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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.30 (1903) n.1524, 19 luglio

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L'ECONOMISTA

GAZZETTA SETTIMANALE

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno I l i - V o i . X IX IV

Firenze, 19 Luglio 1903

N. 1521

Sommario : L’ Italia e 1’ opinione pubblica dell’ estero La crisi agrumaria e i provvedimenti per ri­ solverla — Sale o Petrolio?, I — R. Da l l a Vo l t a. Imperialismo e protezionismo, III — La relazione della Commissione reale sull’ esercizio ferroviario, II — Rivista bibliografica. Prof. Renzo Furlani. L’ edu­ cazione della donna presso i popoli più civili - Prof. T. Cifarelli. Come lo Stato italiano paga i suoi funzionari. — Ed. Guazzoni, Manuale per le operazioni di debito pubblico. — Prof. Paul Pie. Traitó ele- mentaire de lógislation industrielle. Les lois ouvrières. — R. Recouly. Les Pays Magyar. — t ì . Pascaud.

Le contrat de travail au point de vue óconomique et juridiquo et l’ utilitó de sa róglamentation legislative. — Marguerilte Paul et Victor, ilistoire de la Guerre de 1870-71. — Rivista Economica. (Il commercio del­ l'Italia col MessicoMovimento di viaggiatori di commercio in Svizzera durante il 1902). — I provvedimenti pel Mezzogiorno, — L ’ emigrazione italiana nel primo trimestre 1908. — Il bilancio dell’ Eritrea pel 1901-902. — Mercato monetario e Banche di emissione. — Rivista delle Borse. — Società commerciali ed industriali (Rendiconti di Assemblee!. — Notizie commerciali, — Avvisi.

«

I T I T A L I A

e 1’ opinione pubblica dell' estero E una prova confortante della stima che l’ Italia va acquistandosi sempre più all’ estero, quella che ci è data dal crescente interesse che gli stranieri dimostrano per tuttociò che riguarda il nostro paese. Un tempo, e non molto lontano, i fatti che richiamavano l’ attenzione degli stra­ nieri erano di carattere assolutamente inferiore; le gesta dei briganti, le tristi condizioni finanzia­ rie, le sommosse delle popolazioni e simili, non escluse le mal ideate riparazioni alle grandi opere artistiche nazionali, formavano la materia delle discussioni sulle cose d’ Italia più comuni pei giornali d’oltre monte. Oggidì vediamo discusse non solo le opere d’ arte, le produzioni lettera­ rie e scientifiche, ma anche le condizioni econo­ miche e finanziarie del nostro paese e i giudizi, che accade di leggere sono improntati il più spesso a una grande benevolenza per 1’ Italia, a un vivo senso di simpatia per gli sforzi com­ piuti dagli italiani ansiosi di procedere sulla via del progresso. Se anche taluno muove qualche osservazione men che benevola, se non mancano talvolta le critiche, e diciamo pure che tra que­ ste se ne trovano anche di sospette, perchè non scevre di gelosie o di rancori, è certo però che anche i critici meno benevoli riconoscono il buon volere dell’ Italia, ammettono che essa possa fare, purché lo voglia, nuovi progressi e fanno progno­ stici oltre ogni dire lusinghieri sul suo avvenire. L ’ opinione pubblica dell’ estero i è adun­ que, nell’ insieme, favorevole. Studiosi d’ ogni paese, come Fischer, Bolton King, Novicow, Rozenraad ed altri seguono i nostri progressi e li segnalano, compiacendosene, ai loro connazio­ nali, anzi al mondo iutiero. Ancora ieri, ad esem­ pio, il dotto autore della Storia della Unità Ita­

liana, dello studio su Mazzini, dell’ opera su

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lo aveva colpito, la rendita sopra la pari, l’aggio scomparso, il commercio coll’estero in sensibile aumento, 1’ attività economica più intensa sono tutti fatti consolanti che devono stimolarci a nuovi miglioramenti, a progressi maggiori, a vin­ cere non pochi nemici che insidiano ancora il nostro sviluppo economico, il nostro migliora­ mento sociale.

Più che altro occorrono oggidì all’ Italia uomini che comprendano i bisogni e, rompendola con vieti sistemi, affrontino i problemi tributari, economici e politici, con fermezza e con piena padronanza dei loro termini. A ot measures, but

men, ripeteremo anche noi, secondo un detto

inglese, occorrono all’ Italia: uomini che sap­ piano ciò che vogliono, ciò che occorre al paese, che non oscillino perpetuamente tra idee oppò­ ste, che abbiano un programma ben determinato e con fiducia lavorino ad attuarlo. Invece ab­ biamo avuto, è vero, in questi ultimi tempi, prov­ vedimenti di varia natura, ma mancando gli uo­ mini pienamente coscenti delle questioni che volevano risolvere e dei mezzi per risolverle, è a temere fortemente che si sieno accumulati provvedimenti di scarsa, se non dubbia, effi­ cacia.

E nulla diremo di tutto ciò cbe si sarebbe dovuto fare e non si è fatto, appunto perchè mancò, come manca tuttora in molti degli uo­ mini che sono al Governo e in Parlamento, la visione chiara ed esatta delie vere necessità del paese.

Comunque sia, se errori, se omissioni fu­ rono commesse, il paese lavora e progredisce; esso acquista una coscienza migliore di sè, delle sue forze, dei suoi doveri nazionali e interna­ zionali, del posto che gli compete, dell’ avvenire che lo attende. E,tutto ciò si rispecchia natu­ ralmente nell’ opinione pubblica estera, la quale ci diverrà sempre più favorevole, quanto più mostreremo di darci pensiero, sopra ogni cosa, delle condizioni del paese a fine di migliorarle sotto ogni aspetto e lascieremo le dispute vane, le querele personali, per combattere le grandi lotte che: scaturiscono dal contrasto delle idèe. Sotto il regime liberale che l’ Italia ha avuto negli ultimi anni molte conquiste sono possibili in ogni campo; ma è sopratutto da augurare eh’ esso sia strumento efficace di educazione po­ litica e sociale per gl’ italiani e li abitui ad agire uniti, con nobili, ardite e sapienti iniziative, senza- ingerenze eccessive dello Stato, in vista del progresso nazionale. L ’ opinione pubblica estera è divenuta un elemento che, per essere imponderabile, non ha meno grande importanza nello svolgersi degli avvenimenti internazionali, e com’ essa oggi ci è indubbiamente benevola, così diverrebbe presto sfavorevole, quando non mostrassimo di saper avanzare nella soluzione di quelle questioni cbe ancora incombono su noi. Per questo motivo, abbiamo voluto segnare nelle nostre colonne un carattere del presente mo­ mento, e richiamare su di esso l ’ attenzione dei lettori.

LA CRISI AGRUMARIA

e i provvedimenti per risolverla

Il Governo colle disposizioni intorno al commercio degli agrumi, già riprodotte in que­ sto periodico (v. numero precedente, pag. 464), ha inteso di venire in aiuto agli agrumicultori accordando loro varie agevolezze. Con quelle disposizioni il Ministero non ha fatto altro che seguire la iniziativa di alcuni deputati delle provincie agrumarie del Regno; ma non pare che la crisi dolorosa, da cui sono colpite le zone ove fiorisce l ’arancio, possa essere vinta da prov­ vedimenti del genere di quelli ora andati in vigore. Così pensa uno studioso paziente e accurato delle questioni economiche agrarie, l’on. Maggiorino Eerraris, il quale nella Nuova

Antologia del 16 giugno ha trattato largamente

c-otesta questione, venendo alla conclusione che per rimediare alla crisi degli agrumi occorre costituire un consorzio agrumario nazionale.

Pur troppo, egli scrive, la crise agrumaria non ci presenta che gli stessi identici fenomeni di quella grande rivoluzione a cui assistiamo nella produzione agricola dei tempi nostri.

Siamo passati dall’economia locale a quella nazionale, dall’ economia internazionale a quella mondiale. Sovra i principali mercati di consumo, ora affluiscono i prodotti d’ ogni parte, d’ ogni zona dell’universo e tutti si contendono il pri­ mato. La prime conseguenze di questa grande rivoluzione dell’economia rurale si manifestò in una rapida e precipitosa discesa dei prezzi dei prodotti del suolo. Grano, vino, olio, zucchero, caffè, tutto, tranne forse il bestiame, ribassò di prezzo in modo quasi vertiginoso, sconvolgendo gli antichi rapporti economici fra il costo di produzione e il prezzo di vendita. D ’ onde una specie di crise generale nell’agricoltura e nella terra della vecchia Europa, che si riverbera so­ vra le diverse classi sociali, dai proprietari ai contadini.

Nessun errore sarebbe più fatale che la­ sciar credere alle popolazioni che simili pro­ fondi rivolgimenti si possono d’un tratto curare per opera dello Stato o delle sue leggi. Nessun Governo, nessun Parlamento può arrestare o mutare il corso di questi giganteschi fenomeni economici. Sovra ogni mercato di consumo i pro­ duttori del mondo intero combattono, finché i deboli soccombino e i forti restano padroni in­ disputati del terreno.

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l’ apertura di nuovi mercati all’ interno e al­ l’estero.

I provvedimenti adottati a favore del com­ mercio degli agrumi corrispondono a quelle ne­ cessità? Il Ferraris pur approvando le agevo­ lezze fiscali, (abolizione del dazio di consumo sugli agrumi, riduzione di tariffe ferroviarie, esenzioni da tasse di bollo, riduzione delia tassa di registro a favore delle società per azioni fra gli agrumicoltori, ecc.) crede che occorra ben altro e delinea, appunto, provvedimenti più ri­ solutivi che dovrebbero essere adottati.

Chi studia imparzialmente il grande regime della organizzazione mutua, egli osserva, che per opera di statisti eminenti e di provvide leggi va assumendo 1’ economia rurale dei vari paesi, vedrà eh’ esso tende sempre più a foggiarsi sulle seguenti basi : I o una fitta rete di Cooperative locali, che penetrano nei più modesti villaggi e che abbracciano anche i più piccoli proprietari; 2° la federazione in Unioni regionali delle coo­ perative locali ; 3° il raggruppamento delle Unioni regionali in un solo Consorzio od Unione nazionale sopratutto per l’ esportazione all’estero; 4° l ’ azione e spesso anche il credito dello Stato intesi a dar vita all’ intera organizzazione. I provvedimenti ora applicati pare a lui che in­ vece possano concorrere ad accrescere la disor­ ganizzazione del commercio degli agrumi, che appunto soffre per la disgregazione delle forze e per la reciproca concorrenza che i produttori e gli esportatori si fanno a vicenda, sugli stessi mercati italiani ed esteri. Il primo scopo di un’ organizzazione economica è quello di regolare e disciplinare la produzione e il commercio, es­ senzialmente mediante l’ unità di azione e di direzione. I provvedimenti applicati non solo non favoriscono codesta essenziale unità di di­ rezione e di azione, ma vanno contro di essa, « perchè accordando agevolezze fiscali indistin­ tamente ad un numero indefinito di Società per azioni e cooperative — isolate e non federate tende ad introdurre nel mercato degli agrumi un nuovo elemento di concorrenza e quindi di ribasso dei prezzi e di crisi. Si acuirà la con­ correnza fra Società ed esportatori privati ; si desterà una nuova concorrenza fra le Società di Liguria, di Calabria e di Sicilia, per la di­ sputa degli stessi mercati a misura che una Società sorgerà con buoni affari, ad esempio, in Sicilia, immediatamente ne sorgerà un’ altra a fianco, con spirito di rivalità e di gelosia. E chi conosce il carattere italiano sa come ciò accada ogni giorno ! »

Vi è molto di vero in tutto ciò. L ’ ou. Fer­ raris ha un merito incontrastabile, td è quello di insistere, ormai da più anni, e con gran fer­ vore, sulla necessità della migliore organizza­ zione economica delle forze produttive del nostro paese, anzi della vera e propria organizzazione nella produzione e nel commercio dei prodotti agricoli, che pur troppo manca quasi dappertutto, o non è su così grande scala come sarebbe de­ siderabile e indispensabile per conseguire risul­ tati apprezzabili. Siamo d’accordo con lui intorno alla necessità di nuove forme di organizzazione industriale, tanto più quando si tratta di industrie esportatrici. Egli dichiara che ogni nuova orga­

nizzazione, se vuol essere progredita e perfe­ zionata, oggidì non può e non deve che inspirarsi ad uno di questi tre tipi : 1° l’ organizzazione cooperativa tedesca a tre gradi — Unioni locali, regionali e nazionali; — 2° il trust americano che tende ad abbracciare l’ intera produzione del paese e a monopolizzarla per il mercato estero, ma che nel fondo costituisce una vera e propria Cooperativa nazionale, con ripartizione proporzionale degli utili a tutti i produttori, grandi

e piccoli ; — 3° l’ organizzazione australiana,

cooperativa alla base e di Stato al centro. Senza risolvere ora l ’ardua questione della migliore or­ ganizzazione industriale, che richiederebbe inda­ gini speciali, ancora troppo incomplete e non suf­ ficientemente obiettive, è però certo che tutti e tre quei tipi tendono essenzialmente ad avere

unità di direzione e di azione. E poiché le di­

sposizioni intorno al commercio degli agrumi non contemplano alcuno di questi sistemi, vengono così a mancare di quella unità organica che con­ trassegna il progresso moderno di questi grandi e potenti congegni commerciali.

Altrove, e precisamente in California, proprio per gli agrumi, fu costituita una colossale Società cooperativa fra i produttori di agrumi, la Southern

California Fruii Exchange, la quale si occupa

della vendita degli agrumi prodotti da membri della Società, fornisce ai produttori di agrumi ogni specie d’ informazione sui metodi di colti­ vazione, sulle qualità più richieste dai mercati, sul modo d’ imballare il frutto, ecc.; essa pro­ cura di ottenere dalle Compagnie ferroviarie le massime facilitazioni pel trasporto del prodotto, cerca, insomma, di favorire l’ interesse dei suoi membri in qualsiasi possibile maniera. Il prof. Ravaioli, nostro delegato commerciale a Washing­ ton, in un esteso rapporto ha narrato le vicende di quel potente Consorzio agrumario e non ha esitato a scrivere che « se in Sicilia si riuscisse a formare una Società cooperativa sulle basi del Consorzio agrumario della California molti dei mali che affliggono presentemente il commercio agrumario verrebbero a scomparire e l’ industria sarebbe posta sovra basi più solide delle at­ tuali. »

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zione; spedizione di merce di qualità inferiore e difetti nell’ imballaggio ; mancanza di economia nella distribuzione e nessun incentivo di consumo. Non ci è possibile di estenderci su questi vari punti che il Ravaioli illustra in modo chiaro e completo e la relazione del quale merita d’esser letta e meditata, ma osserviamo che egli pro­ pone la costituzione di un Sindacato italiano sul genere di quello della California e vuole si prefigga lo scopo di migliorare l’industria agru­ maria, adottando sistemi più perfetti di produ­ zione e coltivando le specie migliori e più ri­ chieste sui mercati di consumo; dopo di che il Sindacato dovrebbe curare la spedizione del frutto. E il Ravaioli svolge largamente la sua proposta, che ci pare meritevole di seria consi­ derazione da parte degli interessati, ossia degli agricoltori e di coloro che si occupauo della crisi agrumaria.

L’on. Ferraris, naturalmente, è favorevolis­ simo a quella idea e delinea appunto la nuova organizzazione che dovrebbe sorgere. « Basato sopra di una forte organizzazione cooperativa, egli scrive, promosso ed accreditato dallo Stato, assistito da speciali facilitazioni che lo pongano in grado di lottare e vincere, in mezzo alle con­ correnze mondiali, il nuovo Consorzio agrumario deve espandersi nel mondo intero e lottarvi e vincere, come in rami diversi vi lottano e vin­ cono le organizzazioni cooperative dell’Australia, della Germania e della Irlanda, come nella stessa produzione agrumaria, lotta e vince, pur troppo contro di noi, la colossale Agenzia frutticola della California».

E l’operoso scrittore innesta l’ idea del Con­ sorzio agrumario sulla sua proposta di riforma

agraria, « dichiarata, ormai egli dice, da quelli

che hanno studiato a fondo il problema, dallo on. Luzzatti all’ on. Sacchi, . indispensabile alla soluzione della questione meridionale ». Crediamo però che le due cose possano stare separate e che anzi la loro unione non possa che nuocere alla attuazione abbastanza sollecita dell’ idea di formare un Consorzio agrumario nazionale. Nè crediamo che sia proprio indispensabile di dargli tutti quei caratteri che l’on. Ferraris predilige'; ciò che importa, ad ogni modo, è che gli agricoltori si organizzino in vista della migliore produzione del più proficuo e sicuro spaccio dei loro pro­ dotti. Se questo concetto della organizzazione di un Consorzio agrumario potesse avere una attuazione benefica, ne trarrebbero giovamento non solo gli agrumicoltori, ma tutta la industria agricola italiana, perchè 1’ esempio certamente troverebbe imitatori.

E poiché lo Stato ormai si crede in dovere d’ intervenire in queste crisi, non escludiamo che il suo intervento possa assumere forme migliori delle attuali, spesso tanto costose alla finanza, quanto inefficaci per la economia del paese. Il problema ormai è posto: non solo, ma anche si intravede la possibilità di risolverlo.

Ciò che urge è di far penetrare nelle menti dei nostri agrumicultori la necessità di muoversi e di unirsi e qui, come in tante altre cose, ciò che occorre sopratutto sono gli uomini che sanno e vogliono.

SALE O PETROLIO?

i.

Questo interrogativo potrà forse parere un po’ strano a qualche vecchio e assiduo lettore dé\YEconomista. Abbiamo detto tante volte che per noi, in materia di sgravi, è quasi lo stesso che si cominci da una parte o dall’ altra, pur­ ché si cominci ! E anche adesso confermiamo questa dichiarazione. Poiché i generi di consumo eccessivamente colpiti da tasse o da dazi sono parecchi ; poiché alleviarli tutti in una volta non è possibile ; poiché un alleviamento anche limi­ tato è meglio che nulla, mentre d’ altra parte la tasca di ciascun contribuente è una sola ; poiché le condizioni della pubblica finanza le consentono oramai senza fallo di rinunziare a qualche milione annuo d’ entrata, di cui troverà presto il compenso nel maggior gettito che sarà per darle il genere di consumo reso un po’ meno caro di prima ; è naturale che da parte nostra si propugni senza tregua la politica degli sgravi, ma non si dia grande importanza alla scelta del ramo su cui applicarla.

Pur. tuttavia non è ozioso discorrerne, sia perchè di cotesta politica si parla molto e da un pezzo, ma pur troppo la sua effettiva inaugura­ zione s’ ha ancora da vedere, e sia perchè, se ogni progetto di riforma trova sempre parecchi censori e non arriva mai a contentar tutti, la migliore scelta fra due o più riforme desiderate può forse servire, non diremo a annientare la schiera dei censori, ma a assottigliarla, non già a contentar tutti, ma a scontentar meno persone che sia possibile.

Quando il Governo presentò il disegno di legge per diminuire di 15 cent, al chilogramma il prezzo del sale, portandolo da cent. 40 a 25, noi ce ne rallegrammo sinceramente. Fosse o non fosse, quella del sale, la scelta migliore, al­ meno era ('finalmente!) una. All’ accusa di pro­ curare ai consumatori un sollievo troppo poco sensibile e non corrispondente alla perdita rela­ tivamente grave dello Stato, la Relazione mini­ steriale rispondeva a dovere, ci sembra, osser­ vando che in tal modo nessuno sgravio si fa­ rebbe mai, giacché lo stesso rilievo potrebbe opporsi alla riduzione di qualunque tassa a larga base, a quelle sul petrolio, sullo zucchero, sul grano, o anche all’ imposta fondiaria, col ridurre a frazioni piccolissime il suo gettito diviso per 33 milioni d ’ italiani o per 29 milioni di ettari.

Del sale scrive un valoroso poeta contem­ poraneo :

. . . . dono di te, Dio ; ma pensa ! L ’ uomo mi vende ciò che tu ci doni. Tu n’ empi i mari e l’ uomo lo dispensa Nella bilancia tremula; le lande Tu ne condisci, e manca sulla mensa.

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poche e felici espressioni i sentimenti e i pen­ sieri che prevalgono tra le moltitudini. Per parte nostra, prosaicamente ma con non minore desiderio del bene, già in altra occasione di­ cemmo ohe non si deve assolutaménte rinun­ ziare ad abolire del tutto, benché per gradi, la tassa che pesa su un prodotto così necessario come il sale all’ alimentazione umana ; e che a una meta cosi desiderabile si potrà giungere soltanto se con successive riduzioni si venga a mano a mano a scorciare la strada che vi fa capo. Perciò, e memori che spesso il meglio è nemico del bene, saremmo statilietissimi di vedere il disegno di legge discusso e approvato prima che il Parlamento prendesse le vacanze estive.

Ma non è stato così, e passeranno ancora alquanti mesi prima che il Parlamento medesimo se ne occupi, mentre a novembre esso dovrà, fra altro, esaminare quei bilanci pei quali ha con­ cesso 1’ esercizio provvisorio, senza contare tutto ciò che di più urgente e d’ inaspettato può nel frattempo sopravvenire.

E allora, se il tempo, per disgrazia, ab­ bonda, perchè non tornare un poco sul con­ fronto fra i molti sgravi che sarebbe provvido attuare, e sui meriti rispettivi che hanno alla precedenza ? Se dal principio dell’ anno in qua si fosse riusciti a concretare qualcosa, anche noi daremmo sulla voce a chi, per desiderio del meglio, compromette e ritarda il buono. Ma poiché non si è fatto ancora nulla, nè si è prossimi a fare alcuna cosa, vediamo se non sarebbe il caso di modificare i progetti e di ap­ parecchiare qualche cosa o più facile o più utile. Sgravi sul dazio del grano ? Così fosse ! ma hanno per avversari troppi interessati. 1) Sullo zucchero ? Da poco tempo è stata rima­ neggiata la tassa sulla produzione che se ne fa in Italia ; eppoi lo zucchero, fra i generi di molto largo consumo, non si può dire di pri­ missima necessità. Sulla tariffa dei tabacchi ? Per quest’ ultima ragione, meno che mai. Sul petrolio r...

A favore di provvedimenti che rendano meno caro il prezzo del petrolio, in confronto di quelli analoghi pel sale, si hanno in buon numero voti importanti e pareri autorevoli. Già facemmo menzione il 3 maggio scorso, parlan­ done a lungo, della notevole Relazione sul con­ sumo del petrolio, estesa dall’ avv. Mazzucehelli segretario della Camera di Commercio di Mi­ lano. Ivi si chiede la riduzione del dazio da L. 48 il quintale a L. 12: troppo, secondo noi, non perchè una riduzione così forte non sarebbe ottima cosa, ma perchè una più moderata, per ora, e tale da non recare sul bilancio un danno troppo sensibile, darebbe già un sollievo sen­ sibile ai consumatori. E nel nostro numero del 6 aprile scorso riportammo il voto espresso dalla Camera di Commercio di Alessandria al Governo, acciò voglia studiare se non convenga al ribasso del sale fa precedere quello d el petrolio. I motivi erano che uno sgravio parziale del dazio doganale sul petrolio costerebbe all’ erario un

l) Circa la scarsa importanza che ha nell' ali­ mentazione il sale, in confronto dei farinacei, vedi lo scritto di C. Lombroso, Sale e pellagra, nella Nuova Antologia 1° Maggio 1908.

sacrifizio analogo a quello che verrebbe a in­

contrare colla diminuzione del prezzo del sale; che gli effetti democratici della riforma sareb­ bero, nel caso del petrolio, meglio sentiti ; che lo sgravio del petrolio permetterebbe l’utilizza­ zione di questa sostanza come forza motrice, e toglierebbe l’ ostacolo che ora si frappone ad un’intera esecuzione di tassa sull’ alcool da so­ fisticarsi per l’industria.

Ripetutamente e in più occasioni l’ on. Luz- zatti ebbe a manifestare la sua preferenza per una riforma nel regime del petrolio piuttosto- chè in quello del sale; e ciò perchè, mentre per le famiglie povere è almeno eguale il be­

nefizio di poter risparmiare sull’uno o sull’altro

prodotto, la riduzione sul petrolio è più sensi­

bile nei suoi effetti, più maneggevole per il

bilancio, inoltre, facendo crescere il consumo, risarcisce la perdita e permette di passare, col riacquisto graduale dell’entrata antica, ad altri sgravi sui consumi popolari.

Si potrebbero anche ricordare le petizioni presentate al Parlamento fino dall’ anno scorso dalla Società dei droghieri di Milano e Lom­ bardia, e dal Comitato permanente napoletano per gli sgravi popolari, entrambe chiedenti forti ribassi nel dazio sul petrolio. Quest’ultima soprattutto ha carattere grandiosamente nazio­ nale, perchè porta parecchie diecine di migliaia di firme raccolte in tutte le regioni italiane. Questo fatto costituisce senza dubbio una mani­ festazione assai eloquente, e non gli toglie va­ lore la richiesta di portare il dazio da L. 48 a L. 10, la quale nel nostro paese è eccessiva, per una ragione già detta poc’anzi.

E potremmo citare altre petizioni e altri voti, ma non è necessario. Si può benissimo prescindere da tutti quelli che contengono ma­ gari considerazioni giuste, ma sono troppo uni­ laterali, in quanto dimostrano semplicemente la grande utilità di procedere a uno sgravio su uno dei due prodotti, ma non la considerano in relazione allo sgravio, eventualmente preferi­ bile, dell’ altro prodotto.

Così pure ci asteniamo dal riprodurre que­ gli specchietti, da noi d’altronde pubblicati altre volte, dai quali risulta la misura diversissima con cui, tanto il sale quanto il petrolio, sono tassati in Italia e negli altri Stati. E ’ ormai risaputo che per ambedue i prodotti l’Italia ha, fiscalmente parlando, un rilevante quanto de­ plorevole primato. Crediamo utili soltanto con­

fronti motivati tra sale e petrolio, in ordine

alla precedenza da darsi allo sgravio dell’ uno o dell’altro, E li faremo in un prossimo numero sotto parecchi e diversi aspetti.

IMPERIALISMO E PROTEZIONISMO *);

i n .

I fautori di una riforma fiscale avente lo scopo di mettere l’ Inghilterra in condizione di poter chiedere ai paesi protezionisti un tratta­ mento meno sfavorevole alle sue esportazioni,

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sostengono, ohe, dato il sistema ora vigente, l’ Inghilterra è completamente disarmata nei ne­ goziati con le altre potenze.

Senza prendere di mira il libero scambio, del quale molti che pur si dimostrano favorevoli alle idee del Chamberlain, riconoscono i bene­ fici pel tempo passato, coloro che propugnano una riforma fiscale, e più propriamente doga­ nale, osservano che l’ Inghilterra ormai non ha nulla da offrire agli altri paesi in cambio delle concessioni che le occorrono e che il libero scambio si riduce, per lei, alla libera importa­ zione delle merci estere in Inghilterra e alle maggiori difficoltà pei prodotti inglesi alla en­ trata nei paesi stranieri. Di più, nessuna possi­ bilità di rappresaglie doganali verso gli Stati che rendono più difficile la importazione dei prodotti dell’ Inghilterra o di quelli delle colonie inglesi le quali facciano un trattamento speciale ai prodotti della madre patria. E il caso del Ca- nadà fa le spese di tutte di tutte le discussioni, perchè avendo quella colonia ridotti i dazi sui prodotti inglesi nella misura, prima del 25 °/0 e poscia del 33 */3 ° /0, la Germania ne mosse forte lagnanza, fece minaccie che naturalmente riesci- rono sgradite agli inglesi e ai canadesi, e finì per mettere dei dazi differenziali sui prodotti del Canadà. Della posizione del Canadà, in que­ sto argomento delle tariffe speciali e del suo considerevole sviluppo economico negli ultimi anni, ci occuperemo in altro momento, qui, per non divagare, conviene considerare quale è effet­ tivamente il punto di vista di coloro che doman­ dano uno studio completo della questione rela­ tiva alla condizione in cui trovasi l’ Inghilterra nei negoziati commerciali con gli altri paesi. Per­ chè si tratta d’ un argomento che ha molti aspetti : vi è quello prettamente imperialista, ossia della unione più stretta, più completa, tra la madre patria e le colonie ; vi è quello prote­ zionista che riguarda cioè il ristabilimento di dazi, i quali, per quanto miti, non potrebbero non essere protettivi; vi è ancora quello della recipro­ cità tra l’ Inghilterra e gli altri paesi, ossia del

do ut des, del dare e ricevere, che non sarebbe

più applicabile, almeno su una base equa per l’ Inghilterra, a causa delle tariffe protettive ap­ plicate negli altri Stati. Or bene, è su quest’ ul­ timo aspetto della questione che presentemeute insistono gli uomini di Stato inglesi e se ne ha la prova nei discorsi tenuti al Constitutional Club dal Balfour e dal Chamberlain, alla fine del mese scorso.

Il Balfour accennò a quattro punti che ca­ gionano, a suo avviso, una qualche ansietà nella condizione presente degli affari.

La prima causa è che la provvista di capi­ tale adegnato per 1’ esercizio di grandi industrie moderne è compromessa dal fatto che le nazioni estere, col loro sistema protettivo, sono in grado e pronte a importare nell’ Inghilterra oggetti che vengono largamente prodotti in questo paese e li vendono a un prezzo inferiore o nel paese di origine o in quello di importazione. Sarebbe la stessa questione con la differenza che non ri­ guarda una industria speciale, che venne solle­ vata per lo zucchero e che fu risoluta con la con­ venzione di Bruxelles.

Il secondo punto consiste in ciò che i ne­ goziati relativi alle tariffe sono resi estremamente difficili dalla condizione attuale del regime do­ ganale inglese. La questione non è nuova, os­ servò il Balfour, e basta ricordare che il Gobden quando negoziò il trattato del 1860 con la Francia potè rendere un grande servizio al libero scambio appunto perchè egli aveva qualche cosa da dare alla Francia. Ma, ora coloro che vogliono vedere il libero scambio incoraggiato col dissuadere gli altri paesi a ricorrere a quelle tariffe di guerra che vanno prevalendo, non hanno alcun mezzo per negoziare. Ancora vi è da considerare, se­ condo il Balfour, se dato che le colonie desi­ derino di fare all’ Inghilterra un trattamento di preferenza, questa deve permettere un intervento straniero in ciò che gli inglesi considerano come un affare di politica interna. E infine è da ve­ dere se sia possibile qualche accordo con le colonie autonome, che conduca a una unione di carattere fiscale.

La importanza dei quattro punti suaccen­ nati non può essere disconosciuta e si comprende che non manchino in Inghilterra coloro i quali, pur non essendo protezionisti, ammettano la op­ portunità di esaminare tale complessa e impo­ nente questione.

L ’ inchiesta e la discussione a cui il governo inglese, per opera specialmente del Chamber- lain, ha chiamato il paese può comprendersi, se il suo scopo è di porre in chiaro non tanto i vantaggi di uno o l’ altro sistema doganale, quanto le condizioni create all’ Inghilterra e alle sue colonie dalla politica doganale degli altri Stati. Da questa indagine potrà venire molta luce sulla via da seguire. Il male è che il pro­ blema, come già si è avvertito, viene complicato da altre mire e a queste accennò specialmente il Chamberlain, il quale ha fatto notare che vi sono varii metodi con cui risolvere la questione della Federazione imperiale, ma che quello più spesso e più rigorosamente sostenuto, specie al- 1’ ultima Conferenza coloniale, è la unione com­ merciale, mediante tariffe di preferenza (commer­

cial union through preferential tariffs). Ed egli

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d’ ora alla possibilità e persino alla utilità di col­ pire i prodotti alimentari. È interessante sentire ciò eh’ egli pensa intorno a questo che è vera­ mente, com’ egli disse, il punto ciútico. « Lascio, egli disse, ai competenti, sopratutto alla moderna scuola di economia politica, la quale non accetta invariabilmente le posizioni che erano assunte con tanta fiducia dagli economisti di una scuola più vecchia; lascio ad essi di dire se una impo­ sta sopra qualche articolo di consumo sia, a lungo andare, inevitabilmente pagata dal consumatore, se non sia possibile che venga pagata, in parte o in tutto, dal produttore di quel genere di con­ sumo.

Io intendo ragionare di questo argomento ponendomi su altro terreno. Sono disposto di ammettere per semplificare la questione — seb­ bene non lo creda — che tutto il gravame della imposta cadrà sul consumatore, ma anche in tal caso, supposto che il dazio sul grano aumenti il prezzo del pane, aumenterà forse necessariamente il costo della vita? Se l’ aumentato costo del pane è accompagnato da una diminuzione pro­ porzionale in qualche altro articolo o di consumo necessario o di godimento d’ altra natura, in tal caso, sebbene il prezzo di un dato consumo possa elevarsi, il costo della vita non sarà accresciuto menomamente ». Scendendo a maggiori partico­ lari, il Chamberlain accennò alla scelta che la classe operaia potrebbe fare, per avere un com­ penso al maggiore aggravio che le derivasse dal­ l’ aumento del prezzo del pane, tra le pensioni alla vecchiaia, la riduzione dei dazi sul thè, sul ta­ bacco, sullo zucchero e simili; ecco dove il com­ penso sarebbe possibile. In tal caso, per usare le sue parole, ciò che verrebbe preso da una tasca sarebbe restituito all’ altra. E come vedesi la so­ luzione del grave problema viene così adombrata in modo sufficientemente chiaro. Un dazio sui ce­ reali, per creare poi un trattamento di favore alle colonie (al Canadá, ad esempio, che può dare un grande incremento alla produzione dei cereali) e proteggere in pari tempo la agricoltura inglese, altri dazi, forse, su altre materie se occorrono rap­ presaglie o per applicare il principio della reci- ciprocità commerciale e qualche riforma nelle imposte interne sui consumi, oppure un sistema di assicurazione per la vecchiaia a compenso del- l’ aggravio che le masse lavoratrici possono ri­ sentirne e il grande vantaggio, almeno secondo gl’ imperialisti -, di stringere vieppiù relazioni com­ merciali con le Colonie, anche se una vera e pro­ pria Unione, uno Zollverein, non è attuabile.

La questione viene così semplicizzata gran­ demente e può anche darsi che abilmente presen­ tata in tali termini riesca ad accaparrarsi le simpa­ tie di una parte del pubblico inglese che è stato assordato in questi ultimi anni dalle grida dei fa ir

traders, degl' imperialisti e dei politicanti sulla

rovina commerciale, industriale, agricola dell’ In­ ghilterra. Ma se il programma potrà parere, a primo aspetto, sémplice, logico e vantaggioso, converrà ebe gl’ inglesi si soffermino a conside­ rarne gli effetti e non solo quelli immediati, ma anche gli altri più remoti. Non si creano artifi­ cialmente barriere al trafficò d’ un grande stato commerciale,-com’ è l’Inghilterra, senza risentirne effetti meno sospettati, che non hanno nulla a

vedere con le mire politiche dei promotori di una simile riforma. Sia pure che per qualche ri­ guardo la politica del libero scambio inglese, trovandosi di fronte a quella protezionista degli altri Stati, non riesca così vantaggiosa come avrebbesi giusto motivo di credere; ma è errore grave il considerare qualche circostanza isolata perdendo di vista i grandi vantaggi complessivi, procurati da una politica doganale che fa del- l’ Inghilterra un grande punto franco, un mer­ cato mondiale, un centro unico per la vastità, la intensità e il profitto degli affari che vi fanno capo. Giusta è la preoccupazione di rendere più attive, più profìcue, le relazioni commerciali tra la madre patria e ie colonie ed è ragionevole lo studio dei mezzi migliori per raggiungere tale intento, ma pericoloso sarebbe certo l’ abban­ dono della libertà commerciale nei riguardi degli altri paesi specie per le ripercussioni dannose che esse non mancherebbero di avere sulle altre manifestazioni dell’ attività economica inglese.

E,. Da l l a Vo l t a.

L a relazione della- Commissione reale

sull'esercizio ferroviario *)

II.

Politica ferroviaria in Italia

(Continuazione).

E subito dopo, in attesa delle conclusioni della Commissione d’ inchiesta, fu convenuto che la Società delle Romane continuasse nell’ eser­ cizio a tutto il 1881 sospendendo gli effetti del riscatto, venne confermata la concessione alle Meridionali delle due linee Aquila-Rieti e Ter- moli-Campobasso-Benevento, modificando, come si è detto, il patto della scala mobile nel senso che al di là del prodotto lordo di 15,000 lire al chilometro l ’ eccedenza fosse divisa col 60 per cento alla Società ed il 40 per cento allo Stato, mantenendo infine allo Stato il diritto di riscatto fino al 30 giugno 1889. Finalmente nel 1882 lo Stato assunse anche il diretto esercizio delle Romane.

Intanto gli effetti della legge 1879 si face­ vano sentire sopratutto nel senso che essendo stata studiata affrettatamente, nè tutte le linee più importanti vi erano comprese, nè la somma prevista corrispondeva alla necessaria. Da ciò una serie di provvedimenti non tutti ponderati per assestare la legge del 1879 nelle sue appli­ cazioni. Trascriviamo dalla relazione queste righe che danno, del resto, molto miti giudizi : « Nel 1882 si erano cominciate 40 linee, e costituiti, per lo studio o per la direzione dei lavori, 35 nuovi uffici tecnici speciali, oltre quelli esistenti per le ferrovie Calabro-Sicule e Liguri. I tron chi già appaltati o in corso di appalto ammonta­ vano a 97, della lunghezza complessiva di oltre mille chilometri, e del previsto costo di 141 mi­ lioni.

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« Eranvi pure pronti per l’appalto altri 27 tronchi, lunghi complessivamente 312 chilometri che richiedevano, a base d’ asta, la spesa di 96 milioni.

« Però, mentre si era principiata la costru­ zione di tante linee, gli studi procedevano len­ tamente, per poche di esse possedevansi progetti bene studiati. Procedendo innanzi nei lavori, si rilevava che erano errati i calcoli, inesatti i pre­ ventivi di massima su cui era fondato il pro­ gramma di queste nuove costruzioni, incomplete le previsioni dei progetti esecutivi approvati per gli appalti, e che infine era stata uua vera delu­ sione il ribasso delle aste nel quale eransi fon­ date grandi speranze nella fissazione del piano finanziario. Ciò nonostante si cercava di spingerti innanzi sempre più i lavori per soddisfare le insi­ stenti richieste delle popolazioni ».

E negli anni successivi fino al 1885 le cose peggiorarono ancora perchè fu seguita la stessa via e continuati gli stessi errori.

Colla legge 27 aprile 1885 venne risolta la questione dell’ esercizio affidandola a tre grandi Società, l’Adriatica, la Mediterranea e la Sicula sulla base della compartecipazione al prodotto lordo e della istituzione di tre riserve : una per i casi di forza maggiore, una per il rinnuova- mento del materiale mobile, una per gli aumenti patrimoniali. Ed alle tre Società venne fatto ob­ bligo di costruire ad ogni richiesta dello Stato le nuove linee o quelle già in costruzione sia a prezzo fatto, sia a rimborso di spese ; ma anche questo sistema non ebbe che scarso risultato es­ sendo risultato difficile il convenire tra lo Stato e le Società sul prezzo di costruzione ; lo Stato quindi continuò nella costruzione diretta.

Senonchè sempre più si palesava grande la differenza tra le previsioni ed il resto delle li­ nee e nel 1887 dei 6497 chilometri autorizzati, se ne erano costruiti 2515 e ne erano in corso 939 ; ne rimanevano quindi ancora 3043 e si pre­ sumeva la spesa a quasi 2 miliardi e mezzo, cioè un miliardo più delle previsioni del 1879.

A risolvere il problema venne presentato un progetto nel 1887 che fu approvato l’ anno ap­ presso che regolava la costruzione di quasi tutte le linee già approvate e domandava la spesa di 1.610 milioni.

Però le difficoltà finanziarie facendosi gravi, lo Stato dovette, prima rallentare e poi quasi so­ spendere le nuove costruzioni, solo nel 1896 af­ fidò alla Mediterranea la costruzione della linea Avezzano-Roccasecca e Salerno-Sanseverino, ed all’Adriatica la Campobasso-Isernia, e finalmente fece approvare le leggi che accordavano alle linee da costruirsi una sovvenzione fino a L- 6000 al chilometro.

Qui la relazione fa molte considerazioni, non tutte accettabili, sulle vicende della questione ferroviaria in Italia, e viene a queste conclu­ sioni:

« Le incertezze in tutte le risoluzioni dello Stato italiano, in rapporto alla questione ferro­ viaria, la deficienza di una vera e propria poli­ tica ferroviaria, perchè non si era seguita nè quella che concede l ’ industria delle ferrovie alla iniziativa privata senza aiuti dello Stato, nè l’altra che a questa le affida conservandola, nè quella

infine che istituisce lo Stato proprietario ed esercente, furono dannose alla finanza ed alla economia pubblica, impedirono all’ Italia di rea­ lizzare i vantaggi ottenuti dai paesi che hanno seguito una determinata linea di condotta e crea­ rono una condizione di cose che rende più diffi­ cile la soluzione del problema ferroviario, tenuto conto specialmente delle condizioni sociali e po­ litiche del nostro paese ».

Rivista (Bibliografica

Prof. Renzo F uri ani. — L' (Educazione della donna presso i popoli piu civili. — Roma, Società Edit. Dante Alighieri, 1903, pag. 498. (L. 4).

Questo eccellente lavoro del prof. Renzo Furlani venne giudicato degno del premio Ra- vizza della città di Milano, « specialmente per la parte storica, veramente pregevole ed esau­ riente » dice la relazione su quel concorso. Però diciamo subito che non si tratta, come si po­ trebbe credere da quella espressione della re­ lazione, di una storia della educazione della

donna, ma molto meglio delle condizioni at­ tuali della educazione della donna nei diversi

paesi civili. Ed è così giusto che la Commis­ sione abbia lodata specialmente questa parte del lavoro, perchè è veramente la parte princi­ pale e più importante dell’ opera.

Trattando di un argomento, diremo così de­ licato, l’ Autore ha saputo evitare ogni tenta­ zione che lo trasportasse fuori del campo pratico e positivo ; e partendo dalla aspirazione di tutti di conseguire il miglioramento della umanità, considera il problema della donna come una parte del problema più generale che abbraccia i due sessi. Ed il problema della donna gli pre­ senta una serie di questioni che esamina con breve ma efficace e sempre assennata parola; così elimina certi pregiudizi sulla superiorità od inferiorità di uno o dell’ altro dei due sessi e li vede complemento uno dall’ altro e quindi nella famiglia trova lo stato perfetto. Più parti­ colarmente sul tema della educazione della donna, 1’ Autore esamina certe questioni preli­ minari pratiche : le conseguenze della istru­ zione obbligatoria e la refezione scolastica, l’ insegnamento religioso, l ’ educazione sepa­ rata dei due sessi e la scuola mista, la donna alla università ecc. ecc.

E viene quindi alla parte più largamente trattata del suo lavoro cioè 1’ educazione della donna, in Italia, Francia, Inghilterra, Germania, Stati Uniti; e per ciascun paese esamina le leggi relative vigenti, l’ ordinamento delle scuole elementari, 1’ educazione fisica, il personale inse­ gnante, le scuole religiose, le scuole seconda­ rie, quelle normali, i collegi, le scuole industriali e commerciali, quelle di belle arti, le scuole se­ rali e festive, gli esami, le università ecc. ecc.

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I due ultimi capitoli sono dedicati ai prin- cipii cui deve ispirarsi 1’ educazione femminile, ed ai desideri e proposte di riforma.

Prof. T. Cifarelli. — Come lo Stato italiano paga i suoi funzionari. — Bologna, Azzoguidi, 1903, pag. 84.

In bocca dei parlamentari, ogni volta che si tratta di giudicare la burocrazia, sta il detto : pochi impiegati ma buoni e ben pagati. Viceversa il Parlamento, che pure è onnipotente, è riuscito a costruire la macchina burocratica italiana che rap­ presenta in fatto: molti impiegati, non buoni e mal pagati.

E lo scrittore di questo opuscolo, nell’ in­ tento di difendere la classe degli insegnanti nelle scuole medie, pubblica una serie di dati sugli stipendi di tutte le amministrazioni dalla quale risulta chiaro, non solo che gli insegnanti delle scuole medie hanno ragione di lagnarsi del loro stipendio medio, che arriva appena a L. 1970, ma che veramente gli impiegati dello Stato sono molti, non buoni e mal pagati.

Ed. Guazzoni. — Manuale per le operazioni di de­ bito pubblico. — Milano, A. Colombo, 1300, p. 436. (Lire 6).

Per mettere a facile conoscenza del pub­ blico le disposizioni di legge e di regolamento che disciplinano la materia del debito pubblico nei suoi rapporti cogli interessati, il sig. Guazzoni, agente di cambio a Milano, ha compilato questo ottimo manuale, nel quale sono spiegate ed illustrate con moduli e con istruzioni particolareggiate tutte le disposizioni che concernono le iscri­ zioni, le cessioni, i vincoli, le traslazioni per successioni, le conversioni, la riscossione degli interessi, la prescrizione ecc. ecc. dei debiti con­ solidati e redimibili dello Stato.

Indici alfabetici e schematici facilitano le ricerche ed accrescono la utilità di questo Ma­ nuale, che va raccomandato ai lettori.

Prof. Paul Pie. — Traiti elementaire de législation in- dustrielle.Les loia ouvrières. 2me Bdition. Pa­ ris, A. Rousseau, 1902, pag. 1065 (fr. 12.50). La sempre crescente materia rivolta a di­ sciplinare le diverse forme di lavoro forma ar­ gomento di sempre più frequenti pubblicazioni ohe la analizzano, la studiano, la sintetizzano, ora completandola con commenti, ora rilevan­ done le lacune, ora dando forma sistematica al- 1’ opera del legislatore che è quasi sempre tu­ multuaria.

II Prof. Paul Pie, della Università di Lione, si è accinto a compilare un trattato sulla legi­ slazione industriale, di cui la prima parte, che ora esaminiamo, riguarda le leggi operaie, con larga preparazione di studi, come ne fanno fede i numerosi lavori speciali che in proposito ha già pubblicati dal 1898 in poi e che gli valsero la fama di cui . gode meritamente. L’ Autore in questo volume non si occupa della proprietà in­ dustriale, che, a quanto trasparisce, sarà oggetto di un’ altra opera; ma si limita soltanto a trat­ tare della legislazione operaia quale si svolse nei diversi paesi civili. Premette però una intro­ duzione nella quale, dopo discusse alcune que­ stioni generali che riguardano il suo argomento,

rispetto allo spirito della legislazione operaia ed all’ufficio che spetta allo Stato secondo le scuole socialiste, individualiste, solidariste, dà un rapidi ma interessante sommario della evoluzione storica subita dalle leggi sul lavoro fino al secolo X X .

Entrando quindi nella trattazione sistema­ tica, comincia con uno studio sulla regolamenta­ zione amministrativa dell’ industria, dando no­ tizie sui corpi consultivi dell’ industria e sulle statistiche ufficiali del lavoro nel loro fine e nei modi con cui vi rispondono o dovrebbero ri­ spondervi. Discute poscia con ampiezza di vedute e con largo corredo di giurisprudenza, i principi della libertà del lavoro, del diritto di coalizione e di associazione, e dei limiti che l’ intervento dello Stato ha portato alla libertà del lavoro.

Il secondo titolo è consacrato ai contratti industriali, e premesse alcune considerazioni ge­ nerali, tratta della locazione dei servizi indu­ striali insistendo a sviscerarne il concetto giuri­ dico e ad analizzarne gli effetti, non trascurando i contratti di tirocinio e dell’insegnamento tecnico. In questa parte le questioni che riguardano il pagamento del salario e le diverse forme di esso: salario minimo, in natura, truck-system, e poi le responsabilità del padrone per i rischi profes­ sionali ecc. ecc,, sono largamente discussi sotto lo aspetto giuridico ed economico.

Il terzo titolo svolge la importante materia dei conflitti collettivi od individuali tra padroni da una parte, operai ed impiegati dall’altra ; dei conseguenti consigli di conciliazione e di arbi­ traggio e delle giurisdizioni contenziose. Prima l’Autore fa uno studio comparativo dei diversi tipi di legislazione da quelli liberi a quelli ob­ bligatori, da quelli che provvedono solamente ai conflitti individuali a quelli che provvedono solo a quelli collettivi. Commenta quindi in modo particolare la legge francese al riguardo esamina i risultati che se ne sono ottenuti, ed accenna alle riforme che reputa necessarie.

Nell’ ultimo titolo «Sguardo sommario delle istituzioni sociali », l’Autore dopo premesse al­ cune discussioni generali più particolarmente sul risparmio, sulla mutualità, sulla cooperazione e sui patronati, esamina la legge positiva in relazione a quegli istituti e la conseguente necessità di alcune riforme.

Ampi indici alfabetici e schematici comple­ tano l’opera per molti aspetti ragguardevole, che dà prova della competenza e della dottrina del­ l’Autore a trattare, specie sotto il punto di vista giuridico, le questioni sociali.

R. R e c o u ly .— Le Pays Magyar. — Paris, i'. Alcan, 1903, pag. 286 (fr. 3,50).

L’Autore ha visitato l’ Ungheria ed ha ap­ profittato del fine ed acuto spirito di osservazione di cui dispone per dare uno schizzo brillante e sug­ gestivo di quell’ interessante paese che cammina così vittoriosamente alla conquista della pro­ sperità.

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razze, per costumi, per aspirazioni e tuttavia abbastanza unite in un comune sentimento. • Il libro del sig. Recouly si può considerare diviso in due parti : la prima è un interessante e viva descrizione del suo viaggio in ciascuna delle regioni che formano il regno di Ungheria, abbozzandone i tipi diversi, dipingendo l’ am­ biente fisico e quello sociale ; la seconda parte è uno studio sulle questioni politiche e nazionali tra le diverse razze del paese che comprende Romeni, Tedeschi, Serbi, Croati, Magiari. L ’Au­ tore è convinto che la separazione economica tra l’Austria e l’ Ungheria non porterà alla se­ parazione politica, specialmente perchè l’Unghe­ ria non ne ricaverebbe che danno.

H. Pascaud. — Le contrai de travati au point de vue économique et juridique et Vutilitè de sa réglemen- tation legislative. — 2a ed., Paris, A. Fontemoing, 1903, pag. 206 (fr. 3,50).

L’Autore si domanda come si possa conce­ pire che un contratto, il quale interessa milioni d’ uomini che debbono ad esso il pane quoti­ diano e la soddisfazione dei bisogni più essen­ ziali della vita, possa rimanere disciplinato cosi insufficientemente come lo è dal Codice Civile del 1804 ; e riassumendo le poche disposizioni del Codice stesso le riconosce « di una brevità inaudita » che lascia vedere la necessità nell’ in­ teresse di tutti, di un’ opera legislativa, della quale vuol cercare le linee generali.

Prima però consacra un capitolo all’ esame della legislazione comparata cercando ciò che si è fatto sull’ argomento in Russia, in Germania, in Austria, in Inghilterra, nella Svizzera.

Viene poi ad esaminare i caratteri generali del Contratto di lavoro, e ad indicare le riforme da introdursi nella legislazione del paese, cioè: determinare in maniera più precisa e per legge i diritti dei miseri, delle persone sprovviste di un consiglio giudiziario e delle donne maritate che danno ad altri i loro servigi, accordando ai minori di più di 14 anni il diritto di impegnare liberamente i loro servigi, salvo l’ opposizione dei loro legali rappresentanti e conferendo loro la facoltà di reclamare il pagamento del loro salano con autorizzazione del giudice, autoriz­ zando le donne maritate a concludere il contratto di lavoro col permesso della giustizia, quando manchi il consenso maritale ; proteggere la li­ bertà del contratto e del consenso dell’operaio con sanzioni penali contro la violenza collettiva; costringere nei limiti attuali la durata del la­ voro degli adulti maschi, assicurando al lavora­ tore il riposo domenicale. Se non si vuole fissare il salario minimo, accordare il diritto di rescis­ sione per lesione di due terzi ; ammettere la prova testimoniale per i patti di lavoro che oltrepas­ sino le 50 lire restringendo inoltre a quindici anni la durata di tali patti, e determinando in modo più completo le obbligazioni rispettive del padrone e del lavoratore specie nei casi di in- icrtuni sul lavoro. Vorrebbe ancora un aumento di ti mine nel caso di congedo e che fosse sta­ bilita e r maggior precisione la indennità, quando il tempo del ntratto di lavoro è indeterminato anche nei casi di ce sazione per morte del pa­ drone. Infine far partecipare l ’ operaio all’appro-__ iall’appro-__ ¿. ...- ....- -...- _ ...

vazione dei regolamenti dell’ officina e restrin­ gere la facoltà di applicare le multe.

Come si vede le aspirazioni dell’Autore non sono radicali, ma sarebbe desiderabile che fos­ sero attuate, e la dimostrazione sobria, ma con­ vincente, che fa nel suo libro il sig. Pascaud do­ vrebbe persuadere il legislatore.

Margueritte Paul e Victor. — Histoire de la Guerre de 1810-71. — Paris, G. Chamerot, 1903, pag. 229. (Fr. 2).

Questa pubblicazione ha l’ intento di impe­ dire il facile oblio dei propositi di rivincita sorti trent’ anni or sono in Francia e di richiamare an­ cora una volta alla memoria dei francesi lo smem­ bramento allora avvenuto ; e, scritta con tutte le sugge-stioni del sentimento patriottico e con tutte quelle risorse di cui i due Autori, i quali hanno già pubblicati altri libri sul grande avvenimento del 1870-71, dispongono a dovizia, è certamente un lavoro notevole. E da ritenersi però che cada su terreno sterile, nè, per l’ amore che si deve avere per la pace del mondo, ciò è deplorevole, perchè i desideri ed i propositi di rivincita solamente come tale, sembrano grandemente affievoliti in Francia.

Il volume è diviso in tre parti: dalla dichia­ razione di guerra alla caduta dell’ Impero; — dalla proclamazione della Repubblica ai primi giorni di decembre ; — dai primi giorni di de- cembre alla ratifica dei preliminari di pace.

Oltreché un valore storico, il volume ha il merito di condensare in poche pagine molti fatti e molti pensieri pur riescendo di facile e grade­ vole lettura. Molte incisioni e piante dei luoghi dove avvennero le grandi battaglie illustrano il lavoro.

J.

Rivista ^Economica

Il commercio dell'Italia col Messico.Movimento di viaggiatori di commercio in Svizzera durante il 1902.

Il commercio dell’ Italia col Messico. — Il nostro ministro al Messico, rispondendo ad ana­ loga domanda del Ministero del commercio, indica i mezzi coi quali si potrebbe dare maggiore impulso ai nostri traffici in quel paese.

Il mercato del Messico è per i nostri esportatori relativamente vergine : le esportazioni dall’ Italia rappresentano ancora una cifra assai bassa ed è fuori di dubbio che noi non occupiamo ancora su quella piazza il posto che ci potrebbe competere.

I mezzi pertanto più adatti a sviluppare il com­ mercio italiano colà sarebbero i seguenti.

Primo e più efficace di tutti 1’ agente commer­ ciale inviato a studiare il mercato. Infatti le Case ita­ liane che mandarono degli agenti, riuscirono ad aprire una vantaggiosa corrente di affari. Si citano ad esem­ pio i Fratelli Longe di Torino, Carlo Zahn di Mi­ lano, 1’ Istituto di arti grafiche di Bergamo, Nebiolo e C. di Torino, Tosi e Rizzoli di Parma, Cerri e Bomckardt di Milano.

Tali agenti debbono conoscere la lingua del paese, studiare gli usi della piazzargli articoli in concor­ renza, le modificazioni da apportarsi per competere coi concorrenti, i modi di imballaggio, i trasporti e le tariffe doganali.

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Sarebbe necessario che i nostri esportatori si conformassero agli usi dei concorrenti e della piazza, giacché non è nuovo il caso, che essi esigano il pa­ gamento all’ imbarco, mentre gli esportatori di altri paesi vendono a sei mesi e ad un anno dall’ arrivo.

Con tale differenza di condizioni è naturale che il compratore messicano faccia i suoi acquisti altrove piuttosto che in Italia.

Una volta fatto conoscere un articolo o prodotto italiano, 1’ unico mezzo per tutelare i propri inte­ ressi, nel Messico del resto come altrove, per difen­ dersi dalle frodi è il deposito e la registrazione delle marche di fabbrica. Costa circa 150 lire.

Di certi articoli italiani, coma il vino ed il ver­ mouth, la fabbricazione si fa in Messico su vasta scala, e i produttori danneggiati non si sono punto nè poco curati di porvi rimedio.

E poi necessario che i tipi soprattutto pei vini, vengano conservati e che le merci spedite siano uguali a quelle ordinate.

Talvolta anche delle piccole variazioni di poca importanza per l’esportatore, ne hanno invece mol­ tissima per il cliente.

Ciò che sarebbe indispensabile è che fosse stabi­ lita una linea diretta italiana di navigazione che par­ tendo dall’ Italia e passando per le varie Repubbli­ che americane del Centro, approdasse al Messico. Si faciliterebbero cosi di molto gli scambi commerciali fra i due paesi e si renderebbe possibile a molte no­ stre merci, che ora non possono penetrare in quel mercato, di poter essere offerte a buoni patti.

L’ impianto di una mostra campionaria di pro­ dotti italiani nella capitale sarebbe senza dubbio un mezzo efficacissimo per farli conoscere.

Per stabilire pero un Museo commerciale occor­ rono capitali, persona adatta e molto attiva, prepa­ razione, aiuti morali e réclame.

Tutti quegli esportatori che, per ragioni econo­ miche, non possono oggi inviare un agente speciale, potrebbero, per far conoscere le proprie merci, va­ lersi del Museo commerciale, che sarebbe alla por­ tata di tutti.

Finalmente un buon servizio di informazioni com­ merciali è un coefficiente grandissimo per lo sviluppo del commercio fra i due paesi.

Tali informazioni dovrebbero riflettere le condi­ zioni finanziarie dei clienti, le variazioni che nelle loro aziende fossero per verificarsi, le condizioni del mer­ cato, le fluttuazioni della moneta, le modificazioni delle tariffe.

In parte, questo servizio, è già fatto dalla nostra Legazione direttamente col Ministero d’agricoltura e commercio, e più completamente e con maggiore competenza potrà essere fatto dall’ addetto commer­ ciale recentemente nominato dal Ministero stesso.

Questi, in succinto, sarebbero i mezzi più efficaci che gioverebbero a facilitare un maggiore sviluppo alle nostre esportazioni nel Messico.

Movimento di viaggiatori di commer­ cio in Svizzera durante il 1 9 0 2 . — Durante l’ anno 1902 sono state rilasciate carte di legittima­ zione per 29,353 viaggiatori di commercio, di cui 22,822 rappresentavano delle Case svizzere e 6531 delle Case estere, ripartite per nazionalità come appresso: Germania 4463, Francia 1294, Italia 403, Austria-Un- gher a 232, Belgio 49, Inghilterra 45, ecc.

In totale sono state rilasciate 27,974 carte di legittimazione, di cui 25,452 gratuitamente e [2522 a pagamento.

Di queste ultime 1454 erano valevoli per un solo viaggiatore e 1068 in nome collettivo.

Ai viaggiatori svizzeri furono rilasciate 19,158 carte gratuite e 2357 a pagamento, di cui 1334 per­ sonali e 1023in nome collettivo; ai viaggiatori esteri 6294 carte gratuite e 165 a pagamento, di cui 120 per­ sonali e 45 in nome collettivo.

La riscossione della tassa di patente ha rag­ giunto la cifra di 362,550 franchi di questa somma i viaggiatori svizzeri hanno pagato irai, chi 837,150, e 1 quelli esteri franchi 22,000, di cui franchi 11,200 la Germania ; franchi 9000 la Francia, franchi 1250 l’ Ita­ lia, franchi 100 l’ Austria-Ungheria e franchi 450 l’In­ ghilterra ; il rimanente è dato dalle multe fatte pa­ gare ai viaggiatori che cercavano di eludere la tassa di patente e che ammontano a franchi 2400.

Le merci più ben rappresentate furono i com­ mestibili, le bevande ed il tabacco, che ebbero 8746

viaggiatori di cui 3518 per il solo vino, poi vengono le materie tessili con 4143 viaggiatori, ecc. ecc.

L’autorizzazione di viaggiare con le merci e di rimetterle direttamente al compratore è stata accor­ data a 148 case di commercio.

I PROVVEDIMENTI PEL MEZZOGIORNO

Il Credito agrario del Banco di Napoli

nel Mezzogiorno e in Sardegna.

Xi’ insuccesso del primo esperimento

* La questione del credito agrario è sempre aperta » scrive il Direttore generale del Banco di Napoli, comm. Miraglia, nella sua relazione ai Mi­ nistri del tesoro e dell’ agricoltura sulla gest one del credito agrario esercitata dal Banco con i fondi della sua Cassa di risparmio nolle provincie meri­ dionali e in Sardegna in esecuzione della legge del luglio 1901.

E questa frase, che riassume l’ insuccesso del primo periodo di esperimento della legge, trova am­ pio svolgimento nella accuratissima relazione dove il comm. Miraglia espone le cause dell’ insuccesso e suggerisce vari rimedi per avviare a buoni e fecondi risultati l’ istituzione.

La scarsità d’ istituti intermediari

L’ efficace funzionamento del credito agrario in­ contrò un primo ostacolo nella scarsità degli Istituti intermedi per la distribuzione del credito. Una prima indagine riuscì ad accertare 1’ esistenza nelle pro­ vincie meridionali e sarde di 335 istituzioni che avrebbero potuto esercitare il credito agrario, ma solo 134 enti presentavano garanzie sufficienti per­ chè il Banco potesse fare su di essi sicuro assegna­ mento.

Una grande propaganda presso la Associazioni agrarie e gli eccitamenti del Banco condussero però alla costituzione di nuovi istituti, alla trasforma­ zione di altri, alla conoscenza di istituti rimasti ignoti, alla migliore conoscenza di altri già noti così che al 31 dicembre 1902 le istituzioni eventualmente capaci di esercitare il credito agrario da 335 salirono a 337, ma 162 soltanto risultarono meritevoli di en­ trare in rapporto con la Cassa di risparmio del Banco.

E per ciascuna di dotte istituzioni la Cassa di risparmio determinò il fido agrario per la iscrizione nel libro dei castelletti, ma dal marzo — in cui fu pubblicato il regolamento per l’ esecuzione della legge — a tutto aprile nessuno degli istituti si mosse; le prime domande di fido furono presentate ai primi

di maggio.

Cifre desolanti

Alla fine di maggio gli Istituti inscritti al ca­ stelletto erano 10 per L. 182,000 ; salirono a 19 per 1 . 210,000 a giugno ; a 24 per L. 311,000 a luglio ; a 29 per L. 405,000 ad agosto ; a 36 per L. 529,000 a settembre ; a 40 per L. 601,000 a ottobre ; a 44 per L. 674,500 a novembre ; a 50 per L. 734,500 a di­ cembre.

Al 81 dicembre dunque di fronte a 162 istitu­ zioni giudicate atte ad esercitare il credito agrario ed ammissibili al fido, solo 50 domandarono di essere accreditate e i fidi ad esse conceduti erano di appena L. 734,500 — il 12.24 per cento del fondo di 6 milioni di cui a termini del regolamento può disporre la cassa nel primo biennio di esercizio del credito ugrario.

E la Cassa di risparmio, in presenza di questa inerzia degli Istituti a domandare credito, venne nella determinazione di fare accreditamenti d'ufficio

Riferimenti

Documenti correlati

Premessa questa sommaria osservazione dob­ biamo subito rilevare che l’Autoae, per quanto sia molto benevolo, esamina però la situazione economica e finanziaria

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cerca; il loro compito riguarda più che altro le formalità, la esteriorità della spesa, non 1’ intima natura. Noi non cre­ diamo alla pretesa incompressibilità

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