GAZZETTA SETTIMANALE
SCIENZA ECONOMICA, F IN A N Z A , COMMERCIO, BANCHI, F E R R O V IE , IN TERESSI P R IV A T I
Anno XXXII - Yol. XXXYI
Firenze,
1
Maggio 1905
N. 1618
S O M M A R I O : Edoardo Gi r e t t i, La questione degli zuccheri — L ’ arbitrato obbligatorio Vit t o r io Ra i ia, Come sarà costituito l ’ Istituto Internazionale di Agricoltura — Il regime fiscale dei valori mobiliari m Francia - Sul bilancio dello Stato - R i v i s t a b i b lio g r a f i c a : Doti. Guglielmo Salvatevi, Saggio di uno studio sui sentimenti morali - Avo. Georges Dumont, Études sur le cours des monnaies en Brabant depuis 1383 jusqu a 1408 - Doti. Georges Wettstein, La réforme dans la politique économique de l’Angleterre — R i v i s t a eco
n o m ic a e fin a n z ia r ia - La situazione del Tesoro al 31 marzo 1905 - L ’ esito sul concorso a premi per
vini da pasto - Banche Popolari e Cooperative - Mercato monetario e Rivista delle Borse - Società commerciali e industriali — Notizie commerciali.
LA QUESTIONE DEGLI ZUCCHERI
o Mi era già nota la opinione professata dal- l’ Economista nella questione speciale degli zuc cheri. Ma ciò non ha impedito che io leggessi con vera sorpresa nell’ ultimo numero di questa ottima Rivista stampato al posto d’ onore e senza una parola di riserva un lungo articolo dell’ on. Emilio Marami, grande fabbricante di zucchero e, come è noto, ex-delegato ufficiale del Governo italiano alla Conferenza di Bruxelles, sul regime fiscale degli zuccheri.Essendo io, per quanto non nominato per nome e cognome, uno dei « liberisti italiani », i quali hanno partecipato alla « sollevazione » che on. Maraini chiama « artificiosa » contro 1’ in dustria saccarifera italiana, invoco, dalla cortese e già sperimentata imparzialità àe\V Economista, il ^diritto di potere a mia volta sottomettere ai lettori alcune brevi argomentazioni contrarie a quelle svolte dall’ on. Maraini.
Prima di tutto, è bene ristabilire la verità dei fatti per quello che concerne la adesione data dal Governo italiano alla Convenzione di Bruxel les. Per conto mio almeno, non ho mai manife stato la opinione che l’ Italia non dovesse p r u dere parte alla Conferenza di Bruxelles. Ho detto soltanto e mantengo che all’ Itaha si affacciavano due vie per tutelare efficacemente e senza danno per le pubbliche finanze gli interessi legittimi e generali di tutti i suoi contribuenti e consuma tori, esclusi gli azionisti ed i soci delle 33 sue fabbriche da zucchero : — o partecipare alla Con ferenza ed alla successiva Convenzione.di Bruxelles
(*) L ’ egregio sig. E. Giretti, che con tanta
assi-seriamo'bTn vrientìerinell’^ m . « ^ , riservandoci di esnorre sul regime degli zuccheri la nostra opinione, a cuTgià altra Svolta lib ia m o avuto occasione di ac- cennare.
nei termini esatti e completi, in cui vi parteci parono gli altri paesi del Continente grandi pro duttori di zucchero, abolendo i premi di_esporta zione (che in Italia non esistevano) e riducendo ad un massimo di 6 lire per quintale la prote zione dell’ industria nazionale, oppure rimanere estranea alla Convenzione Internazionale e rifor mare il proprio regime fiscale sullo zucchero in modo da lasciar godere ai consumatori italiani, senza perdita per l’ Erario, il vantaggio dei premi di esportazione che continuano a pagare alcuni dei paesi produttori di zucchero che non hanno preso parte agli accordi di Bruxelles, come la Russia e la Repubblica Argentina.
Era le due vie, il Governo italiano ne scelse una terza, a tutto profitto dei 33 fabbricanti da zucchero nazionali, colleghi dell’ on. Maraini, ma a tutto danno dei 33 milioni di Italiani consu matori di zucchero.
In altre parole, a Bruxelles 1 Italia, ufficial mente rappresentata dall’on. Maraini, si impegnò a colpire di una sopratassa doganale, pari al premio di esportazione, gli zuccheri che a questo modo avrebbero continuato ad essere favoriti nei loro paesi di origine, ma ottenne, per eccezione comune alla Spagna ed alla Svezia, di non essere costretta a ridurre la protezione di cui gode la sua industria dello zucchero ai massimi fissati dall’ A tto di Bruxelles, cioè a lire 5.50 il quintale per lo zucchero greggio ed a lire 6 per il raf
finato. ,
L ’ on. Maraini, al quale VEconomista fa il complimento di un’ « ammirevole chiarezza », è su questo punto di una oscurità che potrebbe anche non essere del tutto fortuita. Egli avvolge di molte frasi la eccezione da lui ottenuta non senza stenti e non senza una grande abilità di plomatica. Poco prima aveva detto invece che
«.tutti gli Stati dell’ Unione di Bruxelles hanno
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L ’ Italia non essendo per il momento un paese esportatore di zucchero, si capisce che alla_ « as| semblea di eminenti economisti, competentissimi di tutti i paesi produttori di zucchero », che era la Conferenza di Bruxelles, potesse importare ab bastanza poco di questa eccezione ottenuta dal- p 0n. Maraini, per la quale il Governo italiano,
sino a tanto che l’ Italia non diventerà^ esporta trice di quantità rilevanti di zùcchero, è autoriz
zato a mantenere l’ attuale regime fiscale, che accorda una protezione di lire 20.80 al quintale allo zucchero greggio e di lire 28.85 allo zucchero raffinato.
E ’ quindi fondata la affermazione che , io ho fatta ripetute volte, che i consumatori italiani hanno avuto i danni della Convenzione di B ru xelles (abolizione dei premi di esportazione nei paesi convenzionati ed obbligo di imporre la so- vratassa sugli zuccheri dei paesi non convenzio nati), ma non hanno avuto l’ unico vantaggio che si potevano ragionevolmente e legittimamente aspettare dalla riduzione rispettivamente a lire 5.50 ed a lire 6 il quintale delle attuali diffe renze tra i dazi di confine e le tasse di fabbri cazione interna sugli zuccheri greggi e raffinati. Prima che la Convenzione di Bruxelles fosse in vigore, la protezione a favore della industria nazionale dello zucchero era nel fatto diminuita di parecchie lire per quintale dalla concorrenza che facevano agli zuccheri indigeni gli zuccheri importati sotto il regime dei premi di esporta zione e venduti in Italia al disotto del loro prezzo di costo.
Ecco le cifre ufficiali della nostra importa zione di zucchero (greggio) per il consumo in Italia negli ultimi anni, prima e dopo la Convenzione di Bruxelles : 1900 1901 1902 1908 1904 Quintali 522,559 371,895 200,095 52,678 4,559
Si può osservare che anche prima della ap plicazione dell’A tto di Bruxelles questa importa zione di zucchero in Italia era in decisa e pro gressiva diminuzione per la aumentata produzione delle fabbriche italiane.
Ciò è vero, ma, sino a tanto che esisteva la sola possibilità della importazione di zuccheri più o meno premiati dai paesi di origine, i fabbricanti italiani erano loro malgrado costretti a tenere i loro prezzi in relazione con quelli della concor renza estera. Questa è la ragione per cui, prima della Convenzione di Bruxelles, non riuscì mai ai fabbricanti italiani, nonostante i ripetuti ten tativi fatti, di costituirsi in sindacato allo scopo di aumentare i prezzi limitando la produzione.
Nella difesa « artificiosa » fatta dall’on. Ma raini della industria saccarifera italiana rilevo queste due affermazioni contraddittorie, le quali quindi non possono essere vere tutte due nello stesso tempo :
1) Che i consumatori italiani non sono stati danneggiati dalla adesione che l’ Italia ha fatta (nel modo che abbiamo veduto) alla Con venzione di Bruxelles ;
2) Che, prima della applicazione dell’Atto Internazionale di Bruxelles, la industria italiana
dello zucchero non solo non lasciava profitto, ma produceva una perdita.
Veramente l’on. Maraini cerca di conciliare queste due affermazioni tra di loro e col fatto da lui riconosciuto che la situazione dell indu stria saccarifera italiana è cambiata in seguito alla Convenzione di Bruxelles col dire - non di mostrare, veh ! - che la Unione Zuccheri fondata, nella primavera 1904 «n o n ha i caratteri dei
Trusts americani e neppure dei Cartells tedeschi >>
e che essa intende non a tenere alti i prezzi, ma solo « a quella razionale concentrazione eco nomica, che è il portato dell’evoluzione naturale di ogni industria progredita ». _ _
Intanto sussiste - e l’ on. Marami non lo può negare - che, se negli altri paesi del Con tinente europeo il prezzo dello zucchero (astraendo dalla imposizione fiscale) è rincarato dopo la Con venzione di Bruxelles in causa deffiaumerito di consumo provocato dalle forti diminuzioni delle tasse di fabbricazione e dalla riduzione ad un massimo di 6 franchi della sopratassa doganale, in Italia, rimanendo immutato il dazio ed il pro tezionismo privato per la eccezione ottenuta dal- p on. Maraini, il rincaro dello zucchero ha avuto per causa la cessazione della concorrenza, che fa cevano agli zuccheri italiani gli zuccheri esteri, premiati alla esportazione, fatto questo che ha finalmente permesso ai fabbricanti e ai raffina tori nazionali di realizzare il loro vecchio sogno di un accordo generale tra di loro, liquidando a poco a poco gli stocks accumulati delle passate campagne e preparandosi, come ammette lo stesso on. Maraini « a regolare economicamente la pro duzione a fine di evitare lo sperpero della super- produzione (poiché, data l’ impossibilità di espor tare, la superproduzione costituisce un vero e proprio sperpero ingiustificato sotto tutti i rap
porti) ». _
A proposito di questa pretesa impossibilita di esportare, è da notare che essa sussiste solo per l’ opera cosciente e voluta dell’ onor. Ma raini e nel solo interesse dei fabbricanti di zuc chero italiani, perchè il favore speciale di cui godono, per la eccezione ai patti di Bruxelles ot tenuta dall’ on. Maraini, è espressamente limitato nell’ interesse dei fabbricanti degli altri paesi convenzionati alla condizione che l’ Italia continui a non esportare zucchero « in quantità conside revole ed in modo seguito ».
Mi astengo deliberatamente, per non abu sare dello spazio àe\VEconomista, dal discutere le cifre ed i dati tecnici di cui l’on. Maraini corrobora la propria dimostrazione, ma su qual che affermazione dell’ on. Maraini non posso sor passare.
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Non ritorno sui sofismi zuccherieri tratti dall'interesse che avrebbe l’agricoltura alla col tivazione della barbabietola, dagli operai impie gati nelle fabbriche da zucchero, ecc. ecc. L ’on. Maraini non porta alcun argomento nuovo e che io non abbia già confutato ampiamente e - a mio avviso - esaurientemente nelle mie varie pubbli cazioni, in particolare nel mio opuscolo pubblicato e diffuso dalla « Lega antiprotezionista» col ti tolo : I parassiti dello zucchero.
Rilevo però questi due argomenti che pos sono parere nuovi :
1) La protezione della industria dello zuc chero ha impedito il contrabbando;
2) Se la produzione indigena non esistesse, l’ importazione dello zucchero estero batterebbe ancora intorno ai 750,000 quintali e in conse guenza l’ Erario non incasserebbe più di 65 mi lioni di lire che otteneva in passato da questo capitolo doganale.
Circa il primo punto, è ovvio che 1’ on. M a raini si riferisce al solo contrabbando di frontiera dimenticando, completamente, il contrabbando, molto più importante, che si è fatto sulla pro duzione indigena dello zucchero sino a quando nel 1900 il Governo si è veduto, per sole ed im periose ragioni fiscali, costretto a sostituire il metodo diretto di accertamento della tassa ai metodi indiretti ed indiziari che erano prima in vigore. Rimando chi vuole saperne di più alle Relazioni annuali del Direttore Generale delle Gabelle.
Sul secondo punto, l’on. Maraini, in vena di difendere a spada tratta la industria saccarifera italiana, che giustamente gli è cara, le fa persino onore di una cosa che proprio non le spetta. Se il consumo legale dello zucchero, nonostante il fiscalismo dello Stato e quello privato dei fabbri canti, ha potuto progredire alquanto negli ultimi anni, oltreché al cambiamento dei metodi di ac certamento, questo fatto è in parte dovuto alla popolazione aumentata, in parte al regime di vita un poco migliorato degli Italiani ed in parte al ribasso di prezzo dello zucchero, prima della Con venzione di Bruxelles, non solo sul mercato ita liano, ma su tutti i mercati del mondo in causa dei progressi della industria e della sfrenata con correnza che si facevano i paesi produttori.
Ancora un appunto e poi finisco.
Se si ammette che lo Stato sia il tutore e l’ agente d’ affari dei 33 fabbricanti da zucchero, può essere nel vero 1’ on. Maraini quando cerca di dimostrare che è nell’ interesse nazionale di imporre sui consumatori italiani un tributo di venti o trenta milioni di lire all’ anno (non litigo sulla somma precisa, perchè, milione più milione meno, il tributo esiste e neppure 1’ on. Maraini lo può negare) allo scopo di mantenere artificiosamente agli azionisti ed ai proprietari delle fabbriche da zucchero una ricchezza che l’ on. Maraini valuta oggi ad 80-100 milioni di lire, dopo averla va lutata a soli 66-75 milioni di lire all’ indomani della Convenzione di Bruxelles.
Ma, se lo Stato ha un’ altra funzione, come io credo e come spero continui a credere 1 E co
nomista, nonostante abbia pubblicato al posto
d’ onore 1’ articolo dell’ on. Maraini, allora a me sembra che i 33 milioni di consumatori di cui si
compone la nazione italiana avrebbe dovuto avere maggior voce in capitolo che non i 33 fabbricanti di zucchero alla Conferenza di Bruxelles e che, non avendola avuta, sono oggi in diritto di pro testare e di reclamare dal Governo una cura più seria e più diligente dei loro generali interessi.
Sia pure che, trattandosi di una industria venuta su colle continue ed inesauribili genero sità dello Stato, si possa avere un qualche tem poraneo riguardo agli interessi particolari che vi si sono investiti, e che non sia equo, mentre siamo in un regime di protezionismo industriale ad oltranza, fare un primo esperimento di libero- scambio assoluto per la sola industria dello zuc chero.
Io non sono mai andato così lontano colle mie richieste. Mi limito a domandare la applica zione integrale dei patti della Convenzione di Bruxelles, accettata senza ipocrite eccezioni o ri serve da paesi che sono non meno protezionisti del nostro, ed in ispecie la riduzione ad un mas simo di 6 lire per quintale del protezionismo di cui gode la produzione indigena dello zucchero.
Un margine di 6 lire per quintale rappre senta ancora circa il venti per cento del valore normale del prodotto. Dopo tutto, l’ industria dello zucchero non è più tanto bambina da non potersi acconciare ad una tale protezione. Se non vi riesce, è una ragione di più per non conti nuare a fare in suo favore dei sacrifizi durissimi per i consumatori italiani, coll’ unico risultato di arricchire alcune dozzine di fabbricanti e di per mettere dei giuochi poco puliti di borsa sui titoli saccariferi, negoziati anche oggi per parecchie volte il loro valore di emissione.
Ed o a r d o Gi r e t t i.
L’ ARBITRATO OBBLIGATORIO
Leggendo le discussioni che tra la Criticasociale ed il Corriere della Sera sono sorte in
questi giorni sull’ arbitrato obbligatorio, a propo sito della proposta contenuta nella legge defini tiva per l’ esercizio ferroviario di stabilire tale istituzione per il personale delle strade ferrate, ci siamo domandati se i due periodici discutono veramente sul serio la questione, o se fanno del l ’accademia.
Il Corriere della Sera osserva : arbitrato ob bligatorio sì; se si intende che debbano essere sottoposte agli arbitri le sole questioni che ri guardano la interpretazione delle leggi e dei re golamenti, contro i quali alcuno od alcuni dei ferrovieri reclami; ma non è ammissibile che l’ arbitrato si estenda a rendere gli arbitri giu dici di modificazioni domandate dal personale alle leggi ed ai regolamenti vigenti. In tal caso si di minuirebbe il potere del Parlamento, e specie quan do, trattandosi di questioni di mercede, che col l’ esercizio di Stato influiscono sul bilancio, si ren derebbero gli arbitri padroni del bilancio stesso. Quindi si deve ritenere - conclude il Corriere
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essere sottoposte agli arbitri, ma non le questioni economiche.
L ’ on. Turati nella Critica sodale sostiene che non si può fare la distinzione che fa il Cor
riere della Sera, e con una serie di considera
zioni vuol dimostrare che tutte le questioni, siano esse individuali o collettive, siano esse giui ¡diche od economiche, vanno sottoposte agli arbitri.
Lasciamo stare il bizantinismo della questione cosi posta; a vero dire, quando si parla di ai- bitrato) s’ intende soltanto che, esistendo una controversia sulla quale nessuna delle due parti contendenti vuol essere giudice, esse affidano a
p riori la decisione ad un terzo ; nel caso con
creto, una delle due parti essendo lo Stato, sem brerebbe invero strano e nuovo che, di fronte ai propri dipendenti, lo Stato abdicasse alla propria suprema autorità, quella enorme autorità che tal volta gli permette persino di non mantenere i con tratti liberamente stipulati, e domandi ad un terzo, che perciò gli diventerebbe superiore, di esaminare la questione e decidere. L ’ arbitrato racchiude un concetto ben diverso da quello che avrebbe l’ in tervento dell’Autorità giudiziaria, o del Consiglio di Stato o della Corte dei Conti o di qualunque altro Supremo Consesso, che dalla legge sia deman dato a decidere questioni che possono sorgere tra l’Amministrazione dello Stato ed i diversi citta dini. Qui si tratta di istituire un tri bunala spe ciale, senza appello, composto, in misura più o meno larga, anche degli stessi dipendenti dello Stato, che giudicherebbero delle disposizioni ema nate dallo Stato o non volute emanare dallo Stato, nei suoi rapporti con una sola classe di cittadini : i ferrovieri.
Ma si crede proprio sul serio, domandiamo noi, che se venisse istituito questo arbitrato ob bligatorio e decidesse contrariamente ai desideri ed alle aspirazioni del personale, lo Stato avrebbe poi il coraggio di applicare sempre ed in tutti i casi queste decisioni?
E si crede egualmente sul serio che il per sonale ferroviario, per ciò solo che . ha accettato 1’ arbitrato, non cercherebbe, in dati casi, dietro un responso contrario, di ottenere la non applica zione, minacciando lo sciopero o l’ ostruzionismo? Ma non abbiamo visto proprio in questi ul timi tempi lo Stato obbligare le Società esercenti a non applicare il regolamento contro i ferrovieri, che ne avevano infranto le disposizioni ? Ed i ferrovieri entrando in servizio non accettano forse il regolamento quale è e non promettono di ob bedire ai loro superiori ?
Eppure abbiamo avuto scioperi ed ostruzio nismi da una parte, condono ed indulgenza dal l’ altra. Cioè tutti e due, Stato e personale, hanno infranto quelle regole che dovevano, per comune patto, presiedere nei loro rapporti.
Come credere che tutto ciò sparisca o si muti per il solo fatto che la imposizione non av verrà per il regolamento, ma per decisione di un collegio di arbitri ?
Troppo ammoniscono i fatti che si ripetono continuamente per credere che cosi facilmente si possano dirimere le cause che producono gli aspri conflitti, a cui abbiamo assistito recentemente. E nello stesso modo che reca stupore il vedere il Governo che introduce nella legge quelle stesse
pene che pure esistono nei regolamenti e che egli stesso ha voluto che non sieno applicate, avveri à che le sentenze degli arbitri si eseguiranno o no secondo le condizioni del momento, secondo che 1’ una o l’ altra delle due parti sentirà di avere o non avere la forza di farle rispettare. E sic come il 'Governo è più spesso in istato di de bolezza, perchè si mette quasi sempre dalla parte del torto, è inevitabile che le conseguenze sieno quali si vedono tutti i giorni.
Non è nè coi regolamenti nè colle sentenze degli arbitri che si dirimono le cause _ di con flitto ; ma colla serietà e colla rettitudine della condotta. Bisogna che sempre ed in ogni ca,so il Governo sia bene illuminato sulle questioni che sorgono; bisogna che sin dal principio abbia una linea di condotta chiara, precisa e costante; che non abbia paura delle interpellanze e dei voti, che tratti il suo personale continuamente con equanimità, ed allora i conflitti non nasceranno. Ma quando vi sono dei maestri che da più mesi non ricevono la paga ed il Governo non sa far rispettare la legge ; quando ai professori delle scuole secon darie il Governo fa delle esplicite promesse rico noscendo il loro diritto e poi trova modo di non mantenerle ; quando per gli impiegati dei tele grafi e delle poste, si fa votare un nuovo or ganico che poi si trova modo di non applicare ; quando infine la parola del Governo non ha più credito alcuno per i cittadini a cui è rivolta, al lora avviene che questa parola non si rispetti anche se viene tradotta in legge, o in regola mento od in sentenze di arbitri.
Nel caso concreto dei ferrovieri, quando per fini politici ben noti, si cercava di sollevare il personale contro le Società esercenti, non si pen sava che quello stesso personale sarebbe diven tato poi dipendente dello Stato, ed avrebbe sentite tanto più ardenti le sue aspirazioni, quanto più gli era stato ispirato il desiderio di vederle rea lizzate.
Non prendiamo quindi sul serio 1’ arbitrato obbligatorio, quando sin qui non si sono presi sul serio nè i regolamenti, nè le altre disposizioni.
Il Governo pensi a stabilire una ammini strazione saggia, onesta, equanime, e attinga la sua forza dalla pubblica opinione, che sarà il mi glior freno alle pretese esagerate, come sarà il maggior stimolo per impedire o far cessare le ingiustizie.
COME SARÀ COSTITUITO
l'Istituto Intemazionale di Agricoltura
La Commissione nominata per gettar le prime basi dell’Istituto internazionale di agricoltura ha finito i suoi lavori, e noi siamo lieti di poter an nunziare che la vita dell’ Istituto è pienamente assicurata, e, colla vita, il successo, perchè sarà vita attiva e produttiva, e non opera burocratica e sterile.
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meglio, che l’ Istituto sorgesse, ma che naufra gasse l’ idea grande e proficua che lo ha ispirato. Le opposizioni all’ azione economica possente che l’ Istituto vuol compiere, furono numerose e di varia natura.
Ci furono dapprima i burocratici, che, colle migliori intenzioni del mondo, non volevano che l’ Istituto si avventurasse in un’ azione, secondo essi, impreparata e di dubbia praticità; e, abi tuati a imbrattar carte, a compilar note e stati stiche, volevan ridurre, per ora, l ’opera dell’Isti tuto a raccoglier dati, a promuovere inchieste, a compilar colonne di cifre, da pubblicarsi in bei bollettini all’ uso della gente colta.
Alle opinioni di costoro si allearono gli agri coltori misoneisti, che non capirono tutta la portata delle idee che l’ Istituto vuoi attuare, e che temon solo che esso diventi un elemento per turbatore, e.... un propugnatore dell’abolizione dei dazi d’entrata sui prodotti agricoli ! Finché l’ Isti tuto non avesse raccolto che dati, pensavano, non c’era da temer nulla ; e si sa che il temporaneo, in Italia, dura più del definitivo : ecco perchè anche questa categoria di persone voleva l’ Isti tuto parolaio e imbratta-carte.
Un’altra opposizione, non attiva, ma passiva, e, non per tanto, efficiente, era quella delle classi lavoratrici organizzate, che vedono con diffidenza l’ Istituto, perchè lo temono rappresentante e or gano di classe, mezzo di maggior sfruttamento dei lavoratori, con una più stretta organizzazione di resistenza dei padroni, e coll’ aumento del pro tezionismo agrario.
C’era poi l’ indifferenza di quanti, placida mente, volevano stare a vedere come le cose sa rebbero andate a finire, prima di pronunziarsi. Così, tra indifferenza e opposizione, l’ idea innovatrice dell’ Istituto stava per miseramente naufragare. Ci volle tutta l’ energia di uomini illustri ed entusiasti della nuova idea, ci volle una lotta, a volte accanita, perchè il buon senso trionfasse. Ma non bastò : fu necessario prevenire consimili opposizioni anche all’estero, ove lo Stato e i misoneisti dei campi e del lavoro, stavano compiendo un’opera ugualmente nefasta ; bisognò spingere gli agricoltori accorti e organizzati a forzare la mano ai governi ; ci furono, a volte, conflitti pugnaci.... ma si finì per vincere.
E d ecco che l’ Istituto sorgerà, e agirà dav vero, apportatore di prosperità per tutti coloro che sapranno approfittarne.
La prima vittoria fu l’ottenere che siano rap presentati nel Congresso, che si terrà in maggio a Roma, e, quindi, nell’ Istituto, i rappresentanti delle organizzazioni agricole dei paesi aderenti : fu la prima, la più difficile, e la più importante : questi rappresentanti son abituati a fare, non a chiacchierare; la loro presenza assicura che si
farà.... o se ne andranno e faranno da sè.
L e altre vittòrie, più facili, ma non meno importanti furono le seguenti : che si adottassero, come istituzioni da proporre al Congresso, tra le più degne di attuazione, per cominciare: l’ orga nizzazione della borsa dei prodotti, perchè le as sociazioni di produttori possano commerciare di rettamente i loro prodotti, sottraendosi al dominio e allo sfruttamento degli intermediari, e elimi nando la possibilità di accaparramenti, di giuochi
enormi di borsa, quali si videro anche ultima mente agli Stati Uniti, ai danni dei produttori e dei consumatori. Per ciò non v ’ era che da rac cogliere il seme gettato nell’ ultimo Congresso di Budapest, del lavoro fatto dal Ruhland in Ger mania, etc., per organizzare a questo modo il commercio del grano ; — Vunione delle coopera
tive agricole, di credito, di assicurazione mutua,
per l’ acquisto delle materie prime, per la vendita dei prodotti etc.
Non è chi non veda l’ importanza che avrà, sussidiariamente e parallelamente alla borsa dei prodotti l’ unione di queste cooperative : anche qui non c’ era che da raccogliere il germe già in evoluzione, poiché le unioni nazionali di coopera tive sono già un fatto quasi compiuto, e perchè si lavorava già alla loro unione oltre i confini degli S tati; — l’ organizzazione della borsa del
lavoro agricolo ; dopo il primo, fu il punto più
difficile da spuntare, perchè ci si vedeva, dagli agricoltori miopi, chissà quale macchinazione per fare che i lavoratori si occupino degli affari loro,
per favorire il socialismo, l’ emigrazione dai cam
pi, etc. Nulla di simile si propone la borsa del lavoro agricolo, che, realmente, toglie anche quel po’ di carattere di istituzione di classe che, per chi non sa fissar lo viso in fondo, poteva conser vare quest’ istituto,, e introduce un elemento di sano e nobile umanitarismo là dove, troppo spesso, ve n’ è tanto poco.
Ecco perchè va data amplissima lode a chi quell’ idea sostenne, difese validamente e fece trionfare. Infatti, una borsa consimile che regoli, diriga l’emigrazione agricola d’ un paese, secondo i bisogni del mercato, che eviti le frodi di agenzie sfruttatrici, le quali reclutano povera gente igno rante, e la portano là dove spesso già l’offerta è esuberante, e la rovinano coll’ ingannarla sulle condizioni reali, la sfruttano sul trasporto, sul viaggio, etc. ; una borsa che, per converso, diriga lavoratori dove ne abbisognano, nella quantità in cui abbisognano, in modo che sìa tolto lo sconcio e il danno che qui i padroni mettano il coltello alla gola dei troppi lavoratori, là i lavoratori ai troppi padroni che chiedono braccia, per rapporto al numero che se ne offre; una tale borsa, non solo compie un’ opera altamente utile per le na zioni, perchè elimina abusi ignobili e danni gravi ; non solo fa opera profìcua per i lavoratori, dei campi, ma anche per gli agricoltori, che possono perder tutto il raccolto d’ un anno, solo per il fatto che in dati giorni non ebbero mano d ’opera suf ficiente,. o esser rovinati per averla dovuta pagar troppo cara !
Questi saranno i soggetti principali su cui verterà la discussione, nel Congresso di maggio, punti su cui già si è sicuri della vittoria, perchè in Italia la si è spuntata, e, all’ estero, le orga nizzazioni degli agricoltori hanno accettato con entusiasmo questi capisaldi di un’ azione proficua.
298 L ’ ECONOMISTA 7 maggio 1905
eventuali auguste largizioni basterà che i 4 0 Stati aderenti contribuiscano per le statistiche e i dati che otterranno dall’ Istituto, e che i 4,000,000 di agricoltori organizzati che aderiscono, paghino una pur piccola quota, perchè l’ Istituto abbia larghe risorse, e ampi mezzi di azione; si aggiunga che i consigli che, richiesto, l’ Istituto dara a società, agricoltori, ecc., e le ricerche che farà per loro saranno naturalmente pagate, ciò che farà un al tra non disprezzabile sorgente di reddito.
Ma, per evitare anche la più lontana possi bilità che questo novello e potentissimo organo diventi strumento unicamente della classe dei proprietari fondiari, e perchè, anche nella sua azione diretta, abbia in vista il bene della col lettività, bisogna che tutte le classi interessate concorrano e se ne interessino e agiscano; ora, ciò non mostrano di voler fare le nostre classi operaie. E noi vogliamo sperare che si ravvedano. Esse che si lamentano delle tristi condizioni dei lavoratori, non potranno più, onestamente, soste nere l’opinione loro, quando avranno negato di servirsi di un mezzo potente di migliorarle, ren dendo men cara la vita, aumentando i proventi dei lavoratori dei campi. Esse che si .lamentano dell’ anarchia della produzione, dovrebbero esser le prime a portar l ’opera loro ad una istituzione che vuol eliminare gran parte dei danni della disorganizzazione attuale del mercato dei prodotti agricoli e della mano d’ opera campagnuola. L ’ isti tuto, in una parola, deve essere per essi quello che è lo Stato; un organo potente, dal quale si può essere schiacciati, se ci se ne disinteressa; che può essere convertito in fattore benefico, quando si cerca di prender parte attiva al suo funzionamento, sì da dirigerne in parte l’ azione.
E noi speriamo che tutte le forze vive si riuniranno attorno a questo Istituto, che farà ve ramente onore al nostro giovane Re, sia i ricchi pro prietari che i poveri lavoratori. E in ciò ci con forta l ’esempio splendido dato dalla Federazione americana del lavoro, la più potente organizza zione del mondo, perchè ha 2,000,000 di soci, la quale, in una adunanza del marzo, ha votato il seguente significante ordine del giorno : « Consi derando che S. M. il R e d’ Italia ba diramato un invito agli Stati Uniti e alle altre nazioni, per chè mandino delegati a un Congresso da tenersi a Roma nel maggio 1905, allo scopo di esami nare i vari problemi riferentisi all’ agricoltura, all’ immigrazione e al lavoro nei riguardi inter nazionali, e di esaminare che cosa possa essere fatto a prò dei popoli di ogni paese; delibera che il Consiglio esecutivo della Federazione ame ricana del Lavoro, a nome della classe lavora trice degli Stati Uniti d’ America esprima la sua viva soddisfazione e l’approvazione per tale pro getto; nutre speranza che il Presidente degli
Stati Uniti abbia a nominare un’adeguata dele gazione che completamente e razionalmente rap presenti gli interessi e gli ideali americani, e rispettosamente consiglia che la delegazione stessa sia composta, almeno in parte, di uomini pratici, di uomini che per dura esperienza non abbiano teorie economiche o politiche da far valere, e che almeno uno dei delegati sia un rappresentante dei lavoratori agricoli del paese ».
Vi t t o r i o Ra c c a.
IL BUGIE FISCALE DEI VALORI MOBILIARI
IN FRANCIA
L a imposizione dei valori mobiliari offre ar gomento in Francia a vivaci discussioni, sopra tutto nei riguardi dei titoli esteri. Il sistema ivi adottato viene criticato come quello ohe fa osta colo alle negoziazioni, allontana dal mercato la maggior parte dei grandi valori esteri, mentre quelli di secondo e terzo ordine restano in Fran cia. Alla Società di Economia politica di Parigi l’ importante argomento è stato discusso nell ul tima riunione e varie persone, competentissime nella materia, come il L év y , il Zadocks, il Vi- dal, il Manchez, il Neymarck hanno preso parte alla discussione; ma interessa vedere come il Neymarck, che si è occupato con grande amore della statistica dei valori mobiliari e conosce bene la questione fiscale, giudica appunto il regime fiscale dei valori mobiliari. Egli ha ricordata una riflessione di Adamo Smith sugli impieghi di ca pitali : « Il proprietario di beni immobili, diceva il grande economista, è cittadino del paese dove si trovano le sue proprietà. Il proprietario di beni mobili è cittadino del m on d o». Quest’ ul timo infatti può far passare la sua ricchezza da un paese all’ altro. con una grande facilità, per chè i suoi beni sono mobili.
Il legislatore dimentica spesso questo fatto ed ha colpito eccessivamente i valori mobiliari senza pensare che i regolamenti e le fiscalità che vanno oltre una giusta misura nuocciono al pubblico, al contribuente, sono pregiudicevoli al Tesoro, che calcolava sopra un accrescimento di entrate e riceve meno di quello che avrebbe po tuto ricevere con un regime più liberale; più alte sono le tasse e più la materia mobiliare im ponibile sfugge al fisco.
Quando nel 1872 la necessità di maggiori entrate si imponeva fu stabilita la imposta del 3 per cento sul reddito dei valori mobiliari por tata poi al 4 per cento; allora si volle colpire i valori esteri con diritti equivalenti a quelli dei valori francesi. Di qui il famoso « principio di equivalenza » , di qui l’ obbligo per le Società estere di pagare un « diritto di abbonamento » che comprende l’ imposta di bollo, il diritto di trasmissione e l’ imposta sul reddito e di avere un rappresentante responsabile del pagamento di quei diritti, in pari tempo che la misura di quei diritti fissata a 1/10 delle azioni e a 2/10 delle obbligazioni da emettere può essere modificata dalla Commissione dei valori mobiliari.
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altre, al contrario, che hanno bisogno di credito e di capitali pagheranno anche delle tasse esa gerate per poter esitare la loro merce.
Le grandi società estere non hanno bisogno del mercato francese, esse non vogliono essere costrette a pagare al fisco francese diritti fiscali importanti, nè sottoporsi agli obblighi che il fisco esige per la introduzione e la negoziazione dei loro titoli sui mercati della Francia.
Così mentre gli altri mercati prendono uno sviluppo sempre maggiore, quello finanziario fran cese rimane stazionario, malgrado 1’ abbandanza dei suoi capitali e dei risparmi di cui dispongono i capitalisti francesi. E ’ fuori di dubbio pel Ney- marck che se il mercato francese non ha preso tutto lo sviluppo che si merita, ciò dipende in gran parte dalla esagerazione delle imposte che colpiscono i valori mobiliari e che impediscono sia alle Città, sia alle Società straniere di primi’ or dine di negoziare i loro titoli in Francia e da questo punto di vista il Neymarck ha dimostrato quanto sia grande l’errore di aver assimilato nei riguardi fiscali i titoli di un prestito di Città estera a quelli di una Società straniera, invece di aver adottata la assimilazione ai titoli di ren dita. estera. Le banche e le società francesi si trovano ad ogni istante vinte dalla concorrenza delle case estere e al listino ufficiale della Borsa di Parigi non si trovano titoli di prestiti di grandi città estere, mentre quasi tutti i fondi di Stati esteri vi si negoziano. E ’ un errore di esigere da una città estera di contrattare dei diritti d’ ab bonamento, invece di limitarsi a colpire i suoi titoli d’ un bollo fisso, come i fondi di Stato esteri.
Può chiedersi se la Francia ha interesse a favo rire l’entrata in paese dei titoli e valori esteri. Sa rebbe forse il caso di fare del protezionismo per i capitali, come vien fatto per le merci, impe dendo l’ invio dei capitali francesi al di fuori e l’entrata dei titoli esteri in Francia? Il N ey marck non lo crede. G l’ impieghi effettuati al di fuori sono 1’ equivalente di una esportazione di merci. Ciò che lo straniero paga per interessi del capitale, che ha preso a prestito, è ancora 1’ equivalente di un supplemento di esportazione. Sono questi investimenti che rendono la Francia creditrice verso l’ estero, e senza parlare della in fluenza politica che possono dare al paese che presta, essi gli permettono di avere sempre un cambio favorevole e di sostenere una circolazione fiduciaria importante, senza dubbio, ma che ha la sua controparte in un incasso aureo, che è il più considerevole che esista nelle grandi banche di emissione. Così potè dirsi che i biglietti di banca francesi sono in certo modo dei certificati metallici.
Da un altro punto di vista g l’ impieghi esteri scelti con cura, con prudenza, permettono ai capitali di risparmio, che non ci tengono a inve stirsi in Francia, di non restare inattivi, oziosi. La Francia è un grande paese di risparmi ; in media ora sono circa 2 miliardi l’ anno che vengono ri sparmiati e oggi la Francia ha un 90 miliardi di valori e fondi di Stato, di cui 65 miliardi di valori francesi, 25 a 30 miliardi di fondi di Stato e titoli esteri. Questi 90 miliardi rendono piuttosto più che meno di 4 miliardi l’ anno, perchè bisogna calcolare il loro reddito non secondo i corsi at tuali, ma in base ai prezzi d’ acquisto. Sopra quei 4 miliardi si può calcolare che un terzo, se
non i due terzi sono messi ogni anno da parte. V i sono poi i rimborsi effettuati da Compagnie ferroviarie, dal Credito Fondiario e simili, sicché vi sono sempre da 2 miliardi a 2 miliardi e mezzo e forse tre da investire annualmente. E in mancanza di affari e di imprese francesi quei capitali devono pure impiegarsi fuori di Francia.
Ora i diritti di bollo sui titoli di Società, Comuni e Provincie straniere rendono 2 milioni e un quarto circa, sui fondi di Stato si riscos sero per diritti di bollo 12 milioni nel 1902 e 20 nel 1903, ma questa cifra fu raggiunta in se guito a conversione di fondi di Stato esteri. E ’ evidente che un regime fiscale migliore potrebbe essere più produttivo, perchè consentirebbe la ne goziazione di molti titoli, che ora non sono co nosciuti dalle Borse francesi.
I rimedi, secondo il Neymarck, a questo stato di cose consisterebbero: 1° nella minore fiscalità per ciò che riguarda il regime dei valori mobiliari; 2° mantenendo i diritti d ’ abbonamento sui valori esteri, sarebbe desiderabile che fosse consentito una durata più lunga per 1’ abbona mento ; 3° sarebbe desiderabile che i prestiti di città e di corporazioni estere fossero assimi lati, dal punto di vista fiscale ai prestiti di Stato esteri e non a titoli di Società estere ; 4° si po trebbe esaminare anche se non convenisse di colpire d ’.una stampiglia senza spese i titoli ab
bonati; tutti i titoli non portanti quella stam
piglia sarebbero soggetti ai diritti che colpiscono un valore estero non abbonato circolante in Fran cia. Ne risulterebbe che la quotità dei titoli ab bonati non potrebbe essere modificata con tanta facilità, come può esserlo ed è spesso oggidì; e che d’ altra parte g l’ intermediari, avendo da ne goziare un titolo non abbonate, potrebbero es serne immediatamente avvertiti dal, fatto che il titolo non è stampigliato.
L a soluzione più semplice, ma anche la più radicale sarebbe, secondo il Neymarck, di soppri mere i diritti di abbonamento e di sostituirli con un diritto di bollo, pagato una volta sola con ali quote variabili tenendo conto dei bisogni del Te soro. Un diritto di bollo infatti è pagato una sol volta, un diritto di abbonamento è pagato ogni anno ; di modo che se il Tesoro sostituisse i di ritti di abbonamento con un diritto di bollo pa gate una volta sola, almeno pei primi anni vi sarebbe diminuzione di entrata. Si potrebbe in fine esaminare se il Tesoro non potesse accon tentarsi pel pagamento dei diritti di abbonamento di garanzie, di impegni diversi da quelli che de vono essere dati dalle Società o dai loro rappre sentanti responsabili.
Sono certo questioni complesse e delicate, che interessano i capitalisti e insieme il Tesoro fran cese, ma sarà assai utile se esse verranno stu diate e risolte con spirito liberale, senza mire di eccessivo fiscalismo e di protezionismo finanziario. In realtà si tratta di facilitare al capitalista fran cese l’ impiego dei suoi risparmi e di fare in modo che il Tesoro abbia una entrata adeguata da una ricchezza certo ingente e che va crescendo di continuo.
300 L ’ ECO NOM ISTA
7 maggio 1905
SUL BILANCIO DELLO STATO
Dacché il bilancio in corso sarà probabilmente l ’ ultimo che si chiude con un avanzo di qualche importanza, l’ esercizio prossimo 1905-906 dovendo sopportare l’ onere dell’ esercizio di Stato delle strade ferrate che certo falcidierà molto 1 ecce denza, se non determinerà addirittura un disa vanzo, non è inutile dare uno sguardo su ciò che è avvenuto negli ultimi sei anni, durante ì quali si ebbe un costante aumento delle entrate.
Ci offre elementi preziosi per tale indagine la relazione dell’ on. Rubini sulla legge per 1 as sestamento del bilancio, relazione, come al_ solito, diligente, per quanto ci sembri in alcuni punti delle sue conclusioni il relatore abbia oltrepas sata la giusta misura.
Durante il sessennio dal 1898-99 al 1903-904 le entrate effettive si svolsero nel seguente modo in milioni : 1898- 99 1899- 900 1900- 901 1901- 902 1902- 908 1903- 904 1,651 1,678 1,728 1,751 1,800 1,791 10,402 Differenza 4- 24 + 50 + 23 -4- 49 — 9 137
Le entrate effettive quindi salirono da 1654 a 1791 milioni, cioè un aumento di 137 milioni; tutti gli anni diedero, in misura diversa, ma sempre notevole, un aumento, tranne 1 ultimo
esercizio. .
Nel sessennio la entrata complessiva tu di 10,402 milioni, cioè in media 1737 milioni l’ anno; l’ aumento di 137 milioni rappresenta una media annnua di 23 milioni circa.
Il contribuente italiano quindi è stato da parte sua largo nel fare compartecipare il bilancio al miglioramento economico, che in questi ultimi anni conseguiva, giacché non solamente entrano a produrre l’ aumento effettivo delle entrate i tri buti, che sono obbligatori, ma in notevole misura anche quei cespiti che sono volontari.
Così per i tributi si ha il seguente movi mento in milioni :
Imposte Tasse Tasse
dirette sugli affari di consumo Totale 1898- 99 1899- 900 1900- 901 1901- 932 ISO2-903 19)3-904 494.5 496.4 497.4 499.9 504.5 504.8 222.6 222.4 223.9 2'22.8 227.3 236.7 343.0 361.0 404.7 405.2 437.1 395.8 1060.1 1079.8 1126.0 1127.9 1168.9 1137.3 1898- 99 1899- 930 1900- 901 27.3 40.5 74.3 1901- 902 1902- 903 1903- 904 69.7 93.9 59.7 Cosi, rispetto ai sempre in milioni :
tributi, nel sessennio si ha
Media Imposte dirette
Tasse sugli affari Tasse di consumo milioni » » 2,997.5 1.315.7 2.346.8 499.6 219.3 391.1 6,6610 111.0
Come si vede, da 1060.1 milioni siamo pas sati nel sessennio a 1137.3 milioni, Cioè un au mento di 77.2 milioni, cioè in media quasi 13 mi
lioni l’ anno. _ .
In queste entrate è compreso il gettito del dazio sul grano che nel sessennio ha dato le se guenti entrate, in milioni :
Redditi
patrimon. Rimborsi e concorsi•‘Costruz,ferrov. Entratediverse Totale
97.7 31.1 0.5 29.4 158.7 102.4 29.5 0.4 28.0 160.3 101.9 23.0 0.3 28.1 103.1 105.9 30.3 0.2 25.1 161.5 103.3 29.9
—
23.1 159.3 108.8 33.0 — 24.8 166.6Il dazio sul grano rappresenta per tutto il sessennio una entrata di 365.4 milioni, cioè una media di 60.9 milioni l’anno, ohe lo Stato ricava da questo tributo sul principale alimento..
L e entrate del bilancio, che non sono diret tamente pagate dai contribuenti e che compren dono i redditi patrimoniali, i rimborsi e concorsi, le costruzioni ferroviarie, e ie diverse, hanno dato pure in milioni le seguenti cifre .
1898- 99 1899- 900 1900- 901 1901- 902 1902- 903 1903- 904
Questo gruppo ha molto meno importanza, tranne per ciò che riguarda i redditi patrimo niali, che ebbero un aumento di soli 10 milioni. Nel complesso questa parte dell’ entrata rappre senta 9145 milioni e quindi una media di 151.4 milioni.
Infine i due cespiti « servizi pubblici » e « privative », dai quali meglio si può vedere la quasi spontanea potenzialità del contribuente, hanno dato le seguenti risultanze (in milioni) :
1898- 99 1899- 900 1900- 901 1901- 902 1902- 903 1903- 904
Sono nel sessennio 635.4 milioni ricavati sui servizi pubblici cioè una media di 106.9 milioni l’ anno, e 2105.1 milioni derivanti dalle privative che danno una media di 350.8 milioni l’a n n o, e nel totale i due cespiti danno una cifra di 2740.5 cioè in media 456.7 milioni ciascun anno.
L ’ incremento tra il primo e F ultimo anno del sessennio è di 24.6 milioni per i servizi pub blici, e di 26.7 milioni per le privative.
E ’ chiaro quindi che il contribuente non ha lesinato nei mezzi al bilancio dello Stato.
Vediamo ora brevemente la spesa che in mi lioni di lire fu nella parte delle effettive e du rante lo stesso sessennio così rappresentata
1901-902 milioni 1.638.5 1932-903 » 1.696.8 1903-904 » 1.730.4 Servizi
pubblici Privative Totale
94.7 341.4 436.1 93.0 340.9 438.9 102.1 342 3 444.4 107.9 353.9 461.8 113.4 358.5 471.9 119.3 368.1 487.4 Ì898-99 milioni 1.613.1 1899-900 » 1.640.0 1903-901 » 1.645.1
un aumento quindi da 1613.1 a 1730.4 milioni, cioè di milioni 117.3 più ad una media di 19.5 l’ anno ; alle spese bisogna però aggiungere quelle per le costruzioni ferroviarie che furono :
7 maggio 1905 L ’ ECONOMISTA 301
andarono quindi diminuendo di circa un terzo della loro primitiva cifra.
Sostanzialmente pertanto risulta che la spesa totale effettiva andò aumentando sempre, ma in misura inferiore dell’ aumento delle entrate ef fettive.
Infatti si è visto che le entrate effettive am montarono nei sei anni 10422 milioni, la spesa fu contenuta in 9994.9 milioni e diventa 10099.8 congiungendovi quella per le costruzioni ferro viarie, per cui nel sessennio tra la entrata e la spesa vi è una differenza di 423 milioni.
Se prendiamo ora le diverse categorie nelle quali si può dividere la spesa, e cioè debito vita lizio e pubblico; spese di riscossione; spese_mi litari; spese per i servizi civili (grazia e giustizia, affari esteri, istruzione pubblica, interno, poste e telegrafi, agricoltura, industria e commercio) tro viamo che il primo gruppo; debito e spese di ri scossioni ha dato, in milioni :
1898- 99 1899- 900 1900- 901 1901- 902 1902- 903 1903- 904
In questa parte della spesa, che è intangi bile, per quanto sia stata posta remora alle emis sioni di debito pubblico, e speciali provvedimenti abbiano tenuto in freno il debito vitalizio, tut tavia emerge un aumento di quasi 36 milioni, cioè una media di 6 milioni l’anno, per la maggior parte dovuta, 29 milioni, alle spese di riscossione rappresentate specialmente dal Ministero delle Finanze.
L ’ altro gruppo, che comprende le spese mi litari, lo dividiamo in tre voci : guerra, marina ed Africa e si ha in milioni :
Debito Ministero Ministero
Totale vitalizio Tesoro Finanze
82.4 730.6 179.3 992.3 83.1 734.5 177.7 995.3 89.8 733.2 176.0 999.0 82.1 737.7 183.8 1003.6 83.2 732.9 199.3 1015.4 83.5 735.4 208.6 1027.5 1898- 99 1899- 900 19C0-901 1901- 902 1902- 903 1903- 904 Guerra 239.5 239.5 239.4 240.7 240.4 241.0 Marina Africa 100.6 115.6 117.6 115.6 115.4 115.3 8.1 8.1 8.1 7.9 7.6 7.2 Totale 348.2 363.2 365.1 362 2 363.4 363.5 « ° h J 0)« 73.4 76.5 77.6 82.0 84.1 8.4 cg -e 'n 2 S3 * « 33.6 33.5 33.6 34.5 35.1 35.4
Riepilogando la spesa per i grandi gruppi si ha nei sei anni e nella media annuale:
Media annua
Sono adunque in totale nei sei anni 2165.6 milioni che vennero spesi per le pose militari compresa l’ Africa, cioè 360.9 milioni l’ anno.
Finalmente il terzo gruppo rappresenta in milioni : E st er i Is tr u zio n e In te rn o P os te e T ele g . A g ri -co lt u ra T ot a le 7.8 43.5 61.9 58.9 11.6 290.7 7.8 41.6 63.9 62.3 13.7 392.3 8.1 46.6 62.5 65.5 12.5 306.4 8.3 47.2 64.5 68.2 12.9 317.8 8.5 49.2 69.2 74.5 14.3 334.1 8.9 52.8 69.9 79.2 16.4 351.0 1005.5 360.9 317.0 Debito pubblico, Tesoro e Finanze 6033.1
Spese militari ed Africa 2165.6 Spese per servizi civili 1902.3
Totale 10101.0 1683.4
Pertanto su 1683 milioni e mezzo di spesa media nel sessennio, quasi due terzi sono assor biti dal debito e dalle spese di riscossione, per più di un sesto dalle spese militari, e meno di un sesto da tutte le altre spese civili.
Se mai altra prova occorresse dell’ impianto veramente errato della finanza italiana, queste cifre sono invero eloquenti.
Tuttavia ci sembra eccessivo il giudizio del- l’on. Rubini, quando, mettendo a confronto la media della entrata con quella della spesa, erige il se guente calcolo :
milioni 1731.9 » 1627.4 Entrate de! 1903-904 senza il grano
» 1898-99 »
Aumento 104.5
quindi un aumento medio della entrata di mi lioni 20.9.
Spesa effettiva nel 1903-904
» 1898-99 milioni 1730.4 » 1613.1 Aumento » 117.3 1898-99 1999-900 1900- 901 1901- 902 1902- 903 1903- 904
In totale, nei sei anni, per tutti questi ser vizi civili, si sono spesi 1902.O milioni, cioè una media di 317 milioni l’ anno e con un aumento, nel totale, da 290.7 a 351.3 milioni, cioè di 60.3 milioni nel sessennio, pari a 10 milioni l’anno di maggior spesa.
quindi aumento medio 23.4 ; e perciò la spesa sarebbe aumentata - di 2.5 milioni in media piu della entrata. . . . , 1QQa „ „
L ’ on. Rubini non si accorge che nel 189H-J0 il grano non ha dato che una entrata di 27.o mi lioni, cioè 33.6 milioni meno della media di tutto il sessennio, che fu di 60.9 milioni e quindi egli riesce nella sua dimostrazione, solo perc.hè_ nel primo anno del sessennio sottrae 27.3 milioni di entrata sul grano, e nell’ ultimo anno ne sottrae per la stessa ragione 59.7.
Certo la entrata del dazio sul grano è non solo tra le più antieconomiche ed antisociali, ma anche tra le meno sicure, ma, date le condizioni attuali della cultura granaria, non è sperabile, per molto tempo ancora, che la importazione del grano possa notevolmente diminuire ; anzi è pro babile che se continua il miglioramento _ econo mico del paese, aumenti il consumo e quindi la impor’ azione, perchè il dazio non ha avuto in Italia l’ effetto di aumentare la produzione interna.
302 L'ECONOM ISTA 7 maggio 1905
R
iv is t a
B
ibliografica
D o t t. G u g lie lm o S a lv a d o r i. - Saggio di uno
studio sui sentimenti morali. — Firenze, F. Lu-
machi, 1903, pag. 139 (L. 3).
In questo volumetto l’Autore affronta uno dei piu ardui problemi della morale; è ben vero che egli dichiara nell’ avvertenza di non volere costruire una nuova teoria dei sentimenti morali, e che il suo studio vuol essere sopratutto critico, ma di fatto non ha saputo mantenersi in tale proposito ed accanto alla critica vi è un tenta tivo di ricostruzione. In sostanza l’ Autore, sfor zandosi di evitare ad un tempo il positivismo e la metafisica, non accettando nè le teorie utilita rie nè quelle trascendentali, dà per base ai senti menti la ragione umana. E, se non erriamo, è questo un circolo vizioso, inquautochè la ragione umana, considerata nella sua pura essenza, è ap punto traviata, o guidata, o condotta dai senti menti morali, che in ciascun individuo sono parte efficiente della ragione.
Tanto è vero che volendo infine l’ Autore quasi dare i limiti di una nuova teoria, è co stretto ad ammettere la funzione dell’ egoismo e dell’altruismo combinati in dosi che devono essere determinate dalla ragione.
Non si può certo negare all’ Autore largezza di idee, e vasta dottrina, ma ci sembra che con questo lavoro, se non ha aumentate le difficoltà, non abbia certo fatto fare un passo alla chiara soluzione della questione che si è posta.
A v v . G e o r g e s C u m o n t . - Études sur le cours
des rnonnaies en Brabant depuis 1383 jusqu’à 1408. — A. Vromant, 1902, pag. 71.
Il paziente e dotto lavoro che presentiamo ai lettori, ricavato dagli archivi del tempo, svela una parte della teoria della moneta che meno forse è stata studiata; il fatto cioè che quando i piccoli Stati del medio evo, con continui tenta tivi di metter riparo alle differenze di valore che offrivano frequentemente i due metalli, oro e ar gento, rompendo l’ equilibrio dei rapporti mone tari, alcune monete quando a quando per la loro maggiore capacità di servire negli scambi, assu mevano, senza che si possa dire che vi fosse una specie di corso forzato, un valore quasi indipen dente od almeno entro certi limiti indipendente, dal valore del metallo di cui erano formate. Così che non si verificavano rialzi o ribassi delle mo nete d ’oro o di quelle d’argento, ma di alcune monete più che di altre.
Il fatto meriterebbe di essere studiato di fronte alle moderne teorie della moneta ; l’Autore coipreziosi documenti che ha raccolti ed ordinati, offre abbondante messe a coloro che volessero tentare la ricerca puramente economica di tali fenomeni.
D o t t. G e o r g e s W e t t s t e in . - La riforme dans
la politique économiqae de VAngleterre. — Paris
Guillaumine et C., 1904, pag. 80 (fi\ 2). L ’Autore non è seguace della riforma proposta dal Chamberlain, anzi dichiara di crederla inef ficace; ma mentre rileva come il già Ministro delle Colònie inglesi abbia abusato dei dati sta
tistici per far credere che le condizioni dell’ In ghilterra segnino una grave decadenza economica, non può a meno, pur riconoscendo esagerate le conclusioni del Chamberlain, di notare che sin tomi abbastanza eloquenti di decadenza si mani festano in molti degli elementi che possono dare indizio della situazione. La diminuzione della natalità, l’ aumento del pauperismo, il rallenta mento dei depositi nelle casse di risparmio, una certa difficoltà nel movimento bancario, sarebbero prove, se non di malessere, almeno di una minore prosperità. E l’ Autore aggiunge numerosi quadri comparativi, che già altri scrittori hanno forniti sulle notevoli differenze che si osservano tra lo svi luppo di ogni genere di affari in Inghilterra e quello di altre principali nazioni.
Esaminata la situazione, della quale l’ Autore non si nasconde la verità, studia la riforma dal punto di vista strettamente economico, vede il pe ricolo delle rappresaglie, ricerca i possibili effetti delle Zollverein e delle tariffe di preferenza.
Conclude l’ Autore con alcune riflessioni nelle quali accenna alle vere cause della decadenza, prime fra tutte alle spese della guerra sud afri cana, alla illiberale legge sulla istruzione, alla scarsa modernità della società inglese.
E ! un lavoro questo del sig. W ettstein, che fa molto riflettere.
J.
RIVISTA ECONOMICA E FINANZIARIA
A Chioggia tenne in questi giorni una riu nione la Commissione internazionale per la P e s c a n e ll’ A d r ia t ic o a cui intervennero delegati del- l’ Austria-Ungheria e delegati italiani, per espe- rimentare un nuovo apparato di pesca chiamato
Hydrobion di cui è inventore il Kallnegger.
Pare che gli esperimenti eseguiti in alto mare sieno riusciti benissimo perchè, mediante detto apparato, il pesce può mantenersi vivo per più giorni, tanto se è di acqua dolce come di mare e servirebbe a trasportare nei grandi mercati dell’Impero Austro-Ungarico il pesce dell’Adria tico che, come si sa, fa ’ centro a Chioggia.
L ’apparecchio-trasporto è munito di una bot tiglia di acciaio contenente ossigeno compresso a 120 atmosfere ; perciò l’ acqua viene sempre ossi genata e purificata.
— Mercoledì mattina, sotto la personale pre sidenza del Ministro si tenne la gara internazio nale per la costruzione ed esercizio dell’ A c q u e d o t t o P u g lie s e .
Delle sei Ditte ammesse alla gara e che ave vano anche versata la cauzione se ne presenta rono quattro :
Società anonima A lti Forni e Fonderie di Piombino ;
Società generale delle Condotte d’Acqua di Liegi ;
7 maggio 1905 L ’ ECONOMISTA 303
virtù della legge di contabilità dello Stato, per chè, invece di vera offerta di ribasso, come pre scriveva 1’ avviso di asta, contenevano proposte condizionate, ossia subordinate a modificazioni ed aggiunte al progetto ed al capitolato.
Aperta la scheda della Ditta Ercole Antico e C. e constatato che offriva senz’ altro il ribasso di un milione sul prezzo d ’astà e cioè 124 milioni sui 125 stabiliti dal Consorzio fra Stato ed Enti locali, l’ opera venne deliberata alla P itta stessa.
Chiusa la gara, nell’ ufficio del Ministro venne firmato il contratto.
La Ditta dell’ ing. Antico è molto favorevol mente nota al Ministero per essere appaltatrice di altri lavori dello Stato, tra cui la manuten zione dei porti della Sardegna.
L ’ ing. Antico possiede inoltre un impor tante stabilimento per la fabbricazione di espio- denti e gode meritata riputazione nel mondo degli intraprenditori.
Si afferma che in questa grandiosa impresa sia associata a lui la potente Società dei cantieri navali Ansaldo, Armstrong e C.
__ XI Governo francese ha presentato alla Camera il progetto di legge per ridurre la ta s s a d i a ffra n ca z io n e d e lle le tte re a 10 centesimi; eccone il testo :
La tassa per le lettere all’interno e pel ser vizio franco-coloniale è fissata in 10 centesimi pei 15 grammi o frazione di 15 grammi, e di 20 cen tesimi quella per le lettere non affrancate ; le lettere insufficientemente affrancate sono colpite da una sopratassa eguale al doppio della insuf ficienza.
Nel servizio interno il porto degli stampati spediti sotto fascia, quando non sieno giornali o scritti periodici, è fissato per ciascun, pacchetto come segue : — 3 centesimi sino a 15 grammi ; 4 centesimi da 15 a 20 grammi.
Per i suddetti stampati e per ogni altro stampato spedito sotto fascia od in busta aperta la tassa è fissata in 5 centesimi ogni 50 grammi con un massimo di 3 chilogrammi.
In nessun caso il porto delle cartoline illu strate può essere inferiore a 5 centesimi.
Il porto delle circolari elettorali e dei bol lettini di voto rimane tassato in centesimi 1 ogni 25 grammi spediti sotto fascia od in busta aperta o sopra cartolina.
E in Italia ? Quando si può sperare una ri forma delle tariffe postali ancora così onerose V
__ Il c o m m e r c io e ste rn o d e ll’ U n g h e r ia nel 1904 diede una cifra di affari per 2,632 mi lioni di corone con un aumento di 60 milioni sul l’ anno precedente. Le importazioni sono rappre sentate da 1,295 milioni di corone e le esportazioni da 1,337 milioni; quindi una eccedenza delle esportazioni per 42 milioni di corone, mentre 1 im portazione non ha dato che 39.7 milioni di ecce denza sulle importazioni dell’anno precedente.
__ l i c o m m e r c io e s te r n o d e lla S v iz z e r a nel 1904 ha dato una importazione di 1,240 mi lioni di franchi, con un aumento di 44 milioni sul 1903 ed una esportazione di 891 milioni con un aumento di soli tre milioni sul 1903.
La principale voce che determina le oscilla zioni del movimento di importazione nella Sviz zera è il grano, che nel 1904 ha dato 10 milioni più dell’anno precedente. _
Sono invece in diminuzione lo zucchero, il vino, il bestiame, il petrolio.
L A S IT U A Z IO N E D E L T E S O R O
al 31 M arzo 1905
Il Conto di Cassa del Tesoro al 31 marzo 1905 dava i seguenti risultati :
Fondo di Cassa d i e s e r ò . 1936-01. L.
Differenza in meno L. 5,324,356.80 Pagamenti di Tesoreria dal 1° luglio al 31 marzo 1905:
Per spese di bilan cio. , L .¿ d ® ,783,474.26 j 8j812)Ms,815.06 Debiti e crediti di tesoreria » 2,653,61o,37).8J )
Incassi di Tesoreria dal 1» luglio al 31 marzo 1905: Per entrate di bilancio. . L. 1,84S,0OT.8?»-— 1 8,807,117,619.28 Per debiti e cre i, di tesor. » 2 464,109,7,9.s9 )
Eccedenza dei pagamenti sugli incassi . L. 6,201,.¿ » .io La situazione dei debiti e crediti di Tesoreria al 31 marzo 1905 risulta dai seguenti prospetti :
D E B I T I
Buoni del T e s o r o ... L Vaglia del Tesoro . • • Banche, Anticipazioni statutarie • Amm. Debito Pubb. in conto cor. m lru tt
» Fondo-Culto » » *
Altre Ammin. in conto cori*, fruttifero Cassa Depositi e Prest. in conto cori*, trutt Altre Amm. in conto corrente infruttifero Cassa Depositi e Prest. in conto cori*, m fr Incassi da regolare. . • • • Biglietti di Stato emessi per I art. I l della
legge 3 marzo 1898, n. 47 . • Operazione fatta col Banco di Napoli per
effetto dell’ art. 8 dell’ allegato B alla legge 17 gennaio 1897, n. 9 Totale debiti L. al 30 giugno 1904 al 31 marzo 1905 migliaia migliaia di lire I di lire 193,840 21,107 170,>-90 25,233 247,381 15,576 559 60,958 20,195 37,402 33)519 132,030 252,481 13,425 ! 20,789 166 21,906 21,620 11,250 11,250 31,850 30,899 i 679,641 710,464 C R E D I T I al 30 I al 31 giugno | marzo 1904 1905
Valuta presso la Cassa Depositi e Prestiti artic. 21 della legge 8 agosto 1895 . L .
Amministrazione del Debito I ubblico per pagamenti da rim borsare. . • • Amministrazione del fondo per il Culto . Cassa Depositi e Prestiti per pagamenti da
rimborsare . : ... Altre amministrazioni • • . • Obbligazioni dell’ Asse Ecclesiastico . • Deficenze di Cassa a carico dei contabili
del T e s o r o ... Diversi • • • • . .T* Operazione fatta col Banco di Napoli per
effetto dell’ art. 8 dell’allegato B alla legge 17 gennaio 1897, n. 9.
Totale dei crediti L. Eccedenza dei debiti sui crediti . . »