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QUADERNI del Consiglio Superiore della Magistratura

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PER UNA FORMAZIONE EUROPEA DEI MAGISTRATI.

Atti degli incontri di studio a carattere internazionale realizzati dal Consiglio Superiore

della Magistratura nel quadriennio 1998-2002

Volume I

(anno 1998)

QUADERNI

Consiglio Superiore della Magistratura del

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QUADERNI DEL

CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA Anno 2003, Numero 134

Pubblicazione interna per l’Ordine giudiziario curata dal Consiglio Superiore della Magistratura

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SOMMARIO

I. Presentazione

italiano ... 9

francese ... 11

inglese ... 13

spagnolo ... 15

tedesco ... 17

II. Introduzione: “La formazione internazionalistica dei magistrati” italiano ... 19

francese ... 35

inglese ... 51

spagnolo ... 67

tedesco ... 85

III. El P.M. italiano – Relazione in lingua spagnola tenuta dal dott. Armando D’Alterio, componente del Comi- tato scientifico del C.S.M. nel seminario “El P.M. en Europa” presso la Fiscalia General in Madrid il 20.9.2001 ... 103

IV. L’incompatibilité du juge en Italie – Relazione in lin- gua francese tenuta dal dott. Armando D’Alterio, componente del Comitato scientifico del C.S.M. pres- so l’Ecole Nationale de la Magistrature a Beaulieu- sur-mer il 23.9.2002 ... 115

V. The European Prosecutor – Relazione in lingua ingle- se tenuta dal dott. Armando D’Alterio, componente del Comitato scientifico del C.S.M. in Bucarest il 18.11.2002 ... 123

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ATTI DEGLI INCONTRI 1998

1. Incontro di studio sul tema: “Diritto comparato sul- l’ordinamento giudiziario ed il sistema penale di In-

ghilterra e Galles”, 2-4 luglio 1998 ... 131 – Programma dei lavori ... 133 His Honour Judge Colin COLSTON – Resident Judge –

The Crown Court – Hertfordshire – England

Struttura della magistratura in Inghilterra e nel Galles

Versione in lingua italiana ... 137 Versione in lingua inglese ... 143 – Prof. A.T.H SMITH – Professor of Criminal and Public

Laws – University of Cambridge La struttura del diritto penale inglese

Versione in lingua italiana ... 149 Versione in lingua inglese ... 157 Dott.ssa Antoinette PERRODET – Member of the Cam-

bridge University Law Faculty

Lo stato del servizio per la pubblica accusa della corona

Versione in lingua italiana ... 163 Versione in lingua inglese ... 179 Mr. David KYLE – Commission Member – Criminal Cases

Review Commission – Birmingham

L’indagine e il perseguimento dei reati in Inghilterra e nel Galles con allegato il Codice per i Pubblici Accusatori della Corona

Versione in lingua italiana ... 195 Versione in lingua inglese ... 209

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Allegato versione in lingua italiana ... 221 Allegato versione in lingua inglese ... 229 Mr. A.P. CARR – Justices’ Clerk (Essex Magistrates’ Courts)

Procedimenti di fronte ai Tribunali di giurisdizione limitata

Versione in lingua italiana ... 237 Versione in lingua inglese ... 255 Prof. J.R. SPENCER – Faculty of Law – University of

Cambridge

Il diritto sulla prova in Inghilterra e nel Galles

Versione in lingua italiana ... 273 Versione in lingua inglese ... 287 Mr. Michael OLIVER – Barrister in London

Alcuni problemi cruciali e pratici della prova

Versione in lingua italiana ... 301 Versione in lingua inglese ... 313 His Honour Judge David RADFORD

Il processo penale alla Corte della Corona in Inghilterra e nel Galles

Versione in lingua italiana ... 321 Versione in lingua inglese ... 329 Prof. L.H. LEIGH – Commission Member – Criminal Ca-

ses Review Commission – Birmingham

Appeal and review ... 337 Ms. Lorna HARRIS – Direzione Generale Giustizia e Affa-

ri Interni Commissione dell’U.E. – Bruxelles La Cooperazione Giudiziaria in Materia Penale

Versione in lingua italiana ... 343 Versione in lingua inglese ... 365

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PRESENTAZIONE

Il presente volume è un utile strumento di consultazione a disposi- zione di tutti i magistrati, sia italiani che stranieri; esso raccoglie i contributi offerti dai relatori nell’ambito degli incontri di formazione di rilevanza internazionale, organizzati dal Consiglio Superiore della Magistratura con riferimento ai programmi finanziati dalla Comunità Europea.

Al contempo il volume è testimonianza importante del vivo interes- se e dell’impegno del Consiglio Superiore della Magistratura sul fron- te della formazione del magistrato europeo e della cooperazione giu- diziaria.

Roma, 7 novembre 2002

Il Vice-Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura

Prof. Virginio Rognoni

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PRESENTATION

Le présent volume constitue un instrument utile de consultation à disposition de tous les magistrats, aussi bien italiens qu’étrangers; il recueille les contributions apportées par les rapporteurs dans le cadre des réunions de formation d’ampleur internationale, organisées par le Conseil Supérieur de la Magistrature, en référence aux programmes fi- nancés par la Communauté Européenne.

Dans un même temps, ce volume représente un témoignage impor- tant du vif intérêt et de l’engagement du Conseil Supérieur de la Ma- gistrature sur le front de la formation du magistrat européen et de la coopération judiciaire.

Rome, le 7 novembre 2002

Le Vice-Président du Conseil Supérieur de la Magistrature

Prof. Virginio Rognoni

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INTRODUZIONE

LA FORMAZIONE INTERNAZIONALISTICA DEI MAGISTRATI

1. Le ragioni della pubblicazione

Sono evidenti le ragioni della pubblicazione di un Quaderno del C.S.M. che compendi le relazioni svolte negli incontri di studio incen- trati essenzialmente sulla cooperazione internazionale.

Indubbia è infatti la rilevanza della conoscenza dei sistemi giudi- ziari, del regime della prova, delle garanzie e degli strumenti proces- suali degli ordinamenti stranieri, sia quale stimolo alla cooperazione giudiziaria, sia, in una prospettiva di più ampio respiro, quale condi- zione e fondamento della effettiva creazione dello spazio giuridico eu- ropeo, realmente unitario in quanto fondato non solo su valori comu- ni di riferimento, ma anche su istituti e prassi applicative ed interpre- tative tendenti all’omologazione.

Meno ovvie le ragioni della scelta di pubblicare le relazioni in lin- gua straniera, ad eccezione di quelle in tedesco, nella lingua originale.

Va in proposito precisato che, ben lungi dall’idea di coltivare un progetto elitario, destinato ai soli magistrati in possesso di un’elevata conoscenza delle lingue, la scelta mira a consentire, a tutti coloro che siano in possesso di una conoscenza di livello anche intermedio, di di- sporre di documenti il cui adeguato studio possa costituire, non solo fonte di informazioni sul sistema e sull’ordinamento sostanziale e pro- cessuale di altri Paesi, ma anche e soprattutto la fonte di indicazioni aggiornate di tipo lessicale, nonché sintattico e fraseologico, relative agli ordinamenti sostanziali e processuali stranieri, non reperibili nei dizionari di linguaggio legale. E ciò, al fine di stimolare la consulta- zione e lo studio dei testi in lingua straniera, ed anche nella consape- volezza dell’insufficienza della sola conoscenza dei sistemi, a fronte di un lessico giudiziario che, in parallelo con diverse tradizioni storiche e culturali, pone problemi di comprensione non superabili attraverso le nozioni linguistiche ordinarie.

Si pone infatti sempre più, anche in sede di interpretazione dei trattati internazionali, la questione della conoscenza del linguaggio giuridico proprio della lingua straniera (in particolare delle due lingue nelle quali vengono stilati gli atti normativi e le convenzioni interna- zionali); conoscenza che si compone ovviamente non solo e non tanto

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della traduzione in italiano di fonemi del lessico giudiziario straniero, ma anche della consapevolezza (originata dalla cultura che si vuole propria del giurista europeo) che taluni termini siano intraducibili, costituendo la traduzione fonte di equivoco, a cagione della perduran- te diversità dei sistemi e degli istituti; della consapevolezza, altresì (in particolare accentuata nell’ambito dei lavori del già citato corso sui linguaggi giuridici) che la conoscenza della terminologia, sganciata da quella dell’appropriato contesto sintattico di riferimento, è assoluta- mente insufficiente e fonte di errori ed equivoci.

Dal che consegue che la formazione giudiziaria internazionale e, ancor prima, la stessa attività legislativa internazionale, non possano essere esclusivamente affidate all’interpretariato, per quanto tecnico e specializzato, occorrendo invece – quantomeno in termini di qualifi- cata supervisione – il diretto apporto del giurista europeo.

Proprio la raccolta di testi in lingua straniera (relazioni, ma anche fonti normative) accompagnata dal programma di presentazione dei rispettivi incontri di studio, può rispondere all’esigenza di consentire (oltre che la diffusione della conoscenza di sistemi di altri Paesi del- l’Unione) anche l’approfondimento dei contesti sintattici di riferimen- to, spesso diversissimi da quello italiano.

Peraltro trattasi di testi che, in quanto improntati alle esigenze di presentazione, a magistrati di nazionalità diversa, dei rispettivi siste- mi, appaiono molto più agevolmente comprensibili delle pubblicazio- ni specializzate ad uso nazionale.

L’esigenza è anche particolarmente amplificata dai ritmi che ha ormai assunto il processo di avvicinamento dei sistemi, nell’ambito del comune spazio giudiziario europeo.

Il riferimento tiene conto dell’approvazione, nel dicembre dello scorso anno, della Decisione quadro del Consiglio U.E. in tema di man- dato di arresto europeo e dei connessi effetti, in termini di accelerazio- ne dei tempi, della nuova procedura, rispetto a quella estradizionale.

Sorge, in parallelo al nuovo istituto, l’esigenza di un costante, di- retto contatto fra l’autorità giudiziaria dello Stato di emissione del mandato di arresto e di quella dello Stato di esecuzione; nello stesso senso non può che valutarsi anche il dato giuridico, obbiettivo, costi- tuito dal riconoscimento, nell’ambito della Decisione Quadro, a favo- re della persona sottoposta all’ordine di arresto internazionale, sia de- gli strumenti di strumenti di ricorso riconosciuti nello Stato, ove ha sede l’autorità emittente, sia di quelli riconosciuti nello Stato, ove ha luogo l’esecuzione della stessa.

Analoghe esigenze si ricollegano alla prossima entrata in vigore

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della nuova Convenzione di assistenza giudiziaria internazionale, ap- provata il 29.5.2000; si faccia mente in proposito alla possibilità, che la stessa consente all’autorità rogante, di richiedere che l’atto da svol- gersi in territorio straniero sia realizzato con le forme che essa stessa indica, ora vincolativamente per lo Stato richiesto, in una prospettiva completamente opposta alla disciplina promanante dalla Convenzione del ‘59, sotto quest’aspetto certamente superata dalla nuova Conven- zione, de residuo sussidiaria rispetto alla prima.

In termini analoghi, i tre Regolamenti approvati nell’anno 2000, nell’ambito dei poteri di normazione di primo pilastro propri degli ambiti di diritto Civile dell’Unione (riguardanti il matrimonio, la noti- fica degli atti giudiziari e le procedure d’insolvenza) creano – diversa- mente degli ambiti penali, affidati alla cooperazione fra Stati ed alla normazione delle Convenzioni internazionali – un effettivo spazio giu- diziario comune, che mal si concilia con gli ostacoli di comunicazio- ne che impone la non conoscenza delle lingue.

La conoscenza delle lingue straniere si staglia dunque, nell’ambi- to del patrimonio professionale del giurista europeo, come strumento indispensabile della cooperazione internazionale; e tuttavia, come os- servato nelle conclusioni assunte il 1^ maggio 2001 dal Gruppo pluri- disciplinare istituito in ambiti U.E. in tema di criminalità organizzata, tale conoscenza sconta tuttora difficoltà di approccio non solo nozio- nistico, ma anche culturale.

Eppure (come osservato nella nota preliminare del programma del corso “La cooperazione giudiziaria in materia penale: le proble- matiche di linguaggio giuridico” – cfr. infra –) l’opzione è anche di ti- po, non solo efficientistico, ma garantistico.

Si pensi al controllo che la conoscenza delle lingue consente al magistrato circa l’effettivo rispetto, a garanzia dell’accusato in stato di arresto (poi estesa a qualsiasi indagato di lingua straniera) del fonda- mentale dettato dell’art. 6 della Convenzione Europea dei Diritti del- l’Uomo, che gli riconosce il fondamentale diritto ad essere informato, nel più breve termine, e in una lingua che esso comprenda, delle ra- gioni del suo arresto e di ogni accusa mossa nei suoi confronti.

Si pensi, tornando a quanto preliminarmente osservato, a quanto tale conoscenza sia importante, anche solo dal punto di vista del com- pletamento degli strumenti di una cultura giuridica pur, se si vuole, sganciata dalle pratiche esigenze della cooperazione.

Peraltro i sistemi giudiziari dei Paesi dell’Unione aspirano ormai a formare la c.d. Europa dei Diritti, anche e soprattutto a seguito del- l’approvazione della Carta dell’Unione, proclamata il 7 dicembre 2001,

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le cui solenni dichiarazioni di principio hanno di fatto iniziato a ri- verberarsi quantomeno nella dialettica processuale della giurispru- denza comunitaria.

Tale aspirazione fonda ormai sul riconoscimento unanime di al- cuni valori giuridici come comuni ed imprescindibili per lo spazio co- mune europeo (art. 47 della Carta – diritto ad un ricorso effettivo e ad un giudice imparziale –; art. 48 – presunzione di innocenza e diritti della difesa –; art. 49 – principi di legalità e di proporzionalità dei rea- ti e delle pene –; art. 50 – diritto di non essere giudicato o punito per due volte per lo stesso reato, già introdotto, in ambiti ristretti, ma vin- colativi, dall’Accordo di Schengen –); e di non poco conto è il dato che la formalizzazione dell’esigenza di unificazione si inserisce in una tra- dizione normativa che, non solo in ambiti strettamente europei, si connota, da epoche risalenti, della continua trasmigrazione di istituti da una cultura giuridica all’altra.

Se infatti, ad esempio, già nell’anno 1789, la Francia adottò le li- nee generali del sistema della giuria inglese, ebbene, molto più tardi (nel 1985) ma con effetti innovativi non inferiori, in Inghilterra si è ini- ziato a colmare il divario in ambiti U.E., rispetto alla figura del Pub- blico Ministero, con l‘istituzione del Crown Prosecution Service; l’Ita- lia, poi, nel 1989, ha iniziato un avvicinamento allo adversary trial di matrice anglosassone che ha condotto, nel 2000, alle note sostanziali modifiche della stessa Carta Costituzionale; la Francia, con legge 15.6.2000 (legge sulla presunzione di innocenza e sulla protezione del- le vittime nel processo penale) ha introdotto non meno importanti principi di garanzia che, sotto molti versanti (primo fra tutti, quello sul contraddittorio nel processo penale) sembrano echeggiare lo stes- so dibattito – oltre che rispondere alle stesse istanze – che ha accom- pagnato l’introduzione dell’art. 111 Cost. nel suo nuovo testo.

Ma lo studio di tali sistemi evidenzia, contemporaneamente, che l’evoluzione degli stessi non è caratterizzata da linee di tendenza sem- pre coerenti ed univoche.

A fronte di un’evoluzione processuale del sistema francese, orien- tata anch’essa (in adesione ai principi ed alla previsioni normative della già citata legge del 15.6.2000) verso i principi attuativi del con- traddittorio nel processo penale, vanno registrati, nell’ambito del si- stema inglese, sintomi di allontanamento dal principio del contrad- dittorio, quantomeno a favore di categorie di testimoni protetti (mi- nori di età).

Il che peraltro conferma l’esigenza di seguire, “in fieri” e senza la necessità di intermediazioni, il processo evolutivo in corso, pena an-

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che il rischio di assumere, come modello per riforme interne, istituti superati nelle culture e nell’ordinamento d’origine.

La possibilità di diretto accesso alle fonti del diritto straniero, in lingua originale, potrebbe allontanare tale pericolo; ma è pur vero che è la stessa conoscenza linguistica a dover essere costantemente ag- giornata.

Ed infatti, nonostante i tentativi di classificazione degli stili lin- guistici, questi ultimi sfuggono a rigidi parametri.

V’è pure chi (seguendo l’illustre precedente ravvisabile in “La na- scita della coscienza” di A. R. Lovelock) ritiene ad esempio che la lin- gua delle regole legali nell’ambito delle culture forgiate su di una tra- dizione prettamente orale, sia di tipo prettamente situazionistico (Se un uomo uccide un altro uomo sarà punito); che quella invece delle culture di tradizione più prettamente agganciate alla regola scritta tenda all’astrazione (l’omicidio è un crimine e sarà punito); mentre, in ambiti religiosi, la norma etica è indirizzata ai destinatari come un co- mandamento personalizzato della divinità (Tu non ucciderai).

Ma le riflessioni in merito, per quanto profonde e certamente provviste di una solida base storico sociologica, devono costantemen- te fare i conti con la mutevolezza del linguaggio e quindi con la sua non incasellabilità ad oltranza in schemi predefiniti. Ed infatti (cfr. an- che la nota di presentazione al corso sui linguaggi giuridici) l’evolu- zione linguistica – in ossequio ai dettami delle regole di comunicazio- ne persuasiva – risulta sempre più indirizzata verso modelli di tipo si- tuazionistico, anche per i sistemi a tradizione legale scritta (cfr., pro- prio con riferimento all’omicidio, l’art. 138 del nuovo codice penale spagnolo del 1995).

2. La conoscenza delle lingue e dei linguaggi giuridici a fronte della normazione dell’Unione e delle esigenze di cooperazione internazionale

L’esigenza è tanto più pregnante ove si tenga conto di alcune ca- ratteristiche che il fenomeno di unificazione europea inizia a presen- tare, quasi come connotati tipici.

Come già infatti osservato nell’ambito del programma dell’incon- tro penalistico “Acquisizione e valutazione della prova nei Paesi del- l’Unione Europea” (Roma, 22-24 marzo 2001, cfr. infra) detto proces- so marcia speditamente non solo nell’ambito del primo pilastro (con riferimento alla giustizia civile) grazie ai poteri di normazione diretta

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dell’Unione, ma anche nel terzo (con specifico riferimento alla giusti- zia penale); e ciò, per una serie di motivi, fra i quali:

– la competizione europeistica fra gli Stati;

– precise caratteristiche delle pattuizioni internazionali;

– l’elasticità processuale di alcuni ordinamenti.

Quanto al primo punto, accade che la massima autonomia rico- nosciuta agli Stati nel settore (riducendo l’impatto delle esigenze di tu- tela delle sovranità statuali) possa esaltare le istanze di prestigio e, so- prattutto, di credibilità, connesse al processo di integrazione. Pertan- to, anche le dichiarazioni di principio, accompagnate (secondo quella che sta diventando una connotazione tipica delle pattuizioni traenti origine dall’Unione) dall’indicazione di cadenze ben precise di attua- zione, fruiscono di un’apparenza di vincolatività, non solo connessa alla forza etica che dalle stesse promana, ma determinata anche dalla valenza del giudizio di “affidabilità europeistica” dei Paesi dell’Unio- ne. Le dichiarazioni di principio e gli accordi internazionali fruiscono di concreta attuazione normativa, in tempi rapidissimi rispetto a quel- li del passato. Esempio ne è il processo di attuazione degli importanti capisaldi delle conclusioni di Tampère (in particolare, il progetto Eu- rojust) nonché l’accelerazione del processo di attuazione delle con- venzioni anticorruzione dell’Unione Europea (Bruxelles, 2 maggio 1997; Parigi, 17 dicembre 1997) attraverso la legge 29 settembre 2000 n. 300); il che, come già evidenziato, fa anche sì che le iniziative di stu- dio e confronto acquisiscano una evidente idoneità a sbocchi operati- vi, che ne ha imposto l’accentuazione del taglio pragmatico, modulato su concrete esigenze.

Con riferimento al secondo punto (incentrato sulle concrete ca- ratteristiche delle pattuizioni internazionali) va analogamente osser- vato che il rinvio che queste ultime sovente effettuano a fonti vinco- lanti conferisce alle stesse autorevolezza e crismi di vincolatività, an- che quando siano volutamente congegnate come mere, per quanto so- lenni, dichiarazioni di principio.

Si pensi in proposito all’art. 52 co. 3 della Carta dei diritti dell’U- nione Europea, in base al quale, in caso di dubbio, la interpretazione di alcuna delle sue norme non potrà mai fornire, ai Diritti dell’Uomo, uno standard di garanzie inferiore a quelle tutelate dalla Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo; ebbene, anche in forza di tale rinvio ad una fonte, la cui vincolatività non è più in discussione negli Stati che vi aderiscono, accade che il complesso normativo della Carta assurga quantomeno alla dignità di canone interpretativo di peculiare autore-

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volezza internazionale, suscettibile di orientare il diritto degli Stati membri, anche e soprattutto attraverso un’interazione con il giudizio di costituzionalità – laddove previsto – di norme interne che, diretta- mente o indirettamente, coinvolgano valori tutelati dalla Carta.

Quanto al terzo punto di riflessione (incentrato sulla tendenziale elasticità delle forme procedimentali che presentano alcuni ordina- menti) va evidenziato che tale caratteristica fa sì che determinate pre- visioni, promananti da accordi internazionali (ad es. quelle relative al- l’acquisizione della prova in Stato estero, attraverso videoconferenza internazionale: art. 10 della nuova Convenzione Europea di assistenza giudiziaria) benché non ancora in vigore, in quanto derivanti da fonti in attesa di ratifica da parte dei Parlamenti nazionali, siano state già di fatto applicate in concrete esperienze giudiziarie di Stati come Francia e Spagna, anche in sede di cooperazione internazionale e sulla base di esperienze svolte, de iure condito, da altri Paesi, fra cui l’Italia.

Proprio di tali esigenze, va detto, ha tenuto già conto l’attività di formazione svolta, in particolare, il 28 novembre 2000, nell’ambito dell’incontro di studi “Workshop in videoconferenza nei processi di criminalità organizzata”, nel corso del quale la simulazione di un’e- sperienza processuale di cooperazione penale si è realizzata attraver- so la reale instaurazione di videoconferenza internazionale fra l’Italia, la Germania e la Francia.

Il breve cenno ad alcune connotazioni del processo di unificazio- ne (richiamate anche nei programmi di seguito riportati) consente al- lora di evidenziare, in conformità alle premesse, l’esigenza di seguire in fieri l’evoluzione degli ordinamenti degli Stati europei, fruendo au- spicabilmente di un diretto, personale patrimonio di conoscenze di linguaggio giuridico, oltre che di conoscenza dei sistemi, in una posi- zione che, anche affrancandosi dall’intermediazione dell’interpretaria- to e della traduzione (utili strumenti, purchè non esclusivi, né condi- zionanti) possa operare in una prospettiva di qualificata supervisione della stessa.

Di tali esigenze si è particolarmente fatto carico il già citato corso, svoltosi nello scorso giugno, avente ad oggetto le tematiche di lin- guaggio giuridico inglese e francese.

Come evidenziato nella relativa nota di presentazione, attraverso detto incontro di studi, l’iniziativa di formazione europeistica ha inte- so tirare le fila dell’attività svolta, sia nell’ambito della formazione teo- rica che in quello della formazione pratica, condotta con riferimento a concrete esperienze operative.

Si inseriscono nell’ambito della prima (formazione teorica) inizia-

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tive quali quelle realizzate con il corso Grotius 99 (volto all’approfon- dimento dei nuovi istituti della cooperazione internazionale) ed il cor- so Grotius 2001 (volto ad un approfondimento comparatistico delle le- gislazioni europee sul piano della formazione della prova); si ricolle- gano, d’altro lato, alla seconda (formazione di taglio più squisitamen- te operativo) le iniziative svolte con i corsi Falcone 2000 (approfondi- mento del contrasto transfrontaliero previsto dall’Accordo di Schen- gen) Grotius 2000 (Workshop in videoconferenza nella cooperazione internazionale) e Falcone 2002 (approfondimento della tematica del mandato di arresto europeo e, più in generale, degli strumenti di con- trasto della mobilità della criminalità).

Il corso è stato preceduto da una fase di preparazione, che ha con- dotto all’elaborazione di un “glossario penale” ragionato, con riferi- mento al lessico giuridico italiano, francese ed inglese (il cui testo – privo di alcuna pretesa di completezza e, soprattutto, infallibilità – è integralmente pubblicato infra); esso si è rivelato utile per l’approfon- dimento delle rispettive tematiche, anche nell’ambito delle esercita- zioni svolte.

Nell’ambito dell’incontro, a relazioni mattutine comuni, aventi ad oggetto la conoscenza di specifici aspetti sistematici dei citati ordina- menti, sono stati abbinati moduli formativi che, suggeriti dalle esi- genze specifiche di un corso linguistico, sembrano avere mostrato ri- svolti di ulteriore, più generale, interesse.

Si è trattato, in particolare, dei seguenti:

a) Esercizi di comprensione linguistica

Iniziati al termine delle sessioni mattutine e ripresi all’inizio delle sessioni pomeridiane del corso, sono stati realizzati tramite l’ascolto di registrazioni di brani di letteratura e teatrali inglesi e francesi, ri- guardanti tematiche direttamente connesse a quella del seminario.

Prima dell’ascolto è stato fornito ai partecipanti l’elenco (in italiano) di key-words di rilevanza legale, invitandoli al riconoscimento auditi- vo delle corrispondenti in lingua straniera.

A solo titolo di esempio, fra i molti termini di rilevanza legale pre- senti nei testi ascoltati (selezionati in sede di preparazione del corso) si segnalano, ad es., fra i numerosi presenti nel testo della riduzione della tragedia Julius Caesar di William Shakespeare (che è stato fra gli altri utilizzato) i lemmi: “murder”, “conspiracy”, “will”.

La ricognizione di tali lemmi (forniti in italiano prima dell’ascol- to del brano) ha costituito, dopo l’ascolto, motivo di felice interazione

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fra i partecipanti e gli esperti di linguaggio giuridico, sia sull’esito del- la “ricognizione fonetica” sia sulle implicazioni terminologiche e sin- tattiche del vocabolo (sono state ad esempio approfondite, quanto al termine “murder”, non solo la nota differenza rispetto al c.d. “man- slaughter”, ma anche il lessico ed il regime delle “aggravating and mi- tigating circumstances”, le distinzioni, quanto all’elemento soggettivo del reato, fra “mens rea” “malice aforethougth” “guilty act”.

Analogamente è avvenuto per le numerose altre esercitazioni di comprensione linguistica.

Altrettanto è accaduto quanto alle esercitazioni sul linguaggio francese; fra i numerosi in proposito utilizzati, si segnala il testo di narrativa francese “Therèse Desqueiroux”, di François Mauriac, che si apre con il dialogo fra un avvocato ed il genitore della protagonista, quest’ultima “accusée” del reato di tentato omicidio del coniuge, dia- logo intercorso immediatamente dopo lo “acquittement” della stessa, e caratterizzato dalla descrizione delle fasi del processo precedenti.

Le finalità di tale metodo sono state quelle di:

– Esercitare la comprensione linguistica con riferimento alla lin- gua straniera elettiva.

– Fornire spunti per l’approfondimento di tematiche direttamente connesse all’oggetto del seminario.

– Realizzare, pur nei limiti dell’iniziativa, un approccio di più am- pio respiro verso le lingue straniere, che possa alimentare le idealità culturali dello studio delle lingue, sì da stimolarne il prosieguo al di là dei confini temporali del seminario.

– Garantire che i difficili meccanismi che presiedono all’apprendi- mento delle lingue e del linguaggio giuridico, potessero fruire del con- testo emozionale ed immaginifico che, interagendo con i registri uditi- vo e visivo, garantiscono la persistenza delle acquisizioni e l’innesco dei meccanismi di memorizzazione a lungo termine, senza i quali lo studio delle lingue rischia di realizzare una sterile esercitazione accademica.

b) Esercitazioni sul linguaggio giuridico

Nella stessa logica sono state svolte le esercitazioni scritte,su te- matiche sia di diritto penale processuale che di diritto penale sostan- ziale (è da dire che il corso su tematiche civilistiche non è stato per il momento finanziato dalla Commissione Europea, ma la sensibilità circa le esigenze di formazione anche in tale settore è ben desta in se- de consiliare).

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Sono state guidate da esperti di inglese e francese giuridico e rea- lizzate in parallelo con le relazioni (spesso, anzi, sono state impostate sui contenuti di queste ultime, allorché il relativo testo è pervenuto al C.S.M. con sufficiente anticipo).

Sono state svolte dai partecipanti che le hanno affrontate (si noti) non individualmente, bensì in momenti di lavoro collettivo; si era in- fatti ben consapevoli della circostanza che le esigenze della coopera- zione necessitano dalla fuoriuscita da schemi di lavoro individuale, se si voglia sinergicamente ed efficacemente operare.

La verifica dei risultati dell’esercitazione è stata accompagnata da un’attività di approfondimento, stimolata nelle sue sfumature dalla ar- ticolazione dell’esercitazione sull’organizzazione tematica di quesiti a risposta multipla.

c) Intervento degli esperti linguistici

Il corso ha fruito della costante collaborazione di esperti di ingle- se e francese giuridico, che hanno collaborato con i relatori, nell’ap- profondire gli aspetti glottologici, sintattici ed idiomatici delle termi- nologie linguistiche.

Se, ad esempio, compito di un relatore, da un lato, è stato quello di spiegare la differenza di significato fra le espressioni conviction e sentence, entrambe connesse, ma con diversa valenza, al verdetto di colpevolezza nel diritto inglese (si segnalano in proposito le ricche ed esaustive relazioni del giudice Sean Overend e del barrister Mario Ad- dezio nonché, sul diverso versante francofono, quelle dei magistrati Dominique Sarcelet e di Laurence Vichnievsky) d’altro lato è stato compito dell’esperto linguistico affrontarne le sfumature sintattiche (verbi e fraseologia connessa, avverbi e preposizioni adeguate).

Ciò è parso opportuno rimarcare sin dal principio del corso (ed, ancor prima, nella nota di presentazione – cfr. infra) non al fine di esprimere divieti di sconfinamento, deleteri in un corso interdiscipli- nare, ma affinchè tutti coloro che collaboravano alla buona riuscita di un corso, di difficile realizzazione, anche perché sostanzialmente pri- vo di precedenti, avessero chiari i contributi qualificati che si attende- vano da ciascuno di essi.

Va precisato che l’impatto sui partecipanti della metodologia adottata è parso positivo, dal momento che gli stessi (tutti peraltro in possesso di documentata conoscenza della lingua straniera elettiva) hanno vivacemente interagito in lingua straniera con i relatori e gli esperti.

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3. Le tematiche affrontate negli incontri di studio internazionalistici

Esula dalle finalità di questa breve introduzione l’approfondita analisi delle specifiche tematiche affrontate negli incontri di studio.

Solo con riferimento al già citato incontro sulle tematiche di lin- guaggio giuridico è infatti sembrato opportuno fornire particolari cen- ni di inquadramento, non solo perché la metodica che lo ha caratte- rizzato ha potuto fruire delle esperienze maturate in quelli preceden- ti, ma anche perché lo stesso, per la sua stessa filosofia, tendeva a co- stituire un fondamentale momento di verifica delle impostazioni della formazione internazionalistica e di affinamento delle generali compe- tenze in merito.

D’altro lato, la realizzazione di detto incontro ha anche inciso sul- la fungibilità di questa pubblicazione, dal momento che ad essa è al- legato il “glossario penale”, la cui formazione ed utilizzo hanno, ri- spettivamente, accompagnato la preparazione e la realizzazione dell’i- niziativa di studio.

Peraltro, una approfondita disamina dell’attività internazionalisti- ca del C.S.M. (estesa alle ragioni della formazione nel settore ed alle sue finalità ideali, oltre che ai fondamenti dello spazio unico europeo in ambiti giudiziari) è contenuta nella “Relazione quadriennale sul- l’attività di formazione professionale” (cfr. capitolo 1^ lett. d e capito- lo 5^); alla stessa si rinvia sia per quanto attiene alla formazione civi- listica, che a quella penalistica.

Parimenti si rinvia a detta relazione quadriennale per quanto at- tiene all’attività svolta dal Consiglio Superiore della Magistratura nel- l’ambito della Rete Europea di formazione giudiziaria, Rete nella qua- le al C.S.M. è assegnata proprio la Presidenza del Gruppo Programmi (cfr. il capitolo 4^ par. C.2, fol. 314 e segg. di detta relazione).

Parimenti, quanto all’esigenza di approfondimento dei contenuti degli incontri e per approfondimenti relativi alla metodologia adotta- ta, si rimanda alle note preliminari, oltre che, quanto al primo punto, ovviamente alle relazioni di seguito riportate.

In ambiti civilistici non si può tuttavia omettere di rimarcare la ri- levanza di alcuni incontri di studio, organizzati anche in sintonia con le attualità del momento, in relazione alle innovazioni introdotte dal Trattato di Amsterdam, con particolare riferimento ai diritti fonda- mentali, al nuovo assetto dei pilastri dell’Unione, alle nuove compe- tenze della Corte di Giustizia ed agli effetti sul sistema delle conven- zioni; le discipline in materia di giurisdizione e riconoscimento delle

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sentenze nel sistema di Bruxelles e Lugano da un lato e nel sistema del diritto internazionale privato dall’altro (cfr. Incontro di studi “La coo- perazione internazionale in materia civile”, 21-23 giugno 1999);

le linee portanti ed il paradigma attuativo dell’incontro “Accesso alla giustizia, assistenza legale ai non abbienti e strumenti alternativi di risoluzione dei conflitti”, 28-30 settembre 2000;

l’attenzione posta verso gli schemi internazionali di ADR (Alter- native Dispute Resolution) dall’incontro “I procedimenti semplificati ed accelerati nelle controversie civili ed amministrative nei Paesi del- l’U.E.”, 15-17 aprile 2002.

Sul versante penalistico va parimenti segnalato il peculiare inte- resse delle tematiche della formazione della prova trattate nell’incon- tro “Acquisizione e valutazione della prova nei Paesi dell’Unione Eu- ropea” e nel già citato incontro sul linguaggio giuridico, in quanto og- getto di recenti, importanti riforme nel nostro ordinamento; nonché gli spunti di approfondimento connessi ai diversi spazi di discrezio- nalità riconosciuti all’Autorità giudiziaria nei diversi ordinamenti (cfr., oltre ai citati incontri, quelli di natura ordinamentale, di taglio sia ci- vilistico che penalistico) oltre che ai diversi punti di equilibrio rag- giunti nella contemperazione dei due cardini (efficienza e garanzie) del processo penale; va altresì particolarmente segnalata l’esperienza, già citata come emblematica dello sforzo di tutela delle garanzie nella massima efficienza, sfociata nel “Workshop in video conferenza inter- nazionale (cfr. in particolare la nota di presentazione e le questioni giuridiche affrontate nel corso della simulazione, il cui testo è pari- menti in allegato).

Ove poi si ritenesse utile un bilancio, anche sommario, in questa sede, dovrebbe allora tenersi conto dell’ampiezza e della complessità delle tematiche, ordinamentali e procedimentali, affrontate ad esem- pio nei corsi di impronta penalistica, connessi a svariate prospettive, così delineabili in estrema sintesi ed a titolo meramente esemplificati- vo, alla luce delle linee portanti dei programmi dei corsi:

a) il raffronto tra la peculiare gerarchizzazione dell’ufficio del Pubblico ministero, che caratterizza alcuni Stati (in particolare, Ger- mania e Francia) e la maggior autonomia che ne caratterizza la fun- zione in altri (fra cui l’Italia);

b) i rapporti fra le carriere giudicanti ed inquirenti, fra sostanzia- le unitarietà delle stesse (ordinamento italiano e francese) e separa- zione (ad es. in Inghilterra e in Spagna);

c) i principi attinenti alla discrezionalità dell’azione penale (vi-

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gente in Francia e, anche se con minore ampiezza, in Inghilterra) ov- vero di obbligatorietà (Spagna ed Italia);

d) sul versante processuale, i principi regolanti l’acquisizione di dichiarazioni nel corso delle indagini, con i necessari riferimenti al- l’influenza delle stesse sulla fase del successivo giudizio, ed all’analisi degli strumenti di ricerca ed acquisizione della prova irripetibile: so- pralluoghi, perquisizioni e prelievo di reperti; sequestri ed intercetta- zioni; così la perquisizione, nella sua natura di strumento invasivo del- la libertà personale, di maggior impatto sui diritti della persona, è sta- ta inquadrata, alla luce dei presupposti legittimanti negli Stati euro- pei, fra i due estremi costituiti, da un lato, dal “fondato motivo di ri- tenere” che il corpo del reato o cose ad esso pertinenti siano reperibi- li tramite essa (art. 247 cpp vigente in Italia) e, dall’altro, dal più am- pio presupposto della perquisizione, costituito dalla utilità dell’atto al- lo scopo dello “accertamento della verità”, di cui all’art. 94 cpp vigen- te in Francia;

e) parimenti, spunti di riflessione sono stati ravvisati nella disci- plina delle intercettazioni di conversazioni, fra il rigore caratterizzan- te la normativa italiana e la maggior libertà di quella di altri Paesi;

f) particolare rilevanza è stata inoltre attribuita all’approfondi- mento della disciplina giuridica dell’acquisizione di reperti, compor- tante attività invasive della persona, anche alla luce della raccoman- dazione del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa N.R.(92) 1 del 10 febbraio 1992 (n. 40);

g) costante attenzione inoltre, nell’ambito dei seminari, è stata ri- volta – soprattutto a seguito della riforma costituzionale che ha modi- ficato l’art. 111 della Costituzione della Repubblica italiana – agli op- portuni paralleli fra il principio del giusto processo (come introdotto nella nostra Costituzione con l. Cost. 23.11.99, n. 2), da analizzare an- che alla luce della fonte ispiratrice, costituita dall’art. 6 CEDU, ed il principio del “fair trial” di cui, già da epoca risalente tiene conto la giurisprudenza del Regno Unito (cfr. art. 39 della Magna Charta);

h) ha parimenti costituito un passaggio obbligato di momenti fon- damentali delle esperienze di studio l’analisi dei fondamenti dei prin- cipi in tema di valutazione della prova nei diversi ordinamenti euro- pei, fra l’ampia espansione del principio della libertà del convinci- mento del giudice, caratterizzante l’ordinamento francese (il giudice decide sulla base della sua “intime convinction”, art. 427 cpp, ed inol- tre non è obbligato a dar conto delle prove che non prende in consi- derazione) ed i particolari limiti che caratterizzano il pur, in linea ge- nerale, libero convincimento del giudice nell’ordinamento italiano (in

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particolare, art. 192 cpp, in tema di valutazione delle dichiarazioni dei c.d. “collaboratori di giustizia” e art. 546 cpp, per cui la sentenza deve contenere anche l’enunciazione delle ragioni per le quali il giudice ri- tiene non attendibili le prove contrarie);

di particolare rilievo, tra l’altro, nella prospettiva in argomento, nell’ordinamento inglese, il valore di prova legale della confessione (quando possa escludersi che sia stata resa sotto qualsivoglia condi- zionamento) ed anche l’attitudine del silenzio ad essere valutato “con- tra reum”, a determinate condizioni;

i) è emerso inoltre, come meritevole di particolare interesse, il profilo del grado di discrezionalità estremamente più ampio ricono- sciuto all’azione giudiziaria dagli ordinamenti inglese e francese, in particolare per quanto riguarda il regime delle prove.

Emblematico, in proposito, è apparso il testo di alcune norme di altri ordinamenti.

Il riferimento riguarda l’art. 171 del codice di procedura penale francese (in vigore dal ’59) e l’art. 78 del Pace (Police and criminale evidence act).

Trattasi di norme che contengono una disciplina della nullità, in particolare per quanto attiene alle prove, in alcuna misura paragona- bile a quella prevista dal codice di procedura penale italiano, impron- tato sulla tutela, oltre che dei contenuti, anche delle forme, che non trova riscontro in detti ordinamenti.

L’art. 171 del codice di procedura penale francese prevede infatti che “Il y a nullité lorsque la méconnaissance d’une formalité substan- tielle prévue par une disposition du présent code ou toute autre di- sposition de procédure pénale a porté atteinte aux intérets de la partie qu’elle concerne”.

L’art. 78 Pace, nella stessa logica sostanzialistica, e con analoga ampia concessione di discrezionalità al giudicante, prescrive: “In any proceedings the court may refuse to allow evidence, on which the prosecution proposes to rely, to be given, if it appears to the court that, having regard to all the circumstances, including the circumstances in which the evidence was obtained, the admission of the evidence would have such and adverse effect on the fairness of the proceedings that the Court ought not to admit it..” (va ricordato che, quanto alla con- fessione illegittimamente ottenuta, l’esclusione è invece obbligatoria, ai sensi della Section 76).

Ove si evidenzi che trattasi di ordinamenti processuali di matrice opposta, e tuttavia provvisti di rilevanti analogie di impostazione del-

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la tematica ora esaminata, e si consideri, altresì, quanto, dai caratteri comuni ad entrambi, si distacchi il nostro sistema processuale (im- prontato all’irrilevanza, in connessione alla tematica dell’invalidità della prova, dei riflessi sostanzialistici delle violazioni, nei riguardi dell’interesse in concreto protetto); ove si consideri che, ad analogo so- stanzialismo è improntata la giurisprudenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, con particolare riferimento alle violazioni dell’art. 6 di detta Convenzione, appaiono allora evidenti i peculiari connotati del nostro sistema nonché gli spunti di estremo interesse che conse- guenzialmente presenta sia la comparazione degli istituti, sia il pro- cesso di unificazione in ambiti europei; con essi, si delineano le ragio- ni della peculiare attenzione che il Consiglio Superiore della Magi- stratura ha rivolto verso il settore.

Non diverse le riflessioni quanto alla prospettiva di contempera- mento fra efficienza e garanzie nel processo.

Emblematica, a fronte della normativa vigente in altri Paesi (in tal caso, in particolare, nel Regno Unito) la lacuna ormai persistente nel nostro ordinamento processual penalistico, sotto il profilo della ricer- ca della prova, con particolare riferimento al prelievo ed all’analisi del- le tracce biologiche del reato.

A fronte di una disciplina che, ad esempio nel Regno Unito, con- sente di trarre, dal rifiuto dell’accusato di sottoporsi al prelievo di “in- timate samples” (sangue, urina, sperma etc. cfr. Section 65 Pace) ele- menti favorevoli all’accusa (Section 62) di contro nel nostro ordina- mento perdura invece una totale lacuna in proposito, a seguito della dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 224 co. 2 cpp, con senten- za n. 238/96.

Va rimarcato che trattasi di lacuna che può essere colmata, dal momento che la Corte Costituzionale non ha ritenuto incompatibile in assoluto con la Costituzione il prelievo coattivo di campioni biologici, ma unicamente un metodo che, secondo le generiche previsioni del- l’art. 224 cpp, sembrava autorizzarlo indiscriminatamente, senza te- ner conto della circostanza che ogni limitazione della libertà persona- le, ai sensi dell’art. 13 Cost., incontra, quanto ai “casi” ed ai “modi” di attuazione, una rigida riserva di legge; riserva che l’art. 224 co. 2 cpp sicuramente violava ma che un’attenta riformulazione dello stesso cer- tamente non mancherebbe di rispettare.

L’esperienza di altri Stati dell’Unione nel settore – che l’attività di formazione svolta ha consentito di saggiare – potrebbe allora – in se- de applicativa di eventuali future scelte legislative – costituire un vali- do punto di riferimento per orientare gli spazi decisionali nella deli-

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cata materia; un punto di riferimento con il quale, anche grazie alla possibilità, già da tempo perseguita, di attingere ad una formazione giudiziaria europea, la sensibilità culturale della magistratura italiana è sicuramente pronta a confrontarsi.

Roma, 19.7.2002

Armando D’Alterio

Componente del Comitato Scientifico – C.S.M.

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LA FORMATION INTERNATIONALISTE DES MAGISTRATS

1. Les raisons de la publication

Les raisons de la publication d’un cahier du C.S.M., résumant les rapports établis lors des réunions d’études centrées essentiellement sur la coopération internationale, apparaissent évidentes.

En effet, il est indispensable de reconnaître l’importance incon- testable de la connaissance des systèmes judiciares, du régime de la preuve, des garanties, et des instruments procéduraux des systèmes étrangers, aussi bien du point de vu de la stimulation à une coopéra- tion judiciaire, que dans une prospective plus ample tournée vers les conditions et fondements de la création effective d’un espace juridique européen, fondé non seulement sur les valeurs communes de référen- ce, mais aussi sur les institutions et les pratiques, applicables et inter- prétatives, tendant à l’homologation.

Les raisons du choix de publier les communications en langue étrangères sont moins évidentes, à l’exception de celles en allemand, dans la langue originale.

A ce propos, il est à préciser que, bien loin de l’idée de cultiver un projet élitiste, destiné aux seuls magistrats possédant un haut niveau de connaissance des langues, ce choix vise à permettre, à tous ceux qui ont une connaissance de niveau moyen, de disposer des documents pouvant constituer, non seulement une source d’informations sur les systèmes et sur les règlements substentiels et procéduraux des autres pays, mais aussi et surtout, une source d’informations actualisée, de façon lexicale, et synthétique, relatives aux systèmes procéduraux et substantiels étrangers, et dont les explications ne se trouvent pas dans les dictionnaires de langage légal. Tout ceci, afin de stimuler la consul- tation et l’étude des textes de langue étrangère, en gardant présent à l’esprit l’insuffisance de la seule connaissance des systèmes, face à un lexique judiciaire qui, en parallèle avec différentes traditions histo- riques et culturelles, pose un problème de compréhension insurmon- table à travers les seules notions linguistiques ordinaires.

Même au niveau de l’interprétation des traités internationaux, se pose de plus en plus souvent le problème de la connaissance du lan- gage juridique, propre à la langue étrangère, (en particulier des deux langues dans lesquelles les actes normatifs et les conventions interna-

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tionales sont rédigés). Cette connaissance se compose, non seulement, de la traduction en italien des phonèmes du lexique judiciaire étran- ger, mais aussi de la conscience (due à la culture qui se veut propre au juriste européen) que certains termes ne sont pas traduisibles, et qu’ils peuvent être source d’équivoques, et ce, à cause de la diversité des sys- tèmes et des institutions; et de la conscience (en particulier dans le cadre des travaux sur les langages juridiques) que la connaissance de la terminologie, prise hors du contexte de référence est absolument in- suffisante et source d’erreurs et de quiproquo.

Par conséquent, la formation judiciaire internationale, et plus en- core, l’activité législative internationale elle-même, ne peuvent pas être exclusivement confiée à la seule interprétation technique et spéciali- sée; en fait l’apport direct du juriste européen est nécessaire, (au moins en terme de supervision qualifiée).

La récolte des textes en langues étrangère (communications, mais aussi sources normatives), accompagnée du programme de présenta- tion des réunions d’études respectives, peut répondre à la nécessité de permettre (en plus de la diffusion de la connaissance des systèmes des autres pays de l’Union) l’approfondissement des contextes de référen- ce, souvent très différents de celui italien.

Par ailleurs, Les textes, qui respectent les exigences de présenta- tion, aux magistrats de nationalité différente, des systèmes respectifs, apparaissent plus compréhensibles que les publications spécialisées à usage national.

L’exigence est particulièrement accrue par le rythme pris par le processus de rapprochement des systèmes, dans le cadre d’un espace judiciaire européen commun.

La référence tient compte de l’approbation, en décembre de l’an- née dernière, de la Décision Cadre du Conseil U.E, au sujet du mandat d’arrestation européen et de ses effets, en terme d’accélération des temps, de la nouvelle procédure par rapport à la procédure d’extradi- tion.

En parallèle à la nouvelle institution, apparaît la nécessité d’un contact direct et constant entre l’autorité judiciaire de l’Etat d’émis- sion du mandat d’arrêt et celle de l’Etat d’exécution. Dans ce sens, il faut aussi réévaluer l’objectif juridique, constitué de la reconnaissan- ce – selon la Décision Cadre – en faveur de la personne soumise à l’ordre d’arrestation international, aussi bien des instruments de pour- suite reconnus dans l’Etat où siège l’autorité émettrice, que des ins- truments reconnus dans l’Etat où a lieu l’excécution de celle-ci.

Des exigences analogues se rattachent à la prochaine entrée en vi-

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gueur de la nouvelle Convention d’assistance judiciaire internationale, approuvée le 29.5.2000; il s’agit de la possibilité, que cette dernière consent à l’autorité rogatoire, de réclamer que l’acte à exécuter en ter- ritoire étranger soit réalisé selon les formes indiquées par celle-ci, ce qui,jusqu’alors, était entravé pour l’Etat réclamant; cette possibilité s’inscript dans une perspective complétement opposée à la discipline émanant de la Convention de 1959, et dépassée par la nouvelle Convention.

Par ailleurs, les trois règlements approuvés en l’an 2000, dans le cadre des pouvoirs de normalisation représentant le pilier du droit Ci- vil de l’Union (concernant le mariage, la notification des actes judi- ciaires et la procédure d’insolvabilité) créent – contrairement au cadre pénal soumis à la coopération entre Etats et à la normalisation des Conventions internationales – un espace judiciaire commun, effectif qui se concilie mal avec les obstacles de communication liés à la mé- connaissance des langues.

La connaissance des langues étrangères apparaît donc, dans le cadre du patrimoine professionnel du juriste européen, comme un ins- trument indispensable à la coopération internationale. De plus, d’aprés les conclusions apportées le 1^ mai 2001 par le groupe pluri- disciplinaire institué dans le cadre de l’U.E. au sujet de la criminalité organisée, une telle connaissance réduit les difficultés d’approche su- perficielles, mais aussi culturelles.

Cette option est même efficace et garantie, (comme il est observé dans la note préliminaire du programme du cours “la coopération ju- diciaire en matière pénale: les problèmes de langage juridique ” – cfr.

infra –).

Le contrôle de la connaissance des langues permet au magistrat le respect effectif, de la garantie pour l’accusé en état d’arrestation (éten- due par la suite à tout suspect de langue étrangère) de l’énoncé de l’ar- ticle 6 de la Convention européenne des droits de l’homme, lui recon- naissant le droit fondamental d’être informé, dans les plus brefs délais, et dans une langue qu’il puisse comprendre, des raisons de son arres- tation et de chaque accusation établie à son encontre.

Au regard de ce qui a été préalablement osbervé, une telle connais- sance est aussi importante du point de vu du complément des instru- ments d’un culture juridique, qui se détache des exigences pratiques de la coopération.

De plus, les systèmes judiciaires des pays de l’Union aspirent, dé- sormais, à former la c.d. Européenne des Droits, surtout à la suite de l’approbation de la Charte de l’Union, proclamée le 7 décembre 2001.

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Au regard de celle-ci, les déclarations solennelles de principe ont com- mencé à se référer à la dialectique procédurale de la jurisprudence communautaire.

Une telle aspiration se fonde désormais, sur la reconnaissance unanime de certaines valeurs juridiques comme étant communes et incontournables pour l’espace européen commun (art. 47 de la charte:

– droit à un recours effectif et à un jugement impartial; art. 48: – pré- somption d’innocence et droits de la défense; art. 49: – principes de lé- galité et de proportionalité des délits et des peines; art. 50: – droit à ne pas être jugé ou punis 2 fois pour le même délit, déjà introduit, de ma- nière restreinte par les Accords de Schengen); et par la prise en comp- te du fait que la formalisation des exigences d’unification s’inscrit dans une tradition normative qui, même en dehors du seul cadre européen, s’illustre, en remontant les époques, par une migration des institutions d’une culture juridique à l’autre.

En effet, par exemple, si en 1789, déjà, la France adopta les lignes générales du système juridique anglais, bien plus tard, (en 1985), mais avec des effets innovants, en Angleterre, on a commencé à réduire les décalages, dans le cadre U.E, concernant l’image du Ministère Public, avec l’institution du Crown Prosecution Service. Par la suite, l’Italie a démarré, en 1989, un rapprochement à l’adversary trial d’origine anglosaxone qui a conduit, en l’an 2000, aux modifications substan- tielles de la même Charte Constitutionnelle. La France, par une loi du 15.6.2000 (loi sur la présomption d’innocence et sur la protection des victime dans le procés pénal) a introduit des principes de garantie im- portants qui, sous de nombreux aspects (dont celui sur les contradic- toires dans le procés pénal) semblent retenir le même débat – autre que répondre aux mêmes instances – qui a accompagné l’introduction de l’art. 111 Cost. dans son nouveau texte.

Mais l’étude de ces systèmes met en évidence, le fait que l’évolu- tion de ceux-ci n’est pas caractérisée par des lignes de tendance tou- jours cohérentes et univoques.

Face à l’évolution procédurale du système français, orientée elle aussi (par adhésion aux principes et aux prévisions normatives de la loi déjà citée du 15.6.2000) vers des principes établis, du contradic- toire dans le procés pénal, on enregistre, dans le cadre du système anglais, des symptomes d’éloignement du principe du contradictoi- re, au moins, en faveur de la catégorie des témoins protégés (mi- neurs).

Tout ceci confirme la nécessité de suivre, sans obligation d’inter- médiations, le processus évolutif en cours, en prenant le risque de re-

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courrir, comme modèle de réforme, à des institutions dépassées dans les cultures et dans les systèmes d’origine.

La possibilité d’accés direct aux sources du droit étranger, en langue originale, pourrait éloigner un tel risque; mais il n’en reste pas moins vrai que cette même connaissance linguistique doit être constamment actualisée.

En fait, nonobstant des tentatives de classification des styles lin- guistiques, ces derniers échappent à des stricts paramètres.

Il faut retenir (suivant le précédent illustre, vu dans “ la naissance de la conscience ” de A. R. Lovelock) l’exemple que la langue des règles légales varie selon qu’elle soit dans le cadre des cultures fondées sur une tradition orale, tendant plutôt à une situation de type circonstan- tiel (Si un homme tue un autre homme il sera puni); alors que celle des cultures de tradition écrite tend vers l’abstraction (l’homicide est un crime et sera puni); et qu’enfin, dans le cadre religieux, la norme éthique est adressée aux destinataires comme un commandement per- sonalisé par la divinité (tu ne tueras point).

Mais les réflexions sur ce sujet, même si elles sont profondes et pourvues d’une solide base historico-sociologique, doivent constam- ment prendre en compte les mutations du langage qui ne permettent pas de le classer dans des schémas pré-définis. Et, de ce fait, (cf, note d’introduction au cours sur les languages juridiques) l’évolution lin- guistique – en respect des règles de communication persuasive – semble, toujours plus, se diriger vers des modèles de type circonstantiel, même pour les systèmes de tradition légale écrite (cf., l’article 138 du nouveau code pénal espagnol de 1995, dans sa référence à l’homicide).

2. La connaissance des langues et des langages face aux normes de l’Union et des exigences de coopération internationale

L’exigence est d’autant plus présente si l’on tiend compte de cer- taines caractéristiques typiques que le phénomène d’unification com- mence à présenter.

En effet, comme on l’a déjà noté dans le cadre du programme de rencontre pénaliste “Acquisition et évaluation de la preuve dans les pays de l’Union européenne”, (Rome, 22-24 mars 2001, cf, infra) le-dit processus fonctionne non seulement dans le cadre du premier pilier (avec référence à la justice civile) grâce aux pouvoirs normatifs directs de l’Union, mais aussi dans le tiers (avec une référence spécifique à la justice pénale); et ceci, pour une série de motifs, parmi lesquels:

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– la compétition européanisante entre les Etats;

– les caractéristiques précises des accords internationaux;

– l’élasticité procédurale de certains règlements.

Sur le premier point, il apparaît que l’autonomie maximum re- connue aux Etats dans le secteur (réduisant l’impact des exigences de tutelles des souverainetés statutaires) pourrait exalter les instances de prestige et, surtout, de crédibilité, liées au processus d’intégration.Par conséquent, même les déclarations de principe, accompagnées (selon ce qui est en train de devenir une connotation typique des accords entre organismes originaires de l’Union) de l’indication de la cadence de la mise en place, enjendrent une apparence de contrainte, non seu- lement liées à leur propre force éthique, mais aussi déterminée par la valeur du jugement de “fiabilité européenne” des pays de l’Union. Les déclarations de principe et les accords internationaux enjendrent une mise en place normative concrète, dans des délais brefs par rapport à ceux du passé. Un parfait exemple est donné avec le processus de mi- se en place des points importants des conclusions de Tampère (en par- ticulier, le projet Eurojust), à savoir l’accélération du processus de mi- se en place des conventions anti-corruption de l’Union européenne (Bruxelles, 2 mai 1997; Paris, 17 décembre 1997) à travers la loi du 29 septembre 2000, n° 300); ce qui, comme on l’a déjà noté, fait que les initiatives d’étude et de confrontation gagnent une aptitude pour des débouchés opérationnels, imposés par l’accentuation du mélange pragmatique, modulé sur des exigences concrètes.

En ce référant au second point, (centré sur les caractéristiques concrètes des accords internationaux) on observe de façon ana- logue, que le renvoi de ces dernières, souvent effectué à des fins contraignantes, confère à celles-ci une autorité et une légitimité, même lorsqu’elles sont volontairement rattachées aux déclarations de principe.

Si l’on réfère à l’article 52, al. 3 de la Charte des droits de l’Union européenne, en cas de doute, l’interprétation de certaines de ses normes ne pourrat jamais fournir, aux Droits de l’homme, un standard de garanties inférieur à celles protégées par la Convention européen- ne des Droits de l’homme; et bien, même à la force de ce renvoi à une source dont la contrainte n’est plus en discussion dans les pays qui y adhèrent, il apparaît que le complexe normatif de la Charte dépend des canons interprétatifs caractéristiques de l’autorité internationale, susceptibles d’orienter le droit des Etats membres, notamment à tra- vers une interaction avec le jugement de constitutionalité de normes

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internes qui, directement ou indirectement, impliquent les valeurs tu- télaires de la Charte.

Pour ce qui est du troisième point de réflexion, (centré sur les ten- dances à l’élasticité des formes procédurales que présentent certains règlements) il est à noter que ces caractéristiques font que des prévi- sions déterminées, provenant d’accords internationaux (notamment celles relatives à l’acquisition de la preuve dans un Etat étranger, à tra- vers des conférences vidéo internationales: art. 10 de la nouvelle Convention européenne d’assistance judiciaire) non encore en vigueur, car dérivées de source en attente de ratification de la part des Parle- ments nationaux, sont déjà applicables de fait, dans des expériences judiciaires concrètes des Etats comme la France et l’Espagne, même en lieu de coopération internationale et sur la base des expériences dé- veloppées, de iure condito, par d’autres pays, parmi lesquels l’Italie.

On tient déjà compte de ces exigences, notamment lors de la for- mation qui s’est déroulée, le 28 novembre 2000, dans le cadre des ré- unions d’études “Workshop en conférence vidéo dans les procés de cri- minalité organisée”, au cours de laquelle la simulation d’une expé- rience procédurale de coopération pénale s’est réalisée à travers l’ins- tauration d’une conférence vidéo internationale entre l’Italie, l’Alle- magne et la France.

Un bref aperçu de certains aspects du processus d’unification (re- portés aussi dans les programmes cités ci-aprés) permet d’identifier, en conformité aux préambules, la nécessité de suivre attentivement l’évolution des réglements des Etats européens, en se servant du patri- moine personnel de connaissance du langage juridique, ainsi que de la connaissance des systèmes, suivant une position qui, s’affranchissant de l’interaction de l’interprétation et de la traduction (instruments utiles, pourvu qu’ils ne soient ni exclusifs, ni conditionants) pourrat opérer dans une perspective de supervision qualitative de cette der- nière.

Cette nécessité a déjà était envisagée lors du cours, précédemment cité, qui s’est déroulé en juin, et qui avait pour objet le langage juri- dique anglais et français.

Comme il a été précisé dans la note de présentation relative, à tra- vers les réunions d’étude, l’initiative de formation européenne com- prend les séries d’activités conduites aussi bien dans le cadre de la for- mation théorique que dans celui de la formation pratique, en référen- ce aux expériences opérationnelles concrètes.

Le cours Grotius 99 (concernant l’examen minutieux des nou- velles institutions de la coopération internationale) et le cours Grotius

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2001 (concernant la comparaison approfondie des législations euro- péennes sur le plan de la formation de la preuve) s’inscrivent dans le cadre de la première initiative (formation théorique); d’un autre côté, les cours Falcone 2000 (examen du contraste transfrontalier prévu par les Accords de Schengen), Grotius 2000 (Worshop en conférence vidéo dans la coopération internationale) et Falcone 2002 (approfondisse- ment du thème du mandat d’arrêt européen et de façon plus générale, des instruments du contraste des modalités de la criminalité) se ratta- chent à la seconde initiative (formation à caractère plus opérationnel).

Le cours a été précédé par une phase de préparation, qui a conduit à l’élaboration d’un “glossaire pénal” envisagé, en référence au lexique juridique italien, français et anglais (lequel texte – privé de toute pré- tention d’achèvement et surtout d’infaillibilité – est ici publié intégra- lement) qui s’est révélé utile pour l’approfondissement des thèmes res- pectifs, et leurs applications.

Dans le cadre des rencontres matinales communes, ayant pour ob- jet la connaissance des aspects systématiques, spécifiques aux règle- ments cités, les documents de formation qui ont été rassemblés, selon les exigences spécifiques d’un cours linguistique, semblent avoir en- gendrè d’autres aspects d’un intérêt général.

Il s’agit, en particulier, des suivants:

a) Exercices de compréhension linguistique

Débutés à la fin des sessions matinales et repris au début des ses- sions du cours de l’aprés-midi, ils ont été réalisés à travers l’écoute des passages de la littérature et du théatre anglais et français, concernant les thèmes directement liés à ceux de séminaires. Auparavant à cette écoute, une liste (en italien) des key-words de considération légale, a été fourni aux participants, en les invitant à la reconnaissance auditi- ve des correspondances en langue étrangère.

A titre d’exemple, parmi les nombreux termes à caractère légal présents dans les textes écoutés (sélectionnés lors de la préparation du cours) se distinguent, parmi les articles de l’adaptation du texte de la tragédie Julius Caesar de William Shakespeare (qui a été utilisé entre autres), les termes de: “murder”, “conspiracy”, “will”.

La reconnaissance de ces termes (fournis en italien avant l’écoute du passage) a constitué, aprés l’écoute, un motif d’intéraction béné- fique entre les participants et les experts du langage juridique, aussi bien sur le plan de “la reconnaissance phonétique” que sur celui des implications terminologiques et syntactiques du vocabulaire (par

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exemple, en ce qui concerne le terme “murder”, les différences no- toires par rapport à “manslaughter” ont été approfondies, de même que le lexique et le régime des “aggravating and mitigating circum- stances”, ou encore les distinctions, quant à l’élement suggestif du dé- lit, entre “mens rea” “malice aforethougth” “guilty act”).

D’autres exercices de compréhension linguistique sont apparus de manière analogue à travers l’étude du langage français; parmi les nom- breux textes utilisés à ce propos, il y a celui du récit français “Therèse Desqueiroux”, de François Mauriac, qui s’ouvre sur un dialogue entre un avocat et le parent de l’héroine, cette dernière étant “accusée” du délit de tentative d’homicide du conjoint; ce dialogue se déroulant im- médiatement aprés l’“acquittement” de celle-ci, est caractérisé par la description des phases du procés précédent.

Les buts de cette méthode ont été:

– d’exercer la compréhension linguistique en référence à la langue étrangère élective.

– de fournir des apports à l’approfondissement des thèmes direc- tements liés à l’objet du séminaire.

– de réaliser, dans les limites de l’initiative, une approche plus ou- verte des langues étrangères, qui puisse alimenter les idéaux culturels de l’étude des langues, au delà des limites temporelles du séminaire.

– de garantir que les difficultés qui président à l’appréhension des langues et du langage juridique soit surmontées dans le contex- te émotionnel et imaginatif qui, en agissant sur les registres auditifs et visuels, garantissent la persistance des acquisitions et l’amorce des mécanismes de mémorisation à long terme, sans lesquels, l’étu- de de la langue risque de réaliser une interprétation académique stérile.

b) Application au langage juridique

C’est dans cette même logique, que se sont dérouler les applica- tions écrites, aussi bien sur les thèmes du droit pénal procédurier que sur celui du droit pénal susbtantiel (il faut signaler que le cours sur les thèmes civils n’a pas été, pour le moment, financé par la Commission européenne, mais la sensibilité, à propos de la nécessité de formation dans ce secteur, a été éveillée).

Ces exercices ont été conduits par des experts de l’anglais et du français juridique et réalisés, en parallèle, avec les communications (elles ont souvent été formulées d’aprés les contenus de ces derniers,

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dés que le texte relatif est parvenu au C.S.M. avec une avance suffi- sante).

Ces applications ont été développées par les participants qui les ont envisagées, non pas individuellement, mais par un travail collectif;

en effet, en la circonstance, il était bien entendu que les exigences de coopération obligeaient à s’extraire des schémas de travail individuel, si l’on voulait agir de manière synergique et efficace.

La vérification des résultats de l’application fût accompagnée d’une activité d’approfondissement, stimulée dans ses nuances, par l’articulation de l’application autour de l’organisation thématique des problèmes à réponses multiples.

c) Intervention des experts linguistiques

Le cours a bénéficié d’une collaboration constante des experts de l’anglais et du français juridique, qui ont collaboré avec les rappor- teurs, afin d’approfondir les aspects linguistiques, syntactiques et idio- matiques des terminologies linguistiques.

Si, par exemple, d’un côté le rôle d’un rapporteur, était celui d’ex- pliquer la différence de signification entre les expressions conviction et sentence, toutes deux liées, mais de valeur différente, dans le verdict de culpabilité du droit anglais (on peut signaler à ce propos les comp- te-rendus riches et exhaustifs du Juge Sean Overend et du barrister Mario Addezio, ainsi que ceux, dans le domaine francophone, des ma- gistrats Dominique Sarcelet et Laurence Vichnievsky), d’un autre côté, le rôle de l’expert linguistique était de considérer les nuances de syn- taxe (verbes et phraséologies liées, adverbes et prépositions adé- quates).

Ceci est apparu opportun dés le début du cours (et plus avant encore, dans la note de présentation) non pas afin d’exprimer des interdictions de franchissement des limites qui seraient nuisibles dans un cours interdisciplinaire, mais plutôt afin que tous ceux qui collaborent à la réussite d’un cours, de réalisation difficile parce que, privé, notamment, de précédents substentiels, puissent connaître clairement les contributions qualitatives que l’on attend d’eux.

Il faut préciser que l’impact de la méthodologie adoptée, sur les participants, a été positif, dans la mesure où ceux-ci (par ailleurs, tous en posséssion d’une connaissance documentée de la langue étrangère élective) ont vivement interagit en langue étrangère avec les rappor- teurs et les experts.

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