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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.04 (1877) n.168, 22 luglio

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L'ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE. INTERESSI PRIVATI

Anno IV - Voi. Vili

Domenica 22 luglio 1877

N. 168

LA DISCUSSIONE GENERALE DEL BILANCIO DEFINITIVO

DEL

M NI STERO DEI LAVORI PUBBLICI

Esaurite le interrogazioni, di cui rendemmo conto nel nostro passato numero, fu aperta la discussione generale sul bilancio definitivo di previsione del Mi­ nistero dei Lavori Pubblici.

L’on. Trincherà, lasciando da parte le antiche memorie di Brindisi, poiché il positivismo degli studi e della vita moderna non permette di abban­ donarsi a siffatte melanconie, cerca ciò che Brindisi sia attualmente e se il Governo abbia mantenuto i suoi impegni verso di esso. Si disse con ragione che il nostro avvenire è sul mare, che conveniva creare una grande moltitudine di rapporti fra la Italia ed il Sud-America e renderci intermediari del commercio fra l’Europa, l’Asia e l’Affrica. Parve specialmente che ciò si comprendesse all’epoca in cui si compiè il taglio dell’istmo di Suez. Allora non si pensava che a Brindisi e molti si sforzarono di chiamare in quel porto la valigia delle Indie.

Nel 1870 il Governo fece il primo passo in una via che segnava una nuova era pel porto di Brin­ disi, ma al solito non si mostrò tenace nei suoi pro­ positi, e peggio ancora sospese nello stesso anno i lavori di escavazione. Oggi occorrono urgenti lavori di riparazione. Qui l’on. oratore enumera questi la­ vori, esortando il ministro a che provveda a porvi mano.

L’on. Saladini richiama l’attenzione del Governo sopra una linea ferroviaria già studiata da molto tempo, la linea Cesena-Arezzo. Per mostrare i van­ taggi di questa linea basta considerare che mentre Forlì si trova in perfetta pianura, Cesena è alle falde di lievi alture, che Forlì si scosta dalla linea retta Venezia-Roma, mentre Cesena sarebbe il punto che si troverebbe più vicino a questa linea. Cita l’autorità del generale Menabrea, ricorda la maggiore fertilità della valle del Savio su quella del Montone, l’industria molto sviluppata delle miniere sulfuree

che avvantaggerebbero la linea di Cesena, mentre non avvantaggerebbero affatto quella di Forlì, che passa per un territorio molto più arido. Inoltre Ce­ sena, assai più di Forlì, si trova nel punto mediano tra Bologna e Falconara. Insomma per ragioni mi­ litari e commerciali la linea di Cesena è la più con­ veniente. La linea Imola Pontassiòve è per i’onor. oratore fuori di combattimento. Del resto conviene far studiare la questione dalla Commissione perma­ nente di difesa dello Stato. Si risolverebbe il punto principale e si eviterebbero le gare di campanile, che fanno commettere a provinole e a comuni l’errore di votare spese gravose per i contribuenti per linee impossibili.

L’on. Adamoli parla della questione del Gottardo. Esamina le proposte della Svizzera e della Prussia. La prima dice che mancano 74 milioni per com­ piere la ferrovia del Gottardo e chiede agli Stati sovventori o di garantire una rendita netta di 7 mi­ lioni all’anno, finché . l’esercizio delle ferrovia del Gottardo col prodotto netto sorpassi questa cifra, oppure chiede un capitale di SI milioni senza in­ teressi fino a che le ferrovie del Gottardo rendano i 7 milioni netti. Ma queste ferrovie sono male am­ ministrate e conviene andare guardinghi. La Prussia poi propone di sopprimere alcune linee di accesso per ridurre il disavanzo a 46 milioni. Per 20 mi­ lioni, pensi la Svizzera a procurarseli con un pre­ stito garantito sulle ferrovie già in esercizio. Quanto al resto si troverà il modo. Di fronte a queste com- plicatize e pendente la conferenza, l’oratore non pro­ voca una risposta categorica dall’on. ministro, ma gli raccomanda lo studio della questione.

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una delle quali è già legge dello Stato e l’altra stava per diventarlo.

L’on. Mordini rammenta all’on. ministro un pro­ getto di ferrovia fra Lucca e Modena, che si eser­ citerebbe facilmente e si presterebbe a molti facili ed importanti allacciamenti con ferrovie principalis­ sime, specialmente con Pracchia. Accenna pure al­ lacciamento fra Empoli ed Altopascio, in quale per­ mette che dal mezzogiorno per Napoli, Roma, Orte, Siena, Empoli, Lucca, Modena, Mantova, Verona, si giunga direttamente al Brennero e quindi alla Germania orientale. Questa linea è raccomandata da potenti ragioni commerciali e militari, che l’oratore spiega. Quando si tratterà di procedi re alla scelta di un nuovo valico dell’Appennino settentrionale, egli crede che si riconoscerà l’importanza di quello da lui proposto, purché diretto a mettere in armo­ nia gl’interessi generali dello Stato con quelli di un gruppo di nobili e cospicue provincia; quali sono Verona, Mantova, Modena, Lucca, Pisa e Livorno.

L’onor. Gessi insiste sulla necessità di una linea tosco-romagnola e come linea trasversale e come linea longitudinale.

L’onor. Parenzo chiede che il ministro si occupi della questione del segreto e della libertà della cor­ rispondenza telegrafica e di molte altre riforme che sarebbero necessarie in questo pubblico servizio, non elio di quella dei consorzi di acque, dei consorzi di scolo, ner cui occorre prendere qualche provvedi­ mento, mentre ora regna nella legislazione molta confusione.

L’onor. Perroni parla dei torrenti in Sicilia, in cui non si trova alcuna delle opere prescritte dalla leggo 20 marzo 1865.

L’onor. Mazzarella teme che sebbene sia stata fissata una somma pel porto di Gallipoli, passi il tempo senza che si effettui la spesa nella somma stabilita.

L’onor. Bomano G. D. domanda l’attuazione della ferrovia Appaio-Sannitica.

L’ onor. Minucci pensa che gl’ interessi generali del paese sarebbero meglio serviti dalla linea Forlì- Arezzo che da quella Arezzo-Cesena.

L’onor. Elia esorta il ministro a provvedere sol­ lecitamente a dare maggior fondale al porto di An­ cona e a ultimare il sospeso bacino di carenaggio.

L’onor. Pandolci domanda che si eongiungano col resto d’ Italia Troina e Cerami in nome anche del- l’ interesse generale.

L’onor. Panattoni chiede che si applichi la legge per ciò che tocca ai consorzi fluviali e prega il ministro a rivolgere la sua attenzione alla fertile pianura fra la Cecina e il mare. Dopo tanti benefizi ottenuti coi tenaci propositi, siamo in regresso. Gli assegnamenti iscritti in bilancio per coleste bonifiche sono insudicienti.

L’onor. Cavalletto raccomanda alcuni lavori idrau­ lici e stradali, che passa ad enumerare. I primi ri­ guardano il proseguimento dei rialzi sistematici delle arginature del Bacchigliene nei tronchi ai Roncaiette e di Pontelunga, il riordinamento delle difese del fiume Piave nel suo tronco mediano, le opere di rialzo e sistemazione delle arginature dello stesso fiume inferiormente a Boccacallalta fino al mare, il riordinamento delle difese del Tagliamento medio, i lavori idraulici straordinari di compimento della si­ stemazione del Brenta e del Bacchigliene, la classi­ ficazione dei canali navigabili nel padule di Fucec­ chio, la bonificazione del lago di Bientina riuscita assai infelicemente.

L’onor. Sipio raccomanda alla sua volta che si costruisca nel Molise la ferrovia che in 12 anni ebbe l’appoggio di due leggi e non fu neppure iniziata.

L’onor. Velini mostra il grave danno che porte­ rebbe il momentaneo abbandono delle linea del Ceneri all’Italia che fu così generosa e prodiga per l’opera del Gottardo, mentre si violerebbe altresì la fede dei trattati.

L’onor. Mascilli non dubita che si atterranno le promesse relative alla linea Benevento-Campobasso, facendo rispettare le legge.

L’ onor. Diligenti dice che il Governo italiano si preoccupò mediocremente della prosecuzione delle opere idrauliche della Val di Chiana, che non ande- rebbero al di là di otto milioni repartiti in una lunga serie di anni. Aggiunge che si sarebbe facilmente provveduto a cotesta spesa colla rendita dei beni passati a titolo gratuito dai comuni e dai privati allo Stato, perchè li riscattasse dal tristo dominio delle acque. Insiste a che il Governo provveda, essendo rimossa ormai l’ultima difficoltà che consisteva nella decisione del Consiglio di Stato, che ha lasciato im­ pregiudicata la questione delle opere straordinarie. Occorre un apposito progetto di legge.

L’onor. Allievi pure invocando una parola di con­ forto per Macerata, pensa al pari dell’on. Baecarini che si debba procedere al riordinamento delle fer­ rovie con criteri complessi, introducendo facilitazioni per le vie locali e ispirandosi ai principii di un savio decentramento. Lo esempio della legge francese del 1865 mostra che ciò è possibile. Quanto ai mezzi economici, propugna a vantaggio delle ferrovie di interesse puramente locale la istituzione di una Cassa delle ferrovie, non potendo le provincie e i comuni contare facilmente che su annualità. Raccomanda gli studi tecnici, nei quali siamo deficienti.

L’on. Correale dico che la ferrovia Eboli-Potenza- Torremare tante volte promessa con atti legislativi è ancora un desiderio. Bisogna pensare a che chi è obbligato conduca a fine i tronchi tuttora sospesi in Basilicata.

L’onor. Borruso raccomanda la conservazione dei i porti, citando specialmente il porto d’Anzio.

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L’onor. Nervo vorrebbe una legge che classifi­ casse razionalmente le ferrovie che sono ancora da costruirsi nel paese. Quanto alle facilitazioni per le provincie e i comuni, l’opera è agevolata dalla esi­ stenza della Cassa di depositi e prestiti. Converrebbe poi dare al Governo i mezzi per fare studi su più larga scala, onde il Ministero sia in grado di affer­ mare il costo di una linea con esatta cognizione delle cose. Richiama 1 attenzione della Camera sulle tarifTe ferroviarie ed esorta il Governo a procurare di ottenere dal Governo francese che faccia aderire la Società della rete Parigi—Lione—Mediterraneo a più miti tariffe, le quali non obblighino il commercio italiano a far lare alle sue merci il lungo giro di Genova, Nizza e Marsiglia per giungere a Ginevra e nella Svizzera Occidentale, ciò elio succede ora, mentre l’Italia spese 75 milioni a compiere il traforo del Moncenisio. Più grave e complicata è la questione delle tariffe nelle singole provincie del Regno, e si tratta di uno dei primi lattori del movimento eco­ nomico del paese. Alla vigilia di rinnovare i trattati di commercio è assolutamente indispensabile coor­ dinare le basi di essi col sistema dello nostre tariffe ferroviarie, che hanno una sì grande influenza sul resto dei prodotti nazionali esposti alla concorrenza della industria estera. Confida che quando il Governo presenterà alla Camera la soluzione per ciò che tocca all esercizio delle ferrovie, presenterà pure una re­ lazione sugli studi fatti per la revisione delle tariffe ferroviarie.

L’onorevole Carbonelli osserva che sebbene fino dal 1863 fosse votata una legge per la costruzione di una linea raranto—Brindisi, non si sono eseguiti ancora gli studii relativi. Prega il ministro di ordi­ nare questi studii ondo si sappia almeno a quanto ammonterebbe la spesa. L’oratore crede che non oltrepasserebbe sei milioni e compirebbe duo linee che sono costate allo Stato più di 300 milioni. — Aggiunge qualche raccomandazione pel porto di Taranto.

L’onorevole Morana svolge un ordine del giorno col quale invita il Ministero a presentare un pro­ getto di legge che regoli il congiungimento delle due reti ferroviarie siciliane fra la linea delle Cal­ dere e fra quella che congiunge la Rocca Palumba per Caltanissetta. Bisogna completare la rete sici­ liana e la questione non si può risolvere con una unica linea di congiunzione. Occorrerebbero per so­ disfare agl interessi delle provincie di Palermo e di Girgenti la linea delle Caldere da un lato e quella del Cavallari dall’altro. Una legge è necessaria, la Camera avendo già decretata la linea di Montedoro.

L’onorevole Boselli richiama ancora una volta la attenzione del Governo sopra le tarifTe differenziali vigenti in Francia e in qualche parte della Svizzera a danno delle merci che vengono spedite dall'Italia,

passando per la galleria del Cenisio. L’attuale con­ dizione delle cose è così esposta in una rappresen­ tanza indirizzata al Governo dalla città di Genova nell’agosto del 1873.

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più favorevoli pel Cenisio, ma più gravi pel Bren­ nero. La Società francese non volle abbassare di tanto le tariffe del Moncenisio da accettar quelle oggi vigenti pel Brennero. Il convegno stabilito nel marzo non fu ancora approvato dal Governo. È ar­ duo e odioso aumentare le tariffe, ma si pensi che la perdita dei porti della Liguria e del passaggio del Cenisio non va a benefizio degl’ interessi italiani collegati col passaggio del Brennero. È una prote­ zione artificiale ed ingiusta a benefizio degli arma­ tori e dei traffici stranieri. « Nè mancheranno i modi al Governo per provvedere alle tariffe del Brennero, dove il pareggiamento dovrà essere appli­ cato al solo servizio italo-svizzero-badese, non al servizio italo-germanico, dove le Società interessate per poter lottare col Cenisio introdurranno sempre tariffe cosi favorevoli, da dover piuttosto assicurarne l’estensione anche al Cenisio por mantenere il giu­ sto pareggiamento stabilito, anziché temere che man­ chino pel Brennero; dove infine con apposite tariffe speciali non si tralascerà al certo, anche sulla linea italiana, di favorire i trasporti che ne dimostreranno il bisogno. » L’oratore chiede quale sia lo stalo delle coso, quali le intenzioni del ministro e l’esorta a provvedere senza indugio a far cessare quelle tariffo differenziali che rendono per noi inutile la galleria del Cenisio.

Esaurite le interrogazioni e avendo pure parlato tutti gli oratori iscritti per la discussione generale, prese quindi la parola l’onorevole ministro dei lavori pubblici.

Egli non si è saputo render ragione dei reclami della rappresentanza di Catania, la quale lu molto favorita nelle convenzioni marittime. Per queste essa avrà in complesso 448 approdi, mentre no aveva prima soli 220. Dichiara poi di contare che Fiorio assuma dietro correspettivo una linea non parallela alle ferrovie, e cioè la linea Brindisi-Taranta, sotto condizione di prolungare gratuitamente la sua navi- gezione da Taranto a Catania e Messina.

Rassicura l’onorevole Cavalletto di preoccuparsi delle opere da lui raccomandate. All’on. Costantini che gli aveva chiesto il compimento della grande strada nazionale degli Abruzzi dall’ Adriatico al Tir­ reno per le provincie di Teramo, Aquila a Caserta, osserva che vi sono gravi difficoltà tecniche, che la spesa sarebbe grande, ma lo affida che approvato il progetto dei 26 milioni pel compimento delle strade nazionali, sarà più agevole sodisfare ai suoi desideri. All’onorevole Cucchi risponde che conviene che bisogna tener conto delle circostenze locali nel- l’ applicazione della legge, ma osserva che nella provincia di Bergamo vi sono 1067 chilometri di

strade comunali obbligatorie da compiere. Non ve ne è in costruzione che un chilometro e mezzo, dunque si è osservata la massima est modus in re ­ bus. All’onorevole Perroni poi dice che purché il Governo potesse provvedere direttamente ai torrenti in Sicilia, converrebbe che si trattasse di opere di prima o di seconda categoria e gl’ interessati dovreb­ bero avanzare relativi reclami, dove sia il caso di operare un passaggio dalle altre categorie a quelle, mentre vi sono continue istruttorie in corso per altre provincie. Assicura l’onorevole Romano che penserà al compimento della strada di San Bartolommeo in Galdo.

Passando ai porti e rispondendo pel primo allo onorevole Elia, riconosce la importanza del porto di Ancona, per cui ha preparato un progetto per una .spesa di lire 684,000 da repartirsi in sei di­ stinti esercizi. Riguardo poi al bacino di carenaggio non può dare una risposta assoluta, sia perchè la cosa dipende in gran parte dal Ministero delle fi­ nanze, sia perchè prima di fare una spesa valutata a 2 milioni e 400 mila lire conviene studiare se i bacini esistenti siano sufficienti. All’onorevole Car- bonelli risponde che al porto di Taranto i moli li ha fatti la natura. Esaminerà di nuovo se il Go­ verno debba rimborsare il contributo per la spesa fatta nel porto dal Comune di propria iniziativa. Promette all’onorevole Trincherà di cercare di com­ prendere nell’ accennato progetto 228,000 lire pel porto di Brindisi, e all’onorevole Mazzarella che la somma di lire 139,000 che rimane disponibile sulle 900 mila stanziate nel 1868 pel porto di Gallipoli verrà erogata secondo i suoi desiderii. Dice all’ono­ revole Borruso che si è convinto della necessità di spendere quest’anno circa 10 mila lire nel porto | d’Anzio, notando però che conviene studiare se un progetto di opere in quel porto che ascenderebbe a 700 mila lire possa essere efficace a impedire gli interrimenti.

All’onor. Romano replica che sarà lieto di pro­ porre una legge uniforme sulle bonifiche, quando una Commissione di persone competenti gli avrà forniti precisi dati sullo stato attuale, o all’on. Dili- \ genti che si è ormai vicini all’attuazione di ciò che domanda riguardo alla Val di Chiana. Che se le opere non possono porsi nella prima categoria, il contributo degl’ interessati per la legge del 1875 non sarà grave.

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le deliberazioni dell« Deputazione provinciale e dietro queste provvederà a fare adempire ai consorzi il j loro compito. — All’onor. Parenzo risponde che non può su due piedi approfondire la grave questione j dei consorzi di scolo, che la legge 1865 li contempla, ! mentre il Codice civile non contempla che i con­ sorzi volontari e quelli richiesti dalla maggioranza j degli interessati ; che l’ incertezza se le questioni | relative ai consorzi di scolo siano proprie dell’auto-

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rità amministrativa o della giudiziaria dipende dalla legge monca del contenzioso amministrativo. Rico­ nosce la necessità di una legge sul servizio telegra­ fico, e conta di presentare il relativo progetto in novembre, progetto che sarà informato a prineipii liberali.

Venendo alle questioni ferroviarie, I’ on. Ministro incomincia da quelle speciali. Ammette il danno la­ mentato dall’onor. Maurogonalo pel Veneto, ma dice che converrebbe dare un compenso alla Società esercente, che ha assunto un canone da pagare e che, se le si diminuissero le risorse, potrebbe rifiu­ tarsi di pagarlo per intero. — Noi non abbiamo unità di tariffe e venendo ad una riforma, conver­ rebbe farla complessiva. Crede che una tale unifi­ cazione sarà introdotta colle nuove convenzioni fer­ roviarie. Un’analoga risposta dà all'onor. Bosetti. I ragionevoli reclami della Camera di commercio di© Venezia, ragionevoli perchè gli aumenti di tariffa accennati dall’onor. Boselli non sarebbero stati irri­ levanti come egli supponeva, spinsero il Governo a chiedere altri temperamenti, e le trattative non sono esaurite. Assicura che l’onor. Correale che egli pro­ cura di spingere con alacrità i lavori sulla linea da Eboli a Torremare per Potenza.

Sulla questione del Gottardo l’onor. Ministro dice che pendente la conferenza deve circondarsi di un certo riserbo. Pure assicura gli onor. Giudici, Po­ destà e Velini che i rappresentanti italiani terranno conto delle loro raccomandazioni. Ricorderà alla Svizzera le disposizioni della conclusione di Berna ed esaminerà se convenga far mantenere nel con- sorzio internazionale le linee ticinesi del piano di cui è perdente fino l’esercizio. In presenza dei fatti non ; lieti, occorre molta diligenza nello esaminare la pe­ rizia, per quanto il Governo non sia disposto ad abbandonare la linea del Ceneri. Nelle trattative il Governo non dimenticherà che per quest’opera l’Italia ha fatto il possibile e l’impossibile. Studierà la que­ stione delle linee d’ accesso, quando sia risoluta la questione principale.

Quanto alla congiunzione della rete Sicula posta in campo dagli onor. Indelicato e Morana, il mi­ nistro ne traccia l’annosa questione, entrando in m »! ti particolari e conclude che se non si dovesse fare che una sola linea, non esiterebbe a scegliere la più '

breve e diretta fra Palermo e Catania, fra Palermo e Caltanissetta per Vallelunga, ma che d’altra parte la linea fra le Caldare e Canicatti è sì breve e passa per località sì importanti che nell’avvenire dovrebbe esser fatta essa pure. Quindi egli si mostra più Si­ ciliano dei Siciliani. Solo occorrebbe una nuova legge per una seconda linea di congiunzione.

II. triplice problema di completare la reto ferro­ viaria italiana, di riordinarla, di darla in appalto è tale che esige studi e tempo corrispondente, e solo chi non se ne intende può far rimprovero di non averlo sbrigato in pochi mesi e in mezzo a tante altre cure. Enumerate lo gravi difficoltà in proposito, l’onor. Ministro dice che voleva presentare un pro­ getto di legge complessivo, generale, ma che non lo poteva fare fili d’ora, attesa la necessità di attendere il risultato studi ancora incompiuti. Egli pensò che si dovesse prima provvedere alle ferrovie sarde, poi alle ferrovie delle provincie sprovviste, che hanno sostenuto il peso per tutte le altre strade ferrate, come Belluno, Sondrio ed anche Campobasso. Ascoli, Macerata, Teramo, la linea Zallino-Gallipoli, Foggia- Manfredouia, Siracusa-Noto vogliono esser prese in considerazione. Nella Venezia le provincie hanno dato larghi sussidii, il Governo si preoccuperà dei loro interessi.

Riconosce che l’Emilia è fra le regioni più scar­ samente dotate di ferrovie. Il Governo studierà le linee Parma-Spezia e Modena-Lucca che si conten­ dono il campo, tenendo conto delle leggi esistenti, che se non stabiliscono diritti acquisiti, costituiscono legittimi affidamenti. Quanto ai valichi alpini fon. ministro dichiara di non avere ancora gli elementi per stabilire una preferenza qualsiasi. L’obiettivo deve essere Roma.

Quanto alla linea Roma Tivoli-Avezzano-Sulmona patrocinata dall’on. Marselli, si dichiara favorevolis­ simo, essendo spiacevole la scarsità di ferrovie in prossimità della capitale. Risponde in senso affer­ mativo all’on. Villani per ciò che concerne la con­ giunzione fra le due linee, di cui una corre da Na­ poli a Salerno, Eboli, Potenza l’altra da Cornelio a Nola, San Severino, Avellino.

L’on. Ministro crede che le ferrovie di cui ha parlato ed altre ancora possano essere abbracciate in una somma di annua spesa di gran lunga mi­ nore di quella erogata in ferrovie annualmente nei 17 anni passati e prova la sua affermazione con esempi.

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litica, militare delle linee, alle difficoltà tecniche, alla spesa assoluta o relativa, al maggiore o minor profitto che le linee da costruirsi possono portare a quelle esistenti. Conviene poi tener conto degli impegni assunti per legge.

L onorevole ministro assume per novembre l’ob­ bligo di presentare le convenzioni ferroviarie di eser cizio, la legge di complemento della rete ferroviaria, la legge telegrafica, una legge pei lavori dei porti, ^eon* Per strade e ponti, una legge pel passaggio dalla terza alla seconda categoria di alcune opere, una legge pei tranways.

L’onor. relatore La Porta riassumo la discussione, si dichiara soddisfatto delle dichiarazioni dell’ onor. ministro, dice che sarebbe opportuno studiare se convenga faro, come si è proposto in Francia, un fondo speciale per lo costruzioni ferroviarie comple­ mentari, osserva che riguardo allo tariffe, disgrazia­ tamente dobbiamo domandare ad esse non solo le spese di esercizio, ma in parte almeno quelle di costruzione; raccomanda di guardare un poco al­ l'ordinamento dei servizi ferroviari. Si dilfondo a parlare della questiono del Gottardo, di quella della congiunzione delle ferrovie siciliane, e dà alcune risposte su argomenti speciali, di cui venne peraltro trattato nella discussione generale.

Questa viene allora chiusa e si passa allo svolgi­ mento degli ordini del giorno. È approvato l’ordine del giorno puro e semplice dell’ onor. Lovito sulla questione (Ielle ferrovie siciliane. È approvato del pari I ordine del giorno della Commissione così con­ cepito. La Camera confida che il Ministero vorrà unificare e regolare il servizio dei fari.

Indi si passa a discutere i capitoli variati che vengono approvati dopo brevi osservazioni e racco­ mandazioni insieme a tutto il bilancio.

l i QUESTIONE DEI BANCHI IN ITALIA

Nella tornata del 5 marzo di quest’anno il depu­ tato Panettoni faceva una interpellanza al ministro di Agricoltura e Commercio ed a quello dello Finanze sulle condizioni dei nostri banchi di circolazione. Dai rendiconti della Camera togliamo i seguenti brani della discussione, la quale ci ha invogliato a ristudiare con qualche accuratezza la questione im­ portantissima del credito in Italia:

Panattoni.... In verità, non credeva, o Signori, che dall onorevole Majorana-Calatabiano, ministro di Agricoltura c Commercio, questa discussione po­ tesse essere giudicata una vuota disquisizione acca­ demica.... Il ministro mi rimprovera di avere accu­

sato i mali e di non avere accennato ai rimedii; ma io non mi era proposto che una interpellanza sulle condizioni del credito e sui suoi ordinamenti. 10 doveva il male a voi denunziare; e voi, signori del Governo, dovete ponderare e preparare i ri­ medi.... Il ministro di Agricoltura e Commercio ha detto ch’io sollevai la questione fuori di tempo, avendo già il ministro delle Finanze promesso la graduale estinzione del corso forzoso.... ; ma il corso forzoso non ha che fare colle cause di perturba­ mento del credito, sulle quali ho chiamato l’atten­ zione della Camera, nè colla necessità che si rior­ dinino le condizioni del credito.... Non è la legge del 1874, come asseriva l’onorevole ministro Majo­ rana, che abbia migliorato la nostra vita economica. Dov’è anzitutto questo miglioramento?....

Presidente. Onorevole Panattoni, com’Ella sa, il legolamento da diritto ali’ interpellante di dichiarare, dopo la risposta del ministro, se egli è. oppur no, soddisfatto....

Panattoni. lo non sono soddisfatto. Il ministro di Agricoltura e Commercio ha detto ch’io avrei dovuto attendere che il ministro delle Finanze pre­ sentasse il progetto di legge per l’abolizione del corso coatto. Non indagherò adesso se il paese potrà aspettare quei 2.7 anni che si rendono necessari per giungere all intento, collo norme che il Governo sembra pro­ porsi. Ripeto soltanto che le due questioni del corso coatto e del credito sono fra loro distinte; e sog­ giungo che la mia interpellanza trova la sua giu­ stificazione nel fatto che non si può pensare ad estinguere il corso forzoso senza prima riordinare 11 credito....

Presidente. Onorevole Panattoni, il regolamento permette unicamente all’ interpellante di dichiarare se è soddisfatto....

Panattoni Comprendo, onorevole presidente, ma io devo parlare per un fatto personale. Il ministro ha detto eli io peccai di esagerazione. Non mi sem­ bra che sia esagerare l’avere invocato l’accerta­ mento di fatti che cadono sotto l’occhio di tutti, e mostrano per quali e quante miserie si trascini il commercio. Non è esagerare il riferire le cagioni della nostra decadenza economica; ma è invece dis­ simularsi la gravità delle condizioni nostre, il pre­ sumere che, di Ironte a questi reclami, di fronte ai fatti che si denunziano, possa bastare, quale unico rimedio, il giudizio che questa sia una questione accademica /....

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dere senza risalire più addietro colla storia contem­ poranea del credito italiano.

Quando fu proclamato il nuovo Regno, i diversi Istituti di emissione, ora esistenti, erano press’a poco banchi unici che funzionavano all’ombra del privi­ legio negli Stati rispettivi. Colla fusione dei banchi di Genova e di Torino, il conte di Cavour costituì la Banca Nazionale degli Stati Sardi, all’intento dichiarato di avere un grande stabilimento di cre­ dito in aiuto alle finanze del regno, prevedendo, a torto od a ragione, che il programma del risorgi­ mento politico italiano non si fosse potuto effettuare senza un forte banco di emissione sotto la mano dello Stato. Ma il conte di Cavour, sia che s’ in­ gannasse al punto di credere possibile la libertà sul terreno usurpato dal privilegio, sia che volesse ren­ dere un apparente omaggio al principio scientifico che apertamente violava, ammise la coesistenza nel regno di piccoli banchi locali. La Toscana presen­ tava fatti analoghi: nel 1858, il Governo grandu­ cale, che da parecchio tempo accennava di voler ricorrere al credito, non potendo attendersi aiuto dai piccoli banchi, che, più o meno liberi, vi prospera­ vano, creò colla fusione dei due Istituti principali (quello di Firenze e quello di Livorno) la Banca- Nazionale Toscana, attribuendole privilegi peculiari, senza però acconsentirle il monopolio della emis­ sione. In presenza di questa innovazione, i banchi di Siena, di Lucca, di Arezzo, parendo loro di non poter lottare con uno stabilimento privilegiato e po­ tente, seguirono l’esempio governativo, e si fusero anch’essi, diventando tante succursali del banco maggiore. li questo accadde nel 1860, mentre a capo dell’amministrazione pubblica della Toscana era il barone Bettino Ricasoli, e mentre teneva il por­ tafoglio delle finanze Raffaele Busacca. Questi due uomini, come il conte di Cavour liberali e. come lui, o tratti in errore dalla troppo famosa teoria odierna delle eccezioni pratiche ai principii scien­ tifici, o desiderosi di manifestare, violando la libertà, il loro rispetto per essa, a fianco del nuovo istituto, al quale mantennero i privilegi concessi dal Governo granducale, autorizzarono l’apertura della Banca Toscana di credito per le Industrie e i Commerci, e ad essa pure permettendo la facoltà delle emis­ sioni, accordarono speciali privilegi. Il principio della pluralità dei banchi era salvo, come lo era nel re­ gno di Sardegna, e ciò bastava a far tacere i pla­ tonici della economia politica, i quali lo hanno sem­ pre confuso col principio di libertà, principio cal­ pestato egualmente dal conte di Cavour e dal barone Ricasoli, l’opera dei quali valse al Piemonte ed alla Toscana la creazione del vero banco di Stato. E come veri banchi di Stato potevano, sotto un certo punto di vista, essere considerati quelli di Napoli e di Sicilia, i quali non erano istituti di emissione

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! nel comune significato della parola, nè avevano, e non hanno neppure adesso, capitali costituiti da So­ cietà di azionisti ; ma emettevano, contro depositi, le fedi di credito, le quali funzionavano in realtà e circolavano come biglietti di banco; tant’è vero che le due Sicilie non accennarono mai a fondare dei banchi di emissione volgarmente detti. Quei due

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altro non furono che istituti privilegiati, uno dei quali nell’isola, l’altro nel continente, erano, si può dire, tenuti dal Governo come banchi di Stato.

Tutti questi istituti vennero a coesistere nel nuovo Regno, e mantennero da principio la loro azione nelle rispettive zone naturali, senza che ciò produ­ cesse turbamenti notevoli, nè rilevanti sbilanci. Ma il nuovo regno d’Italia, come l ’antico regno di Sar­ degna, 'ebbe, o volle avere la necessità di ricorrere al credito; e questa necessità non potendo essere soddisfatta nè dai due Istituti toscani, nò da quelli delle due Sici'ie, fu la Banca, già costituita dal conte di Cavour, che legò le sue sorti a quelle del Regno, e ne divenne lo stabilimento predominante, e raggiunse lo scopo a cui il Governo la destinava.

Così, molto tempo innanzi che fosse decretato il corso forzoso, vigeva un ordinamento bancario molto lontano dal concetto scientifico dei banchi liberi. Yi era la pluralità, vi era il privilegio, e v’era quindi la preponderanza di un banco sugli altri.

E sta forse in ciò il criterio (faticosamente cer- j cato dal prof. Ferrara), a cui s’informò la legge ' del 30 aprile per formare la Regìa cointeressata

i

dei banchi. La legge non concesse la investitura ! del privilegio ai più importanti stabilimenti di cre- ! dito per solidità di capitali, dappoiché, se la Banca Nazionale è sotto questo rispetto la più copiscua, entrano nel consorzio altri cinque Istituti, i cui ca­ pitali ascendono in cifre rotonde a 50, a 20, a 10 a 6 milioni; e frattanto, provveduti di oltre dieci milioni, vi sarebbero stati altri 21 Istituti, che | rimasero esclusi dalla federazione del monopolio; e provveduti di oltre 20 milioni ne furono esclusi 11,

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e provveduti di oltre 30 milioni ne furono esclusi 6, dei quali 4 a 50 milioni ciascuno, ed 1 a 60.

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mono-104 V ECONOM ISTA 22 ludio 1877

polio, secondo i diversi interessi politici che domi­ narono la coscienza dei ministri. La legge 30 aprile fu logica sotto un certo, punto di vista: volendo codificare il privilegio, non ebbe altro criterio di­ rettivo che il fatto del privilegio.

Col corso forzoso gravi mutamenti sopravvennero in Italia a peggiorare le condizioni del credito. Si ebbe un grande Istituto con una circolazione incon­ vertibile di lire 1,181,800,000, che poteva estendere fino a 1,330 milioni; si ebbero S Istituti minori con carta a corso legale, dei quali tre potevano al­ largare indefinitamente la loro circolazione, purché provvedessero una riserva in carta inconvertibile eguale al terzo della emissione che facevano; ed altri se ne ebbero che non potevano mai colla emis­ sione oltrepassare il triplo del loro capitale versato. Di questi Istituti, gli uni erano costituiti da Società anonime con tutte le inerenti responsabilità; altri erano corpi morali per sé stanti, senza obbligo di dare dividendo a nessuno; e i perimetri nei quali operavano erano grandemente diversi, e capricciosa era e casuale la distribuzione della loro carta nelle diverse regioni del paese.

Molli atti arbitrari meravigliarono allora, per la loro straordinaria iniquità, gli stessi amici dell’ar­ bitrio. Per alcuni d essi fu invocato il monopolio della emissione, che, come abbiam detto, non era stato mai costituito per legge espressa in Italia. Con semplici circolari ministeriali si vollero sfronta­ tamente abolire, senza distinzione, senza eccezione, i biglietti di 80 cosi dette Banche popolari e di 138 così dette Società di credito ordinario. Si vedeva, è vero, correre allora i mercati nostri la carta di banchi, i quali con incredible audacia la emettevano per mezzo milione con appena 13,000 lire di con­ tanti, per un milione con 77 mila; e questa carta sucida, senza tipo, senza colore, senza nome, era confusa dalla trascurata ignoranza delle popolazioni con quella a corso forzoso ; ma ciò non bastava ad ¡scusare il Governo, che passava incostituzionalmente da una colpevole ed inesplicabile tolleranza ad una intolleranza pazza ed impossibile.

E si videro allora gli uomini di Stato discutere alla cieca, senza criteri scientifici, senza cognizioni di causa, senza calma di riflessione, i più sbardel- lati progetti di legge, le proposte più strane ed in­ coerenti. In quel caos delle idee, fu abbassato a delitto l’inconcusso diritto di emettere biglietti pa­ gabili a vista e al portatore; colle metafore del so ­ fisma si sostennero i grandi interessi del privilegio bancario; e vi furono vecchi propugnatori del prin­ cipio di libertà (il Castagnola, per esempio) che procedendo ab irato, abusarono vergognosamente, a danno della libertà, delle loro posizioni ufficiali; e si videro famosi autoritari (il Sella, per esempio) inneggiare alla libertà, dichiarandola entusiastica­

mente compatibile colla permanenza del corso ob­ bligatorio.

Molti errori di fatto, molte contraddizioni di scuola e di dottrina; molti inconvenienti venuti su a caso, che ripetevano origine o da tentativi empirici di miglioramento, o da disoneste aspirazioni, s’aveano a lamentare; e tutto ciò rendeva necessaria l’opera governativa, perchè al rimedio dei mali la vera in­ dustria del credito avesse un rapido sviluppo, ecce­ zionali essendo e gravosissime le condizioni sempre funeste che reca seco agli interessi vitali di un paese il corso forzoso.

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22 luglio 1877 L’ ECONOMISTA

Ma di lui non occupiamoci : è ozioso rammentare le contraddizioni di chi deve necessariamente appog­ giarsi al cavillo del sofisma per riuscire in nome della scienza a conclusioni antiscientìfiche. Almeno, se poniamo mente alle apologie della legge fatte dai signori Lampertico e Luzzatti, l’uno al Senato, l’altro alla Camera dei deputati, sappiamo già di trovarci dinanzi ad uomini, i quali, in questi ultimi tempi, si sono compiaciuti di sottomettere alle esigenze pnr- tigiane della polìtica le verità della scienza econo­ mice. Capi dichiarati della così detta scuola autori­ taria, non potevano smentirsi nella felicissima occa­ sione del monopolio bancario, ed appoggiarono, per accarezzato sistema, una legge, la quale dovea essere di sua natura, e per conseguenza fu, peggiore assai dei mali a cui pareva intesa porre rimedio. I loro nomi dunque bastano a significare con quale fonda­ mento di esame e con quanta indipendenza di con­ cetti sia stata ufficialmente studiata in tutti i suoi aspetti la questione nei due rami del Parlamento.

Se nulla v’ era da noi di meno coerente ai prin- cipii scientifici e nulla di più contrario alle esigenze dei mercati, che il sistema empirico e casuale in vigore prima della legge 30 aprile, nulla pure v’era ad attendersi di così assurdo e di così dannoso che il sistema venuto fuori con quella legge, la quale ha aggravato le condizioni già difficilissime del cre­ dito, ed ha una volta di più reso manifesto quanto sia pericoloso lo escogitare espedienti economici, anziché riforme che obbediscano alla scienza, per quanto radicali e coraggiose, quando specialmente rispondano a bisogni universalmente sentiti.

Gli effetti miracolosi della legge, promessi e ma­ gnificati dai due tubatovi ministeriali in Parlamento, mancarono interamente, come ci parve sin d’ allora di poter prevedere; e ad altro non si ridussero che ad impedire lo estendersi della circolazione, mediante le due disposizioni, una delle quali fissava ad un miliardo la carta inconvertibile emessa in nome dei sei Istituti uniti in consorzio, e l’altra poneva a li­ mite insuperabile della circolazione speciale degli Istituti, il triplo del capitale versato, od in altro modo accertato il giorno della promulgazione della legge.

Il risultato massimo a cui mirò la legge 30 aprile, era, sotto il punto di vista della giustizia distributiva, la parificazione degli istituti di credito, nel senso che a tutti sei si concedeva egualmente il corso legale nel Regno, purché aprissero uno sportello di baratto in ogni provincia nella quale avessero inteso valersi di questo vantaggio. Di tal modo la Banca Nazionale si sarebbe trovata nelle identiche condi­ zioni degli altri cinque banchi aventi il privilegio della emissione, poiché la circolazione che la Banca aveva per proprio conto non era esclusa dal corso legale, e si riconosceva inconvertibile soltanto la

| carta emessa dal consorzio in somma pari al mutuo | contratto col Governo.

Secondo la relazione dell’on. Lampertico, la legge 30 aprile avrebbe « di colpo fatto rientrare nella j condizione generale degli altri istituti di credito la J Banca Nazionale, togliendole un privilegio, che non andava scompagnato da odiose restrizioni; » e se ­ condo il discorso dell’onor. Luzzatti, la legge dovea « liberare l’Italia dallo spettro che da tanti anni con­ turbava l’ immaginazione del credito: l’ onnipotenza della Banca Nazionale, operando il miracolo di pa­ reggiare nello condizioni generali del loro essere tutte le emissioni, costringendo al cambio Banca Nazionale e banchi minori, togliendo ipso facto ed interamente ogni privilegio, ogni favore, ogni pre­

valenza »

Oltre di ciò, secondo l’onor. Lampertico, la legge 30 aprile dovea « premunire gli istituti di emissione dai pericoli di operazioni non compatibili colla loro indole ed ufficio » ; e dovea « facilitare, colla vali­ dità della stipulazione dei pagamenti in oro, il ritorno della circolazione metallica ». Secondo l’ou. Luzzatti, molto più esplicito ed imprudente, la leggo dovea « permettere ai banchi di giovare al commercio ed alle industrie nei momenti in cui hanno maggiore bisogno dei loro sussidii; » — dovea « ricondurre l’unita nella circolazione cartacea, sottomettendo i biglietti di tutti gli istituti ad una perfetta egua­ glianza di credito e di spendibilità ; » — dovea « infinitamente estendere il mercato del corso libero in confronto di quello a corso forzoso ; » — dovea « mettere le operazioni di credito nella vera via, ed operare in modo che gli istituti bancari si prepa­ rassero ad uscire felicemente dal regime del corso coatto per ripigliare senza turbamento alcuno i pa­ gamenti in moneta sonante; » — dovea « a due anni data, immancabilmente, far sparire tutto il corso legale dal paese. »

Il diametralmente opposto di tutto ciò avveniva : « Sono altrettante ragioni di disordine nell’ attuale sistema bancario, diceva recentemente un autorevole membro del Parlamento, la disparità dei capitali nel privilegio, la incompatibilità della coesistenza della duplice circolazione, la gravità delle tasse, gli esa­ gerati dispendi che il baratto occasiona, l’ assorbi­ mento infine del capitale nelle grandi speculazioni ». E soggiungeva: « sono questi i fattori di quelle re­ strizioni del credito, che attraverso un cammino irto di spesse mine, hanno ridotto l’industria a fare as­ segnamento alle sole sue forze, il più delle volte manchevoli ».

Ma gli onorevoli Lampertico e Luzzatti passavano allora per i due oracoli della sapienza italiana, per le due voci più autorevoli di tutta la scienza econo­ mica passata e futura ; erano ascoltati con religiosa 1 attenzione e seriamente discussi da quei deputati, i

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106 L’ ECONOMISTA

quali non vedono nel Parlamento die il campo di battaglia dei partiti personali, delle opinioni politiche e delle cieche ambizioni. Con essi fece una triste coda di omaggi servili e di laudi mercenarie I ab­ bietta stampa, che mercanteggia la calunnia e vende all’ incanto 1’ applauso ; e, oli’ ombra della pigrizia intellettuale degl’italiani, passò una legge, col pre­ stigio anche della popolarità, legge che sembra fatta a posta per inceppare il credito e per torturare la industria, per calpestare la scienza e per esaltare l’empirismo.

Tu l l i o Ma r t e l l o.

(Continua).

SITUAZIONE DEGLI ISTITUTI DI CREDITO

al 30 aprl'e 1877

Abbiamo ricevuto in questi giorni dal Ministero d’agricoltura e commercio il bollettino bimestrale delle situazioni dei conti delle Banche popolari, delle Società di credito ordinario, delle Società e Istituti di credito agrario e degli Istituti di eredito fondiario al 30 aprile 1877. Esamineremo, secondo il consueto, le cifre principali di queste situazioni per ogni specie d’istituti, e le confronteremo altresì con le cifre cor­ rispondenti delle situazioni alla fine del primo bi­ mestre, cioè al 28 febbraio del corrente anno.

Banche popolari. — Al 30 aprile 1877 vi erano regolarmente costituito nel Regno 112 Banche di cre­ dito popolare. Ecco le principali partite di questi istituti alla fine del primo e del secondo bimestre del corrente anno :

Apri1 e Febbraio Capitale nominale . . L. 37,908,190 L. 37,061,130 Capitale versato . . » 35,883,485 » 31,563,233 Numerario in cassa . » 7,826,574 » 7,441,513 Portafoglio . . . . * 102,354,275 > 96,232,788 Anticipazioni . . . » 11,899,800 » 11,355,506 Titoli dello Stato . . > 30,401,931 » 31,658,631 Boni del Tesoro . . » 587,949 » 626,952 Effetti in sofferenza > 1,018,521 » 1,285,063 Conti correnti e depo­

siti a risparmio . . > 134,602,763 > 133,965,158 Fondo di riserva . » 10,205,332 > 10 082,595 Movimento generale . » 231,’58,731 > 228,795,911 Durante l’ultimo bimestre nel capitale nominale delle Banche popolari abbiamo un aumento di circa 900 mila lire e di oltre 300 mila nel capitale effet­ tivamente versato. Le cambiali e i biglietti all’ordine presentano un aumento di oltre 6 milioni di lire, mentre nelle anticipazioni sopra pegno di titoli e di merci non abbiamo che un aumento di mezzo mi­ lione di lire. Nei titoli di debito dello Stato si ri­ scontra una diminuzione di un milione e 200 mila

lire, e nei buoni del Tesoro, ridotti a minime pro­ porzioni, la diminuzione è stata di circa 40 mila lire.

Gli effetti e crediti in sofferenza presentano una diminuzione di oltre 200 mila lire, ed alla fine di aprile 1877 questa parte assai incerta delle attività di ogni Istituto di credito, superava di un milione di lire per le Banche popolari.

Nei conti correnti a interesse e nei depositi a ri­ sparmio si riscontra un aumento di 600 mila lire, e merita di esser notato come queste due partite ave­ vano raggiunto la ragguardevole cifra di quasi 13-4 milioni di lire, non compresi i conti correnti senza interesse che al 30 aprile 1877 superavano i 2 mi­ lioni e mezzo.

Durante l’ultimo bimestre il fondo di riserva delle Banche popolari ha ricevuto un aumento di 120 mila lire.

In complesso è meritevole di attenzione lo svi­ luppo che vanno a prendere anche fra noi queste istituzioni cooperative di credito.

Società di credito ordinario. — Al 30 aprile 1877 questi Istituti erano ridotti a 111, e le loro situa­ zioni presentano le seguenti cifre alla fine dei due

22 luglio 1877 bimestri in esame: A v ile Febbraio Capitale nominale . L. 421,587,'"17 L. 448/ 37,792 Capitale versato. . » 240,546,127 » 253,684,045 C a s s a ... . 23,420,083 » 26,963,753 Portafoglio . . . » 161,064,894 » 1-3,273,070 Anticipazioni . . . » 20,518,986 » 21,713,358 Tit li del o Stato . » 56,192,620 » 47,033,018

Azioni ed obbligazioni

di Soc et 1 . . . » 133,858,051 » 155,610,396 Debitori diversi . . » 58,590,674 » 67,410,218 Sofferenze . . . . . 4,953,913 » 4,972,812 Conti corr. e depo

siti a risparmio . » 353,265,751 » 349,683,057 Fon lo di riserva . » 28,051,988 » 40,056,915 Movimento generale. »1,009,149,588 » 1,038,758,496 Dall’esame di queste cifre si scorge come la si­ tuazione delle Società di credito ordinario hanno subito nell’ultimo bimestre delle notevoli differenze. Nel capitale nominale ed in quello versato si riscon­ trano delle diminuzioni di non poca importanza, e ciò a causa della riduzione effettuata nel capitale sociale da alcune Società di credito durante Fultimo bimestre.

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22 luglio 1877 L’ ECONOMISTA 107

Credito agrario. — Dei 13 Istituti autorizzati ad eseguire le operazioni di credito agrario secondo la legge 21 giugno 1869, funzionavano soltanto 12 alla fine di aprile 1877. Ecco le cifre principali delle situazioni dei 12 Istituti in esercizio alla fine di aprile e febbraio del corrente anno :

Capitale nominale. Capitale versato . C a s s a ... Portafoglio . . . Anticipazioni . . Boni agrari . . . Conti corr. . . . Fondo di riserva . Movimento generale Apri'e E. 16,400,000 » 10,352,67:. » 3,91S(«66 . 18,529,624 » 1,400,848 » 7,744,590 . 9,160.821 » 807,273 » 40,579 519 Febbraio L. 16,400,000 » 9,680," 15 » 4,320 225 » 17,796,879 » 1,476,389 » 7,062,710 . 9,744,278 . 796,267 » 39,306,891 Nell’ ultimo bimestre non si verificarono notevoli differenze nel movimento degli Istituti di credito agrario. Il maggiore aumento lo abbiamo nei buoni agrari in circolazione. Lo sconto delle cambiali è sempre la operazione principale di questi Istituti, e nell’ultimo bimestre si riscontra un aumento di oltre 700 mila lire.

I conti correnti rimborsabili con disdetta presen­ tano una diminuzione di quasi 600 mila lire. Nelle anticipazioni su pegno di cartelle di credito fondiario abbiamo un piccolo aumento di circa 50 mila lire, mentre le anticipazioni su pegno di prodotti agrari hanno subito una diminuzione di 124 mila lire.

Credito fondiario. — Le situazioni alla fine dei due mesi di aprile e febbraio del corrente anno, degli otto Istituti autorizzati ad eseguire le operazioni di credito fondiario sono riassunto nelle seguenti cifre principali : Apri1 e Frbb-nio Prestiti ipotecari . . L. 157,008,629 L. 154,568,012 Cartelle fondiarie in circolazione . . . » 157,072,000 » 154,457,000 Cartelle in deposito . » 9,544,355 » 7 998,955 Guarentigia ipotecaria » 350,536,008 » 345 726,338 Anche negli Istituti di credito fondiario non si è verificato un gran movimento nell’ ultimo bimestre, poiché T aumento di 2 milioni e mezzo di lire che presentano i prestiti ipotecari con ammortamento non è invero di una grande importanza.

Le cartelle fondiarie nel bimestre marzo-aprile raggiunsero il maggior corso (lire SOI) quelle della Cassa di risparmio di Milano, ed il valore minimo (lire 364) quelle del Banco di Sicilia.

LE FONTI E L'APPBESTAZIONE DELLA GAEHE

D issi l’a ltr a se ttim a n a q u an to sia n ecessa­ rio l’uso della carn e nella n o stra alim en

ta-zione, e spero ancora di avervelo dim ostrato ; accennai eziandio come il b ue fossa p er noi un a fonte p erenne di carne e quale im portanza ; questo anim ale possedesse sì per la n o stra econom ia cam pestre come eziandio se v en g a

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cal-L’ ECONOMISTA 22 M i o 1877 10S

coli m eglio concepiti di econom ia ru ra le il m assimo di re n d ita in cereali non si p o trebbe co nseguire a ltro che se non si educasse a l ­ meno un capo grosso di b estiam e per e tta ra ed anche con q u esta m isu ra forse le te rre a poco a poco andrebbero esaurendosi. Voi ve­ dete p e rta n to che la educazione del bestiam e grosso è u n a delle prim e n e c essità p er noi, m entre invece col nostro dolce far n ie n te siamo anche uno dei popoli che meno con­ sum a di carne. In fatto , eccovi in un quadro statistico quello che consum ano di carne ogni anno le nazioni più civili. L ’ inglese g ra n d e m a n g ia to re di carn e ne può disporre fino 82 chil. ogni anno, il francese ne m an g ia in m e­ dia 31, l’ italian o ap p en a ch il. 15. È poco, è troppo poco.

Ma come sta che noi siam o così poveri di carne? Ecco la p rim a dom anda. Ho detto g ià che la n o stra econom ia ru ra le -è m ale o r g a ­ n izzata; si chiede m olto, al te rre n o poco re s ti­ tu en d o g li, si esp o rta m olto poco si im p o rta e ben g iu sta m e n te G iusto L ieb ig osservava ag li ag rico lto ri che come col lu n g o a ttin g e re acqua da un pozzo devesi finire coll’esaurirlo, cosi col ch iedere molto allo stra to coltivabile si debbe te rm in a re col non potern e tr a r r e ra c ­ colte sufficienti da p a g a rn e le spese di co lti­ vazione.

Di p iù alle g ra n d i difficoltà che ci si p r e ­ sentano per m oltiplicare le carn i di bue, si va inco n tro anche ad u n a circostanza g rav issim a ed è che per o tte n e re q u esta stessa carn e è d’uopo asp e tta re alm eno un corso di due o tre an n i. D a ciò l’alto valore che h a la c a rn e di bue e che difficilm ente vedrem o dim in u ire. Q uindi la necessità di an d are in cerca di a l ­ tr i mezzi di sussistenza d’o rig in e anim ale che fo rtu n a ta m e n te noi abbiam o e che si possono ren d ere più a b b o n d an ti. Gli in g lesi, che come dissi, sono g ra n d i m an g iato ri di carne danno la preferenza a q uella di m ontone e la ric o ­ noscono come m eglio d ig e rib ile e di gusto m ig lio re. F r a noi invece essa è meno a p p re z ­ zata di quella del bue e può d irsi che m eno n ei tem p i pasquali, essa non fig u ra g iam m ai su lla tav o la del ricco. Gli a b ita n ti della G ra n B re tta g n a invece ne fanno i m a n ic a re tti piu p relib ati, e nei conviti che dà la graziosa re ­ g in a V itto ria, il cosciotto di m ontone della razza Sont-I)o\vn è il p ia tto p iù apprezzato. N ella stessa F ra n c ia , g u ard a n d p ai b o llettin i com m erciali si scorge che ad esempio sul m ercato la carn e di bue a peso lordo è p a g a ta , se sia d’ infim a q u a lità , assai meno di q uella della pecora.

Come m ai succede che fra noi invece la c a rn e di pecora sia così poco s tim a ta ? Ciò si deve a non pochi nè lievi p reg iu d iziì. I no- | stri ag rico lto ri non apprezzano le pecore, ac- | cusandole di g rav issim i d ife tti, ta lc h é le h an n o quasi in te ra m e n te b an d ite dai poderi. Se non fossero i m a g ri pascoli che ci offrono le m on­ ta g n e diboscate, oram ai le pecore sarebbero scom parse fra noi. La cagione p rin cip ale per I cui la pecora è da noi poco apprezzata, ha quale fondam ento un p reg iu d izio economico. Questo an im ale è fra noi coltivato col solo ed unico scopo di averne della lana. Ora da u n lato la la n a costa m olto a produrla, dal- | l’altro la carn e d eg li anim ali invecchiati è I sem pre du ra, coriacea e poco d ig erib ile. D’a l ­ tro n d e noi abbiam o nelle steppe e negli im­ m ensi rip ia n i d,eil’ A u stralia u n mezzo per cui la lan a viene p ro d o tta con pochissim a spesa; ed essendo q u esta u n a m erce di facile t r a ­ sporto b en difficilm ente si p o trà far concor­ renza alla produzione a u s tra lia n a laddove il te rren o è coltivato con m a g g io r v a n ta g g io a cereali o ad e rb a g g i. Q uindi è che da questo lato i m ontoni educati per averne la n a non dànno g iam m ai un prodotto sufficiente che p a g h i la spesa. Q uindi se noi vogliam o edu­ care v a n tag g io sam en te la pecora è d’uopo che la m ettiam o nel conto di p ro d u ttric e di carn e e consideriam o la lan a quale u n accessorio e n u lla più.

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22 luglio 1877 L’ ECONOM ISTA 109

fru tto del denaro im p ieg ato v i fa d’uopo spen­ dervi ta n to che desso debbo in v ecch iare ed averne u n a carne d u ra , coriacea, p riv a del­ l’arom a so stitu ito così dal rib u tta n te odore di sevo. A bbiam o anche noi mezzi per ciò? I pascoli che ci oífrono i n o stri m onti, nella stagione estiva, le n o stre v alla te n ell’inverno sarebbero assai propizi all’educazione della p e ­ cora, quando avessim o mezzi che la sola vo­ lo n tà ferm a, e la perspicacia d ell’in g e g n o può fornirci. È im possibile riv a le g g ia re coll’A u ­ s tra lia e le im m ense pam pas dell’A m erica, dove il clim a è sem pre v e rd e g g ia n te e il te r ­ reno è del prim o che l’occupa, son quasi ig n o ti g li an im ali se lv a g g i e colà possono crescare, m o ltip licarsi e vivere a m ilioni g li a rm e n ti, e nei q u ali l ’unico prodotto finanziario, e che puossi c a n g ia re coll’E u ro p a è la -m e rc e lana.

Ma di là non puossi tr a r r e la ca rn e ; che o rd in ariam en te è co n sacrata ad ottenere lo e stra tto di L iebig, od a form are della sostanza fecondatrice dei te rre n i ; ta n ta è l’abbondanza della m edesim a in que’p a ra g g i che non puossi consum are sul luogo, nè vendere su m ercati lontani per non essere tra sp o rta b ile .

P ro ssim a alla c a rn e di pecora, e di m in o r costo an co ra a p ro d u rla, è q u ella del m aiale. P e r alcune doti questo an im ale è forse il pro­ d u tto re di carne che m eritereb b e di essere apprezzato assai p iù di quello eziandio che noi sia realm en te fra noi. D otato di u n a fa ­ coltà assim ilatrice p ro d ig io sa, e p ro v v id en ­ zialm ente di u n a c e rta o ttu s ità nel senso del gusto, t u t t i gli alim en ti a lu i convengono sia che abbiano o rig in e da sostanze v eg etali, o da resid u i an im ali. F r a noi ad esempio, il m aiale si a lim e n ta con g ra n tu rc o , con g h ia n d e e con c ru sc a ; in a ltr i paesi si cib a con carne di cavalli m orti p er m a la ttie od esaurim ento di forze, coi rifiu ti di m acelli ecc. E d il m aiale m a n g ia in d ifferen tem en te di t u t t i questi a li­ m en ti, se li assim ila trasform ando i più sto­ m achevoli rifiuti, in carn e b u o n a e n u trie n te p er eccellenza.

P u r troppo an ch e su l m aiale e sulla p ro d u ­ zione d ella sua c a rn e noi abbiam o i n ostri e belli e b u oni p reg iu d izi. F r a g li a ltri q uesto m e rita di essere seg n a la to a ll’atten zio n e d eg li allevatori. In In g h ilte r r a corre un proverbio che dice: in o g n i fam ig lia ben g o v e rn a ta de- vesi allev are un m aiale. Scorgesi da ciò che per g iu d ic a re del bu o n governo di u n a fam ig lia si osserva in quel paese se q u esta educa u n m aiale pel suo consumo in tern o .

Questo elem ento di g iudizio potrebbesi a s­ serire fra noi? C ertam en te no; an zi nelle no­

stre cam p ag n e predom ina invece l’idea che lo educare u n m aiale non sia fonte di lucro m a u n sem plice mezzo da m ettere in serbo denaro che tro v asi poi nell’epoca della v e n ­ dita. Nel contado piacen tin o specialm ente ho sem pre sentito afferm are dai castaidi che il porcile è un salvadanaro e n u lla p iù .

Tali due m assim e appariscono c o n tra d itto rie g iacché non penso che sia u n buon precetto d’econom ia quello di te n e re in cassa denaro senza farlo fru tta re , come si farebbe realm en te se l’educazione del m aiale non tornasse l u ­ crosa anzi la si arrisch iasse senza rip ro m e tte r­ sene v an tag g io , g iacché u na m a la ttia può b en is­ simo farci perdere la som m a im p ieg ata alla com pra ed al m an ten im en to delTanim ale, e nei calcoli economici è necessario che e n tri sem pre anche l’elem ento del pericolo che si può correre nelle perdite.

Io credo che la d iv erg en za nelle opinioni fra noi e g li inglesi in to rn o a questo a r g o ­ m ento sia dov u ta al modo con cui educhiam o i m aiali ed alle razze alle q u ali diam o la p re ­ ferenza. Gli inglesi posseggono razze speciali e c a ra tte ristich e , che può dirsi si siano create per loro uso e consumo speciale. Chi h a v e ­ du to un m aiale proveniente da queste razze, un E s-ex, un anglocinese deve far le m era­ viglie scorgendo ta li differenze dalle n o stra n e che sem brano anim ali u sc e n ti d a a ltre specie.

Le razze di m aiali in g lesi si d istinguono specialm ente per gam be brevissim e, per svi­ luppo quasi m ostruoso de’sistem i m uscolare ed adiposo, e so p ra ttu tto p er ¡scheletro di una leggerezza eccezionale.

Q uesti segni c a ra tte ris tic i non sono g ià o rig in a ri nelle razze, m a furono la d ilig en za e la oculatezza dell’uomo che giu n sero a co­ s titu irle , eleggendo i rip ro d u tto ri fra quelli nei q u ali ap p a riv a m eglio lo sviluppo di questo p iu tto sto che di quel c a ra tte re . E queste cure queste diligenze messe in opera p er ta n te g e ­ nerazioni che si producevano, term in aro n o col ren d ere stab ile u n a p iu tto sto che un’ a ltr a delle q u a lità che rendono pregevoli le razze inglesi.

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n o

H avvi di p iù : nelle razze in g lesi il rapporto fra le ossa e la carn e m uscolare è come 1 a 12, nelle nostre come 1 : 10. E sam inando la composizione delle ossa vediam o che a p ro ­ d u rre un chilogram m o sono necessari non meno di 15 chilog. di g ra n tu rc o , per l’osseina e 32 per il fosfato di calce, e 20 chilog. di g h ia n d a . Q uindi due m aiali dello stesso peso di un qu in tale, ad esempio, a p p a rte n e n ti alle razze differenti d aranno il prim o 90 ch ilo g . di carne il secondo solo 88, e per p ro d u rre poi i due ch ilo g ram m i di ossa che tien e q u est’ultim o non si sara n n o spesi meno di 64 chilog. di g ra n tu rc o . T alché dando u n valore di 15 lire per etto litro al g ra n tu rc o pesando questo 70 chilog. all’E tto litro , abbiam o un a spesa di 12 lire di più per p ro d u rre due ch ilo ­ gram m i di u n a sostanza in u tile per l’alim en ­ tazione.

F r a noi havvi pu re un a ltro p regiudizio ed è quello che si dà la preferenza al m aiale di peso enorm e p iu tto sto che ad a ltro i! q uale non ab b ia molto sviluppo. Gli in g lesi quando tra tta s i di carne che deve essere con su m ata con c e rta sollecitudine sono sem pre p ro n ti a preferire i m aiali di un peso che non oltrfe- passi g u a ri il q u in tale. C alcolatori per eccel­ lenza com e sono quegli isolani, sanno che u n m aiale piccolo può essere n u trito con lieve spesa, in confronto con q u ella che im p o rta lo allevam ento di un m aiale molto grande. D’al­ tro n d e la carn e di un m aiale il cui in g ra ssa ­ m ento non sia spinto troppo o ltre è sem pre più n u trie n te , di quella di a ltro anim ale in ­ g rassato oltre-m isu ra. Lawes e G ilb ert tr o v a ­ rono che un m aiale grasso contiene p ro p o r­ zionalm ente un q u in to in m eno di sostanza azotata di quello che co n te n g a un m aiale m agro. D ’altro n d e ho detto come u n m aiale piccolo costi m eno a n u trirlo di un m aiale g ra n d e e ve lo provo col fatto seguente. Il B o u ssin g au lt prese un m aiale di 63 chilog. e 10 alim entò con p atate. E i ne m a n g ia v a o g n id ì 5 ch ilo g ram m i. Ne prese un a ltro che pesava chilog. 16ò e questi ne m a n g ia v a q u o tid ia - 12 chilog. più 4 ch ilo g . di fa rin a d’orzo che corrispondono ad a ltr i chilog. 15 di pomi di te r r a ; fra il peso del prim o e quello del se condo la rag io n e era di 1: 2,6 m entre l’a li­ m ento consum ato era di 1 : 4.

Ma non sono questi an im ali le sole fonti della carne. Abbiam o anco il pollam e, ed il coniglio che possono darci carn i a lim e n ta ri saporitissim e e n u trie n ti. Si sa che il pollam e è cibo riserb ato alla tavola dei b e n e sta n ti; m a 11 coniglio potrebbe divenire la vera carne

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22 luglio 1877 del povero. Calcoli che a ttu a lm e n te sarebbe lu n g o lo esporre mi condussero ad am m ettere che la produzione di u n c h ilo g r. di carn e di coniglio non costa più di 60 centesim i, ta lc h é se si considera che p er le sue q u a lità n u trie n ti h a un valore trip lo del pane, e q u in tu p lo della polenta di g ra n tu rc o si finisce col tr o ­ v a rc i eziandio il to rn aco n to finanziario.

È d esid erab ile che anche l’uso di q u esta ca rn e e n tri nei n o stri costum i, e che il po­ vero tro v i n ella m edesim a u n a riso rsa che nei n ostri paesi lo liberi d a lla sc h iav itù del g ra n tu rc o , e lib eri le pro v in cie m eridionali dal valersi come alim ento di u n a g ra n d e q u a n ­ tità di legum i, ed in p a rtic o la r modo d a ll’uso dei ceci:

Un em inente fisiologo h a detto un g io rn o : « i legum i Sono la carne del povero. » Disse forse così u n a v e rità ? P e rm e tte te m i che vi esprim a in questo il mio dubbio. A n zitu tto allorché parliam o di sostanze album inoidi non dobbiam o considerarle tu tte d otate di eguale assim ilab ilità. Nei legum i l ’elem ento im m e­ diato p rin cip ale che h a il predom inio è la le- g u m in a ; e q u esta q u a n tu n q u e rasso m ig li assai a lla sostanza con cui si fab b rica il form aggio, p u re non si assim ila alla stessa m an iera con cui si assim ilano l’a lb u m in a e la fib rin a ed u n a porzione sfu g g e alle funzioni della n u tr i­ zione e p assa n e g li escrem enti solidi come ne ho p otuto a n d a r convinto da esp erim en ti m iei proprii.

D’altro n d e nei legum i esiste ancora qualche a ltr a sostanza, la quale, abb en ch è non ancora ben nota, si crede abbia u n ’influenza nociva su l­ l’o rganism o um ano. Il K eller che oltre ad es­ sere un buon agronom o esercitò eziandio lu n ­ g a m en te la m edicina in D alm azia, ci assicu ra che i co n tad in i colà non sono afflitti d alla p ellag ra, come lo sono i n o stri che si n u trono la rg a m e n te di g ra n tu rc o , m a bensì dalla p a ­ ra p le g ia della q u al m a la ttia egli incolpa l’uso sm oderato dei ceci che colà m a n g ia n o in pane ed in m in estra conditi con olio e lardo. E que­ sta opinióne d ell’agronom o padovano mi é poi conferm ata d all’altro m edico che esercita la professione in A cquaviva delle fonti, il dottor S ilvestri.

T rovandom i colà e rag io n an d o fra noi delle m a la ttie che to rm en tan o g li operai cam pa- g n u o li, seppi che non r a re volte q u esta m a­ la ttia in essi p resen tav asi gen tilizia, o di fa­ m iglia, ed io non saprei a ttr ib u ir la ad a ltra cag io n e di quella a ll’infuori che in que’paesi la rg a m e n te si usano i ceci.

L a sostanza alla quale alludo è di sapore

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