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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.18 (1891) n.911, 18 ottobre

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L'ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T I M A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno XVIII - Voi. XXII

Domenica 18 Ottobre 1891

N. 911

U N A L Ì N E A D I C O N D O T T A

Molti rimproverano alla stampa, sopratatto a quella che « a torto od a ragione si chiama tecnica, au torevoìe e competente », di essere facile nella critica, ma di non sapere suggerire rimedi e provvedimenti diversi da quelli che biasima e condanna.

Nella attuale situazione si suol dire: — voi rim ­ proverate al Ministero attuale una serie di provve­ dimenti, coi quali, anche se sono espedienti non sem­ pre lodevoli, cerca di lenire i mali dei quali soffre ia nazione. In teoria avete ragione, ma in pratica che volete fare ? Quali sono i suggerimenti vostri ? Quali le misure che prendereste ? Non vedete che la nazione, mentre in verità non era contenta della linea di condotta del precedente Ministero, comincia a credere che nemmeno questo valga di più, e tut­ tavia non trova in nessuna delle opposizioni la ma­ nifestazione di una idea che valga a rassicurare, ed a promettere un migliore andamento della cosa pub­ blica ? E se veramente le cose sono così; se cioè siamo tutti convinti che il Governo non fa tutto il bene che è necessario, ma d’altra parte nessuno sa dire come e quale sarebbe la linea di condotta m i­ gliore, non è meglio rassegnarsi ed abbandonando la sterile critica, accentrare tutte le forze per otte­ nere il meno male relativo?

Queste aH’ineirca, spogliando la corrispondenza che riceviamo in questa importante fase che attraversa il paese, è la opinione di molli amici nostri; ed appunto perchè sono molti, crediamo valga la pena di intrattenersi alquanto sull’argomento.

Potremmo dire che non è ufficio di una rivista di suggerire obbligatoriamente la linea di condotta che il Governo deve seguire. I Ministri sono scelti a p ­ positamente- in un regime costituzionale - tra quelli che sono reputati come più capaci, in un dato mo­ mento, a ben condurre la cosa pubblica ; a noi spelta il compito di giudicare le loro opere secondo che la coscienza e la dottrina — poca o molta — ci dettano. Ognuno in questo mondo ha da eserci­ tare il compito proprio, e non si potrebbe senza confusione sostituirsi uno all’altro. Hanno fatto il loro tempo ed ormai non attecchiscono più quelle pubbli­ cazioni che con troppa presunzione si intitolano « se io fossi Ministro » ovvero « se io fossi Re.

»

E troppo noto, e gli esempi più convincenti lo hanno dimostrato, che molti individui, diventati Re o Ministri hanno dovuto di molto modificare le idee che manifestavano prima di essere assunti a quelli uffici. Potremmo adunque trincerarci dietro la af­

fermazione, che noi, scrivendo

VEconomista,

siamo qui per giudicare l’ operato altrui, e non già per operare noi stessi in luogo di quelli che, per ufficio nostro dobbiamo giudicare, valendoci di quella ampia libertà che ci è concessa dal nostro diritto di cittadini.

Tuttavia non vogliamo nascondere che anche que­ sto principio, il quale in fondo si collega così bene alla legge economica della divisione del lavoro, ha un limite di applicazione, oltre il quale esorbite­ rebbe così da mancare di buon senso. Ed i nostri lettori leggendo i nostri articoli di critica — pur troppo talvolta acerbi, perchè acerbi sono gli alti che critichiamo — debbono pensare che mentre ana­ lizziamo e biasimiamo la condotta di questo o quel Ministro nel nostro pensiero deve pur essere nato e sviluppato il concetto di quello che invece avremmo voluto si facesse. Tra la divisione del lavoro manuale e quella del lavoro intellettuale esiste appunto questa enorme differenza, che l'operaio può benissimo com­ piere una parte di una macchina senza aver mai veduta la macchina completa e senza avere nessun idea delle leggi meccaniche che valsero ad idearla e compierla, mentre il pensatore non può rivolgere intensamente la sua intelligenza ad una determinata parte della economia e della finanza di uno Stato, se non co­ nosce sufficientemente, le leggi generali che rego­ lano le manifestazioni complesse di una società, e se quindi, allorché esamina alcuni atti' od alcuni fatti, non ha dinanzi a se il chiaro concetto di altri atti o di altri fatti che si avrebbero potuto compiere ottenendo differenti effetti.

Nel caso concreto, alcuni si meravigliano che I

Economista,

il quale nel febbraio fu per un m o­ mento illuso sulla linea di condotta del Ministero ed ebbe lodi per alcuni provvedimenti presi, sia ora cosi fiero censore delle disposizioni che vengono prese. Citiamo la

Riforma,

il

Corriere della sera,

ed altri periodici che hanno espresso simile concetto. Ripe­ tiamo cose già dette, ma che non sembrano dette abbastanza. L

'Economista

non è giornale politico, e quindi non ha legami di sorta con alcun partito po- l'itico ; per questo appunto può giudicare dagli atti del Governo con una obbiettività, che ad altri è forse meno facile. E, lo confessiamo, le dichiarazioni che 1 on. Luzzatti ci aveva fatte, appena assunto al potere ci parevano tali da potergli promettere tutto il nostro aPP°n§'° se manteneva la

linea di condotta

che ci sembrava avesse tracciato ; mancò, o pare a noi che manchi, al suo compito, e colla libertà che è effetto di una assoluta indipendenza, lo abbiamo combattuto, lo combattiam > e lo combatteremo, salvo a lodarlo di nuovo, se mutasse linea di condotta.

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L ’ E C O N O M I S T A

18 ottobre 1891

tanto parti ci viene rivolta : — ma d ie volete che

faccia il pover’ uomo?

E'1 ecco breve e chiara la nostra risposta, senza intendere di imitare coloro che si sostituiscono ai Ministri e danno loro dei suggerimenti !

Noi comprendiamo benissimo che la vita politica, e quella dei M inistri sopràtutto, sia una vita di transa­ zioni, 6 nessuno esige che I’ uomo di governo, in un regime parlamentare, sia tutto di un pezzo ed abbia per divisa il

frangar et non flectar ;

ma si può pretendere che, pur in mezzo alle necessarie oscillazioni emerga

la linea dì condotta,

che dà veramente la ragione di essere; di un ministero. Quando si nomina il Sella vien subito al pensiero, (’ economie lino all’osso ; — l’ on. Doda non si libererà mai dall’ errore di aver provocata la abolizione del macinalo e trovati nel bilancio 60 milioni di avanzo; — l’ on. Maglioni, nei primi anni, ebbe nome di ardito riformatore; negli ultimi anni di: Ministro degli espedienti e non sincero; — durante la Presidenza dell’on. Crispi si parlò di

linea di condotta

fastosa.

Quale, doveva essere il carattere del nuovo M in i­ stero ? Quello

della verità ;

ed è appunto con ta'e divisa che il Ministero, in un momento di convul­ sione parlamentar, afferrò il potere. Ma l’amore della verità, quella verità di cui veramente il paese aveva bisogno di essere edotto, non durò nei ministri nem­ meno il volgere di una luna. Troppo presto essi mo­ strarono di credere che null’ altro fosse necessario se non esporre senza attenuanti le cifre del bilancio, e vollero ristretto il loro compito a dichiarare una cifra più alta del disavanzo del bilancio, e ben tosto vol­ lero tentare di far credere al pubblico che fosse la

forma della contabilità,

quella che aveva ingenerate le precedenti illusioni.

È dimenticava ad esempio, l’ on. Lnzzatti che esso stesso quale Presidente della giunta del1 bilancio e le altre numerose commissioni della Camera e del Senato avevano già da molli anni fatte conoscere le condizioni del bilancio esercizio per esercizio, pre­

vedendo anche i risultati degli anni di un prossimo avvenire ; — dimenticavano i Ministri che il paese sapeva ormai quale e quanto era il disavanzo, e che aveva già pronunciato il suo severo giudizio sugli sforzi erculei, coi quali la mente, veramente abile, del­ l’ on. Màgliani aveva cercato di adulterare, colle sot­ tili considerazioni e distinzioni, la reale chiarezza delle cifre; — dimenticavano, che il bilancio italiano, re­ datto nella forma più limpida e trasparente, non per­ metteva l’equivoco sulle risultanze se non ai digiuni delle regole elementari d e lla aritmetica, e che la nostra contabilità, per la prontezza dei suoi mecca­ nismi e per la evidenza dei suoi prospetti, ci era da molti, anche ricchi e esperti paesi, invidiata.

E cosi trovata la nuova illusione e fabbricato il nuovo capro espiatorio, il nuovo Ministero ha cre­ duto di essersi fatto un piedistallo di -verità e non si accorge che così acquista soltanto una delle solite e transitorie basi politiche, tanto meno solida quanto meno

j olitici,

nello stretto senso della parola, sono i principali uomini tecnici che lo compongono.

La via è assolutamente sbagliata , ed al governo dell’on. Di Budini manca ancora io materia economica e finanziaria la

linea di condotta

, come mancava al Ministro Crispi e come mancò negli ultimi anni al Ministero Depretis.

L'Italia non aveva bisogno di sapere se il disa­ vanzo, era di 60, di 70 o di 90 m ilioni; su nti bi­

lancio di 1500 m ilioni, si sapeva benissimo che in qualunque modo si avrebbe potuto, volendolo vera­ mente, ottenere I’ equilibrio ; ma la nazione aveva bisogno di sapere dagli uomini competenti la verità vera

sulle cause

che avevano prodotto e mantenevano questo stato di grave malattia economica, nel quale da cinque o sei anni si trova immerso il paese e che minaccia di diventare cronico.

E se il Ministero avesse avuto il coraggio di esporre francamente quello verità,delle quali pur si protestava convinto, sarebbe riuscito ad avere quel programma, che non ha ancora e che solo giustificherebbe la sua permanenza al potere.

Bisognava dire al paese che esso spendeva più che non comportino le sue forze e soprattuto che aveva ecceduto nelle spese militari; — il Ministero invece si mostrò sempre riluttante ad ammettere economie nei soli due dicasteri, che potevano darle senza tur­ bare i servizi civili.

Bisognava dire che il credito dello Stato era scosso all’ estero, sia per la troppa7 abbondanza ilei titoli emessi, sia per i risultati finanziari degli ultimi bi­ lanci ; — ed invece il Ministero, come i cantanti che con grave strazio dell’ arte , ma con sommo diletto dei loggioni

tengono all'infinito le comuni,

si com­ piacque degli applausi tra i quali i Ministri stigmatiz­ zavano i detrattori del eredito pubblico, imputando ad essi ciò che era ed è solo il prodotto degli errori commessi dal Governo.

Bisognava dire che il credito a ll’ interno non si poteva ottenere se non con la restrizione della c ir­ colazione, obbligando le Banche a non far che sconti di veri effetti di commercio a breve scadenza ; ed invece si legalizzarono i passati abusi della circola­ zione, si aumentò la somma dei biglietti, si fece cre­ dere che il danno stesse nella forma della circola­ zione e non alla su i eccessiva quantità.

Bisognava dire che per riorganizzare il credito al­ l’ interno ed all’estero occorreva la Banca unica, od almeno una effettiva unità di azione delle diverse Ban­ ch e;— ed invece si aumentò la potenza di quelle che si erano mostrate sempre avverse all’ accordo, e si cre­ dette che deprimendo i diritti dei forti i deboli avreb­ bero saputo sostituirne la funzione perchè ì colpevoli, se ve ne erano fossero puniti, e se non ve ne erano fosse tranquillato il pubblico.

Bisognava fare la luco sopra i timori che erano corsi intorno al retto procedimento di alcuni Istituti, e dare notizie al pubblico ilei risultati delle fatte inchieste, ed invece, non solo non si ebbe il co­ raggio di mutare sostituendoli con uomini avve­ duti, energici e seri, alcuni dei commissari presso le Banche, ma si chiuse violentemente la bocca ad un senatore, che aveva osato di richiamare la at­ tenzione sopra fatti, che corrono del resto nella bocca di tutti e che per questo dovrebbero, se non veri, essere sfatati facendo su essi la

luce meridiana.

Bisognava dire che avevamo commesso una serie di errori nella politica doganale, i quali errori par­ tivano da un falso preconcetto sul carattere della economia e della potenza del paese,, e rassicurare gli animi promettendo che data l’ occasione si avrebbe abbandonata la politica proiezionista ; — invece il M i­ nistero, se anche dapprincipio ebbe tale idea, se ne spaventò subito e nessuna parola si lasciò sfuggire elio permettesse di sperare in un i effettiva resipiscenza sulla sua condotta doganale.

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era-18 ottobre era-1891

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vaino minacciati dal corso forzato, che anzi esso

esisteva già di fatto, che vano sarebbe stalo qualun­ que sforzo per riprist.tiare la circolazione veramente convertibi'e se non mutavano le condizioni economi­ che del paese; — ed invece il Ministero ha ripreso il sistema degli espedienti e colle misure che ness ino osa più difendere sulle cedole e sugli spezzali d’ar­ gento, misure dello quali gli amici deìl’on. Lnzzuti all’ estero, ridono meravigliati, si tenta far credere al paese che la causa del male non stia nella forza delle cose ma nella voracità...dei cambia-valule.

Bisognava infine avere il coraggio di dire la ve­ rità vera e ili questo, qualunque cosa dovesse a v ­ venire, formare la base di esistenza del Ministero, il quale, anche se per improvvisa scossa, avesse dovuto soccombere, si sarebbe certo apparecchiato un durevole avvenire; — ed invece i Ministri, dopo il primo momento di meraviglia per il caso impre­ visto che li portò a tanta altezza, non sembrano preoccupati che di un solo pensiero quello di de­ streggiare in modo da poter rimanere almeno quanto i predecessori.

E noi lo confessiamo, noi che udendo nei primi quindici giorni di febbraio le intenzioni dell’on. Luz- zalti c! eravamo illusi che dicendo: non pos o rima­ nere a questo posto senza lasciare una traccia, — volesse dire che intendeva veramente di far cosa nuova ed avere una linea di condotta tutta sua pro­ pria, noi ci lamentiamo anche di questa disillusione venuta troppo presto e ci domandiamo se sia destino che gli uomini, arrivati al potere, perdano la intel­ ligenza del loro avvenire e non rimanga loro che quella del presente.

II PATRIOTTISMO BELLI! SOCIETÀ PER AZIONI

l1 Il ra le molte lettere che abbiamo ricevute per quanto abbinino serijto intorno alle deliberazioni prese da alcune Società di accettare in pagamento dei loro crediti le cedole della rendita, ne pubbli­ chiamo testualmente due: una di un Amministra­ tore della Società italiana di Assicurazione la Fon ­ diaria, l’altra del Presidente della Cassa di Rispar­ mio di Modena. Tutte e due le egregie persone che ci scrivono si dichiarano lettori assidui

dall'Econo­

mista

, ma i loro apprezzamenti sulla sostanza della questione, a parte i giudizi sulla forma, sono molto diversi. Eccole senz’ altro.

Il Sig. M.se Giuseppe Tenari , Consigliere della Fondiaria Incendio, così ci scrive :

13 Ottobre 91 Firenze

Stimatissimo Sig. Direttore dell' Economista Firenze

Sono un abbonato del di lei pregiato giorna'e e per giunta un assiduo lettore di esso; non mi è quindi sfuggito un articolo nella di.-pensa deh’ l l ot­ tobre c. m. che ha per titolo « Il patriottismo delle società per azioni ». Quell’ articolo getta pietre nel mio giardino, quale Amministratore della Fondiari! Incendio, quantunque per la ragione, almeno appa­ rente, che determinò l’ articolo, io mi senta perso­ nalmente estraneo alla c ritic a , trovandomi assente

quando fu presa la deliberazione relativa alle cedole ili rendita.

Ce considerazioni e la forma colla quale il di lei articolo ò svolto mi suggeriscono le due seguenti domande, por lo quali, alla sua cortesia mi rivolgo aliine di averne spiegazione e risposta.

L ° D’accordo pienamente con quanto

VEcono­

mista

scrive ad esempio i ell’articolo « Il Lawismo nel 18 H », non comprendo che, dato esistere nel nostro paese « una specie di corso forzalo law.ito », l’ accettazione per parte della Fondiaria Incendio, io pagamento di premi, di cedole di rendita sia più dannosa ag'i Azionisti della normale accettazione di pagamento di premi nei soliti biglietti di Stato di 5 e 10 lire. — Gli azionisti nel caso speciale non verranno a perdere nulla di più di ciò elio inevi­ tabilmente devono perdere, pagando oggi gli azionisti i premi in carta, e la Compagnia dovendo fare sborsi all’estero in oro. Riassumendo : Ferino stando in tesi generale esattissima la teoria, non mi par giusta nel caso speciale del momento, a meno di nuove ragioni e spiegazioni.

2.° L ’altra domanda è per la forma, non di so­ stanza. Le pare proprio giusto e conveniente por un giornale serio come I’

Economista,

scritto da gente seria, quella forma aggressiva, puntigliosa, ironica ?

Si direbbe che

l’ Economista

per interessi diretti o indiretti con altre Compagnie o per antipatia per­ sonale verso gli Amministratori della F o n d ia ria , cose tutte che se esistessero non dovrebbero traspa - rire in un articolo di critica, perde, per lo meno nella forma, queda serenità di giudizio che è così neces­ saria parlando di cose di finanza.

Term ino questa mia lettera augurandomi, come giustamente desidera I

Economista,

che ci sieuo azio­ nisti che vengano a dire le loro buone ragioni, a fare le loro critiche alle assemblee ! Faranno bene e sa­ ranno ascoltati.

Sperando che tali azionisti sappiano distinguere le cause dagli effetti di esse, giudicare calmamente ed e |uamente, I’

Economista

stia pur tranquillo (forse dalla presente se ne sarà già accorto) che tali azio­ nisti sapranno sempre chiara e tonda la verità da chi si dichiara di lei devotissimo

G . Ta n a r i. L ’altra lettera direttaci daHTII.mo Sig. Presidente della Cassa di Risparmio di Modena è invece del se­ guente tenore :

Modena, lì 12 ottobro 1891.

A ll’ III.™ Sig. Direttore del Giornale V Economista

Firenze.

Nell’odierna gara di Istituti e di Credito e di So­ cietà Industriali per impedire l’ esodo dei coupons della nostra rendita consolidata, se ho sentilo ¡1 coro di reciproche lodi che si fanno detti Istituti, ho se­ guito ancora con molta attenzione gli articoli di quegli Economisti che biasimano invece detta in i­ ziativa, e tra questi il pregevolissimo giornale dalla S. Y . III.“ 8 diretto, concordando essi col mio modo di vedere in soggetta materia.

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18 ottobre 1891

minislrazione si trovò concorde nell’ accettare i con­

cetti svolti in una mia relazione, sicché alla prelo­ dala Cassa di Risparmio si rispose con lettera del seguente tenore :

« Modena, 10 ottobre 3891.

« Ill.no Sig. Direttore

« Questo Consiglio d’ Amministrazione ha esami- « nata la proposta contenuta nella Circolare della « S. V . Ill.ma in data 23 settembre p. p. ed in So­ ft guito a discussione si è trovata concorde nell’ader « rire ai concetti espressi in un mio reparto in senso

«

non favorevole alla proposta.

« Avanti tutto l’accettazione in pagamento e peg- « gio poi a titolo di deposito a risparmio, delle ce­ ti dole semestrali di Consolidato Italiano quando non « è in corso il regolare pagamento, equivarrebbe a « dare ad esse arbitrariamente valore di moneta ; « facoltà che non possono permettersi gli A m m ini- « stratori delle Casse di Risparmio.

« Guardata la cosa sotto I’ aspetto di una specu­ li lozione bancaria, la contrattazione delle cedole « nella forma proposta si risolverebbe già

a priori

« in una operazione svantaggiosa per le Casse, perciò « vietata agli Amministratori, quand’ anche lo scopo « giustificasse la perdita, permettendo la legge agli « Amministratori di usare a determinati scopi d’ in- « teresse pubblico soltanto dei fondo che proviene « dall’ annua liquidazione degli utili.

« La proposta poi non riuscirebbe che al vantaggio

«

privato, ossia di una classe di cittadini, perchè i « possessori, della rendita pubblica si trovano fra i « facoltosi, e la facilitazione di spendere in anticipa­ li zione le cedole favorirebbe la speculazione, rea ­ li dendo frustraneo il sacrifizio delle Casse di R i- « sparmio, deviando dagli scopi prefissi dalla legge « quella parte di utili annuali destinati a vantaggio « pubblico.

« Per queste considerazioni, questa Cassa non ade- « risce alla proposta della S. Y . IU.ma, e quindi non « interverrà al convegno di Bologna.

« Aggradisca nell’ incontro, eec., ecc. »

L'id e n tità dei principii che sorreggono la nostra opposizione, e di conseguenza il sentimento tra di noi comune, che ben altri sono i principii ai quali deve ricorrere il Governo per impedire l ’ incetta dei cou- pons, mi ha indotto ad indirizzare alla S. V . Ill.ma la presente, autorizzandola a farne quell’ uso che Ella crederà migliore.

Con distinta considerazione

Il Presidente

L . Ca lo k i Cbsis

La seconda lettera, quella del Presidente della Cassa di risparmio di Modena (il quale Presidente ringraziamo vivamente per la sua cortesia, e col quale ci congratuliamo per la valida resistenza agli erronei miraggi del presente

Lawismo),

risponde in modo concludente e preciso alla prima delle do­ mande che ci rivolgeva l’egregio M.se G. Tanari. In­ fatti : — esorbita nelle sue attribuzioni una A m m ini­ strazione che riceve come danaro dai suoi creditori ti­ toli che non sono danaro; — esorbita tanto più nelle sue attribuzioni, se tale deliberazione porta un aggravio alla Azienda, ed aggravio c’ è, poiché dovrà tenere

immobilizzate ed infruttfere in cassa, fino a incasso, le somme che gli assicurati pagassero in cedole. 1 danari (biglietti da 5 o da 10 lire come dice l’ egre­ gio Amministratore della Fondiaria), che fossero ver­ sati alla Fondiaria dai suoi assicurati, possono essere dati in conto corrente fruttifero a qualche Istituto, od altrimenti impiegati in modo da renderli frutti­ feri. Le cedole non fruttano e non possono fruttare fino a maturazione, a meno che la società Fondiaria non si serva delle cedole per fare i suoi pagamenti all’ estero lucrando sul cambio, o non le versi, ap­ pena incassale, in conto imposte od altro nelle Casse dello Stato; ma tutte e due queste ipotesi sono escluse dallo stesso telegramma del Ministro del Te­ soro, fatto pubblicare nel

Diritto

, e dalla motivazione premessa alla famosa deliberazione.

Alla prima domanda quindi rivoltaci dall’ egregio Amministratore della Fondiaria, rispondiamo: — che gli azionisti soffrono il danno degli interessi sulle somme versate in cedole dal giorno del versamento fino al giorno dell’ incasso.

La seconda domanda riguarda la forma delle no­ stre censure. Dichiariamo innanzi tutto che nes­ suna antipatia personale possiamo avere verso al­ cuno degli egregi Amministratori della Fondiaria — ed in verità non ne avremmo ragione, che anzi tra loro notiamo dei carissimi amici personali — ma giudichiamo i loro atti come amministratori del danaro altrui, con quella libertà e con quella indipendenza di cui

Y Economista,

anche a costo dei propri personali sentimenti, ha dato prove fre­ quenti nei suoi diciotto anni di vita. Ma I’ egregio M.se Tanari si lagna della forma dello scritto che chiama aggressivo, puntiglioso, ironico; ed ammettia­ mo pure che quell’ articolo fosse vivace, ma sarebbe certamente stato diretto a qualunque altra Società che avesse richiamato l’attenzione del pubblico sul suo operato colla pomposa e motivata pubblicazione del telegramma di S. E. il Ministro del Tesoro. Quando si occupano certe posizizioai si possono avere certe soddisfazioni morali e materiali, ma si debbono an­ che avere i riguardi dovuti appunto dalla posizione. Il Ministro del Tesoro mette in pratica nel 1891 il

lawismo,

da un secolo e mezzo condannato al ridicolo e si spinge sino ai processi; la stampa in­ dipendente si solleva contro l’ errore; quella ufficiosa non ha il coraggio di assumere le difese dei presi provvedimenti ; lo stesso Ministro diventa incerto e correggè in facoltativo il pagamento anticipato della cedola 1° gennaio ai certificati che vanno al cam­ bio e su tutto questo lo stesso M.se Tanari si dichiara — e ce ne felicitiamo — d’ accordo con noi ; — quand’ ecco che una Società privata che ha sede in Firenze — culla della libertà economica e della economia scientifica in Italia — si schiera, non chiamata, dalla parte del Ministro del Tesoro, ne approva gli insani provvedimenti, dà esempio agli altri, sitibondi di telegrammi laudativi, per pro­ muovere un plebiscito di plauso al Ministro, e contro

YEconotnista

c h e — d’accordo coll’egregio M.so Ta­ nari — combatte per il buon senso, la Società Fondia­ ria, offre, a spese degli azionisti, al Ministro un al­ leato insperato, proprio qui in Firenze, alleato, che, appunto per le personalità che rappresenta, ci sarà dagli amici del Ministro rinfacciato !

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impedito il seppellimento della proposta? Noi dob­

biamo per questi signori che, senza obbligo, e come Amministratori del denaro di azionisti - che oggi sono di ben altro pensosi ed inquieti che non sia delle cedole - noi dobbiamo misurare le parole e le frasi, nelle quali del resto, nè nella intenzione, nè nella lettera nulla vi è certo di aggressivo?

Ed il M.se Tenari ha bisogno di andar a supporre legami con altre Compagnie per spiegare la vivacità del nostro linguaggio ?

In un prossimo studio che faremo sulla Società italiana la Fondiaria cercheremo di dimostrare che agli Amministratori di quella Società non dovrebbe — come ci scrive un azionista — « avanzare tempo per immischiarsi nelle qnistioni finanziarie dello Stato » e nella

«

cooperazione al vantaggio della ricchezza nazionale », quando tutte le loro cure e tutto il loro studio dovrebbe essere rivolto a vincere le difficoltà tra cui si dibatte la Azienda, a cui sono preposti e ad amministrare con più successo il capitale che è stato loro affidato e che è oggi così deprezzato; ma in ­ tanto godiamo che la lettera del M.se Tanari ci ab­ bia dato campo a queste franche spiegazioni che toglieranno ogni equivoco sulle nostre intenzioni e gli faranno comprendere che — specialmente par­ lando dell

'Economista

— è un’ arma senza punta il parlare di interessi diretti od indiretti che valgano a farlo giudicare in un senso piuttosto che in un altro.

Il Lawismo Italiano

Mentre ringraziamo i molti dei nostri cortesi let­ tori che hanno voluto incoraggiarci nella campagna che abbiamo intrapresa contro il moderno

Lawismo,

nel quale viene gettalo il nostro paese, e mentre ci conforta il vedere che i nostri giudizi, sebbene con­ trari alla attuale politica del Governo ed anche con­ trari alle manifestazioni della stampa in generale, la quale non intende che in un paese costituzionale il disprezzo della libertà economica si riversa in gran parte in una diminuzione della libertà civile e politica, incontrano approvazioni e seguaci, — dob­ biamo una replica alla

Finanza

di Milano che esa­ mina e cerca confutare il nostro articolo comparso nel N. 908 dell’

Economista.

Noi abbiamo approvato la separazione della circo­ lazione bancaria per conto del Tesoro dall’altra, seb­ bene non ci nascondessimo che tale circolazione ce­ lava un pericolo, quello dell’ abuso che Governi e Parlamenti avrebbero potuto fare di tale stromento di credito. Siamo in dovere di riconoscere che il presente Ministero, per ora, si mostra abbastanza re­ stio ad usare della circolazione a profitto del Tesoro, speriamo che questo fatto sia una promessa che non si arriverà mai all’abuso.

Ma premesso questo, malgrado le sottili osserva­ zioni della

Finanza,

la quale vorrebbe dimostrare che il nuovo Ministero non ha aumentato che di poco la circolazione fiduciaria che preesisteva, noi dobbiamo persistere nelle nostre conclusioni che sono le seguenti : — prima della legge 30 giugno 1891 era possibile un atto energico del Governo per ri­ condurre la circolazione a 755 milioni, impedendo la circolazione legale; già il Parlamento nel 1889

e nel 1890, con ordini del giorno votati alla unani­ mità ed accettati dal Governo, aveva dimostrato la ferma volontà di mantenere la circolazione nei l i ­ miti della legge 187-4 ; — ma dopo la legge 20 giu­ gno 1891, che con biasimevole concetto ha

legalizzato

l'abuso,

il ritorno alla cifra di 755 milioni non è più sperabile; e di questo ci dogliamo come di un gravissimo errore commesso dal Governo, errore da cui si erano tenuti lontani nelle leggi di proroga tutti i M inistri precedenti, sebbene si fossero mostrati meno convinti dei danni di una eccessiva circo ­ lazione, di quello che non lasciasse apparire, da deputato, l’ on. Luzzatti.

Quindi, da questo lato, vi è peggioramento di di­ ritto se non di fatto, o, se si vuole, vi è la consa­ crazione legale dell’ errore. E non è questo che si domandava all’on. Luzzatti, ritenuto così dotto in ma­ teria economica ; — egli doveva, o seguire la dot­ trina restrizionista, come quella che poteva dare al paese una circolazione più solida e più accreditata ; 0 addirittura riconoscere che ogni limite era vano, e che, fissato il rapporto tra la circolazione e la riserva in ragione gradualmente crescente, la circo­ lazione doveva essere lasciata libera.

Ma la legge fatta approvare dall’ on. Luzzatti nel giugno 1891, e che con dispiacere leggiamo nella

Finanza

che « ha posta la emissione bancaria in armonia con le necessità del paese e che rimarrà invariata per tutto il periodo che verrà fissato per la legge definitiva » quella legge non è che la con­ sacrazione degli errori commessi dai predecessori dell’ oc. Luzzatti, ed è essa stessa un errore, perchè non deriva da nessun sano principio.

Ora coi provvedimenti sulle cedole si porta una nuova perturbazione nella economia del paese, creando nuovo medio circolante cartaceo, perchè infatti col decreto 26 aprile u. s. ammettendo dette cedole al pagamento dei dazi doganali di importazione, col successivo decreto 16 agosto ammettendole ai ver­ samenti di tutte le operazioni postali, ed infine col decreto 11 settembre ordinando l’ accettazione delle cedole tanto scadute, quanto in corso di maturazione in tutti i pagamenti dovuti, per qualsiasi titolo, allo Stato e presso qualunque cassa pubblica, — le ce­ dole del debito pubblico sono diventate vera e pro­ pria moneta cartacea, inconvertibile fino al momento della loro maturazione, nel qual momento però sono sostituite dalle nuove che possono venire siaecate dai certificati. Nè vale il dire come fa la

Finanza

che questa loro funzione di moneta sarà molto ristretta, sia perchè non potrebbero essere accettate che al netto dalla tassa di ricchezza mobile, sia perchè 1 portatori non la staccheranno dai certificati onde non impedirsi la possibilità di ottenere sui certificati stessi delle anticipazioni. Evidentemente i tre d e ­ creti succitati non potevano se non mirare a fare affluire nelle casse dello Stato il maggior numero possibile di cedole, per tagliare le gambe alla spe­ culazione, che le raccoglieva per mandarle a ll’ este­ r o ; — che se veramente p e rle ragioni dette dalla

Finanza

ciò non avvenisse, allora vi sarebbe un motivo di più per non approvare i decreti stessi, cioè la loro inefficacia.

(6)

662

V

E C O N O M I S T A

1S ottobre 1891

in più alle Banche per pochi mesi, anziché provve­

dere tanti maggiori fondi all’estero p e r ii pagamento del consolidato, specialmente quando il cambio costa quasi il 2 0/o piu le speso di commissiono. E di­ ciamo che la

Finanza

erra, a lustro avviso, perchè nelle casse dello Stalo tutte le entrate si confondono, e quelle che derivano da debiti creati costano il tasso normale, al quale lo Stato può trovar denaro ; e sic­ come esuberanza di fondi nelle casse dello Stato, per regola di buona amministrazione, non vi deve essere, e ad ogni modo, se le Banche di emissione prestano ad un minore saggio, ciò vuol dire che altri corre- spettivi dallo Stato hanno ottenuto, si conclude che e consumando di quello o di altro danaro, lo Stalo perde, sulla somma di aggio che spenderebbe pa­ gando all’estero in oro.

Ma la

Finanza

si affretta a venire all’ ultimo punto, quello nel quale le parole valgono più delle ragioni, e vieti fuori con questo nuovissimo argomen­ to: « Il provvedimento non va poi giudicato alla sola « stregua del tornaconto economico. E una specu­ li lozione immorale ed antipatriottica quella della « esportazione delle cedole, per ottenere il paga­

li mento in oro all’estero, e

quindi tutte le misure

«

che valgono a combatterla ed a trattenerle in

«

paese, come quelle, adottate, non potrebbero non

«

approvarsi

».

Quest'ultimo inciso è proprio la glorificazione del

Lawismo,

ricorda le grida contro I’ usura, ricorda quelle che fissavano il prezzo del pane, ricorda le fa'sificazioni delle monete, ricorda infine tutto quel Medio Evo economico, che ha servito coi suoi errori a dare impulso al rinascimento economico.

Noi però ripetiamo, a modo di conclusione, quello che tante volle ormai abbiamo detto: — fino a che i biglietti portano scritto le parole

convertibile a

vista;

fino a che le leggi monetarie dicono che uno scudo d’argento vale cinque lire d’oro, e cinque lire d’ argento divisionario uno scudo, mentre nel fatto il biglietto non è convertibile in oro od argento e la moneta metallica ha un prezzo maggiore della mo­ neta cartacea, fino a che questo dura ed in limiti abbastanza larghi, è insano I’ accumulare provvedi­ menti, per i quali si tenti di piegare i fatti alla disposizione di u a legge che ad essi non risponde.

Sappiamo benissimo che le cause di questo stato di cose non sono imputabili al,Ministero presente, ma ri­ salgono anzi a molti anni addietro, e noi non inten diamo appunto di chiamare gli attutili Ministri re­ sponsabili di questi guai; ma da loro, perchè era lecito supporli istruiti delle leggi economiche e degli effetti lo r o , ci attendevamo una condotta perfetta­ mente contraria alla attuale. — Essi dovevano, la­ sciando libero il corso ai fatti naturali, far sentire al paese con tutta sincerità, il peso degli errori pas­ sati, sia per scuotere la fibra dei cittadini, sia per far nascere in loro un sacro errore per nuove illusioni. Invece essi credono di continuare nel sistema degli espedienti che valgono ad illudere e ad ingannare il paese sulla vera sua situazione economica, e cre­ dono essi pure, come I’ on. Magliani, di guarire il male, procrastinandola crise. Avranno lo stessq suc­ cesso, aumenteranno il numero dei falsi dottori.

Ma la

Finanza

ci domanda : l’

Economista

vuole adunque il corso forzoso ? — Noi vogliamo la piena e completa sincerità ; e se lo Stato monetario del paese esige la proclamazione del corso forzoso, è cento volle meglio subire quella iattura, piultostoehè

essere esposti alle isteriche convulsioni del

laicismo,

le quali sono in fondo tanti oltraggi alla libertà civile dei cittadini e tanti arbitri del mutevole Governo. Cosi non si abitua il popolo alla libertà, cioè a sentire il vantaggio della propria saggezza ed il danno dei propri errori; con i sistemi adottati si istituisce una nuova specie di tirannide, quella nella quale i tiranni nuovi sequestrano la libertà col pretesto di r i­ parare gli errori dei loro predecessori. E non è questa, che egli app ica coinè Ministro, la Eco ¡onda politica che I’ on. Luzzatti ha studiato e predicato nei suoi discorsi; ora si vede come non fossero il prodotto della convinzione, ma solo la speculazione dell’ opportunista.

I CONTRATTI AGRARI IN ITALIA

I.

Il posto che o c c u p i l’ agricoltura nell'econom ia nazionale del n stro pese, conferisce a tulio ciò che la riguarda una grande importanza e desta un vivo interesse in coloro che ne seguono le vicende e si danno pensiero del suo progresso. Tutto ciò quindi che, sotto qualsiasi aspetto, ne mette in luce le condizioni economiche, ci presenta l’ ambiente nel quale l’ industria agricola viene esercitata, la situa­ zione della classe agricola, le difficoltà che incontrano e il miglioramento di quest’ ultima e lo sviluppo della produzione agraria, nonché le cause che favoriscono l’ uno e l’altro, tutto ciò merita l’attenzione dell’ eco­ nomista, specie in un paese agricolo come il nostro. Ora una delle materie che dal punto di vista economico hanno grande importanza è quella dei contralti agrari, perchè in essi il progresso dell’ag ri­ coltura, come i buoni rapporti tra i proprietari, gli alììttaiuoli e i coloni poss mo trovare cagioni varie, fa­ v i ovoli o no, e pe ciò st sso di d inno vero a'I’eco- nomia nazionale. Una indagine sui contratti agrari giova a far conoscere (piali forme di contratto r i­ sultano migliori, quelle più in uso e i difetti e i vantaggi loro, serve quindi come stimolo ad abban­ donar.! i contratti meno buoni e a estendere I’ ap­ plicazione di quelli giudicati migliori.

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663

Lì) mezzadria o colonia pnrziaria è più o meno

in uso in tutte le regioni italiane. Però la prima, la

mezzadria,

quella cioè che si fonda sulla divi­ sione di tutti i prodotti a perfetta inetti tra proprietario e colono prevale in tutte le provincie della Toscana, nell’ Emilia e nelle Marche e nelle pròvinéiè meri­ dionali, specialmente in quelle di Teramo, di Chicli e di A quila; in quelle di Caserta, di Avellino e di Potenza e nelle Calabrie. Nella Sicilia è iti uso nelle provincie di Catania, Siracusa e Messina ; nella Sar­ degna se ne riscontrano esempi nel circondario di Iglesias e in quello di Sassari.

Tale contratto suole avere una

durata da uno a

tre anni,

e la divisione dei frutti dal fondo, come gi<à si è accennato, viene fitta a perfetta inetà. Le

imposte prediali

sono pagate a metà fra padrone e colono nell'Emilia, nelle provincie di Modena, di Bo logon, di Ravenna e di F o r lì; nelle Marche, nella provincia di Urbino (Cagli) e in quella di Perugia (Orvieto); nella Toscana nella sola provincia di Sie­ na. In tutte le altre provincie di queste regioni e nelle altre nelle quali vige la mezzadria, le imposte sono interamente pagate dai proprietari dei fondi.

Il mezzadro è tenuto a portare con se gli attrezzi rurali, sotto il qual nomo però vanno compresi quelli occorrenti per l’ordinaria coltivazione e di non com­ plicata fattura.

Pei

miglioramenti

non convenuti nei contratti di mezzadria variano i sistemi a seconda le regioni. Nel Piemonte e nella Lombardia preva'e il principio che il proprietario non è tenuto ad indennizzarli. Anche nel Veneto si segue lo stesso sistema. Nella Liguria invece è adottato I’ uso di bonificare al mezzadro le migliorie non convenute nella misura che giudicano opportuna i periti scolti dalle parti. Ciò accade prin­ cipalmente nella provincia di Genova (Chiavari). N ell’ Emilia è raro il caso che il proprietario debba compensare il colono per bonificamenti, perchè li fa sempre lo stesso proprietario. E lo stesso è a dirsi delle Marche. Nella Toscana usasi nei contratti la formula : che il colono debba piuttosto migliorare che deteriorare il fo: do, e il proprietario non è te­ nuto a bonificare tali miglioramenti. — Nella regione meridionale adriatica tali migliorie sono sempre ese­ guite dai proprietari stessi; in quella mediterranea in generale sono anche a carico del proprietario i mi­ glioramenti; è da notarsi solo che nella provincia di Caserta (Gaeta) il colono è obbligato ad eseguirli e alla fine del contratto vengono valutali da periti scélti da ambe le parli e la metà del loro valore viene rimborsata ai coloni. Così pure nella provincia di Cosenza i miglioramenti sono fatti per conto del proprietario: questo però indennizza il mezzadro per quelli che esso arreca al fondo.

11 Sicilia il proprietario non compensa al colono le migliorie non Convenute ; se invece sono incluse nel contratto, allora il padrone ne indennizza il co­ lono in seguito a stima, redatta da un perito. In Sardegna non si stabiliscono nei contratti patti ri­ guardanti il compenso dei miglioramenti.

Quanto agli

animali

, nel Piemonte essi sono di proprietà dei mezzadri e vengono da essi introdotti nei fondi ; lo stesso avviene in Lombardia e nel Veneto con qualche eccezione; nella provincia di Pa­ via spesso il bestiame viene dato in capitale dal pa­ dróne, ed allora è a metà sia in perdita, che in gua­ dagno; a Belluno gli animali sono del padrone che li consegna al colono e ne divide il ricavato della

vendita e le spese per l’ allevamento ; nella provin­ cia di Udine se gli animali sono di proprietà del colono questi deve pagare un adeguato fitto ih de­ naro pei prati. A Treviso e a Rovigo gli animali sono del padrone.e sono dati a soccida semplice. Nelle Marche il bestiame in generale viene posto a metà tra padrone e colono ; nella Liguria il pro - prietario anticipa il capitale e il ricavo si divide per metà. Nella Toscana il bestiame viene sempre con­ segnato dal padrone al colono e gli utili e le per­ dite da esso derivanti si sopportano a perfetta metà. Nelle rare colonie che si trovano nel Lazio esso è in comune fra proprietario e colono, e nelle due regioni meridionali adriatica

e

mediterranea nonché in Sicilia e Sardegna il bestiame è padronale con maggiore o minore uso delle soccide.

Le

assicurazioni

non sono comuni in tutte le re­ gioni italiane. Sono molto frequenti in tutte le pro­ vincie della Emilia e nella Toscana dove il premio annuo di assicurazione dal danno degli incendi dei foraggi e delle lettiere è a metà tra padrone e co­ lono, nelle Marche la spesa di assicurazione ordi­ nariamente è pagata invece dal proprietario.

La definizione delle

controversie

fra padrone e mezzadro si devolve nel Piemonte, nella Lombardia e nel Veneto al giudice ordinario ; nelle provincie di Torino, di Udine e di Bergamo si ricorre anche ad arbitri. Nella Liguria le contestazioni tra proprie­ tario e mezzadro vengono risolute per mezzo di ar­ bitri, per lo più da due; se sono in disaccordo, ne nomina un terzo il pretore. N ell’ E m ilia suole ricór­ rersi all’ autorità giudiziaria e ai giudici conciliatori. Nelle Marche e nella Toscana sono rari i casi di divergenza fra proprietari e coloni, onde esse ven­ gono appianate sempre in via amichevole.

Riguardo ai

casi fortuiti

i patti che si stipulano nei contratti di mezzadria sono molteplici a seconda delle diverse regioni d’ Italia. Nel Piemonte, nel V e ­ neto e nel Lazio si adottano le regole del Codice C iv ile ; nella Lombardia la maggior parte dei con­ tratti è fatta, come suoi dirsi, a

fuoco

e

fiamma,

cioè con la rinunzia da parte dei mezzadri ad ógni be­ neficio in vista dei casi fortuiti. Nelle provincie di Vicenza e di Treviso rinuncia pure ai benefici di che agli articoli del Codice Civile. Nella L ig uria si usa ricorrere a periti i quali determinano il

quantum

che deve dedursi da ciò che annualmente deve dare il mezzadro ; questa è Consuetudine antica e diffusa. Nell’ Em ilia, i danni derivanti da casi fortuiti sono, in generale, sostenuti a metà fra proprietario e mez­ zadro. Nelle Marche e nella Toscana i danni e le perdite su qualsiasi rendita naturale e industriale avvenuti per casi fortuiti sono sofferti in comune. Nella regione meridionale adriatica i mezzadri rinun­ ciano espressamente all’ eccezione dei casi fortuiti, anche agli imprevisti e straordinari, in quella me­ diterranea valgono le norme del Còdice Civile e così pure nella Sardegna. Nella Sicilia il colono ac­ cetta il patto di rinuncia ai casi fortuiti salvo a Ca­ tania dove si segue il Codic’e Civile. L ’ epoca e la forma della disdetta nei contratti di mezzadria varia molto, specialmente l’ efióea,; ma per la séaTsa' im ­ portanza economica della cosa possiamo tacerne.

(8)

Ales-664

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sancirla e In qualche circondario della provincia di

Novara, i prodotti delle uve sono ripartiti per 2/5 al proprietario e per 4/3 al colono; nei circondari di Mondovì e in quello di Ivrea 3/5 va al proprie­ tario e 2/5 al colono. Nella Lombardia e propria­ mente a Brescia e Pavia l'u v a si ripartisce per 2/3 al proprietario e 1/3 al colono; a Mantova poi si di­ vidono a terzo quasi tutti i prodotti dei fondi, ma la colonia parziaria vi è pochissimo applicata. Nel Veneto anche vige la ripartizione delle uve a terzo nelle provincie di Treviso, Vicenza e Belluno, a quinto in quella di Verona. E nella provincia di Rovigo il proprietario prima di eseguire la divisione dei prodotti, ne preleva per sè la decima, ossia il 40 °/0. Nell’ Em ilia vige la colonia parziaria a terzo, nella provincia di Ferrara dove il proprietario usa anche di prelevare per sè prima della divisione dei prodotti I’ 8 per cento come decimo. Nelle Marche v’ è la colonia parziaria a terzo per il prodotto delle olive nelle provincie di Pesaro, Ancona e Macerata. In quella di Ascoli la ripartizione avviene talvolta per 3/5 a favore del colono e per 2/5 a favore del padrone. Negli Abruzzi e specialmente nella provin­ cia di Teramo v’ è ripartizione per 3/5 al colono e 2/5 al padrone di tutti i prodotti con obbligo però al colono di sostenere tutte le spese per le sementi. In provincia di Chieti il prodotto delle olive è sog­ getto^ a colonia a terzo. Nella regione meridionale mediterranea la colonia parziaria offre una propor­ zione maggiore di prodotti a favore dei coloni, quando i terreni non sono buoni o sono addirittura sterili. Così accade nel circondario di Gaeta dove specialmente per gli ulivi nei terreni mediocri il contadino riceve 3/5 del prodotto e negli sterili 2/3.

A prescindere da questa peculiare specialità dei contratti di colonia parziaria circa la divisione dei prodotti, nel resto essi contengono gli stessi patti di quelli di mezzadria pura, sia rispetto alle derrate che alle altre modalità. In tutti questi contratti le im ­ poste sono sempre a carico del proprietario del fondo. Ci occuperemo nel prossimo numero del

Contratto

d'affitto.

R ivista (Economica Il

Il libero scambio a M arsigliaDebiti degli S t a t i___

Il programma dei so cia listi tedeschi.

Il lìbero scambio a Marsiglia.

— Inaugurandosi, nella settimana ora scorsa, i noti lavori di risana­ mento della città di Marsiglia, con l’ intervento di parecchi ministri, quella Camera di commercio diede loro un sontuoso banchetto, al termine del quale, oltre varii brindisi e discorsi, ne pronunziò uno il signor Fèraud, presidente della suddetta Camera, meritevole di tutta l ’ attenzione.

Dopo il consueto esordio e qualche cenno alla questione del risanamento * il signor Fèraud entrò difilato in materia commerciale, dicendo, rivolto ai ministri :

« La nostra generazione crebbe sotto un regime di libertà commerciali lim itate, dalle quali noi ci siamo costantemente, ardentemente sforzati di dila­ tare la cerchia.

« Noi dobbiamo constatare che 1’ applicazione di

un tal sistema ci permise di portare da 4,157,407 a 3,654,395 tonnellate il movimento in merci del nostro porto. N uovi, rilevanti progressi su questa via, sì felicemente battuta, noi speriamo dall’ avve­ nire, dopo un novello mutamento dell’opinione pub­ blica , che in seguito ad una di quelle crisi inevi­ tabili nella vita dei popoli, provocata da un’ esube­ ranza temporaria di produzione, da una rapida tra­ sformazione nei prezzi dei trasporti marittimi, si è lasciata deviare dai transitori successi d’ una politica economica d’altri paesi e venne ricondotta verso l ’ap­ plicazione di dottrine protezioniste, che noi poteva­ mo ritenere per sempre condannate dai meravigliosi risultati del regime, relativamente liberale, degli u l­ timi trent’ anni.

« Noi consideriamo oltremodo deplorevole per gl’ interessi del Paese il ritorno verso un sistema tanto inconciliabile con i bisogni e i costumi creati da trent’ anni di libertà, quanto con le nostre p oli­ tiche istituzioni e con la nostra organizzazione sociale.

« Qualunque fosse il vostro apprezzamento perso­ nale riguardo a queste nuove tendenze, non poteva spettarvi di sconoscerle ; ma se non credeste di v o ­ lerle combattere, se ne favoriste persino l’ applica­ zione in larga misura, non consentiste tuttavia che si venissero a ferire gl’ interessi di cui siete custodi, dei quali non esitaste ad assumere energicamente la difesa, quando vi parvero minacciati.

Noi che seguimmo cou l’assiduita impostaci dalla nostra carica e con l’ansia legittima che meritavano, le discussioni parlamentari, la cui soluzione doveva decidere dell’ avveuire della nostra città, noi non oblieremo mai l’ energico intervento del Governo che assicurò la salvezza di due nostre grandi industrie locali; non oblieremo mai l’ emozione che s’ impos­ sessò di noi quando, dopo avere nettamente, preci­ samente esposte le considerazioni che dovevano far respingere i dazi proposti dalla Commissione parla­ mentare a carico di quelle industrie, 1’ onor. M in i­ stro del commercio solennemente dichiarava che le conclusioni, da lui enunciate, erano presentate in nome del Governo, del Gabinetto intero.

« Se però l’ energico vostro intervento ci risparmiò una prova sì compromettente per I’ avvenire della città nostra, è incontestabile disgraziatamente che il nuovo regime imposto ci viene, nel suo complesso, a collocare in una posizione di manifesta inferiorità, in confronto ai porti esteri vicini, i quali non avranno a sopportare identici gravami.

« Noi possiamo riposar fiduciosi nella vigilante vo­ stra sollecitudine per impedire che la nostra legi­ slazione abbia a subire nuovi aggravii, che disastrosi sarebbero per noi ; possiamo da voi aspettarci la conservazione dei nostri rapporti commerciali con l’estero, ma dobbiamo far altresì assegnamento sul vostro patriottismo, per rimediare alle condizioni d’inferiorità nelle quali ci troviamo, di fronte ai nostri competitori.

«

I nostri sbocchi sul mercato interno si trove­ ranno sensibilmente ridotti dal nuovo ordine di cose ; l’attività del nostro porto, il benessere della nostra popolazione ne saranno gravemente colpiti : non è però ammissibile, e voi saprete impedire che la Francia perda il poslo, sempre occupato finora da essa, nel Mediterraneo. »

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derazioni di carattere generale, di cui ecco la parte

più sostanziale.

Le anticipazioni, gli impegni, le alienazioni me­ diante un capitale immediato di risorse permanenti, oggidì si effettuano generalmente colla emissione di prestiti aventi un pegno speciale o colla creazione di monopoli), colla alienazione definitiva , per una somma immediatamente versata , di una parte im­ portante delle risorse governative.

Questi metodi non sono del tutto ignoti nelle transazioni fra privati ; succede spesso che alcuni prendano a prestito sopra ipoteca o portino le loro gioie e le argenterie al monte di pietà ; succede anche talvolta, benché in via eccezionale, che un proprietario affìtti le sue terre, facendosi pagare anticipatamente due o tre annualità.

Tuttavia vi è questa differenza fra i privati e gli Stati che ricorrono agli stessi metodi, ed è che nel primo caso i creditori generali si commuovono e gridano alla mistificazione, sforzandosi di impedire che questi atti si compiano. Se un creditore chiro- grafario è avvisato che il suo debitore, sulla solvi­ bilità del quale ha già qualche sospetto, ipoteca tutti i suoi beni, fa riportare tutti i suoi titoli, mette in pegno tutti i suoi oggetti preziosi, farà il possi­ bile per impedire che tutti questi valori si impe­ gnino.

Se invece è uno Stato che impegna per 20, 30 o 30 anni i suoi tabacchi, le sue ferrovie, i suoi diritti di imposta o di dazio, si trova un buon nu­ mero di creditori che l'applaudono, che trovano ottima questa maniera di far danaro alle loro spalle.

I prestiti speciali, i prestiti con pegni, i mono- polii creati mediante un capitale versato una volta tanto, sono sempre nocivi ai creditori generali e prim itivi dello Stato.

II metodo dei prestiti speciali con pegni è stato diversamente giudicato secondo le circostanze e i tempi.

Quando uno Stalo non gode un grande credito e non ha che un debito poco rilevante, questo im ­ pegno di una risorsa speciale può essere atto di buona amministrazione.

Una volta, ogni prestito contratto dall’ Inghilterra aveva un pegno speciale, ossia una risorsa partico­ lare che lo garantiva ; le dogane di un dato porto, una determinata imposta diretta o indiretta in questa o quella provincia.

La parola di fondi (

fund

) non ha altra origine ; e voleva diro una riunione di risorse speciali, de­ stinate con privilegio ad un determinato creditore; per metonimia la parola

fondi

finì per determinare il credito stesso.

La parola di fondo consolidato proviene dal fatto, che, essendosi sotto Piu esteso il creditto dell’ I n ­ ghilterra ed essendone chiara la solvibilità, si sop­ pressero le destinazioni particolari dei vari fondi e si creò un fondo generale destinato a pagare gl’ in ­ teressi e l’ ammortamento di tutti i prestiti.

Quando ciascun prestito, come una volta in In­ ghilterra, è basato sopra un gruppo di risorse de­ terminate, nessuno ha diritto di lagnarsi, ma il caso è diverso, quando il grosso del debito pubblico è costituito senza altra garanzia che quella che risulta implicitamente dall’ insieme della solvibilità dello Stato ; in questo caso ogni emissione posteriore di un prestito, con garanzia speciale, va a detrimento dei creditori antichi, e diminuisce le risorse, su cui

potevano contare, ed aumenta i rischi ai quali sono esposti.

Ciò non vuol dire che qualche Stato, che si trova messo nella condizione di tutela , non possa desti­ nare un certo numero di risorse a servizio del de­ bito pubblico ; così si è fatto in Egitto con successo, e prima ancora in Tunisia ed oggi, col consentimento della Porta, in Turchia. Sarebbe bene trovare un procedimento che potesse creare qualche cosa di analogo nella Repubblica Argentina e nell’Uruguay.

Ma si comprende che non si tratta qui di minori prestiti, sibbene di costituire un insieme di garanzie pei nuovi e vecchi creditori.

Y i sono finalmente dei casi nei quali a prevenire una completa bancarotta si preferisce un concordato. 1 creditori egiziani hanno visto i loro interessi ri­ dotti di tre settimi, poiché invece di 33 lire, stipu- pulate e iscritte sui loro titoli, non ne ricevono più che 20; i creditori tunisini hanno perduto la metà, poiché invece di 33 lire non ne ricevono che 17,50.

Senza dubbio, i creditori di altri Stati in cattive condizioni, si troveranno dal punto di vista della ga­ ranzia del capitale, anche peggio, perchè non po­ tranno approfittare, come nei casi suesposti, del­ l’amministrazione inglese o francese. Ma ogni transa­ zione o concordato, anche del 50 per cento è pre­ feribile allo impegno graduale delle principali risorse di un paese mercè una successione di prestiti pri­ vilegiati.

Il programma dei socialisti tedeschi.

— Il

14

corrente ha avuto principio il Congresso dei socia­ listi tedeschi adunati quest’ anno a Erfurt. Ci occu­ peremo delle discussioni e delle risoluzioni sue nel prossimo numero ; intanto interessa conoscere nel loro testo le risoluzioni proposte dal comitato diret­ tivo quali le ha pubblicate uno degli organi del par­ tito democratico sociale, il

Vorwaerts:

1. ° Stabilimento del suffragio universale, diritto uguale a scrutinio segreto, tutti i sudditi dellTmpero dei due sessi, al disopra dei 21 anni, essendo elet­ tori per tutte le elezioni, lntroduzioue del sistema della rappresentanza proporzionale. Fissazione dei giorni di scrutinio a una domenica o a un giorno festivo. Indennità ai rappresentanti eletti.

2. ° Partecipazione diretta del popolo alla legisla­ zione mediante il diritto d’iniziativa e di rigetto. A m ­ ministrazione del popolo per lo Stato, la Provincia e il Comune. Voto annuale delle imposte, diritto di r i­ fiutare l’ imoosta.

3. ” Diritto di pace e di guerra dato ai rappre­ sentanti del popolo. Stabilimento di un tribunale ar- bitramentale internazionale.

4.

“ Abrogazione di tutte le leggi che limitano o sopprimono la libera espressione delle opinioni e il diritto di riunione e di associazione.

5. ° Soppressione di tutte le sovvenzioni fornite col denaro pubblico alle chiese e alle religioni. L e co­ munità ecclesiastiche e religiose devono essere con­ siderate come Associazioni private.

6. ° Laicizzazione delle scuole. Frequentazione ob­ bligatoria delle scuole popolari pubbliche. Gratuità dell’ istruzione e dei mezzi d’ istruzione in tutti gli stabilimenti pubblici di educazione.

7. ° Istruzione militare universale. Sostituzione della milizia agli eserciti permanenti.

8. ° Gratuità della giustizia, e i giudici siano eletti dal popolo.

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IO.0 Imposta progressiva sulla rendita, sul capi­

tale, sulle successioni per provvedere alle spese pub­ bliche in quanto devono essere coperte colle Imposte. Abolizione di tutte le imposte indirette, dogane ed altre misure economiche che subordinino gl’ interessi della generalità a quelli di una minoranza privilegiata.

Per proteggere la classe operaia, il partito socia­ lista-democratico domanda :

1 °

Una legislazione nazionale e internazionale pro­ tettrice del lavoro sulle seguenti basi :

a)

fissazione di una giornata di lavoro normale di otto ore al massimo;

b)

divieto del lavoro industriale pei fanciulli di meno di 14 anni;

c) divieto del lavoro di notte, eccetto nelle in­ dustrie che esigono questo lavoro per ragioni tecni­ che o di interesse pubblico ;

d

) riposo non interrotto di 36 ore almeno ogni settimana e per ogni operaio ;

e)

divieto del

truck System.

2 °

La sorveglianza di tutti gli esercizii industriali e il regolamento del lavoro nelle città e nelle cam­ pagne mediante un Ufficio imperiale del lavoro, degli uffici locali del lavoro e delle Camere del lavoro.

3. ° [/assimilazione dei lavoratori agricoli e dei d o ­ mestici ai lavoratori industriali ; la soppressione dei regolamenti applicabili specialmente ai domestici.

4. °

La garanzia del diritto di riunione.

5.

°

La concentrazione di tutte le assicurazioni con­ cernenti il lavoro nelle mani dell’ impero, con coo­ perazione efficace degli operai all’amministrazioue.

La produzione e il commercio dei caffi e delio zucchero

Nella relazione del Comm. Miraglia presentata alla Commissione dei valori per le dogane (Ses­ sione 1890-91) togliamo alcune notizie sulla pro ­ duzione e sul commercio del caffè e dello zucchero durante il 1890.

La produzione del caffè è aumentata in questi ultimi anni senza interruzione, senza che vi abbia corrisposto in eguale misura l’aumento del consumo; loccliè ha prodotto una continua diminuzione nei prezzi, alla quale hanno pure contribuito i numerosi succedanei dei caffè, introdotti oramai stabilmente nel commercio.

Il prezzo del caffè che fu nel 1878 di L. 213 il quintale, dim inuì a 190 nel 1881 ; a 170 nel 1882 e 1883; a 160 nel 1881 ed a ISO nel 1883. Però nel 1886 cominciò un aumento nei prezzi, in causa dei cattivi raccolti, dovuti specialmente ai parassiti della pianta.

Senonchè, mentre nel 1889 si erano avuti quasi dovunque pessimi ra c c o lti, questi furono buoni nel 1890.

La produzione del caffè nel mondo, per detto anno, fu così calcolata;

Brasile... Giava e Sumatra C e y la n ... In d ia ... America Centrale America S u d .. . . D a riportarsi Tonn. 710,400 Tonn. 490,000 » 60,000 » 9,400 »

21,000

» 80,000 » 50,000 U-k/bJJUi LO A U U 1 1 « i 1 v ^ T V /U Haiti e S. Domingo... » 43,000 Cuba e Porto R ic c o ... » 35,000 G iam aica... 7,500

Arabia, Madagascar, Africa occidentale » 35,000

Coste occidentali d’A frica ... » 19,500 Filippine ecc... » 14,000 Havai e altre isole del Pacifico... » 1,200 Natal. ... » 100 Totale tonn. 862,700 Invece il consumo del caffè fu calcolato in com­ plesso di 836,000 tonnellate lasciando un avanzo alla produzione di tonnellate 6,700.

Il consumo nel 1890 sarebbe stato così ripartito:

Europa continentale...Tonn. 430,000 Stati Uniti e C anada... » 265, 000 America centrale e A ntille... » 35,500 Brasile e America del S u d ... » 41,500 Asia compresa G ia v a ... ... » 40,000 A fr ic a ... » 25,000 Inghilterra e Irla n d a ... » 14,000 Australia e isole P a cifich e... » 5,000 Totale tonn. 856,OoO

L ’ importazione del caffè in Italia aumentò nel 1890, ed eccone la dimostrazione:

188t! 1889 1890

D all’ Inghilterra quintali 97,682 94,098 99,172

D all’A m e r ic a .. » 17,853 24,915 78,814

Da altri paesi.. » 24,732 16,271 12,733

La media generale dei prezzi fu di L . 233 il quintale; però a formarla concorsero elementi diver­ sissimi e fra loro assai disparati : ciò che si spiega con le diverse proporzioni delle differenti qualità di caffè che si importano sui varii mercati italiani.

Per esempio a Padova si importarono le seguenti qualità: Bahia L. 183; Santos e Rio 220; Porto Ricco e Costarica 260. Ciò diciamo perchè i lettori possano rendersi ragione della media.

Nel 1890 furono prodotti 5 miliardi e mezzo di chilogrammi di zucchero, più della metà del quale in Europa. La produzione media europea è di 2 mi­ lioni e mezzo di tonnellate; nel 1890 è arrivata ad una cifra senza precedenti, a 3,443,000 tonnellate.

Da parecchi anni la Germania tiene il primo po­ sto ; nel 1889 ne produsse 1,220,000 tonnellate e l’ Austria 730,000, mentre la Francia ne produsse 700,000, la Russia 480,000, il Belgio 193,000, I’ Olanda 60,000, la Danimarca 60,000, ecc.

L ’ enorme aumento della produzione si deve a l­ l ’applicazione del metodo per estrarre lo zucchero dalle barbabietole e alla sua grande diffusione in Europa.

L ’ importazione dogi zuccheri in Italia è aumen­ tata di ben 138,890 quintali nei primi undici mesi dell’ anno 1890, in confronto al corrispondente pe­ riodo 1889, come risulta dal seguente specchietto:

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