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QUADERNO 1 E – 2019/2020 Quaderno n.9: EQUAZIONI DEFINIZIONE Si dice

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QUADERNO 1 E – 2019/2020

Quaderno n.9: EQUAZIONI DEFINIZIONE

Si dice equazione un'uguaglianza tra due espressioni contenenti delle incognite.

OSSERVAZIONE

Si poteva anche dire “Un'equazione è un'uguaglianza tra due espressioni letterali” ma ho voluto dare maggiore enfasi alla presenza dell'incognita. L'incognita, come sappiamo, viene indicata con una lettera dell'alfabeto, è noto che nelle equazioni si usa spesso la lettera “x”.

OSSERVAZIONE

Ripensando al capitolo della logica, l'equazione è un predicato che dipende da una certa incognita, assegnando un valore qualsiasi all'incognita, il predicato diventa un enunciato, ovvero un'affermazione (in questo caso un'uguaglianza tra numeri) che può essere vera o falsa.

DEFINIZIONE

Si dice soluzione dell'equazione, un numero che sostituito all'incognita rende vera l'uguaglianza.

Risolvere l'equazione significa determinare tutte le sue soluzioni.

Si dice dominio dell'equazione, l'insieme dei valori che sostituiti all'incognita rendono vera o falsa l'uguaglianza.

ESEMPIO

2 x+1=7

è un'equazione.

Il valore

x=3

è la soluzione di tale equazione.

Qualsiasi altro valore

x≠3

non sarebbe soluzione, perché non renderebbe vera l'uguaglianza, però tutti i valori reali costituiscono il dominio dell'equazione.

ESEMPIO

1

x =5

è un'equazione. Il valore

x= 1

5

è soluzione dell'equazione. Il valore

x=0

non fa parte del dominio dell'equazione perché non rende l'equazione vera ma neanche falsa, visto che l'espressione

1

0

non ha senso. Il dominio di tale equazione è composto da tutti i numeri

x≠0

. DEFINIZIONE

Consideriamo un'equazione

A= B

, con A, B espressioni letterali.

A (quello a sinistra) si dice primo membro dell'equazione;

B (quello a destra) si dice secondo membro dell'equazione;

l'uguaglianza

A= B

si dice identità se è vera per qualsiasi valore del dominio dell'equazione.

OSSERVAZIONE

Introducendo il calcolo letterale avevamo già parlato dell'uso che si fa in matematica delle parole incognita, variabile e parametro. Dal nostro punto di vista attuale non c'è molta differenza perché in tutti i casi si tratta di un valore numerico che non conosciamo per qualche ragione. Per dare una definizione occorre fare riferimento al contesto.

(2)

DEFINIZIONE (non c'è su libro)

Si dice incognita un valore numerico che ci è ignoto e che quindi indichiamo con una lettera dell'alfabeto. Si dice variabile o parametro un valore numerico che può assumere uno qualsiasi di un certo insieme di valori. L'insieme dei numeri che può assumere una variabile è in relazione ad un altro insieme di numeri; l'insieme di numeri che può assumere un parametro è in relazione con un insieme di espressioni letterali.

OSSERVAZIONE

Notate come sia importante conoscere il concetto di relazione matematica. Ad essere sinceri, come già anticipato prima, la scelta di una di queste tre parole può dipendere sia dal contesto teorico, sia dal contesto applicativo, sia dalle nostre scelte tattiche nella risoluzione di un problema.

La definizione che ho proposto può essere schematizzata in questo modo:

incognita variabile parametro

È un valore che non conosco. È un valore che varia all'interno di un certo insieme numerico

È un valore che varia all'interno di un certo insieme numerico È in relazione con un numero. È un relazione con

un'espressione letterale.

Si indica con una lettera dell'alfabeto, spesso con la x.

Si indica con una lettera dell'alfabeto, spesso con la x.

Si indica con una lettera dell'alfabeto, quasi mai con la x.

ESEMPIO

Consideriamo il monomio

3 a

2

x

. Per definizione di monomio, sia la a che la x sono incognite.

Così come sono incogniti i valori di a e di x che rendono vera l'uguaglianza

3 a

2

x=12

, e lo rimarranno finché non risolveremo l'equazione.

Però se cambio il contesto e mi chiedo quali sono i possibili valori reali che può assumere l'espressione

3 a

2

x

allora sia la a che la x sono variabili, e ogni coppia di valori

(a ; x)

è in relazione con un valore reale che ottengo eseguendo il calcolo descritto dal monomio.

Se cambio di nuovo contesto e mi chiedo quale sia il valore che assegnato alla x renda vera l'uguaglianza

3 a

2

x=12

al variare di a nei numeri reali, allora x è l'incognita dell'equazione e a è il parametro perché ad ogni valore di a è associata un'espressione letterale e in questo caso anche tutta l'equazione. Per esempio al valore

a=1

è associata l'equazione

3 x=12

mentre al valore

a=2

è associata l'equazione

12 x=12

.

DEFINIZIONE

Consideriamo un'equazione e il suo insieme delle soluzioni.

Se l'insieme delle soluzioni ha infiniti elementi, l'equazione si dice indeterminata;

se l'insieme delle soluzioni ha un numero finito di elementi, l'equazione si dice determinata;

se l'insieme delle soluzioni è vuoto, l'equazione si dice impossibile.

OSSERVAZIONE

Si noti quanto sia utile conoscere un po' di teoria degli insiemi.

ESEMPIO

L'equazione

2 x+1=7

è determinata, la soluzione è

x=3

;

l'equazione

2 x+1=2 x+1

è indeterminata, è un'identità e qualunque valore di x è soluzione;

l'equazione

2 x+1=2 x+2

è impossibile, l'uguaglianza è falsa per qualunque valore di x.

(3)

DEFINIZIONE

Due equazioni si dicono equivalenti se hanno lo stesso insieme di soluzioni.

ESEMPIO

2 x+1=7

è equivalente all'equazione

4 x+2=14

o anche all'equazione

2 x=6

: tutte quante hanno come unica soluzione

x=3

.

ESEMPIO

2 x+1=7

non è equivalente a tutte quelle equazioni che hanno altre soluzioni, ma non è neanche equivalente all'equazione

x

2

=9

che ha come insieme delle soluzioni

{ 3 ;−3}

. Pur avendo una soluzione in comune non coincidono gli insiemi delle soluzioni.

TEOREMA (Primo principio di equivalenza) Siano A, B, C espressioni letterali:

A= B+C

se e solo se

A−C= B

.

Dimostrazione (solo se):

Sia

A= B+C

vera.

Allora è pure vera

A−C= B+C−C

(ho tolto la stessa espressione ad entrambi i membri).

Visto che ovviamente

C−C =0

allora

A−C =B

. Dimostrazione (se):

Sia

A−C =B

vera.

Allora è pure vera

A−C+C =B+C

(ho aggiunto la stessa espressione ad entrambi i membri).

Visto che ovviamente

−C +C=0

allora

A= B+C

. ESEMPIO

Grazie al primo principio di equivalenza posso affermare che i valori di x per cui è vera l'uguaglianza

x+5=12

sono gli stessi per cui è vera l'uguaglianza

x=12−5

, cioè che le due equazioni sono equivalenti. Con gli occhi vedo il 5 che sparisce dal primo membro e riappare al secondo membro con il segno cambiato.

x+5=12

Equazione da risolvere.

x+5−5=12−5

Passaggio che possiamo saltare applicando il primo principio.

x=12−5

Equazione equivalente a quella da risolvere.

x=7

Equazione equivalente che mi fa vedere direttamente quale sia la soluzione.

TEOREMA (Secondo principio di equivalenza) Siano A, B, C espressioni letterali,

C≠0

:

A= B C

se e solo se

A

C =B

. Dimostrazione (solo se):

Sia

A= BC

vera.

Allora è pure vera

A

C = B C

C

(ho diviso per la stessa espressione entrambi i membri).

Visto che ovviamente

C

C =1

allora

A

C =B

.

(4)

Dimostrazione (se):

Sia

A

C =B

vera.

Allora è pure vera

A

C C =BC

(ho moltiplicato per la stessa espressione entrambi i membri).

Visto che ovviamente

C

C =1

allora

A= BC

. OSSERVAZIONE

Senza l'ipotesi

C≠0

non avremmo potuto dividere per C.

ESEMPIO

Grazie al secondo principio possiamo affermare che l'equazione

2 x=6

è equivalente all'equazione

x= 6

2

. Con gli occhi vedo il moltiplicatore 2 che sparisce dal primo membro e riappare al secondo membro come divisore.

2 x=6

Equazione da risolvere.

2 x 2 = 6

2

Passaggio che possiamo saltare applicando il secondo principio.

x= 6 2

Equazione equivalente a quella da risolvere.

x=3

Equazione equivalente che mi fa vedere direttamente quale sia la soluzione.

OSSERVAZIONE

I due principi di equivalenza sono strumenti fondamentali per risolvere le equazioni e gestire le formule che troviamo in fisica, chimica, matematica applicata e via dicendo. Attenzione a non confonderli! Il primo principio riguarda addizione (e sottrazione), il secondo principio riguarda moltiplicazione (e divisione).

Primo principio di equivalenza (addizione e sottrazione)

Secondo principio di equivalenza (moltiplicazione e divisione)

A= B+C ⇔ A−C= B A= BC ⇔ A

C = B

OSSERVAZIONE

Nel mondo scolastico i principi di equivalenza vengono chiamati anche “leggi del trasporto”, dato che “visivamente” osserviamo pezzi di espressione che vengono “trasportati” da una parte all'altra dell'equazione.

ESEMPIO / ESERCIZIO

Risolvere l'equazione

3 x+5=7−2 x

Applicando il primo principio di equivalenza “trasporto” il “+5” a secondo membro, dove diventa

“-5” e nello stesso passaggio “trasporto” il “-2x” a primo membro, dove diventa “+2x”

3 x+2 x=7−5

(5)

A questo punto eseguo le operazioni indicate: l'addizione tra i monomi a primo membro e la sottrazione tra numeri al secondo:

5 x=2

è un'equazione equivalente a quella di partenza.

A questo punto applico il secondo principio di equivalenza e quindi “trasporto” il coefficiente moltiplicativo “5” a secondo membro, dove diventa un divisore:

x= 2 5

è un'equazione equivalente alla precedente.

La soluzione dell'equazione è quindi

2

5

, posso affermarlo perché l'equazione originale è equivalente (per proprietà transitiva) all'equazione

x= 2

5

che ci mostra in modo esplicito quale debba essere il valore che sostituito alla x rende vera l'uguaglianza.

OSSERVAZIONE

Dunque per risolvere le equazioni useremo anche la proprietà transitiva dell'equivalenza tra equazioni. Abbiamo dato per scontato che l'equivalenza tra equazioni sia effettivamente una relazione di equivalenza.

In effetti che un'equazione sia equivalente a se stessa è ovvio e non ha nessuna importanza quale nominiamo per prima. Dunque le proprietà riflessiva e simmetrica sono ovvie. Non è molto difficile osservare che vale pure la proprietà transitiva: se l'equazione (I) ha lo stesso insieme di soluzioni dell'equazione (II) che ha lo stesso insieme di soluzioni dell'equazione (III) è ovvio che l'insieme di soluzioni è lo stesso per tutte e tre le equazioni!

DEFINIZIONE (classificazione delle equazioni)

Un'equazione dove l'incognita non compare mai al denominatore si dice intera.

Un'equazione dove l'incognita appare in almeno un denominatore si dice fratta o frazionaria.

Un'equazione dove compare una sola incognita si dice numerica.

Un'equazione dove compaiono un'incognita e almeno un parametro si dice letterale.

ESEMPI

2 x+1=7

è un'equazione numerica intera;

1

1+ x = x+2

è un'equazione numerica fratta;

2 x+1=7 a

è un'equazione letterale intera con incognita x e parametro a.

(Ma continua ad essere numerica intera con incognita a e parametro x).

k

1+ x =hx+2

è un'equazione letterale fratta con incognita x e parametri h e k.

(Ma sarebbe letterale intera con incognita una a scelta tra k e h e parametri x e il non scelto tra k e h).

OSSERVAZIONE

La classificazione delle equazioni non finisce certo qui e comunque non è una cosa importantissima: qualunque sia il tipo di frazione, i principi di equivalenza sono sempre validi. In ogni caso, visto che il libro usa questa terminologia, è un bene conoscerla.

(6)

DEFINIZIONE (non c'è sul libro)

Le equazioni equivalenti a quelle del tipo

P (x)=0

dove

P (x)

è un polinomio con incognita x, si dicono equazioni polinomiali. Il grado di tali equazioni è dato dal grado di

P (x)

.

OSSERVAZIONE

Le equazioni numeriche intere sono equazioni polinomiali e viceversa.

TEOREMA (formula risolutiva per le equazioni polinomiali di primo grado)

Siano

a , b∈ℝ∧a≠0

. Consideriamo l'equazione di primo grado

a x−b=0

. Il suo insieme di soluzioni è

S={b

a }

Dimostrazione:

Risolviamo l'equazione intera letterale

a x−b=0

. Per il primo principio di equivalenza

a x=b

.

Per il secondo principio di equivalenza

x= b a

. OSSERVAZIONE

L'ultimo passaggio ho potuto farlo grazie all'ipotesi

a≠0

OSSERVAZIONE

Qualunque equazione polinomiale di primo grado può essere scritta nella forma

a x−b=0

. Che io metta il “meno” o il “più” davanti alla lettera b non cambia la genericità: il parametro b può assumere qualunque valore reale e di conseguenza anche il suo opposto può essere qualunque valore reale. Ho scelto di mettere il segno “meno” davanti alla b per mantenere una certa coerenza col libro dove si legge dell'equazione generica

a x=b

.

OSSERVAZIONE

Per le equazioni di primo grado non c'è un gran bisogno di una formula risolutiva, ma conosceremo una formula risolutiva molto più usata quando affronteremo le equazioni di secondo grado.

ESERCIZI n.1,2,3,4,5 pag.571; n.6,7 pag.572 (vero/falso)

_1a vero, hanno messo come trabocchetto una frazione, ma dobbiamo vedere se l'incognita sta in qualche denominatore o no.

_1b falso, in realtà potremmo considerarla parametro, considerando l'altra lettera come incognita, ma le due parole vengono in genere utilizzate con un significato (leggermente) diverso.

_1c vero, dando per scontato che con x si indica l'incognita e con a il parametro.

_1d falso, l'incognita sta a denominatore.

_2a falso, sempre col presupposto che x è l'incognita e a,b sono i parametri.

_2b vero, l'uguaglianza è vera qualunque sia il valore di x.

(7)

_2c falsissimo, l'unica soluzione dell'equazione

2 x=2

è

x=1

_2d vero.

_3a falso, col solito presupposto che x è l'incognita e k è il parametro.

_3b falso, l'unica lettera che compare è l'incognita x. La loro idea malvagia era quella di distrarci con le frazioni senza incognite, noi avremmo pensato al solito giochetto di farci pensare erroneamente alle fratte e vedendo la parola intera avremmo messo la crocetta su “vero”, dimenticandoci dell'altra parolina “letterale”.

_3c vero, da una parte c'è il polinomio prodotto, dall'altra la sua fattorizzazione.

_3d vero, perché l'uguaglianza è vera per tutti i valori appartenenti al dominio dell'equazione.

Per la cronaca il dominio dell'equazione è l'insieme dei valori reali tali che:

x≠1∧x≠−4

. _4a vero, se (per assurdo)

x=1

fosse soluzione, avremmo

a=a+3

ovvero

0=3

. _4b vero, basta sostituire

x=2

nell'equazione e risolvere rispetto ad a:

2 a=a+3

. Si noti come in questo caso il parametro e incognita si sono invertiti i ruoli.

_4c verissimo, l'equazione è equivalente a

x

2

=−6

_4d falsissimo, in realtà è impossibile, è equivalente a

2=3

.

_5a vero, per esempio

1

1+ x

2

= 1 10

_5b vero, è una di quelle cose che tengo a dare per scontate.

_5c vero.

_5d vero, che poi è

.

_5e vero, che poi è

ℝ−{0}

. Nella seconda equazione volevano ingannarci mettendo a denominatore

x

3

+ x

confidando sul fatto che noi avremmo letto frettolosamente

x

2

+ x

che

si annulla anche per

x=−1

.

_6a vero.

_6b falsissimo, con

a=1

l'equazione diventa:

0=3

, cioè impossibile.

_6c vero, con

a=b

l'equazione diventa:

0 x+a

2

−2 a

2

+a

2

=0

che è un'identità.

_6d falso, l'equazione è destinata a diventare indeterminata sul proprio dominio che però non è quello descritto, deve essere anche

x≠3

.

_7a falso.

(8)

_7b vero.

_7c vero, anche se la frase non è proprio scritta bene, l'equazione ha l'insieme di soluzioni, l'identità è un'uguaglianza vera per ogni valore di un certo insieme.

_7d vero, con le solite riserve sul linguaggio, già espresse sopra.

ESERCIZIO n.9 pag.572

Verifica se l'uguaglianza

x+2(3 x−1)+4(x− 1

2 )= 10−3 x

è vera o falsa per

x=−1; x=0 ; x=1 ; x=3

Si tratta di sostituire al posto della x e constatare se l'uguaglianza è vera o falsa.

(−1)+2(3(−1)−1)+4((−1)− 1

2 )=10−3(−1)

In questo caso, senza nemmeno approfondire i calcoli, ci rendiamo conto che a sinistra si ottiene un numero negativo e a destra uno positivo quindi per

x=−1

l'uguaglianza è falsa.

(0)+2(3(0)−1)+4((0)− 1

2 )=10−3(0)

Ovvero

−4=10

e quindi anche per

x=0

l'uguaglianza è falsa.

(1)+2(3(1)−1)+4((1)− 1

2 )=10−3(1)

Ovvero

7=7

e quindi

x=1

è soluzione.

(3)+2(3(3)−1)+4((3)− 1

2 )=10−3(3)

Ovvero

29=1

e quindi per

x=3

l'uguaglianza è falsa.

ESERCIZIO n.16 pag.573

Verifica se l'uguaglianza

3(2 x−1)

2

=12 x

2

−12 x+3

è vera o falsa per

x=−4 ; x= 1

2 ; x= 3

4 ; x=2

L'uguaglianza è sicuramente vera per tutti i valori indicati perché è un'identità. Non so se l'intenzione degli autori era ottenere questo tipo di risposta, comunque, se proprio ci teniamo a fare i calcoli per tutti i quattro i casi:

per

x=−4

otteniamo

243=243

; per

x= 1

2

otteniamo

0=0

;

per

x= 3

4

otteniamo

3 4 = 3

4

;

per

x=2

otteniamo

27=27

.

(9)

ESERCIZIO n.21 pag.579

Determinare il dominio dell'equazione

4

x + 3

x−2 = 2 x

2

+1

Dobbiamo escludere quei valori per i quali i denominatori si annullano. In pratica si tratta di risolvere delle equazioni:

x=0

ovvia.

x−2=0

la soluzione è

x=2

.

x

2

+1=0

impossibile.

Per poi dire che non vogliamo che la x assuma qualcuno di quei valori:

x≠0∧x≠2

. Il dominio richiesto è

ℝ−{0 ; 2}

.

ESERCIZIO n.22 pag.573

Determinare il dominio delle seguenti equazioni:

3

t−1 + 2

t−2 + 1 t−3 =3 3

x − 2

x+1 = x x

2

+ 4

Visto che dobbiamo risolvere delle equazioni per poi dire che l'incognita la vogliamo diversa dalle soluzioni che troviamo, si è diffusa la prassi di scrivere (con un leggero abuso di linguaggio) in questo modo:

t−1≠0

quindi

t≠1 t−2≠0

quindi

t≠2 t−3≠0

quindi

t≠3

(Praticamente risolviamo le equazioni, scrivendo il simbolo di disuguaglianza, anziché quello di uguaglianza)

In conclusione il dominio della prima equazione è

ℝ−{1 ;2 ;3}

Per quanto riguarda la seconda equazione:

x≠0

x+1≠0

quindi

x≠−1

x

2

+4≠0

se si sente il bisogno del passaggio:

x

2

≠−4

, tale disuguaglianza è sempre vera (perché l'equazione

x

2

=−4

è impossibile).

In conclusione il dominio della seconda equazione è

ℝ−{0 ;−1}

. ESERCIZIO n.25 pag.573

Determinare il dominio delle seguenti equazioni:

1

y+2y−1

y

2

−4 = 1 y

2

+2 y x+1

xx

x+1 = 2 x−1 x

2

+2 x

Prima equazione:

y+2≠0

quindi

y≠−2

;

y

2

−4≠0

quindi

y

2

≠4

quindi

y≠2∧ y≠−2

(si noti l'uso del connettivo “e”);

y

2

+2 y≠0

quindi

y ( y+2)≠0

quindi

y≠0∧ y≠−2

(abbiamo applicato il principio di

(10)

annullamento del prodotto, seppure sia scritto il “non annullamento”).

In conclusione il dominio è

ℝ−{−2 ;0 ; 2}

Seconda equazione:

x≠0

e non c'è bisogno di dire altro;

x+1≠0

quindi

x≠−1

;

x

2

+2 x≠0

quindi

x (x+2)≠0

quindi

x≠0∧x≠−2

.

In conclusione il dominio è

ℝ−{−2 ;−1 ;0}

.

La risposta del libro è sbagliata, si sono dimenticati di mettere il segno “meno” davanti al 2.

ESERCIZI n.27 pag.573; n.28 pag.574 (vero/falso)

_27a vero, hanno lo stesso insieme di soluzioni

S={−1 ;1}

_27b vero, hanno lo stesso insieme di soluzioni

S={1}

_27c falso, non hanno lo stesso insieme di soluzioni:

S

1

={ 1}; S

2

={−1 ;1}

_27d vero, ma solo perché

x

2

+2≠0

per ogni valore di x.

_28a falso, la seconda equazione non ha senso proprio per

x=3

_28b vero, per esempio

1 x = 1

2

e

x=2

_28c vero, come il 27d

_28d vero, in entrambi i casi l'insieme delle soluzioni è vuoto.

ESERCIZIO n.32 pag.574 Le equazioni

x=4

e

x

x−4 = 4

x−4

sono equivalenti?

No, perché la prima è ovvia con soluzione 4, mentre la seconda è impossibile perché per

x=4

non ha senso (creandosi una divisione per zero) e nessun altro valore verifica l'uguaglianza.

ESERCIZIO n.35 pag.574 Le equazioni

x=2

e

x− 1

x

2

+1 =2− 1

x

2

+1

sono equivalenti?

Sì, perché entrambe hanno lo stesso insieme di soluzioni e nella seconda il termine frazionario non crea divisioni per zero in nessun caso (anche se ci interessava solo il caso

x=2

ESERCIZIO n.39 pag.574

Applicando il primo principio di equivalenza, risolvi le seguenti equazioni:

x+9=10 3+x=1

Il primo principio di equivalenza ci permette di “trasportare pezzi” di espressione da un membro all'altro dell'equazione.

Cominciamo dall'equazione

x+9=10

;

“trasportiamo” il 9 al secondo membro:

x=10−9

; otteniamo così la soluzione:

x=1

.

Passiamo ora all'equazione

3+x=1

;

(11)

trasportiamo il 3 al secondo membro:

x=1−3

; otteniamo così la soluzione:

x=−2

OSSERVAZIONE

Qualcuno potrebbe dire: “ma la soluzione l'avevo intuita da me senza fare questi passaggi!”

Certo, ma in questo caso ci stiamo esercitando ad applicare il primo principio di equivalenza!

ESERCIZIO n.46 pag.574

Applicando il primo principio di equivalenza risolvi la seguente equazione:

3 x−8(1+x)=4(2+ x)+5(1−2 x)

Per applicare il primo principio di equivalenza ci è comodo distribuire i coefficienti sulle rispettive parentesi:

3 x−8−8 x=8+4 x+5−10 x

;

Il nostro obiettivo è arrivare a scrivere un'equazione equivalente nella forma x= qualcosa, quindi sposteremo tutti i coefficienti con la x a sinistra e tutti i termini noti a destra:

3 x−8 x−4 x+10 x=8+5+8

; calcoliamo:

x=21

ESERCIZIO n.51 pag.575

Applicando il secondo principio di equivalenza, risolvi le seguenti equazioni:

3 x=27 2 x=10

Grazie al secondo principio di equivalenza possiamo “trasportare pezzi” di espressione da una parte o dall'altra dell'equazione.

Per quanto riguarda la prima equazione:

3 x=27

;

possiamo “trasportare” il 3 dal primo membro al secondo membro:

x= 27 3

; eseguendo la divisione:

x=9

.

Allo stesso modo, nella seconda equazione:

2 x=10

;

possiamo “trasportare” il 2 dal primo membro al secondo membro:

x= 10 2

; eseguendo la divisione:

x=5

.

OSSERVAZIONE

Non ho mai capito il perché, ma gli alunni tendono generalmente ad affezionarsi a scritture che in qualche modo ignorano il secondo principio di equivalenza, come per esempio, risolvendo l'equazione

3 x=27

scrivere subito dopo, o più spesso sovrascrivere:

3 x

3 = 27

3

, per poi depennare e pasticciare:

3 x

3 = 27

9

3

1 e magari lasciare così. In un certo senso è come se tutte le volte dimostrassimo da capo il secondo principio di equivalenza. Non c'è nulla di veramente scorretto in tutto ciò, soltanto brutto, pasticciato e spesso anche poco comprensibile. Personalmente penso che sia comunque meglio utilizzare pienamente il secondo principio di equivalenza, abituandosi all'illusione ottica del “trasporto”, perché questa abitudine torna utile quando sia in

(12)

matematica che in altre materie come fisica o chimica, abbiamo necessità di calcolare le cosiddette formule inverse.

Pensiamo al moto rettilineo uniforme:

s=v t+s

0 . Con

s

0

=0

abbiamo

s=v t

e le formule inverse le ottengo grazie al secondo principio di equivalenza:

v= s

t

oppure

t= s v

. ESERCIZIO n.56 pag.575

Applicando il secondo principio di equivalenza, risolvi le seguenti equazioni:

1 3 x= 2

3

− 3

4 x= 15 2

Partiamo dall'equazione

1 3 x= 2

3

che poi è la stessa cosa che scrivere

x 3 = 2

3

; applicando il secondo principio di equivalenza:

x= 2

3 3

e calcolando:

x=2

. Passiamo ora all'equazione

− 3

4 x= 15 2

;

applicando il secondo principio di equivalenza:

x= 15 2 (− 4

3 )

; calcolando:

x=−10

OSSERVAZIONE Nella situazione

x

3 = 2

3

posso addirittura passare direttamente a

x=2

, dando per scontato il

“trasporto” del denominatore sotto la x. In effetti, anche senza usare il secondo principio di equivalenza, abbiamo sempre la consapevolezza che se l'uguaglianza è vera, lo è anche se moltiplico o divido entrambi i membri per la stessa cosa.

Allo stesso modo, nella seconda equazione, poteva essere comodo un “passaggio di segno”, cioè passare da

− 3

4 x= 15

2

direttamente a

3

4 x=−15

2

, sempre forti del fatto che se è vera l'uguaglianza lo è anche fra i rispettivi opposti.

ESERCIZIO n.60 pag.575

Applicando il secondo principio di equivalenza, risolvi la seguente equazione:

5 x+3(4+x)−2(2 x+6)=20

Prima distribuiamo i coefficienti sulle parentesi:

5 x+12+3 x−4 x−12=20

;

eseguendo i calcoli:

4 x=20

;

applicando il secondo principio di equivalenza:

x= 20

4

; calcolando:

x=5

OSSERVAZIONE

Un “abuso di linguaggio” abbastanza diffuso è quello di concludere l'ultimo passaggio con delle

(13)

uguaglianze a catena:

x= 20

4 =5

. Non è scorretto: una volta che ho la x da sola a sinistra, a questo punto si tratta solo di esplicitarla nel modo più semplice possibile e quindi è come se semplificassi un'espressione numerica. Io molto raramente scrivo in questo modo perché ho paura che gli alunni si confondano, stiamo pur sempre risolvendo un'equazione, ovvero una uguaglianza tra due espressioni (con delle incognite).

ESERCIZIO n.70 pag.577

Risolvere le seguenti equazioni numeriche intere.

x+1=3−2 x 4 x−2=5−3 x

2(3+ x)=x x+1=3−2 x

per il primo principio di equivalenza:

x+2 x=3−1

calcolando:

3 x=2

per il secondo principio di equivalenza:

x= 2 3 4 x−2=5−3 x

per il primo principio di equivalenza:

4 x+3 x=5+2

calcolando:

7 x=7

per il secondo principio di equivalenza:

x= 7 7

semplificando:

x=1

2(3+ x)=x

distribuendo:

6+2 x= x

per il primo principio di equivalenza:

2 x−x=−6

calcolando:

x=−6

ESERCIZIO n.71 pag.577

Risolvere le seguenti equazioni numeriche intere.

2(x−1)+3 x=5 x−3(1+ x)=5 x 3 x+4=7(1+2 x) 2( x−1)+3 x=5

distribuendo:

2 x−2+3 x=5

per il primo principio di equivalenza:

2 x+3 x=5+2

calcolando:

5 x=7

per il secondo principio di equivalenza:

x= 7

5

(14)

x−3(1+ x)=5 x

distribuendo:

x−3−3 x=5 x

per il primo principio di equivalenza:

x−3 x−5 x=3

calcolando:

−7 x=3

per il secondo principio di equivalenza:

x=− 3 7 x +1=3−2 x

distribuendo:

3 x+4=7+14 x

per il primo principio di equivalenza:

3 x−14 x=7−4

calcolando:

11 x=3

per il secondo principio di equivalenza:

x=− 3 11

ESERCIZIO n.72 pag.577

Risolvere le seguenti equazioni numeriche intere.

1

3 x−1= 1 2 x 4 x− 2

3 = 1 2 x+4 5

3 x=2(3− 1 3 x) 1

3 x−1= 1 2 x

per il primo principio di equivalenza:

1 3 x− 1

2 x=1

calcolando:

2−3

6 x=1

ovvero:

− 1 6 x=1

per il secondo principio di equivalenza:

x=−6

4 x− 2 3 = 1

2 x+4

per il primo principio di equivalenza:

4 x− 1

2 x=4+ 2 3

calcolando:

8−1

2 x= 12+2

3

ovvero:

7

2 x= 14 3

per il secondo principio di equivalenza:

x= 14

3 2

7

ovvero

x= 4 3

5

3 x=2(3−1

3 x)

(15)

distribuendo:

5

3 x=6− 2 3 x

per il primo principio di equivalenza:

5 3 x+ 2

3 x=6

calcolando:

7 3 x=6

per il secondo principio di equivalenza:

x=6 3

7

ovvero

x= 18 7

ESERCIZIO n.73 pag.577

Risolvere la seguente equazione numerica intera.

2

3 (15−2 x)−5(2+ x)=19

Distribuendo:

10− 4

3 x−10−5 x=19

calcolando:

−4−15

3 x=19

ovvero

− 19

3 x=19

per il secondo principio di equivalenza:

x=−19 3

19

ovvero

x=−3

ESERCIZIO n.74 pag.577

Risolvere la seguente equazione numerica intera.

( x−1)

2

−( x+3)

2

−(−2)

3

= 4

−3

2

Sviluppiamo i quadrati dei binomi e calcoliamo le potenze note:

x

2

−2 x+1− x

2

−6 x−9+8=− 4

9

(attenzione ai segni, c'erano diversi tranelli!) Calcolando:

−8 x=− 4

9

ovvero

8 x= 4 9

per il secondo principio di equivalenza:

x= 4 9

1

8

ovvero:

x= 1 18

ESERCIZIO n.75 pag.577

Risolvere la seguente equazione numerica intera.

1−x

5 = 1−1+ x

10 −[ x−(1+2 x)]

Per metterci nelle condizioni di applicare i principi di equivalenza dobbiamo eseguire i conti dentro le parentesi e “spezzare” le frazioni:

1 5 − x

5 =1− 1 10 − x

10 −[ x−1−2 x]

ovvero

1 5 − x

5 =1− 1 10 − x

10 −[−1− x]

ovvero:

1 5 − x

5 =1− 1 10 − x

10 +1+ x

(16)

per il primo principio di equivalenza:

x 5 + x

10 −x=1− 1

10 +1− 1 5

calcolando:

−2+1−10

10 x= 10−1+10−2

10

ovvero:

− 11

10 x= 17

10

ovvero:

11 x=17

per il secondo principio di equivalenza:

x=−17 11

ESERCIZIO n.76 pag.577

Risolvere la seguente equazione numerica intera.

ESERCIZIO n.81 pag.579 ESERCIZIO n.85 pag.579 ESERCIZIO n.87 pag.579.

1) Guardare le video lezioni

2) Studiare il libro di testo da pag.557 a pag.559

3) Eseguire gli esercizi n.141 pag.580; n.166, 172 pag.581; n.177 pag.582; n.195, 207 pag.584;

n.212 pag.585; n.221 pag.586; n.229, 241 pag.587; n.249,264 pag.588; n.270 èag.589 Il quaderno del professore n.9 è ora aggiornato con gli esercizi svolti fino a pag.577.

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