L'ECONOMISTA
G A Z Z E T T A SETTI MANALE
SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI
Anno II - Voi. IV
Domenica 15 agosto 1875
N. 67
IL COMMERCIO DELLA RUSSIA
Prima del 1867 in Russia le esportazioni supera vano ordinariamente le importazioni ; ma da qualche anno a questa parte verificasi 1’ opposto. Nel 1872 le prime diminuirono di L. 162,500,000,. mentre le seconde' crebbero di oltre L. 175,000.
Quando Pietro il Grande montò sul trono, vigeva in tutto l’ impero moscovita una tariffa uniforme di diritti doganali. Arcangelo, Nowgorod e Pskow erano allora i grandi empori del commercio estero ; ma la fondazione di Pietroburgo ed il trasferimento della capitale "in questa città operarono un completo e radicale cambiamento. Da quel fatto in poi tutte le merci importate in Russia dovettero passare pei
docks della nuova metropoli, onde contribuire con
la loro quota parte alla prosperità della nascente città, eccettuati i prodotti della provincia di Arcan gelo, cui per eccezione venne permesso di passare pel porto dello stesso nome.
Le tariffe del 1841 e del 1850 già permisero F introduzione in Russia della maggior parte delle mercanzie estere, sottoponendole peraltro a diritti gravosissimi, che per le esportazioni furono o inte ramente soppressi o considerevolmente attenuati ; ma la guerra di Crimea cagionò una specie di ri voluzione nella vita sociale russa, di che fu conse guenza la promulgazione di una tariffa, ispirata ai dominanti principii del libero scambio.
La tariffa vigente, che data dal 1869, mira prin cipalmente a proteggere certi rami d’ industria nazionale, che avean fatto notevoli progressi, spe cialmente la fabbricazione delle macchine: opposta- mente vi si riscontrano diminuiti i dazi su certe derrate alimentari, quali il caffè, il vino ec., divenuti oggetti di giornaliera necessità.
Malgrado le diverse restrizioni impostegli, il com mercio estero della Russia ba molto aumentato da un mezzo secolo a questa parte, in specie negli ul timi dodici anni. Le importazioni, più che triplicate in quest’ ultimo periodo, accusano un tal progresso che non sta in proporzione col corrispondente au mento della popolazione dell’ impero.
Principale articolo delle importazioni russe è il cotone. Le filature e i telai sono presentemente in
Russia ben più numerose di quello che lo fossero prima della guerra civile che afflisse gli Stati Uniti d’ America ; di cui una delle conseguenze fu l’ au- mento di un sestuplo della quantità di cotone im portato dall’ Asia in Russia per le vie di Rucarest, di Persia, Khiva e Tashkend. Dopo 1’ apertura del ! canale di Suez il cotone indiano incominciò ad en
trare in Russia anco pei porti del Mar Nero. Il cotone americano, che passa dal Baltico, è impor tato tanto dai bastimenti inglesi quanto dai tedéschi ! nella proporzione respettiva del 47 °/o, mentre lp
navi degli Stati Uniti ne importano direttamente appena il 4 % . La importazione dei tessuti di co tone, che ha luogo in Russia principalmente per ferrovia, è di poco momento per causa degli alti dazi doganali. Fino al 1850 non potevano entrare nell’ impero che i tessuti tinti, ed anco doveano pa gare moltissimo ; ma dopo il 1857 la tariffa venne anco per quest’ articolo notevolmente diminuita.
Le lanerie sono importate in scarsa quantità; perchè le fabbriche del paese forniscono tutte le varietà, eccettuate quelle superiori che provengono dall’ estero, di cui un decimo pel Mar Nero. Delle lane greggie le importazioni non risguardano che le qualità superiori sì europee che asiatiche. In com plesso la quantità di questo genere che esce dalla Russia è maggiore dii quella che v’ entra.
L’ importazione delle seterie è poco aumentata dopo la diminuzione di tariffe del 1857, a motivo del rincarimento della seta dipendente tanto dalla continuata insufficenza del prodotto nell’ occidente d’ Europa, quanto dallo sviluppo preso dalla relativa fabbricazione in Russia. Egli è soltanto da poco tempo che il commercio delle sete greggie, che si fa specialmente còl Turkestan, ha acquistato dell’im portanza, dòpo che dei russi vi hanno stabilito delle case speciali e delle fabbriche.
La diminuzione dei diritti contribuì ad accrescere le importazioni di articoli di canapa e di lino ; ma siffatto accrescimento ebbe per effetto di ritardare lo sviluppo della fabbricazione di tela indigena.
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quadruplicato negli ultimi sei anni, può sostenere la concorrenza coi metalli indigeni. L ’ Inghilterra fornisce non solo la più gran parte de’ metalli in generale, ma eziandio delle macchine ; al qual pro posito è da sapersi che, malgrado gli elevati diritti esistenti, molte macchine che passano per essere costruite in paese, sono di fabbricazione estera, e solo sono montate in Russia. Da qualche anno a questa parte le importazioni di metalli manifatturati sono in aumento nell’ impero.
Anco di recente il dazio d’ entrata del caffè, era in Russia altissimo ; ma venne testé diminuito ; ond’ ò da credersi che sia presto per accrescersi T importazione di questo genere, che v’ entra per la maggior parte con bastimenti di bandiera inglese.
Fatto singolare e forse unico, la Russia importa pesce in quantità otto volte maggiore di quello che ne esporta ; il che in parte si spiega quando si sap pia che le specie importate non si trovano nei suoi mari e nei suoi laghi, nè tampoco ne suoi corsi d’ acqua.
Siccome la Russia lavora di per sè il tabacco che raccoglie, così accade eh’ essa ne riceve pochissimo dall’ Europa occidentale; ciò non pertanto le sue im portazioni d’Asia, specialmente di Turchia e della Tran- scatfcasia, hanno raddoppiato negli ultimi cinque anni.
Per quanto il sale abbondi nell’iinpero, la Russia ne importa quantità considerevoli dall’estero, per la ragione che a certi paesi lontani dalle saline dell’in terno conviene più provvedersene all’estero.
L ’importazione dei liquidi non aumenta, fatta ec cezione del vino : quella dell’ olio d’ oliva rimane stazionaria, mentre gli altri olii presentano un accre scimento costante.
Le frutta ed i legumi, i primi provenienti di Turchia, d’Italia e di Francia, costituiscono il 2 ed anco il 5 °/0 del commercio d’ importazione della Russia con l’Europa : gli stessi generi di provenienza asiatica, in specie di Persia, han subito poche flut tuazioni in questi ultimi anni.
La Russia riceve tenue quantità di prodotti colo niali o di drogherie di Prussia o d’Inghilterra ; e, malgrado i bisogni incessantemente crescenti dell’in dustria, l’importazione di materie tintorie è andata diminuendo, per l’incremento in cui ne è la pre parazione nei laboratorii paesani.
Il carbone importato in Russia è in quantità in feriore a quella che si dovrebbe desumere dalla con dizione attuale delle sue manifatture. Il che dipende in primo luogo dalle spese di trasporto delle pro- vincie dell’internó che più ne abbisognano, ed in secondo dal bassissimo prezzo delle legna che si bruciano sino in quasi tutte le locomotive russe. L ’Inghilterra fornisce i quattro quinti di tutto quello importato, ed il genere serve per lo più di zavorra a’ suoi bastimenti.
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Tra i prodotti importati esclusivamente dall’Asia, tiene il primo posto il tè. Per oltre un secolo e mezzo la Russia si approvvisonò di tè quasi esclusi vamente dal Kiachra col mezzo di un sistema di scambi. Tal monopolio venne abolito nel 1863, quando fu autorizzata l’importazione del tè pei con fini dell’oriente. Il relativo commercio ha preso na turalmente un rapido sviluppo ; del che è stata con seguenza la scomparsa quasi totale del contrabbando, mercè il quale la Russia occidentale si provvedeva di tè proveniente da Cauran.
In questi ultimi anni il consumo del tè è molto aumentato in Russia, abbenchè sia tuttavia compa rativamente minore a quello dell’Inghilterra : basti il dire che l’importazione del tè nell’impero mosco vita costituisce il settimo della quantità esportata annualmente dalla China. Nel 1873 le tre compagnie commerciali stabilite a Hankow hanno introdotto in Russia 826,117 casse di tè ; due piroscafi russi sbarcarono il loro intero carico di tè in Odessa ed 8000 casse furono trasportate per mare, per la via di Nikolievsk e dell’ Amour ; eppur nonostante le maggiori quantità di tè a destino per la Russia fu rono spedite, come prima, per terra, via di Tien-tsin e da Kalgar a Kiaehta.
Nell’ultimo dodicennio si verificarono poche va riazioni nell’importazione del bestiame, che continua a provenire dalle steppe Khirgiz, a Orenbourg, a Troitsk ed a Petropaulowski.
Nello stesso periodo l’importazione delle pelli e dei cuoi mollo diminuì, quantunque le pelli pecorine siano sempre oggetto di grande importazione. In fatto di pelliccie, le più belle sono quelle di castoro e di lontra, che si esportano d’Asia, d’onde provengono eziandio quelle di volpe, di lupo, di gatto di angora e di topo moscato.
Il quadro delle importazioni delle merci estere del primo semestre 1874, (lim ite delle statistiche pervenute fino a qui al Governo imperiale dai vari punti dell’immenso territorio russo) le cui cifre ci porterebbero troppo in lungo, accusa le stesse ten denze del 1873 ; continua la notevole diminuzione nell’importazione de’vini e l’aumento delle materie prime, in specie, cotone, lana, indaco, e legni tin- torii, la cui importazione era precedentemente dimi nuita. È pure aumentata l’importazione delle mani fatture, eccezione fatta per la tela, eh’ è diminuita. L’importazione della ghisa e delle rotaie è aumen tata di quanto è diminuita quella del ferro battuto, del ferro in barre, delle caldaie, delle placche di blindaggio. Il carbón fossile è pure in diminuzione.
Da tutto ciò chiaro apparisce che la Russia ha minor bisogno del passato di ricorrere all’estero per certi suoi approvisionamenti.
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mento della quantità del segale esportato ; quantità che, se non diminuisce nel secondo semestre, darà ! per l’annata intera una cifra fin qui mai raggiunta, j
Anco l’esportazione degli alcooli è tale che già nel primo semestre ha superato la maggior cifra annuale conosciuta.
Aumento pure nel lino ,e nelle canape greggi, nel tabacco in foglie, negli olii di lino e simili.
Continua la diminuzione nell’ esportazione de’ be stiami ; con tendenza persistente da qualche anno, j che si «stende anco agli animali minori ed in specie j ai suini. Oppostamente aumento nell’esportazione dei cavalli.
Ma l’articolo aumentato in misura sorprendente è il legname di costruzione, la cui esportazione ascese a rubli 15,612,268 nel primo semestre dell’ anno scorso con un accrescimento di tre milioni e mezzo di rubli sul corrispondente periodo del 1875.
Le ossa e le lane non sono escite di Russia in tanta quantità quanto nell’anno scorso ; ma è au mentato quella delle cuoia, dei crini, e degli stracci.
Il ferro dimimlì in misura considerevole.
Il commercio russo d’ esportazipne può adunque ritenersi in condizione soddisfacentissima ; e se si tien conto dello stato del prezzo di esportazione, nel complesso si può dire che la situazione commerciale russa sia floridissima.
SOCIETÀ SICILIANA DI ECONOMIA POLITICA
Seduta del 2 maggio 1875
Sulla perequazione dell’ imposta fondiaria
La Società Siciliana di Economia politica fondata in Palermo nel maggio del corrente anno ed inaugu rata nel dì 18 aprile ora decorso, teneva la sua prima riunione nel giorno 2 maggio p. p. e dava principio ai suoi lavori con una discussione intorno a quel
e che ha messo proprio a rumore il campo della scienza economica, come quello che pone in giuoco in teressi gravissimi, contenendo in sè il problema del l’incremento o del regresso dell’agricoltura in Italia. Su cotesto importantissimo tema otto quesiti erano stati posti dal socio Avv. Francesco Maggiore-Perni ; però nella seduta del 2 maggio decorso la discussione si limitava soltanto ai primi tre, i quali racchiude vano le seguenti questioni:
1» Se fra i sistemi di imposta fondiaria sia pre feribile quello di tassare una volta per sempre la terra con una imposta minima in rapporto alla esten sione ed alla feracità del suolo, lasciando poi libero lo svolgimento della industri, agraria sotto la salva- guardia della immutabilità del catasto e dell’ imposta,
oppure 1’ altro di tassare la rendita netta del pro prietario con catasti mobili e con perequazioni suc cessive e continue.
2“ Se possa approvarsi un sistema misto, il quale mentre da un lato sceglie la forma di un catasto permanente andando a colpire la terra in rapporto alla sua cultura ed in base ad una rendita presunta, si volge poi in fatto al sistema del catasto mobile, mettendo un’ imposta progressiva sui miglioramenti e cercando di colpire il reddito netto senza peraltro raggiungere lo scopo per non ammettere le neces sarie deduzioni, e quali effetti potrebbe cagionare cotesto sistema sull’economia della produzione.
3a Se con T impianto di un catasto geometrico parcellare è possibile trovare la perequazione del- l’imposta fondiaria, e se'cotesto scopo sia stato mai raggiunto da nessuna nazione; ed inoltre se cotesto sistema possa ammettersi dalla scienza dopo il fatto di una lunga esperienza e di fronte alle odierne dot trine economiche.
La presidenza del! adunanza è tenuta dal chiaris simo Prof. Giovanni Bruno, insegnante economia politica nella Università di Palermo, il quale nel- l’aprire la discussione avverte che nello svolgimento delle questioni proposte sarebbe conveniente attenersi principalmente al lato teorico, evitando di entrare nella parte tecnica altro che in quanto sia bastante a far rilevare i gravi ostacoli che può incontrare nella sua attuazione il progetto ministeriale.
Primo a discutere sui tre quesiti proposti si è lo stesso proponente Avv. Maggiore-Perni. Esordisce col dire che la scienza non conosce che due sistemi di imposta fondiaria, cioè, quello che colpisce la terra indipendentemente dalla produzione, e l’altro che col pisce invece la produzione senza curarsi della terra, e dichiara non ammettere che i due sistemi possano cumularsi o confondersi insieme. Si dimostra favore vole al primo di cotesti due sistemi come quello che favorisce lo sviluppo dell’agricoltura, attirandovi i capitali, e come più conforme alla giustizia ed all’utile sociale. Cotesto sistema è anche il più semplice ed economico, giacché una volta impiantato, può fun zionare sempre senza bisogno di ricorrere alle dispen- 1 diose cataslazioni periodiche. Analizza il secondo degli | accennati due sistemi che viene da lui chiamato un
inventario perenne della proprietà terriera e delle sue rendite e gli si dimostra apertamente contrario. Ognuno
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tuazione sarebbe ferace di gravi inconvenienti. Egli si chiarisce partigiano non solo della immobilità del catasto ma anche di quella della imposta, ed a so stegno della sua opinione cita l’ esempio dell’ Inghil terra la quale a tutt’ oggi non ha alterato la sua
la n d -ta x imposta fino dal 1692, mentre in contrac
cambio ha veduto la sua agricoltura progredire im mensamente. Nella medesima Francia dove vige il sistema opposto, vi sono molti che ne costatano gli inconvenienti e si convincono della impossibilità della perequazione, e si citano a proposito dal sig. Mag giore-Perni le opinioni di molti auterevoli scrittori come Sismondi, Audiffret, Coquelin, Passy, e fra le altre quella di Proudhon il quale ebbe a chiamare la perequazione fondiaria un problema insolubile quanto quello della quadratura del • circolo. Osserva anche come il catasto mobile ammette necessariamente il sistema dei disgravii, il quale porta alla diminuzione continua della massa imponibile e per conseguenza dell’imposta, e cita anche a questo proposito l’esem pio della Francia dove l’imposta fondiaria da 210 mi lioni è discesa fino a 107 milioni. Rammenta che anche in Italia si è avuto una riprova della sconve nienza di procedere a nuove perequazioni e cita il caso del Piemonte il quale nel 1864 si era fatto un nuovo catasto per repartire il suo contingente che dovè tosto abbandonare per tornare ai vecchi catasti a cagione dei gravi inconvenienti arrecati da cotesta misura. L’egregio oratore dimostra che la vera pe requazione la fa il tempo, tantoché una nuova pere quazione che volesse conseguirsi con lo impianto di un novello catasto non fa altro che raggiungere l’ef fetto opposto, sperequando cioè quanto il tempo aveva perequato. Conclude che il progetto governativo della perequazione dell’imposta fondiaria non è appoggiato a principii scientifici ma è informato ad un sistema misto, fiscale, ed immiserente, talché non può gua dagnarsi il favore di quanti amano la scienza e il paese. Il socio Comm. Balsano prende la parola, dimo strandosi contrario alle opinioni dell’ oratore, che lo ha preceduto. Egli respinge la idea della immobilità della tassa fondiaria. Genericamente parlando, la im mobilità delle imposte è essenzialmente contraria al- l’ indole della stessa imposta, perchè, essendo questa un prelevamento di una parte del reddito del con tribuente, per sopperire ai bisogni dello Stato; quando questi aumentano occorre che aumenti anche l’ im posta. Se si decretasse la immobilità dell’ imposta, si arresterebbe lo sviluppo economico della Società in tiera. Dice poi che cotesto aumento di imposte, quando se ne verifichi il bisogno, non può mai ri sparmiare una data industria perchè bisognerebbe poi tassare più gravemente le altre industrie, creando così un privilegio ingiusto e dannoso. Come argo mento a dimostrare la necessità dell’ aumento delle imposte, cita il fatto economico del valore decre
scente della moneta, in quanto che oggi una data quantità di metallo prezioso, non rappresenta più il valore che aveva una volta. Applicando cotesti prin cipii generali alla imposta sulla terra, il signor Bal sano dimostra come non vi sia ragione perchè i redditi del proprietario di terre, debbano andare esenti dai necessari aumenti di imposta. Avverte poi, che non tutti gii aumenti dei redditi del suolo de rivano da maggiore impiego di capitali e di lavoro, perchè altri fatti indipendenti dalla volontà del pro prietario, come l’ apertura di una strada, lo stabi lirsi di un centro di popolazione, possono aumentare vistosamente cotesti redditi.' L ’ esempio dell’ Inghil terra non convince il Comm. Balsano, anzi egli dice che la immutabilità del la n d -ta x fu proclamata da Pitt, non per un concetto economico o scientifico, ma per un ripiego finanziario, in quanto che ren dendo immobile la tassa ed ammettendone il riscatto alla pari di una passività censuaría, sperava di otte nere da cotesto espediente delle risorse straordinarie necessarie all’ Inghilterra, per sopperire alle spese delle guerre sostenute contro il primo Napoleone. Ma la immutabilità della tassa sulla terra, rese ne cessario in Inghilterra l’ impianto dell’ income-tax a cui sono soggetti i proprietari alla pari di qua lunque altro possessore di redditi; ed anche fra noi quando 1’ on. Scialoja si studiava nel 1866 di ren dere immobile e riscattabile l’ imposta fondiaria, la voleva però accompagnata dalla tassa sull’ entrata, la quale avrebbe colpiti i redditi dei possidenti come quelli di tutti gli altri. Vorrebbe però il signor Bal sano, ed in cotesto si avvicinerebbe un poco alle idee del signor Maggiore-Perni, che il contingente fosse immutabile durante la perequazione, perchè se a cotesta si unisse 1’ accrescimento della imposta, si avrebbero gravi inconvenienti, e tutti quelli che oggi pagano poco si troverebbero addosso due accresci menti in una volta, e conclude dicendo che egli vuole la perequazione dell’ imposta fondiaria, non come misura fiscale ma come atto di giustizia.
15 agosto 1875 L ’ E C O N O M IS T A 197 del lavoro si dovrebbe, per essere logici e giusti,
ricominciare da capo l’ operazione. Se un nuovo censimento territoriale, egli dice, potesse farsi come una stampa fotografica si potrebbero allora almeno per un momento, correggere tutte le disuguaglianze, ma siccome, cotesto è impossibile, così il sistema della perequazione fallisce al suo scopo.
Ma nel mentre che da 'un. lato lo scopo che il legislatore si prefigge con cotesto sistema non si raggiunge, da un altro lato poi le perequazioni perio diche producono il grave inconveniente di contra riare l’agricoltura allontanando i capitali dalla terra per timore di carichi maggiori. P ur troppo il pas saggio dei feudi dalle mani di possessori poveri ed ignoranti a quelle di possessori più agiati ed intelli genti è oggi contrariato dalle esorbitanti tasse di re gistro, ond’ è che se si aggiungesse anche il timore di maggiori aggravii sui prodotti del suolo, cotesto benefico movimento si arresterebbe anche di più. Se adunque, conclude il chiarissimo Professore, da un lato non si ottiene il vagheggiato conguaglio della imposta, e dall’ altro si producono degli effetti di sastrosi per lo sviluppo dell’ agricoltura, non si trova invero ragione che consigli la mobilità del catasto. Non sempre può seguirsi in fatto d’ imposte il prin cipio della proporzionalità con la rendita del con tribuente, e difatti in tutti i dazi indiretti i quali danno allo Stato il maggior contingente cotesta pro porzionalità n n si verifica ; e da cotesto il profes sore Bruno argomenta che non vi è poi tanto biso gno di cercare cotesta rigorosa proporzione nella tassa sui terreni, la quale in fin dei conti non è che una decima parte dell’ entrata totale dell’ erario. Non si nasconde l’ egregio professore l’ obiezione delle gravissime differenze che esistono fra i varii catasti oggi funzionanti in Italia, dal qual fatto 1’ on. Mini stro delle Finanze ha tratto il più valido argomento a comprovare la necessità di una riforma catastale generale, ed a tale obietto replica che se si trattasse di un censimento generale che mirasse a far scom parire tutte le attuali disuguaglianze senza però adot tare il sistema^delle perequazioni periodiche, forse si potrebbero trovare motivi per ammetterlo. Ma non mancano peraltro ragioni per combatterne e negarne 1’ assoluta necessità e coteste principalmente si fon dano sul fatto del continuo trapasso delle proprietà fondiarie, il quale scancella l’ingiustizia d’ una con tribuzione sproporzionata al reddito, giacché il nuovo proprietario ha calcolato nel prezzo di acquisto il capitale preciso occorrente a pagare l’ imposta che grava il fondo da lui acquistato; e perciò se coteste ingiustizie della repartizione della tassa si sono già corrette o vanno gradatamente correggendosi, non può apparire tanto pressante il bisogno di una nuova perequazione. E poi, quando anche oggi a togliere le lamentate ingiustizie dovesse procedersi
ad una perequazione, forse che non si ripeteranno in avvenire quelli stessi fatti che hanno per lo ad dietro arrecate tante profonde variazioni nei redditi dei fondi censiti ? E quando ciò accadesse, come pur deve necessariamente accader^, non sarebbe allora necessaria una nuova perequazione e non dovrebbe conseguentemente ammettersi la mobilità dei catasti con tutto il corredo dei mali di sopra lamentati? — Pare poi al prof. Bruno che tutte le opposizioni che oggi si fanno all’ impianto d’un catasto generale ed al sistema delle perequazioni periodiche acqui stino tanta maggiore importanza in quanto che co- testi nuovi catasti vorrebbero prendere a base de riparto dell’imposta la rendita netta del proprietario, lo che necessariamente rallenta l’ attività feconda trice del suolo allontanandone i capitali. Se invece si trattasse di un nuovo censimento che prendesse per hase dell’ imposta la estensione e la potenza produttiva delle terre, allora egli non vi si dimo strerebbe contrario. Cotesto sistema difatti lascierebbe al proprietario tntta la libertà di accrescere la pro duttività dei suoi fondi senza il timore che l’aumento di vendita portasse seco aumento d’ imposta. Cotesta tassa sulla terra, non sul reddito netto, potrebbe aumentarsi o diminuirsi a seconda dei bisogni dello Stato e potrebbe anzi servire d’ incitamento ai mi glioramenti agricoli perchè quanto più crescesse il reddito dei proprietarii e tanto meno sensibile di verrebbe 1’ imposta. Concorda il sig. prof. Bruno che con il sistema da lui accettato l’ imposta par rebbe colpire piuttosto il capitale che il reddito, ma egli dice che conviene far distinzione fra il capitale terra e gli altri capitali, e che mentre gli altri capi tali verrebbero a diminuire mediante un’ imposta che li colpisse, cotesto non può avvenire per il ca pitale terra, tantoché in conclusione la imposta sa rebbe sempre sul reddito. Egli non crede impossi bile lo impianto di un catasto permanente calcolato su coteste basi che senza nuocere cioè al progresso agricolo riescisse a vantaggiare la finanza dell’ erario. Conclude il suo discorso dicendo che il problema è assai grave e complicato, e che la società potrà stu diare con maggior ponderazione e tornare a trattarlo in altra seduta.
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terra che li produce. Rammenta che per lungo tempo la terra fu sola a soffrire le imposte e i carichi dello Stato, ed oggi non si commetterebbe poi una ingiu stizia se a sua volta l’agricultura fosse esente dal l’aumento delle imposte. Fra le rendite dell’ indu striante e quelle del possidente non è da far para gone ; l’industriante dichiara i suoi redditi di anno in anno e paga più o meno a seconda dell’entità di co- testi redditi, ma il possidente non può chiedere dimi nuzione d’ imposta per le tante vicissitudini alle quali è sottoposta la terra, ed in conseguenza non possono trattarsi alla pari la imposta personale e quella ter ritoriale. Riducete personale l’imposta della terra, dice il sig. Ralsano, abolite i catasti e state alle indivi duali dichiarazioni dei redditi e allora scenderemo sopra un terreno discutibile ; senza di ciò non vi è altra verità che le immobilità del catasto e dell’im posta. — A sostegno della sua opinione cita nuova mente l’esempio dell’Inghilterra, dicendo che dessa è la terra deH’ecohomia politica,-e che la floridezza della sua agricoltura e del suo commercio compro vano la bontà del sistema da lei seguito.
Il socio sig. Tammaso Abate prende parte alla discussione premettendo che il problema è assai grave e complicato talché è necessario studiarlo e discu terlo in altra seduta. Egli vuole distinta la questione della stabilità del catasto da quella della mobilità o immobilità dell’imposta fondiaria. Riassume in poche I parole le opinioni mani|pstate dagli oratori che l’hanno preceduto e si limita a trattare della prima delle due accennate questioni, cioè a dire della mobilità o sta bilità del catasto. Si associa all’opinione emessa dal Prof. Erano a riguardo della impossibilità pratica di
j
ottenere una uguaglianza proporzionale di trattamento | fra i proprietarii, mediante la progettata perequa- I zione, e soggiunge che, volendo considerare il cata-j
sto anche, sotto il rapporto dei vantaggi che arreca j per le contrattazioni civili, l’ottenerlo perfetto è quasi impossibile, e che rimpianto di un catasto chiede tanta spesa e tanto tempo da scoraggiarne l’attuazione. Adduce varii esempii a sostegno di cotesta asser zione e rammenta come il catasto francese iniziato nel 1807 non fosse compiuto che nel 18-15. Si dimostra contrario anch’egli alla riforma dei catasti perchè se lo scopo principale di cotesta opera colossale non può ottenersi, e se invece dà luogo a tanti inconvenienti a carico dell’agricoltura, considerato anche che per i passaggi di proprietà le lamentate differenze di stima si correggono da per loro, non vede a quale scopo si voglia oggi la perequazione. Egli finisce col dire che se vuol farsi dal Governo la perequazione a scopo fiscale allora la intende, ma non intende che cotesto possa essere mai un atto di giustizia.Le parole del socio Abate davano termine all’adu nanza della Società Siciliana, della quale noi abbiamo reso conto, ma da alcune espressioni degli egregi '
Socii ed in specie del loro on. Presidente si rileva che eotesta importantissima discussione sulla pere quazione della imposta fondiaria venne piuttosto so spesa che chiusa, talché attendiamo con vera solle citudine di conoscerne il seguito e la fine. Siamo stati costretti ad ammirare la profondità e la bontà degli argomenti addotti a sostegno delle loro opinioni dai chiarissimi interlocutori, e la divergenza di co- teste opinioni addimostra appunto tutta la gravità e la ’difficoltà della materia. La Società Siciliana di Economia politica ha bene inaugurato i suoi lavori scegliendo per primo argomento dei suoi studi un tema così importante sul quale, innanzi che sia sot toposto all’esame del Parlamento, vorremmo che si formasse nel campo degli economisti quella che si dice la opinione pubblica. Ad ottenere cotesto non vi è mezzo più acconcio di quello praticato dai chia rissimi componenti la Società Siciliana, e cotesti mee~
tings della scienza avranno certo maggior valore di
nanzi ai nostri legislatori che le solite radunate nelle piazze e nei teatri. Noi adunque ci congratuliamo sinceramente con eotesta benemerita Società e fac ciamo voti perchè essa abbia vita prospera ed ope rosa e possa così portare il sussidio dei suoi lumi nello studio della questione gravissima dello assetto amministrativo e finanziario di questa nostra Italia.
S iam o lie ti che ci s ia d ato p u b b lic a re la se g u e n te l e t t e r a che l’illu s tr e e v e n e r a to C onte G io v an n i A rr iv a b e n e in d iriz z a v a al c h ia ris s im o P ro f. G io v a n n i B ru n o e la r is p o s ta r e la tiv a .
L E T T E R A del C onte Giovanni Arri vabene
SENATORE DEL REGNO
al P ro f. Giovanni Bruno
Egregio sig. professore
Ringraziandola dell’offertomi discorso da lei pro nunciato per l’inaugurazione della Società Siciliana di economia politica che lessi con sommo interesse, scrissi che le avrei dirette alcune righe da esso suggeritemi. Eccole.
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furono fatidiche. Un’ altra domanda gli feci : Preva lendo il sistema costituzionale, credete voi che rimarrà immobile nelle sue basi attuali? Non sarebbe desi derabile, a cagione d’ esempio, che la Camera dei deputati fosse composta di un minor numero di indi- dividui ? Costituite come ora sono, non creano un inciampo al rapido disimpegno degli affari? D’ altra parte non sarebbe più agevole agli elettori il far cadere la scelta sopra uomini, di cui non è dovizia in nessun paese, i più onorandi, intelligenti, dotati delle qualità che si richiedono in coloro nelle mani de’ quali sono posti i destini della patria ? « Quanto « a me, disse il Rossi, persuaso io pure della scar- « sezza d’ uomini quali voi li designaste, penso essere « meno male che le Camere dei deputati siano nu- « merose. Comunque s ia , aggiunse eg li, avviene « sempre nei paesi retti a sistema costituzionale, con « un re, o un presidente, una Camera dei deputati, « e un Senato, che il preteso equilibrio dei poteri « sia, per così dire, un sogno, che abbia la preva li lenza quello in cui trovansi riuniti maggiore senno, « carattere, ardimento. »
Quanto al potere esecutivo, forse impropriamente chiamato governo, parrebbe potersi più facilmente comporre di scelti individui; ma avviene egli sempre così? Ad ogni modo, nè a Lei, nè a me, nè a qual siasi persona ragionevole, cadrà mai in mente di dire che il governo sia una inutilità. Il mio amico Senior diceva, il peggiore de’ governi, quello di un re barbaro, affricano, valere meglio che 1’ assenza di governo. Ma l’ intervento di questo nelle private faccende, come scrisse 1’ onorevole mio collega com. Ciccone, nella sua bella lettera sulla attuale divisione delle scuole economiche stata inserita n e\YEconomista
d ’Italia, va misurato alla stregua del grado d’ inci
vilimento delle nazioni, minore intervento nelle più, macrsiiore nelle meno incivilite.
Nel primo volume della mia opera sulle società di beneficenza della città di Londra publicato a Lu gano nel 1828, rendo conto di una società, la quale aveva per istituto il miglioramento della condizione dei contadini. Essa impiegava i suoi fondi a com perare terre da essere divise in piccoli lotti fra con tadini, a dotarle di capitali, e usando della sua in fluenza determinava il governo a fare lo somigliante. Riuscì essa nel suo intento? Nullamente. Ereve fu la sua vita. Il giudizio che portai allora di quella società, quadra alla situazione attuale delle cose in Inghilterra, e ovunque, e temo che sarà lo stesso in un lontano avvenire. Le condizioni di una parte dei nostri simili, diceva io, per quanto misere sieno, non si mutano con un colpo di bacchetta magica, se ne può temperare l’asprezza, e non più. I go verni poi non invadono impun mente il campo della carità, e la carità stessa, se inintelligente, sregolata, in ultimo risultato, nuoce più che non giova. 0 fare
delle società umane altrettanti conventi, o lasciando liberi il più possibile gli individui nel disporre delle proprie sorti sottometterli anche agli inconvenienti che ne derivano. E con quali di questi due sistemi abbiano meglio fiorito le società umane, parlano i fatti.
Mi permetta, prima di por termine a questa già troppo lunga le tte ra , che io Le manifesti un mio dubbio. Ella dice improduttivi gli studi g ra v i, ca gione, talvolta, a coloro che li coltivano, più che di fortuna di persecuzione e di calunnia. Ma quanto all’ uman genere, non sono èssi, e non furono so pratutto all’ età nostra, i creatori di quelle grandi scoperte, le quali esercitavano una benefica influenza sulla civiltà, la prosperità e la ricchezza delle nazioni? E quanto agli individui, se a taluni gli studi gravi fruttarono persecuzioni e calunnia, non furono ad altri sorgente di fam a, di onori, di immensi lucri ?
Mi creda con grandissima stima,
Dai bagni della Battaglia, 30 luglio 1875. Suo devotissimo Giovanni Ariuvabene.
Ecco la risposta del Prof. B
runo.
Chiarissimo signor Conte,Io debbo ringraziarla senza fine per le due preziose lettere inviatemi di risposta all’omaggio eh’ io le resi del mio discorso pronunziato per l’inaugurazione della Società siciliana di Economia politica.
Io non poteva lusingarmi che un discorso quasi estemporaneo non destinato a vedere la luce, e poi stampato per l’espresso ed unanime volere dei membri della società, avesse potuto meritare un momento della sua attenzione e l’onore delle sue osservazioni.
Ella perdonerà se io mi permetto di far pubblica la seconda lettera, perchè io non posso privare l’Italia di uno scritto ch’esce dalla sua penna, e perchè l’autorità del suo nome pone un gran peso nelle questioni eco nomiche che si agitano attualmente.
Ella mi riferisce una conversazione avuta in Gine vra coll’ illustre economista Pellegrino Rossi, nella quale la S. V. richiedeva il parere di l u i , se conve- niss e meglio che una Camera di deputati fosse com
posta di m inor numero di individui; p er rendere p iù rapido il disimpegno degli affari ; e per agevolare
agli elettori la scelta di uomini i p iù onorandi, i n t i n
genti, dotati delle qualità che si richiedono m coloro nelle mani dei quali sono posti i destini della p a tria, e di cui non è dovizia in nessun paese. Al che
il Rossi rispondeva che persuaso p u re della scar
sezza di uomini, pensava essere meno male che le Camere dei deputati sieno numerose.
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L’ ECONOMISTA
15 agosto 1875
« vivamente gl’interessi dei popoli fosse mai sempre « affidata agli uomini che riuniscono le due cogni-« zioni (la verità teorica e le circostanze di fatto)... « e vedreste appianare molte difficoltà, e dovrebbe « cessare o divenire meno intensa quella confusione, « quell’animosità che sovente dà origine alle fazioni « ed ai partiti. »
Io ho detto queste parole in tempi e in condizioni differenti di quelli in cui al Rossi, persuaso altresì della scarsezza degli uomini, pareva minor male che le Camere di deputati fossero numerose. Il Rossi portava quest’opinione nel 1822 in una terra d’ esilio, sempre feconda d’illusioni, anche agli uomini più sennati, e senza una larga esperienza del regime co stituzionale, nè dell’intolleranza dei partiti politici e dei criteri spesso interessati ed immorali coi quali si reclutano i rappresentanti del popolo, perpetuando il predominio della forza sulla ragione !
Ma oggi, quando tutta l’Europa è costituzionale, se condo la fatidica parola del Rossi e dell’arcivescovo di Malines, oggi che l’ istruzione, il progresso, la civiltà han potuto percorrere più che mezzo secolo, si può pretendere che le Camere pur numerose contenessero in ciascun paese la maggioranza degli uomini illumi nati. Certamente che il Senior diceva bene valere meglio il peggiore dei governi che l’assenza di governo; ma ciò può essere riferibile ad una società barbara che non ha la forza di crearsi un governo migliore; ma i popoli moderni che hanno dato esempio di abbattere i troni e immutare le dinastie colla speranza di fon dare un governo giusto, non possono ammettere l’ al ternativa fra un governo cattivo e l’assenza di governo. Non potendosi mettere in dubbio la necessità di un governo, si tratta di ricercare e di stabilire quelle modalità per le quali si rende impossibile o almeno difficile il commettere l’ingiustizia, o il provocare quelle scosse violenti alle quali si ricorre per fare un governo migliore; ma che ritardano per qualche tempo il progresso dell’ umanità.
Ed eccoci alla questione del minore o maggiore in tervento dello Stato nelle faccende private. Io sono lieto di leggere nella sua lettera queste parole : « 0 fare « delle società umane altrettanti conventi, o lasciando « liberi il più possibile gl’individui nel disporre delle « proprie sorti sottomettersi anche agli inconvenienti « che no derivano. E con quale di questi due sistemi ab- « biano meglio fiorito le società umane,parlano i fatti.»
Se adunque parlano i fatti in favore della libertà, ne segue che il cammino della civiltà va pari passo con l’attuazione delle libertà; e quindi non si può dividere l’opinione dell’ onorevole senatore Ciccone, il quale vorrebbe misurare l’intervento del governo nelle fac cende private affa stregua del grado d’incivilimento delle nazioni; minore intervento nelle più, maggiore nelle meno incivilite.
Sia pure così; ma allora emerge piò imponente il
bisogno di uomini illuminati in tutte le ruote governa tive, per sapere misurare il grado di civiltà del popolo e il proporzionato intervento dello Stato; ed emerge anche più impellente il bisogno di una scienza che re clami a nome dell’umanità l’attuazione graduale delle libertà e la diminuzione dell’ingerenza governativa. Se ogni ingerenza è l’espressione di una civiltà imperfetta, e la più estesa libertà è l’espressione di una civiltà più avanzata, qual’ è il torto della così detta scienza vecchia e dei vecchi economisti, se riconoscendo pure la necessità e la utilità del governo, e considerandolo altresì come parte integrante della società, invocano e proclamano la libertà come regola della vita sociale e domandano al governo di restringere la sfera della sua azione in tutto ciò in cui l’esercizio e la tutela della libertà può rendere superflua e più semplice l’azione governativa ?
E vengo infine al dubbio che Le fecero nascere al cune parole del mio discorso; io dicevo a pag. 4 che gl’interessi e le occupazioni professionali distolgono il maggior numero dei giovani da quegli studi gravi e
improduttivi, i quali talvolta p iù che fortuna e ric chezza, fanno acquistare persecuzioni e calunnie.
Queste frasi evidentemente racchiudono un’allusione limitata e locale.
Io accennava al bisogno di estendere l’influenza dell’Economia politica, la quale non va studiata come conviene nelle pareti di una scuola, perche la gioventù obbligata ad attendere più particolarmente agli studi giuridici, per esercitare l’avvocheria, non ha il tempo di approfondire lo studio della scienza, La quale, be nefica per l’uman genere, è improduttiva di lucri im mediati per l’individuo che si dedica al mestiere foren se: è questo il significato della parola improduttivi.
Non vi ha dubbio, dappoiché anche le scienze non professionali furono per molti individui, siccome os serva la S. V., sorgente di fama, di onori e d’im
mensi lucri; ma in quel momento ricorreva alla mia
mente il Rossi che trovò in terra straniera onori e for tuna, ma nella sua patria dapprima incontrò persecu zioni, e poscia il pugnale del sicario dei partiti estremi —- ricordavo il mio egregio amico Francesco Ferrara che in questa terra non ebbe giammai ricompensa adeguata al suo merito eminente ; e dovette trascor rere nell’esilio la parte migliore della sua vita; e ri cordava infine qualche altro nome che per aver difeso costantemente ogni specie di libertà, avverso ai pre giudizi dei governi e del popolo, ha raccolto amarezze e calunnie tali da fargli credere che non tutti gli es seri che appartengono alla razza umana hanno il di ritto di portare il titolo di uomo !
Ed ora mi creda con profondo riguardo
Dev. Giovanni Bruno. All’ onorevole
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I NUOVI TRATTATI DI COMMERCIO
Riceviamo dal eh. prof. Pietro Torrigiani il se guente articolo che pubblichiamo di buon grado e per l’autorità dello scrittore e per l’importanza del l’argomento.
Era da molto tempo che io, con molti altri col leghi della Camera, lamentava che mentre si avvi cina il momento in cui dovrà rinnovarsi prima degli altri, l’ importantissimo trattato di commercio fra l’Italia e la Francia, pochissimo si entri a par larne col mezzo più efficace per giungere alla ve rità delle cose, quello cioè della pubblica stampa.
Mi sono perciò molto rallegrato quando ho letto poco fa il riassunto del discorso che l’on. comm. Pe- ruzzi, ha pronunziato il 6 di questo agosto nel ban chetto degli Economisti in Parigi, presieduto dal- 1’ encomiatissimo Michele Chevalier, propugnatore con vastità di dottrina e forza d’ ingegno, dei più fer mi e reali principii della scienza economica.
Pieno di fiducia, com’ è il comm. Peruzzi, nelle persone chiamate dal governo italiano, a studiare questo tema di sommo interesse nazionale, e ad inten dersi per 1’ avvenire commerciale coi delegati del governo francese, invita però a sorvegliare se quan tunque si voglia far credere che il protezionismo non s’infiltrerà nel nuovo trattato, non sianvi sotto 1 apparenza di questa salutare esclusione dei punti per farlo rivivere, adducendo coll’attrattiva di molti, i vantaggi che ponno ricavare le Finanze coll’incre mento di alcuni dazi nella lunga serie degli oggetti di cambio che li determinano.
In Francia si studia più che in Italia questo ar gomento, e non son pochi nè di poco valore i gior nali che lamentano in molte parti alcuni effetti del trattato commerciale coll’ Italia, di scadenza prossima. Fra gli altri, io lessi un articolo importante nel J o u r
nal des Débats del 26 marzo di quest’ anno.
Sta bene che sia ripetuta la sorveglianza alla quale il comm. Peruzzi, presidente della Società Economica Adamo Smith, invita i molti che debbono interes sarsi del futuro movimento de’ cambi fra l’ Italia e la Francia, il quale si connetterà necessariamente colle condizioni fissate nel nuovo trattato.
Il pericolo che possiamo incontrare lasciando che nel segreto s’intendano i delegati dei due governi, e, in prossimità come siamo del momento in cui il Trat tato deve rinnovarsi, è che si dirami nel parlamento già formulata la convenzione con un articolo di legge per approvarla. Di fronte ai mali temibili per non appro varla subito, saran molti coloro che sorvoleranno a certe riflessioni degli effetti nell’avvenire, di modo che per quanto la discussione possa essere ampia, ani mata con mille dichiarazioni di essere essa di gran dissimo interesse nazionale, si verrà ad ottenere un
cumulo di voti favorevoli, per formare la maggio ranza che l’approvi.
Se la stampa si occupa subito delle condizioni commerciali presenti, nei rapporti dell’esistente trat tato commerciale, e si allarga nei dettagli per le parti da confermare, e per quelle da modificare, l’atten zione del governo, e de’ suoi delegati per le trattative degli accordi da stabilirsi colla Francia, sarà attratta verso quanto di più importante potrà emergere da queste discussioni.
Quando nella tornata della Camera 29 maggio 1863, fu presentata dal ministro degli affari esteri la con venzione di navigazione, e trattato di commercio colla Francia, non solo la stampa erasi occupata prima di questi rapporti internazionali, ma le Camere di commercio furono invitate a studiarli, e riferire sui migliori risultamenti da attendersi pei modi coi quali sarebbersi fissati!
E verissimo che pel nuovo trattato di commercio, si è fatta precedere un’ inchiesta industriale, con tanta fede del governo sull’ utilità di queste speciali indagini, da premetterla persino a quelle importan tissime per ¡’Italia nostra, sull’ inchiesta agraria, sol lecitata e da atti governativi e dalla Camera dei deputati, ma di cui oggi ancora non si è fatto nulla, per ragione tutt’ altro che giustificabile ; da lasciar da parte l’ inchiesta agraria onde mettervi innanzi la manifatturiera, quasiché il campo industriale non abbracciasse 1’ una e l’altra con effetti reciproci, e non fosse quindi utile di farle procedere entrambe per la stessa ragione.
Intorno al protezionismo si è tanto studiato e pro gredito nelle scienza economica, da trovare ben pochi i quali non mettano le parole di libero scambio sulle bandiere commerciali : ma dopo questo battesimo, importa molto di considerare se i procedimenti g o vernativi, non rinunziando alle imposte daziarie, ren dano i fatti conformi a quanto la libertà domanda per non essere alterata, e con essa e per essa, tutto 1' andamento economico, che dalle speciali industrie è generato. Il limite della fiscalità, che possa gio vare alle finanze, senza nuocere agli sviluppi eco nomici del paese, va studiato senza prescindere sempre dai confronti fra quanto e come si produce in un altro. È per questa via che si può giungere alla sede del protezionismo, mascherato sotto lo scudo della fiscalità, ed è danno incalcolabile il fermarsi allora ai proventi finanziari, senza voltare il foglio per ¡scoprire i danni economici, che derivano dal togliere l’affluenza dei prodotti esteri a condizioni migliori e di minor costo, di quanto si fabbrica in paese.
van-202 L’ E C O N O M IS T A taggi di stimolare, proteggendole, le nostre industrie,
onde superare nel giro del tempo le estere? L’esperienza ha già troppo dimostrato che il pro tezionismo, fa lucrare senza progredire.
Io ebbi l’onore nel 1865 di essere collega nella Commissione parlamentare per riferire sulla Conven zione di navigazione e trattato commerciale colla Francia ad esimii deputati, fra i quali l’onorevole Bon ghi, oggi ministro della pubblica istruzione e il se natore G. B. Giorgini, che allora fu eletto relatore della Commissione, e ne sviluppò gli studii in modo che torna utile di rileggere e meditare in questi momenti il suo accuratissimo lavoro. In proposito j a quanto vo qui accennando, il chiarissimo deputato Giorgini si espresse cosi:
« Tutte le volte che l’industria è stata consultata « sull’opportunità di una riforma doganale, la sua ri- « sposta è statala medesima: Domani, sì: oggi, no. » Gli studii ora si estendono al di là dei mezzi di rettamente industriali, e si confrontano fra loro le qualità, quantità e tariffe di trasporti dei prodotti, analizzando accuratamente come servono le vie fer rate nei due paesi che entrano a determinare i nuovi trattati di commercio. Si va più innanzi nelle inda gini delle industrie, quando per fissare i dazii dei pro dotti, si confrontano le imposte che nei due paesi gravitano su di essi. E un tema anche questo molto bene studiato e discusso in Francia, ma se per cor reggere le differenze si ricorresse ad alterare i dazii, con una proporzione nociva all’aumento degli sviluppi industriali, si penetrerebbe senza accorgersene nel campo del protezionismo; intanto che per correggere senza questo danno le differenze di quei mezzi che all’ industrie grandemente si legano, converrebbe ab bondare nelle facilitazioni dei mezzi di trasporto, e specialmente di tutti quelli che dalle vie ferrate de rivano, e modificare le imposte, senza tema di dan neggiare le finanze, come dimostrò in teoria e in pratica il grande statista inglese Boberto Peel.
Amo di lodare di nuovo ■ 1’ esimio commendatore
Peruzzi, raccomandando a lui, presidente della So cietà Adamo Smith, che nella sua prima adunanza in Firenze, l’argomento del nuovo trattato di com mercio colla Francia sia messo in testa all’ ordine del giorno.
Chi vuol pescare nel mare dei dati scientifici che condannano il protezionismo, trova in ogni moto di quest’onda salutare, la maggior copia dei fatti che si accordano coi migliori principii di economia politica. Fra gli autori però, che più abbondano di queste indagini, sta bene di citar oggi fra noi, uno di quelli eh’è più rispettato da ogni scuola economica. John Stuart Mili, nel quinto libro, uno degli eminente mente scientifici, compresi nella sua grand’ opera economica, fra le considerazioni per distinguer bene le funzioni necessarie e le facoltative de’ governi,
pe-15 agosto 1875 netra nel nostro argomento con queste parole: « È «interesse della Società, che i produttori adottino «quello fra i modi di produrre il più vantaggioso « perchè il risultato sia il migliore e più a buon mer- « cato. Avendo un istesso interesse, essi finiranno per «adottare il modo di fabbricazione il più vantag- « gioso alla Società, quando non siano protetti contro «la concorrenza, e garantiti dalle, pene subite per « l’indolenza, e, se il Governo non interviene. »
. Il Banchetto S elli Economisti a P a r ili La Società degli economisti di P arigi ha, il 6 corrente, dato u n banchetto in onore di alcuni membri (commissarii o giurati) del Congresso geo grafico. Lo presiedeva Michele Chevalier e vi fi guravano diverse notabilità francesi ed estere. F ra gli Italian i vi erano il commendatore Peruzzi, di ritorno da Londra e il capitano Camperio.
Finito il pranzo prese la parola il presidente Michel Chevalier, e ringraziando gli ospiti d’ogni nazione che avevano gentilm ente accettato T in vito degli economisti di Parigi, li pregò a voler comunicare all’ Assemblea l’opinione dei varii paesi ai quali appartenevano sui nuovi tr a tta ti di commercio. In d i domandò se in essi, a loro avviso, avrebbe p redom inati il sistema protezio nista, oppure quello delia libertà di commercio.
Chiese per il primo la parola il com mendatore Peruzzi, il quale disse che era dolente di non potere, come all’epoca dell’ Esposizione univer sale di P arig i nel 1867, assicurare la Società degli economisti di F rancia che in Ita lia tu tti o quasi tu tti gli uomini di Stato e quelli che pote vano avere qualche influenza nella cosa pubblica dividessero pienam ente le idee del libero com m ercio, professate e tenute vive dalla Società degli economisti francesi.
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crede si debba sorvegliare questo movimsnto che però non si arrischia oggi di chiam are protezio nista, benché potrebbe diventarlo in certo modo se non venisse sorvegliato attentam ente. Conchiuse dicendo che egli non è inform ato di quello che è stato deciso dalla Commissione per la riform a dei tr a tta ti di commercio, m a che, quantunque riconosca la necessità finanziaria per l ’ Ita lia di aum entare questo cespite delle pubbliche entrate, spera che ta le aum ento per le nostre finanze non si effettuerà col sacrifìcio dei principi]’, che ha sem pre professati, del libero scambio.
Questo discorso dell'onor. Peruzzi fu interrotto più volte da vivi applausi.
Dopo di lui prese la parola il deputato Cla- pier, membro della Commissione, per difendere, come disse, il Governo italiano dal sospetto di volere en trare in un sistema protezionista ; egli finì facendo molte lodi dei commissarii italiani.
P arlarono poi tre Prussiani e due Russi, tu tti liberi scambisti a loro dire; ma fra i Prussiani si schierarono dalla p arte della nuova scuola ca p ita n ata in Ita lia dal Luzzatti, Engel, direttore della statistica di Berlino e Meitzen ; Eaucher, pure di Berlino, dichiarò che la nuova scuola non aveva nessuna radice in Germania, e ch’essa non aveva trovato seguaci fra i giovani studenti della Università, ove ogni idea nuova trova sem pre aderenti.
In fine poi della seduta prese la parola di nuovo 1 on. Peruzzi per ripetere ciò che del resto aveva già detto, cioè che sperava che il nuovo tr a t tato di commercio non intaccherebbe i principii del libero scambio. Aggiunse essere felice d’aver udito dalla bocca dell’onorevole Clapier le gen tili parole dette a ll’indirizzo tan to degli uom :ni che fan p arte della Commissione italiana per la riforma dei tr a tta ti di commerc'o, quanto di quelli che in oggi siedono alla testa della cosa p u b blica, uomini eh egli si compiace di chiam are suoi amici personali e politici.
LA CIRCOLAZIONE CARTACEA
Come allegato alla relazione della circolazione car tacea presentata dall’onor. Minghetti, Presidente del Consiglio, Ministro delle finanze, e dall’ onor. Finali, Ministro d’Agricoltura e Commercio, alla Camera dei Deputati nella tornata del lo marzo 1875, è stata pubblicata una importante esposizione storica delle vicende e degli effetti del corso forzoso in Italia (1).
(1) Questa esposizione storica, che forma un allegato dalla presente Relazione è stata scritta, per incavici» dei ministri delle finanze e d'agricoltura, industria e commercio, dal segretario del Consiglio del commer cio e dell’industria cav. Alessandro Romanelli.
Non mancheremo di prendere in esame questo in- teressantimo documento, ricco di dati sulle condizioni finanziarie, economiche e politiche del nostro paese; intanto crediamo opportuno riprodurre la introdu zione di questo dotto ed accurato lavoro, certi di far cosa grata ai nostri lettori.
Signori !
L ’articolo 29 della legge 30 aprile 1874 ci impone l’obbligo di presentarvi una relazione sulla circola zione cartacea. Per adempiere a quest'obbligo, comin ciano col porvi dinanzi una esposizione storica delle vicende e degli effetti del corso forzato in Italia. Troverete inoltre riassunte in questo documento le disposizioni regolamentari, oggimai compiute, con le quali abbiamo provveduto a ll’applicazione della legge 30 aprile 1874. Nulla abbiamo da aggiungere per que sto rispetto, salvoché daremo opera, come abbiamo fatto finora, a che la legge e le disposizioni regola mentari sieno rigorosamente osservate.
Ma l’articolo medesimo aggiunge l’obbligo di rife rire sui provvedimenti atti a raggiungere lo scopo dell’estinzione del corso forzoso.
Questa parte è la più ardua e diede luogo a molte discussioni nel Parlamento, sembrando a taluni possi bile il procedere fino da ora e senza indugio all’ e- stinzione del corso forzoso, altri invece ritenendo ne cessario un periodo più o meno lungo di prepara zione.
II Governo si mostrò disposto a studiare con tutta l’alacrità e il buon volere la questione; e specialmente una proposta che la maggioranza della Commissione indicava come mezzo idoneo ad ottenere il fine; cioè la conversione in Rendita pubblica dei beni stabili delle Opere pie. Pur nondimeno non lasciò di fare le sue riserve, ben prevedendo possibile che gli studii da intraprendere non potessero condurre a tali prov vedimenti, che avessero per fine l’ immediata estin zione del corso forzoso.
Meditando sul grave argomento, il primo quesito che ci siamo posti fu il seguente, se il riscatto della circolazione consorziale possa essere iniziato finché il bilancio dello Stato non sia ridotto a condizioni mi gliori, in guisa da presentare stabilmente l ’equilibrio fra le entrate e le spese.
Si consideri anzitutto che cosa accadrebbe se, nelle condizioni presenti del nostro bilancio, e mentre le entrate sono ancora deficienti a paragone delle spese, si volesse procedere, senza altro, ad un’operazione di credito intesa a far cessare il corso forzoso.
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E manifesto come un imprestito per una sommacosi ragguardevole (anche tenuto conto degli aggra- vii peculiari ohe pesano ora sul bilancio dello Stato per causa del corso forzoso e che in gran parte ces serebbero insieme con questo) accrescerebbe notevol mente, per la rilevanza degli interessi passivi, la de ficienza non aneora per intero colmata, del nostro bi lancio.
Ora, la previsione di questo peggioramento nello stato della finanza eserciterebbe un’ azione sinistra sulle condizioni delle Banche di emissione e del com mercio e sarebbe cagione che le operazioni stesse in tese a far cessare il corso forzoso riuscissero oltre modo onerose.
Non è da dimenticare che, il 30 aprile 1866, la cir colazione di biglietti di banca limita vasi, in cifre ro tonde, a 141 milioni di lire e, comprese le fedi e le polizze nominative dei Banchi di Napoli e di Sicilia, a 249 milioni, e che essa é ora salita per ciò che ri guarda le emissioni proprie dei sei istituti autorizzati a 594 milioni e, comprese le fedi e polizze nomina tive, a 667 milioni. Certo dal 1866 ad oggi, s’è avuto un notevole svolgimento di commerci, e la circola zione delle Banche s’estende ora alle provincie V e nete e di Roma, alle quali non poteva ancora esten dersi nel 1866 ; e il bisogno di mezzo circolante è cresciuto, a parer nostro, per queste cagioni più che non abbia potuto scemare per lo svolgimento di al tri mezzi di credito. Imperocché quella forma che è la più atta a surrogare la moneta, cioè il deposito infruttifero e ripetibile a vista, rappresentato da chè
que«, s’è svolta assai poco dal 1866 in poi.
Noi siamo ad ogni modo convinti che, senza il corso forzoso, la circolazione dei biglietti di banca non sa rebbe cresciuta con la rapidità con cui crebbe di fatto; ma per ciò appunto si è altresi propagata la cono scenza del biglietto di banca, ed é lecita la fiducia che, cessato il corso forzoso, potranno rimanere nella circolazione, non solo i 594 milioni di biglietti già ora emessi, ma ben anco le maggiori somme di cui la legge 30 aprile 1874 consente l’emissione.
Se non che noi crediamo che questo risultato potrà essere conseguito a patto soltanto che il corso for zoso cessi nelle condizioni più acconcie. Ora non è dubbio che, se le operazioni intese a questo fine fos sero iniziate e compiute in guisa che la finanza go vernativa ne ricevesse una scossa, se il deficit del bi lancio, che a gran fatica siamo riusciti in gran parte a colmare, assumesse di nuovo minacciose proporzioni, il pubblico non crederebbe che la ripresa del cambio in moneta metallica fosse cosa seria, paventerebbe che necessità finanziarie lo facessero nuovamente so spendere, e però s'affollerebbe agli sportelli delle Ban che, per convertire i biglietti in metallo. In tal guisa la circolazione delle Banche verrebbe rapidamente scemando, esse si vedrebbero costrette a liquidare una parte dei loro portafogli, e una gravissima crisi ban
caria e commerciale minaccierebbe il paese.
Che se, per questa o per qualunque altra cagione, ed anche in misura non grave, avesse luogo una con trazione della circolazione bancaria, la finanza ne a\rebbe non lieve detrimento. Oggi il Tesoro è de
bitore verso le Banche, per anticipazioni statutarie, di 42 milioni. Scemata notevolmente la circolazione dei loro biglietti, esse non potrebbero comportare questo sborso, converrebbe restituir loro i 42 milioni e sarebbe mestieri provvedere anche questa somma, a un saggio d’interesse certo assai superiore a quello corrisposto per le antieipazioni statutarie. Inoltre, dei buoni del tesoro, che sono ora in circolazione per ol tre 230 milioni, una parte non piccola trovasi presso le Banche d’ emissione. Ristrette le emissioni banca rie, non soltanto tornerebbe impossibile la rinnova zione dei buoni del tesoro che si trovano presso le Banche, ma ciò accadrebbe ancora per una parte dei buoni stessi collocata in altra guisa. Sarebbe quindi mestieri provvedere anche ad una porzione rilevante, forse alla più rilevante, dei 230 milioni che ora si hanno di buoni del tesoro.
E altresi da notare che oggi abbiamo in circola zione 76 milioni di lire di moneta di bronzo che hanno meno del terzo di valore intrinseco, e che, al riappa rire dell’ argento divisionario, non potrebbero rima nere tutte in circolazione, e si riverserebbero in gran parte nelle casse del tesoro ; prima del corso forzoso, la moneta di bronzo assorbita dal mercato eccedeva di poco 20 milioni di lire.
Infine la crisi commerciale e il danno che derive rebbe alla produzione da una restrizione forse dura tura dei biglietti bancarii, cagionerebbero una dimi nuzione nei proventi delle imposte o almeno me al lenterebbero l’ incremento normale.
E dunque manifesto che, oltre al miliardo neces sario per riscattare le circolazione consorziale, altre e non lievi somme occorrerebbero per sopperire ai bisogni del tesoro ; e ciò anche supponendo che il Go verno sapesse resistere al grido dei commercianti che invocherebbero un soccorso alle angustie cagionate dalla restrizione della circolazione.