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QUADERNI del Consiglio Superiore della Magistratura

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LABORATORIO

DI “AUTOFORMAZIONE”

PROFESSIONALE PER GIUDICI E PUBBLICI MINISTERI

DELL’AREA DELLA FAMIGLIA E DEI MINORI

(Seminario finale)

Roma, 30-31 maggio 2002

QUADERNI

Consiglio Superiore della Magistratura del

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QUADERNI DEL

CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA Anno 2002, Numero 131

Pubblicazione interna per l’Ordine giudiziario curata dal Consiglio Superiore della Magistratura

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PRESENTAZIONE

Nel periodo ottobre 2001-maggio 2002 si è svolto, come delibera- to dal Consiglio Superiore della Magistratura su iniziativa della IX Commissione, il secondo corso di autoformazione professionale per giudici e pubblici ministeri dell’area della famiglia e dei minori, deno- minato “laboratorio minorile”, a cui hanno partecipato i gruppi di lavoro costituiti presso i distretti di Corte d’Appello di Milano, Roma, Potenza e il gruppo di monitoraggio composto dai magistrati indivi- duati quali referenti distrettuali, dal metodologo e dai componenti del Comitato Scientifico designati.

L’iniziativa che ha visto partecipi di un comune percorso formati- vo magistrati togati e magistrati onorari – giudici esperti presso i Tri- bunali per i Minorenni – segue un’analoga esperienza svoltasi in via sperimentale dall’aprile al dicembre 1999 nei distretti di Corte di Appello di Torino, Venezia, Napoli, Bari e Palermo, i cui atti sono stati pubblicati nella raccolta I Quaderni del Consiglio Superiore della Magistratura (Quaderno n. 117, voll. primo e secondo).

L’esito quanto mai positivo della primo “laboratorio”, infatti, ha evidenziato l’opportunità di proseguire l’iniziativa coinvolgendo altri distretti di Corte di Appello.

I lavori si sono svolti in parte in sede distrettuale, in parte a Roma presso la sede del Consiglio. I partecipanti al laboratorio hanno potu- to confrontare i risultati conseguiti nel Seminario finale tenutosi a Roma il 30-31 maggio 2002 a cura del C.S.M..

Il volume che la collana “Quaderni del Consiglio Superiore della Magistratura” dedica a questa iniziativa contiene gli atti del Semina- rio finale e tutta la documentazione relativa all’attività svolta, tanto dei gruppi distrettuali che del gruppo di monitoraggio, sì da poter riper- correre le diverse fasi che hanno caratterizzato questa esperienza for- mativa.

In tal modo, si vuole offrire ulteriore materiale di studio, di verifi- ca, di approfondimento in ordine ad un’attività formativa ispirata ad un metodo innovativo, e ciò al fine di far conoscere ai magistrati e agli operatori del diritto in genere, un settore particolarmente delicato della giurisdizione nel suo reale funzionamento.

In sintesi, si può ricordare come l’attività formativa realizzata attraverso il “laboratorio di autoformazione” si proponga come fina- lità generale e principale quella di favorire la capacità d’iniziativa, la

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riflessione sulla propria esperienza giurisdizionale e la produzione di nuove conoscenze. L’espressione “laboratorio” intende mettere in evi- denza come si intenda valorizzare la realtà operativa e come i parteci- panti siano impegnati in una costruzione che si arricchisce progressi- vamente in un’ottica di ricerca.

Dal punto di vista metodologico il concetto di “autoformazione”

pone in luce l’investimento che viene richiesto ad ogni partecipante.

Gli strumenti centrali di questo percorso formativo sono stati individuati nel lavoro in gruppo e nelle griglie per la rilevazione del- l’operatività.

Il lavoro di gruppo – piccoli gruppi eterogenei – è, infatti, finaliz- zato a consentire ai partecipanti di sviluppare realmente dei processi di scambio e di confronto, di ascolto e comprensione, in modo che sia effettivamente possibile interagire da diverse posizioni e con diversi punti di vista.

Le griglie, invece, costituiscono strumenti di rilevazione dell’ope- ratività e nascono dall’esigenza di facilitare e sostenere i partecipanti al percorso formativo, rispetto al “vedere” dei contenuti e delle moda- lità che ricorrono nell’operatività.

L’Ufficio Studi e Documentazione del C.S.M.

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INDICE GENERALE

Atti del Consiglio superiore della magistratura . . . . Pag. 11 Delibera in data 25 novembre 1999 . . . » 13 Delibera in data 8 maggio 2002 con allegata delibera in da-

ta 18 luglio 2001 . . . » 21

RELAZIONI

Laboratorio di “autoformazione”: premesse metodologiche,

esiti, criticità . . . » 37 Dott.ssa Franca Olivetti Manoukian, assistente metodologo

e consulente psicosociale.

Laboratorio milanese: “Ascolto indiretto” del minore nelle

situazioni di maltrattamento in ambito familiare . . . » 53 Dott.ssa Anna Maria Caruso, sostituto procuratore gene-

rale della Repubblica presso la Corte di Appello di Milano e dott.ssa Maria Carla Gatto, giudice del Tribunale di Milano.

Laboratorio potentino: l’allontanamento del minore nelle

situazioni di maltrattamento in ambito familiare . . . » 113 Dott. Angelo Vaccaro, Presidente del Tribunale per i mino-

renni di Potenza.

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Laboratorio romano: la violenza psicologica nelle situazio-

ni di maltrattamento in famiglia . . . » 171 Dott. Roberto Janniello, giudice del Tribunale per i mino-

renni di Roma e dott.ssa Franca Mangano, giudice del Tri- bunale di Roma.

INTERVENTI

Osservazioni sui rapporti tra pubblico ministero e giudici

minorili . . . » 207 Dott.ssa Maria Monteleone, sostituto procuratore della

Repubblica presso il Tribunale di Roma.

Note sulle modalità di coordinamento tra uffici giudiziari . . » 215 Dott. Lucio Setola, sostituto procuratore della Repubblica

presso il Tribunale di Potenza.

Riflessioni in tema di consulenza tecnica d’ufficio . . . » 219 Dott.ri Barbara Bianchini, Carla Gaddi, Maria Teresa

Guarino e Franco Martelli, giudici onorari presso la sezione per i minorenni della Corte di Appello di Milano.

L’ascolto in tribunale: strumento o metodo? . . . » 223 Dott.ssa Stefania Petrera, giudice onorario presso il Tribu-

nale per i minorenni di Roma.

Ricorso alla mediazione familiare . . . » 227 Dott. Mario Rosario Ciancio, giudice del Tribunale di

Roma.

TEMI TRASVERSALI

Tracce per la discussione in gruppi eterogenei tra distretti . . » 233

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Sintesi della discussione nei gruppi

Rapporti con i servizi sociali . . . » 241 Dott.ssa Angela Rivellese, giudice del Tribunale per i mino-

renni di Roma.

Rapporti tra autorità giudiziarie . . . » 243 Dott.ssa Maria Monteleone, sostituto procuratore della

Repubblica presso il Tribunale di Roma.

L’ascolto del minore . . . » 247 Dott.ssa Gloria Servetti, consigliere della Corte di Appello di

Milano.

Dal progetto “sul” minore a un progetto “per” il minore . . » 251 Dott.ssa Anna Zappia, giudice del Tribunale per i minorenni

di Milano.

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ATTI DEL CONSIGLIO

SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA

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Delibera in data 25 novembre 1999

Corso sperimentale di “autoformazione” professionale per giudi- ci e pubblici ministeri dell’area della famiglia e dei minori.

Il Consiglio superiore della magistratura,

– considerato che il programma di formazione e aggiornamento professionale dei magistrati per il 2000, già approvato dall’assemblea plenaria prevede la realizzazione del corso sperimentale di “autofor- mazione” professionale per giudici e pubblici ministeri dell’area della famiglia e dei minori;

– rilevato che il corso rappresenta la continuazione dell’apprezza- ta attività di formazione autodidatta con assistenza metodologica or- ganizzata dal Consiglio superiore della magistratura per il 1999;

– esaminato e condiviso il progetto attuativo (all. “A”) relativo alle finalità, metodi e destinatari (referenti e partecipanti) elaborato dal Comitato Scientifico presso la Nona Commissione.

delibera

– di approvare i seminari sperimentali di autoformazione profes- sionale per giudici e pubblici ministeri dell’area della famiglia e dei minori da effettuarsi per l’anno 2000 nei distretti di Corte di appello di Milano, Potenza, Bologna, Catania e Roma bandendo specifico inter- pello per l’individuazione dei referenti e dei partecipanti;

– di delegare la Nona Commissione a nominare un esperto meto- dologo.

Si precisa che la necessaria copertura finanziaria è stata conside- rata in sede di previsione di spesa segnalata dalla Nona Commissione per l’esercizio finanziario 2000.

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All. “A”

LABORATORIO

CORSO SPERIMENTALE DI “AUTOFORMAZIONE” PROFESSIONALE PER GIUDICI E PUBBLICI MINISTERI DELL’AREA

DELLA FAMIGLIA E DEI MINORI

DESTINATARI.

Il corso è destinato ai giudici minorili, ai giudici onorari dei tribunali per i minorenni, ai pubblici ministeri presso i tribunali per i minorenni, ai giudi- ci ordinari che svolgono in via esclusiva o prevalente funzioni civili in materia di famiglia e status, ai pubblici ministeri che si occupano in via esclusiva o prevalente di reati sessuali e di reati che hanno per parte offesa un minore. I partecipanti al corso sono organizzati in piccoli gruppi, sulla cui composizio- ne e selezione si rinvia alle indicazioni riportate nel paragrafo “metodologia”.

FINALITÀ DEL “LABORATORIO” E RAGIONI DELLA SPERIMENTA- ZIONE.

Il corso rappresenta la seconda esperienza di attività di formazione auto- didatta con assistenza metodologica organizzata dal Consiglio Superiore.

Trattasi di un’attività. formativa sperimentale destinata a piccoli gruppi di la- voro che, sotto la guida di un esperto metodologo, analizzano singoli campi dell’esperienza giuridica rilevando e studiando i nodi critici dell’attività del magistrato per elaborare criteri ed orientamenti per la loro gestione. La deno- minazione “laboratorio” riservata a questo genere di corsi sta ad indicare in modo immediato come la finalità principale dei medesimi sia quella di favo- rire la capacità d’iniziativa, la riflessione sulla propria esperienza giurisdizio- nale e soprattutto la produzione di nuove conoscenze da parte dei magistrati che vi partecipano, e non l’assimilazione di conoscenze e in genere di infor- mazioni trasmesse da altri come avviene nei moduli formativi tradizionali.

Le ragioni per cui il Consiglio Superiore ha avvertito l’esigenza di intro- durre questo modulo altamente innovativo risiedono in più fattori, di tipo sia strutturale che funzionale: a) l’esperienza degli ultimi sei anni di “Scuola della Magistratura” indica: aa) la formazione incentrata sulla trasmissione e accu- mulazione di informazioni e sulla circolazione e interscambio di idee è ormai ampiamente sperimentata e quindi stabilizzata nelle sue linee-base; ab) in relazione alle peculiarità della funzione del magistrato (che è soggetto soltan- to alla legge, che non opera per un fine predeterminato, i risultati della cui attività, non possono essere rapportati a soluzioni e a standard qualitati preindividuati) è necessario affiancare alla formazione per trasmissione di

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saperi (cui corrisponde un apprendimento per accumulazione) una forma- zione che, partendo dalla concreta esperienza di lavoro e rielaborandola, dia al magistrato gli strumenti per riconoscere le proprie difficoltà e per risolver- le (c.d apprendimento per rielaborazione); b) non esistono uno studio ed una elaborazione su metodi non tradizionali di formazione per magistrati e nes- suno sa come è fatta una formazione non tradizionale per la magistratura;

d’altro lato ben difficilmente esperti e tecnici esterni alla magistratura sareb- bero in grado di cogliere e analizzare tutte le peculiarità della funzione, men- tre l’“appalto” di una tale ricerca porrebbe in ogni caso delicati problemi di tutela dell’indipendenza e dell’autonomia della magistratura; è necessario al- lora (per imparare ad imparare, per impadronirsi della “cassetta degli attrez- zi”) realizzare una formazione autodidatta, che veda come protagonisti attivi i magistrati, con assistenza esclusivamente metodologica da parte di profes- sionisti della formazione, resa indispensabile dalla carenza di competenze professionali e culturali specifiche all’interno della magistratura.

Data la novità della metodologia, il corso si propone come sperimenta- zione al fine di verificare validità e risultati e saggiare la possibilità di un’e- stensione a tutti i settori e a tutti i magistrati interessati.

Il Consiglio Superiore ha scelto come settore di intervento della prima sperimentazione quello della giustizia minorile e familiare in senso lato. I mo- tivi di tale scelta sono molteplici; in primo luogo i magistrati addetti agli uffi- ci giudiziari minorili (ma anche in generale addetti a trattare materie attinen- ti il diritto minorile e le problematiche della famiglia) hanno una esigenza di formazione – intesa come “saper essere” e “saper fare” – elevatissima in re- lazione alle particolari complessità della funzione date: dal compito di indivi- duare, anche e soprattutto in base a conoscenze non giuridiche e in assenza di norme procedimentali sufficientemente precise, i bisogni di tutela del minore ed i mezzi per attuarla; dalla struttura organizzativa del lavoro che realizza una collaborazione tra magistrato e altre istituzioni e servizi (servizi sociali e psicologici in particolare), dalla risonanza emotiva del lavoro per il continuo contatto con il dolore e la sofferenza dei minori e delle persone che si occupa- no o dovrebbero occuparsi di loro. In secondo luogo la elaborazione del pro- getto su cui si fonda il corso è dovuta in buona parte al fondamentale apporto della Associazione Italiana Magistrati per i Minorenni e per la Famiglia, che ha studiato e compiuto una elaborazione in tema di bisogni formativi della magi- stratura minorile e della famiglia; si aggiunga che in materia è possibile avva- lersi dei risultati di una precedente sperimentazione, dedicata a “Stili di comu- nicazione tra magistratura e Servizi” e curata dalla Scuola di formazione del personale della Giustizia minorile di Castiglione delle Stiviere.

CONTENUTI E METODOLOGIA.

Il corso ha avuto una prima attuazione sperimentale nei mesi scorsi ed ha interessato i distretti di Torino, Venezia, Napoli, Bari e Palermo.

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La prossima edizione interesserà ancora in via sperimentale 5 distretti di Corte d’Appello e precisamente: Milano, Bologna, Roma, Potenza e Catania.

Svolgimento, metodo e contenuti si sintetizzano come segue:

in ogni distretto di Corte d’Appello viene individuato un REFERENTE con funzioni di giudice o PM minorile; in ogni distretto viene altresì indivi- duato un GRUPPO DI LAVORO che opera con il referente e che è formato da 12 partecipanti in composizione mista (indicativamente: 4 magistrati minori- li + 2 pubblici ministeri minorili + 3 giudici onorari + 3 giudici ordinari e pub- blici ministeri che si occupano di famiglia o reati sessuali o con parti offese minori); la ripartizione tra le funzioni può variare a seconda delle particola- rità dei distretti;

il tema del corso è quello del “maltrattamento”; lo stesso a sua volta si articola in cinque sottotemi ciascuno dei quali costituirà la specifica materia su cui opererà ogni gruppo distrettuale; si è ritenuto di riproporre i temi che già hanno costituito oggetto di lavoro nel primo laboratorio al fine di trarre i massimi benefici dall’esperienza già compiuta, acquisendone e rielaborando- ne criticamente i risultati, utilizzando e migliorando gli strumenti di lavoro (griglie) già predisposti.

I gruppi sono i seguenti:

Gruppo n. 1: “Violenza psicologica” nelle situazioni di maltrattamento in famiglia.

Si tratta di un tipo di maltrattamento che chiama in causa i contenu- ti delle relazioni all’interno delle famiglie: può essere particolarmente ar- duo distinguere ciò che fa parte di interazioni, di “giochi” inscritti in rela- zioni che sono sempre e comunque ambivalenti, intrise di dimensioni di sopraffazione/subordinazione, riconoscimento/negazione dell’altro e ciò che assume carattere esorbitante, ciò che diventa gravemente lesivo delle potenzialità di crescita per il minore. In particolare nelle situazioni di sepa- razione/disgregazione in cui vengono meno dei se pur fragili equilibri sem- bra che i minori più che mai possano diventare strumento di soddisfazio- ne di bisogni degli adulti; possono svilupparsi delle modalità di relazione particolarmente pesanti, a cui il minore non può sottrarsi, che richiedono degli interventi di tutela nei confronti del minore. Sembra in questi casi cruciale disporre di criteri elaborati per distinguere la “soglia”, il discrimi- ne tra ciò che fa parte di una relazione difficile e ciò che compromette ine- sorabilmente la possibilità stessa di una relazione.

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Gruppo n. 2: “Ascolto diretto” del minore nelle situazioni di maltratta- mento nell’ambito familiare.

Gruppo n. 3: “Ascolto indiretto” del minore nelle situazioni di maltrat- tamento nell’ambito familiare.

Gruppo n. 4: L’allontanamento del minore nelle situazioni di maltratta- mento nell’ambito familiare.

Con questa formulazione sintetica si fa riferimento a quel momento di lavoro del magistrato in cui il magistrato incontra direttamente, faccia a faccia il minore. Questo può essere un momento importante del procedi- mento: per il giudice può costituire un opportunità per comprendere ele- menti rilevanti e per il bambino/a può essere un’esperienza di comunica- zione significativa sul piano relazionale e educativo. La “audizione”, l’in- contro con il minore alla presenza di altri o da solo, rischia di essere ap- piattito entro forme stereotipate, entro copioni prescritti e ripetuti: di non dare esiti di maggiore chiarezza nella lettura della realtà problematica per il magistrato e di indurre nel ragazzino/a ulteriori timori, distanze e sotto- missioni alle figure adulte, sfiducia e chiusura.

Rischia di essere sia per il magistrato che per il minore un’occasione mancata.

Il minore maltrattato esprime sofferenza attraverso messaggi verbali e non verbali, comportamenti attivi e passivi, atteggiamenti di rifiuto… Tut- to ciò può essere colto e raccolto da diverse figure con cui il minore inte- ragisce, che portano o possono portare al giudice indicazioni e preoccupa- zioni sul malessere del minore. La situazione del minore pertanto può esse- re “ascoltata” attraverso segnali e segnalazioni che vengono da vari sogget- ti. Ciascuno prendendo parte alla vicenda del minore osserva ed espone delle parti. Per ascoltare il minore più che l’accertamento di una verità astratta può essere importante riconoscere le parti di cui i vari soggetti so- no portatori per ricostruire la vicenda del minore nei suoi significati.

L’allontanamento del minore dalla famiglia provoca una rottura dei le- gami con la famiglia d’origine. Questi legami o alcuni di questi legami pos- sono essere impregnati di elementi patologici, possono impedire o blocca- re la crescita, sia dal punto di vista fisico che psicorelazionale: sono tutta- via, probabilmente, i legami più solidi e radicati nella vita del minore. La rottura dei legami, se da un lato può rappresentare una apertura ad un as- setto di vita più sereno e tutelato, dall’altro può provocare delle lacerazioni

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Gruppo n. 5: Esecuzione dei provvedimenti dei giudici della famiglia e dei minori.

In un incontro iniziale di avvio del laboratorio, i referenti, unitamente al metodologo, individuano tra quelle indicate le tematiche che possono propor- re a ciascun gruppo per lo svolgimento del corso; quindi, con l’assistenza del- l’esperto di metodologia, predispongono i contenuti specifici del progetto di ricerca-formazione da attuare nelle varie sedi con i gruppi; in particolare il gruppo dei referenti con l’assistenza del metodologo predisporrà gli strumen- ti di ricerca (griglie) e accompagnerà, sottoponendolo a monitoraggio, il per- corso formativo che si svilupperà in una decina di riunioni di gruppo nell’ar- co di 10- 12 mesi.

La ricerca deve svilupparsi nell’analisi della concreta attività di lavoro cercando di rilevare, nel settore di indagine prescelto, quali sono le difficoltà ricorrenti, le criticità che si incontrano ripetutamente nelle varie fasi del pro- emotive, sentimenti di abbandono e di colpa… L’allontanamento anche se può apparire “risolutivo”, per la sua effettività rispetto a comportamenti gravemente lesivi per la crescita del minore, probabilmente attiva, anche se in forme implicite e non facilmente rilevabili, reazioni sia da parte del mi- nore che dei genitori che non vanno sottovalutate e che andrebbero rico- nosciute e considerate.

L’esecuzione dei provvedimenti nelle situazioni di maltrattamento è particolarmente importante per tutelare il minore. I provvedimenti posso- no restare ineseguiti. Questo può essere ricollegabile a diversi motivi. I contenuti stessi del provvedimento possono essere astratti rispetto al con- testo specifico: possono cioè ipotizzare che le disposizioni del giudice siano di per sè (per il fatto stesso di essere emanate) dotate di una forza di siste- mazione dei comportamenti; che abbiano in sè una capacità di mettere or- dine che si rivela inefficace al confronto con la realtà. Chi è stato incarica- to di svolgere determinati interventi pur avendo una posizione istituziona- le non ottempera (ad es. il Comune non paga, il Servizio non dispone di operatori ………) chi è stato richiesto di compiere o non compiere visite, pagamenti ecc. si sottrae ……… I provvedimenti possono anche essere più d’uno, possono provenire da diversi soggetti, e possono anche non conver- gere tra loro, di fatto indebolendosi a vicenda. Ogni organo competente rischia di dettare la propria legge. I provvedimenti allora non costituisco- no delle risposte efficaci che interpretano in modo positivo e costruttivo i vincoli e le risorse presenti nella situazione e che proprio per questa intrin- seca aderenza alla specifica realtà trovano diretta attuazione.

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cesso decisionale, facendo emergere le modalità operative, sottoponendole al vaglio dell’autoriflessione e della riflessione collettiva; in particolare l’attività dovrà articolarsi in relazione: alla fase della conoscenza (tempi, modi e forme di acquisizione della conoscenza al processo; soggetti attraverso i quali si ac- quisisce la conoscenza), alla fase della definizione del problema, alla fase del- la decisione, alla fase della verifica della decisione.

Per quanto concerne le modalità di lavoro, i referenti si riuniranno perio- dicamente (circa una volta al mese per sei mesi) con il metodologo in Roma (Scuola della Giustizia Minorile) ed i singoli gruppi opereranno secondo il progetto predisposto dal gruppo dei referenti in incontri periodici di tutto il gruppo o in incontri di sottogruppi.

Terminato il lavoro dei gruppi, i risultati cui i medesimi sono pervenuti sono discussi in un seminario finale cui partecipano tutti i componenti dei gruppi, il metodologo ed esperti (in numero da due a quattro) qualificati sulle questioni più rilevanti emerse dal lavoro nelle sedi ed indicate in base agli esi- ti del monitoraggio dal gruppo dei referenti.

INDIVIDUAZIONE DEI PARTECIPANTI.

I REFERENTI sono selezionati dal Consiglio Superiore, sulla base di una dichiarazione di disponibilità, in base alle attitudini ed alle competenze specifiche.

Chi intenda dichiarare la propria disponibilità a svolgere tale compito, deve indicare mediante un’autorelazione: le funzioni svolte nel corso della carriera, gli eventuali titoli professionali (ad es.: casi particolarmente com- plessi affrontati nell’esercizio delle funzioni; frequenza a corsi di formazione C.S.M.), scientifici (ad es.: pubblicazioni), didattici (ad es.: svolgimento di at- tività didattiche nell’ambito degli incontri di studio organizzati dal C.S.M. o nell’ambito di altre scuole o strutture), fornendo ogni documentazione rite- nuta opportuna.

I COMPONENTI DEI GRUPPI in sede distrettuale sono individuati sul- la base di domande motivate, in modo da garantire la composizione mista del gruppo.

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Delibera in data 8 maggio 2002 con allegata delibera in data 18 luglio 2001.

Corso sperimentale di “autoformazione” professionale per giudi- ci e pubblici ministeri dell’area della famiglia e dei minori per l’anno 2001 – Distretti di Milano, Potenza e Roma in attuazione della delibera del 25 novembre 1999

Il Consiglio Superiore della Magistratura,

premesso che con delibera plenaria del 18 luglio 2001, che si alle- ga (All. “A”), il Consiglio Superiore della Magistratura, proseguendo la felice esperienza di formazione autodidattica con assistenza meto- dologica realizzata per l’anno 1999 nei distretti di Bari, Napoli, Paler- mo, Torino e Venezia, ha approvato l’attuazione dei corsi sperimen- tali di “autoformazione” professionale per giudici e pubblici ministe- ri dell’area della famiglia e dei minori da effettuarsi per l’anno 2001 nei distretti di Milano, Potenza e Roma sui seguenti temi: “Violenza psicologica nelle situazioni di maltrattamento in famiglia”; “Ascolto diretto del minore nelle situazioni di maltrattamento nell’ambito familiare”; “Ascolto indiretto del minore nelle situazioni di maltratta- mento nell’ambito familiare”; “L’allontanamento del minore nelle situazioni di maltrattamento nell’ambito familiare”; “Esecuzione dei provvedimenti del giudice della famiglia e dei minori”;

che in attuazione di tale delibera si sono realizzate le riunioni dei gruppi di lavoro coordinati dai rispettivi referenti in sede distrettua- le, nonché sei incontri nella sede consiliare, tra la metodologa, prof.ssa Franca Olivetti Manoukian e i referenti distrettuali medesi- mi;

che è stata individuata la data del 30 e del 31 maggio 2002, per la realizzazione del seminario conclusivo del laboratorio di “autoforma- zione” professionale per giudici e pubblici ministeri dell’area della fa- miglia e dei minori secondo l’allegato programma (All. “B”), volto alla trattazione e al confronto delle problematiche emerse in sede distret- tuale;

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delibera

1) di effettuare in data 30 e 31 maggio 2002, il seminario finale del laboratorio di “autoformazione” professionale per giudici e pubbli- ci ministeri dell’area della famiglia e dei minori; al quale sono am- messi a partecipare i referenti, i vice referenti ed i componenti dei gruppi di lavoro dei distretti di Milano, Potenza e Roma (All. “C”);

2) di invitare a partecipare all’incontro i referenti distrettuali che han- no coordinato i gruppi di lavoro del corso sperimentale svoltosi nel 1999, per realizzare un confronto dialettico sulle tematiche trattate;

3) di invitare a partecipare all’incontro i capi degli uffici giudiziari di appartenenza dei componenti di ciascun gruppo di lavoro distret- tuale e ciò al fine di realizzare il raffronto delle esperienze e delle diverse metodologie di lavoro verificate nell’ambito di ciascun grup- po distrettuale, nell’ottica dell’approfondimento della conoscenza delle problematiche e delle possibili soluzioni comuni sotto il pro- filo metodologico;

4) di invitare, altresì, in rappresentanza del Ministero della Giustizia il Direttore del Dipartimento della Giustizia Minorile e il Capo del- l’Ufficio Legislativo;

5) di approvare l’allegato preventivo di spesa (All. “D” – omissis).

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All. “A”

Delibera consiliare del 18 luglio 2001 (estratto)

Corso sperimentale di “autoformazione” professionale per giudici e pub- blici ministeri dell’area della famiglia e dei minori per l’anno 2001 – Distretti di Milano, Potenza e Roma in attuazione della delibera del 25 novembre 1999

Il Consiglio Superiore della Magistratura,

– premesso che con delibera plenaria del 25 novembre 1999 il Consiglio Superiore della Magistratura, proseguendo la felice esperienza di formazione autodidattica con assistenza metodologica realizzata per l’anno 1999 nei di- stretti di Bari, Napoli, Palermo, Torino e Venezia, aveva approvato l’attuazio- ne dei corsi sperimentali di “autoformazione” professionale per giudici e pub- blici ministeri dell’area della famiglia e dei minori da effettuarsi per l’anno 2000 nei distretti di Bologna, Catania, Milano, Potenza e Roma sui seguenti temi: “Violenza psicologica nelle situazioni di maltrattamento in famiglia”;

“Ascolto diretto del minore nelle situazioni di maltrattamento nell’ambito familiare”; “Ascolto indiretto del minore nelle situazioni di maltrattamento nell’ambito familiare”; “L’allontanamento del minore nelle situazioni di mal- trattamento nell’ambito familiare”; “Esecuzione dei provvedimenti del giudi- ce della famiglia e dei minori”;

– che all’esito dell’interpello del 7.12.1999 non si è potuto dare seguito al- la realizzazione nell’anno 2000 dei laboratori di “autoformazione” suindicati per difficoltà organizzative e per la scarsa adesione all’iniziativa da parte di magistrati di alcuni distretti (Potenza e Catania);

– che, con nota del 24 aprile 2001, si è provveduto ad un nuovo interpel- lo per nominare i referenti distrettuali ed i componenti dei gruppi, nonché al- la diffusione della scheda di presentazione dei seminari in cui sono specifica- ti i contenuti, le metodologie e le finalità (All. omissis);

– che all’esito dell’interpello dal distretto di Catania non sono pervenute domande di partecipazione per il gruppo di lavoro da parte di magistrati toga- ti e parimenti dal distretto di Bologna è pervenuta una sola domanda, quella della dott.ssa Adriana Scaramuzzino, giudice del Tribunale di Bologna, oltre a cinque domande di giudici onorari e che, pertanto, per i suddetti distretti non può comporsi adeguatamente il gruppo di lavoro;

– che, invece, sono pervenute le seguenti domande per i distretti di Mila- no, Potenza e Roma:

... omissis ...

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– che all’esito della disamina delle domande sono stati individuati per cia- scun distretto i seguenti referenti titolari e supplenti e ciò in considerazione del fatto che lo sviluppo annuale dello svolgimento del laboratorio di autofor- mazione suggerisce, anche alla luce della pregressa esperienza, di individua- re due referenti per garantire, in ogni caso, la continuità dei lavori;

– in particolare:

per il distretto di Milano referente la dott.ssa Anna Maria Caruso, sostituto procuratore generale presso la Corte di Appello di Milano (... omissis); referen- te supplente la dott.ssa Maria Carla Gatto, giudice presso la IX sezione civile del Tribunale di Milano (... omissis);

per il distretto di Potenza referente il dott. Angelo Vaccaro, Presidente del Tribunale per i minorenni (... omissis);

per il distretto di Roma referente il dott. Roberto Janniello, giudice del Tribunale per i minorenni di Roma (... omissis); referente supplente la dott.ssa Franca Mangano, giudice del tribunale di Roma;

– sono stati, inoltre, individuati a far parte dei gruppi di lavoro i sottoe- lencati magistrati e giudici onorari:

DISTRETTO DI MILANO

MATTEUCCI Paola, sostituto procuratore presso il Tribunale per i mino- renni di Milano;

ORTOLAN Paola, sostituto procuratore presso il Tribunale di Milano;

SERVETTI Gloria, consigliere della Corte di Appello di Milano;

ZAPPIA Anna, giudice del Tribunale per i minorenni di Milano;

BIANCHINI Barbara, giudice onorario della sezione per i minorenni presso la Corte di Appello di Milano;

GUARINO Maria Teresa, giudice onorario della sezione per i minorenni presso la Corte di Appello di Milano;

DISTRETTO DI POTENZA

MISTRULLI Emiliano, giudice del Tribunale per i minorenni di Potenza;

PELLETTIERI Nicolino, consigliere della Corte di Appello di Potenza;

TORTORELLA Ida, giudice del Tribunale per i minorenni di Potenza;

CILENTI Edoardo, giudice del Tribunale per i minorenni di Potenza;

SANTUCCI Silvia, sostituto procuratore presso il Tribunale di Potenza;

PICCININNI Anna, sostituto procuratore presso il Tribunale di Potenza;

SETOLA Lucio, sostituto procuratore presso il Tribunale di Potenza;

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SALVATI Ester, giudice onorario presso il Tribunale per i minorenni di Potenza;

MARINO Toriana, giudice onorario presso la sezione per i minorenni della Corte di Appello di Potenza;

URGA Rosa Maria, giudice onorario presso il Tribunale per i minorenni di Potenza;

PRILLO Francesco, giudice onorario presso la sezione per i minorenni della Corte di Appello di Potenza;

GENTILE Salvatore, giudice onorario presso la sezione per i minorenni della Corte di Appello di Potenza;

GALEAZZI Stefania, giudice onorario presso la sezione per i minorenni della Corte di Appello di Potenza;

DISTRETTO DI ROMA

MONTELEONE Maria, sostituto procuratore presso il Tribunale di Roma;

GREGORI Anna Maria, sostituto procuratore presso il Tribunale di Ro- ma la quale aveva fatto istanza di nomina oltre che come referente, anche co- me componente del gruppo di lavoro;

PICOZZI Pierluigi, sostituto procuratore presso il Tribunale di Rieti;

BARBORINI Maria Bice, sostituto procuratore presso il Tribunale di Ro- ma;

CIANCIO Mario Rosario, giudice del Tribunale di Roma;

FOSCHINI Isabella, giudice del Tribunale per i minorenni di Roma;

SORGE Alessandro, giudice del Tribunale per i minorenni di Roma;

MANFREDONIA Paola, giudice del Tribunale per i minorenni di Roma;

NERI Elena, sostituto procuratore presso il Tribunale di Civitavecchia;

RIVELLESE Angela, giudice del Tribunale per i minorenni di Roma;

PETRERA Stefania, giudice onorario presso il Tribunale per i minorenni di Roma;

TOFI Fabio, giudice onorario presso il Tribunale di Civitavecchia;

– ritenuta la necessità di procedere alla nomina di un assistente metodo- logo ed individuata la dott.ssa Franca OLIVETTI MANOUKIAN, consulente psicosociale, per la sua particolare esperienza dimostrata, peraltro, anche nella prestazione di consulenza e assistenza metodologica al percorso forma- tivo curato dalla scuola di formazione professionale del personale della giu- stizia minorile, nonché nel precedente corso sperimentale di “autoformazio- ne” professionale per giudici e pubblici ministeri dell’area della famiglia e dei minori, svoltosi nell’anno 1999;

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delibera

di approvare i seminari sperimentali di autoformazione professionale per giudici e pubblici ministeri dell’area della famiglia e dei minori da effettuarsi per l’anno 2001, nei distretti di Milano, Potenza e Roma;

di nominare per l’assistenza metodologica la dott.ssa Franca OLIVETTI MANOUKIAN;

di nominare referenti e componenti dei gruppi di lavoro i magistrati ed i giudici onorari indicati in parte motiva;

di approvare l’allegato preventivo (All. omissis) di spesa da imputare al bilancio di previsione di spesa per l’anno 2001”.

(25)

All. “B”

CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA Nona Commissione - Tirocinio e Formazione Professionale

Seminario finale del laboratorio di “autoformazione” professionale per giudici e pubblici ministeri dell’area della famiglia e dei minori.

Roma, 30-31 maggio 2002

Programma Giovedì 30 maggio 2002

Ore 15.00 Indirizzi di saluto e introduzione ai lavori:

– a cura di un componente della Nona Commissione del Con- siglio Superiore della Magistratura.

Ore 15.30 “Laboratorio: Premesse metodologiche e esito della criti- cità, della omogeneità e delle differenze rispetto all’espe- rienza del laboratorio realizzato nel 1999.”

prof.ssa Franca OLIVETTI MANOUKIAN, assistente metodo- logo e consulente psicosociale.

Ore 16.15 Relazione di sintesi a cura dei referenti distrettuali sul tema trattato da ciascun gruppo di lavoro.

Distretto di Milano:

Ascolto indiretto nelle situazioni di maltrattamento in ambito familiare.

Il minore maltrattato esprime sofferenza attraverso mes- saggi verbali e non verbali, comportamenti attivi e passivi, atteggiamenti di rifiuto… Tutto ciò può essere colto e rac- colto da diverse figure con cui il minore interagisce, che portano o possono portare al giudice indicazioni e preoc- cupazioni sul malessere del minore. La situazione del mi- nore pertanto può essere “ascoltata” attraverso segnali e se- gnalazioni che vengono da vari soggetti. Ciascuno prenden- do parte alla vicenda del minore osserva de espone delle parti. Per ascoltare il minore più che l’accertamento di una verità astratta può essere importante riconoscere le parti di cui i vari soggetti sono portatori per ricostruire la vicenda del minore nei suoi significati.

dott.ssa Anna Maria CARUSO, sostituto procuratore generale presso la Corte di Appello di Milano.

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Distretto di Potenza:

L’allontanamento del minore nella situazione di mal- trattamento in ambito familiare.

L’allontanamento del minore dalla famiglia provoca una rottura dei legami con la famiglia d’origine. Questi legami o alcuni di questi legami possono essere impregnati di ele- menti patologici, possono impedire e bloccare la crescita, sia dal punto di vista fisico che psicorelazionale: sono tutta- via, probabilmente, i legami più solidi e radicati nella vita del minore. La rottura dei legami, se da un lato può rappre- sentare una apertura ad un assetto di vita più sereno e tute- lato, dall’altro può provocare delle lacerazioni emotive, sen- timenti di abbandono e di colpa….L’allontanamento anche se può apparire “risolutivo”, per la sua effettività rispetto a comportamenti gravemente lesivi per la crescita del mino- re, probabilmente attiva, anche se in forme implicite e non facilmente rilevabili, reazioni sia da parte del minore che dei genitori che non vanno sottovalutate e che andrebbero riconosciute e considerate.

dott. Angelo VACCARO, Presidente del Tribunale per i mino- renni di Potenza.

Distretto di Roma:

La violenza psicologica nelle situazioni di maltratta- mento in famiglia.

Si tratta di un tipo di maltrattamento che chiama in causa i contenuti delle relazioni all’interno delle famiglie: può es- sere particolarmente arduo distinguere ciò che fa parte di interazioni, di “giochi” inscritti in relazioni che sono sem- pre e comunque ambivalenti, intrise di dimensioni di so- praffazione/subordinazione, riconoscimento/negazione del- l’altro e ciò che assume carattere esorbitante, ciò che diven- ta gravemente lesivo delle potenzialità di crescita del mino- re. In particolare nelle situazioni di separazione/disgrega- zione in cui vengono meno dei se pur fragili equilibri sem- bra che i minori più che mai possano diventare strumento di soddisfazione di bisogni degli adulti; possano sviluppar- si delle modalità di relazione particolarmente pesanti, a cui il minore non può sottrarsi, che richiedono degli interventi di tutela nei confronti del minore. Sembra, in questi casi, cruciale disporre di criteri elaborati per distinguere la “so- glia”, il discrimine tra ciò che fa parte di una relazione dif- ficile e ciò che compromette inesorabilmente la possibilità stessa di una relazione.

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dott. Roberto JANNIELLO, giudice del Tribunale per i mino- renni di Roma.

Ore 18.00 Interventi programmati dei partecipanti ai gruppi distret- tuali.

Ore 19.00 Chiusura dei lavori.

Venerdì 31 maggio 2002

Ore 9.00 Presentazione dei temi trasversali per la discussione nei gruppi di lavoro:

A cura della dott.ssa Franca MANGANO, giudice del Tribu- nale di Roma:

– gruppo di lavoro n. 1: il rapporto con i servizi;

– gruppo di lavoro n. 2: collegamenti tra autorità giudizia- rie.

A cura della dott.ssa Maria Carla GATTO, giudice del Tribu- nale di Milano:

– gruppo di lavoro n. 3: la considerazione della esigenza del minore attraverso l’ascolto;

– gruppo di lavoro n. 4: da progetto sul minore ad un pro- getto per il minore.

Ore 9.30 Costituzione di 4 gruppi di lavoro coordinati dai parteci- panti a ciascun gruppo distrettuale.

Ore 13.00 Sospensione dei lavori.

Ore 15.00 Breve sintesi dei risultati del gruppo di lavoro a cura di cia- scun coordinatore.

Ore 16.00 Dibattito.

Ore 16.45 Conclusioni:

prof. Eligio RESTA, componente della Nona Commissione del Consiglio Superiore della Magistratura.

(28)

All. “C”

CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA Nona Commissione - Tirocinio e Formazione Professionale

Incontro di studio sul tema:

Seminario finale del laboratorio di “autoformazione” professionale per giudici e pubblici ministeri dell’area della famiglia.

Roma, 30-31 maggio 2002 Hotel Villa Carpegna

ELENCO PARTECIPANTI

Dott.ssa Franca Olivetti Manoukian, assistente metodologo e assistente psico- sociale.

DISTRETTO DI MILANO

Caruso Anna Maria, sostituto procuratore generale presso la Corte di Appello di Milano

Referente

Gatto Maria Carla, giudice del Tribunale di Milano.

Vice Referente

Matteucci Paola, sostituto procuratore presso il Tribunale per i minorenni di Milano;

Ortolan Paola, sostituto procuratore presso il Tribunale di Milano;

Servetti Gloria, consigliere della Corte di Appello di Milano;

Zappia Anna, giudice del Tribunale per i minorenni di Milano;

Bianchini Barbara, giudice onorario della sezione per i minorenni presso la Corte di Appello di Milano;

Guarino Maria Teresa, giudice onorario della sezione per i minorenni presso la Corte di Appello di Milano;

Gaddi Carla, giudice onorario della sezione per i minorenni presso la Corte di Appello di Milano;

Martelli Franco, giudice onorario della sezione per i minorenni presso la Corte di Appello di Milano;

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Fiorillo Anna Maria, sostituto procuratore presso il Tribunale per i minorenni di Milano;

Lo Cascio Patrizia, giudice del Tribunale di Milano.

DISTRETTO DI POTENZA

Vaccaro Angelo, presidente del Tribunale per i minorenni di Potenza.

Referente

Mistrulli Emiliano, giudice del Tribunale per i minorenni di Potenza;

Pellettieri Nicolino, consigliere della Corte di Appello di Potenza;

Tortorella Ida, giudice del Tribunale per i minorenni di Potenza;

Cilenti Edoardo, giudice del Tribunale per i minorenni di Potenza;

Santucci Silvia, sostituto procuratore presso il Tribunale di Potenza;

Piccininni Anna, sostituto procuratore presso il Tribunale di Potenza;

Setola Lucio, sostituto procuratore presso il Tribunale di Potenza;

Salvati Ester, giudice onorario presso il Tribunale per i minorenni di Potenza;

Marino Toriana, giudice onorario presso la sezione per i minorenni della Corte di Appello di Potenza;

Urga Rosa Maria, giudice onorario presso il Tribunale per i minorenni di Potenza;

Prillo Francesco, giudice onorario presso la sezione per i minorenni della Corte di Appello di Potenza;

Gentile Salvatore, giudice onorario presso la sezione per i minorenni della Corte di Appello di Potenza;

Galeazzi Stefania, giudice onorario presso la sezione per i minorenni della Corte di Appello di Potenza;

Cicale Maria Elvira, giudice onorario presso la sezione per i minorenni della Corte di Appello di Potenza.

DISTRETTO DI ROMA

Ianniello Roberto, giudice del Tribunale per i minorenni di Roma.

Referente

Mangano Franca, giudice del Tribunale di Roma.

Vice Referente

Monteleone Maria, sostituto procuratore presso il Tribunale di Roma;

Gregori Anna Maria, sostituto procuratore presso il Tribunale di Roma;

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Picozzi Pierluigi, sostituto procuratore presso il Tribunale di Rieti;

Barborini Maria Bice, sostituto procuratore presso il Tribunale di Roma;

Ciancio Mario Rosario, giudice del Tribunale di Roma;

Foschini Isabella, giudice del Tribunale per i minorenni di Roma;

Sorge Alessandro, giudice del Tribunale per i minorenni di Roma;

Manfredonia Paola, giudice del Tribunale per i minorenni di Roma;

Neri Elena, sostituto procuratore presso il Tribunale di Civitavecchia;

Rivellese Angela, giudice del Tribunale per i minorenni di Roma;

Petrera Stefania, giudice onorario presso il Tribunale per i minorenni di Roma;

Tofi Fabio, giudice onorario presso il Tribunale di Civitavecchia;

D’Elia Nunzia, sostituto procuratore presso il Tribunale di Roma;

Cascino Ornella, giudice del Tribunale per i minorenni di Roma.

Sono invitati

Dott. Rosario PRIORE Direttore del Dipartimento della Giustizia Mino- rile del Ministero della Giustizia;

Dott. Giovanni VERUCCI Capo dell’Ufficio Legislativo del Ministero della Giustizia;

Dott.ssa Magda BRIENZA Presidente del Tribunale per i minorenni di Ro- ma;

Dott. Alberto BUCCI Presidente di sezione del Tribunale di Roma;

Dott.ssa Irene Sostituto Procuratore Generale presso la Corte di Appello di Venezia;

Dott.ssa Carmela CAVALLO Presidente della Commissione per le Adozioni Internazionali c/o la Presidenza del Consiglio dei Ministri;

Dott. Gerardo D’AMBROSIO Procuratore della Repubblica di Milano;

Dott.ssa Rosa Anna DE PALO Giudice del Tribunale di Bari;

Dott. Luigi FADIGA Presidente della sezione per i minorenni della Corte di appello di Roma;

Dott.Giuseppe GALANTI Procuratore della Repubblica di Potenza;

Dott. Giovanni INGRASCI’ Procuratore della Repubblica presso il Tribuna- le per i minorenni di Milano;

Dott. Consolato LABATE Procuratore della Repubblica di Civitavecchia;

Dott.ssa Livia LOCCI Sostituto Procuratore presso il Tribunale per i minorenni di Torino;

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Dott. Francesco MICELA Giudice del Tribunale per i minorenni di Paler- mo;

Dott. Ruggero Annibale PESCE Presidente della sezione per i minorenni della Corte di appello di Milano;

Dott.ssa Livia POMODORO Presidente del Tribunale per i minorenni di Milano;

Dott. Alfredo ROSSINI Procuratore della Repubblica di Rieti;

Dott. Felice SCERMINO Presidente della sezione per i minorenni della Corte di appello di Potenza.

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RELAZIONI

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Laboratorio di “autoformazione”: premesse metodologi- che, esiti, criticità.

Dott.ssa Franca Olivetti Manoukian, assistente metodologo e consulente psicosociale.

Il Laboratorio sperimentale di “autoformazione” per giudici e pubblici ministeri dell’area della famiglia e dei minori, realizzato nel periodo ottobre 2001-maggio 2002, presso i distretti di Milano, Poten- za e Roma, costituisce la seconda esperienza di un’attività formativa svolta nel corso del 1999.

Esso si colloca entro le stesse ipotesi teoriche e metodologiche che avevano indirizzato la precedente iniziativa e che sono state illustrate nella documentazione appositamente predisposta (Quaderni del C.S.M., 2001, n. 117). Può essere opportuno richiamarle rispetto ad al- cuni elementi essenziali, per contestualizzare quanto verrà esposto dai referenti e dai partecipanti.

Successivamente proporrò delle considerazioni “laterali” sugli esi- ti e delle questioni che mi sembrano aperte e interessanti anche per un confronto sui rapporti tra formazione e lavoro dei magistrati.

I. Le ipotesi riguardano la struttura e il funzionamento delle organizzazioni di lavoro, l’approccio alla conoscenza della realtà sociale, gli orientamenti formativi per sviluppare competenze composite e diversificate nel trattare problemi complessi. L’attività formativa infatti si svolge all’interno di una organizzazione ed entro l’organizzazione riporta i propri esiti; investe i processi conoscitivi ri- correnti presso singoli e gruppi; è rivolta a migliorare ciò che i singo- li realizzano nel e per il lavoro quotidiano.

– Le organizzazioni lavorative vengono considerate come realtà che assumono differenti configurazioni e modalità operative non solo e non tanto determinate da finalità chiaramente definite e condivise, da lo- giche razionali, da scomposizioni e ricomposizioni scientificamente studiate a cui i singoli si adattano, adempiendo con esecuzioni aset- tiche e puntuali i compiti prescritti. Gli sforzi di razionalizzazione del funzionamento delle organizzazioni sulla base di definizioni astratte e di richieste/imposizioni ai singoli di tradurle in pratica, uniformandosi con comportamenti razionali, non hanno portato risultati soddisfacenti, neppure in quei settori lavorativi in cui la pro- duzione può essere standardizzata e suddivisa in operazioni sequen-

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ziali, sostenute da assetti tecnologici vincolanti. La concezione mec- canicistica dell’organizzazione è stata per molto tempo proposta nel- l’ambito della pubblica amministrazione come quella più congruente a garantire esercizio di attività al riparo da errori, arbitrii, parzialità, disomogeneità di esecuzione. Dal punto di vista funzionale, nella realtà, si è rivelata assai debole: la definizione sistematica, dettaglia- ta e congruente, di tutto ciò che deve essere compiuto nei vari sotto- sistemi è assai onerosa, ovvero comporta dei costi elevati per l’anali- si e la formalizzazione; la ri-definizione periodica, necessaria per adattare l’operatività ai mutamenti del contesto sociale esige tempi lunghi e pertanto induce staticità, inerzie e blocchi che contrastano il raggiungimento di risultati; la divisione di competenze e compiti in vari settori, gerarchie, ruoli operativi che non trova ricomposizioni automatiche, con il passare degli anni erige dei compartimenti stagni tra le varie parti dell’organizzazione, apportando ripetizioni e spre- chi, lacune e improduttività; i singoli né si adeguano sempre supina- mente alle prescrizioni né suppliscono alle incompletezze delle dispo- sizioni. In vista del perseguimento di un’organizzazione perfetta si costruisce nel quotidiano un’organizzazione che non fornisce ciò che il contesto esterno si attende e neppure risponde alle aspettative di chi lavora al suo interno. Dal punto di vista concettuale le rappresen- tazioni meccanicistiche dell’organizzazione tendono a sottovalutare e sostanzialmente ad escludere tutte quelle componenti della realtà organizzativa che non possono essere descritte e padroneggiate attra- verso schemi forniti dalla razionalità formale, lineare, astratta, tra- ducibile in termini numerici.

Vengono così espulsi i fenomeni culturali, che sedimentati nella storia delle organizzazioni, marcano modi di pensare e di fare, criteri di valutazione, scelte, riproduzioni di schemi relazionali in orizzonta- le e in verticale e vengono compresse tutte le dimensioni soggettive e relazionali: queste aree non vengono negate, ma non vengono ritenu- te suscettibili di comprensione e di gestione; ci si aspetta che la forza della razionalità riesca a prevalere e che singoli e gruppi trovino delle autoregolazioni.

Qui viene piuttosto assunta l’ipotesi che i sottosistemi organizzativi in cui sono collocati coloro che partecipano all’attività formativa co- stituiscono delle realtà sociali complesse in cui coesistono differenti finalità e obiettivi, differenti vincoli e risorse che si intrecciano con mol- teplici interessi e aspettative; si esprimono diverse razionalità e linee di condotta di cui i singoli sono portatori attivi e da cui non si staccano facilmente; si incontrano continue contraddizioni anche irrisolvibili.

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Tutto questo non può essere eliminato. Va piuttosto preso come punto di partenza.

Si tratta di promuovere in questo quadro connessioni e confronti, possibili revisioni e modificazioni, evoluzioni e riformulazioni per ri- conoscere e valorizzare ciò che può contribuire a realizzare “produzio- ni” più soddisfacenti e apprezzate. E i soggetti sono protagonisti di questi processi, perché sono le fonti più importanti a cui attingere per comprendere l’esistente, ma anche perché sono e possono essere auto- ri, attori di idee e pratiche innovative, facilitatori di elaborazioni e convergenze.

– Nella nostra società l’approccio alla conoscenza e all’evoluzione del sapere è attraversato da una rottura rispetto alla tradizione. Da alcuni decenni è venuta meno la fede nel progresso e si sono aperti interro- gativi radicali su alcuni principii, come l’indiscutibilità del pensiero scientifico, il perseguimento dell’oggettività, la netta separazione tra soggetto conoscente e oggetto da conoscere. Va emergendo una nuova epistemologia che ha messo in crisi i “fondamenti” del conoscere che si erano consolidati nella tradizione occidentale. “È entrata in crisi la nozione della verità come corrispondenza” (A.G. GARGANI, p. 21) ov- vero l’idea che esista un mondo esterno che attende di essere scoper- to, dei fatti che debbono essere spiegati, delle rappresentazioni perfet- tamente coincidenti e conformi degli oggetti che ci circondano. “Non possiamo più sostenere di riferirci all’oggetto sulla base di un fonda- mento certo, ma piuttosto sulla base di arrangiamenti conversaziona- li, …” (id., p. 30). Si è diffusa l’ipotesi che la conoscenza si costruisce attraverso aperture di nuovi sguardi e punti di vista, il riconoscimen- to di diverse visioni possibili e plausibili, tra loro compatibili, suggeri- te da percorsi casuali, da combinazioni provvisorie e non soltanto dal- l’accumulazione di saperi specialistici. I soggetti immersi nella realtà che si propongono di conoscere, ne costruiscono delle versioni, delle rappresentazioni a cui pervengono attraverso osservazioni e auto-os- servazioni, combinazioni intuitive, pensieri pre-pensati, ricerca di causalità e connessioni paradossali. Sono queste rappresentazioni che orientano l’azione e che guidano nell’apprezzamento di vincoli, oppor- tunità, rischi, e sono rappresentazioni parziali, incerte che è importan- te restino aperte all’inatteso e all’interrogazione e non vengano assun- te come punti fissi per legittimare soluzioni e imposizioni. La cono- scenza si sviluppa nelle relazioni intersoggettive, ovvero nel convenire e riconoscere le parti di cui ciascuno è portatore per arrivare a com- prensioni convincenti – e da qui – convergenti.

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Accanto ad una conoscenza che si radica nella razionalità lineare, caratterizzata dai postulati classici della relazione causa-effetto, della non contraddizione, dell’identità, consolidata da prodigiose e sempre più affinate tecnologie, razionalità solare e vittoriosa che promette la soluzione certa e definitiva per ogni problema, non va sottovalutata una conoscenza che si costruisce per indizi, per suggerimenti e detta- gli, attraverso combinazioni di elementi diversi non solo fattuali, ma anche emotivi, impliciti, valorizzando provvisorietà e parzialità come stimolo ad una ricerca che non è mai esaustiva ed esaurita perché ac- cetta il limite e la finitezza.

– La terza area di ipotesi riguarda le competenze che sono richie- ste ai singoli all’interno delle organizzazioni di lavoro e gli orienta- menti formativi che possono favorirne l’acquisizione.

La realizzazione di attività produttive a tutti i livelli dell’organizza- zione implica necessariamente il ricorso a conoscenze tecniche specifi- che e la messa in campo di capacità di applicarle correttamente: sono queste competenze che solitamente si acquisiscono nella socializza- zione alla professione e che costituiscono una sorta di nucleo-base di cui non si può fare a meno. I mutamenti che investono la produzio- ne, la forte accelerazione che li connota, l’ampliarsi delle quantità e il ridursi delle risorse che possono essere investite, il complessificar- si dei quadri organizzativi, spinto anche da esigenze di diversifica- zione e di decentramento, le difficoltà di mantenere dei controlli dei processi produttivi che diventano sempre più potenzialmente discre- zionali, ovvero l’insieme dei fenomeni che oggi scuotono le strutture ed il funzionamento delle organizzazioni mette continuamente in evidenza come i contenuti del lavoro non possano più essere confi- nati soltanto nell’esercizio corretto e puntuale di quanto è stabilito nelle procedure correnti e tradizionalmente consolidate e nell’appli- cazione di competenze tecniche specifiche. Questo è necessario ma non è sufficiente per realizzare ciò che ci si attende che l’organizza- zione produca. Diventa cruciale disporre di competenze per operare in situazioni complesse in cui continuamente vanno individuati e ridefiniti gli obiettivi, i mezzi e i modi del lavoro, le connessioni con altri professionisti, le comunicazioni e le verifiche, in cui vanno prese micro-decisioni rispetto a tempi, priorità, uso e reperimento di risor- se possibili, in cui vanno gestiti rapporti con colleghi, capi e collabo- ratori.

Per i singoli è quindi importante possedere competenze diverse, non nel senso che siano competenti di differenti materie, ma nel senso

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che siano in grado di lavorare affrontando problemi di diversa natura e costruendo le condizioni per cui l’apporto di ciascuno possa contri- buire al raggiungimento del risultato complessivo.

Le competenze professionali di base costituiscono dotazione e sostegno indispensabile ma al tempo stesso rappresentano un’appa- recchiatura che ingabbia e cristallizza entro percorsi ripetitivi il pen- siero e l’azione; possono portare a distanziarsi dalla complessità e a ri- piegare su aspetti tecnicistici, anziché favorire aperture e sperimen- tazioni.

II. Queste considerazioni conducono a ipotizzare che sia ragio- nevole ed opportuno ricorrere a diversi orientamenti formativi a seconda dei contesti organizzativi e dei problemi con cui i singoli sono chiamati a misurarsi. Rispetto ad attività professionali in cui le conoscenze tecniche vanno declinate in situazioni complesse sembra preferibile adottare una formazione che permetta di attivare ricerca, riflessione, elaborazione, confronto, apertura e costruzione di ipotesi, che favorisca da parte di ciascuno l’intraprendere delle “di-versioni”

dalle versioni abituali, ovvero dalle modalità conoscitive consolidate e dei “ri-conoscimenti” di ciò che abitualmente si pratica: una forma- zione che porti a vedere e rivedere le routines che sostengono com- portamenti e relazioni, attraverso processi di comunicazione e con- fronto tra diversi punti di vista e rielaborazioni inusuali, una forma- zione, come si usa dire, per imparare ad imparare nella e dalla realtà lavorativa.

L’attività formativa realizzata attraverso il Laboratorio ha come finalità generale e principale quella di “favorire la capacità d’iniziati- va, la riflessione sulla propria esperienza giurisdizionale e la produ- zione di nuove conoscenze” e si colloca entro l’orientamento suddetto.

“Laboratorio” per sottolineare che si intende essere assai vicini alla realtà operativa e per richiamare che si tratta di sviluppare un “lavo- ro”: usare strumenti, interagire con altri, darsi modalità organizzative di comunicazione e decisione, individuare dei risultati; si è impegnati in una costruzione che si fa via via attraverso analisi, scomposizioni e ricomposizioni, esperienze in un’ottica di ricerca.

È stata denominata “autoformazione” per diverse ragioni (cfr. do- cumento di presentazione allegato alla delibera 18.07.2001) ma dal punto di vista metodologico questo termine mette in rilievo l’investi- mento che viene richiesto ad ogni partecipante per costituirsi come at- tore/autore dei processi che fanno sì che la formazione porti dei risul- tati.

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L’impostazione formativa che è stata privilegiata, essendo diffe- rente da quella più stabilizzata che viene proposta ai magistrati, ha ri- chiesto una organizzazione ad hoc che ha sostenuto delle modalità specifiche con cui individuare i partecipanti (autocandidature verifi- cate), ha previsto delle articolazioni in diversi gruppi (gruppo di moni- toraggio, gruppi distrettuali, sottogruppi) ha identificato dei ruoli (re- ferente, consulente metodologo), ha scandito fasi e tempi per lo svol- gimento dell’attività, ha predisposto spazi per affrontare imprevisti e ridefinizioni. La delibera del C.S.M. istitutiva di questa attività forma- tiva ha approvato e definito questa organizzazione.

Gli strumenti centrali entro questa impostazione formativa sono il lavoro in gruppo e le griglie per la rilevazione dell’operatività.

Il lavoro in gruppo, in piccolo gruppo eterogeneo è necessario per permettere ai partecipanti di sviluppare realmente dei processi di scambio e di confronto, di ascolto e comprensione, in modo che sia ef- fettivamente possibile interagire da diverse posizioni e con diversi punti di vista.

“Lavoro” sta ad indicare che non è un gruppo di discussione, ma un gruppo che ha l’obiettivo di affrontare dei problemi, di seguire un metodo, utilizzare degli strumenti, mantenere dei tempi. Si tratta di autoformazione, ma il gruppo non è autocentrato. Fa parte di un insie- me che è l’articolazione complessiva del Laboratorio. Le problemati- che oggetto di lavoro dei gruppi sono avvertite, ricorrono nell’operati- vità, ma non sono identificate, scelte direttamente da ogni gruppo, in- dipendentemente dagli altri. Dalla Nona Commissione del C.S.M. è stata identificata l’area – quella del maltrattamento – e all’interno di essa il gruppo dei referenti della prima edizione ha optato per alcune problematiche specifiche (cfr. Quaderno C.S.M.). Questo può sembra- re limitante ai membri del gruppo ma è frutto di una scelta che si ispi- ra alle seguenti ragioni: se l’obiettivo è quello di realizzare ricerca sulle attività dei magistrati per rielaborare orientamenti migliorativi e inno- vativi, non è possibile in tempi limitati condurre un esame sistemati- co e approfondito di tutta l’operatività e neppure è consigliabile segui- re le preferenze dei singoli che possono coagularsi su interessi molto particolari o del tutto contingenti. È preferibile individuare rispetto al- l’insieme dell’organizzazione dei contenuti di lavoro sufficientemente ricorrenti e circoscritti. Entro un campo delimitato, rispetto ad ele- menti specifici è più sostenibile uno sforzo analitico e un confronto aperto perché ci si riferisce ad un’area padroneggiabile, rispetto alla quale si possono sperimentare iniziative conoscitive e possibilità di aprire nuove modalità di considerare i problemi e di affrontarli.

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Il lavoro del gruppo si avvale di ruoli particolari (quelli dei referen- ti), che non consistono soltanto nel moderare gli interventi o nel con- durre un’aula, ma nel facilitare e indirizzare lo sviluppo del percorso formativo, dal predisporre tempi e spazi, al curare la documentazione al sostenere la condivisione e la continuità di partecipazione, al richia- mare il senso di quanto si va realizzando.

I referenti costituiscono dei ruoli cerniera che fanno parte del gruppo di monitoraggio e dei gruppi distrettuali. Nel gruppo di moni- toraggio contribuiscono alla messa a punto complessiva del laborato- rio attraverso la segnalazione di vincoli e difficoltà e attraverso la pre- sa di decisioni che siano al tempo stesso efficaci e congruenti con le fi- nalità e l’impostazione della formazione.

Le griglie sono degli strumenti di rilevazione dell’operatività. Nasco- no dall’esigenza di facilitare e sostenere i partecipanti al percorso for- mativo rispetto al “vedere” dei contenuti e delle modalità che ricorro- no nell’operatività; “vedere” ha la stessa radice etimologica di “sape- re”; per vedere è indispensabile distaccarsi, prendere un po’ di distan- za, distogliere da se stessi, spostarsi per descrivere delle attività, ogget- tivizzandole, facendole diventare oggetto di confronto. La griglia tenta di tradurre in forme visibili ciò che avviene in passaggi ovvii, interni, dati per scontati. Tenta delle scomposizioni inattese, introduce delle domande indiscrete, anima degli interlocutori e dei collegamenti non presi in considerazione. Può apparire troppo povera, troppo banale, contenitore inadeguato per la complessità del lavoro del giudice. Non vuole però essere un contenitore compiuto e completo, comprensivo e compatto: si propone piuttosto di sollecitare attenzioni e osservazioni, suscitare interrogativi per ricercare. In particolare le griglie sono strutturate secondo una sequenza logica che scandisce e illumina i di- versi aspetti centrali dello svolgimento del lavoro dei magistrati: il trat- tamento dei dati, la rappresentazione dei problemi, la decisione e ciò che fa seguito alla decisione. Vengono fatte delle domande, esplicitati degli elementi che favoriscono la descrizione analitica e la messa in ri- lievo di ciò che concretamente si fa nelle situazioni concrete per cia- scuno di questi aspetti. È questa paziente visibilizzazione che consen- te un confronto contestualizzato e specifico: dalla visione emergono le re-visioni da parte dei membri del gruppo.

Il percorso complessivo del Laboratorio è sintetizzato nel seguen- te schema in cui vengono indicati i contenuti delle diverse fasi e le connessioni tra gruppo di monitoraggio (o gruppo dei referenti con la consulente metodologa) e gruppi distrettuali.

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Percorso di autoformazione per giudici e pubblici ministeri dell’area della famiglia e dei minori

Gruppo di monitoraggio Gruppi distrettuali Ottobre 2001 – presentazio-

ne di ipotesi generali, obietti- vi, impostazione del lavoro;

organizzazione e conduzione delle riunioni, ruolo dei refe- renti e scelta dei temi da pro- porre ai gruppi.

Novembre 2001 – raccolta di elementi critici; scelta dei te- mi per i gruppi distr.; presen- tazione delle griglie, discus- sione e aggiustamenti.

Gennaio 2002 – raccolta di difficoltà rispetto all’uso delle griglie e allo svolgersi delle riu- nioni, approfondimento per le elaborazioni.

Febbraio 2002 – esame delle difficoltà emerse per l’uso delle griglie, discussione e elabora- zione con riferimento a dei ca- si.

Marzo 2002 – impostazione della elaborazione delle gri- glie compilate da ciascun gruppo distrettuale.

Aprile 2002 – confronto sulle prime elaborazioni, discus- sione e individuazione delle criticità trasversali, prepara- zione del seminario finale.

Avvio del lavoro del gruppo;

presentazione di ipotesi e obiettivi, organizzazione, orientamento sui temi.

Acquisizione del tema da parte del gruppo, presenta- zione delle griglie, prova per l’uso delle griglie.

Organizzazione del lavoro in sottogruppi, scelta dei fasci- coli, esame dei fascicoli con l’uso delle griglie, confronti e riflessioni.

Riunione con consulente Sostegno al lavoro dei sotto- gruppi.

Riunione con consulente Elaborazioni nei sottogruppi e in gruppo.

Presentazione delle elabora- zioni e delle relazioni per il seminario finale.

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III. A questo punto possono essere segnalati alcuni esiti della se- conda edizione del Laboratorio. L’area tematica – come è stato indica- to nella documentazione relativa al primo Laboratorio – è sempre quella del maltrattamento dei minori, articolata in sotto aree più spe- cifiche corrispondenti a delle pratiche (come quelle dell’“ascolto” di- retto e indiretto del minore) o a casistiche in cui la decisione del giu- dice è particolarmente complessa (come le situazioni di “violenza psi- cologica” o quelle in cui si arriva all’allontanamento del minore dalla famiglia).

Gli esiti che riguardano le acquisizioni a cui sono pervenuti i grup- pi distrettuali e quelle emerse dai confronti sulle trasversalità vengono illustrati dai referenti dei gruppi.

Altri esiti in termini di formazione resteranno più legati alle espe- rienze dei singoli e forse potranno essere raccolti anche nel prosieguo del tempo.

Qui vorrei richiamare l’attenzione su altri tipi di esiti:

– dei riscontri di tipo metodologico rispetto all’impostazione e rea- lizzazione del percorso formativo;

– degli interrogativi che mi sembrano interessanti per compren- dere le difficoltà del lavoro dei magistrati e per ipotizzare evoluzioni possibili.

Il percorso formativo sviluppato con il Laboratorio 2001-2002 en- tro le stesse premesse metodologiche e con le stesse modalità di rea- lizzazione del precedente Laboratorio, presenta delle differenze e delle omogeneità.

Può essere interessante tenerne conto in un’ottica di verifica, ma anche in una prospettiva migliorativa.

A. Per utilizzare ciò che era stato predisposto nel Laboratorio pre- cedente, per alleggerire l’impegno oneroso richiesto dalla scelta dei temi da trattare nei gruppi distrettuali e per disporre di maggiori op- portunità di confronto e comparazione, nel Laboratorio di quest’anno non si è riaperta nel lavoro preliminare del gruppo di monitoraggio la discussione sui problemi da proporre ai gruppi distrettuali. Si sono presentate le aree problematiche trattate, che erano cinque: ascolto di- retto del minore, ascolto indiretto, “violenza psicologica”, allontana- mento del minore ed esecuzione dei provvedimenti. I tre gruppi di- strettuali, in cui si è articolato il Laboratorio di quest’anno, hanno as- sunto come oggetto del loro lavoro l’ascolto indiretto, la “violenza psi-

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