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QUADERNI del Consiglio Superiore della Magistratura

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RELAZIONE QUADRIENNALE SULL’ATTIVITÀ DI FORMAZIONE

PROFESSIONALE

(gennaio 2001 - dicembre 2004)

QUADERNI

Consiglio Superiore della Magistratura del

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QUADERNI DEL

CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA Anno 2005, Numero 146

Pubblicazione interna per l’Ordine giudiziario curata dal Consiglio Superiore della Magistratura

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NOTA INTRODUTTIVA

La Nona commissione, in collaborazione con il Comitato scienti- fico, ha predisposto, così come nel quadriennio precedente, una rela- zione riepilogativa sull’attività di formazione dei magistrati negli anni 2001-2004, approvata con delibera dell’Assemblea plenaria del Consi- glio superiore della magistratura in data 21 luglio 2005.

La relazione ricostruisce, anche attraverso un’accurata elabora- zione statistica, le linee evolutive dei processi formativi realizzati dal Consiglio superiore della magistratura, descrivendone, con analiticità, i contenuti, i soggetti, le forme organizzative, i costi.

I numeri, ancor prima che le parole, danno atto dello sforzo idea- tivo ed intellettuale, umano ed economico, che sta alla base dell’atti- vità formativa consiliare.

Con risorse inferiori a quelle approntate altrove e pur nell’assenza di un quadro di riferimento normativo (da sempre auspicato), si è garanti- to ai magistrati italiani un livello di formazione certo non inferiore a quello offerto agli altri magistrati europei, costruendo un modello che rappresenta un punto di riferimento per la magistratura italiana e un luogo di dialogo e di attrazione per l’università, l’avvocatura e gli altri molteplici soggetti che operano e si confrontano con la giurisdizione.

Un sincero ringraziamento, anche a nome degli altri componenti della Nona commissione, consiglieri Ernesto Aghina, Nicola Buccico, Maria Giuliana Civinini, Gianfranco Schietroma, Carmine Stabile, deve essere rivolto ai dottori Paola Accardo, Giuseppe Amato, Maria Acierno, Antonio Balsamo, Patrizia Caputo, Paolo Corder, Mauro Cri- scuolo, Cosimo D’Arrigo, Gaetano De Amicis, Massimo Ferro, Pier- giorgio Morosini, Maria Carla Gatto, Giovanna Ichino, Luca Pistorel- li, Iside Russo, che hanno contribuito a questo lavoro con grande entu- siasmo ed intelligenza.

Analogo sentito ringraziamento deve essere rivolto ai magistrati segretari Silvia Coppari ed Eugenio Albamonte, al funzionario dirigente ed a tutto il personale addetto alla segreteria della Nona commissione.

Roma, 21 luglio 2005

IL PRESIDENTE DELLA NONA COMMISSIONE Giuseppe Meliadò

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INDICE GENERALE

CAPITOLO I

LINEE GUIDA DELLA FORMAZIONE 1. Premesse costituzionali e culturali della formazione

dei magistrati . . . » 13

1.1. La giustizia italiana nello spazio giudiziario europeo e i riflessi sulla formazione . . . » 13

1.2. Principi ispiratori e modelli organizzativi della for- mazione della magistratura italiana . . . » 15

2. Le strutture della formazione in servizio . . . » 18

2.1. Origini ed attuali articolazioni . . . » 18

2.2. Rapporti tra formazione centrale e formazione decen- trata: principio di integrazione o complementarietà e principio di ripartizione . . . » 22

2.3. I corsi condivisi . . . » 25

3. La programmazione dell’attività di formazione . . . » 26

3.1. Area consolidata e area variabile . . . » 26

3.2. La formazione iniziale . . . » 29

3.3. La formazione permanente . . . » 31

3.4. La formazione di riconversione . . . » 33

4. Gli obiettivi della formazione dell’ultimo quadriennio » 34 4.1. La formazione iniziale: imparzialità ed efficienza . . . » 34

4.2. Formazione continua: organizzazione del lavoro ed arte del giudicare – la funzione della motivazione . . . » 37

4.3. La comunicazione interna ed esterna nei progetti for- mativi per gli uditori giudiziari e i direttivi . . . » 38

4.4. Gli impegni futuri . . . » 41

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5. Individuazione dei bisogni formativi . . . » 42 6. Modelli metodologici . . . » 45 6.1. La scelta dei modelli metodologici in base agli obiet-

tivi di formazione . . . » 45 6.2. Ragioni del protocollo metodologico e punti critici

nella realizzazione della programmazione . . . » 47 6.3. Strumenti metodologici e sperimentazione nelle ini-

ziative condivise tra formazione centrale e formazio-

ne distrettuale . . . » 51

CAPITOLO II

LA FORMAZIONE DECENTRATA 1. L’evoluzione della formazione decentrata: le circolari

del C.S.M. e la nascita delle esperienze in sede locale; la

collaborazione con i corsi di formazione centrale . . . . » 59 1.1. Premessa . . . » 59 1.2. La delineazione di un progetto organizzativo nelle

linee consiliari . . . » 59 1.3. La formazione decentrata: complementare rispetto

alla formazione centrale e diretta sul luogo di lavoro » 61 1.4. Le quattro giornate annuali della formazione decentrata » 62 2. La costruzione normativa del modello italiano della

formazione per magistrati . . . » 62 2.1. L’integrazione fra centro e periferia. La nascita consi-

liare della formazione decentrata . . . » 62 2.2. Le prime nomine dei referenti in sede decentrata . . . » 63 2.3. Le linee guida sulla formazione e la formazione

decentrata . . . » 65 2.4 La collaborazione per metodologie fra Comitato

scientifico e formazione decentrata. I corsi condivisi;

analisi di una prima sperimentazione . . . » 66 3. L’esperienza del primo quadriennio. La ricognizione

del gennaio 2005 . . . » 68 3.1. I primi anni di attività . . . » 68 3.2. La prima indagine nazionale sullo stato della Forma-

zione decentrata . . . » 69

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3.3. L’organizzazione dell’ufficio . . . » 72

3.4. La programmazione e la partecipazione . . . » 75

3.5. I contenuti dell’azione formativa . . . » 89

3.6. Le metodologie . . . » 94

3.7. I sistemi di valutazione . . . » 98

4. I punti deboli del sistema formativo e le prime propo- ste di rafforzamento della rete . . . » 99

CAPITOLO III LA DIMENSIONE EUROPEA E INTERNAZIONALE DELLA FORMAZIONE PROFESSIONALE DEI MAGISTRATI 1. La formazione come fonte di legittimazione per le istituzioni giudiziarie nell’Europa dei cittadini e dei diritti umani . . . » 107

2. La formazione internazionale ed europea del C.S.M. . . » 113

2.1. I contenuti e i metodi dell’offerta formativa, a livello centrale e decentrato . . . » 113

2.2. La rete europea di formazione giudiziaria . . . » 120

2.3. I percorsi della formazione europea ed internaziona- le, tra risultati acquisiti e nuove prospettive . . . » 124

3. Le strutture consiliari di fronte ai nuovi obiettivi europei . . . » 133

CAPITOLO IV RICOGNIZIONE DELL’ATTIVITÀ FORMATIVA NEL QUADRIENNIO Premessa . . . » 141

1. L’offerta formativa nel quadriennio 2001/2004 . . . » 144

1.1. Offerta formativa anno 2001 . . . » 146

1.2. Offerta formativa anno 2002. . . . » 147

1.3. Offerta formativa anno 2003 . . . » 148

1.4. Offerta formativa anno 2004 . . . » 149

1.5. Riepilogo offerta formativa quadriennio 2001/2004 . . » 150

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2. Il raffronto con l’offerta formativa del quadriennio

precedente . . . » 156

3. Le metodologie . . . » 161

3.1. Suddivisione tipo di metodologie per anni . . . » 162

3.2. Riepilogo quadriennio metodologie . . . » 167

4. I relatori e i coordinatori . . . » 170

4.1. I coordinatori dei gruppi di lavoro . . . » 170

4.2. I coordinatori ed i partecipanti alle tavole rotonde . . » 174

4.3. I relatori . . . » 177

4.4. Riepilogo complessivo . . . » 180

5. La partecipazione ai corsi . . . » 185

5.1. Le domande di partecipazione . . . » 185

5.2. I partecipanti effettivamente ammessi ai corsi e il rap- porto tra domande e posti disponibili . . . » 186

5.3. Partecipazioni effettive suddivise per sesso . . . » 208

5.4. Rinunce e revoche. La percentuale di domande con partecipazione effettiva . . . » 209

6. La richiesta di partecipazione rapportata alla tipolo- gia del corso . . . » 213

7. Statistiche di gradimento dell’offerta formativa . . . » 225

7.1. Tecniche di rilevazione. . . . » 225

7.2. Gradimento dei singoli corsi . . . » 227

7.3. Gradimento dei corsi per aree tematiche . . . » 229

8. Il profilo logistico della formazione consiliare . . . » 235

8.1. Le strutture alberghiere . . . » 235

8.2. L’impegno economico (compensi, rimborsi di spese di viaggio, pernotti, altro) . . . » 237

9. La formazione decentrata . . . » 243

9.1. Offerta formativa . . . » 243

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CAPITOLO I

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LINEE GUIDA DELLA FORMAZIONE

1. Premesse costituzionali e culturali della formazione dei magi- strati

1.1. La giustizia italiana nello spazio giudiziario europeo e i riflessi sulla formazione

Il solo ragionare di una Costituzione per l’Europa, già oggi antici- pata nella dimensione materiale dalla Carta dei diritti di Nizza e dalle elaborazioni giurisprudenziali sulle tradizioni costituzionali comuni, fa pienamente intendere l’insufficienza del modello della mera coope- razione tra Stati sovrani a dare conto della complessità e novità del processo di integrazione.

Come evidenziato nel documento conclusivo della Presidenza del Consiglio europeo di Salonicco del 19 e 20 giugno 2003, il progetto di trattato costituzionale costituisce “un passo storico verso la realizza- zione degli obiettivi dell’integrazione europea”, perché, tra l’altro, avvi- cina l’Unione ai suoi cittadini e ne rafforza il carattere democratico.

Il rafforzamento del carattere democratico e l’avvicinamento della Unione ai suoi cittadini, con l’implicita attestazione della attualità della cittadinanza europea, trovano anche e soprattutto nella sfera giudiziaria una base robusta ed una naturale mediazione applicativa.

E l’opera della magistratura è tanto più efficace quanto più i magi- strati nazionali sono consapevoli della immanenza della dimensione europea nella loro quotidiana attività.

Il Consiglio superiore della magistratura, a cui compete l’onere della formazione dei magistrati, in questo ultimo quadriennio ha con- tribuito al processo, per il vero già iniziato da alcuni anni, di matura- zione nei magistrati italiani di una coscienza giuridica europea anche se questo, ovviamente, non significa l’esaurimento dello sforzo forma- tivo in un unico obiettivo, per quanto importante possa essere.

La formazione professionale dei magistrati conserva una poliva- lenza finalistica, non contraddetta dall’assunzione da parte dei magi- strati della veste di giuristi europei. La formazione del giurista euro- peo non si esaurisce nell’attenzione ai momenti di comunicazione tra ordinamenti giuridici a volte tanto diversi e forti della memoria stori- ca delle grandi tradizioni giuridiche, di common law e di civil law, che sono il fondamento della civiltà giuridica europea.

Essa significa infatti formazione che nella pluralità dei suoi campi

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di intervento conserva la costante europea della sua base culturale e dell’evoluzione degli stessi sistemi giuridici nazionali.

Se però si riflette sul fatto che la formazione professionale rispon- de strutturalmente al bisogno di crescita dell’efficienza nella risposta alle istanze di tutela rivolte all’apparato giudiziario, si coglie un profi- lo di estremo interesse proprio in chiave di incentivazione del proces- so di integrazione europea.

L’Unione europea è fenomeno di assoluta originalità, perché pre- corre l’atto fondativo più alto della sua legittimazione istituzionale, quale è il Trattato di Costituzione. Decenni di positiva sperimentazio- ne provano la bontà di una iniziale intuizione, che ha voluto la pro- gressiva costruzione dello spazio europeo muovendo dal soddisfaci- mento di quelle esigenze delle comunità coinvolte, di cui le singole dimensioni di sovranità avrebbero avuto non poche difficoltà a tener adeguato conto.

Può allora dirsi che il recupero di efficienza nella prestazione dei servizi istituzionali marcatamente statuali, come è per molti aspetti il servizio giudiziario, risponde ad una vocazione europeista.

L’attenzione a questo profilo è negli anni cresciuta come virtuoso effetto riflesso delle politiche comunitarie sulla vita delle istituzioni interne.

Il risultato è che, al di là degli spazi settoriali di intervento, si sono prodotte benefiche contaminazioni culturali.

In questo senso il rafforzamento dello sforzo formativo dei magi- strati, con l’indefettibile obiettivo di aumentarne le capacità tecniche e la sensibilità all’etica professionale, rivela la naturale conformazione al disegno di unificazione dell’Europa, al di là dei programmi imme- diati che possono anche esaurirsi in spazi non lambiti dall’intervento sovranazionale.

Merita poi pari considerazione l’aspetto della proliferazione dei cd.

nuovi diritti, che chiamano le magistrature nazionali a ricercarne le premesse culturali nel contesto europeo o comunque sovranazionale.

Buona parte della legislazione interna, che riconosce diritti non espressamente sanciti dalla Costituzione non foss’altro che per ragio- ni storiche, ha origine negli atti di normazione comunitaria.

Spesso le istituzioni europee sollecitano i legislatori nazionali a tenere il passo con le necessità di tutela, di nuova tutela, che i proces- si di modernizzazione impongono.

La ragione si rinviene nel fatto che le relazioni economiche e di mercato, ambito di elezione dell’intervento comunitario, costituiscono la privilegiata occasione per apprezzare l’innovazione e per misurarsi

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con le necessità crescenti di dare protezione ai diritti fondamentali nelle varie forme in cui essi sono portati ad atteggiarsi.

Si pensi, per mero esempio, al diritto all’ambiente ed al diritto alla privacy, alla cui tutela rafforzata nell’ordinamento interno ha dato un rilevante contributo la normativa europea, che ha valorizzato i profili contenutistici nuovi dei diritti fondamentali, già inseriti in Costituzione.

È allora opportuno che i magistrati nazionali accrescano la capa- cità di percezione del contesto culturale in cui si moltiplicano le situa- zioni di tutela, per cogliere meglio ed in pieno i significati di valore e quindi per tradurre con prontezza ed efficacia la statuizione astratta in regola dell’agire concreto.

1.2. Principi ispiratori e modelli organizzativi della formazione della magistratura italiana

La scelta del modello di formazione e dei relativi metodi didattici dipende dagli obiettivi che persegue l’organo chiamato a gestire la for- mazione dei magistrati. Gli obiettivi, a loro volta, sono condizionati da diversi fattori. Tra i più rilevanti: il modo di concepire la cultura giu- ridica in una determinata realtà storica; i principi costituzionali in materia processuale; l’opzione fra struttura gerarchica e organizzazio- ne paritaria dell’ordine giudiziario; il grado di indipendenza interna ed esterna della magistratura; il diverso modo di declinare metodo democratico nel circuito istituzionale e principio della separazione dei poteri dello Stato.

Al di là delle possibili opzioni sull’ordinamento giudiziario, l’at- tuale modello di formazione risente del generale processo di rinno- vamento della cultura giuridica italiana, iniziato negli anni sessanta e settanta, connotato dalla “crisi del paradigma dell’autonomia del diritto”.

Si tratta del diffuso ripensamento in chiave costituzionale dei metodi, delle categorie e dei problemi della scienza giuridica, che mette in discussione la presunzione di coerenza e completezza dell’or- dinamento giuridico; l’idea della applicazione della legge come opera- zione tecnica e meccanica.

Il rinnovamento culturale ridefinisce il ruolo del giudice. Non più

“bocca della legge”, ma interprete chiamato a riconoscere diritti nuovi, a ricavare la regola anche da norme costituzionali, a mediare tra interessi in conflitto.

La sollecitazione, inizialmente, di matrice accademica è stata, progressivamente, recepita dalle varie componenti della magistratura

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e, diventando patrimonio comune, ha segnato il passaggio dal “giudi- ce burocrate” al “giudice professionale”.

Sulla base di quella premessa ideale si fonda il circuito di forma- zione dei magistrati e delle relative metodologie. Un premessa che non trascura la “dimensione pragmatica” e le “ideologie sottostanti alle dottrine giuridiche, il ruolo sociale dei giuristi, i condizionamenti esterni delle professioni giuridiche e, insieme, il funzionamento della magistratura, le scelte politiche e culturali espresse dalla giurispru- denza, gli atteggiamenti dei giudici, i loro stili argomentativi”.

Il circuito della formazione, dunque, non può non fare i conti con i principi di rango costituzionale. Non può avere come obiettivo quel- lo di insegnare ai magistrati come si interpreta e come si applica la legge, trasmettendo dall’ “alto al basso” il sapere. La necessaria pro- fessionalità dei magistrati va perseguita con una formazione “auto- prodotta”, che sappia valorizzare esperienze virtuose sviluppatesi all’interno della magistratura, senza mai rinunciare al confronto plu- ralista tra le diverse realtà giudiziarie, all’apporto di voci provenienti dal mondo forense e da quello accademico. La prospettiva è quella non già del “travaso” e della “trasmissione” di saperi ma quella della

“costruzione dialogica delle conoscenze”.

Sono istanze che hanno inciso sulla articolazione organizzativa della formazione della magistratura italiana, che, oggi, si presenta come complessa sia sotto il profilo della diffusione territoriale che della molteplicità dei poli di attrazione e direzione delle diverse fasi formative.

La scelta adottata dal Consiglio superiore della magistratura cor- risponde proprio al modello costituzionale della magistratura italiana e in particolare all’idea che un modello di formazione pluralista e par- tecipata connoti in modo essenziale il contenuto costituzionale del- l’autogoverno.

Favorisce la circolazione delle offerte e delle proposte formative il contesto strutturale complesso all’interno del quale si sviluppa il cir- cuito formativo così come è stato gradualmente costruito dal Consi- glio superiore della magistratura mediante l’individuazione di un polo direzionale generale (la Nona commissione) che fissa le linee guida della formazione, di una struttura preposta a svilupparle nella pro- grammazione centrale annuale e di dettaglio (il Comitato scientifico) e di una rete diffusa sul territorio cui spettano specifici compiti for- mativi relativi a particolari settori, insieme ad un’ampia competenza tematica e metodologica, da riempire con la rilevazione dei bisogni formativi propri di ogni area territoriale o conseguenti a problemati-

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che emergenti. A questo circuito si è di recente affiancata la rete dei formatori dei giudici di pace, ai quali, peraltro, sono rivolte anche offerte formative provenienti dalla formazione centrale e dalla forma- zione decentrata dei giudici togati.

In che senso questo modello policentrico si fonda sull’autoforma- zione o più correttamente sulla costruzione di progetti ed offerte che riflettono i bisogni formativi “dal basso”?

La risposta è reperibile, in primo luogo, nella composizione stes- sa delle strutture che si occupano della formazione a livello decentra- to e centrale. I componenti della formazione decentrata sono, infatti, magistrati che esercitano le funzioni di merito in uffici del distretto ove si svolge l’attività formativa e sono conseguentemente a stretto e continuo contatto con i destinatari dell’offerta formativa e provvedo- no, altresì, seppur con modalità ancora non omogenee, a rilevarne i bisogni e a valutare le iniziative formative realizzate; il Comitato scientifico, poi, è in larga parte anch’esso composto da magistrati pro- venienti dal merito ed ha progressivamente adottato un sistema uni- tario di rilevazione del grado di soddisfazione dei corsi, con una sezio- ne d’indagine dedicata espressamente alle indicazioni sia metodologi- che sia tematiche.

Esiste inoltre un sistema di rilevazione delle “vocazioni” per i rela- tori dei corsi in sede centrale e decentrata, realizzato con periodici interpelli negli uffici, ma è soprattutto il continuo contatto informale esistente tra formatori e fruitori dell’offerta formativa che rende pos- sibile una partecipazione circolare.

Le scelte annuali di programmazione a livello centrale hanno alla base questo sistema dialogante e cercano di cogliere le esigenze di cre- scita culturale connesse a fenomeni sociali nuovi o non più inquadra- bili negli schemi normativi preesistenti, quali l’influenza delle biotec- nologie nei conflitti familiari, filiali o in quelli che coinvolgono le scel- te legate alla vita e alla morte; l’arricchimento investigativo e l’in- fluenza sulle garanzie derivante dall’uso di tali tecnologie; il profilo professionale e deontologico del giudice ed in particolare la sua ter- zietà ed imparzialità in un contesto dominato dal dominio mediatico;

la “globalizzazione” delle fonti e dei conflitti. Anche le scelte tematiche e soprattutto metodologiche favoriscono la realizzazione di progetti formativi orientati verso la selezione degli effettivi bisogni di approfondimento e crescita.

I settori di formazione fortemente tecnico giuridici vengono trat- tati partendo dai conflitti e dai casi concreti, lasciando ampio spazio a gruppi di lavoro fondati anche sull’esame degli errori (i cosiddetti

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clinics) di decisione e sul confronto di modelli efficaci di gestione e soluzione dei conflitti. In questo settore i temi vengono affrontati con taglio critico e con il sistema del dibattito immediato su questioni con- crete che l’uditorio può orientare secondo le effettive esigenze forma- tive.

Le metodologie comunicative sono, infine, poste al centro dei corsi interdisciplinari e di informazione e riflessione non tecnico giu- ridica (nell’ultimo quadriennio in particolare negli incontri di studio su “magistratura e mass media”; “bioetica e diritto”; “etica e impar- zialità del giudice” solo per citarne alcuni).

In queste proposte le scelte tematiche e dei relatori sono orienta- te ad evidenziare tutte le opzioni culturali coesistenti da sottoporre al vaglio critico dei partecipanti.

In conclusione il circuito formativo inizia con l’integrazione nella progettazione della formazione delle istanze provenienti dal basso, si arricchisce, durante lo svolgimento dei corsi, attraverso la sollecita- zione a livello metodologico e contenutistico del massimo dibattito e della massima partecipazione critica e si completa, infine, attraverso l’esposizione diretta dei formatori al contatto continuo con i destina- tari delle offerte formative.

2. Le strutture della formazione in servizio 2.1. Origini e attuali articolazioni

L’attività di formazione permanente del Consiglio superiore della magistratura è iniziata soltanto nel 1973 ed è andata avanti fino ai primi anni ‘90 in modo episodico e scollegato e senza un disegno didattico di supporto.

La formazione era erogata avvalendosi della Commissione specia- le referente per la riforma giudiziaria e l’amministrazione della giusti- zia, la quale enucleava di volta in volta temi di particolare rilievo, pro- ponendo al plenum l’organizzazione di incontri di studio che, una volta deliberati, erano materialmente gestiti dall’Ufficio studi e docu- mentazione, i cui componenti provvedevano a prendere i contatti con i relatori e a coordinare i lavori in assenza di membri del Consiglio.

Nei primi anni ‘90 la Commissione Riforma e il Consiglio hanno elaborato per la prima volta in modo organico le linee di politica giu- diziaria in tema di formazione professionale, affrontando i nodi orga- nizzativi, strutturali e contenutistici della formazione permanente.

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clinics) di decisione e sul confronto di modelli efficaci di gestione e soluzione dei conflitti. In questo settore i temi vengono affrontati con taglio critico e con il sistema del dibattito immediato su questioni con- crete che l’uditorio può orientare secondo le effettive esigenze forma- tive.

Le metodologie comunicative sono, infine, poste al centro dei corsi interdisciplinari e di informazione e riflessione non tecnico giu- ridica (nell’ultimo quadriennio in particolare negli incontri di studio su “magistratura e mass media”; “bioetica e diritto”; “etica e impar- zialità del giudice” solo per citarne alcuni).

In queste proposte le scelte tematiche e dei relatori sono orienta- te ad evidenziare tutte le opzioni culturali coesistenti da sottoporre al vaglio critico dei partecipanti.

In conclusione il circuito formativo inizia con l’integrazione nella progettazione della formazione delle istanze provenienti dal basso, si arricchisce, durante lo svolgimento dei corsi, attraverso la sollecita- zione a livello metodologico e contenutistico del massimo dibattito e della massima partecipazione critica e si completa, infine, attraverso l’esposizione diretta dei formatori al contatto continuo con i destina- tari delle offerte formative.

2. Le strutture della formazione in servizio 2.1. Origini e attuali articolazioni

L’attività di formazione permanente del Consiglio superiore della magistratura è iniziata soltanto nel 1973 ed è andata avanti fino ai primi anni ‘90 in modo episodico e scollegato e senza un disegno didattico di supporto.

La formazione era erogata avvalendosi della Commissione specia- le referente per la riforma giudiziaria e l’amministrazione della giusti- zia, la quale enucleava di volta in volta temi di particolare rilievo, pro- ponendo al plenum l’organizzazione di incontri di studio che, una volta deliberati, erano materialmente gestiti dall’Ufficio studi e docu- mentazione, i cui componenti provvedevano a prendere i contatti con i relatori e a coordinare i lavori in assenza di membri del Consiglio.

Nei primi anni ‘90 la Commissione Riforma e il Consiglio hanno elaborato per la prima volta in modo organico le linee di politica giu- diziaria in tema di formazione professionale, affrontando i nodi orga- nizzativi, strutturali e contenutistici della formazione permanente.

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Prendendo le mosse dall’esperienza dei corsi sulle tecniche di indagine per i magistrati di Procura presso i Tribunali e per quelli presso le Preture – nei quali, rompendo con una “tradizione” d’inse- gnamento a impostazione dogmatica, erano stati proposti nuovi con- tenuti (metodiche d’indagine per tipologie di reati) e positivamente sperimentati nuovi metodi di didattica attiva (lavoro seminariale, dibattito guidato) –, e individuati gli ulteriori settori privilegiati d’in- tervento nella riforma del processo civile, nella formazione dei diri- genti e dei magistrati addetti a funzioni altamente specializzate (mino- ri, sorveglianza), nella seduta del 19 novembre 1992 la Commissione Riforma proponeva al Consiglio di approvare un articolato program- ma di formazione professionale per il 1993, “di invitare il Comitato di Presidenza a costituire una struttura incaricata di occuparsi esclusi- vamente dell’attuazione del programma...”, “di dare mandato al Vice Presidente del Consiglio superiore della magistratura ... di avviare opportuni contatti con gli organismi ministeriali competenti per la costituzione di una “Scuola” della magistratura, secondo le linee ispi- ratrici della presente proposta”.

Approvata la proposta dal plenum, i contatti con il Ministero si rivelavano particolarmente proficui ed il 23 settembre 1993 veniva sti- pulata una convenzione tra il Ministero di Grazia e Giustizia ed il Con- siglio superiore della magistratura per l’attuazione sperimentale di una struttura di formazione professionale per magistrati.

Tale struttura, denominata “Scuola”, costituiva una articolazione del Consiglio superiore della magistratura, titolare dei poteri di indi- rizzo, di gestione culturale e scientifica, di controllo sulle attività; al Ministero della Giustizia spettavano l’organizzazione ed il funziona- mento delle risorse e dei supporti occorrenti per la formazione pro- fessionale. La Scuola era composta da un Comitato scientifico e da un Servizio di segreteria; la struttura doveva attuare gli indirizzi del Con- siglio in materia di formazione professionale ed ogni sua attività dove- va essere approvata dal Consiglio su proposta della Commissione Riforma.

La struttura veniva solennemente inaugurata l’11 aprile 1994 alla presenza del Capo dello Stato ed iniziava ad operare, ma aveva vita breve, poiché la Corte dei Conti, sezione controllo, nell’adunanza del 30 settembre 1994 negava il visto e la registrazione alla Convenzione.

Ciò nonostante, la Convenzione ha simbolicamente segnato un punto di non ritorno nella storia della formazione permanente della magi- stratura italiana. La stessa, infatti, ha come concluso una riflessione collettiva sul valore e il significato istituzionale della professionalità e

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sulla imprescindibilità della formazione permanente come veicolo della stessa, e ciò ha fatto in un momento in cui, per i noti rivolgimenti istituzionali, particolarmente forti sono state a livello politico le richieste di controllo sull’attività del magistrato ed essenziale per la difesa della stessa indipendenza è divenuto il proporre un modello di magistrato professionalmente attrezzato, all’altezza del ruolo che l’e- voluzione della società gli impone, in grado di svolgere appieno i suoi compiti e consapevole dei limiti dei propri poteri, in una parola

“armato per l’indipendenza”.

Il Consiglio in carica dal 1994 al 1998 ha raccolto e portato avan- ti l’esperienza maturata in materia di formazione con la collaborazio- ne degli stessi otto magistrati, a suo tempo nominati quali componen- ti del Comitato scientifico nell’ambito della Convenzione, affiancati da due docenti universitari; ha così continuato nella costruzione di quel- la che a ragione può essere definita “la casa comune di tutti i magi- strati”, “il luogo di irradiazione della formazione giudiziaria” e “il col- lettore di tutta l’innovazione che si produce nella vita giudiziaria”.

La formazione professionale è oggi definitivamente uscita dalla episodicità ed è entrata a far parte a pieno titolo della attività consi- liare.

Il dato saliente dal punto di vista organizzativo è stato rappresen- tato dalla istituzione, nell’ambito di una generale razionalizzazione del sistema delle commissioni consiliari quanto a numero, composi- zione e competenze, della Nona commissione per il tirocinio e la for- mazione professionale, alla quale – come si legge nella delibera assun- ta nella seduta del 9 luglio 1996 – è attribuita la competenza a redige- re relazioni e formulare proposte “nelle seguenti materie: a) regola- mentazione, organizzazione e controllo del tirocinio degli uditori giu- diziari; b) programmazione, istituzione, organizzazione, coordina- mento e supervisione dei corsi di formazione professionale per gli udi- tori giudiziari e dei corsi di aggiornamento professionale e di specia- lizzazione per i magistrati; c) designazione dei componenti del Comi- tato scientifico esterno per lo studio e l’organizzazione delle attività di formazione professionale dei magistrati di cui all’art. 29 del Regola- mento interno; d) tutti i provvedimenti relativi al concorso per la nomina ad uditore giudiziario, eccettuata la deliberazione per l’indi- zione del concorso stesso”.

Per l’attuazione dei suoi compiti la Commissione si avvale, oltre che della collaborazione di due magistrati segretari, del Comitato scientifico che attualmente conta 16 componenti, di cui 12 magistrati (di questi 6 sono esperti in materia di diritto penale e procedura pena-

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le e 6 in materia di diritto civile, lavoro, commerciale e processuale civile) e 4 docenti universitari in materie giuridiche (2 docenti di dirit- to penale e procedura penale e 2 di diritto civile e diritto processuale civile di cui la metà esercitano la professione di avvocato).

Dal punto di vista operativo, dunque, la funzione di formazione è attribuita ad una articolazione consiliare, quella rappresentata dal continuum Comitato scientifico–Nona Commissione-Consiglio, che ha il compito specifico di programmare, organizzare ed attuare le attività di formazione; ma, prima ancora, di elaborarne la cultura e le tecni- che e di ricercarne i moduli e i percorsi, per innovare i primi e orien- tare i secondi. In pratica, sulla base delle indicazioni generali del Con- siglio e della Commissione in punto di modi e obiettivi della forma- zione, il Comitato elabora collegialmente una prima proposta di pro- gramma annuale, individuando il numero e l’oggetto degli incontri di studio; la proposta viene quindi sottoposta al vaglio della Commissio- ne e una volta definita nelle sue linee la struttura del programma, il Comitato predispone le schede relative ad ogni incontro di studio (finalità, destinatari, contenuto, metodi didattici), che, approvate dalla Commissione e dal Plenum, confluiscono nel programma definitivo che viene inviato ad ogni magistrato perché formuli le sue richieste di partecipazione per l’anno successivo; immediatamente dopo vengono deliberate le ammissioni, con l’ausilio di un sistema informatizzato di selezione basato su criteri preventivamente individuati.

È poi compito del Comitato predisporre in dettaglio il programma dei singoli incontri, formulando una proposta sottoposta all’approva- zione della Commissione e del Plenum, nonché predisporre, in colla- borazione con l’Ufficio Studi, il materiale di studio da distribuire ai partecipanti. Uno o più componenti del Comitato coordinano i lavori dell’incontro di studio. Tutte le relazioni svolte negli incontri vengono inserite nel sito intranet e nel sito internet del Consiglio (www.cosmag.it e www.csm.it); in casi particolari, opportunamente selezionate, vengono pubblicate nei Quaderni del Consiglio superiore della magistratura, che sono inviati a ciascun magistrato. A differenza che nel passato (allorquando ogni Quaderno conteneva gli atti di un singolo incontro di studio), la pubblicazione segue oggi un criterio tematico e l’impostazione teorico-pratica delle relazioni (soprattutto quelle svolte da magistrati) – nelle quali non si affrontano soltanto temi e questioni strettamente giuridiche, ma anche le problematiche della conduzione del processo, della gestione dell’udienza, dell’eserci- zio quotidiano del “mestiere” di giudice sotto ogni profilo compreso quello deontologico – rende i Quaderni non solo un indispensabile

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strumento di lavoro ma anche un importante momento di verifica della concreta vita degli istituti nella pratica della giurisdizione ed un irripetibile momento di conoscenza delle dinamiche del processo, tanto da rendere auspicabile una loro maggior diffusione tra tutti gli operatori del diritto (1).

Ultima articolazione dell’attuale sistema della formazione è la rete dei formatori locali istituita con delibera 26.11.1998.

Se già in precedenza si erano sperimentate azioni in sede decen- trata (corsi di diritto comunitario, corsi interdistrettuali sulla riforma del pubblico impiego, laboratori di autoformazione), la creazione della Rete ha significato il radicamento dell’attività di formazione in ogni distretto di Corte d’appello per il conseguimento di fini moltepli- ci: coinvolgere un numero sempre più ampio di magistrati, realizzare iniziative strettamente rispondenti ai bisogni formativi di un determi- nato territorio; realizzare un compiuto sistema di formazione in occa- sione del mutamento di funzioni; intensificare i momenti di confron- to e formazione comune con gli altri operatori della giustizia e in primo luogo con gli avvocati e con il personale amministrativo.

L’azione formativa sul territorio è assicurata dai referenti per la for- mazione, designati in numero variabile a seconda delle caratteristiche del distretto, coadiuvati da personale amministrativo della Corte d’ap- pello, muniti di supporti strutturali e dotazione finanziaria, i quali ope- rano in stretto contatto con la Commissione e il Comitato scientifico.

2.2. Rapporti fra formazione centrale e formazione decentrata:principio di integrazione o complementarietà e principio di ripartizione Fin dalla sua istituzione con la delibera 26.11.1998 la formazione decentrata è stata ipotizzata in rapporto di concorso e completamen- to con la formazione centrale (2).

(1) Questa parte riproduce pressochè integralmente quanto riportato sul punto nella Relazione al Parlamento sullo stato della Giustizia (Anno 2003) – Formazione per l’accesso in magistratura e formazione professionale dei magistrati (Deliberazione del 14.4.2004).

(2) La risoluzione del 26.11.1998 poneva in risalto come vi fossero dei bisogno for- mativi che possono essere soddisfatti solo a livello centrale, quali la possibilità di uti- lizzare un corpo docente al massimo delle proprie potenzialità, la possibilità di garan- tire al massimo l’esigenza di pluralismo sottesa alle scelte del corpo docente, l’oppor- tunità dello scambio culturale ed operativo fra realtà giudiziarie diverse. Di conse- guenza proprio per quelle ed altre ragioni la formazione decentrata non può porsi come alternativa a quella centrale.

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Formazione centrale e formazione decentrata interagiscono sulla base del principio di integrazione o complementarietà e del principio di ripartizione, tenendo conto che le stesse devono differenziarsi più in relazione ai metodi che ai contenuti, che la formazione decentrata è il luogo deputato alla sperimentazione di moduli formativi innovati- vi e che la dimensione locale favorisce la formazione per piccoli grup- pi su obiettivi specifici.

Tale impostazione ha trovato precisa conferma all’esito della prima verifica effettuata a seguito del seminario Formazione dei for- matori svoltosi a Roma dal 4 al 6 dicembre 2000, ove si è evidenziato come “la formazione decentrata, pur in rapporto di complementarietà con le iniziative a livello centrale, si configura quale spazio di libertà duttile e creativo; mira a fornire una risposta immediata alle esigenze professionali dei magistrati che operano in contesti giudiziari e terri- toriali spesso profondamente diversi fra loro; si propone di realizzare una stretta interazione tra attività professionale ed organizzazione degli uffici e del lavoro giudiziario” (3).

In tale sede è emerso come ben chiaro fosse a tutti i formatori che il decentramento non doveva essere inteso in senso burocratico come supplenza alla impossibilità della formazione centrale di raggiungere tutti i magistrati, ma come “servizio di carattere permanente, idoneo a sorreggere con continuità e presso il luogo di lavoro le esigenze pro- fessionali del magistrato” (4).

La prima conseguenza di questa funzione di complementarietà della formazione decentrata a quella centrale è stata quella della libertà della prima sia nella scelta dei metodi che in quella dei conte- nuti. Infatti nella prima fase di realizzazione del decentramento for- mativo le iniziative a livello locale non hanno richiesto, in linea di massima una preventiva e formale approvazione da parte del Consi- glio e potevano avere ad oggetto qualunque contenuto che si rivelasse funzionale alla esigenza di soddisfare i bisogni formativi concreta- mente rilevati.

Successivamente il Consiglio superiore della magistratura nel- l’ambito della elaborazione delle linee guida per la formazione, illu- strate nella più volte citata risoluzione del 14 maggio 2003, evidenzia- va come, alla luce della rilevanza ormai assunta dalla formazione

(3) Così la Circolare n. P-1372/2001 del 25 giugno 2001 - Risoluzione del 21 giu- gno 2001.

(4) Relazione Quadriennale sull’attività di formazione 1997-2000.

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decentrata, fosse necessario che anche le iniziative assunte in sede decentrata dovessero essere collegate con le linee direttive della for- mazione centrale.

Tale collegamento è stato realizzato sia attraverso l’individuazione di criteri base di distinzione fra formazione centrale e formazione decentrata, criteri che rispondessero ai principi base di integrazione o complementarietà e di ripartizione, sia attraverso l’individuazione di un meccanismo che permettesse il raccordo continuo fra il centro e la periferia.

Sotto il profilo dell’individuazione dei criteri di base determinan- ti per realizzare i principi di complementarietà e ripartizione si è evi- denziato che:

– formazione centrale e formazione decentrata devono differen- ziarsi più in relazione ai metodi che in relazione ai contenuti;

– la formazione decentrata è il luogo deputato alla sperimentazio- ne di moduli formativi innovativi;

– la formazione locale favorisce la formazione per piccoli gruppi su obiettivi specifici.

In conseguenza all’applicazione dei criteri di base così individua- ti sotto il profilo della realizzazione del principio di ripartizione si sono determinate le materie, all’interno delle quali i formatori decen- trati sono liberi di individuare metodi e relatori, riservate alla forma- zione decentrata ed in particolare:

– perfezionamento informatico in internet; ricerca giuridica; uso di easyfind, cosmag, uso di “polis”;

– formazione linguistica;

– formazione di base in materia di ordinamento giudiziario: tabel- le, diritti e doveri dei capi e dei singoli magistrati;

– formazione formatori: il magistrato collaboratore e il magistra- to affidatario: riflessione sui compiti e linee guida per la loro attua- zione;

– formazione di base in materia commerciale: lettura e compren- sione dei bilanci;

– formazione di base in materia di medicina legale e psichiatria forense.

Sotto il profilo della realizzazione del principio della complemen- tarietà si sono invece individuate una serie di materie che devono esse- re sviluppate con gradualità rispetto alla formazione in sede centrale ed in particolare:

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– formazione di base per i pubblici ministeri (in particolare approfondimento delle tecniche di indagine; rapporti con la P.G.; uti- lizzo delle banche dati; supporti informatici alle indagini) cui far seguire corsi avanzati in sede centrale;

– iniziative in base alle esigenze formative del distretto e alle uti- lità offerte dal territorio;

– formazione per gruppi ristretti su temi molto specialistici che vedono un numero limitato di magistrati impegnati nei vari uffici;

– limitata utilizzazione della formazione/convegno.

Il meccanismo che permette il raccordo continuo fra formazione centrale e decentrata è stato invece definito prevedendo l’individua- zione, ogni due anni, per ogni distretto di Corte di appello di due com- ponenti del Comitato scientifico (uno del settore civile e uno del set- tore penale) quali referenti, di modo che fra questi e i formatori distrettuali si possa realizzare un collegamento continuo che consen- ta di armonizzare le azioni formative, di uniformare gli standard dei prodotti offerti ai colleghi, di diffondere le iniziative migliori. Il Colle- gamento con la Nona commissione dovrebbe poi essere assicurato individuando anche all’interno di questa un referente per ogni distret- to, in modo da poter favorire la proposizione e la risoluzione di pro- blemi organizzativi e inerenti i limiti entro cui può espletarsi la for- mazione decentrata.

La prima applicazione di tale sistema organizzativo sperimentato per la realizzazione della programmazione per l’anno 2004 ha dimo- strato di essere funzionale agli obiettivi prefissati, come si illustrerà più compiutamente nel paragrafo dedicato alla rilevazione dei bisogni formativi.

2.3. I corsi condivisi

L’esigenza di un sempre maggiore coinvolgimento dell’intera magistratura nel processo formativo ha trovato un’ulteriore punto di sviluppo nei c.d. “corsi condivisi”. Come verrà esposto nel paragrafo dedicato ad affrontare le ragioni del protocollo metodologico, nell’an- no 2004 si è sperimentato il c.d. “corso condiviso”. Si tratta di uno strumento destinato a soddisfare l’esigenza di coinvolgere il maggior numero di magistrati possibili nella trattazione di argomenti che per la loro novità o per la loro complessità sono destinati a dare luogo a diverse prassi e/o a diverse interpretazioni giurisprudenziali.

Il corso condiviso si sviluppa in tre momenti: il primo, che si svol- ge in sede locale, è destinato essenzialmente a raccogliere informazio-

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ni sulle prassi e le giurisprudenze che si formano negli uffici; il secon- do, che si svolge in sede centrale, è destinato ad elaborare le informa- zioni provenienti dagli uffici, in modo da poter enucleare una serie di questioni comuni, che costitueranno oggetto di comune riflessione e discussione in un incontro centrale; Il terzo momento, infine, è fina- lizzato a riportare alle sedi di provenienza, a cura dei partecipanti al corso, opportunamente selezionati in modo da rappresentare tutte le sedi decentrate, le soluzioni elaborate sulla base di tutto il materiale raccolto.

Nella programmazione dell’anno 2004 tale metodo è stato utiliz- zato per esaminare nel settore penale la materia della prova dichiara- tiva alla luce della riforma del “giusto processo”, e nel settore civile quella delle “Tutele sommarie non cautelari”.

Allo stato non è ancora possibile un bilancio di tale sperimenta- zione, in quanto mancano i dati relativi alla terza fase. Ciò che pare invece potersi affermare è che se da un lato l’organizzazione dei corsi è apparsa sicuramente più gravosa, rispetto all’organizzazione di un corso “normale”, dall’altro ha richiesto e rafforzato la collaborazione fra formatori decentrati e Comitato scientifico ed è riuscita a raggiun- gere un numero di colleghi sicuramente superiore a quanto non sareb- be stato possibile fare con una sola iniziativa in sede centrale.

In conclusione, lo strumento, sia pure da affinare, si è mostrato funzionale allo scopo.

3. La programmazione della attività di formazione 3.1. Area consolidata e area variabile

Nel quadriennio 2001-2004 si è progressivamente rafforzata una linea di tendenza frutto dell’esperienza maturata nel decennio prece- dente in materia di programmazione delle attività di formazione dei magistrati e che aveva evidenziato come quest’ultima dovesse essere governata sulla base di criteri razionali predefiniti in maniera più rigo- rosa. Ed il primo tra questi non poteva che riguardare la funzionalità della proposta formativa nel suo insieme a compenetrare le diverse esigenze della stabilità e della capacità di rinnovarsi, in accordo alle sollecitazioni provenienti dall’evoluzione dell’ordinamento giuridico e della società in genere.

Il processo di razionalizzazione dell’offerta formativa – conte- stualmente sviluppatosi su tutti i profili della stessa e in particolare sul

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ni sulle prassi e le giurisprudenze che si formano negli uffici; il secon- do, che si svolge in sede centrale, è destinato ad elaborare le informa- zioni provenienti dagli uffici, in modo da poter enucleare una serie di questioni comuni, che costitueranno oggetto di comune riflessione e discussione in un incontro centrale; Il terzo momento, infine, è fina- lizzato a riportare alle sedi di provenienza, a cura dei partecipanti al corso, opportunamente selezionati in modo da rappresentare tutte le sedi decentrate, le soluzioni elaborate sulla base di tutto il materiale raccolto.

Nella programmazione dell’anno 2004 tale metodo è stato utiliz- zato per esaminare nel settore penale la materia della prova dichiara- tiva alla luce della riforma del “giusto processo”, e nel settore civile quella delle “Tutele sommarie non cautelari”.

Allo stato non è ancora possibile un bilancio di tale sperimenta- zione, in quanto mancano i dati relativi alla terza fase. Ciò che pare invece potersi affermare è che se da un lato l’organizzazione dei corsi è apparsa sicuramente più gravosa, rispetto all’organizzazione di un corso “normale”, dall’altro ha richiesto e rafforzato la collaborazione fra formatori decentrati e Comitato scientifico ed è riuscita a raggiun- gere un numero di colleghi sicuramente superiore a quanto non sareb- be stato possibile fare con una sola iniziativa in sede centrale.

In conclusione, lo strumento, sia pure da affinare, si è mostrato funzionale allo scopo.

3. La programmazione della attività di formazione 3.1. Area consolidata e area variabile

Nel quadriennio 2001-2004 si è progressivamente rafforzata una linea di tendenza frutto dell’esperienza maturata nel decennio prece- dente in materia di programmazione delle attività di formazione dei magistrati e che aveva evidenziato come quest’ultima dovesse essere governata sulla base di criteri razionali predefiniti in maniera più rigo- rosa. Ed il primo tra questi non poteva che riguardare la funzionalità della proposta formativa nel suo insieme a compenetrare le diverse esigenze della stabilità e della capacità di rinnovarsi, in accordo alle sollecitazioni provenienti dall’evoluzione dell’ordinamento giuridico e della società in genere.

Il processo di razionalizzazione dell’offerta formativa – conte- stualmente sviluppatosi su tutti i profili della stessa e in particolare sul

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piano delle metodologie di cui si dirà meglio in seguito – è culminato nella risoluzione dell’Assemblea plenaria del Consiglio superiore della magistratura in data 14 maggio 2003, che ha provveduto a dettare le linee guida sulla formazione e che per quanto riguarda l’attività di pro- grammazione in particolare ha cristallizzato il paradigma generale cui deve ispirarsi nel tempo l’intervento degli organi della formazione.

Il principio fondante elaborato dal Consiglio sulla scorta dell’e- sperienza maturata in questi anni è quello della necessaria suddivisio- ne dell’offerta in due macro-settori, identificati, rispettivamente, come

“area consolidata” e “area variabile”. La prima è “costituita da corsi consolidati che devono svolgersi necessariamente ogni anno, in quanto rispondono ad un’esigenza formativa stabile, non soggetta a variazione (nelle sue linee di fondo) in un arco temporale ristretto, legata essenzial- mente alla pratica professionale (prassi giurisprudenziali, tecniche di gestione dei processi, di categorie di controversie; di indagini per tipolo- gie di reati, tecniche di assunzione delle prove, problematiche del dibat- timento, cooperazione giudiziaria) o a temi indefettibili di diritto sostan- ziale e processuale”, mentre la seconda dovrebbe riguardare “l’area legata ai processi di innovazione ed alla trattazione dei temi di più ele- vato taglio scientifico e culturale, sul piano dei contenuti, ed alla speri- mentazione, sul piano dei metodi. In questo settore dovrebbero trovare collocazione temi di avanguardia, di guida culturale, di approfondimen- to di grandi questioni (come l’arte di giudicare, l’etica del giudice, il ragionamento giuridico, la discrezionalità del giudice: scienza e giurisdi- zione etc) e dovrebbero privilegiarsi forme alternative a quelle dei corsi di pratica professionale: laboratori, corsi articolatisi in più sessioni a distanza di tempo con elaborazioni intermedie, corsi per piccoli gruppi, incontri a partecipazione paritaria di psicologi, medici, criminologi, scienziati etc etc.”.

A partire, dunque, dalla programmazione relativa all’anno 2004, l’offerta formativa è stata calibrata su questa e sulle altre linee guida elaborate nella risoluzione (la individuazione degli obiettivi e delle tematiche di formazione; la individuazione dei principi ispiratori e dei criteri di base su cui si devono sviluppare i rapporti tra formazione centrale e formazione decentrata; la predeterminazione delle materie da trattare, anche in via esclusiva, in sede decentrata), che, come si è già sottolineato, in realtà rappresenta la sintesi del progressivo affina- mento dell’esperienza consiliare in materia di formazione dei magi- strati.

Con riguardo allo specifico dell’articolazione dell’intervento for- mativo nelle due macro-aree menzionate va ancora ricordato come il

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modello collaudato proprio nell’ultimo quadriennio è stato per l’ap- punto caratterizzato dalla tendenza ad una progressiva stabilizzazio- ne dell’offerta formativa. In realtà già da molti anni si era sperimenta- ta con esiti positivi l’opportunità di riproporre, anche con cadenza annuale, o singole iniziative – in ordine alle quali si registrava una ele- vata domanda di partecipazione, la cui soddisfazione imponeva la replica del corso, che in alcuni casi è stato all’uopo articolato in più edizioni nell’arco della stessa annualità – o comunque aree tematiche ben definite e circoscritte. E duplice si è rivelata essere l’esigenza che in tal modo veniva soddisfatta: da un lato, come già accennato, quella di avvicinare il più possibile l’offerta al concreto profilo dei bisogni formativi evidenziati dall’utenza; dall’altro quella di favorire la costi- tuzione di una omogenea base di formazione condivisa dal maggior numero possibile di magistrati.

In tal senso un efficace esempio dell’esperienza elaborata nel pas- sato e perfezionata nel corso degli ultimi quattro anni è rappresentato dai corsi “Falcone-Borsellino”, “Guido Galli” e “Mario Amato”, dedi- cati soprattutto alla formazione specifica dei pubblici ministeri. Pur alternando nel corso degli anni i singoli temi, questi veri e propri con- tenitori hanno mantenuto stabile nel tempo l’area tematica di inter- vento, combinando nell’ambito delle singole iniziative elementi ripeti- tivi all’analisi delle evoluzioni legislative e giurisprudenziali interve- nute sulle materie selezionate. Ma in definitiva, la sperimentazione effettuata attraverso questo tipo di iniziative ha consentito di verifica- re la proficuità – e contestualmente il gradimento da parte dell’utenza – di strumenti che consentano al magistrato operante in settori speci- fici di confrontarsi periodicamente con temi circoscritti.

Peraltro va immediatamente precisato come l’esigenza di una maggiore stabilizzazione dell’offerta non riguarda solo la formazione

“specialistica”, nel cui ambito pure da tempo si sono mossi i primi passi (oltre alla già citata formazione sulle tematiche delle tecniche d’indagine, vengono in conto, tra le altre, quelle in materia di diritto di famiglia o quelle tese ad approfondire le ricadute giuridiche del feno- meno dell’immigrazione). Invero, la reale ed effettiva spinta propulsi- va della risoluzione consiliare va individuata nella sollecitazione all’in- serimento nell’area consolidata anche e soprattutto di tematiche di ordine generale, attinenti al nucleo essenziale dell’attività giurisdizio- nale e che più di altre richiedono itinerari formativi in grado di rag- giungere, nel tempo, fasce sempre più ampie di utenza. Ed in questa direzione nel quadriennio trascorso si sono effettuati importanti pro- gressi, evidenziati, tra l’altro, soprattutto dalle iniziative in materia di

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ragionamento probatorio e motivazione dei provvedimenti giurisdi- zionali e di quelle in materia di rapporti tra diritto e scienza.

Il consolidamento di una parte dell’offerta formativa deve comun- que essere interpretata dagli organi della formazione con grande attenzione, al fine di evitare che “stabilità” non finisca per coniugarsi con “tralaticia ripetitività”, foriera di una eccessiva ingessatura del- l’offerta medesima che rapidamente ne determinerebbe una tendenza all’invecchiamento e il rischio di un progressivo scollamento dai biso- gni formativi dell’utenza. È dunque necessario che all’elaborazione di alcuni interventi destinati a diventare nel tempo dei veri e propri

“standard” venga affiancata altresì la capacità di mantenere stabile nel tempo un coacervo di tematiche, affrontate negli anni anche da ver- santi diversi, dando così vita a veri e propri percorsi pluriennali di for- mazione sporadicamente sperimentati nel passato con risultati confortanti.

È poi necessaria una costante ricognizione degli esiti delle inizia- tive riconducibili all’area variabile, in modo da cogliere tempestiva- mente – soprattutto sulla base delle indicazioni provenienti dall’uten- za – nuove tematiche da candidare per interventi non più sporadici, ma, per l’appunto, stabili.

Infine, proprio al fine di meglio garantire uno degli obiettivi salienti della costituzione dell’area consolidata, negli ultimi quattro anni si è oramai definitivamente affermato un meccanismo di incom- patibilità alla partecipazione ad iniziative che costituiscono la replica – formalmente o anche solo sostanzialmente – di altre promosse nel biennio precedente. Ciò consente per l’appunto di garantire nel tempo un più ampio accesso alla formazione sulle singole tematiche e dun- que una più accentuata condivisione delle conoscenze.

3.2. La formazione iniziale

In qualche modo la formazione iniziale ha rappresentato negli anni il laboratorio per l’elaborazione delle riflessioni che hanno por- tato nel 2003 ad una maggiore razionalizzazione dell’offerta formati- va. Unico reale esempio di “formazione obbligatoria”, quella riservata agli uditori giudiziari nella fase del tirocinio e nel primo periodo di concreto esercizio delle funzioni, infatti, è contraddistinta da un forte connotato di stabilità nelle sue linee fondamentali, tanto contenutisti- che che metodologiche. Stabilità che è il frutto del costante affina- mento di quella che rappresenta la più risalente tra le esperienze con- siliari in materia di formazione.

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Con delibera del Consiglio superiore della magistratura in data 11 giugno 1998 è stato peraltro varato il nuovo regolamento per il tiroci- nio degli uditori giudiziari, recepito – secondo una prassi remota che non immuta la natura “consiliare” della disciplina – nel D.P.R. 17 luglio 1998 n. 38, pubblicato in G.U., s.g. 24 luglio 1998, n. 171. L’en- trata in vigore della disciplina è stata fatta coincidere con l’inizio, avu- tosi nel settembre 1999, del tirocinio degli uditori del concorso indet- to con decreto ministeriale 16 gennaio 1997 ed è dunque soprattutto nel quadriennio testè conclusosi che la nuova disciplina ha trovato la sua prima attuazione.

Il nuovo regolamento non ha peraltro sovvertito l’impianto della precedente disciplina, risalente al 1988, il quale a sua volta, nel solco di una tradizione più risalente, si era rivelato sostanzialmente all’al- tezza dei problemi posti dal tirocinio iniziale dei magistrati, soprat- tutto per quanto attiene all’articolazione prevalentemente decentrata del tirocinio, alla sua distinzione in una fase ordinaria ed in una fase mirata alle funzioni da svolgersi dall’uditore (fasi connotate da diver- se impostazioni dell’azione formativa), all’individuazione dei soggetti preposti all’attività formativa, alle modalità dell’attività stessa. Ciò consente, come accennato, di riconoscere una certa continuità nelle linee evolutive della formazione iniziale, che nella sua articolazione centrale è venuta assumendo un ruolo di sintesi e di confronto: sinte- si della sempre maggiore partecipazione degli uditori alle attività della formazione decentrata e confronto tra le diverse esperienze maturate nelle tante sedi in cui viene radicato il tirocinio.

La formazione iniziale ha continuato a rappresentare in questi anni anche prezioso ambito per la sperimentazione metodologica in un ambito formativo fortemente contraddistinto dalla combinazione di aspetti teorici con quelli pratici. Sperimentazione che ha consenti- to poi l’applicazione anche alla formazione permanente, pur con i necessari adattamenti, di alcuni moduli.

Qualche limite il settore denunzia nel coordinamento tra forma- zione centrale e tirocinio locale. L’assestamento delle strutture decen- trate della formazione e gli inevitabili limiti operativi di quelle centra- li, impegnate contestualmente su tutti i fronti della formazione, sono facilmente individuabili tra le principali cause del mancato pieno sfruttamento delle infinite potenzialità che la simbiosi tra attività svol- te al centro (destinate soprattutto a garantire una piattaforma omoge- nea nella formazione dei giovani magistrati a fronte della diversità delle realtà in cui sono inseriti) e quelle invece realizzate singolar- mente o in gruppo nelle sedi locali potrebbe invece consentire. L’im-

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plementazione del raccordo tra le due realtà in sede di programma- zione delle iniziative e della “globalità” del progetto formativo rappre- sentano dunque l’obiettivo da perseguire nel prossimo futuro.

3.3. La formazione permanente

Nella programmazione degli incontri di studio di formazione per- manente, è stata fin dall’inizio chiara la necessità di dedicare spazio, sia nel settore civile che in quello penale che nell’area interdisciplina- re, ai temi di diritto sostanziale e al diritto processuale, accentuando per il secondo l’impostazione degli incontri in senso teorico-pratico.

Anche nel corso del trascorso quadriennio l’equilibrio tra questi due poli ha continuato a costituire un criterio imprescindibile nell’elabo- razione dell’offerta formativa.

Già si è detto nel paragrafo 3.1 della tendenza ad accentuare il consolidamento di una parte di tale offerta. Peraltro la torrenziale opera di novazione legislativa di segmenti rilevantissimi dell’ordina- mento, tanto penale che civile, che prosegue ininterrottamente da quasi dieci anni, deve oramai considerarsi un dato della realtà da cui non può prescindersi in sede di programmazione. Pertanto anche tra il 2001 e il 2004 questa ha dovuto inevitabilmente fare i conti con la forte domanda di formazione sulle novità legislative. In proposito, però, ha cominciato a dare i propri frutti l’interazione tra formazione centralizzata e quella decentrata. Quest’ultima ha infatti iniziato ad assorbire in maniera sempre più accentuata nel tempo buona parte di tale domanda, rispondendo per di più in maniera assai più tempesti- va alle esigenze dell’utenza, esattamente come era stato previsto al momento della sua progettazione.

Ciò ha consentito di diradare progressivamente dai programmi della formazione centrale le iniziative, per così dire, di “primo inter- vento”, incentrate sull’esclusiva illustrazione dei contenuti dei provve- dimenti normativi sulla base di relazioni a “prima lettura”, in grado solo di orientare l’utenza e che rischiavano di appiattire eccessiva- mente la formazione centrale sul piano del mero aggiornamento pro- fessionale. Il che non ha peraltro significato che i processi di riforma siano stati trascurati, ma è stato così possibile programmare interven- ti differiti, in grado di poter contare già sui primi assestamenti giuri- sprudenziali dei nuovi istituti, garantendo anche un confronto effetti- vo tra le esperienze dei partecipanti ai corsi, che tuttora rappresenta uno dei valori aggiunti irrinunciabili della formazione svolta a livello centrale.

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Più in generale, in accordo con le linee elaborate dagli organi con- siliari, la programmazione centrale ha cercato di orientarsi maggior- mente verso temi di ampio respiro e di interesse non settoriale, senza ovviamente trascurare l’approfondimento “specialistico”, ma ricercan- do un diverso equilibrio in proposito, che dovrà essere oggetto di ulte- riore riflessione in vista delle programmazioni future.

Ma nel quadriennio si sono compiuti i primi passi nel senso di una formazione integrata, articolata su interventi complessi che coinvol- gano contestualmente le strutture centralizzate e quelle locali dell’ap- parato della formazione. Anche in questo caso si è cercato di dare attuazione alle direttive consiliari che hanno accompagnato la costi- tuzione della rete decentrata di formazione, ma – a scanso di equivoci e di troppo facili entusiasmi – è bene precisare che gli obiettivi imma- ginati richiedono ancora molto impegno per essere raggiunti e richie- dono anche una riflessione sulle effettive potenzialità operative soprattutto della struttura centralizzata, che proprio nel coordina- mento con la rete decentrata denunzia i suoi limiti organizzativi e di risorse.

Ad ogni buon conto, va segnalata l’iniziativa ad oggetto la prova dichiarativa nel processo penale tenutasi nel corso del 2004 e il cui complesso percorso ha visto affidare alla rete decentrata la gestione della prima fase, che è stata variamente e autonomamente interpreta- ta nei diversi distretti (in alcuni casi in maniera ideale, costituendo dapprima dei gruppi ristretti impegnati nel rilevamento e nell’elabo- razione, anche attraverso la raccolta del materiale giurisprudenziale espresso dai giudici del distretto, delle problematiche applicative più sentite sulla tematica in sede locale e successivamente organizzando un incontro seminariale aperto anche alla partecipazione del ceto forense finalizzato all’illustrazione, alla discussione e al confronto sui temi emersi dall’attività di monitoraggio), ma che comunque ha con- sentito di determinare gli orientamenti dei giudici di merito, anche nella loro diversa configurazione locale, sui principali profili applica- tivi della normativa che regolamenta la materia, peraltro assai contro- versa. In una seconda fase è stata organizzata una seconda iniziativa a livello centrale, nella quale sono confluiti i contributi emersi nel dibattito locale e che ha svolto la preziosa funzione di sintesi e con- fronto sui diversi indirizzi, anche attraverso il coinvolgimento in que- sta sede di rappresentanti dell’accademia e della magistratura di legit- timità, chiamati a loro volta a confrontarsi con le soluzioni e i proble- mi emersi in sede locale.

L’iniziativa in questione ha costituito uno degli approdi più effica-

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ci raggiunti negli ultimi anni, costituendo una sintesi ideale di molte delle linee guida elaborate dalla struttura consiliare nel tempo in materia di formazione (integrazione tra formazione centrale e decen- trata, nonché tra formazione e autoformazione; coinvolgimento attivo dell’utenza; simbiosi tra formazione sugli aspetti teorici e quelli prati- ci). È stato dunque configurato un modulo che deve certamente esse- re ulteriormente affinato, ma che non può non ispirare la program- mazione degli anni a venire, ancorché, come segnalato, non pochi siano i problemi organizzativi che comporta e che devono essere risol- ti per consentire una sua più diffusa adozione.

3.4. La formazione di riconversione

Uno dei tratti che hanno caratterizzato nel passato la formazione centrale è stato indubbiamente quello degli interventi rivolti ai magi- strati in occasione del tramutamento di funzioni. Anzi può ritenersi che proprio la formazione di riconversione è stata prima espressione di un nucleo consolidato dell’offerta formativa.

Pur incontrando un più che discreto gradimento presso l’utenza di riferimento, tali iniziative hanno negli ultimi anni però dimostrato alcuni insuperabili limiti strutturali, costituiti dal contenimento, anche per ragioni economiche, dei moduli formativi – rivelatisi insuf- ficienti a contenere una offerta esauriente – e dall’acquisita consape- volezza che le esigenze dei magistrati in atto di mutare funzioni siano invero ben più complesse e diversificate di come interpretate dalle ini- ziative standardizzate nel corso degli anni, cosicché, a partire dal 2003, tale tipo di intervento è scomparso dalla programmazione ordi- naria, in vista di un annunziato trasferimento della formazione di riconversione alla rete decentrata che stenta a trovare attuazione.

In realtà le stesse linee di tale tipo di intervento sono in corso di ripensamento, riflessione che deve impegnare l’intera struttura nel- l’immediato futuro. Come accennato, le esigenze del magistrato che transita dal settore civile a quello penale risultano enormemente diver- se dalle esigenze di quello che, ad esempio, lascia una funzione giudi- cante penale per assumere quella requirente. Ancora differenti quelle del magistrato che lascia le funzioni di primo grado per assumere quelle di giudice dell’impugnazione. Infine, si pone anche il problema dell’intervento in favore di chi, nell’ambito di uffici giudiziari di note- voli dimensioni articolati in sezioni giudicanti ad elevata specializza- zione, muta l’oggetto della medesima. Insomma un universo comples- so che richiede interventi formativi differenziati e mirati e che, dun-

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que, deve trovare più opportuna collocazione nell’ambito della forma- zione decentrata, pur nella consapevolezza che anche l’approccio seminaristico tradizionalmente riservato alla riconversione deve esse- re ripensato e deve evolversi verso forme più sofisticate e ritagliate sul profilo delle esigenze del singolo.

4. Gli obiettivi specifici della formazione dell’ultimo quadriennio L’impegno sul campo e la consapevolezza della propria capacità di dare fiducia di sé nello svolgere una funzione pubblica, di cui si è detto nel paragrafo di apertura, richiedono una progettualità forma- tiva sia in ordine ai contenuti che ai metodi in corso di avanzata spe- rimentazione. Al profilo valoriale e alla necessità che permei ogni aspetto del saper fare, dalla produzione dei provvedimenti all’orga- nizzazione del lavoro, dal piano della comunicazione nello svolgi- mento della funzione alle forme di manifestazione delle proprie idee fuori di tale ambito, dalla consapevolezza della propria legittimazio- ne professionale alla coscienza dei limiti e delle distorsioni della pro- pria visibilità, è stato dato forte rilievo nelle linee guida per la forma- zione elaborate dal Consiglio superiore della magistratura (5) in per- fetta sintonia con il richiamo del Presidente della Repubblica alla dimensione internazionale della funzione e al contenuto tutt’altro che formale dell’imparzialità. L’obiettivo di non facile realizzazione è quello di fare dello spazio della formazione il luogo elettivo di rifles- sione e di aggiornamento su una “tavola di valori professionali con- divisi” in modo da dare centralità al forte contenuto di impegno e doverosità che caratterizza in particolare la garanzia dell’indipenden- za nell’esercizio della funzione giurisdizionale depurandola da ogni suggestione corporativa.

4.1. La formazione iniziale: imparzialità ed efficienza

La scelta formativa prioritaria è stata quella di concentrare nella programmazione centrale le iniziative formative deontologiche e quel- le a carattere interdisciplinare rivolte a rafforzare la cultura della giu-

(5) Risoluzione dell’Assemblea Plenaria del C.S.M. in data 14 maggio 2003 che traccia le linee guida per la formazione diffusa negli uffici e disponibile via intranet in www.cosmag.it.

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