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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.37 (1910) n.1864, 23 gennaio

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(1)

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, F IN A N Z A , COMMERCIO, BANCHI, F E R R O V IE , INTERESSI PR IV A TI

Anno XXXVII - Yol, XLI

Firenze, 23 Gennaio 1910

N. 1864

SOMMARIO : Pasquale Villari — II bilancio del Comune di Bologna — Do t t. Re m o Ch i e r i c i, Consi­ derazioni sulla legge della produttività decrescente in agricoltura — G. Te r n i, L ’Italia nel m ercato m onetario - RIVISTA BIBLIOGRAFICA: — A. Labriola, Il capitalismo, Lineam enti storici — RIVISTA ECONOMICA E FINANZIARIA: Necrologia d i Andrea Costa - Il valore d i borsa delle azioni delle Società italiane - Le emissioni di nuovi valori in Germania - Il prestito bulgaro - Un M ini' stero autonomo d'agricoltura in Italia - La mozione sul sopraprezzo delle azioni — RASSEGNA DEL COMMERCIO INTERNAZIONALE : Il commercio italiano - Il commercio del Brasile - Il commercio della Cina — L ’ emigrazione in Spagna — Cronaca delle camere di com m ercio — M ercato mone­ tario e R ivista delle Borse — Società com m erciali ed industriali — Notizie commerciali.

PASQUALE VILLARI

L ’ Italia intera si è vivamente commossa al- l’ annunzio che il R e aveva conferito a Pasquale V illari la suprema onorificenza del Collare della S.S. Annunziata. Il sentimento che percorse il paese fu di viva soddisfazione, perchè finalmente si vedevano rotte le antiche tradizioni, le quali limitavano la scelta tra le glorie militari e le alte posizioni politiche. Pasquale V ilari ha vinto più di una battaglia nel campo della scienza ed ha influito sulla cultura politica del paese ben più profondamente che con battaglie parlamentari ; perciò il suo nome è diventato popolare, poiché da quarant’ anni nessun grande problema aveva agitato il paese, senza che la voce dell’ illustre storico avesse espressa quella opinione che, es­ sendo illuminata dal vero sapere, trova l’ eco in tutte le intelligenze ed in tutti g li animi.

Nòn vogliamo qui. in brevi cenni tratteg­ giare nè l’ uomo, nè il di lui valore scientifico, nè il suo amore per la patria, nè il suo merito di sociologo.

Sintetizziamo qui il nostro pensiero con una sola riflessione : se il R e volesse trovar in Italia un altro uomo su cui un così nmanime giudizio si soffermasse, crediamo che cercherebbe invano.

E questa riflessione ci sembra il più bell’elo­ gio ai Sovrano che volle onorata la Scienza, ed a Pasquale Villari che si è guadagnato l ’ univer­ sale consenso per così alto onore.

Il bilancio del Comune di Bologna

Crediamo di far cosa grata ai nostri lettori, m olti dei quali occupano cariche pubbliche nei Comuni, richiamando la loro attenzione su quanto è stato fatto in questi ultimi anni per il bilancio

di Bologna, per opera principalmente del pro

sindaco di quella città il M .se Giuseppe Tanari L a relazione colla quale egli ha illustrato al Consiglio Comunale il bilanci« preventivo del 1910, è non solo una esposizione sincera e convincente della situazione finanziaria attuale del Comune, ma anche una franca discussione intorno ad al­ cune delle questioni che riguardano sia la com­ pilazione del bilancio, perchè riesca chiaro a tutti e non dissimuli nelle sue pieghe cose oscure, sia i concetti generali su una riforma dei tributi locali.

N elle lotte politiche ed amministrative che l’ on. Tanari ha combattuto, si è acquistata la stima e la simpatia anche di molti assessori non solamente per la sua riconosciuta altissima ret­ titudine, ma anche perchè, sebbene provenga da parte conservatrice, non ha la mente chiusa ai

nuovi tempi ed ammette che per conservare si

debba migliorare.

Ciò premettiamo per spiegare una certa esu­ beranza che emana dalla relazione, la quale esu­ beranza non è affatto il prodotto di una tronfia verbosità, ma la compiacenza veramente legittima pel bene conseguito e la constatazione della forza acquistata appunto per questo bene.

E ’ noto che la forma del bilanci annuali la­ scia molto a desiderare per chiarezza, e a chi non sia pratico di bilanci e non sappia quindi discri­ minarne le cifre, riesce difficile formarsi, senza le opportune illustrazioni, che non sempre sono imparziali, specie se fornite dalle Am m inistra­ zioni interessate, una idea chiara del loro con­ tenuto. Perciò fin dal primo anno del suo sin­ dacato l ’on. Tanari volle presentare al Consiglio un nuovo modello di bilancio diviso in due parti : una parte che si direbbe ordinaria, la quale però comprende anche le spese straordinarie di carat­ tere continuativo ; ed una parte straordinaria, che contiene le spese veramente straordinarie.

(2)

50 L ’ E C O N O M ISTA 23 gennaio 1910

pei- l’esercizio 1910 presenta un disavanzo di poco meno di 5 0 ,0 0 0 lire, contro cui però sta un’entrata straordinaria di L . 2 ,1 20,0 00 , derivante, per lire 4 2 0 mila dall’ avanzo reale del consuntivo 19 08 , per lire 185 mila da vendita di terreni, per 185 mila da mutuo colla Cassa Depositi e prestiti per costruzione di scuole rurali, un milione da mutuo col locale Monte di pietà per lavori di espropria­ zioni straordinarie, e infine L . 330 mila per tra­ sformazione del patrimonio dell’ Azienda Formig- gini.

La importanza di queste cifre viene rilevata dal seguente brano di relazione, che trascriviamo testualmente perchè riassume l’opera della A m ­ ministrazione Tanari.

« Provvedemmo immediatamente, negli anni 1 9 0 5 -0 6 , a ridare al bilancio pareggio ed elasti­ cità, aumentando la so vrim p osta di L . 130,000 e pagando, con utili accumulati dell’officina del gas nei suoi primi tre anni di esercizio, L . 67 0,00 0 alla Cassa di risparmio rappresentanti ancora tre annualità di circa L . 23 0,00 0 in media, delle quali si era sospeso il pagamento per impossibi­ lità di bilancio.

« Se da un lato vuoisi riconoscere che nel trascorrere del tempo alcune circostanze favore­ voli ci spianarono la via, poiché 1’ incremento delle entrate ordinarie, per virtù dei contribuenti, superò le nostre previsioni ed avemmo tre anni di gettito copioso e straordinario nelle uve, dal- l’ altro è pur forza ammettere che il consolidarsi di maggiori spese ordinarie, principalmente do­ vute al miglioramento in tutti i servizi e ad au­ menti di stipendi per organici, che dovranno gravare ancora gradualmente altri tre esercizi futuri, già assorbirono ed assorbiranno totalmente in seguito queste maggiori entrate. Il maggior

costo dei lavori, per l’aumentato prezzo della

mano d' opera e dei materiali da costruzione, rap­ presenta circa un milione in più sui preventivi, ma non va però dimenticato che l’ aumentato be­ nessere generale nelle classi operaie contribuì grandemente all’ incrementò delle tasse indirette.

« Restarono quindi a vantaggio del bilancio quelle maggiori disponibilità che la nostra azione potè direttamente procacciargli colla razionale con­ versione di alcuni debiti ; colla maggior cura nella esazione delle imposte ; col sollievo di spese, per circa 2 5 0 ,0 0 0 lire, rappresentate da una ingente diminuzione del canone daziario con tre anni di arretrati concessa dal Governo e indirettamente con l’ esonero delle spese per guardie di città e casermaggio ottenuto per legge, ad iniziativa dell’Associazione dei Comuni alla quale noi pure partecipammo.

« D i tutte queste maggiori disponibilità,

quelle di carattere continuativo contribuirono ai miglioramenti in tutti i servizi ordinari ; le straor­ dinarie e temporanee, e decrescenti, (come per la conversione del debito vitalizio) valsero a formare quegli avanzi di bilancio coi quali potemmo far fronte ad ingenti lavori straordinari.

« Per altri di questi lavori sopperimmo con l’ intervento del Com une; vale a dire incitandoli e sollecitandoli con speciali agevolazioni. Tutto lo sviluppo, ad esempio, manifestatosi nella co­ struzione di case operaie ebbe origine e ragione dalla nostra azione direttiva ».

E qui l’on. Tanari ricordando che uno dei cardini fondamentali della sua linea di condotta è sempre stato: — che il Comune coordini il pro­ prio indirizzo amministrativo ed economico a quello che ha, o dovrebbe avere lo Stato, spiega il pro­ prio concetto circa una riforma in tributi locali e la sua critica molto giusta ed acuta a certi provvedimenti del Governo.

Anche qui riportiamo testualmente le parole della relazione.

« In un regime tributario nel quale le tasse locali non sono che la sovrapposizione a quelle di Stato, 1 rapporti fra Stato e Comune sono troppo connessi per poter ognuno dei due enti permet­ tersi il lusso di agire separatamente !

« Come non possiamo concepire uno Stato in­ differente alla vita dei Comuni, peggio poi che esso li depauperi; come non comprendiamo che si possano migliorare le condizioni finanziarie lo­ cali senza che lo Stato venga in aiuto dei Co­ muni con una razionale riforma tributaria, così i Comuni non debbono ulteriormente persistere in quegli indirizzi amministrativi che li condussero alle condizioni che noi oggi deploriamo. A iden­ tiche cause seguiranno sempre identici effetti !

« Ora i tre punti fondamentali che potranno, a nostro avviso, risanare le finanze comunali sono questi :

1°. Inizio di una riforma tributaria da parte dello Stato coll’abolizione dei canoni daziari.

2°. Rigorosa osservanza nel pareggio del bilancio ordinario del Comune.

3°. Ripartizione di lavori straordinari, al­ cuni fatti razionalmente e direttamente dal Co­ mune con avanzi e disponibilità straordinarie; ed altri facilitati ed incitati da esso con azione in- tegratoria.

« N è si dica che vogliamo fare della teorica amministrativa fuori luogo (per quanto a noi sem­ bri ch e'sia appunto in sede di preventivo che si debbano indicare e svolgere i criteri che dovranno prèsiedere ad un indirizzo di amministrazione), poiché i tre punti fondamentali sopra indicati sono proprio quelli che sempre propugnammo prima rispetto a Bologna, ed applicammo dopo nei cin­ que anni già trascorsi.

« Infatti : l’ottenuta diminuzione del canone daziario e l’esonero delle spese per le guardie di città e per il casermaggio, che complessivamente raggiungono la cifra annua già accennata di L . 250,00 0, non sono forse l ’ indice di quella ri­ forma tributaria alla quale lo Stato dovrebbe ac­ cingersi ?

« L ’abolizione dei dazi sulle farine e il con­ corso dello Stato per sopperire alle deficienze re­ lative nei bilanci comunali furono causa di una deplorevole sperequazione fra Comune e Comune; poiché lo Stato fece tanto miglior trattamento a quelli che avevano colpito più gravemente il prin­ cipale dei consumi popolari : il pane. Strana e singolare contraddizione !

(3)

28 gennaio 1910 L ’ E CO N O M ISTA

rine in ragione di L . 7 per individuo, ottenne j

dal Governo un concorso di 1,7 00,0 00 lire, sicché

si potrebbe dire che virtualmente non paga più

j

canone daziario ; Catania, che tassava in ragione |

di oltre L . 6 per abitante, ebbe per oltre 71 5 ,0 0 0 j

lire; la stessa Genova, la città forse più ricca d’Italia, se non è superata da Milano, che tassava il pane in ragione di L . 3 .8 6 per abitante, tu favorita da un concorso governativo di L . 6 7 6 ,40 0. Invece città come Firenze e Bologna, che colpi­ vano con una quota individuale, non superiore a L . 1,50, ebbero rispettivamente solo 84 ,000 lire e 46,000 lire. E quanto a noi, sappiamo con quale fatica ottenemmo che ci fosse fatta finalmente questa specie di giustizia a scartamento ridotto ! « Sostanzialmente adunque i canoni daziari che rappresentano per lo Stato 52 ,5 0 0 ,0 0 0 lire sono aboliti per oltre 26 ,3 0 0 ,0 0 0 lire; corrispondenti al

concorso dello Stato per l’ accennato titolo ed a .

quasi esclusivo beneficio di quei Comuni che, ci

si permetta la parola, abusavano del dazio stesso

ed hanno cosi lucrato due volte del balzello, sui contribuenti prima gravandoli eccessivamente, poi facendosi liquidare lauti indennizzi !

« Non vi è quindi chi non veda come la to­ tale abolizione rappresenterebbe anche oggi, per lo Stato, un sacrificio relativamente lieve ; e lie­ vissimo poi quando lo si paragoni alle centinaia di milioni dati a vantaggio delle singole classi che si agitarono pel loro personale interesse, men­

tre la giustizia reclamava di p rovved ere p r im a

a quelli delle collettività locali, incarnate nei loro legittimi rappresentanti i Comuni, e dopo alle rispettive classi.

« La responsabilità di sì grave errore vada specialmente al partito socialista più sollecito del voto dei possibili addetti o simpatizzanti favo­ rendo le pretese dei singoli, che di quegli inte­ ressi generali collettivi superiori che su tutti gli altri debbono avere sempre la preferenza.

« M a tornando all’ abolizione dei canoni da­ ziari, a noi sembra che dovrebbe appunto essere l’ inizio di quella graduale riforma tributaria per la quale, non esitiamo a dire, condividiamo, e da . tempo, i concetti di un nostro valente avversa­ rio politico, l’onorevole Bonomi.

« E cioè :

a) Abolizione del canone daziario gover­

nativo come avviamento alla soppressione delle barriere; o quanto meno, aggiungiamo, del m ag ­ gior numero di voci che gravano principalmente i consumi popolari.

b) Tasse reali ai Comuni. c) Tasse personali allo Stato.

« Sono le linee fondam entali della riform a del M iquel in P ru ssia ; che già, in sedè delle n o­ stre Federazioni, sino dal 1904 indicam mo come direttiva, e che fu dai nostri partiti approvata.

« Ciò è conferma evidente che in materia economica, amministrativa e tributaria, uomini di varie parti possono perfettamente concordare ».

E ì ’ on. Tamari ha veramente ragione nel la­ mentare che la riforma tributaria non sia comin­ ciata Coi primi passi per l’ abolizione del dazio consumo. Ricordiamo che alcuni anni or sono la soppressione del canone di dazio consumo pareva un punto fondamentale del programma finanzia­ rio del Governo ; e ricordiamo pure che aveva tro­

vato consenso generale proponendo che la a b o li­ zione stessa fosso graduata di 2 decim i ogni anno. A qu est’ ora sarebbe g ià un fatto com ­ piu to; uè la perdita di 30 m ilion i a vrebbe scom ­ paginato la finanza dello Stato. Ma si afferma che la burocrazia non volle,... ed il nostro tiranno ha vinto.

U n po’ troppo reciso ci è sem brato tu tto i. ragionam ento che l’ egregio M archese Tanari espone circa la politica finanziaria per i nuovi .lavori; è verissim o che com piendoli cogli avanzi del bilancio non occorre ricorrere al credito ; ma non è men vero che se i lavori si com piono per qu alsivoglia van taggio pu bblico, quanto piu len ­ tam ente si com piono, tanto più tardi si può g o ­ dere del qualsiasi guadagno. E così se per al­ largare strade e costruire scuole, od altro, il fare un debito a lunga rateazione im pegna per lu n ­ ghi anni il bilancio, rimangono però probabil­ mente due fatti di cui bisogna tener con to: il primo che quanto più lunga è la rateazione dei debiti tanto minore è l’ annualità e quindi altret­ tanta somma rim ane in tasca ai contribuenti che ne traggono fr u tto ; il secondo che vi è l’ utile del l’anticipato godim ento della cosa costruita.

In sostanza, comprese le formule algebriche colle quali l’egregio prosindaco spiega il suo con ­ cetto, si tratta della applicazione della nota for­ mula com une: non fare il passo più lungo della gam ba ; formula com une che tutti in generale

possono accettare.

L ’ on. Tanari in questi giorn i con una nobi­ lissim a lettera diretta al P residente della Camera, si è dimesso dall’ ufficio di deputato ritenendolo giustam ente incom patibile coll’ ufficio di sindaco o di prosin daco; auguriam o al Com une di B olo­ gna che questo fatto gli assicuri per lungo tempo l ’ opera del M .se Tanari quale sindaco operoso, intelligente.

CONSIDERAZIONI SULLA LEGGE(1)

DELLA PRODUTTIVITÀ DECRESCENTE IN AGRICOLTURA

I negatori della legge di decrescenza nel­

l’agricoltura, poggiano essenzialmente, se non

esclusivamente, le loro argomentazioni sulla

base dell’ influenza nella industria agraria delle

scoperte scientifiche circa gli elementi fertiliz­

zanti che entrano a far- parte della pianta e

che possono essere restituiti al terreno me­

diante le concimazioni razionali sotto forma

di comporti minerali. Dice il Valenti: (1)

« Finche le ragioni scientifiche della conci-

« inazione delle terre e le reali esigenze delle

« piante sottoposte a cultura erano ignorate e

« s i riteneva non potersi dare al terreno che

« il concime di stalla e le deiezioni umane,

« concimi complessi che contengono i diversi

« elementi di nutrizione in proporzione co-

« stante, è evidente che ogni agricoltore do-

« vesse esperimentare in relazione delle diverse

« quote somministrate un prodotto decrescente.

(1) Continuaz., v. n. 1862.

(4)

52 L ’ E C O N O M ISTA 23 gennaio 1910

« Reputiamo anzi di non ingannarci pen-

« sando che questo fatto facilmente osserva-

« bile deve avere particolarmente contribuito

« a ingenerare negli Economisti e negli Agro-

« nomi la convinzione dell’ universale applica-

« bilità della legge di decrescenza.

« Se non che più tardi le condizioni del-

« l’esercizio dell’agricoltura sono radicalmente

« cangiate. E come si è visto che la fertilità

« dei terreni era relativa alle diverse piante

« e ai diversi sistemi, e che i terreni i quali

« con un dato processo di coltivazione si dimo-

« stravano meno adatti, potevano presentare

« vantaggi in confronto a quelli ritenuti più

« fertili col sostituire una differente combina-

« zione produttiva; così pure, penetrato per

« opera di Liebig il segreto della nutrizione

« delle piante, adottata la concimazione mine-

« rale, la quale permette di proporzionare la

« somministrazione delle sostanze fertilizzanti

« alle deficienze specifiche del suolo in rela-

« zione alle esigenze della vegetazione, si è

« esperimentato che lo stesso terreno successi-

« vamente coltivato con la stessa pianta, an-

« che per un lungo periodo di anni, può be-

« nissimo dare un prodotto costante ; e che

« altresì, intensificando la cultura, le ulteriori

« quote aggiunte di capitale e lavoro, purché

« razionalmente applicate, possono dare un

« compenso proporzionale non solo ma ancora

« crescente ».

Ecco : che la conoscenza delle ragioni

scientifiche della concimazione delle terre, in

rapporto alla loro natura specifica e alle so­

stanze che da esse asportano le varie culture

abbia migliorato, e tenda sempre più a miglio­

rare l’esercizio dell’agricoltura, niuno può re­

vocare in dubbio; ma che questo fatto abbia

determinate condizioni nuove tali, per le quali

la legge economica della decrescenza, per lo

addietro ritenuta esatta, sia divenuta illogica,

anzi sostituibile colla legge opposta, non è

giusto. Manca, a nostro parere il rapporto di

proporzione fra causa ed effetto.

Se coll’ introduzione delle concimazioni

minerali si apportassero alla terra elementi

nuovi la cui azione avesse per effetto un di­

verso processo vegetativo e produttivo, tale da

offrire per economia di tempo o per maggior

copia di prodotti, un tornaconto maggiore di

quello offerto dall’antico sistema, allora sì che

potrebbe parlarsi di cambiamento radicale dei

rapporti tra i diversi periodi di produttività

della stessa terra.

Ma invece, in sostanza, nel caso tipico

apportando concimi minerali, non si fa altro

che restituire alla terra quegli stessi elementi

che in periodo precedente già doveva avere di

per sé (se era produttiva) i quali agiscono in

essa e partecipano alla produzione nel modo

istesso con cui agivano e partecipavano i loro

simili che vennero asportati colle precedenti

produzioni. Con questo di differenza, quanto

al tornaconto, che avanti di diminuire e scar­

seggiare gli elementi fertilizzanti che si tro­

vano nel terreno erano gratuiti, e dopo diven­

tano onerosi.

Adunque il rapporto economico generale

tra la produttività nei periodi successivi di

produzione di una stessa terra, è rimasto oggi

tale e quale era nel tempo anteriore a

Liebig.

E se per quel tempo si ritiene giustificata

la legge di decrescenza, deve ritenersi giusti­

ficata anche per il tempo presente.

Riaffermato questo concetto, che è il fon­

damentale delle nostre argomentazioni, e co­

stituisce la dimostrazione generica della legge

di decrescenza, non sarà inutile ricercare,

data appunto la grande importanza che al ri­

guardo si è data alle conseguenze economiche

dell’ introduzione dei concimi chimici, quali

elementi la esperienza ci fornisce in rapporto

alla loro influenza nel tornaconto specifico.

Poco materiale può aversi dalla statistica

delle esperienze, mentre per poter pervenire a

deduzioni generiche, occorrerebbe disporre di

copiosi e completi dati di fatto.

Se non esaurienti, sembrano però molto in­

teressanti le considerazioni che possono farsi,

interrogando al riguardo i risultati delle prove

sperimentali che in Italia sono state fatte a ini­

ziativa della benemerita federazione italiana

dei consorzi Agrari, per cura di agricoltori di­

stinti, in massima parte professori di cattedre

ambulanti, o di scuole agrarie. Tali risultati

rileviamo dalla pubblicazione della stessa fe­

derazione : « Annali della Sezione di propa­

ganda per l’uso razionale dei concimi chim ici»,

anni 1898-99-900-901 (1).

Le esperienze, vennero fatte in campi spe­

rimentali, di piccola superficie, allo scopo prin­

cipale di dimostrare l’utilità delle concimazioni

chimiche. I campi furono istituiti, può dirsi in

quasi tutte le regioni d’ Italia dal Nord al Sud,

col metodo solito, consistente nel dividere una

piccola superficie di terreno in varie parcelle ;

in una, o più di esse funzionanti da testimoni

si coltiva una determinata pianta senza conci­

mazione, o tutt’ al più col vecchio sistema di

concimazione ; in altre si applicano le conci­

mazioni chimiche; i prodotti ottenuti in quan­

tità e valore si confrontano.

Premettiamo che ai fini delle nostre inda­

gini occorrerebbe avere i seguenti dati :

a) Risultanze di un’ intiera rotazione

agraria ;

b) Costo di produzione unitario dei pro­

dotti ottenuti nelle parcelle testimoni ;

c) Costo di produzione unitario dei pro­

dotti ottenuti nelle parcelle che hanno ricevute

le concimazioni chimiche.

Ponendo in confronto i due costi di pro­

duzione, se ne potrebbero fare deduzioni posi­

tive circa i rapporti di tornaconto.

Non potendo disporre di elementi così

completi, potremo però fare qualche utile

osservazione su quelli elencati nella pubbli­

cazione sopra ricordata seguendo il seguente

procedimento.

Essendo la cultura del frumento, quella

che costituisce la base della produzione agra­

ria, prenderemo in esame le esperienze fatte

sopra di essa. 1

(5)

23 gennaio 191Ü L ’ ECO N O M ISTA 53

Nella pubblicazione sono riportati i dati

di 107 esperienze fatte in 17 provincie, di

cui

8

dell’ Italia Settentrionale,

8

della Cen­

trale, e

6

della Meridionale, una delle quali

in Sicilia.

Per dare idea dello svolgimento del no­

stro ragionamento riporteremo il piano dimo­

strativo di una di esse, avvertendo che la

disposizione e gli elementi nelle altre sono

simili.

Esperienza su Frumento vernino, isti­

tuita dalla E. Stazione Sperimentale Agraria

di Forlì (Direttore A. Prof. Pasqualini) in

Forlì, anno 1899-900.

CO Li M N . della Parcella N u ll a ( P e r fo s fa to 4

j

' S o lf a to a m m o n ic o 1 ( N it r a to d i s o d a 1

J

jf P e rf os fat o 4 ] { S o lf a to a m m o n ic o 1 N it r a to di sod a 2,33 ! f P e r fo s fa to 4 j | S o lf a to a m m o n ic o 1 j \ S o lf a to p o ta s s ic o 1 I [ N it r a to di sod a 1 j ... ... . C o n c im a z io n e p e r H a . q u in ta li 15.85 j 20. 95 j> 2 1. 05 2 0. 50 £ Grano Pr o d o tt o p e r H a . 30. 55 41.82 38.75 30.46 *P Paglie 5. 10 5. 20 4.65 M p Grano M a g g io r p r o ­ do tto p e r H a . 11 .27 8, 20 8.91 f i Paglie O M M m tc O O Ó fc"1 Grano V a lo r e d e l m a g g io r pr d o tt o pe r I la . LO LO CO OS rf*. co Li cs co CO O S - * t-1 Paglie LO CO p p ' OS o © © C o m ­ p le s s iv o L . i-* H OO il 00 -O i 8 i

1 —i Spese di concima-

j

* ziono per H a.

| l | ! | !

Benefìcio a vantag- |ih gio della concima- i • zione chimica

per Ha.

Deduzioni dello sperimentatore.

« Il maggior tornaconto si è ottenuto nelle

« parcelle

2-2

dove si impiegò un solo quintale

« di nitrato di soda per Ettaro. Nelle parcelle

« 3-3 e 4-4 il beneficio è andato diminuendo,

« causa le maggiori spese di concimazione ».

Per ottenere il prezzo di costo unitario,

della maggior quantità di prodotto in grano

ottenuto, colle concimazioni chimiche si toglie

dalle spese di concimazione S, il valore della

maggior quantità di paglie, P. La differenza L,

rappresenterà il costo della maggiore quantità

di grano in ettolitri, Q ; ed il quoziente ^

darà il costo unitario C di ogni ettolitro di

grano prodotto in più, a confronto della par­

cella testimone.

Nel caso sopra citato avremo i risultati

seguenti :

Parcella 2-2 ;

5

0

Parcella 3-3 ; ^

Parcella 4-4 ; ^

87—33.81

5.10

118—24.60

5.20

115—26.73

4.65

= L. 10.42.

= L. 18.

= L. 18.98.

■Si noti che il maggiore valore della pa­

glia, che in buona parte compensa il costo

della spesa di concimazione, è calcolato sul

prezzo unitario di L. 3 a quintale, che rara­

mente si raggiunge, anche nelle regioni a

cultura mista, o dove è utilizzata dalle in­

dustrie manifatturiere. Nelle regioni poi ove

domina la grande cultura granifera,, più

spesso, la paglia per mancanza di utilizzabi­

lità viene bruciata nel campo.

Si noti inoltre, che nel caso della cultura

del frumento non può prevedersi a priori una

rimanenza attiva di fertilità dovuta alla con­

cimazione chimica, nel terreno, perchè come

è noto, il frumento di per sè non lascia ca-

loria.

. . . .

,

Aggiungendo al costo unitario di produ­

zione ottenuto nel modo indicato, le spese di

mietitura, tribbiatimi e trasporto in magazzino,

che mediamente si calcolano in L. 2 per Ettolit.

si otterrà costo unitario complessivo di pro­

duzione, il quale nel caso in esame risulta ri­

spettivamente per le parcelle 2-2, 3-3, 4-4 lire

12.42 ; 20.42 ; 20.98 l’ettolitro.

In mancanza del termine specifico di con­

fronto che è il costo di produzione unitario,

del prodotto ottenuto nelle parcelle testimoni

di ogni singola esperienza, ai fini delle nostre

osservazioni crediamo poter ricorrere utilmente

al seguente ragionamento.

Il costo unitario di produzione in Italia

può ritenersi al massimo di L. 22 al quintale

senza di che, quando, nonostante la barriera

daziaria, per abbondante prodotto, il prezzo

di mercato giunge al suo minimo limite, la sua

cultura non sarebbe rimunerativa.

Assumeremo perciò, per abbondanza di

dimostrazione nel nostro ragionamento, come

costo normale unitario di produzione del fru­

mento, la indicata cifra di L. 22 a quintale,

che considerando il peso medio del grano di

Kg. 76 corrisponde a L. 16.94 per Ettolitro,

e in cifra tonda a L. 17.

Sul costo di produzione così calcolato, evi­

dentemente grava il beneficio fondiario, o ren­

dita fondiaria, del terreno che lo produce. Ai

(6)

54 L ’ E C O N O M ISTA 23 gennaio 1910

miche, nel quale non grava, sia anche perchè

nel nostro caso il prezzo d’uso della terra, deve

considerarsi non causa, ma effetto del costo j

di produzione, posto in rapporto al prezzo di

vendita.

Per poter determinare con sufficiente ap­

prossimazione la cifra che mediamente può at­

tribuirsi all’ elemento beneficio fondiario, ci

soccorre la nostra quotidiana esperienza circa

il prezzo d’affitto, la rendita netta, ed il valore

commerciale dei terreni graniferi d’ Italia espe­

rienza derivata dalle molte valutazioni di terre

fatte in ogni regione.

Citeremo tre regioni : Puglia, Sicilia, Agro

Romano, ove la base della cultura è il grano.

In queste tre regioni gli estagli d’ affitto

dei terreni graniferi oscillano da un minimo

di L. 30 ad un massimo di L. 100 per Ettaro.

Considerando che in massima parte tali

affitti siano pagati dagli anni di semina del

grano, e tenendo conto delle produzioni me­

die, facendo i calcoli opportuni che per bre­

vità si omettono, si perviene a determinare

che essi corrispondano per ogni ettolitro di

grano da un minimo di L.4 a un massimo di R.6.

Togliendo dalla cifra sopra indicata in

L. 17, la media della rendita fondiaria di L. 5,

si verrà a stabilire il costo medio netto di pro­

duzione in L. 12 per Ettolitro. Tale cifra di

L. 12 potremo con qualche approssimazione,

se non con precisione (ciò che sarebbe impos­

sibile) assumere come termine di confronto ri­

spetto ai costi di produzione rilevati nel modo

anzidetto, dalle 107 esperienze della Federa­

zione dei Consorzi Agrari.

Giova subito porre in evidenza, a conforto,

che sulle 107 esperienze, soltanto in 15 casi

si ebbe una perdita, cioè le spese di conci­

mazione chimica superarono i maggiori pro­

venti (decrescenza assoluta) mentre in tutti gli

altri 92 casi si ebbe un guadagno, cioè,le spese

di concimazione chimica furono superate dai

maggiori proventi ottenuti. Però in ben 54

casi, il costo unitario di produzione, del mag­

gior prodotto in grano, superò il limite di

L. 12 l’ Ettolitro, raggiungendo cifre molto su­

periori. E precisamente in 25 casi rimase com­

preso tra L. 12 e L. 20 ; in 23 casi tra L. 20

e L. 40; e in 6 casi superò le L. 40! per ogni

Ettolitro.

In questi 54 casi, è evidente che il fe­

nomeno della decrescenza relativa, od asso­

luta si è manifestato con la massima potenza.

Restano gli altri 53 casi, nei quali il co­

sto di produzione del maggior prodotto si è

mantenuto al disotto delle L. 12. Quando si

pensi però che nonostante che la coltivazione

sia stata fatta con ogni diligenza, e in pic­

colissima superficie, i prodotti massimi ot­

tenuti raramente hanno superato i 30 etto­

litri, con un massimo eccezionale in un solo

caso di Ettolitri 37.40 a Ettaro, mentre più

spesso si sono mantenuti al disotto dei 25 et­

tolitri, è naturale la domanda : Se in queste par­

celle per aumentare ulteriormente il prodotto

si dovesse ricorrere a più copiose concima­

zioni chimiche quali risultatisi otterrebbero?

(continua)

Dott. Remo Ch ie b ic i.

L'Italia nel mercato monetario

E ’ stato uno dei capisaldi della nostra poli­ tica finanziaria nel governo degli Istituti di em is­ sione quello d’ introdurre nel paese per chiuderli nei forzieri degli Istituti stessi, più metalli pre­ ziosi che fosse possibile agli scopi ; I o di favo­ rire i corsi dei cambi ; 2° che la circolazione no­ stra presso l ’estero godesse il maggior prestigio; 3° che venisse permessa alla circolazione mede­ sima una certa elasticità conseguibile in momenti di crisi ; 4° che a ll’ascensione progressiva della mole degli affari corrispondesse il quantitativo del medio circolante. — E ’ stato questo il primo anno dopo lunga serie che si sia fatto qualche leggiero passo a ritroso in questa tendenza all’ accumula­ zione delle riserve, e ciò principalmente sia per­ chè altre nazioni che avevano bisogno di rifor­ nirsi d’ oro ritirarono quei valori equiparati a metalli preziosi, sia perchè il gigantesco aumento delle importazioni sulle esportazioni non ha tro­ vato una contropartita suffieente nei fattori cosi­

detti ignoti, rimesse degli emigrati.... e touristes.

L ’ Italia, si ripete, è fuori delle grandi correnti m onetarie; è vero questo? Dato il suo regime di corso forzoso, l’oro non ha effettivo impiego che pei saldi a ll’ estero, all’ incontro della Francia, della Germania, dell’ Inghilterra : non deve quindi seguire le oscillazioni del mercato interno, non risente se non in modo relativo della molteplicità e della scarsità degli scambi che divengono al­ l’ interno: l’oro ha presso di noi l ’ unica funzione di sostegno occulto della circolazione ; ora questa limitata sfera d’ azione rende quella parte desti­ nata alle riserve più stabile che altrove, giacché questa ne'le nazioni senza regime di corso for­ zoso non abbisogna di essere gelosamente custo­ dita nei forzieri a difesa della circolazione; al­ l’emissione cartacea degli istituti fa riscontro nel mercato un’ abbondante quantità di moneta aurea, per cui si mantiene perenne il contatto fra i for­ zieri e la moneta circolante: a ll’ istituto emittente risulta agevolissimo rifornirsi di metallo giallo per le riserve dal paese stesso, cosa che sarebbe impossibile da noi. — M a gli è che così si viene ad impoverire la massa circolante e a danneggiare gli scambi, ragione per cui s’ importa, dall’ estero l’oro, cioè lo si prende a prestito pel periodo in cui si presume faccia bisogno per allargare i li­ miti della circolazione ; queste grandi oscillazioni nel quantitativo monetario non sono peraltro pos­ sibili che dove la massa degli scambi, attesi i grandi strumenti di produzione, lo sviluppo della, speculazione e in generale l’attività commerciale e industriale abbiano assunto proporzioni gran­ diose, ove sopratutto sieno molteplici e rilevanti le relazioni coll’estero. Ecco come si spiega che ogni crisi, ovvero ogni s t a t o d i attività negli af­ fari di un paese straniero, si rifletta potentemente nell’economia delle nazioni suaccennate, e come corrisponda ad esse un’ importazione, ovvéro una esportazione di metalli preziosi: cosi in questi ul­ timi mesi vedemmo gli S. U . chiedere oro al­ l’ Europa, l’ India all’ Inghilterra, l ’ Egitto alla Francia.

(7)

23 gennaio 1910 L ’ EC O N O M ISTA 55

interno si rendono più difficili i pagamenti e ri­ mane quindi diminuita la rapidità del medio cir­ colante, tanto che questo deve essere aumentato — e nell’ altro di forte aumento nella massa de­ gli affari quando il quantitativo della moneta deve essere accresciuto ; nel caso invece che non si preveda la necessità di un aiuto al commercio, i forzieri degli istituti possono permettere uua uscita delle loro riserve verso un altro Stato, che diventa un’ operazione di mutuo come un’ altra, ma solo possibile — ripetiamo — - là ove non vige corso forzoso, giacché non vi ha perenne bisogno d’oro nelle banche a garanzia della circolazione e dove altresì questo può essere importato con facilità per relazioni dirette con paesi minerari. D ata questa posizione appartata dell’ Italia si hanno vantaggi ed inconvenienti: tra i primi ricorderemo la maggiore stabilità nel tasso dello sconto, con riflesso assai importante nelle varie imprese che si trovano meno esposte ad un ele­ mento aleatorio della massima entità, tra i se­ condi è da rilevare la minore possibilità in tempi difficili di rifornirsi abbondantemente, e sopratutto

presto, di

stock

monetario. — M a questo dell’ Italia

, non è ohe uno stato transitorio e destinato a ces­ sare quando essa abbia grandemente aumentati gli scambi coll’ estero ed una volta cessato non per sola disposizione di legge, ma per condizione

di fatto, il corso forzoso: C09Ì l’ Italia verrà a

trovarsi essa pure in comunicazione diretta colle tanto vantate correnti auree, sebbene la sua sta­ zione non sarà — per valerci d’ ima similitudine — su un tronco principale, ma necessariamente su uno secondario, sin quando nelle sue colonie non si rinvenga in abbondanza del metallo giallo. — Non è a credere però che un giorno siffatto sia un indice di per sé di progresso economico pel nostro paese, giacché i vantaggi si bilanciano forse cogli inconvenienti: lo è invece come prova dei vincoli con altre nazioni assai manifatturiere e ricche, e tali vincoli risultano in proporzione del volume degli scambi.

G . Te r n i.

R

i v i s t a

B

i b l i o g r a f i c a

fosse capace di fare quello che voleva, magari indipendentemente dall’ ambiente in cui viveva ? E non sono sfumature, come qualcuno può cre­ dere, ma è il tono generale del libro. Sottointeso che il salariato costituisce una forma cattiva di produzione, il capitalismo diventa il colpevole di questa cattiva forma.

E l’Autore ci dice ancora che il capitale non arreca al mestiei’e una nuova concezione della produzione o un nuovo portato della tecnica, ma cerca di impadronirsi delle sue basi per mutare il sistema della ripartizione del prodotto. — E in ­ fatti, osserveremo, il capitale non ha di per sé portato una nuova tecnica, ma la ha resa possi­ bile; e se per questo appunto è venuto a prender posto nella produzione, perchè lo si vuol chiamare

elemento perturbatore

? — L ’ Autore volendo par­ lare praticamente, dice che il capitalismo altro non è se non « la produzione gestita per conto di persone che non sono i lavoratori immediati e per sodisfare i bisogni economici ai compartecipi della azienda economica ». Ma se il capitale ha reso possibile la applicazione di una nuova tecnica di produzione, poteva rimanere estraneo alla distri­ buzione del reddito?

Che se si avverte che il capitale ha abusato della sua funzione a danno del lavoratore imme­ diato, si può essere d’ accordo ; come, nell’ epoca delle corporazioni, il lavoro ha abusato della sua

funzione a detrimento dei diversi elementi eco­

nomici. Ma dal rilevare l’abuso dal non riconoscere i diritti dell’ uso, è còsa ben diversa.

E d ancora l’Autore afferma che il capitale non è la ricchezza, ma il diritto di usare della ric­ chezza, e perciò è il diritto di disporre degli ele­ menti della produzione « non la produzione mede­ sima ». Nessuno, che sappiamo, ha mai confuso' il capitale colla produzione ; e nessuno ha mai

detto che il capitale sia

il diritto

di disporre de­

gli elementi della produzione ; dispone

di fatto

in

certi oasi degli elemetftf?.diremo meglio, degli

altri

elementi della produzione, quando questi non sanno farsi valere e tener testa agli eccessi delia funzione del capitale.

L ’ Autore, anche lui, come molti altri prima di lui, del resto, espone ed illustra gli arbitri ed anche, in certi casi la crudeltà del capitale; ed è senza dubbio lodevole di cercare di resistere ad ogni tirannìa, ma in pari tempo da quegli abusi od eccessi del capitale, passare alla critica della sua funzione non è giustificato. Quando il lavoro disponesse, come va disponendo, del potere, i suoi atti di tirannìa contro il capitale non m an­ cherebbero. N el concetto della Economia, contro la quale così spesso si rivolta l’ Autore, la lotta dovrebbe stare soltanto fra consumatori e pro­ duttori; i conflitti tra gli elementi della produ­ zione, non sono che la conseguenza della igno­ ranza di chi rappresenta gli elementi stessi.

T u tta v ia , dobbiamo riconoscere che, a parte la teoria fondamentale, il libro del prof. Labriola contiene pagine veramente ammirevoli di acuta indagine.

A. Labriola. - Il Capitalismo - Lineamenti sto­

rici.

— Torino, Fratelli Bocca, 1910. p. 194. (L . 5).

L ’ Autore intende di ricercare nello svolgersi dei fatti sociali la formazione del capitalismo e con molta dottrina espone il risultato delle sue indagini ; però non si può a meno di rilevare subito che in questi come in altri lavori del g e ­ mere le premesse talvolta sembrano più le im ­ pressioni di chi ha il preconcetto di riuscire nella dimostrazione, che m n sia la chiara verità. In ­ fatti 'fino dalla, introduzione l’Autore afferma che la sua «ricerca è diretta a stabilire come di un

lavoratore indipendente si

è

fatto un salariato e

come lo stromento di produzione (capitale) abbia potuto dominare il produttore che lo moveva ».

Non sembrerebbe di vedere il capitale che

vuole

(8)

56 L ’ E C O N O M ISTA 23 gennaio 1910

RIVISTA ECONOMICA E FINANZIARIA

Andrea Costa è pochi giorni or sono spi­ rato dopo una vita avventurosa e dopo aver dato a ’ suoi ideali tutte le sue migliori energie. Per quanto militasse nelle file di un partito che conta, non solo avversari, ma molti nemici, l’ universale compianto da cui è accompagnata la sua morte, dimostra quanta simpatia e tra gli amici e tra gli avversari e tra i nemici E g li abbia saputo acqui­ starsi. L a bontà del suo animo, la serenità tenace dei suoi convincimenti, l’ altruismo modesto dei suoi atti, gli hanno meritata la manifestazione che da ogni parte prorompe ed alla quale ci associamo.

— Ecco il valore di borsa delle azioni

delle Società italiane al 31 dicembre 1909, confrontate con quelle del mese precedente :

Istituti di credito Istituti di Credito Società di Trasporti Metallurgica, Meccanica e Mineraria Gas ed Elettricità Industria Zuccheri Condotte d’acqua Prodotti Chimici Tessitura e filatura Molici Automobili Imprese immobiliari Industrie diverse Totale Fine dicembre 1909 801,000,000 844.000. 000 371.000. 000 ■244,000,000 151.000. 000 94.854.000 67.000. 000 251.000. 000 42.830.000 35.000. 000 173.447,500 275.000. 000 3,410,131,500 Fine novembre 1909 850.000. 000 839.000. 000 378.000. 000 242.000. 000 145.000. 000 94.758.000 64.000. 000 255.000. 000 42.502.000 35.000. 000 172,177,500 273.000. 000 3,390,437,500 — L ’agitata questione della tassazione del sovraprezzodelle azioni interesserà prossimamente anche la Camera. E ’ stata in questi giorni a tale proposito presentata alla Presidenza la seguente

mozione sul sopraprezzo delle azioni. « L a Camera invita il Governo a presentare sollecita­ mente un progetto di legge,, il quale, o in via di intrerpretazione o di modificazione di quella vi­ gente sulla tassa di ricchezza mobile, dichiari non essere reddito il sopraprezzo delle azioni in­ dustriali e bancarie, e quindi non essere soggetto alla tassa di ricchezza mobile, ispirandosi al giu­ dicato a sezioni riunite della Suprema Corte di Cassazione di Roma del 21 luglio 1897, alla prima decisione della Commissione centrale amministra­ tiva, alla relativa circolare ministeriale, quanto al voto di tutti i corpi amministrativi competenti del Regno, nell’ interesse della vita commerciale e industriale italiana. F irm a ti: Graffagni Can- diani, Maccaggi, Cornaggia, Astengo, Albasinì, Greppi, Daniele Crespi, Taverna, Gallina, Canepa,

Centurione, Giulio Richard, Campi, Carugati,

Baragiola, Cameroni, Rebaudengo, Brizzolesi,

Montù ».

— Durante l’anno 1909 il numero delle

emissioni di nuovi valori in Germania è considerevolmente aumentato, in confronto all’anno

precedente. Tu ttavia, l’aumento non si ripartisce in un modo uniforme su tutte le categorie di va ­ lori. Si può dire che esso sis. avvenuto più sui valori a dividendi e specialmente su quelli in­

dustriali, piuttosto che sulle azioni bancarie;

inoltre si deve constatare una notevolissima di­ minuzione nelle azioni ferroviarie americane. Il mercato di Berlino non ha assorbito che 2 9 ,1 6 0 ,0 0 0 inarchi di questi ultimi valori, mentre nell’anno precedente ne aveva presi per 118,944,000.

L e diyerse emissioni industriali e minera­ rie sono ascese ad un totale di 4 5 2 ,6 0 0 ,0 0 0 marchi contro 2 6 1 ,9 3 8 ,0 0 0 marchi nel 1 9 0 8 .1 nuovi pre­ stiti di Stato e dei Comuni sono ascesi a marchi 1 ,0 21,1 25 ,0 00 contro 8 1 5 ,8 0 9 ,4 0 0 inarchi dell’anno precedente. Invece l ’aumento dell’ emissione dei prestiti stranieri è stato relativamente debole poi­ ché il mercato di Berlino ha assorbito 507 mi­ lioni invece di 4 4 8 ,0 0 0 ,0 0 0 come nell’anno pre­ cedente.

Su questa cifra di 5 0 7 ,0 0 0 ,0 0 0 sono compresi marchi 1 2 7,00 0,0 00 per azioni ferroviarie russe e 78 milioni di marchi pel prestito del Messico.

Inoltre, si sono introdotti sul mercato 60 8 milioni di marchi di buoni ipotecari e di obbli­ gazioni industriali, cioè un po’ meno dell’anno precedente in cui l’ emissione di questa categoria di valori era ascesa a 704 milioni di marchi.

L ’aumento dell’emissione dei valori bancari è stato debole.

Il valore totale delle emissioni nuove di que­ sta categoria ascende a 93 milioni di marchi sol­ tanto contro 82 milioni dell’anno precedente.

L ’ incasso accertato al 31 dicembre supera la previsione (nota di variazione del 20 novembre) di lire 2 0 ,2 6 8 ,0 0 0 e tutte le principali entrate, due eccettuate, portano il loro contributo all’ in­ cremento.

— Si ha notizia che il prestito bulgaro

di 100 milioni di franchi sarebbe definitivamente concluso col Credito Mobiliare Francese e non coi gruppo austriaco.

Si crede che il Governo francese sia disposto ad autorizzarne l’ ammissione alla Borsa di Parigi, a condizione che il prodotto sia destinato in parte alla conversione dei 92 milioni di franchi al pre­ stito 6 per cento bulgaro del 1892.

— Il Comitato agrario nazionale ha diretto ai Comizi agrari, alle Associazioni e Consorzi agrari, e Cattedre di agricoltura una circolare che

fa voti per un Ministero autonomo d’agricol­

tura in Italia, Crediamo interessante pubbli­ carla:

Costante aspirazione e antico voto degli agri­ coltori italiani fu, ed ancora, il Ministero autonomo dell’ agricoltura. Per non risalire più addietro, basti rammentare che il compiante senatore S te­ fano Jacini propugnava questa autonomia fino dal tempo, ormai abbastanza remoto,, della sua classica inchiesta agraria.

D a allora l’ idea fece cammino nel mondo degli agrari veri, e gettò radici profonde nell’ animo degli agricoltori ; ma fino ad oggi non venne nè attuata, nè forse nemmeno compresa nel suo schietto significato nelle sfere politiche.

(9)

ni-23 gennaio 1910 U E C O N O M IST A

57

tim i anni, ai suoi progressi tecnici^ alle sue ere- | sciute produzioni, ai suoi Istitu ti d ’ insegnamento ^ agrario, di propaganda, di associazione, e basta considerare i formidabili problem i agrari che an­ cora le rimangono da risolvere (demanio forestale bonifiche e colonizzazione interna, irrigazioni, lotta contro la malaria, formazione e difesa della pic­ cola proprietà, previdenza rurale, (»operazione), per comprendere non la utilità soltanto, ma la necessità di un M inistero vero, proprio, autonomo dell’ agricoltura: atto non solo a integrare, ma a stimolare e a dirigere il grande risveglio econo- unico agrario del nostro paese.

U tilità e necessità che fanno sorgere quello che noi crediamo un diritto dogli agricoltori ita­ liani: di avere il loro competente Ministero.

Pertanto il Comitato agrario nazionale, che senza mire politiche, si occupa obbiettivamente degli interessi agrari italiani nei loro rapporti coll’opera legislativa, non poteva non prendere atto del nuovo disegno di legge che, sia pure in­ direttamente o per eliminazione, ammette la for­ mazione del Ministero autonomo dell’agricoltura. E perchè nel disegno stesso non appariva abbastanza espressa la figura del nuovo organismo il Comitato approvava nella sua adunanza del 19 dicembre scorso il seguente ordine del giorno : « Il Comitato agrario nazionale, presenti gli onorevoli: Raineri, Maraini, E . Scalini, Poggi, Baragiola, Ciacci G ., Montò, Negrotto, Camerini, Arrivabene, Giovannelli A ., Padulli, Incontri, Nancini C., ad altri, ha discusso sulla istituzione del Ministero autonomo dell’agricoltura e, preso in esame il disegno di legge testé presentato dal Governo ha riconosciuta la necessità di provocare

da questo nella discussione esplicite dichiarazioni

che assicurino al nuovo dicastero - attribuzioni, organizzazione e mezzi veramente adeguati alle fun­ zioni altissime che il nuovo Ministero dovrebbe esercitare ».

I sottoscritti, componenti il Comitato agra­ rio nazionale, nel comunicare questo voto, pregano codesto benemerito Sodalizio di volerlo avvalorare con la sua desiderata,adesione; e altresì di pro­ nunciarsi sulla necessita del Ministero autonomo

dell’agricoltura. _ . . .

L a manifestazione solenne di un antico desi­ derio, divenuto, a vedere nostro, bisogno dell a- gricoltura italiana, sarà poi a cura del Comitato rivolta al G overno,, al quale spetterà di attuare con sollecitudine l ’attesa benefica riforma.

Seguono le firme.

Il commercio della Cina- ;— Secondo il rapporto annuale del servizio statistico commer­

ciale della Cina, il commercio estero nel 1903

raggiunse la somma di 5 7 04 milioni 9 0 9 ,9 8 8 lire e cioè L . 3 ,3 53,2 96 ,5 63 per importazione e Ore 2 ,5 3 1 ,6 1 3 ,4 2 5 per l’ esportazione.

L ’esportazione delle sete fu la seguente : Seta bianca per Fr.

» gialla » » grezza »

150,569,748 88,457,910 64,358,217

L ’ esportazione del tea dette il seguente r i­ sultato :

Tea nero per Fr. Tea verde »

128,546.349 82,639,'609

L e entrate doganali nel 1908 furono di fran­ chi 2 8 1 ,6 6 6 ,1 0 7 con una diminuzione di franchi 8 ,1 5 5 ,4 3 3 in confronto del 1907.

li movimento della navigazione cinese rag­ giunse nel 1908 un totale di tonnellate 83 ,9 9 1 ,2 8 9 con un aumento di tonnellate 3 ,8 8 1 ,8 6 5 rispetto all’anno precedente.

Il Commercio Italiano. — Ecco il rias­ sunto dei valori delle merci importate ed espor­ tate, per categorie, in e dall' Italia :

Importazione

Valore delle m erci im portate d a l 1° gennaio al 30 novem -bre 1909

Lire

Spiriti, bevande Generi coloniali Prodotti chimici med. Colori

Canapa, lino Cotone

Lana, crino, peli Seta Legno e piagli a Carta e libri Pelli Minerali, metalli Veicoli

Pietre, terre e cristalli Gomma elastica Cereali, farine e paste Animali e spoglie anim. Oggetti diversi Totale, 18 categorie 2.769,859,813 Metalli preziosi 7,515,300 80,728,522 63,930,460 93,713,528 37,319,868 42,702,757 265,541,714 131,993,896 195,734,736 163,520,195 44,887,878 90,352,978 499,999.123 28,927,416 323,532,642 32,196,407 376,206,763 262,026,245 36,544,700 + + + + + + + + Differenza sul 1908 Lire 27,296,402 4,150.368 11,034,026 2,663,063 3,332,250 19,239,625 821,596 25,343,112 22,624,054 1,707,089 1,684,625 89,202,381 17,827,881 25,772,867 6,974,608 135,755,568 19,865,694 1,564,299 + 142,251,682 — 11,747,400 bre 1909 Lire Totale generale 2,777,375,128 -4- 130,504,282 Esportazione.

V a lo re delle m erci esportate d a l 1° gennaio a l 30 novem--- Differenze su l 1908 Lire 21,040,819 376,260 8,888,557 759,865 18,681,127 29,129 761 5,74:1370 41.650,133 3,955,387 131,493 7,805,508 3,574,131 5,745,710 2,472 619 3,880,620 16,781,871 19,750,882 349,702 Spiriti, bevande Generi coloniali Prodotti chimici med. Colori

Canapa, lino Cotone

Lana, crino, peli Seta Legno e paglia Carta e libri Pelli Minerali, metalli Veicoli

Pietre, terre e cristalli Gomma elastica Cereali, farine e paste Animali e spoglie anim. Oggetti diversi Totale, 18 categorie 1,663,644,724 Metalli preziosi 51,461,400 99,110,431 7.456,458 53,265,290 7,686,304 75.653,007 128,396,681 26,712,620 526,308,027 46,022.807 23,766,070 52,232,613 54,850,149 23,929,550 72,155,502 13,120,165 •259,243,891 153,408,747 40,326,41-2 + + + + + + + + + + 74,960,641 + 33,377,200 Totale generale 1,715,106,124 + 108,337,841

(10)

58 h ' EC O N O M ISTA 23 gennaio 1910

Durante il me.se d’agosto 1909, le importa­ zioni hanno raggiunto il valore di 3 ,3 21,7 83 ster­ line e le esportazioni di 5,8 17,4 75 sterline, ciò che porta rispettivamente a 2 3 ,463 ,59 2 sterline e a 3 3 ,2 3 3 ,6 7 6 sterline i resultati degli otto primi mesi del 1909.

Durante il periodo corrispondente del 1908, le importazioni si erano elevate a 24,209 ,13 3 sterline e le esportazioni a 25,500,381 sterline, cioè un aumento di 8 ,0 3 3 ,2 9 5 sterline ossia del 31.5 per cento alle esportazioni per gli 8 primi mesi del 1909. Le importazioni sono in diminu­ zione di 74 5,54 1 sterline, ossia del 3 per cento. Il quadro seguente mostra per g li 8 primi mesi il valore dei principali prodotti :

Caffè Caoutchouc 15,230,357 + 2,639,468 3,872,612 Tabacco 10,622,087 + 415,654 Zucchero 1,183,833 + 372,829 Maké 406,696 + 72,793 Cacao 991,233 373,699 Cotone 273,111 + 137,715 Rame 1,248,254 + 311 876 Pelli 690,308 + 181,252 Totale 81,574,762 -i- 7,683,500 Diversi 19,58,954 399,395 Totale 88,588,676 + 8,033,295 Il movimento della moneta m etallica.^ dei biglietti di Banca è stato alle importazioni di 8 7 0 ,3 8 6 sterline contro 98,527 su gli otto primi mesi del 1908.

L'emigrazione in Spagna

Il Bollettino dell’Emigrazione pubblica questi dati importanti sull’ emigrazione spagnola :

Il fenomeno emigratorio in Ispagna assunse, molto prima che in Italia, speciale importanza demografica e sociale, per il fatto che quello Stato, sino al prin­ cipio del secolo XIX, possedeva un vasto impero co­ loniale. Questo, in meno di un secolo, andò perduto per la madre patria ; ma la corrente emigratoria spa- gnuola verso le antiche colonie continuò ed anzi ebbe in questi ultimi anni un sensibile aumento per ragioni molteplici e complesse. La Spagna attraversa da tempo una grande crisi che impedisce di mettere a profitto le ricchezze del suolo e le energie della razza per il ritardo dell’ industria nazionale; e, d’ altra parte, il commercio e l ’ agricoltura trascinano una vita penosa e seminata di ostacoli. Oltre a queste due grandi cause che affettano l’ intera nazione, altre ve ne sono speciali e proprie a ciascuna regione e che favoriscono ed incoraggiano l ’ emigrazione. Quelli della Galizia, delle Asturie e i Baschi, dotati di forte spirito di im­ maginazione, ambiziosi per istinto, si lanciano all’ av­ ventura e vanno a cercare al di là del mare la pro­ sperità, oggetto dei loro sogni costanti. A l contrario, nelle regioni del Sud, il latifondo, la mancanza di di­ stribuzione delle acque e le frequenti siccità, rendono la vita estremamente difficile.

Benché i lim iti entro cui si contenne questo esodo continuo di gente che in gran parte abbandona e per sempre la patria, siano di gran lunga inferiori a quelli raggiunti dalla nostra emigrazione, pure esso indusse 10 Stato a provvedere, meroè nuove disposizioni legi­ slative, a meglio disciplinare il fenomeno stesso.

Dal 1848 al 1905 oltre trenta decreti regolarono nelle sue varie esigenze il servizio dell’ emigrazione. Notevole fra essi fu quello emanato dal Ministero del Fomento il 18 luglio 1881, col quale venne nominata una Commissione incaricata di studiare in qual modo si potesse meglio frenare l’ emigrazione. Sin d’ allora 11 Governo si era preoccupato del progressivo spopo­ lamento e conseguente isterilimento delle forze natu­ rali del paese.

Il Decreto del 1881 costituisce il precedente di­ retto della legge sulla Colonizzazione interna del 30 ago­ sto 1907 o del regolamento successivo per l’ applicazione di essa del 13 dicembre successivo, seguiti subito dalla legge sull’ emigrazione del 21 dicembre 1907 e dal re­ lativo regolamento provvisorio. Così l’ uno come l’ altra costituiscono un complemento- della legge sulla colo­ nizzazione, avendosi con essi avuto di mira, oltre che di tutelare l ’ incolumità e i diritti dell’ emigrante, anche di frenare indirettamente l’ emigrazione, per evitare lo spopolamento e la miseria d’ intere regioni.

L ’ emigrazione spagnuola può, come già quella ita­ liana, distinguersi, grosso modo, in temporanea e per­ manente. La prima, oltre ohe per le frontiere terrestri ai vari Stati europei, si dirige, per mare, alle coste settentrionali dell’ Africa. Nella sola Algeria emigrano ogni anno, in media, circa 25 mila spagnuoli, in parte agricoltori, che abitualmente, dopo un’ assenza più o meno lunga, ritornano in patria. Ma oltre il 70 per cento degli emigranti spagnuoli che lasciano la patria per le vie di mare si dirige alle Americhe e costituisce l ’emigrazione così detta permanente, poiché la maggior parte di essi non ritorna in patria.

Le cifre ufficiali del movimento emigratorio spa­ glinolo dal 1900 in poi sono le seguenti :

1900 62,482 1901 56,906 1902 51,593 1903 57,261 1904 87,291 1905 126,067 1906 126,771 1907 130,640

Queste cifre, di gran lunga inferiori a quelle della emigrazione italiana, acquistano importanza speciale se si mettono in relazione alla scarsa densità di popo­ lazione del territorio spagnuolo e se si considera clic le provincie che forniscono il più grande contingente all’ emigrazione sono precisamente quelle dove la po­ polazione è meno densa, più florida l’ industria, più frazionata la proprietà. Le cifre su esposte diventano ancora più impressionanti quando si pensa che negli anni 1905 e 1906 la Spagna ha perduto 64,030 e 52,863 cittadini rispettivamente, e secondo ogni apparenza, in modo definitivo.

Si può affermare che la forte percentuale di au­ mento, verificatasi nei due anni suddetti, fu la causa- determinante della legge di colonizzazione e di quella d’ emigrazione, votate dalle. Cortes nel 1907.

La legge di colonizzazione si propone di frenare la emigrazione, trattenendo in. patria le famiglie sprov­ viste di capitali e di strumenti di lavoro e di ripopo­ lare le campagne per ottenere dalle terre incolte o scar­ samente coltivate un maggior rendimento.

In virtù di queste léggi alcune terre appartenenti ai demani dello Stato e dei Comuni furono divise in lotti per essere distribuite alle famiglie di agricoltori poveri della regione, e in preferenza a quelle composte di maggior numero di persone atte al lavoro. I lotti sono destinati parte al rimboschimento, parte alle di­ verse colture.

Durante 1 primi cinque anni il concessionario del lotto gode del semplice possesso del terreno, di cui può essere privato, qualora non si uniformi alle pre­ scrizioni della legge; dopo i oinque anni il conces­ sionario ne diventa proprietario. Egli potrà essere espropriato solo nel caso che la terra rimanga impro­ duttiva per mancanza di coltura. Sono nulle la dona­ zione, la permuta o la vendita del lotto durante i primi dieci anni; è proibita la divisione di esso per qualsiasi trasmissione durante quel periodo di tempo sia per atti inter vivos che mortis causa. Nessuna ipo­ teca può gravare sul lotto, tranne quelle legali in fa­ vore dello Stato, del Comune, della moglie e dei figli­

l i Governo facilita ai coloni l ’acquisto di ciò che occorre per l’ installazione di essi, sui lotti e per la coltivazione di questi e stabilisce speciali ricompense per i miglioramenti.

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