà invece il principio di nuove e sempre maggiori vittorie economiche.

Da quest’ analisi, che ripetiamo brevissima, trae 1,’Autore alcuna considerazione circa l’ indu­ stria europea, cui egli vorrebbe consigliare un ritorno su sé stessa, un arresto della sua marcia in avanti, un più prudente orientamento. E se il consiglio può essere opportuno, specialmente ri­ flettendosi che ad un’ eccessiva spinta può se­ guire una reazione, un periodo di nocivo spossa­ mento, l’ Autore però sembra poco considerare la difficoltà grandissima di porlo in pratica. L ’ in­ dustria europea è collegata con quella di tutto il mondo, e effettuarne l’ arresto non può essere cosa semplice. L ’ avanzamento risponde a leggi economiche che si applicano su larga scala, alle quali non è facile sfuggire : per queste leggi il movimento commerciale e industriale si aggira ogni anno su cifre che, Nazione per Nazione, ob­ bediscono a una certa costanza, dovuta ad un costante ingranaggio cui il mondo industriale è legato e dal quale è trascinato.

L ’Autore arriva così alla fase attuale del- 1’ industria moderna, quella in cui egli vede l’ec­ cesso della sopraproduzione, e che chiama il pe­ riodo dell’ engorgement industriel.

(Continua). A vv. A . F.

L’ EMISSIONE BANCÀRIA IN SVIZZERA

e la sua riform a (0

Ciò posto, quali furono i risultati del regime che ve.nivasi a introdurre ? L ’ unificazione della legislazione sulle banche di emissione essendo stata in gran parte subordinata al rispetto dello stato di fatto esistente, in quanto concerne la diversità dei caratteri dei vari istituti, mentre alcuni inconvenienti eliminava o diminuiva di importanza, altri era destinata a perpetuare, se non ad aggravare: i disegni di riforma della legge del 1881, proposti a cominciare dal 1890, stanno a dimostrarlo.

I principali appunti mossi al nuovo regime fino dai primi anni di prova consistettero : — 1° nel livello piuttosto basso a cui mantenevasi, nel complessivo suo importo, il margine dell’ in­ casso metallico oltre il limite legale; 2° nel rapido movimento ascendente presentato dalla cifra dei debiti a vista dei vari istituti; 3° nello scarto che si notava nel saggio dello sconto tra luogo e luogo, mancando una disposizione che provve­ desse a fissarla in misura uniforme per tutto il paese.

Per ciò che si riferisce ai primi due incon­ venienti enunciati, raccogliamo nel seguente pro­ spetto alcuni dati desunti dalla media dei bilanci mensili degli istituti per gli anni indicati :

1882

2° se.1886 1890 1894 1898 1902 1904

N um ero d elle B a n ch e . . 29 33 35 34 35 36 33 C apitale versato (2 ).. . . 105.5 119.6 123.7 152.3 167.6 197.4 206.7 C ircola -! (2) • • •102.3 137.9 162.1 180.7 220.3 230.3 234.7 ziont) £ 0/'o dei ca p ita le 97 115 123 118 131 116 113 Incasso ( to tale (2) . . 52.7 66.6 81.3 92.6 104.2 114.0 117.6 m e ta llico ( % d el c a p it , , 51.0 48 53 51 47 49 50 D ebiti a vista (2) . . . . 79.6 92.4 100.7 115.6 143.9 202." 188.3 Crediti a vista (2) . . .

E cced en za del m eta llo sul lim ite legale (40 % della circola zion e) (2) . . .

25.7 27.8 27.5 E3.8 33.6 87.2 61.2

11.9 15.4 19.4 23.6 20.6 24.3 ¿5.7

Dalle cifre che precedono si rileva anzitutto come negli anni 1882-1904 il capitale comples­ sivo delle banche di emissione svizzere sia

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22 ottobre 1905

meritato del 96 per cento ; la circolazione del 129 per cento; l’ incasso metallico del 123 per cento. Si vede poi che la circolazione, rappresen­ tante, nel 1882, il 97 per cento del capitale, segna ora il 113 per cento di esso; mentre il rapporto dell’ incasso metallico ai biglietti è passato da 51 per cento a 50 per cento.

Dall’ approvazione della legge del 1881 in poi, vale a dire, le condizioni complessive non presentano, in quanto riguarda la proporzione del metallo alla circolazione, variazioni notevoli ; ma se si pone a raffronto la situazione degli istituti svizzeri con quella delle principali banche di emis­ sioni europee, è facile scorgere come tale relativa stazionarietà di rapporti sia venuta a costituire una inferiorità dei primi rispetto alle seconde.

Confrontando le relative situazioni a fine di­ cembre 1904, abbiamo infatti:

Incasso m e ta llico C ircola zion e Totale % ài c irc o - laz. B an ca di F ra n cia . . Fr. 4,824,881,000 3,760,857,000 86.95 » d’ A ustria-U ngli Cr. 1,751,301,000 1,447,560,000 82.a5 » dei Paesi Bassi p i. 261,066,000 144,013,000 53.32 » d e ll’ Im p. G erm M. 1,599,781,000 927,060,000 57.94 Istitu ti Ita lia n i . - . L. 1,276,921,000 721,941,000 56.53 B a n ca di Spagna . . Ps. 1,599,418,000 895,200,000 56.00 B an che S vizzere. . . Fr. 241,720,000 127,717,000 52.18 B a n ca d ’ In g h ilterra . Ls. 46,8.84,000 20,113,000 43.02 » del B elgio . . Fr. .668,707,000 Ì20,046,000 17.95

si ha cioè che la Svizzera occupa il sesto posto in Europa in ordine alla copertura metallica dei biglietti di banca (1).

Quanto allo sviluppo assunto presso gli isti­ tuti svizzeri di emissione dai debiti a vista (con­ siderando come tali le scadenze sino a otto giorni vista), dallo specchio più sopra riportato risulta che nel periodo 1882-1904 essi sono aumentati del 137 per cento. E questo aumento è. ciò che rende tutta relativa la importanza del rapporto tra l’ incasso metallico e la circolazione, inquanto- chè se si aggiunge all’ importo di questa in Fran­ chi 234,770,000 (media del 1904) l’ ammontare dei debiti a vista, sia pure depurato della cifra dei crediti a vista (fr. 188,330,000 — 61,240,000 = 127,090,000), l’ incasso metallico (fr. 117,646,000) non rappresenta più che il 32.51 per cento del totale. Se poi si tien fisso, a fronte dei biglietti, il rapporto legale dell’ incasso metallico in 40 : 100, la parte disponibile di questo si riduce a fran­ chi 25,705,000, e rappresenta appena il 20,91 per cento dei netti debiti a vista.

Relativamente alla mancanza di uniformità che si osservava, fino a non molti anni fa, nel

(1) Diciamo sestoe non settimoconsiderando che la Banca di Spagna, cui spetterebbe il sesto posto con una proporzione di 56 0/o, ha il proprio fondo metal­ lico costituito per 11/20 di argento.

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saggio dello sconto, g l’ istituti stessi, dando nuova prova della loro tendenza a mitigare gli effetti della indipendenza d’ azione non meno che della diversità di carattere degli uni di fronte agli altri, cercarono di. ovviare, di propria iniziativa, all’ in­ conveniente, e in data del 3 giugno 1893 le banche concordatarie, stabilirono di adottare, col. secondo semestre del medesimo anno, un saggio unico uf­ ficiale di sconto, fissato da un Comitato composto delle cinque banche più importanti. Fu cosi eli­ minata la disuniformità tutt’ altro che trascura­ bile, che si n otala precedentemente, e si può ri­ levare dalle medie annuali del seguente prospetto:

G in ev ra B asilea Z u rig o San G a llo

18,74 4.32 4.71 4.63 4.70 1878 3.47 3.56 3.88 3.96 1882 4.33 4.43 4.51 4,54 , 1836 2.87 3.00 3.03 3.15 1890 3.80 3.91 3.92 3.99 1893 3,37 3 34 3.39 3.39 1891 3.17 1898 4.31 1902 3 77 1904 4.05

Ma altri difetti svelava il regime vigente, a misura che procedeva l’ esperimento di esso, fra i quali uno dei più importanti, che potrebbesi ritener inseparabile dal sistema della pluralità delle banche di emissione, si è la mancanza di elasticità della circolazione, vale a dire la diffi­ coltà, per g l’ istituti, di commisurare la impor­ tanza di questa ai mutevoli bisogni del mercato. Nonostante l’aumento che, come abbiam visto, ha, in questo volger di anni, subito l’ importo della emissione, avviene che nei momenti in cui le esi­ genze del mercato svizzero si fanno più sensibili, si osserva una più o meno grande penuria di bi­ glietti e gl’ istituti si trovano in grave imbarazzo per fronteggiarle.

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plicazione su vasta scala 'del provvedimento, e limitano la efficacia di esso.

Col concordato suddetto istituivasi pure la emissione di mandati generali pagabili indistin­ tamente, nei quindici giorni dal rilascio, da qual­ siasi banca concordataria, e dopo spirato tale termine, soltanto dall’ istituto emittente (con un massimo d’ importo di fr. 10,000 per giorno e per persona o ditta), l’ uso dei quali generalizzato che ìbssé, potrebbe rendere meno sensibile la insuf­ ficienza relativa dei biglietti (1). E che tale in­ sufficienza sia, non già assolutg,, ma affatto rela­ tiva, appare evidente quando si metta la cifra dell’emissione in rapporto col movimento commer­ ciale e colla popolazione del paese. Rispetto ai principali Stati europei, se la Svizzera occupa, sotto il primo aspetto, l’ottavo posto con fr. 11.40 di biglietti per ogni 100 franchi di movimento commerciale, per l’altro riguardo tiene il quinto posto con fr, 73.00 per abitante, come vedesi dalla tabella che segue :

M ovim en to com m erc. (Im porta z. 4- ÈSport.) F ra n ch i A b i­ tan ti C i r c o l a z i o n e Totale Fr. % d i m ov. com m . Fr. Per testa F r. (2) (2) (2) F ra n cia . . 9,011,933 38,932 4,324,831 47.90 (3) 1 1 1 .-Olanda . . 9,152,005 5,431 549,257 59.30 (2) 1 0 1 .-B elgio. . . 4,374,223 6,985 633,707 14 30(7) 95.70 Spagna . . 1,718,800 18,603 1,599,418 93.00(1) £5,— S v iz z e r a . . 2,131,550 3,325 214,720 11.40 (8) 7 8 . -A ustr.-U ng. 4,220,12) 45,405 1,838,865 44.60 (4) 40.40 I t a lia , ., . 3,478,310 33,218 1,266,921 36.70 (5) 38.— G erm ania . 14,819,288 £6,367 1,967,734 16.20 (6) 34.40 In g h ilterra 21,432,327 42,940 1,179,132 5 50(9) 27.40

Ma un fenomeno, per noi ancor più degno d’ attenzione di quelli già accennati, si è il fatto che, data la diversità, sanzionata dalla legge, degli istituti che hanno facoltà di emettere bi­ glietti, la circolazione di quelli che meno rispon­ dono al carattere proprio della banca di emissione, è andata sviluppandosi, in proporzioni assai mag­ giori della circolazione degli istituti, che questo carattere posseggono in più alto grado. Vedemmo già che pei 60/100 della circolazione non coperti dà metallo si ammette: o una garanzia del Can­ tone ; o un deposito di titoli ; o il vincolo del portafoglio: ora delle tre categorie di istituti che derivano da tale distinzione, la prima è quella che per numero di stabilimenti, importanza di capitale e ammontare di circolazione, è giunta a

superare di gran lunga le altre due prese insieme. Ciò si rileva agevolmente dalle cifre riunite nella tabella seguente (1): 189) 1894 1893 1902 1204 N. d elle B anche 19 2 ) 20 22 22 •a o g g . 3 Im porto (2) 71.2 87.5 101.0 125.7 134,7 § a & r i mü 0 . 1 , % d el tota le 53 60 60 63 64 r i . « e o a Im porto (2) 82.5 100.5 13 ),0 145,5 146.5 cena

• H •'r-i No ce % del tota le 47 55 57 60 60

ài o <X> N. d elle B anche 10 9 10 10 10 a " i ' Im porto (2) 19.6 22.6 29.2 31,0 33.0 3 O) <v ,2 0 . 1 P4 % d el tota le 15 15 17 15 16 P i a o ¿ a0 . 0 ' Im p orto (2) 14.1 15.7 19.7 22,0 24.2 « 5 ! *3 1 •rt N O r i , % d el tota le 8 9 9 9 10 ce 5-< N. d elle B an che 6 5 5 4 4 Ó 1 a h o“ r i « 2 rQ , s ' Im p orto (2) 43.0 37.2 39.5 41.0 41.0 ¿ . 1 Pi , . ° / o d el to ta le 32 25 23 20 19 o è a ’ Im p orto ,(2) 77.5 66,7 78.6 74.0 74.0 O r i % del tota le 45 36 34 ' 30 30

Sotto l’ impero della legge del 1881 è ve­ nuto, adunque, determinandosi uno stato di fatto per cui i 6/10 — in cifra rotonda — dei biglietti di banca svizzera hanno, è vero, una garanzia effettiva pei 40/100 del loro importo, nella ri­ serva metallica legale; ma pei rimanenti 60/100 la garanzia è affatto nominale. Anche a prescin­ dere dalle condizioni non floride di alcuni Can­ toni, ove quelli fra essi che hanno garantito l’emissione della rispettiva banca cantonale, fos­ sero, per la insolvibilità dell’ istituto, chiamati ad adempiere all’ obbligo assunto, come le risorse loro non eccedono, in generale, gli ordinari bisogni dell’ amministrazione, cosi potrebbero provvedervi soltanto mediante operazioni di prestito, aliena­ zioni, etc., le quali, mentre sarebbero spesso causa della rovina finanziaria del Cantone, pre­ giudicherebbero, quando fossero possibili, pel con­ seguente ritardo nel rimborso, il portatore dèi biglietti.

Che l ’ inconveniente in questione non potesse essere eliminato senza una radicale riforma del regime vigente, non occorre dimostrare, l’ errore commesso nel riconoscere, con la legge del 1881, lo stato di fatto preesistente e sanzionare la di­ versità di carattere degli istituti di emissione costituendo, come si è detto, la causa prima del

(1) Aggiungeremo qui come il Concordato del 1901 provvedesse anche alla trasformazione dell’ Ufficio cen­ trale delle Banche concordatarie in una stanza di com­ pensazione degli Istituti di emissione, amministrata, sino ad oggi, dalla Banca Cantonale di Zurigo. 11 mo­ vimento totale delle operazioni pei due conti: valuta metallica e biglietti, è stato: pel 1902 di Fr. 191 3/4 milioni, pel 1908 di 198 2/3 milioni e pel 1904 di 176 4/5 milioni.

(2) . 000 omessi.

(1) Abbiamo dovuto rinunziare a riportare i dati in questione per gli anni 1882 (2° sem.) e 1888, come avremmo voluto, perchè la tabella riuscisse uniforme all’ altra precedente esposta, giacché le sezioni del

Rap-orto.del Consiglio Federale riguardanti il controllo ei biglietti di Banca per le gestioni 1882 a 1887, in­ serite nel foglio ufficiale svizzero e non pubblicate a parte come per gli anni seguenti, non contengono le cifre occorrenti.

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22 ottobre 1905 L ’ ECONOMISTA

predominio che fra questi acquistarono i meno idonei.

D ’ altra parte al momento in cui la Confe­ derazione assumeva il controllo dell’emissione non sarebbe stato agevole di ricondurre a un tipo uniforme le varie categorie di banche esistenti, giacché per molti Cantoni l ’ esercizio o la tassa­ zione di quelle, fra tali aziende, che non rientra­ vano nella categoria delle banche di emissione pure, costituiva uno dei principali cespiti d’ en­ trata e, colpiti nei loro interessi, essi si sareb­ bero opposti energicamente all’ adozione di siffatta misura.

E questa opposizione, noi temiamo, avrebbe forse fatto naufragare il disegno di revisione della legge del 1881, presentato il 23 giugno 189Q, se esso non fosse stato abbandonato subito dopo in seguito alla modificazione dell’ articolo 39 della Costituzione federale, con cui il diritto all’ emis­ sione passava alla Confederazione, rendendosi ne­ cessario tutt’ altro ordinamento.

Giova notare come il progetto del 1890, ri­ sultato di proposte e studi iniziati poco dopo l’ entrata in vigore della legge del 1881, presen­ tasse su questa notevoli vantaggi. Il capitale minimo d ’ ogni istituto era portato a Fr. 1 mi­ lione versati, la circolazione massima rimaneva limitata al doppio del capitale stesso, aggiungen­ dosi 1’ obbligo di contenere i debiti a vista negli stessi limiti d’ importo della circolazione. La ri­ serva legale metallica dei biglietti era aumentata al 50 per cento almeno (di cui almeno la metà in oro) stabilendosi che i rimanenti 50/100 dei- fi emissione potessero esser coperti o dal porta­ foglio (da valutarsi 5/6 dell’ importo nominale) o da un deposito di titoli, del genere ammesso pre­ cedentemente, o in parte dal primo e in parte dal secondo : eliminavasi, cioè, la garanzia dei Can­ toni di cui si è detto più sopra. Il deposito dei titoli stessi sarebbe stato eseguito, contro paga­ mento d’ un diritto di 1/2 0/00 all’ anno sul va­ lore di stima, presso una Cassa di depositi e compensazioni da istituirsi per opera della Con­ federazione, e che avrebbe assunto le funzioni dell’ Ufficio centrale delle banche concordatarie. Si autorizzava la trasformazione temporanea di una parte della riserva metallica legale a 1/4 della circolazione, in un deposito di titoli, salve fi approvazione e le limitazioni del Consiglio fe­ derale, che abilitavasi inoltre a disporre, in caso di penuria di biglietti, per il rilascio alle banche d’ emissione di buoni al portatore ed a vista contro deposito presso la Cassa suddetta di va­ luta metallica. Conservavasi la tassa federale di 1 0/00 sulla circolazione, e elevavasi quella can­ tonale a 1 0/0, limitandone fi applicazione al­ l’importo dei biglietti non coperto da metallo. Passiamo sotto silenzio le altre modificazioni di minor conto e quelle relative alla procedura in caso d’ insolvenza delle banche, che avevano lo scopo o di migliorare o di mettere in armonia con la legge federale dell’ 11 aprile 1889 sui fal­ limenti, le norme preesistenti.

Ma g l’ interessi cui la riforma poteva ferire trovarono un forse insperato aiuto nella mozione votata, il 24 settembre 1890, a. grande maggio­ ranza, dal Consiglio nazionale, con la quale invi- tavasi il governo a formulare le sue proposte in

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ordine a una revisione dell’ art. 39 della Costitu­ zione, diretto a conferire alla Confederazione il monopolio dei biglietti, da esercitarsi da una banca centrale. Infatti la difficoltà di un accordo sul modo di dar pratica attuazione al nuovo prin­ cipio, definitivamente adottato nel 1891, ha per­ messo alla legge del 1881 con tu tti,! suoi difetti —• mitigati in parte, come si è visto, per fi ini­ ziativa degli istituti — di sopravvivere per altri quindici anni alla sua condanna.

(Continua) Do t t, G. S.

ANCORA IL DAZIO SUL PETROLIO

Dal signor Salvatore G-ull, Direttore dèlia Banca Siciliana e Presidente della. Lega Commerciale, rice­ viamo la seguente lettera :

Preg. Direttore dell’ Economista

Firenze. Nel N.° 1639 del 1° corrente dell’ Econo­

mista, sotto il titolo « Il Dazio sul petrolio e la

costituenda Società in Sicilia », leggo un articolo del signor Costantino Riotta, ove si afferma che questa Lega Commerciale « ora si è decisa a se­ guire le idee da lui manifestate nel suo progetto ».

In omaggio alla verità mi corre fi obbligo di dichiarare che le idee svolte da questa Lega, in ordine alla soluzione della quistione degli zolfi in Sicilia, e riassunte nel voto al Governo del Re, deliberato nella tornata straordinaria del Consi­ glio direttivo del 7 agosto scorso e pubblicato in diversi periodici cittadini, mirano alla costitu­ zione di un Consorzio volontario tra tutti i pro­ duttori di zolfo, mediante speciali privilegi da consentirsi per legge, i quali non gravano sul bilancio dello Stato in nessun modo ; mentre il signor Riotta col suo progetto intende costituire una Società per azioni collo scopo di fabbricare acido solforico solido.

Non vi ha chi non veda quanta differenza vi sia tra le idee del signor Riotta e quelle della Lega Commerciale ; e l’ affermare che questa si è decisa a seguire le idee di lui è tale un para­ dosso che non posso lasciar passare senza una protesta.

La ringrazio della ospitalità che vorrà con­ sentire alla presente nel prossimo numero dei- fi Economista e con ogni riguardo La ossequio.

Il Pres. della Lega Comm. di Palermo GULÌ.

R

iv is t a

B

ibliografica

P r o f. G i u s e p p e S c h e r m a . - L a teorìa econo­

mica della cooperazione. — Palermo, A. Reber,

1905, pag. 250 (L. 4).

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ha pure tanta parte sulla moderna vita eco­ nomica.

E l’ Autore si propone appunto, in questo suo lavoro di cui pubblica la prima parte che riguarda « i fatti della cooperazione nei princi­ pali Stati » di svolgere la teoria economica della cooperazione..

Naturalmente, perchè questa prima parte tratta dei fatti, non contiene la parte teorica la quale verrà dall’ Autore desunta in seguito dai fatti. Ma intanto in questa parte dando ampie notizie sulla cooperazione in Inghilterra, Germania, Francia, Austria-Ungheria, Belgio, Danimarca, Olanda, Svizzera, Russia ed Italia, l’Autore ha saputo in modo perspicuo dare con elementi di fatto un quadro, se non completo, almeno sufficientemente vasto, della cooperazione in Europa. Da ciò la fondata speranza che nella trattazione successiva il prof. Scherma saprà dagli elementi raccolti darci una sicura teoria della istituzione, della quale ha saputo così bene distinguere le forme diverse.

Ed in attesa di questo nuovo lavoro va intanto incoraggiato 1’ Autore, che è certo sulla buona via.

A v v . G. B. P e n n e . - Per V Italia Africana. —

Roma, E. Voghera, 1906, pag. 720 (L. 10).

Il prof. Achille Loria che ha dettata la breve prefazione a questo voluminoso lavoro del- l’ avv. G. B. Penne, lo giudica « non è desso in­ vero una delle solite ricostruzioni fantastiche di statisti da tavolino, nè una delle trite farragi­ nose compilazioni di materiali indigeriti; ma è un tentativo nobilissimo di applicazione dei prin­ cipi della scienza economica allo studio dell’ as­ setto sociale dell’Eritrea, il quale può riuscire del pari prezioso al teorico ed al legislatore » .

E infatti non manca davvero nello scrittore nè il convincimento di ciò che dire, nè la cono­ scenza profonda delle cose di cui parla.

Dopo un capitolo di descrizione della Colo­ nia, l’Autore riproduce 1’ altro suo lavoro sul grano Eritreo, sulla possibilità di esportarlo e sulla funzione delle dogane. Nella seconda parte si pone il quesito se la Colonia debba essere di po­ polamento, di sfrattamento o mista, ed esamina largamente le tre ipotesi. Nella terza ed ultima parte l’Autore studia la legge doganale per l’ E ri­ trea 18 luglio 1904 nei suoi effetti attuali e pro­ babili avvenire, e traccia finalmente tutto un programma coloniale, incoraggiando a provvedere perchè la emigrazione si rivolga nella Eritrea.

Il lavoro ci è sembrato un po’ esuberante, e perciò appunto sarà da molti giudicato ecces­ sivo nelle speranze; gli mancherà così, in parte almeno, 1’ effetto a cui mira principalmente: quello di apparecchiare il terreno per lo sviluppo della Colonia.

B e r n a r d S h a v v . - The common seme o f mu­

nicipal trading. — W estm inster, A. Constable et Co. 1904 pag. 120 (Se. 2/6),

L ’ Autore premette che avendo incontrato un libro scolastico intitolato « Letture senza la­ grime » aveva in mente di chiamare il suo « in­ dustria municipale senza c if r e » perchè appunto questo suo lavoro non contiene resoconti dei suc­

cessi od insuccessi delle intraprese municipali, ma soltanto delle osservazioni piane e facili sopra tale argomento.

E veramente l’ Autore, senza occuparsi di ana­ lizzare contabilmente i fatti, ma limitandosi sol­ tanto qua e là a qualche dato riassuntivo, dimo­ stra le cause speciali e spesso transitorie di alcuni successi nelle intraprese municipali, e gli incon­ venienti che esse producono per la natura stessa delle gestioni dei Comuni, le quali sono troppo spesso inquinate dalla politica e dalle lotte dei partiti. Ora l ’Autore pone a càposaldo del suo lavoro che le intraprese municipali debbano es­ sere considerate soltanto come un affare, ed è facile pertanto intendere quali deduzioni egli ne ricavi, specialmente data la acutezza delle osser­ vazioni e la chiarezza di esposizione che troviamo in questo lavoro.

A r t h u r L. B o w l e y , - A Short account o f En-

gland’s forèign trade in thè ninetéenth century its economie and social resultats. — London, Svvan Sonnenschein et C. 1905, pag. 165.

Questo tema, fino dal 1892 messo a concorso del Cobden Prize, giudicato dalla Università di Cambridge e pubblicato nel 1903, viene ora ri­ stampato, riveduto, corretto e messo a corrente dall’Autore. Tutti sanno le grandi difficoltà che per la natura stessa della materia incontrano gli studiosi a dar notizie esatte del carattere, della quantità e della distribuzione geografica del com­ mercio internazionale di un paese ; e l’Autore non si è nascosto tale ostacolo per lui che cresceva data la piccola molò - che ha dovuto dare al suo lavoro ; tuttavia non si può disconoscere che, sebbene con qualche lacuna, e con qualche imprecisione, ha saputo delineare abbastanza chiaramente il mo­ vimento del commercio internazionale inglese nel secolo X I X .

Dopo una introduzione, in cui sono spiegati il metodo e la ragione della divisione della trat­ tazione, l ’Autore esamina il commercio interna­ zionale della Gran Brettagna considerandolo di­ viso in quattro periodi : uno che va dal 1793 al 1815, fino a che comincia, cioè, la grande 'rivolu­ zione industriale, periodo turbato dalle guerre Napoleoniche, dal blòcco continentale e da tanti altri fatti importantissimi. Il secondo periodo va dal 1815 al 1850 e contiene tutta la lotta per il libero-scambio, della quale fu iniziatrice l’ In ­ ghilterra; il terzo periodo corre dal 1850 al 1870 ed è la descrizione del grande successo ottenuto nel commèrcio inglese colla applicazione del libero- scambio, e delle perturbazioni avvenute nella guerra civile americana del 1865. L ’ ultimo periodo dal 1870 al 1892 tratta delle grandi crisi del 1873 e 1883, delle perturbazioni prodotte dal ribasso del valore dell’ argento, e del continuo aumento delle importazioni ed esportazioni.

Un ultimo capitolo riassume la situazione at­ tuale del commercio inglese.

Alcuni diagrammi rendono più facili le di­ mostrazioni dell’ Autore, ed una appendice dà conto dei fatti più recenti.

V i c t o r B é r a r d . - L’Empire Russe et le Tzarìsme.

— Paris, A. Colin, 1905, pag. 272.

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22 ottobre 1905 L ’ ECONOMISTA 691

lavoro dello stesso Autore, « La revolte de l ’A sie»; questo che presentiamo ai nostri lettori sull’ « Em­ pire Russe et le tzarisme », edito egualmente dalla solerte Casa A. Colin, si può dire ne è il com­ plemento, cosicché date le due tendenze, che si di­ sputavano il dominio dell’ Estremo Oriente, il Giappone e la .Russia, occorreva, dopo aver detto dei popoli orientali, parlare del Grande Impero Russo.

Una gran parte di questo accurato lavoro è la descrizione, con copiosi dati statistici, del vasto Impero dello Tzar ; la terra e la storia — la re­ ligione e la nazionalità —- la russificazione — sono i titoli dei primi quattro capitoli ; dai quali emerge gli studi diligenti fatti dall’ Autore e la sua emi­ nente capacità di presentare i risultati delle sue indagini in forma veramente attraente.

L ’ ultimo capitolo intitolato « lo Tzarisme » ò il più interessante, perchè l’ Autore ci presenta il fenomeno dello tzarismo con osservazioni acute e con larghezza di vedute, lasciando comprendere la ragione e gli effetti di molti dei fatti, che in­ completamente conosciamo, e spiegando la portata dell’ attuale agitazione che turba l’ Impero. I. N o v i c o w . - La Justice et l’expamion de la vie.

— Paris, A. Alean, 1805, pag. 400 (fr. 7.50).

Questa importantissima opera fa parte della pregiata Biblioteca di filosofia scientifica edita dalla Casa F. Alean, nella quale Biblioteca tanti notevoli lavori sono stati pubblicati.

Non è facile dare un’ idea, in breve spazio, di questo lavoro del sig. Novicow, nel quale egli sostiene una tesi che sembra elementare, ma che tuttavia si sente essere in. contraddizione coi fatti. L ’Autore dimostra prima di tutto che ogni in­ giustizia porta come conseguenza una limitazione della vita ed una mutilazione della società con­ tro a sè stessa, sia dal punto di vista individuale come da quello politico, nazionale ed internazionale.

La seconda parte esamina le teorie, che sui rapporti tra i popoli sono state in vigore nel tempo passato : le spogliazioni, le conquiste terri­ toriali, l’adorazione della forza ecc. ; è quindi, spie­ gata la teoria darwiniana, ne cerca la applicazione e la trasformazione nella realtà della vita.

L ’ ultima parte, più breve, è tutto un inno alla organizzazione della umanità, alla alleanza tra gli Stati civili, per estendere dovunque il beneficio delle leggi umanitarie, per sopprimere le spese militari e le barriere doganali, per svi­ luppare le vie di comunicazione e la istruzione, insomma tutti gli elementi da cui l’ umanità può ricavare la sua felicità.

D o t t. R e n é D e l c o u r t . - Les résultats de

l’assu-rance contre les accidents du travati. — Paris,

A. Rousseau, 1905, pag. 392.

Con un ricco corredo bibliografico ed attin­ gendo a fonti ufficiali, l’Autore si è proposto di studiare le leggi che nei diversi paesi regolano l’ assicurazione contro gli infortuni del lavoro, e di esporre in pari tempo un quadro comparativo dei risultati ottenuti nei diversi ambienti e nelle diverse legislazioni.

Nella prima parte, che tratta delle diverse leggi, l’ Autore divide in gruppi i diversi sistemi: la assicurazione libera, come è praticata in

In-ghilterra, nella Svizzera e nel Belgio; l’ assicu­ razione obbligatoria accompagnata dalla libertà scelta dei mezzi, come è in Italia e nei Paesi Bassi; infine l’ assicurazione strettamente obbli­ gatoria come è stabilita in Germania. A que­ st’ ultima, appunto perchè più importante e ne­ cessariamente più vasta, l’Autore consacra larga estensione di esame, per descrivere ed analizzare il sistema e per rilevare i risultati ottenuti.

La seconda parte è rivolta a studiare il si­ stema vigente in Francia, e naturalmente a que­ sto studio 1’ Autore dà la maggiore estensione. Una tavola sinottica dà conto dei risultati o t­ tenuti nei diversi Stati, sebbene l’ Autore faccia notare le difficoltà tecniche di una simile sintesi.

Il lavoro è condotto con molto ordine, con grande diligenza e con larga cognizione della materia.

La solerte Casa Editrice A. Rousseau ha pubblicato il lavoro colla usata correttezza e con lusso di stampa.

RIVISTA ECONOMICA E FINANZIARIA

Il Times pubblica il grande progetto del ce­ lebre deputato inglese Henniker Heaton, che ha per scopo di unificare i prezzi postali di tutto

il mondo, creando un francobollo universale a

10 centesimi. Ecco gli argomenti principali della sua riforma :

1. ° Non occorrerebbe alcuna extra-orga-

nizzazione per effettuare il cambiamento. Basta l’ attuale, cosicché non ci sarà bisogno di fare all’ uopo delle spese.

2. ° Le poste di tutto il mondo dànno un

profitto che nel caso deli’ Inghilterra è di ster­ line 4,819,000 ; in quello della Germania di 3,040,000 e in quello della Francia di 2,900,000.

3. ° Il cercare un eccessivo « surplus » po­

stale sarebbe un cattivo principio di finanza. Alti francobolli equivalgono ad una tassa sulle opera­ zioni iniziali del commercio.

4. ° Il francobollo internazionale da 5 cen­

tesimi esiste già per le stampe. Ora se due once di carta stampata si possono mandare ovunque per 5 centesimi, perchè non si potrebbe egual­ mente mandare mezz’ oncia di carta scritta allo stesso prezzo ?

5. ° La riforma avrebbe per risultato un

incremento del movimento postale, a giudicare dall’esperienza fatta dall’ Inghilterra colle colonie.

6. ° Il francobollo da 10 centesimi esiste

già per il Canadà e gli Stati Uniti, mentre la Germania e l’ Austria formano un « verein » po­ stale.

7. ° Come una prova dell’ anomalia del si­

stema attuale basta pensare che ci vogliono 25 centesimi (due « pence » e un « halfpenny » ) per mandare una lettera dall’ Inghilterra in Francia che è distante 21 miglia, mentre bastano 10 cen­ tesimi (un « penny » ) per mandarne una alle isole Fiji, che sono 11,000 miglia distanti !

8. ° La perdita dell’ erario per il franco­

(12)

ster-lire 120,000 il primo anno : perdita che dimi­ nuirebbe, anzi scomparirebbe coll’aumentare della corrispondenza.

Il deputato Heaton afferma di avere otte­ nuto 1’ adesione dei principali personaggi inglesi uop solo, ma di avere anche fatte pratiche presso le principali Nazioni, le quali assentirebbero alla grande riforma.

Il progetto sarà discusso al Congresso in­ ternazionale postale che si riunirà a Roma nel futuro anno.

— L ’ amministrazione delle Finanze a Pa­

rigi pubblica che il rendimento delle imposte

francesi durante il mese testé decorso raggiunse la cifra di 231,830,900 franchi ; ciò che rappre­ senta un aumento di 1,468,100 franchi sul mese di settembre 1904. I maggiori aumenti sarebbero dati dai proventi delle dogane (3,402,000 franchi), dei monopoli (1,282,000), del registro (981,000) ; le maggiori diminuzioni dai proventi delle imposte indirette (2,838,000), degli zuccheri (2,246,000).

Si ha pure che il valore dei proventi dei nove primi mesi dell’ anno porta un aumento di 9,746,000 franchi su quello del corrispondente del 1904.

— Il Journal officiel ha pubblicato un de­ creto che autorizza il Governo generale dell’Africa occidentale francese a realizzare la seconda parte

del prestito dell'Africa occidentale francese con­

tratto nel luglio 1903, e di cui l’ammontare sale a 65 milioni di franchi. Di questi 65, i 40 milioni già realizzati furono impiegati in lavori di ras­ settamento del Senegai.

— Si ha notizia pure di un prestito della

città di Buenos-Ayres. Infatti II Municipio di questa città domanda al Governo nazionale l’auto­

rizzazione di emettere un prestito di 40 milioni

di dollari in oro o di 90,909,000 di dollari in carta, all’ interesse del 4 1/2 per cento e del 1/2 per cento per 1’ ammortizzamento ; e ciò per convertire gli imprestiti del 1882,1884,1891, 1897 e 1903, il cui totale elevasi a 36,352,690 dollari.

Rassegna del commercio internazionale

Il commercio inglese nei primi nove mesi del. 1905. — Dalla classificazione fatta dal Board

o f Trade togliamo i resultati del commercio in­

glese per il mese di settembre 1905 :

Im porta zion e V a lore “ « ^ 9 0 4 (in m ig lia ia d i lire sterline) Prodotti alimentari, bevande

e tabacchi 20,737 1,500

Materie prime e articoli non

manifatturati 12,870 584

Articoli manifatturati o semi-

manifatturati 11,920 -(- 563

Diversi (compresi i colli po­

stali) 206 4- 11

45,733 -|- 2,658

L ’ aumento della importazione inglese è dun­ que costante, specialmente notevole nei prodotti alimentari.

Per la esportazione pure deve dirsi la me­ desima cosa, come vedesi dal seguente specchietto ; forte e progressivo ì’aumento del valore dell’espor­

tazione degli oggetti manifatturati, che anche nel resoconto già dato (1) del commercio inglese nei primi otto mesi dell’anno, avevamo constatato in

16,200,000 sterline in confronto di quello dei

primi otto mesi del 1904 :

E sportazion e V alore

(in m ig lia ia di lire sterline) Prodotti elementari, bevande

e tabacchi 2,133 -|- 311

Materie prime e articoli non

manifatturati 3,082 _|_ 56

Articoli manifatturati o semi-

manifatturati 23,691 -f- 2,993

Diversi (compresi i colli po­

stali) 444 32

29,350 4- 3,422

E ’ utile notare infine che il resultato totale delle importazioni inglesi nel settembre del 1904 fu di 43,074, e in quello del 1903 di 45,451, mentre, come si è visto, quello del 1905 rag­

giunse 45,733, sempre in migliaia di lire ster­

line ; e le esportazioni furono di 23,316 nel 1903, di 25,929 nel 1904, di 29,350 nel 1905.

Si ebbero poi, rispettivamente per i tre anni, le cifre di 4,984, di 4,772, di 5,521 di mi­ gliaia di sterline di reesportazione. I metalli preziosi, presi a sé, dettero :

Im porta zion e E sportazione (m ig lia ia di sterline)

Settembre 1903 3,(ft)8 5,193

» 1901 4,303 2,583

» 1905 3*879 5,585

Ed ecco infine le cifre totali dei primi nove mesi circa le merci :

1903 1904 1905 Im porta zion e 394,238 398,365 410,410 E sportazion e 269,929 273,696 300,172

E i metalli preziosi, in migliaia di lire sterline:

1903 1904 1905 Im porta zion e 27,881 84,115 39,530 E sportazion e 24,524 28,739 33,201

Il commercio delle Filippine nel 1904. — Il valore complessivo delle importazioni nelle isole Filippine nell’ anno decorso raggiunse 33,220,761 dollari contro 32,971,882 cui era arrivato nel 1903 ; le esportazioni invece furono di 30,250,627 dol­ lari contro 33,119,899 del 1903.

Ecco ora i paesi di provenienza o di desti­ nazione di questi valori, e il confronto tra il 1903 e il 1904 :

1903 1904

Importazioni in dollari

Europa 12,390,551 10,322,422

America del Nord 3.959,359 4,641,739

» del Sud 24 .— Antille 134 6 Asia 15,999,618 17,251,803 Oceania 618,540 1,101,051 Africa 6,056 3,700 32,971,882 33,220,761 1903 1904 Esportazioni in dollari Europa 13,970,118 13,125,841

America del Nord 13,875,294 11,121,502

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