G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E
SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSE PRIVATI
Anno 1Y - Voi. V ili
Dom enica 15 lu g lio 1877
N. 1G7
INTERROGAZIONI FATTE ALLA CAMERA
IN OCCASIONE
iella discussione del Mando lei lavori punici -
aU ?
N ell’occasione in c u lliti discusso alla C am era dei deputati il bilancio (Rifiniti vo’* di':, previsione della spesa del M inistero d e i-la v o ri pubblici, varie in te r rogazioni furono rivolte a lfo n . m inistro e prim a quella.. dell’onorevole B accarini e di altri, suoi colleghi sugli intendim enti del G overnò intorno alle linee di com plem ento della rete ferroviaria.
L’onorevole Baccarini ricordò che l’onorevole presidente del Consiglio,- nella sua esposizione finan ziaria del 27 marzo, sfiorando il tema delle ferro vie, aveva detto non'esser possibile iscrivere nuove somme in bilancio per nuove costruzioni ferroviarie senza procurarsi un’entrata o trovar mezzo di far fronte alla spesa. « Vi è, egli aggiungeva, qualche grande linea da compiersi, la cui importanza ecce zionale vuole che la spi sa sia a carico dello Stato, e sta bene: ma queste linee sono già fissate nelle leggi esistenti e vedremo se si dovrà aggiungerne alcuna nella legge che avremo l’onore di presen tare. »
L’onorevole Baccarini applaude all’ idea di pre sentare questo progetto, ma vorrebbe saper qual cosa della sostanza. Egli assicura eluv i’Italia viene decima in Ejùrop? n e l # potenza ferroviaria, sebbene sesta nel numero dei chilometri. Per misurare quella potenza non basta numerare questi, conviene tener conto di molte altre cose e-principalmente della superficie e della popolazione.
Nonostante il desiderabile, bisogna stare a ciò che è possibile e l’on. Baccarini sarebbe soddisfatto an che se l’ Italia stanziasse in bilancio assai meno dei 60 milioni accennati nella esposizione finanziaria. Ciò che importa però si è di costruire con ordine e con studio, di secondare e non di precorrere le risorse economiche, il che non sempre si è fatto.
Passando a dare una rapida occhiata a'ie maglie della nostra rete ferroviaria, per vedere dove siano soverchiamente rade (che di maglie fitto non c’è
da parlare) osserva^ che sotto la corona delle Alpi, dalle Marittime alle Cantiche, quattro grandi spazi, Vergini ancora di contatto ferroviario, richiamano l’attenzione, 11 primo di 6000 chilometri quadrati s Sta «afemfezikli' tfélFà~lirfeS:Mef Cenisio” sopra"'Ssluzzo e sopra Cuneo. Tra le linee del Cenisio e del Got tardo, il Monte Bianco ed altri monti pare che in vitino la vaporiera a .cimentarsi più dappresso ai loro eterni ghiacciai. Oltrepassando il lago di Como non si vorrà salire fino a Sondrio? Al centro di uno spazio di 10 mila chilometri quadrati siede Belluno, capoluogo di una nobile provincia, che chiede clic si voglia una buona volta congiungerla alla ferrovia da Treviso a Udine. « In quel grande spazio la vaporiera vorrà certamente salire da Bas- Sano fino a Trento.... Io 1non so se tarderà molto il tempo.... che per linea più breve si provveda a migliorare le condizioni di Venezia rispetto a Trie ste, che al paragone di troppo è favorito per la linea attuale del valico dèlia Pontebba : all’uopo da Treviso a Gemona si stende la corda di due archi inversi che hanno per culmini Udine e Coneglinno. » Linea ragguardevole sarebbe quella che partendo da Móstre toccasse Portogruaro colla mira al punto del nostro confine'dove si addensi una maggior somma di interessi. Adria ridomanda il suo mare-che non può trovare utilmente che a Chioggia. È da augu rarsi che presto lo spazio chiuso fra il Pp e le ferrovie Mantova-Modeno, Modena-Bologria e Bolo gna-Ferrali sia attraversalo da una linea toc cando Cento e Finale vàiìir a congiungersiAlla Ro- vighese presso Legnago. Lacuna più vasta, di quasi 6 mila chilometri si racchiude tra il Po, il .mare e i due bracci ferroviari Bologna-Ferrara e Bologna - Rimini;. Una linea, che distaccandosi da Rimini per Cesenatico, Cervia, Ravenna ed Argenta riuscisse a Ferrara sarebbe opportunissima.
66 L’ ECO N O M ISTA 15 luglio 1877
una troppo grande massa di interessi, di limitarsi ad un valico solo.
Macerata, Ascoli, Teramo sono a bre^e distanza dalla linea littorale. Una linea che staccandosi da Solmona, toccando Avezzano, corra difilato per Ti voli a Roma spezzerebbe una immensa area multi látera di 17 mila e più chilometri quadrati. Com pletamente isolato è Campobasso. Fra la linea da Roma a Napoli e il mare v’è un altro largo spazio di 5000 chilometri quadrati. Fra le trasversali Ca serta, Benevento, Foggia e Bari, Salerno, Potenza e Taranto v’è un'altra area immensa di 15,000 chi lometri quadrati. La ferrovia di Candela pare de stinata a spezzarla, spingendosi per Melfi lino a Po tenza per discendere di là fino a Taranto con ten denza di veder prolungata la linea fino a Brindisi. Tra la trasversale di Potenza e l’estrema punta della penisola ci sta dinanzi un’altra area di 20,000 chilometri quadrati e più scarse sono le linee in Sicilia e in Sardegna.
La potenza ferroviaria regionale viene rappresen tata nel compartimento della Liguria da 5 48 sem pre in ragione di superficie e di popolazione; nel- l’Umbrie da 4 58, nella Toscana da 4 28, nel Bo lognese da 4 22, nel Piemonte da 4 02, nel Lazio da 5 56, nella Lombardia da 5 47, nella Sardegna da 3 12, nel Veneto-Mantovano da 2 88, nel Napo letano da 2 80, in Sicilia da 2 74, nelle Marche da 2 61, nelle Romagne da 2 35, nel Modenese da 1 73, nel Parmense da 1 70. Prendendo tutto il grande compartimento dell’Emilia, il simbolo della sua potenza ferroviaria rimane di 2 35. Che se si considera il servizio che Io ferrovie rendono alla popolazione, indipendentemente dalla superficie, il rapporto non cambia in modo percettibile. Un chi ■ lometro di ferrovia nell’ Emilia, compreso il Bolo gnese, serve in tutta la regione 4318 abitanti e quella provincia rimane la meno favorita di linee ferroviarie finora costrutte o assentite.
Le linee complementari suggerite dall’on. Bacca- rini, è di cui lo Stato dovrebbe occuparsi diretta- mente o almeno prendere l’iniziativa, misurerebbero forse 5 mila chilometri e importerebbero circa 600 milioni. Egli pensa che in 15 anni senza dissetto finanziario l’Italia potrebbe supplirvi.
L’oratore conclude domandando se il Governo intende adempiere le disposizioni dell’articolo ul timo della legge 28 agosto 1870 così concepito:
« Il Governo del Re presenterà nella sessione le gislativa del 1873 un progetto di legge per deter minare la rete arteriale delle ferrovie del Regno e stabilire i mezzi per far fronte alla progressiva ese cuzione dei relativi lavori.
« Saranno inoltre in detto progetto dichiarate le speciali norme per la classificazione delle ferrovie complementari e stabilite le condizioni per fissare
la natura e l'entità dei sudditi a carico dello Stato. « Vi saranno inoltre regolate le forme ed i modi per la costituzione dei consorzi comunali e provin ciali, allo scopo di concorrere alla costruzione delle linee in cui sono interessati. »
L’on. Codronchi interpellò il Governo intorno ai suoi intendimenti sulla scelta del valico dell’Appen- nino tra la linea Porretta e quella di Fossato. Premesso che egli non vorrebbe in alcun modo che l’equilibrio del bilancio venisse turbato, e che si tratta solo di far dei progetti, osserva che conviene accor dare gl’interessi generali con quelli di alcune pro- vincie importanti, che non devono essere tagliate fuori dal movimento ferroviario. Bologna e Firenze, a cui fa già una dannosa concorrenza la ferrovia ligure, riceverebbero un colpo fatale da una fer rovia Ravenna-Rimini e Rimini a Forlì-Arezzo. Tale ferrovia poi non sarebbe favorevole dal lato militare.
Un progetto per un valico dell’Appennino per la valle del Santerno, della Sieve e del Mugnone fu presentato al ministro dei lavori pubblici. È antico in Romagna il desiderio di un altro valico, la Com missione permanente di difesa dello Stato giudicò necessario un altro valico fra la linea Porrettana e quella di Fossato.
L’oratore cita varie notevoli autorità per confer mare la necessità di un altro valico dell’Appennino fra la valle dell’Arno ed il Po. La potenzialità della linea Porrettana è insufficiente perchè di difficile esercizio a causa delle forti pendenze, occorre dun que un altro valico al sud di Bologna, che in caso d’invasione paleggierebbe una linea Imola-Pontas- sieve. Se u .a ferrovia per Va! di Setto, incontra soverchie difficoltà, si scelga la linea del Santerno. Il congiungimento di Firenze alla linea Imola-Pon- tassióve non toglie la utilità strategica e congiunge una massa maggiore di interessi. Raccomanda una pronta decisione. Scelta la linea, la strada si farà quando vi saranno i mezzi.
L’interrogazione dell’on. F arm i riguardava la co struzione di una ferrovia che accorci il più possibile il tragitto fra Roma il Veneto. L’oratore pensa che quand’anche non esistesse più il vincolo della legge del 1870, ciò nonostante il Governo dovrebbe pre sentare una proposta completa. Fra le necessità più urgenti vi è quella di accrescere le comunicazioni fra la valle del Po e l’Italia centrale.
Non crede che a un interesse militare, più ideale che reale, come cerca di dimostrare riguardo alla linea Imola-Pontassieve, si debba sacrificare ogni altro interesse, dal lato della costruzione come da quello del commercio, tanto più che la stessa Commissione di difesa non detto a quella linea che una lieve preferenza e si dichiarò incompetente a giudicarla sotto gli altri aspetti che non fosse quello militare.
lo luglio 1877 L’ ECONOMISTA
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anni ancora costruire un solo nuovo valico dell’Ap pennino Ira Bologna ed Ancona, e se si volessero tenere per suprema mira gl’interessi militari, con verrebbe deporre le gare ed egli sacrificherebbe per parte sua anche il valico di Faenza, malgrado i suoi pregi. Quello che preme si è una linea diretta fra Roma ed il Veneto per la Romagna e Ferrara.
L’on. Guarirli osservò che le città romagnole deside rano di essere direttamente congiunte alla Toscana, colla quale hanno vincoli di amicizia e di interessi com merciali di qualche importanza. Oggi il valico del- l’Appennino deve agevolare ed abbreviare le comu nicazioni con Roma. Occorre decidersi per mettere fine alla lunga espettazione delle popolazioni e per non accrescere inutili lusinghe.
L’on. Villani dice che la via fra Napoli e Avel lino, decretata nel 1861 dalla luogotenenza, non è ancora compiuta e che quando lo sarà, non se ne farà uso che difficilmente perchè è tanto serpeggiante che si impiegherebbe minor tempo ad andare dal l’ima all’altra città in vettura. Nel 1865 il Parla mento provvide a temperare questa condizione di cose con altre comunicazioni di linee, ma nulla si è attuato, malgrado che la spesa sia piccola. Do manda le intenzioni del Governo.
L’on Giudici Vittorio ricorda che al! Italia ri guardo al traforo del Gottardo toccarono su 85 mi lioni -lo, 20 alla Svizzera e 20 alla Germania. Con tuttociò l’Italia ha lasciato in mano della Svizzera tutta l’ingerenza nella direzione dei lavori e nella composizione della Società, e la Svizzera se ne è valsa largamente. 1 nostri ingegneri vennero licenziati e come venissero trattati i nostri operai, è cosa nota. L Italia non potè ottenere di avere le due stazioni internazionali della strada d’accesso sul suo territorio e dovè lasciarne una alla Svizzera. La Società del Gottardo, avendo largheggiato in spese inutili, si trova in cattive condizioni. Una conferenza fu sta bilita a Berna fra i rappresentanti dei tre Governi interessati. La cosa è grave per la entità degli in teressi impegnati e per l’ansietà delle popolazioni, che hanno impiegato egregie somme di sussidio per la realizzazione dell’opera.
L’oratore pensa che la Svizzera tenti sottrarsi a una parte degli obbligi contratti, mentre l’ Italia ha osservato religiosamente i suoi. Richiama l’attenzione del ministro sui ritardo che già si verifica nel prin cipio dei lavori del tronco ferroviario tra Bellinzona e Lugano, dove si trova la galleria del monte Ceneri. Chiede al Governo se è disposto a tutelare rigoro samente per questa parte i diritti dello Stato e ad esigere il pieno e intero adempimento della Con venzione di Berna, rammentando che la Commissione del bilancio disse : « la vostra Commissione confida che il Governo sospenderà il pagamento della quota fissa finché non avrà assicurata I’ esecuzione delle
j strade di accesso, ai sensi del trattato di Berna, e | che saprà dare ai suoi delegati istruzioni conformi j ai diritti e agl’ interessi del nostro Stato, su cui fu gravato il maggior onere pel compimento della grande opera internazionale. »
L’onor. Podestà trova che il nostro Governo corre troppo ad accettare per sede di conferenze delle città straniere, il che è men conveniente in questa cir- i costanza. Quanto all avere accettata la conferenza, crede sia stato bene. Vuol sapere se il Governo in tende far rispettare il trattato per ciò che assicuri che il Gottardo diventi uno dei più grandi veicoli dei commerci internazionali e di transito.
La società versa in male acque ; anche se il deficit potesse ridursi a 74 milioni, la cifra sarebbe sempre considerevole. Essa si costituì con un capitale insuf ficiente e qui sorge una prima responsabilità del Governo svizzero. Insufficiente sembra pure la ga ranzia. Essa ha poi profuso spese nelle parti meno importanti delle reti ferroviarie concedutele. La rete ticinese, che solo per una minima parte serve al traffico internazionale, ha costato 54 milioni a tutto il 1876, mentre la spesa preventiva ascendeva a 18 milioni ! Glie cosa intende di fare il Governo?
L’ onor. Indelicato dice che occorre che la rete
ferroviaria siciliana dopo avere allacciato P alerm o con Messina, C atania-Siracusa vada da Catania a P alerm o, dividendo per m età l’ isola toccando Calta- nissetta con diram azione da essa sopra G irgenti e sopra Licata. R accom anda all’onor. m inistro l’ in i ziativa, l’esattezza dei com puti e dei tracciati, e di chiara di dom andare ciò in nom e di P alerm o, i cui interessi collim ano con quelli di tutta l’Isola.
Una interrogazione dell’onor. Costantini riguarda la strada rotabile nazionale degli Abruzzi pel tratto in costruzione da Montorio sul Vornano a Pizzoli opera che costa dei milioni e sembra caduta in ab bandono.
L’onor. Cucchi Luigi parla di alcuni piccoli co
m uni della valle del B rem bo, pei quali la legge sulle strad e com unali obbligatorie viene applicata
con criteri a suo cred ere assurdi. Est modus in
rebus e i progetti che si fanno dal genio g overna tivo superano talvolta le forze econom iche dei com uni.
L ’onor. Speciale accenna ai reclam i giunti dalla
C am era di C om m ercio di C atania, dalla G iunta m u nicipale, dal circolo degli operai e da altre associa zioni contro il progetto votato dalla Cam era p er la concessione di servizi postali e com m erciali m arit tim i nel M editerraneo e nei m ari dell’ In d o -C h in a con le società R. R ubattino e Com p. ed I. V . F lorio e Com p.
68 L’ ECONOM ISTA 13 luglio 1877
cittadinanza catanese debbono esser prese in consi derazione. Trova giusto ¡’affermare che soppressa la linea dell’Adriatico, i più vitali interessi di quella ricca provincia rimangono compromessi. Si è voluto accettare il principio che le linee di navigazione devono costituire un prolungamento delle linee fer roviarie che convergono alla capitale. La immensa esportazione della provincia di Catania si dovrà fare su un unico vapore che tornerà settimanalmente da Alessandria già stivato di mercanzie ! Gli sembra che ciò che le convenzioni promettevano non si sia realizzato e parla delle assicurazioni date dall’onore vole ministro, assicurazioni che egli riassume. In seguito a ciò chiede al medesimo esplicite spiega zioni. Torna a parlare della soppressione, a suo av viso malaugurata, della linea adriatica e chiede che si affrettino gli studi per operare il promesso allac ciamento fra l’Adriatico e il Mediterraneo e per prolungare la linea Napoli-Messina per Catania, ran nodandola anche settimanalmente con quella del l’Adriatico. Chiede si rimedi al danno introducendo adatti emendamenti nel progetto di legge votato dalla Camera elettiva, e come ha domandato la Camera di commercio, prolungando sino al porto di Catania i sei vapori che si fermano in Messina, la quale non ha altri prodotti a caricare se non quelli che giun gono da Catania, e ripristinando la linea Venezia- Catania.
L’onor. Longo parla sullo stesso argomento del- l’onor. Speciale. Crede che malgrado il torto che la Camera di commercio ha avuto verso i deputati della provincia che ne hanno tutalati gli interessi, qualche cosa rimanga da fare per togliere i danni che al commercio di Catania potrebbe derivare dalle convenzioni. Si è esagerato a dirne male, ma è certo che attualmente manca una diretta corrispondenza con Venezia. Prega l’onor. ministro a provvedere in proposito.
L’on. Maurogonato parla intorno alla disugua glianza delle tariffe ferroviarie pei passeggeri, osser vando che mentre si capisce che alcune Società abbiano tariffe diverse l’una dall’altra, non si com prende come una medesima Società, la quale eser cita le linee della stessa regione applichi tariffe di verse nelle varie provincie. Ciò è contrario alla giu stizia.
Questa variazione riesce tanto più sensibile quando risulti che vengono fatti ribassi notevoli in alcune provincie e che altre rimangono escluse dal benefizio. E questo è quello che è avvenuto, perchè fino al settembre del 1874 in Lombardia la tariffa era quella stessa che è applicata oggi nelle provincie venete e che poi fu per quella regione ribassata. La Camera di commercio di Venezia avanzò un reclamo a que sto riguardo.
La differenza è gravissima e l’oratore lo prova
colle cifre. Oltre a un 20 0|o di divario medio, vi è la tassa a favore dell' erario del 13 0[0 che es sendo proporzionata alle somme che si pagano, ag grava tanto più la posizione delle provincie venete, che hanno l’ aggravio particolare del 20 0(0 di aumento pei treni diretti. Tutto calcolato, l’oratore crede non andar lungi dal vero nel dire che la dif ferenza ascende presso a poco a L. 700 mila.
Se prima del 18 marzo si opponevano difficoltà gravissime, dopo la crisi che portò seco il mutamento del Ministero appunto per la questione del riscatto si poteva fare il patto della tariffa unica o media, quando la Società dell’Alta Italia non ne avesse ri sentito alcun danno materiale. Ma nulla si fece. Chiede che si ripari alla ingiustizia.
L’on. Romano Giuseppe richiama l’attenzione della Camera e del ministro a combattere un fiero ne mico, cioè la malaria che decima la popolazione di molti nostri paesi e Specialmente della campagna romana. Trova che si è fatto pochissimo, perchè manca una legge unificatrice del sistema delle bo nifiche, mancano gli studi e mancano i capitali. La legge potrebbe farsi, raccogliendo le varie leggi che reggevano le diverse provincie italiane e basandola sul principio della espropriazione per causa di pub blica utilità. Gli studi servirebbero alla pubblica am ministrazione per giudicare del modo di far le opere e per sapere quali siano più e quali meno urgenti e incoraggerebbero la speculazione privata, che non si sottomette a tali spese nella incertezza se convenga o no intraprendere una data opera.
Il Governo ha d’altronde gli ingegneri del genio civile. Quanto al capitale lo Stato non può largheg giare, ma si potrebbe studiare se non fosse oppor tuno di dare il lavoro delle bonifiche alle provincie con facoltà di emettere delle obbligazioni garantite dal Governo, il quale potrebbe a sua volta prendere le convenienti cautele nel suo interesse e le pro vincie potrebbero così compiere le rispettive boni fiche con non lieve loro profitto.
L’onorevole TJngaro interrogò il Governo su un fatto particolare riguardante un Comune e che attiene al ramo bonifiche.
Con ciò vennero esaurite le interrogazioni e si passò alla discussione generale del bilancio defini tivo del Ministero dei lavori pubblici, di cui rende remo conto nel prossimo numero.
L’importanza iella cane ueiraliieutazione
E LA
SU A P R O D U Z IO N E
15 luglio 1877
ta n to in ta n to reg alan d o all’ Ita lia , e nei q u ali tu non sai se sia superiore la v a s tità del con cetto, o la lim pidezza con cui si m anifesta m e d ia n te ufficio della p aro la, prendendo a consi d erare le cifre s ta tis tic h e che si riferiscono alla dem ografia ita lica, g iu n g e alla se g u en te te rrib ile conclusione « in Ita lia m olto si nasce, m a m olto eziandio si m uore. »
A q u e sta afferm azione ta n to lu g u b re , h a n n o p u r fatto eco, e g li estensori d ella G azzetta m edica del V eneto, e 1’ a u to re del Medico di casa.
A nche fa tta astrazio n e d a ll’ a u to rità g r a n dissim a che m e rita m e n te gode l’ illu stre eco n o m ista genovese, e la q u ale ren d ereb b e a tte n dibile co tal v erità, se si esam in an o le cifre che egli discute, non si può non convenirne, g ia c ché è d ’uopo rifle tte re che nel no stro caso non può darsi che i n u m e ri v ad an o a lte ra ti. Se si tr a t t a di re n d ita di te rre n i, o d’altro cap itale n u lla di p iù facile il nascondere la produzione re a le , e so stitu irn e delle im m a g in a rie ; ma p arlan d o di v ita o di m orte, troppe sono le a u to rità im p e g n a te a v erificarn e la re a ltà per p oterle m ettere, an ch e per un solo m om ento, in dubbio.
Q ueste stesse cifre sono trem en d e n e lla loro crudezza, g iacch é non ad a ltro ci conducono che a lla dim ostrazione — che la v ita m edia degli ita lia n i é di un q u in to in ferio re a q u ella de’ francesi. » G li ita lia n i soccombono p rim a di to ccare il 15° anno nello spaventevole n u m ero del 54 per cento ; e soltanto in q u e lla del 46 nelle e tà successive.
N ella stessa M ilano, ch e p u re è c ittà a lta m en te civile la m o rta lità asconde al 35 per m ille, m en tre a P a r ig i a ttu a lm e n te e a L o n d ra essa è discesa al 22 p er m ille.
A llorquando io lessi q u e ste lu g u b ri r iv e la zioni, la m ia m ente non r is te tte u n m om ento e si pose a m ed itare q u a l p oteva essere la cau sa di ta n ta j a t t u r a e mi dom an d av a d’ onde h a o rig in e q u esta s c ia g u ra ta condizione di cose ?
F o rse che e ra u n a c o rtig ia n e ria , q u e lla che a n d av a afferm ando il g ra n d e A stig ian o cioè, che « la p ia n ta uom o nasce ro b u stissim a in I ta lia ? » P au lo F a m b ri lo v o rreb b e credere, e non esita ad afferm arlo : d a r del c o rtig ia n o a V itto rio A lfieri sem b ra a me, non dirò m a n canza di risp e tto , m a u n a v era sto ltezza; t u t ta v ia non v o rrei credere nem m anco che il d e p u tato veneto, il q u ale a n c h ’esso sem bra s p re g ia to re della facile p o p o larità che si raccoglie lisciando le passioni p iù a b ie tte d ella plebe, non si fosse im b ran cato n ella g ra n d e com pa g n ia de’ P ia g n o n i odierni, che vauno s u s s u r
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ran d o essere noi ita lia n i l’ ultim o popolo del mondo, ed u n a m assa di straccio n i e di ciompi.
Io invece sono dell’ opinione che l’ Alfieri avesse p ien a rag io n e se si g u a rd a al valore m orale del nostro popolo. Se leggo la sto ria dei riv o lg im e n ti, che a m ig lio ra re le p roprie condizioni fecero i popoli, lo d ich iaro fra n c a m ente, mi sen to superbo di essere italiano. Dopo a v e r p assa ta u n ’epoca così tr is ta e cor ru ttric e che u n am ericano diceva a me perso n alm en te un gio rn o « con ta li governacci come quelli che av ete (era n el 1856) u n ’a ltr a razza mono della v o stra ro b u sta e sapiente, and reb b e carponi come le bestie » ven ire a dirci che l’Alfieri avea to rto , allo rch é afferm ava la pianta- uomo nascere ro b u stissim a in Ita lia , sem bram i un errore, quando si sa che questo popolò in poco p iù di u n q u a rto di secolo ebbe la v irtù , il co rag g io , la forza di scuotere dal collo il doppio giogo di ferro che g li aveano im posto, ed aveano sap u to così ben com porre in accordo la reazione politica, ed il farisaism o religioso. Quel popolo che h a p o tu to così p o ten tem en te, e così ferm am ente h a voluto, dica p u re quel che vuole il d ep u tato di Dolo, deve avere u na g r a n m ente ed u na g ra n d e forza di volontà. M oralm ente d u n q u e la p ian ta-u o m o nasce ro b u s ta in Italia, quanto u n ’ a ltra , e forse p iù ; ed io vo rrei che di a ltri popoli a noi v icini si potesse d ire a ltr e tta n to q u an to di noi diceva sa p ien tem en te Massimo d’Azeglio, di q u ale a f fe rm av a che g li ita lia n i dicono m olte scioc chezze, m a non ne com m ettono a ltro che ben poche. »
Ad ogni modo le cifre d ella s ta tis tic a sono inesorabili ; q u ale può essere la causa, ripeterò, di così sv e n tu ra to o rd in e di cose ? A ndiam one in c e rc a e vediam o di elim in are q uelle che potessero in d u rre q u alch e sospetto ch e non fosse real.: m a sem plicem ente im m ag in ario .
Com inciam o dal clim a. T u tti sono d ’accordo nel concedere al clim a ita lia n o u n a g ra n d e dolcezza, e non pochi sono i m edici s tra n ie ri che consigliano g li a b ita n ti dei paesi nordici di rifu g ia rsi nel nostro p e r ric e rc arv i la salu te che sotto il loro cielo p iù aspro aveano p e r duto. P alerm o e Nizza, e perfino Rom a furono sem pre il rifu g io de’ s e tte n trio n a li, per v e n irv i ne’ mesi r ig id i a rin fo rzarv i il proprio o r g a nism o. Non posso g iu n g e re a ca p a c itarm i come si consiglino, coloro sp ecialm en te che h an n o deboli ed in ta c c a ti g li o rg a n i re sp ira to rii, o sono affetti d a q u alch e a ltro m alan n o , di ve n ire in un paese dove la s ta tis tic a ci riv e la che q u iv i si m uore p iù la rg a m e n te .
È b en vero che sotto il cielo ita lia n o in
L’ ECONOM ISTA 70
Clini mesi dell’anno, p er p arecch ie co n trad e vi dom ina la m alaria ; e ta n to è vero che al d ire dello Smèe a noi ita lia n i è concesso il tris te p riv ile g io di te n e re il g ra d in o più elevato fra i popoli ne’ quali reg n a n o sig n o re le m a la ttie di infezione ; m a q u a n d ’ anche ciò sia, le pro- v incie che sono la rg a m e n te in fe tte dal m iasm a in Ita lia , si riducono ad un cin q n an tesim o di tu tto il te rrito rio , m en tre la sproporzione fra g li ita lia n i che vivono u n a v ila m edia di 31 an n i e 10 mesi ed i francesi che h a n n o anche essi u n a estensione di te rrito rio infetto dal m iasm a corrisponde ad un settan tesim o e ne contano u n a assai p iù elevata, di 39 a n n i e
10 mesi.
D’altro n d e q u ella razza che diede ai rom ani i più valorosi soldati del mondo, e che s p a r gendo la luce d ella c iv iltà si spinsero fino al l’estrem o confine della te r r a conosciuta, viveva p u re e g u a lm e n te sotto a l cielo di Roma, anche allora p e rtu rb a to dalle febbri m ia sm a tic h e , come ce ne assicu ran o F ro n tin o ed Orazio Fiacco, e ce ne sono testim oni C icerone ed a ltri. E poi la proporzione fra francesi ed ita lia n i m o rti sarebbe troppo g ra n d e , perchè si rid u ce ad un q u in to di più p er questi, m e n tre anche am m ettendo che le co n trad e della F r a n cia fossero tu tte sanissim e, lochè, come vi a v v e rtiv a , non è, dovrebbe esservi la differenza tu tto a l p iù di. u n ventesim o, e forse meno.
Sono forse le fatich e alle q u ali deve soggia- g ia c e re fra noi il diseredato d ella fo rtu n a p e r p ro cacciarsi i mezzi di vivere ? A nche qui io non p o trei tro v a rv i u n a rag io n e, g iacch e noi sappiam o che, m en tre u n a v en tesim a p a rte della popolazione in g lese vive lavorando nelle m iniere ed in opifìcii assai p iù m alsan i di q u alsiasi c a p a n n a ita lia n a p er nove mesi del l’anno ra lle g ra ta dal nostro lim pido sole, a ta li faticosi e m a lsa n i lavori in Ita lia non vi è a d d e tta la cin q u an tesim a p a rte . Il nostro p o polo invece, se la v o ra non h a g ra n d io si opifìcii, non conta m in iere da a n d a re a p ro cacciarsi la v ita nelle profonde viscere della te rra , e dalle q u ali esca tu tto al p iù ogni otto dì p er r i v e dere il sole.
Sono forse le p riv azio n i assolute alle q u a li deve so b b arcarsi lo stesso n o stro operaio? A n che q u i m etto i m iei d u b b ii : certa m e n te il nostro operaio non conduce u n a v ita scialosa ; si n u tre in certe sta g io n i m olto male, m a p e r q u an to ne sap p ia, an ch e n e g li an n i di estrem a p e n u ria non si ebbe g iam m ai esem pio di uno che sia m orto di fame ; esem pio che non ra re volte ad ogni a n n o si rip e te nelle c a p itali po polatissim e, quale sarebbe ad esem pio L ondra.
lo luglio 1877
E p p u re la cau sa la vi dovrebbe essere g ia c ché, ve lo ripeto, io non presto m olta fede a q u ell’am m asso in d ig esto di cifre che ci v a di ta n to in ta n to re g alan d o il M inistero di a g r i c o ltu ra e com m ercio per tu tto quello che si riferisce alla produzione dei te rre n i, e ne ho u n a p o ten tissim a ra g io n e nel fatto che ivi tro v o ta li strafalcio n i che farebbero rid ere le s ta tu e ; m a q uelle della vita, lo ripeto, e della m orte sono troppo p o ten ti da non potere su di esse concepire il menomo dubbio.
S arebbero d u n q u e le a b itu d in i viziose o di scostum atezz i che potessero a b b ru tire il nostro popolo? N em m aneo p er sogno. Nei pochi v ia g g i che io ho in tra p re si all’estero ho sen tito sem pre t u tti coloro che si valevano di operai ita lia n i v a n ta re la loro sobrietà, ed il loro riserbo, la g ra n d e e c o rre tta in te llig e n z a ed il rispetto, alle leg g i ed alle a u to r ità ; e quando con fermo proposito in d ag ai i costum i d eg li a ltri popoli facendone u n confronto col nostro non poteva a m eno di p ro v are u n a g ra n d e com piacenza in te rn a , e ta lc h é affacciandom i dalle alpi per ris a lu ta re lo splendido cielo sotto cui ebbi la c u lla non p oteva a meno di esclam are: « Oh Ita lia m ia q u a n to m ai h av v i di g ra n d e e di generoso an ch e nel più um ile e nel più oscuro dei tuoi figli. Dio non può a lu ngo p erm et te re che tu rim a n g a u m ilia ta come lo sei og g id ì. » E le m ie parole furono quasi di v a ti cinio ed ebbi an ch e io la fe lic ità di sa lu ta re q u e sta m ia p a tria , lorte e r is p e tta ta e di ve d erla assisa con orgoglio al b an c h e tto delle nazioni.
So p u rtro p p o che o g g id ì in ta lu n i è invalso il p ravo co stu m e di d ip in g erci quale u n bran co di pezzenti, sorse u n a scuola di scioli che ogni g io rn o ci va g itta u d o sul volto acerb i rim p ro v eri p er q u el che facciam o e ci d ic h ia ra l’u ltim o popolo del m ondo; m a a che occu p arci di q u esta g e n te che ci ch iam a un po polo di straccioni forse p erch è non abbiam o a sufficienza da rie m p irn e le bram ose can n e? A q u ale scopo p ren d ere a co n fu tare le stra n e opinioni di chi ci p ro clam a u n a m assa d’ig n o r a n ti e crede che noi abbiam o p erd u to tu tto , an ch e il p rim a to della m u sica, ed alle soavi m elodie del B ellin i, alle arm o n ie del Pesarese, alle note severe del C igno di B usseto p re te n d e siano d a p re fe rirsi i nebulosi can ti del M eyerbeer, le note in co m p ren sib ili del W a g n e r che li rise rb a ai ta rd i nepoti, ab benchè io sappia, e noi t u t t i sappiam o, che o g g id ì non v iv an o nè profeti, nè figli di profeti, presso nessun popolo del mondo.
15 M i o 1877 L’ ECONOM ISTA 71
la ci dovrebbe essere, e credo rise g g a special- m ente nel sistem a di alim en tazio n e che il no stro popolo h a adottato. Che il mio sospetto ab b ia u n fondam ento ed u n a p rova io vorrei crederlo dal fatto seg u en te, cioè p ren d en d o a co n fro n tare due delle p iù ricch e provincie, l’u n a a p p a rte n e n te a ll’ Ita lia , ed è q u e lla di P adova, l ’a ltr a q u ella di L illa in F ra n c ia .
N ella loro s ta tis tic a della p ro v in cia p ado v a n a il K eller ed il R o m a n in -Ja c u r dim o stra n o c h ia ra m e n te che ogni a b ita n te di quel te rrito rio non può fru ire al di là di g ra m m i 8 di carne per g iorno. A L illa invece i c itta d in i m an g ian o in m edia 24 g ra m m i di carn e og n i dì. E bbene noi troviam o che m e n tre n ella p rim a la m o rta lità ascende al 38 p e r 1000, n ella seconda non g iu n g e al 23. L a differenza, come vedete, è enorm e, ta lc h é b en a rag io n e A m brogio T ard ieu diceva nel suo classico D i zionario (V Igiene, l’oscillazione che se g n a la u n au m en to nel consum o della carne, c o rri sponde ad u n a oscillazione di accrescim ento n e lla popolazione; la deviazione in v ersa della d im inuzione n el re g im e an im a le viene invece s e g n a la ta da u n a decrescenza nella stessa popo lazione.
E n o ta te bene che i p adovani n ell’is titu ire i loro calcoli ste tte ro m olto, e lo confessano essi m edesim i, al disopra della re a ltà . Q ual m e ra v ig lia p e rta n to se q uelli che si a lim en ta n o so ltan to di un terzo di questo cibo in d i spen sab ile contano an ch e un q u in to di m eno n e g li a n n i di v ita ? È anzi d a m e ra v ig lia rsi che n o n ne soffrano m ag g io rm e n te .
Im perocché fa d’uopo di a v v e rtire che l’uomo considerato n ella su a costituzione m ate ria le può e ssere, con g ra n d e approssim azione al vero, considerato quale u n a m a c c h in a ch e a g i sce m eccanicam ente alla stessa id e n tic a g u isa di u n m otore che riceve l’im pulso dal vapore, ossia ed u n a m acch in a term o g e n ic a . Ma p e r chè b en possiate p e n e tra re la g iu stezza del concetto di questo confronto, e come il lavoro succeda eg u a lm e n te n e lla m otrice a vap o re e n e lla m acchina anim ale, p erm e tte te m i che su questo arg o m en to mi sofferm i alcun poco. La vita, com e saprete, si m an ifesta d ire tta m e n te in g ra z ia del m oto, o come dicesi p iù com u n em en te d ag li scien ziati col lavoro dinam ico. U na p a rte di cotesto lavoro si com pie invo lo n ta ria m e n te ed in scien tem en te, q u a l’ è quello dei m o v im en ti di sistole e di astole del cuore che d an n o F im pulso al sa n g u e , il q u ale per essi si estende ed in pochi m in u ti p e n e tra e si ritr a e dai vasi s a n g u ig n i, l’a ltro delle con tra z io n i dei polm oni per d a r luogo a lla pe
n etrazio n e dell’a ria che funziona quale a g en te della respirazione, u n terzo dei m oti p e rista l tic i e v erm icolari dell’organo che presiede alle funzioni di d igestione. U n’a ltr a p a rte di eote- sto lavoro si compie sotto all’ im pulso della volontà ed è quello che si m an ifesta n ella facoltà di p assare da u n luogo ad un a ltro e di im p ieg are i nostri sforzi a vincere g li o sta coli e le resistenze che ci si p resen tan o nelle operazioni m eccaniche.
O ra sapete voi, o sig n o ri, a q u al p a rte noi a ttin g ia m o la potenziale e n e rg ia che tra d u - cesi così nei m oti in v o lo n tari, come nei vo lo n ta ri? D al calore che nasce nel nostro corpo per la com bustione d i u n a p a rte dell’alim ento che o g n i g io rn o assum iam o. Q uindi è che u n a p a rte del cibo ingoiato ab b ru c ia le n tam en te ed il corpo dell’an im ale possiede costan tem en te u n grado di te m p e ra tu ra superiore a quello che possiede l’am b ien te n el quale ci troviam o.
Noi q u in d i vediam o c h iaram en te che il p a ra l lelo fra la m otrice a vapore ed il corpo a n i m ale p er questo lato non può r is a lta r m eglio ch ia ra m e n te ag li occhi no stri. L a sola diffe ren za sta in ciò che il calore che dà l’im pulso alla form azione della causa m otrice n ella m ac c h in a an im ale viene o rig in a to dall’ab h ru c ia re di u n a p a rte del cibo, quello invece che m ette in moto la m acch in a a vapore è dovuto alla com bustione delle le g n a o del carbone che alim en tan o il fuoco n el fornello su cui posa la cald aia g en e ra trice .
Nè qui si lim ita la som iglianza delle due m acchine: se u n a m a c c h in a a vapore lav o ra sem pre a poco a poco i v a ri o rg a n i d e stin a ti a tra s m e tte re ed a re g o lare l'effetto desiderato si sciupano. L a cald aia dim inuisce nello spes sore delle p a re ti, g li sta n tu ffi che g ira n o nei c ilin d ri coll’a ttrito a n c h ’essi finiscono col non com baciare p iù esattam en te, i tu b i co n d u tto ri irru g g in isc o n o , le aste si p iegano e si spez zano facilm ente, i ru b in e tti si rendono in ser v ib ili. Ad og n i volgere di u n certo tem po succede che fa d’uopo c a n g ia rli, o rin fo rzarli, e questo ta n to p iù spesso q u an to m a g g io re è la q u a n tità di lavoro che se ne dom anda.
Che p iù ? P e rc h è g li o rg a n i d ella m otrice a vapore agiscano p iù re g o la rm e n te e scor ran o con m a g g io re lib e rtà vincendo le re si stenze che loro p re se n ta l’a ttrito è in d is p e n sabile che v en g an o resi lu b ric i coll’aiu to di u n corpo g ra sso ; ebbene an ch e g li o rg an i d ella m acch in a a n im ale h a n n o d’uopo di u n a ce rta q u a n tità di g rasso e la n a tu r a provvida sem pre e sapientissim a ne li fornì la rg a m e n te .
72 L’ ECONOM ISTA 13 luglio 1877
su m a m a te ria com bustibile p er m an ten ersi sem pre calda, sciupa a poco a poco i m ate ria li cbe ne costituiscono g li organi, il grasso che rende questi lu b rici. Q uindi da questo la necessità di n u trirs i. E siccom e il lavoro della stessa m a cch in a anim ale è costante, così i | m a te ria li che la co stitu iv an o debbono essere ! rin n o v a ti p er far rito rn o al suo prim o modo di esistere ed alla su a perfezione. Se noi esa-
i
m iniam o il modo di vivere della m acch in a u m a n a v eg g iam o ta n to sto che meno il caso [ in cui debba ra g g iu n g e re il m assim o dello sviluppo che le com pete, essa ta n to consum a j q u a n to riceve e che il lavoro d a lla m edesim a J prodotto è sem pre in relazione della q u a n tità di sostanza in g e rita e consum ata.Gli elem en ti che d u ra n te il lavoro si r e n dono in serv ib ili da sostanze o rg a n iz z a tric i e so sten itrici della m a c c h in a , se rim anessero nella stessa d iv erreb b ero nocivi e m ortali ed allo rch é sono elim in a ti per mezzo delle vie escrem en tizie che form ano p a rte della m ac china, è p erchè assunsero form a e costituzione ta li che non giovano p iù alle funzioni n o r m ali. Ma p erchè u n a m a cch in a ag isca reg o larm e n te tu tti gli o rg a n i debbono essere p ro porzionati ed i m a te ria li che la m ettono in azione a n c h ’ essi dov ran n o tro v a rsi in tali ra p p o rti che tu tte le m u ltip le azioni r a g g iu n gano il fine propostosi. Un cam inetto troppo stretto , o non alto a sufficienza non p ro d u r rebbe nel focolare che alim e n ta u n a m otrice a vapore a b b astan za di afflusso di a ria p erchè avvenisse p e rfetta u stione del com bustibile, e q u in d i p e rd ita in u tile del calore che deve m etam orfizzarsi in m oto; u n ’a sta dello s ta n tuffo troppo debole finirebbe col logorarsi tro p p o p resto , o collo spezzarsi p ro n ta m e n te ; la deficienza di grasso che raddolcisce l’a ttrito fareb b e ch e i pezzi della m acch in a che tro- v an si in c o n ta tto si logorassero di p iù ; u n eccesso di carbone g e tta to su lla g ra tic o la del focolare ne o stru ireb b e i v an i e quando poi fosse acceso p ro d u rreb b e un eccesso di vapore con p e rd ita di questo e ta lv o lta con pericolo di scoppio: insom m a p erchè u n a m acch in a m otrice lavori a dovere è ind isp en sab ile che tu tte le sue p a rti siano calcolate n elle dovute proporzioni: m ancandone u n a sola tu tto il m eccanism o funzionerà m ale. Il c o stru tto re deve in questo im ita r la N a tu ra che nel creare la m acch in a an im ale tu tto d istrib u ì, p o n d eratam en te e m isu ra ta m e n te , pontiere et m ensura.
E q u esta n a tu ra poi che tan to sap ien tem en te seppe, esige da noi che le sue le g g i siano
rig o ro sam en te osservate: o g n i tra s c u ra n z a , ogni n e g lig e n z a di queste le g g i finisce sem p re p er noi con u n a p u nizione che si riv e la sotto form a di m alessere, di m a la ttia , e parec chie volte coll’ab b rev iare la vita. — Così è d’uopo non solo di re sta u ra re il nostro o rg a nism o con t u tti g li elem en ti che vengono espulsi sotto la form a di escrezioni, m a ezian dio q u esti elem en ti dovranno essere sem pre r e in te g ra ti nelle proporzioni p re s c ritte d alla n a tu ra stessa. E quando io dico nelle propor zioni p re sc ritte in ten d o sia p er peso come per volum e.
Se noi p e rta n to m isuriam o queste propor zioni stesse sotto i due a sp e tti e le co n fro n tiam o con u n a sola q u a lità di alim ento, t e r m iniam o sem p re col rim a n e re co n v in ti che nè l ’uno nè l ’a ltro può serv ire da solo ad u na alim en tazio n e n orm alm ente sa n a e corrobo ra n te , cioè ch e corrisponda p ienam ente ai n o stri bisogni. N on de solo pane m v it homo, è sc ritto nel V angelo, e q u esta m assim a, q u a n tu n q u e le si ap p lich i p rin c ip a lm e n te un senso m orale profondam ente vero, non è meno vero n el senso fisico e fisiologico dell’uomo. Colui che si n u trisse di solo pano, o di sola p o len ta od an ch e di sole p atate, non potrebbe co n d u rre u n a v ita sa n a e che rendesse a ita n te la persona, ma co n d u rreb b e u n a v ita s te n ta ta e laboriosa ben poco, come co n d u rreb b e u n a v ita troppo e n e rg ic a e v io le n ta colui che si cibasse solo di carne. Il b u e che si pasce esclusivam ente di v e g e ta li è pacifico e si a g g io g a a iu ta n d o nei suoi lav o ri e cooperando efficacem ente l’uomo nelle sue fatiche cam p e s tri; la tig r e che vive di sola carn e è in d o m abile, non si addom estica g iam m ai altro che colle vie del dolore ed è sem pre p ro n ta a rib e l larsi al dom atore.
L a n a tu ra che diede a ll’uomo l’ istin to di a lim e n ta rsi con cibi m isti di o rig in e v eg etale ed an im ale, ne lo a v v e rtiv a an c h e di ciò, m e t tendo a ll’e n tra ta p er la q uale si in g erisce il cibo g li s tru m e n ti che consistono nel sistem a d en tario , m isti di c o n tu n d e n ti e di lac e ra n ti, m e n tre e ra p iù la rg a di q u e sti u ltim i a g li an im ali carn iv o ri e dei p rim i ag li erbivori. L a stessa ca p a c ità che può assu m ere lo sto m aco d e ll’uomo è tale che riesce in d isp en sa bile supporre debba il suo cibo essere un m i sto di sostanze an im ali e v e g e ta li.
1S luglio 1877 L’ ECONOM ISTA 73
elem enti espressi il prim o in Amido, o zuc chero ed il secondo in album e d’uovo stan n o fra loro come 5 ad 1. Non h a v v i alim en to che non co n te n g a delle due m a te rie od a ltre che h a n n o con queste an alo g ia, m a la loro co sti tu zio n e q u a n tita tiv a v a ria non poco. N el pane, ad esempio, i due elem enti essenziali a lla v ita stan n o presso a poco n ella proporzione di 10 ad 1, n e lla p o len ta di 16 ad 1. Ecco la r a gione p er la quale accade che l’uomo che viva di solo pane o di sola p o le n ta si tro v a in d e bolito, im perocché g li o rg an i d estin a ti a re n dere n u trie n te q u ell’alim ento, tro v an d o v i ac c u m u la ta tro p p a della sostanza cui debbono serv ire, finiscono collo spossarsi e re n d e rsi atoni ed inerti.
A llorquando il chim ico ed il fisiologo si fanno ad esam in are i b iso g n i assoluti del l’uomo, non possono altro che a rriv a re ad u n a conclusione sin g o lare ed è, che m e n tre d a un lato la n a tu ra additò a ll’uomo stesso u n mezzo sicuro per m a n te n e re sano e ben p o rta n te il proprio organism o non ra re volte le conve nienze sociali in te rv e n g o n o ad in to rb id a re , a ren d ere ditficile e quasi im possibile a ll’ indi viduo il modo di provvedervi. Q uindi è che tro v ato si in ta li condizioni, non è ra ro il caso che lo scienziato sia poi alla su a volta se g n ato a dito quale un u to p ista , od u n arrutfapopoli. E h ! v ia : coloro che osano allo studioso fare di siffatti rim p ro v eri sono o rd in a ria m e n te scia g u r a ti non possedenti n è m ente nè cuore : ch iu sisi nel loro egoism o ripetono col M et te rn ic h : après moi le delage, q u asiché la re sp o n sab ilità del dolore di u n in d ividuo non fosse in te ra di tu t t a la società, q u asich é di ogni la g rim a sp a rsa e che si potrebbe t e r gere, di ogni p ia g a che sareb b e facile il le nire, og n i uomo non dovesse re n d e r conto alla società ed alla p ro p ria coscienza. Ma p er lo am or di Dio non facciam o del se n tim e n to , non facciam o di q u ella che, coloro i q u ali o g g id ì si ch iam an o positivi, dicono poesia ed è invece prosa e d u ra prosa. Q uale è la cosa p iù p ro saica del cib a rsi? Non ne parliam o, mi direte, è cosa in d e g n a di m editazioni ! Cosa in d e g n a ? Oh sì ! in Ita lia noi la rep u tam m o in d e g n a fino ai n o stri g io rn i, è vero p u rtro p p o ; però ogni g ru p p o viene a l p e ttin e ed ora ne sen tiam o i nocevoli effetti: b aste ra n n o forse le m ie parole a scuotere l’ig n a v ia , ad e d u c a re la m ente dei p iù sui loro veri in te re ssi? Io non lo so. Ma q u an d ’a n c h e sapessi di c e rta scienza che le m ie elu cu b razio n i non possono essere quelle di un apostolo, non le debbo ta c e re j p er questo, e se an ch e bastassero so ltan to ad ¡
a llu n g a re di q u alch e ora la v ita m edia de g li ita lia n i che nella v erd e e tà periscono la sciando le m ad ri desolate, vedove le spose, orfani i figli, se potessi veder qualcu n o di coloro che vanno sotto a ltro cielo a ricercarv i u n a v ita m eno d u ra tra tte n e rs i fra n o i colla sp eran za di u n av v en ire m ig lio re io sarei ben lieto perchè sento che av rei sem inato la ve rità , che a poco a poco crescerebbe e se la m ia fro n te non potesse c in g ersi delle frondi di q u ercia il cui seme io ho affidato al te r reno, che im p o rta ? D irei, ho operato il bene e la m ia coscienza sarebbe tra n q u illa .
Non vi h a dubbio che il sistem a di a lim e n ta zione ad o ttato dal nostro popolo sia in te ra m e n te sb a g lia to . Non havvi popolo p iù sobrio di ali m e n ti carnei del popolo ita lian o , dello sp a- gnuolo all’ in fu o ri: m a q u al altro v’è ancora che fru isca m eno a n n i di v ita ? P arliam o ci fuori dei d en ti e lasciam o ag li ideologi, così e n u n z ia ti d a Napoleone I che sapeva ta n to bene in d o v in are g li uom ini, di cercare nelle reg io n i della m etafisica le cause di questa sv e n tu ra ta condizione di cose.
P e r me lo dico con franchezza, u n a delle cause p rin c ip a li è la deficienza di alim en ti c a rn e i. Sì, lo ripeto con Alfieri, « la p ia n ta - uomo in Ita lia nasce robustissim a; » m a se ta le n asce cresce tisic a e m alaticcia di poi.
Lo a lla tta la m ad re che si rim p in zav a di p o le n ta e di p an e e m an g iò tu tto al più q u a l che m in e stra di riso acconciato coll’olio o col lard o ; ap p en a s la tta to la polenta ed il pane sono i suoi cibi usuali e v’ ha un pregiudizio perfino, l’ ho io udito p arecch ie volte, che sia m ale d a r la ca rn e ai fa n c iu lli; poi va al la> voro e fo rtu n ato se dopo essersi riem pito lo stom aco nella g io rn a ta con pane e polenta e bevuto un poco di vino g iu n g a la sera a casa e possa riscald arsi lo stom aco con p o len ta cald a o con m in e stra c o tta n ell’acqua. P adova dà a g li a b ita n ti della sua pro v in cia appena otto g ra m m i di carn e al giorno che c o rri spondono a 24 c e n tig ra m m i dell’elem ento ri p a ra to re degli o rg an i. Le a ltre p a rti che m an cano debbono essere fo rn ite dal pane o d alla p o len ta, le quali u ltim e vivande p o rtan o poi u n a q u a n tità di m aterie eterogenee che lo stom aco fatica enorm em ente e finisce col ren dersi atonico e privo di e n e rg ia dig estiv a.
74 L’ ECONOMISTA -lo luglio 1877
p rin c ip a le di questo m alessere ve lo ripeterò . è il poco uso che facciam o di c a rn e . P e rm e t tetem i che su questo argom ento, a com provare g li asserti m iei io vi citi alcu n e an alogie a b b asta n z a curiose.
Il sommo fisiologo A n d rea Sanson in g razia de’suoi stu d ii su i ra p p o rti che corrono fra l’ali, m entazione di u n an im ale ed il lavoro da lui prodotto era condotto alla conclusione che per ogni g ram m o della sostanza a ro ta ta che co stitu isc e la carn e e che venisse m a n g ia ta dà u n uomo poteva p ro d u rre nel m edesimo ta n ta e n erg ia potenziale da m an ifestarsi in lavoro esterno eq u iv alen te a 4000 c h ilo g ram m etri. Si sa che p e r c h ilo g ram m etro noi in ten d iam o il lavoro necessario all’o rg an ism o p er innalzare a ll’altezza di un m etro, nel periodo di un m i nu to secondo il peso di u n chilogram m o. Ad esem pio u n uomo che pesi 80 ch ili se dovesse sa lire ad un altezza di 1000 m etri spenderebbe in forza o lavoro dinam ico 80,000 ch ilo g ram m etri per g iu n g e re alla m eta prefissa.
O ra supponiam o due soldati a p p a rte n e n ti a due eserciti nem ici che stiano per in g a g g ia re la. b a tta g lia , e che l’uno e l’a ltro si trovino a d ista n z a e g u a le dal p u n to che occupato può d a r v in ta o p e rd u ta la g io rn a ta . Q uale dei due soldati g iu n g e rà p iù facilm ente a lla m eta che si prefisse ? Quello che sa rà m eglio n u trito . B asterà che uno di essi abbia ap p u n to un gram m o di più della m a te ria che costituisce essenzialm ente la c a rn e perché se esso im piega 19 m in u ti per a rriv a re al posto, l’a ltro ve ne im p ieg h i 20. Un m in u to solo di tem po è quello ta lv o lta che dà v in ta o p e rd u ta u n a b a tta g lia . Custoza è là p er insegnarcelo.
Ma anche lasciando queste supposizioni lu g u b ri, a g g iu n g e rò che l’uso delle m aterie es senzialm ente c o stitu e n ti la carne possono in fluire assaissim o sull’opera m a n u a le del lavo rato re. Nel 1S60, il G overno pensò seriam ente di fortificarsi a P iacenza. M ig liaia e m ig liaia di operai concorsero a p re sta re le loro fatiche. Io mi tro v av a allo ra in condizione di m eglio s tu d ia re le cose, e vidi due sq u ad re 1’ u n a di operai p iacen tin i, l’a ltr a del cen tro dell’E m ilia m e tte rsi al lavoro. Dopo q u in d ic i g io rn i la differenza sì nell’operosità che n e ll’esecuzione e ra troppo p o ten te : volli allo ra esam in are j quale ne poteva essere la causa e vidi che m e n tre i p rim i ogni giorno fru iv an o di m aterie j essenzialm ente co stitu en ti la p a rte ris ta u ra - tric e degli o rg an i sino ad assu m ern e cen to sessanta g ram m i, l’a ltra meno a ttiv a nè fru iv a : invece soltanto due terzi e poco p iù . S em bram i
j
però che qualcuno osservi : sta bene che noipensiam o a m a n g ia re della carn e : ma come si fa coi prezzi così elevati che si inco n tran o o g g ig io rn o ? D irò fran cam en te il mio parere, come sono costum ato su lla questione.
L a produzione della c a rn e è sem pre costosa: checché se ne d ica col prezzo a ttu a le dei fo ra g g i il valore della carne deve essere sem pre elevato, g iacch é senza ta n ti com plim enti si può asserire che 25 ch ili di fieno, o l’eq u iv a len te in a ltri fo ra g g i producono un ch ilo g ra m m o .d i carn e. Anche spendendo sette lire per u n q u in ta le di fieno, un chilogram m o di c a rn e costa a produrlo L. 1 75. D etraendo il valore del concim e, ed i p ro d o tti secondarii il costo prim o della produzione della carn e è al meno di L. 1 20 valore che difficilm ente potrà d im in u ire an ch e nel seguito. S oltanto p e rm e t te te m i che io vi faccia u n ’osservazione. Il si stem a seg u ito d a noi n ell’ e sita re la c a rn e è ben poco razionale. Alla m acelleria voi pagate all’identico prezzo la carne della coscia e quella della testa, q uella del dorso e l’a ltr a del g ro p pone, ta lch é i fav o riti dalla fo rtu n a sono quelli che possono fru ire di questo alim ento neces sario. A P a rig i invece, ed in t u t t a 1’ I n g h il te rra il com m ercio d ella carne, si fa ben d i v ersam en te dal m acellaio. Q uesti am m azzato il b ue lo divide in 29 porzioni ad o g n u n a delle m edesim e si a ttrib u isc e un valore diffe ren te, cosicché m e n tre la c a rn e della coscia che è la p iù su ccu len ta e g u sto sa può essere a c q u ista ta solam ente dal ricco che la p ag a L. 2 80 il ch ilo g ram m a, il popolino può com p e ra rn e le p a rti inferiori che si vendevano il 25 febbraio di q u est’anno ad 80 centesim i.
P a re a me che in ta l m a n ie ra si m a n te n g a m eglio l ’equilibrio, e che così anche le classi m eno a g ia te possono m eglio accedere alla m a celleria, e fornirsi q uivi di un cibo più so stanzioso e co rro b o ran te, che non siano il riso, la po len ta ed an ch e il pane.
Ma ad ogni modo, q uand’an ch e la carn e di bue discendesse ad un prezzo inferiore a quello che noi abbiam o accennato, la q u a l cosa nelle condizioni a ttu a li della n o stra econom ia ru ra le g iu d ico molto difficile, non to g lie questo che non si debbano cercare a ltri mezzi per mol tip lic a re l’a lim en to del q u ale parliam o, e che spero av erv i dim o strato essenziale alla v ita
u m ana. ,
ia-lo luglio 1877 L’ ECONOMISTA 75
mo realm ente, come lo vedrem o : m a qui solo non si lim ita il com pito del chim ico-igienista. L a carne, come vedem m o è uno d eg li a lim e n ti quasi essenziali alla vita, m a essa può essere più o meno v a n ta g g io sa a seconda che sia p re p a ra ta con più o meno di d ilig en za per re n d e rla accessibile ai succhi g a s tric i che la fanno poi p iù o meno n u trie n te . A nche questo è un arg o m en to im portantissim o.
10 tem o che abu serei della v o stra pazienza se in q u est’o g g i mi estendessi più oltre. Credo ; opportuno di serbare ad a ltra le ttu ra di t r a t ta re d eg li an im ali che fornisco o carn e, e del j modo di ap p re sta re la carn e stessa per re n d e rla j più accetta al p alato , e p iù d ig erib ile. E d a n che q u esta sarà u na questione che esig erà a l meno u n ’ora di rag io n am en to , e che non sarà sicu ram en te inutile. Im perocché, sebbene io sia del p arere che g li a lti co n cetti dell’o rg a nismo sociale debbano essere i p rim i che oc cupino la m ente degli uom ini assen n ati e s tu diosi, q u a n tu n q u e io cred a che le esercitazioni le tte ra rie siano quelle che recando i p iaceri più delicati p arto riscan o an ch e i m ig lio ri fru tti perchè sanno scuotere la fa n ta sia e com m overe il cuore, non sono a q u e sti inferiori an ch e i più um ili stu d i delle scienze fisiche e fisiolo giche, quando esse m iran o al m ig lio ram en to m ateriale ed al b enessere dei più. Io non e n tre rò a d iscu tere il g rav issim o problem a se le cure ig ien ich e possono più o meno allo n tan are la fa ta lità che tro n c a lo stam e d ella v ita ; per la p a rte m ia sono convinto che desse rechino senza dubbio tale un fru tto d a d im o strare sem pre come siano capaci, se osservate a dovere di recar refrig erio a non pochi, e q u esta è la rag io n e p rin c ip a le che m ’indusse alle ricerch e, delle q u ali feci scopo la m ia esistenza se en - tifica, e sono anche del p a re re che c h iu n q u e vi si co nsacra riesca b enem erito del paese e della società. E quando di q u esta m assim a io ne cercassi u n a prova d ire tta l’avrei nel fatto che a d im o strare q u an to u n popolo siasi a v v a n ta g g ia to per le cu re del Governo, il Lord teso riere d ’Israeli rendendo conto ai suoi e le t to ri di q u an to avea operato a prò de’suoi g o v e rn a ti non esitav a a m e tte re in p rim a lin e a come le di lu i cure avessero fru tta to le p re cauzioni ig ien ich e. S ic u ram en te an ch e p er far prevalere nei costum i le m assim e ig ie n ic h e vuoisi del co rag g io e non poco.
11 card in ale di R ichelieu diceva che in po litica non vi h a di serio che la forza. Lo stesso si potrebbe d ire delle m isure di igiene pub b lica le quali, quando non sono coercitive, appro dano a n u lla ; perchè nessuno si c u ra di m an
d arle ad effetto, e molti si studiano di osteg g ia rle e tra sg re d irle p er far atto di in d ip e n denza e p ro testare contro ciò che essi consi derano come u n a tte n ta to contro la loro au to nom ia. Ma ad og n i modo col tem po e colla pazienza vi si g iu n g e. Chi ig n o ra q u ali osta coli, e q u a n ti lam en ti si alzarono allorché si volle abolito il pravo costum e di seppellire i m orti nelle Chiese. O ggidì fra noi le stesse popolazioni vi si opporrebbero. Noi non siam o perciò a ltro che i sem inatori che vanno lùpgo il solco lacrim an d o e forse ci sarà n e g a to di rito rn a r g iu liv i portando il m anipolo del g ra n o da noi sem inato.. Ma « non om nis m oriar » direm o anche noi, ed il bene che fru tte ra n n o le m assim e sparse tram a n d a te si da u n a g en e razione ad un a ltr a finiranno col ren d ere più robusti coloro che ci seg u iran n o nell’avvenire. Chi fè crescere due fili d’erb a dove ne cresceva u n solo h a ben m eritato d ella p a tria « disse un antico ». Chi rese più ro b u sta e p iù san a coi suoi su g g e rim e n ti u n a generazione novella non lo sa rà di meno, e forse per quan to mo desta la sua g lo ria nell’ in tim o della sua co scienza s e n tirà che essa su p era quella de’con- q u ista to ri di tu tte le età che alla loro a m b i zione sacrificarono ta n te v ittim e um ane.
A . Se l m i.
il b il a n c io d i d e f in it iv a p r e v is io n e
DELLA SPE SA
del m istero della Guerra e di anello della Marina
Il bilancio di definitiva previsione pel 1877 sta bilisce la spesa del Ministero della guerra come ap presso :Per la competenza dell’anno in L. 195,269,167 47 di cui :
Spesa ordinaria
di . . . . L. 170,246,167 67 dalla quale dedotte
le partite di giro costituenti spese fi
gurative in . » 4,101,447 47
Resta . . L. 166,347,615 14 Spesa
straordi-niaria . . . L. 25,023,000 00
Pei residui 1876 e retro in. » 35,646,985 20 cioè :
Spesa ordinaria
di . . . . » 18,318,122 00 Sposa straordi
76 L’ ECO N O M ISTA Io luglio 1877
E così in totale . . . . L. SioO,916,132 67 Dalla quale cifra sottratte le som
me, che si presume non vengano pagate entro il 51 dicembre 1877, le quali vanno trasportate nello stato di prima previsione pel 1878
i n ...» 18,148,000 00
La definitiva previsione dei paga
menti pel 1877 rimane di . L. 212,768,152 67
Ponendo quindi a confronto la competenza dell’anno quale fu approvata collo stato di prima previsione i n ...L. 189,593,899 36 e quella proposta col bilancio de-
fìinitivo i n ...» 195,269,167 47
questa risulta maggiore dell’ altra d i ... L. e ciò in causa degli aumenti intro dotti ai capitoli 3, 7, 8, 13 e 40, e delle diminuzioni operate ai capi toli 4, 10, 11, 27 e 28. Delle due ultime diminuzioni però non poten dosi tener conto perchè puramente figurative, è d’uopo aggiungere alla differenza emergente dal confronto della competenza inscritta nei due bilanci la somma complessiva cui rilevano le diminuzioni ai predetti due capitoli i n ... L.
onde risulta che col bilancio defi nitivo si ha un effettivo aumento
di spesa d i ...L. 6,000,000 00 e ciò per foraggi ai cavalli dell’esercito e per fab bricazione di armi portabili, cartuccie, buffetterie e loro trasporto.
Tutte le altre spese trovano un compenso, vale a dire che gli aumenti sono bilanciati da altrettante diminuzioni.
I residui 1876 e retro ascendono in totale a lire 37,076,985 20.
Sui medesimi trovansi maggiori spese ripartite fra i capitoli:
3. Stati maggiori e Gomitati;
12. Pane alle truppe e sovvenzioni pei viveri; 15. Foraggi ai cavalli dell’esercito;
21. Assegni agli ufficiali della milizia mobile e di complemento, pel complessivo ammontare di lire 1,430,000.
Questa somma non potendo essere inscritta fra le spese d’ordine ed obbligatorie la Commissione riferendosi alla deliberazione della Camera votata in seduta del 15 giugno 1873, non credette di potere
ammettere in bilancio, occorrendo per ciò una legge speciale.
Le maggiori spese suaccennate vanno didatti già comprese in quelle di cui il ministro chiede l’ap provazione della Camera col progetto di legge n° 83, stato presentato il 27 marzo del corrente anno.
In attesa adunque che tale legge venga votata, la Commissione propose fossero pel momento can cellati dal bilancio gli aumenti proposti sui residui ai capitali 3, 12,13 e 21; e perciò dal
loro ammontare in . . . . L. 37,076,985 20 diffalcaldo la somma cui ascendono
le chieste maggiori spose in . L. 1,430,000 00
si riduce a ...L. 35,646,985 20
Le somme già trasportate dal bilancio definitivo del 1876, presentano una diminuzione di 380,000 lire per abbandoni ed economie proposte ripartita- mente ai capitoli 1, 8, 9, 10, 20, 23.
11 bilancio rimane stabilito come appresso: Per la competenza della spesa ordinaria e straor dinaria per l’anno 1877 in . L. 195,269,167 47 Per i residui 1876 e retro in » 35,646,985 20
Per i pagamenti da eseguirsi nel
l’anno 1877 i n ... L. 212,768,152 67
Il bilancio di definitiva previsione del Ministero della marina è come appresso.
Per la competenza dell’anno in L. 41,630,778 11 di cui
parte ordinaria L. 40,439,778 39 parte straordin. » 1,190,999 72
Pei residui 1876 e retro in . L. 16,978,524 12 di cui
parte ordinaria L. 13,297,655 83 parte straordin. » 3,680,668 29
E cosi in totale . . L. 58,609,102 23 Dalla quale cifra deducendo le
somme che si presume non vengano pagate entro il 51 dicembre 1877, le quali vanno trasportate nello stato
di prima previsione del 1878 in » 5,024,000 00 La definitiva previsione pei paga
menti nel 1877 rimane quindi di L. 53,585,102 23
Ponendo a confronto la competenza dell’ anno quale fu approvata collo stato di prima previsione in ... L. 41,544,798 80 e questa proposta col bilancio defi
nitivo i n ... L. 41,630,778 11 questa risulta maggiore dell’altra
d i ...L. 5,675,268 11
524,731 89