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L'economista: gazzetta settimanale di scienza economica, finanza, commercio, banchi, ferrovie e degli interessi privati - A.11 (1884) n.540, 7 settembre

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L'ECONOMISTA

G A Z Z E T T A S E T T IM A N A L E

SCIENZA ECONOMICA, FINANZA, COMMERCIO, BANCHI, FERROVIE, INTERESSI PRIVATI

Anno II - Yol. XV

Domenica

1

Settembre 1884

N. 540

LE CONVENZIONI FERROVIARIE

C om e venne già dalla stam pa quotidiana an nun­ ciato, venerdì 5 corrente ebbero luogo le riunioni per l’esam e delle tariffe ferroviarie allegate alle c o n ­ venzioni. A queste riunioni prendono parte oltre il M inistro, on. Genala, i tre Direttori generali delle ferro­ vie Alta Italia, Rom ane e M eridionali e t’on.V alsecchi, D irettore generale delle ferrovie presso il M inistro dei lavori pubblici ; vi intervengono anche alcuni funzionari delle diverse am m inistrazioni ferroviarie, scelti tra i più addottrinati nella m ateria.

Q ualche giornale dell’opposizione ha m ostrato m e­ raviglia a proposito di questi studi parendo che nessun’altra Com m issione possa esam inare le tariffe se non quella P arlam entare. È opportuno, affine di dis­ sipare equivoci, i quali traggono poi in e rro re la pubblica opinione, ricordare lo stato della questione, quale i periodici stessi dell'opposizione hanno p u b ­ blicato al m om ento in cui prorogavasi la C om m is­ sione dei diciotlo. Come è noto la Com m issione non intraprese lo studio particolareggiato delle tariffe voce p er voce, m a, convenendo la m aggioranza dei m em bri di essa che si facessero pratiche presso il Governo affinchè cercasse di ottenere la m aggior possibile r i­ duzione negli aum enti, che erano stali proposti colle convenzioni,diede m andato di fiducia ai relatori, i quali dovevano attendere le nuove proposte del Governo.

I lettori ricorderanno infatti che gli avversari delle convenzioni, esprim evano il desiderio che fossero m antenuti tutti i ribassi che alle tariffo attualm ente in vigore le nuove convenzioni proponevano, senza che fosse concesso alcun aum ento. La soddisfazione di tale dom anda avrebbe portato una perdita presunta nei prodotti lordi molto alta, ed avrebbe quindi a d ­ dirittura spostate le basi sulle quali le conven­ zioni erano state stipulate. Ma se questo criterio era in modo assoluto inaccettabile, senza u n aum ento della percentuale, non è a dirsi che per questo le tariffe non fossero suscettibili di qualche modifica­ zione. Già si sa che le tariffe proposte non com pren­ devano che le generali e le speciali com uni ad am ­ bedue le Società ; ogni Società aveva quindi il diritto di stabilire delle proprie tariffe speciali con ribasso e delle tariffe locali; ed appunto perchè è desiderabile che per conservare la unità delle tariffe, quelle spe­ ciali e locali sieno nel num ero lim itate, è evidente com e sia possibile studiare il modo di apportare alle tariffe speciali com uni, aggiungendovi qualche m a g ­ giore estensione, quei ribassi che le tariffe speciali particolari e le locali avrebbero pu r consentito.

C rediam o appunto che questa sia una delle basi dello studio che venne da parecchie settim ane p a ­ zientem ente in trapreso dagli uom ini più com petenti delle diverse am m inistrazioni ferroviarie, e che oggi si concreta nelle adunanze che si tengono in Firenze. È facile com prendere com e il lavoro sia arduo e lungo, ma vi è ragione di cred ere che riuscirà di generale soddisfazione m eno, s’ intende, a quelli che hanno già dichiarato di essere in qualunque caso ed a qualunque costo avversi ai contratti proposti.

P er quei periodici poi, i quali hanno espresso dei dubbi, persino sulla costituzionalità di questa proce d u ra, noi dom andiam o quando mai sia stato proibito o dichiarato biasim evole che un M inistro, il quale deve p resentare ai relatori di una G iunta P a rla ­ m entare delle proposte, o delle modificazioni a p ro ­ poste precedenti, si circondi delle persone più p ra ­ tiche, p iù versate e più com petenti per esam i­ nare la n atura e il limite delle modificazioni. Ci pare che questo modo di procedere dovrebbe, non solo ottenere il plauso di tutti, ma riu scire anche una garanzia al paese ed alla C am era nel modo prudente e coscienzioso con cui l’ onorevole G e­ nala cerca di risolvere una questione nella quale sono im plicati i più vitali interessi della pubblica cosa.

E noi ci auguriam o che le fatiche dell’on. M ini­ stro e dei suoi collaboratori sie ro coronate da un esito felice; qu alu n q u e abbia ad essere Patteggia­ m ento della m aggioranza della Cam era di fronte alle C o n v e n zio n i, - riteniam o non possa esser che fa­ vorevole - gli studi che sul problem a difficilissimo dell’ ordinam ento delle ferrovie italiane sono stati com piuti dall’on. G enala, e quelli che ancora oggidì si stanno com piendo sotto la sua direzione, non a n ­ dranno p erd u ti, ma reste ran n o , in qualunque ev e­ nienza, ad am m aestram ento dei governanti e del paese.

LA QUESTIONE MONETARIA

Bisogna d ire davvero che la questione m onetaria sia fra le più gravi che si presentino alla m edita­ zione degli studiosi e degli uom ini di Stato, se ogni giorno cìte passa nascono im barazzi nuovi e si rende necessario di escogitare nuovi provvedim enti per uscire da uno stato di cose inquietante.

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574 L ’ E C O N O M I S T A 7 settem bre 1884 convenzioni internazionali per le poste, pei telegrafi,

pel servizio cum ulativo delle ferrovie, du ri nei si­ stem i m onetari tanta differenza e confusione.

Fino dal secolo 16.° era balenata alla m ente di un italiano la provvida idea di una zecca univer­

sale, ossia di una m oneta di eguale titolo, peso e

m isura in tutti gli stati civili, ma la ignoranza e la cupidigia la fecero considerare com e u n ’ utopia. La C ostituente, riform ando m onete, pesi e m isure sulla base del sistem a m etrico decim ale, tentò d ’ in d u rre gli altri Stati ad adottarlo, m a vennero le g u erre della rivoluzione e dell’ Im pero cbe distolsero le m enti dallo studio dell’im portante problem a. La Con­ venzione del 18 6 5 , che dette origine all’ unione la­ tina, riunì in u n sistem a com une F ran cia, Italia, Belgio e Svizzera e lasciò aperto agli altri Stati l'adito ad entrarv i. Ma gli Stati più im portanti se ne ten­ nero fuori, e le Conferenze internazionali del 1867, 1 8 7 8 , 1881 non approdarono ad alcun risultato pratico. La cosa si spiega facilm ente colle suscetti­ bilità degli S tati maggiori ; oltre a ciò è evidente che prim a di v en ire alla m oneta internazionale o c ­ correrebbe avere risoluta le questione del titolo e quella capitale del tipo unico o del doppio tipo. F in ­ ché alcuni Stati si ostineranno nel bim etallism o ed a ltri terranno al m onom etallism o, è evidente che non si potrà v en ire ad alcuna conclusione.

Certo se si fossero ascoltate le ragioni della scienza e queste avessero prevalso sulle ragioni politiche o su brillanti sofismi, a quest’ ora la grande riform a poteva esser com piuta. Ma è oggi inutile fare delle discussioni accadem iche, e se noi abbiamo ram m en­ tati in poche parole alcuni fatti, è stato unicam ente perch é giova non dim enticare i sani principii e te­ n erli com e faro che ci guidi più presto o più tardi in porto.

Intanto però noi ci troviam o in questa condizione di cose. La Convenzione del 5 novem bre 1878 sta per scadere e la Com missione m onetaria non ha ancora detto il suo parere. Q uindi restiam o al buio sulle, intenzioni del G overno ; la stam pa si m ostra in parte favorevole a nuovi accordi, in parte contraria, ma basi sicure di discussione m ancano e in un problem a di capitale im portanza, intorno al quale gioverebbe conoscere gl’intendim enti del G overno e aver tempo di esam inarli, pesarli, vagliarli, si va avanti all’oscuro; e u n bel giorno si corre il rischio di sentir dire che si è presa questa o quella decisione aH’ultim o m o ­ m ento. G rave è 1’ obbligo che pesa sulla C om m is­ sione, la quale a quest’ora avrebbe dovuto form arsi u n criterio su ciò che si prepara a proporre, nò avvenuta la denunzia per parte della Svizzera e della G recia, ci pare che basti il dire che ì term ini del suo m andato non sono spirati.

M entre attendiam o pertanto il responso della Com­ m issione, non sarà inopportuno rim ettere sotto gli occhi dei lettori lo stato della questione ed accen­ n a re alle principali correnti che vanno m anifestandosi. Colla Convenzione firm ata il 23 decem bre 1865 si ebbe in m ira la unificazione e prom iscuità delle m onete d'oro e d’argento accom pagnata dalla rid u ­ zione del titolo e dalla lim itazione proporzionale degli spezzati. Siccom e si conferiva ai coni esteri la pre­ rogativa di essere ricevuti nelle pubbliche casse, questo veniva ad equivalere a un corso legale, seb­ bene non se n e im ponesse l’ accettazione ai privati. Q uanto alle divisionali estere, anche nei pagam enti all’erario non si poteva p er ogni pagam ento eccedere

il maximum di lire 100. V uoisi por m ente che a quell’epoca l’argento aveva u n prem io su ll’oro e ehe tutti gli Stati contraenti avevano la circolazione n o r­ m ale m etallica. Ciò spiega che m entre si pensò alla liquidazione degli spezzati m etallici, resa necessaria anche dalla riduzione del titolo, non si pensò alla liquidazione degli scudi, i quali non era supponibile che em igrassero dall’uno agli altri Stati dell’ Unione, ma piuttosto al di fuori della lega pei noto motivo ehe la m oneta cattiva caccia la m oneta buona. Gli inconvenienti pertanto, che per questa ragione non potevano manifestarsi m algrado l’ introduzione del corso forzato in Italia, si andarono manifestando di­ poi col progressivo svilim ento del m etallo bianco.

Nella conferenza internazionale de! 1867 i delegati italiani sostennero il tipo unico aureo, m a con fa­ coltà negli Stati che avessero anche il tipo argenteo, di conservarlo. Ma, com e notam m o, le conferenze del 1867 non approdarono a nulla, come fu di quelle del 1878 e del 1881. E tanto è vero che più che i principii potevano gl’ interessi, che i delegati am e­ ricani, i quali nel 1867 si erano dichiarati pel tipo unico d ’oro e avevano com battuto l’assurdo del ra p ­ porto fisso fra l’oro e l’argento, nelle seguenti confe­ renze proposero il bim etallism o universale sulla base del rapporto di fisso dim enticando fra le altre cose che l’ universalità del doppio tipo potrebbe scem are, non togliere gl’ incovenienti del sistem a, poiché il m ercato dei m etalli preziosi è più vasto del m ercato m onetario.

F u nel 1873 che l’argento incom inciò decisam ente a svilire. In quell’anno la m edia del prezzo dell’a r ­ gento sul m ercato di L ondra era scesa a 59 */* e il rapporto com m erciale tra l’ oro e l’ argento era già di 1 a 15 ,9 2 e più. Dai verbali delle conferenze del 1 8 7 4 risulta che in Svizzera alcuni speculatori com ­ prando con oro per 10 milioni di argento in verghe e convertendo queste in scudi avevano conseguito un benefizio di 350 mila lire. La F ra n cia aveva sospeso m om entaneam ente la coniazione degli scudi e all’ Italia era stato fatto eguale invito prim a ancora che si procedesse alla revisione della Convenzione allo scopo di rim ediare ai danni prodotti dal deprezzam ento d el­ l’argento. Le Conferenze ebbero luogo nel genti. 1874 ed ebbero appunto per .risultato di lim itare pel 18 7 4 a una certa somm a la coniazione degli scudi.

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7 settembre 1884 L ’ E C O N O M I S T A 575 nelTultim o anno scese a 9 m ilioni. E intanto gli Stati

U niti che avevano bisogno di sm altire 1’ argento di cui sono produttori e la F ran cia col suo im ponente stock argenteo si preparavano a rito rn are alla carica pel doppio tipo.

L a Convenzione tuttora vigente è del 5 novem ­ b re 1878 e così l’accordo concernente il ritiro delle m onete divisionali italiane, co! relativo protocollo, oltre, alla dichiarazione riguardante la coniazione degli scudi. L a prim a ebbe per scopo la rin n u o - vazione della Convenzione del 1865, e gli altri atti regolarono il ritiro della m oneta divisionaria italiana circolante all’ estero e accordarono eccezionalm ente all’Italia il diritto di coniare 20 milioni di scudi pel solo anno 1879. Venne poi T atto addizionale del 1879, che colle altre stipulazioni fu convertito in legge il I o agosto dello stesso anno, e che ebbe per ¡scopo di intro d u rre alcune modificazioni, senza le quali il G overno non fidava di ottenere T approva­ zione del Parlam ento. Il contegno dei delegati italiani alla Conferenza internazionale del 1878, le teorie nuove da loro sostenute, gli effetti della C onven­ zione nuova stipulata dai delegati latini potrebbero fornire oggetto di im portanti considerazioni allo s tu ­ dioso im parziale, sia per le pretese anche allora avanzate dalla F ra n cia , sia p er l’obiettivo cbe già il G overno italiano aveva in m ira, quello cioè dell’abo­ lizione del corso forzato. E sso non volle urtare troppo la pretesa degli altri S tati riguardo alla m as­ sim a della liquidazione, sfuggendo in realtà al p eri­ colo di una liquidazione im m ediata colla rinnova­ zione della Convenzione. T ran n e infatti la sospen­ sione generale della coniazione degli scudi, tolti i 20 milioni concessi pel 4879 all’ Italia e il ritiro delle m onete divisionali, la Convenzione del 1878 riprodusse quasi quella del 4865, e la questione della liquidazione degli scudi non risoluta da questa rim ase per quella im pregiudicata, stabilendosi che si stipulerebbe alla scadenza del nuovo contratto ; cosicché T Italia m anteneva la sua lib ertà d’ azione per q uest’ epoca. E d ora è giunto il m om ento di usarne.

Abbiam o detto in principio che due correnti vanno m anifestandosi. Secondo la prim a, rappresentata p rin ­ cipalm ente dalla Opinione, si avrebbe torto di pro­ fittare della denunzia fatta dalla Svizzera p er ritrarsi dalla U nione senza accettare l’invito della F ran cia a nuove trattative. Senza dubbio non si può accogliere la pretesa di liquidare i biglietti di S tato da cinque lire p e r far posto agli scudi d ’ argento, il che c o ­ stringerebbe I’ erario a sborsare 100 m ilioni o ad autorizzare le B anche di em issione ad em ettere 400 m i­ lioni di biglietti propri, tanto più che il pubblico preferisce quei biglietti all’ argento. Lo stesso si dica della chiesta revoca del decreto dell’ agosto 1883 sulla com posizione delle riserv e m etalliche. Invece si dovrebbe badare alla clausula della liquidazione, accom pagnandola con chiare disposizioni sulle m o ­ nete d’argento logore. Non bisogna d im enticare che all’epoca in cui fu stretta T U nione, l’argento valeva più dell’oro e non si previde il caso di liquidare gli scudi d’ argento, cam biandoli in oro. L asciando da parte ogni particolare proposta, T im portante si è, a detta dell’ Opinione, che dovunque si trovi l’argento coniato da uno Stato, questo sia costretto a ripigliarlo allo scadere della Convenzione e a cam biarlo in oro. Del resto il periodo della Convenzione nuova non dovrebbe essere troppo lungo e dovrebbe corrispon­

dere unicam ente a questo momento di aspettativa e di

vigilanza in cui tu tti gli Stati si trovano. Si noti cbe

la G erm ania non ha potuto condurre a fine la sua riform a m onetaria e ha la B anca im periale ingom bra di talleri. P robabilm ente T Italia rim arreb b e col suo bim etallism o zoppo a n c h e lei e ne avrebbe i danni senza i benefizi dell’ U nione. Q uesto dice \’Opinione cbe si m ostra così am ante dei tem peram enti m edii e delle mezze m isure, p e r le quali noi confessiamo di non n u trire le m aggiori sim patie.

Dall’altro lato, e la Perseveranza si è fatta soste­ n itrice di questa opposta corrente, si biasim ano q u e ­ ste conclusioni invocate in nom e della opportunità. A parte ogni teorica, di cui bisognerebbe p u r tener conto, che consiglia di ad o ttare il m onom etallism o in oro, si osserva che an ch e nei paesi a doppio tipo lim itato è la m oneta d’oro che regola i prezzi, m en­ tre la m oneta d’ argento è quasi un titolo a corso forzato, cui la legge dà di fronte alla m oneta d’oro u n ragguaglio che effettivam ente non h a . Ora è u na assurdità, si prosegue, trattare l’argento com e l’oro. La m oneta d ’argento non può essere che una m oneta d’appunto p er com piere il saldo dei pagam enti e non deve sostituirsi alla m oneta d’oro. U na Convenzione m onetaria che si proponesse questo scopo sarebbe eccellente, perchè m anterreb b e la unità di c irc o la ­ zione fra paesi legati da intim e relazioni.

Il citato autorevole periodico osserva che sarebbe nocevole persev erare nella Convenzione latina, quando si volesse continuare nello stesso sistem a. Si capisce che la F ra n c ia ed il Belgio che hanno una grande quantità di scudi d’ argento abbiano interesse a m a n ­ tenere questa finzione del bim etallism o zoppo; ma l’ Italia che ha relativam ente un piccolo stock di scudi, può senza pericolo affrontare il m onom etalli­ sm o in oro. Si può calcolare che la F ra n cia per r i ­ d u rre la m oneta d’ argento a m oneta sussidiaria, anche allargandone la base pei p a g a m e n ti, d o ­ vrebbe v endere p er circ a due m iliardi e mezzo di argento e p rovvedersi in parte d’ oro con grave p e r ­ dita. L’ Italia uscendo invece dalla lega latina e d e ­ cretando il m onom etallism o in oro, avrebbe fra scudi e spezzati d’ argento per 46 o 47 lire a testa, che sta in accordo con quella degli altri paesi, per es. della G erm ania e dell’ Inghilterra, e non turberebbe I’ unità della nostra circolazione au rea. Q uindi, se­ condo la Perseveranza, bisognerebbe prim a di tutto escire dalla lega latina, togliendo agli scudi ed agli spezzati esteri il corso legale.

« P er m olti anni, in questa ipotesi, prim a che tornassero tutti da fuori, ci sarebbe difetto e non abbondanza di scudi nazionali in Italia ; poi, quando fossero tu tti tornati, sarebbe allora il caso di con­ siderare la convenienza di m antenere lo stata quo com e in Q erm ania, oppure di allargare il contin­ gente degli spezzati m etallici, e di convertire in essi gradatam ente i nostri scudi, parte rifondendoli in spezzati, p arte ritiran d o li dalla circolazione, ove oc­ corresse. »

Tali sono le due correnti diverse che si m anife­ stano, com e dicem m o in principio, riguardo alla questione m onetaria. U na cosa ci piace di m ettere in sodo ed è che da am be le parti non si am m et­ tono certe esigenze della F ra n cia , tantoché, questa insistendo, si preferirebbe anche dai partigiani della U nione di rom perla.

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di-576 L ’ E C O N O M I S T A

7 settem bre 1884 sposti ad am m ettere i benefizi del!’ assurdo. N ondi­

m eno, per quanto incliniam o a seguire la seconda delie due correnti, non vogliam o negare che poiché l’ U nione latina è un fatto che dura dal 1865, giovi cercare con anim o sereno quali vantaggi e quali inconvenienti abbia recati all’ Italia, e cercare del pari quali vantaggi e quali inconvenienti potrebbero venire dal prolungarla o dal rom perla.

Se noi, che più volte abbiam o trattata nel nostro pe­ riodico la grave questione, ci asteniam o ancora dal pren­ d e r parte alla polem ica, si è perchè al punto a cui siamo ci sem bra opportuno aspettare il responso della C om ­ m issione, istituita dai m inistri delle Finanze e di A gricoltura e C om m ercio p er fare le opportune pro­ poste, e ciò per avere una base di fatto e pratica su cui discutere. Giacché stim iam o che la Com m is­ sione non possa proporre il prolungam euto puro e sem plice dello stata quo, nè dare il consiglio di piegare alle esigenze trancesi, che la Opinione stessa respinge. 0 essa ci dirà di escire dall’ U nione e tan­ to meglio ; o ci dirà di rim anere a certi patti e sarà allora il caso di esam inare se, dati questi, I’ utile possa superare il danno o viceversa, com e tem iam o.

Intanto ripetiam o che la Com m issione ha l’obbligo di concludere, poiché sarebbe strano che a quest’ora non sapesse ciò che vuole.

LA SCIENZA ECONOMICA

E IL. SUO ODIERNO INDIRIZZO I)

I.

Sino a pochi anni or sono era assai difficile parlare di evoluzione e di darw inism o a proposito della scienza econom ica, senza che sorgesse nei più un sentim ento di riluttanza, se non di disprezzo. E in ­ vero ciò com prendevasi facilm ente, dacché gli eco­ nom isti ortodossi ricordavano che l’ instauratore della filosofia positiva, A . Comte, negava all’economia po­ litica il diritto di essere una scienza, disconosceva le leggi econom iche naturali e, nell’ idea di fondare la scienza sociale, considerava i fenomeni econom ici un ram o non distinta della filosofia sociale. Ma ben a ragione il L ittré constatò l’assenza di dottrine econom iche nell’opera del Comte, e il C airnes, con u n ’acuta analisi, dim ostrò l ’ insussistenza delle sue accuse. T uttavia è nolo che la filosofia com tiana ha esercitato una influenza non lieve su due insigni seguaci della econom ia classica; S tu a rt Mill e C arey; influenza che si rivela chiaram ente nei punti in cui essi divergono dalle dottrine econom iche ortodosse. Il rinnovam ento filosofico non s’ arrestava però col Com te, procedeva anzi spedito e con un carattere spiccatam ente scientifico per opera di due som m i pensatori britanni, uno dei quali lo S pencer, con­ trapponeva all’ autoritarism o com tiano l’ ideale d’una società, nella quale, ristretta il più che sia possibile l’azione del governo, la vita individuale trovi il m assim o sviluppo. 2)

]) La prima parte di questo articolo é stata pub­

blicata nel N. 511 dell 'Economista.

s) Il Mill ebbe a scrivere che il sistema politico del Comte « c’est le système plus complet de

de-D ’altro canto i progressi im m ensi che le scienze naturali andavano facendo p e r opera del D arw in si ripercotevano su tutto il sapere e, atterrate molte barriere, frutto dell’ orgoglio um ano, scalzali alla ■ base i principi metafisici sui quali poggiavano le varie scienze: la morale, la politica, la linguistica, la sociologia vennero applicando la teoria dell’evo­ luzione, così feconda di copiosi e rilevanti progressi. Noi vediam o in fa tti, che la psicologia può digià tracciare nelle sue grandi linee la storia del pensiero* la logica subisce sem pre più l’ idea del divenire, la m orale, im m utabile e assoluta un tem po, va adattan­ dosi alle condizioni reali della vita um ana, lo stesso diritto, sinora il meno accessibile, cerca di assim i­ larsi il principio vivificatore della scienza m oderna. Ben diversa fu invece sinora la condizione della scienza econom ica in rapporto all’evoluzionism o. — S criveva il L am artine, circa mezzo secolo fa, che l’economia politica « c’est une langue qui n ’ a e n ­ coré que peu de sens sous des mots innom brables » e queste parole non hanno cessato di esprim ere una cruda verità. Se le preoccupazioni che destano i problem i sociali dell’epoca nostra hanno tolto l’epi­ teto di « ennuyeuse » alla letteratura econom ica ; se lo studio della scienza si im pone agli stessi av­ versari, essa è però sem pre considerata da m olti, col C arlyle, com e thè dismal Science, la quale ha per unico fine l’apologià del presente ordinam ento economico. E questa accusa affatto im m eritata, la quale parte dall’ idea che sia possibile trasform are il m ondo economico secondo una concezione arbitraria, fu alim entata dal sorgere di quelle nuove scuole econom iche, che facendo tabula rasa d’ogni e qua­ lunque legge naturale, e rinnovando quel feticismo politico che crede solo nella potenza sm isurata dello Stato, volgono l’attività propria a fini apologetici invano o male giustificati, fraintendendo o falsando il metodo storico. Nè queste nuove scuole econo­ m iche, sorte per im prim ere alla scienza un indi­ rizzo in arm onia colle aspirazioni non sem pre legit­ tim e dell’epoca attuale, hanno saputo riedificare dopo aver demolito — esse, mal definite nei fini e nei m ezzi, preso p er segnacolo il motto della critica

destruam et aedificabo, non ne hanno attuata finora

che la prim a parte (Cfr. Dietzel op. cit.pag. 9). E non è una esagerazione il dire che la fiori­ tura scientifica dell’ ultim o decennio è m ancala in gran parte al suo scopo ; e chi si faccia a stu ­ diarla attentam ente, nelle sue ultim e manifestazioni in particolare, scorgerà, non ostante le apparenze contrarie, i germ i d’uua non lontana reazione con­ tro quell’ indirizzo scientifico che fu chiam ato « g er­ m anism o economico ». L 'indirizzo medio seguito da alcuni (Cosso); le leggi-limite escogitate da altri (L am pertico) — eufemismi per velare *i gravi dubbi e i fondati tim ori — contrassegnarono il sorgere della scuola storica in Italia ; m entre in G erm ania le esagerazioni dei discepoli com inciano a scuotere quella cieca fede sinora riposta nei postulati del so­ cialismo cattedratico. E d è perciò che vediam o il Dietzel proporsi di difendere la vecchia dottrina eco­ nomica dalie accuse della scuola storico-etica e il prof. Munger com battere gli erro ri dell’ istorismo; m entre nello stesso campo avversario spesseggiano

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7 settembre 1884 L ’ E C O N O M I S T A 577 le riserve, le reticenze e sovratutto le contraddi­

zioni. *)

Ma a produrre un notabile cam biam ento nei vari indirizzi che assunsero gli studi econom ici, concorre a m io avviso, il m ovim ento filosofico attuale, il quale non può non influire potentem ente tanto sui se­ guaci della scuola classica, quanto su quelli della storica, sebbene con resultati diversi. Ilen è vero che ancor oggi, non ostante il fatto incontestabile che il rinnovam ento filosofico ha guadagnato molto terreno e che tuttodì va imponendosi in ogni ram o del sapere — e m algrado l’ intim o nesso che intercorre tra le nostre opinioni sulle cause e 1’ avvicendarsi dei fenomeni econom ici e il nostro modo di conce­ pire il cosmo tutto, persiste in non pochi la convin­ zione che la scienza economica debba prescindere com pletam enle dalle m oderne teoriche evoluzionista, com e da ogni altro sistem a filosofico. Ma mi sia le­ cito rispondere colle parole di u n insigne nostro pensatore che « in ogni epoca le idee filosofiche do­ m inanti si sono imposte a tutte le scienze, anche le più lontane dalla filosofia ; anche nelle m enti più libere e più insofferenti di ritegno. E quelle idee sono state p er gli ingegni com e le rotaie che danno la direzione alla locomotiva della strada ferrata » (Ar- digò). E sarebbe agevol cosa m ostrare la figliazione delle idee econom iche del passato dalla filosofia al lora in voga ; ma tralasciando questa indagine qui inopportuna, evvi un fatto che deve togliere ogni dubbio sulla applicazione di cui tratto.

Le

scienze singole, scrive l’A rdigò, anche dopo essersi svolte e distinte in discipline autonom e e a sè, non cessano però del tutto di avere una correlazione con tutte le altre, e una dipendenza da esse. Una correlazione e una dipendenza, non solo accidentale e di im por­ tanza secondaria, ma essenziale per la vitalità loro. — Nè le prove, nel caso nostro, fanno difetto. Si pensi alle splendide illustrazioni della legge dell’ evolu­ zione che lo S pencer desunse dall’economia classica, nonché all’origine di taluni principi biologici, quali, ad esem pio, quelli della divisione fisiologica del la­ voro e della concorrenza vitale o lotta per l’esi­ stenza - principi dim ostrati dalla scienza econom ica e applicati l’ uno dal Milne E ilw ards l’altro dal D ar­ w in alla biologia. Di qui riesce evidente che tra l’econom ia classica e le teoriche evoluzioniste non v’è antagonism o, e ben lo sanno quei socialisti della cattedra che ne oppugnano l’applicazione. E , d ’altra parte, come potrebbe la scienza econom ica, nel cui am bito si agitano i problemi più vitali per l’avve­ n ire dell’ um anità, elevare il proprio edificio teoretico senza curarsi dei m ateriali che le possono apprestare la psicologia, l’antropologia e in generale le scienze così efficacem ente rinnovate dal punto di vista del­ l’evoluzione? L ’econom ia politica, com e è noto, stu­ dia la società nei suoi rapporti e nei suoi sviluppi sotto tre rig u ard i, il bisogno, lo sforzo, la soddisfa­ zione. O rbene, essa com e non trascura i progressi della chim ica, della m eccanica e delle arti tutte per m eglio tracciare il processo della produzione, deve anche attingere dalle scienze che studiano l’uomo quei dati positivi che valgano a meglio determ inare la funzione del bisogno, di questo fatto prim ordiale, genesi di tutti i fenom eni econom ici e sinora stu

-’) Era gli altri lo Knies, di cui già parlai, e lo Schmoller sul quale veggasi il Journal des Econo­

mistes, Luglio 1884, pag. 73.

dialo secondo criteri e distinzione m etafisiche. ') E i vantaggi che n e risulteranno non sono punto pro­ blem atici ; l’applicazione della evoluzione, m algrado le incertezze, proprie ai prim i tentativi, ha già m o ­ strato in scritti pregevolissim i, quanta luce può r e ­ care sulle origini e sulle vicende dei fenomeni ^eco­ nom ici.

II.

Ma a questo punto ci si presenta una grave q u e ­ s tio n e .— L ’esistenza delle leggi naturali econom iche è dessa infirm ata dalla teoria evoluzionista? — A d escludere a priori una risposta afferm ativa sarebbe sufficiente il fatto che l’ insigne teorico dell’ evolu­ zione, H erb ert S pencer, p u r am m ettendo che talune delle leggi a cui giunsero gli econom isti o non sono vere o vanno soggette a restrizioni, riconosce però che dai dati della n atu ra um ana si debbano e si possano d ed u rre le leggi secondo le quali I’ uom o deve agire nella ricerca dell’ utile ; e afferm a che « il sistem a industriale attuale è u n prodótto della n atu ra um ana e non potrebbe progredire più presto di essa. » — Se nonché l’argom ento vale ben la pena di sofferm arcisi alquanto. Più viva che mai ferve ancor oggi la disputa intorno al carattere delle leggi econom iche, e m entre da un lato esse vengono dette « naturali », indipendenti dall’arbitrio um ano, m entre cioè afferm asi che i fenom eni econom ici, al pari dei fisici, non possano sottrarsi all'azione deile cause che li determ inano necessariamente, - dall’ altro i socialisti cattedratici dichiarano che le leggi econom iche, em a­ nando dalla libera volontà um ana, sono modificabili a suo libito. È giustizia avvertire però che non tutti i seguaci della scuola storico etica danno questo ca­ rattere alle leggi econom iche ; anzi i più, non essendo cosi in arretrato , com e il De Laveleye, in argom ento di libero arbitrio, ci dicono che le leggi econom iche sono leggi psico-fisiche, ossia i fatti economici che esse contem plano sono bensì naturali perchè, esistenti in n atura ma voluti dall’ u o m o ; il cui volere, a g ­ giungono, è determ inato da cause interne ed esterne m utabili nel tem po e nello spazio. Tralasciando di considerare il prim o concetto delle leggi econom iche, così argutam ente e vittoriosam ente confutato dal prof. De Johannis * *) nella sua risposta al L aveleye, conviene invece di esam inare quel secondo concetto che, spogliato della illusione del libero arbitrio, può più agevolm ente tra rre in inganno. — Ma anzitutto devesi notare che la d fferenza tra i due concetti testé visti è più che altro confinata ad ossi e non refluisce punto sulle illazioni, le quali sono identiche, e fanno capo all’ invocazione di una vigorosa in g e­ renza dello Stato n e i rap p o rti econom ici. Senonehè m entre il L aveleye è logico, gli altri, il Loria ad esem pio cadono in una palm are contradizione. E non sarà m ale provarlo. Il prof. Loria, il quale non c o ­ nosce che u n a sola legge natu rale : la legge di evo­ luzione, sc riv e queste p aro le : « Il sistem a sociale odierno è il prodotto del m om ento storico nel quale oggi viviam o, e, com e prodotto fatale di fenom eni estranei alla volontà um ana, non può cessare per

') Vanno eccettuati alcuni pochi scrittori : Connetti, Le forme primitive, pag. 417 — De Johannis, Discus­ sioni economiche, pag. 45 — Iacopo Virgilio, L’evo­ luzione nel campo economico, pag. 9.

(6)

578 L ’ E C O N O M I S T A 7 settem bre 1884 arb itrio dell’uom o, sebbene questo possa e debba far

opera p er attenuarne i necessari disastri. P er queste sole considerazioni la scienza econom ica.... può g iu n ­ g ere alla certezza che il fenomeno econom ico p re­ senta quella indipendenza fondam entale dall’ arbitrio e sle g e ,d e ll’uom o, che i fenomeni fisici presentano...; laddove mai non polrebbesi am m ettere una scienza econom ica quando i fatti econom ici si riconoscessero m utabili a libito della volontà um ana » ') . Ma se il sistem a econom ico attuale è u n prodotto fatale di fenom eni estranei alla volontà um ana, se i fenomeni econom ici sono indipendenti come i fisici dall’a rb i­ trio eslege dell’uom o, a che si rid u ce necessariam ente la tanto invocata vigorosa ingerenza dello S tato ? E videntem ente essa deve restringersi entro i lim iti che gli econom isti ortodossi le assegnano, vale a dire a sbarazzare la via da tutti gli ostacoli c h e .alteran o com prim ono, inceppano il processo evolutivo e ne ritardano l’avvento d’uno stadio ulteriore. E senza insistere oltre su questo punto, veniam o alla que­ stione psicologica, nella quale si risolve tutto il d i ­ battito intorno alle leggi naturali. — Gli economisti eterodossi, in ultim a analisi, non am m ettono le leggi n aturali, per la sem plice considerazione della v a ria ­ bilità dei fenom eni economici attraverso la storia, il cui stadio li ha resi convinti non potersi asserire che vi siano leggi refrattarie all’azione del tem po e dello spazio. L a critica fatta alla economia classica a questo riguardo, contiene senza dubbio u n ’ anim a di verità, com e direbbe lo S pencer, e se non ha raggiunto lo scopo, com e non poteva, di dim ostrare l’ inesistenza delle leggi natu rali, deve però serv ire a precisare meglio il carattere di queste leggi e a porre in piena luce la questione stessa.

Oggi nessun fatto più, com e u na volta, può essere considerato siccom e una im m anenza assoluta ; la scienza oggi ha trovato che non lo è nem m eno il fisico e il chim ico ; l’economico poi è un fatto sog­ getto a variazioni lente si, ma continue sotto 1’ in­ fluenza del principio generatore d’ ogni progresso, cioè dell’economia delle forze. M a avverte g iu sta­ m ente il Nazzani che se la n atura um ana non è im ­ m utabile, se essa p u re è soggetta alla legge di evo­ luzione, non è m en vero però che nella parte d el­ l’interesse personale l’ uomo sia sem pre stato in fondo lo stesso. Non devesi dim enticare infatti che lo sti­ molo alle azioni econom iche persiste inalterato anche attraverso alle variazioni di tem po e di spazio, ap­ punto perchè è^ tu tt’ uno coll’essere um ano, il quale ha sem pre agito sotto l’ im pulso dell’istinto di c o n ­ servazione, senza di cui perirebbe inesorabilm ente. E questo stimolo ha suscitate nell’uom o talune tendenze e attitudini correlative, le quali p er via ereditaria si trasm ettono di generazione in generazione e si svol­ gono e si integrano, e cessano col cessare della vita. E l’ econom ista che cosa ha fatto e che cosa deve fa re ? Egli ha studiato e deve studiare, secondo il m etodo dell’osservazione, com e operi quell’ istinto di conservazione, o in una parola l’ egoismo, in qual m odo agiscano quelle tendenze e attitudini, e a quali risultati pervengano, e considerando questi e quelle l’econom ista ne deduce le leggi n atu rali dei fenom eni econom ici, o, m eglio, le costanti relazioni in cui essi stanno reciprocam ente e per rispetto alle loro cause. Al contrario, dirò collo S pencer, « si suppongano per u n istante nell’uom o delle tendenze contrarie a quelle

*) La legge di popolazione e il sistema sociale p. 60.

che gli ha dato la natura ; si vedrà im m ediatam ente che quelle generalizzazioni che sem bravano fredde, d u re, accettabili soltanto dagli esseri inaccessibili alla sim patia, non sono che 1’ enunciato di taluni modi d’azione risultanti dalla n atu ra um ana. Supponiam o che invece di ricercare il buon m ercato si preferisca generalm ente pagare le cose a caro prezzo, suppo­ niam o pure che i m ercanti siano lietissimi di vendere a buon m ercato invece di v ender caro. N on è evi­ dente che la produzione, la distribuzione e lo scam ­ bio, supponendoli possibili in tali condizioni, si fa­ rebbero secondo un sistem a del tutto differente da quello che esiste ? Se, invece di andar a cercare ogni m eree nel luogo dove la produzione è facile, gli uom ini andassero a dom andarla dove è difficile p ro ­ durla ; e se invece di trasportare gli oggetti di con­ sum o da un luogo all’altro p er la via più b reve, si prendessero a capriccio dei giri in m odo da rendere la spesa di m ano d’opera e di tem po più grande che è possibile ; non è chiaro che le organizzazioni in­ dustriali e com m erciali, supponendo che potessero esistere, sarebbero così diverse dalle attuali che noi non siamo in grado di concepirle?*) E se ciò è in­ contestabile, non è egualm ente incontestabile che i sistem i di produzione di distribuzione e di scambio com e essi sono stabiliti, sono determ inati da taluni tratti fondam entali della n atu ra um ana e che l’eco­ nom ia politica non è altra cosa che l’esposizione delle leggi che presiedono a questi sistem i in quanto sono risultati inevitabili di quei tratti fo n d am e n tali?... » E se gli avversari degli econom isti ortodossi non di­ m enticassero tutto ciò vedrebbero agevolm ente come « nello stesso modo che talune proprietà fisiche delle cose danno forzatam ente certi modi d’azione la eui generalizzazione costituisce la scienza della fisica, pa­ rim enti le proprietà intellettuali ed em ozionali del­ l’uom o danno forzatam ente talune leggi dei proce­ dim enti sociali e fra le altre quelle che perm ettono di cooperare alla soddisfazione dei reciproci bisogni. E ssi vedrebbero che senza questi procedim enti, di cui l’ economia politica si sforza di generalizzare le leggi, l’um anità sarebbe ancora nella più profonda barbarie » 2).

Se nonché gli econom isti eterodossi non vogliono sentir parlare di egoismo o d’ interesse personale quale causa dei fenomeni economici ; la m aggior parte afferma che la m olla delle azioni econom iche non può essere una so la , ed enum era quali cause di esse l’altruism o e l’ego-altruism o, il grado d’in­ telligenza e di coltura della m ente, nonché la legi­ slazione, le tradizioni storiche e molte altre. Tutto ciò senza dubbio nella realtà della vita s’intreccia ta l­ m ente da foggiare diversam ente i fenom eni econo­ mici; ma essi cessano forse di trarre la loro origine da un fatto costante, perm anente, universale quale è 1’ egoismo, e dal conform arsi al grado di perfezione

*) Ho riprodotto integralmente il passo dello Spen­ cer sebbene parmi che l’illustre pensatore avrebbe potuto ricorrere ad esempi punto ipotetici, e per­ ciò più convincenti ; come quelli che la storia eco­ nomica ci offre a dovizia. Per citare alcuni di que­ sti fatti che determinarono nei tempi decorsi de­ viazioni profonde dalle leggi economiche e quindi strutture economiche differenti, rammento il cumulo di errori e di frodi monetarie e l’arbitrio governativo sotto forma di mete e calmieri che tanto influirono per più secoli a perturbare i rapporti economici.

(7)

7 settem bre 1884 L’ E C O N O M I S T A

579

raggiunto dalla n atu ra u m an a? No c e rto ; e del resto tutte le altre cause suaccennate, sulle quali molto vi sarebbe a dire e m olte riserve a fare, collim ano a che la legge econom ica im p e ri, soltanto allora che esse non sono frutto deH’arbiirio um ano, m a em ana­ zione libera della n atu ra alla quale, secondo la sen­ tenza Baconiana, si com anda obbedendole. — Fero eli econom isti eterodossi non vanno guari d ac­ cordo su questo punto tanto im portante che riguarda la scienza alla sua base. Così il dotto Prof. A. L oria, pur am m ettendo l’invariabilità dello stimolo alle azioni econom iche nei vari periodi sociali, afferm a tuttavia che l’ interesse personale non è la causa dei te n o - m eni econom ici ma è il tram ite pel quale il grado di densità della popolazione o la terra giunge a de­ term inarli. E d in prova egli rivolge questa dom anda agli econom isti ortodossi : « Come potete voi am m et­ t e r e , qual sorta di logica può condurvi all asserto che u n a data causa invariabile produca p er se sola due effetti profondam ente diversi (i fenom eni econo­ mici del m edio-evo e dell’epoca attuale) anzi asso­ lutam ente contrari ? E videntem ente da questo con­ trasto fra la im m utabilità dell’interesse personale e la diversità dei fatti econom ici ne’ diversi periodi so­ ciali, voi dovete concludere che la causa dèi feno­ m eni econom ici non vuol ricercarsi in quell interesse personale cristallizzato nell’ uom o e refrattario all a- zione m utatrice della storia, m a in qualche movente che rechi in sè stesso u n lavorìo di m utam ento pe­ ren n e » e questo m ovente sarebbe il grado di den­ sità della popolazione o la te rra x). Ma senza p re­ ten d ere punto di confutare il sistem a econom ico esposto dal prof. L oria, — sistem a che m eriterebbe u n esame a parte, — parrai di poter m ostrare che la sua d o ­ m anda non è decisiva sì da escludere l’interesse per­ sonale quale causa dei fenom eni econom ici. E senza en tra re perciò nella questione se il L oria forse e c ­ ceda allorché parla di fenom eni econom ici del m edio­ evo « profondam ente diversi, anzi assolutam ente con­ trari » da quelli dell’epoca attuale, va notato eh egli trascu ra un fatto capitalissim o; non ha pensato cioè alle diverse condizioni fisiche, antropologiche e sociali delle due epoche. Certo u na causa deve p rodurre sem pre gli stessi effetti, ma ben s’ intende, quando tu tte le altre condizioni, in mezzo alle quali quella causa opera, rim angano invariate ; se il coeteris pa

ribus vien m eno, se m utano com unque le altre con­

dizioni, n aturale e necessaria è la diversità degli ef­ fetti prodotti p u r sem pre dalla stessa causa.

Se noi, — per servirm i di u n esempio che ci offre l’ottica — facciam o passare un fascio di luce solare attraverso a un prism a di vetro abbiam o i colori dello s p e ttr o , ma se il fascio attraversa un cristallo di spato d’Islandà non abbiam o più lo spettro sibbene due fasci polarizzati ; parim enti una bolla di sapone gonfiandosi presenta delle tinte iridescenti, dovute a fenom eni d’ interferenza. O ra si d om anda: i colori dello sp e ttro , i fasci polarizzati, le tinte iridescenti cessano di essere la luce propria del sole perche ot­ ten u ti m ediante il prism a, lo spato islándico, e la bolla di sapone? No certo, la luce è la stessa. 1 detti corpi non vi hanno messo nulla del proprio ; essi non hanno fatto altro che sceverarne gli elem enti o presentarli sotto un aspetto nuovo, o com porli d i ­ versam ente. (A rdigò). O rbene, il caso dell economia è analogo a quello dell’ottica.

’) La legge di popolazione pag. 51.

I fenom eni econom ici di due epoche storiche sono m anifestazioni o effetti diversi di una stessa causa la quale opera attraverso a stru ttu re organiche e superor­ ganiche differenti. E inoltre, com e pretendere che, al­ lorquando la politica, la m orale, la legislazione, ecc., qualunque esse siano, collim ano a soverchiare 1 econo­ mia anziché subordinarvisi, la m olla delle azioni eco­ nom iche scatti colla stessa forza e m andi le id en ti­ che vibrazioni com e allora c h e _l’attività econom ica, non più com pressa da erro n ei sistem i politici e giu­ ridici trova la sua libera e naturale esplicazione ? ) Ne pare adun q u e che dal contrasto fra la im m u ta­ bilità dell’interesse personale e la diversità dei teno m eni economici nei periodi sociali, non si possa tra rre la illazione che l ’interesse stesso non e la causa dei fenomeni econom ici; m a si debba invece riconoscere che le condizioni in mezzo alle quali essi avvengono rifrangono a guisa di prism a gli effetti im m ancabili di quella causa costante. E infine la legge u n iv e r­ sale di evoluzione non è in disannonia colle leggi natu rali econom iche, inquantochè queste (e ciò ne attesta anzi il loro carattere positivo e scientifico) nella loro attuazione ci si m anifestano com e costan- tem ente cooperanti al passaggio da una omogenei a indefinita, incoerente a una eterogeneità definita, coe­ ren te s). , . . , ,

\J applicazione della teorica evoluzionista è pero,

com e accennai in p re c e d e n z a , oppugnata da alcuni scrittori più o m eno apertam ente e con vedute d i­ v e rs e ; sarà quindi utile di esam inare la portata delle obbiezioni che ad essa si fanno.

Riccardo Dalla Volta.

’) Yeggasi a questo proposito: A. J. De Johanms — Sull’universalità e preminenza dei fenomeni eco­ nomici. Rivista di fil. scient., Anno II, JN. d.

2) Vedi : Spencer — Les premiers principes. 80, 87, 122, 134, ecc.

Rivista Bibliografica

Nlanara Ulisse. — La responsabilità delle. Ammini­

strazioni ferroviarie regolata dal Codice di com- mencio del 1882 e gli allegati E al disegno di legge nell’esercizio ferroviario. Studio. — Roma, noi-

zani, 1884.

L'Economista si occuperà quanto prim a di alcune

delle questioni che sono trattate o proposte in que^ sta pubblicazione dell’avv. M anara e specialm ente di quella che rig u ard a la applicazione dell art. 4 1 6 del Codice di C om m ercio alle tariffe differenziali, la quale è la più im portante e ci sem bra anzi lo scopo precipuo del libro. Qui non ci è concesso che di dare u n breve cenno della tela del libro ed esporre il nostro som m ario giudizio. T rattasi di argom enti abbastanza com plessi, dei quali m ale si potrebbe di­ scutere in una rivista bibliografica a cui è concesso troppo breve lo spazio. . . ,

(8)

-580 L ’ E C O N O M I S T A

7 settembre 1884 m erci,ile del 1882 ». Si può dire che pongano la [

questione principale e ne preparino la discussione. La seconda parte che com prende il capitolo III ha p er tito lo : « le tariffe speciali com uni degli alle­ gati E al disegno di legge nell’esercizio ferroviario presentato alla Cam era elettiva nella tornata del 5 Maggio 1884 » discute la seguente questione che l’A u to re cosi propone a pag. 131 :

« Sotto il nom e di tariffe speciali com uni gli al­

legati E al citato disegno di legge com prendono le

tariffe a, prezzo differenziale .secondo la distanza senza vìncolo di peso e le tariffe a prezzo differen­ ziale secondo le distanze a vagone completo o con vincolo di peso ; e tutte queste tariffe considerano

com e speciali a term ini d ell’a rt. 4 1 6 del nuovo co­ dice di com m ercio, e quindi le dichiarano conform e il disposto dallo stesso articolo, tariffe a responsa­

bilità limitata. Ma è egli vero — qui dom anda

I’ autore — che le tariffe a prezzo differenziale se­ condo le distanze con o senza vincolo di peso o di quantità appartengano tutte e sem pre a quella cate­ goria di tariffe speciali, per cui l’art. 416 perm ette u na lim itazione alla norm ale responsabilità imposta alle am m inistrazioni ferroviarie? »

P e r intendere questa questione che, ripetiam o, è la essenziale del libro, e che se non erriam o fu soste­ nuta nel senso stesso propugnato dell’A utore, d al- I on. Zanardelli nella Com m issione P arlam entare che esam inò le convenzioni Cenala (diciam o, salvo erro re , poiché ci parve che i giornali di parte av­ versaria attribuissero appunto all’on. Zanardelli ana­ loghi concetti) per inten d ere questa questione è n e ­ cessario ricordare che il nuovo codice di com m er­ cio, disciplinando gli obblighi e la responsabilità di chi si assunse il trasporto di cose altrui o di persone, determ ina con molta chiarezza tale responsabilità : così^ all art. 393 stabilisce che la assenza di vizi n ell’ im ballaggio sia sem pre presunta quando il v e t­ tore non faccia riserva ; — l’art. 394 1’ ordine con cui deve eseguirsi il trasponto delle diverse m erc i; 1 art. 597 il term ine di cousegna ecc. ecc. L ’a r ti­ colo 4 1 6 dichiara nulle tu tte ì e stipulazioni di tra­ sporti ferroviari che escludano o lim itino le resp o n ­ sabilità stabilite dal codice, quando non vi co rri­ sponda una dim inuzione del prezzo di trasporto stabilito nelle tariffe ordinarie ad offerta con tariffe speciali.

O ra appunto il nostro A utore si dom anda se le tariffe differenziali con o senza vincolo di peso e di quantità contem plate dall’allegato E del progetto di legge abbiano o m eno i caratteri di tariffe s p e - ciali, e quindi possano godere a favore delle a m m i­ nistrazioni ferroviarie della eccezione contem plata dalle ultim e linee dell’ articolo 4 1 6 del codice di com m ercio.

E l’A utore osserva che la pubblicazione del Co­ dice di C om m ercio h a spinto le A m m inistrazioni ferroviarie, appunto p er m enom are la loro respon­ sabilità a portare tra le tariffe speciali anche le modificazioni alle tariffe ordinarie, e cita in p ro p o ­ sito un decreto m inisteriale in data 23 decem - bre 1882 (era allora M inistro l’on. B acearini) nel quale dichiarava che le tariffe a considerarsi sp e­ ciali p er gli effetti dell’ art. 416 del nuovo Codice di Com m ercio, erano tutte quelle che accordassero una attenuazione nelle basi di tariffa in ragione della distanza e della quantità. E l’A utore crede che questo sistem a sia erroneo e deplora che sia stato seguito

I — secondo il suo parere — anche nelle conven­ zioni C enala, m entre li storia ed il concetto del - l’art. 416 sono diversi. Conclude quindi condannando il principio, che egli crede am m esso dall’allegato E; suggerisce che, occorrendo, si alzino piuttosto le ta­ riffe m antenendo nelle am m inistrazioni ferroviarie ia responsabilità norm ale e term ina dicendo : « Epperò faccio voti, affinchè il legislatore dell’84, dettando la tanto desiderata riform a delle tariffe, s’attenga ai principi economici, che debbono regolarne la 'f o r ­ mazione, e non distrugga l’opera insigne del legi­ slatore dell’ 82, opera richiesta ardentem ente dal com m ercio, e che è fratto di tanti anni di lavoro e di studio, di un così lungo sperim entare, di un così ben inteso accoppiam ento della dottrina di tanti sommi giureconsulti e della pratica com m erciale ».

Lo ripetiam o; in altra parte del nostro periodico sarà discussa la questione molto im portante, qui non intendiam o che di fare alcuni appunti critici.

E prim a di tutto ci pare che l’ A utore abbia in certo modo battuta una via diversa da quella che rargom ento dom andava ; infatti egli, in fin dei conti, vorrebbe che le tariffe differenziali a percorrenza e quantità non fossero sotratte alle responsabilità che il nuovo codice di com m ercio applica al vettore, e perciò condanna che le tariffe speciali com uni del - ¡’allegato E sieno sottoposte alla eccezione dell’arti­ colo 416. A noi pare che la questione doveva trat­ tarla da un altro punto di vista che ci appparisce più logico; infatti: è o non è vero che il progetto di legge contem pla delle tariffe generali per il trasporto di tutte le m erci colla responsabilità illim itata ? ed è o non è vero che le tariffe speciali com uni, siano o non sieno a base differenziale di percorso o di quantità, offrono una dim inuzione di prezzo nel trasp o rto ? N on è quindi pienam ente soddisfatta sotto tutti gli aspetti la condizione voluta dall’art. 4 1 6 del codice che « alla limitazione della responsabilità corrisponda una dim inuzione del prezzo di trasporto stabilito nelle tariffe ordinarie (generali) offerta con tariffe speciali.»?

Fino a che esistono tariffe generali colle quali le A m m inistrazioni ferroviarie trasportano p er il prezzo di 20 ed assum ono tutta la responsabilità stabilita dal codice, non vediamo come si possa am mettere- che delle tariffe, sieno o non sieno a base differen­ ziale, le quali trasportano p er 48, non soddisfino pie­ nam ente alla condizione voluta dal citato art. 416 per concedere la lim itazione della responsabilità. 11 dire che la differenzialità è determ inata dalla forza

delle cose (e questo è il solo argom ento che l’A utore

sa trovare per sostenere la sua tesi) non spiegherà mai e in nessun modo com e 18, non sia m eno di 20. T utto è nella forza delle cose ; — la forza delle cose vuole la dim inuzione quanto è m aggiore la distanza o la quantità; ma non è p er la forza delle cose che si vuole anche che vi sia una dim inuzione, ad esem ­ pio, per il trasporto dei legum i? Ora perchè in un caso questa forza delle cose v arrà a legittim are l’ec­ cezione ed in un altro non sarà sufficiente, anzi si invocherà per escluderla?

(9)

a-7 settembre 1884 L’ E C O N O M I S T A 581 nardelli, (licessero chiaram ente che quando vi è d i­

m inuzione di prezzo di trasporto dovesse anche e s ­ servi dim inuzione di responsabilità. E questo notiamo senza entrare nel m erito della questione nella quale appunto sarà trattato a suo tem po nel ['Economista, ma solo lim itandoci a valutare il modo col quale l’A utore sostiene la sua tesi.

Ci pare infatti che egli avrebbe potuto m utarla più proficuam ente in u n ’altra ; invece cioè di affa­ ticare il suo ingegno acuto e lucido, a sostenere un punto sul quale non può esservi discussione, a nostro avviso, avrebbe dovuto m ostrare la necessità che la differenziahtà di percorso e di quantità fosse applicata alla tariffa generale. Allora ci sarem m o trovati d’ac­ cordo coll’ A utore. Ma fino a che esiste la tariffa generale, qualunque altra tariffa, la quale dim inuisca il prezzo di trasporto entra nella eccezione dell’ a r ­ ticolo 4 1 6 ; e il libro dell’ avv. M anara non è riu - sciuto a scuotere questo punto, il solo essenziale del libro stesso.

E di u n ’ altra cosa 1’ A utore ci pare non abbia tenuto conto, ed è delle esigenze del com m ercio stesso. S ta benissim o che il com m ercio abbia desiderio che la responsabilità delle A m m inistrazioni ferroviarie sia piena; sarebbe contro n atu ra il supporre altrim enti ; ma è a richiedersi se poi il com m ercio sarebbe con­ tento che le am m inistrazioni ferroviarie a salvaguar­ dare questa loro piena responsabilità volessero e s e r­ citare tutti i diritti che dal codice vengono loro con­ feriti. Se p er esem pio a ehi porta 100 balle di cotone l’ A m m inistrazione ferroviaria, la quale assum e la responsabilità delle avarie, volesse esam inare se il m ittente ha nell’ interno bagnata la m erce affine di poter poi reclam are l’ indennizzo ; il m ittente onesto sarebbe contento del conseguente rita rd o ? — In altri term ini l’A utore non ha considerato che in m oltis­ simi casi - direm m o quasi tutti - il trasporto ferro ­ viario è considerato dall’aspetto del breve tempo di trasporto, e che perciò appunto il negoziante è di­ sposto a dim inuire la responsabilità purch é si faccia presto. C ertam ente che il negoziante vorrebbe lasciare alle A m m inistrazioni ferroviarie tutta la responsabilità senza per questo soffrire ritardi nelle spedizioni, m a è anche vero che le A m m inistrazioni, volendo tu te ­ la re il loro interesse, potrebbero usare del l’art. 393 e fare le loro riserve nella accettazione della m erce od esigere delle verifiche.

Concludendo, nel m entre riconosciam o qualche m e­ rito nel libro dell’avv. M anara, ci pare che egli abbia sbagliato nel porre la questione e quindi abbia do­ vuto forzare il ragionam ento per g iu n g ere alla sua conclusione.

D’ accordo nel desiderio fondam entale che egli espone, non ci pare opportuna la via che egli ha seguita per raggiungere lo scopo.

A. J. D a Johannis.

Nell’ ultim o fascicolo dello Revue Internazionale, ottim o periodico che si pubblica in F irenze, trovia­ mo un articolo del Sig. Armami F ouriel, intitolato Les

Financesitaliennes et M. Maglioni. Vi richiam iam o

l’atteezione dei nostri lettori, poiché in quello scritto viene giudicata senza passione e con molta acutezza l’opera dell’on. Magliani durante il periodo in cui resse il Ministero delle Finanze. F a tta una breve ma molto lucida esposizione delle condizioni nelle quali tro- vavasi la finanza italiana prim a del 1877, dim ostrato

com e se era stato difficile condurre il bilancio al pareggio era altrettanto arduo m antenervelo senza scontentare i contribuenti, i quali dopo aver tanto sof­ ferto ed esser stati cullati da tante prom esse, avevano pur diritto a qualche soddisfazione, e ricordata a n ­ che la troppo larga politica finanziaria inaugurata dall’ou. D oda, quando nel 1876 fu assunto al M ini­ stero, l’A utore osserva com e sia stato prudente, ma in pari tem po corretta e determ inata la condotta del­ l’on. Magliani, il quale prefissosi fin da principio un piano lo segui sem pre costantem ente colla costanza degli ingegni superiori, i quali m aturano bene la scelta dei loro atti, ma poi hanno così feconda m ente da provvedere ad ogni difficoltò per raggiu n g ere il com pito che hanno fissato.

L’ articolo è poi diviso ipoi diviso in tre capitoli nei quali sono esam inati i tre punti più im portanti della ri­ forma finanziaria seguita dall’on. Magliani, cioè l’abo­ lizione del corso forzato e l’ordinam ento delle Banche di em issione.

Non riassum erem o questi tre capitoli nei quali ci pare che la serenità de! giudizio non sia mai dis­ giunta da una profonda cognizione delle condizioni del nostro bilancio, ma consiglierem o i nostri lettori a non trasc u rare quello scritto del Sig. F o u r ie l, specialm ente in questi m om enti, nei quali, non sap­ piam o a q u a le scopo, si è cercato di spargere nel pubblico il tim ore che lo stato delle finanze italiane sia rovinoso, e tutta la abilità del M inistero stia nel nasconderlo agli occhi del paese. A vem m o anche noi occasione di in trattenerci in proposito, e siamo r i ­ m asti contenti di vedere che tanto l’Opinione che la

Perseveranza, i quali giornali avevano com inciati i

loro articoli quasi preveggendo prossim o un disastro, hanno poi term inato convenendo che nessuna ragione vi può essere per n u trire legittim am ente dei tim ori così esagerati. — Ora godiam o che da penna stra­ niera e quindi non appassionata dà spirito di parte, sieno espresse convinzioni e assicurazioni a cui noi p u re siam o venuti.

LA SITUAZIONE DEL TESORO

al 31 luglio 1884

I risultati del conto del Tesoro a l a i luglio ultim o erano i seguenti :

A t t i v o :

Fondi di Cassa alla scadenza dell’eser­

cizio finanziario, 1° sem. 1884. . L. 560,062,000 Crediti di Tesoreria alla scadenza del­

l’esercizio suddetto... » 64,100,000 Entrata ordin. del mese di luglio 1884 a 81,567,000 ld. straordinaria... » 7,884,000 Debiti di Tesoreria al 31 luglio 1884 » 623,200,000 L. 1,336,813,000

P a s s i v o :

Debiti di Tesoreria alla scad. dell’eser­

(10)

582

V

E C O N O M I S T A 7 settem bre 1884

Gl’ incassi nel m ese di luglio 1884 am m onta­ rono a 8 9 ,4 5 1 ,0 3 0 segnando una dim inuzione di L . 2 3 ,0 6 3 ,3 8 9 su quelli del luglio 1883; e i paga­ m enti a L. 117,237,464 con un aum . di L. 11 ,4 9 2 ,2 4 9 su quelli del mese, corrispondente dell’anno scorso.

P rem essi questi resultati generali passerem o a con­ frontare alcune cifre degli incassi del m ese di luglio col bilancio preventivato dal 1° luglio 1884 a tutto il 30 giugno 1885.

Il bilancio preventivo per il periodo sopra e n u n ­ ciato, è stato dall’on. M inistro delle finanze stabilito nella som m a di L. 1 ,5 4 8 ,9 5 2 ,7 9 6 ; dividendo questa cifra per 12 abbiam o L. 1 2 9 ,0 7 9 ,4 9 9 al m ese. E p e r­ chè i nostri lettori possano a colpo d’ occhio vedere gii aum enti e le dim inuzioni di ciascuna categoria, riassum erem o in prospetto le cifre dell’ entrate e poi delle spese confrontate col respettivo preventivo.

Entrata 12.o della somma prev en ti­ v a ta incassi

nel luglio differenza R edditi p atrim oniali. . . . L.

T assa sul prodotto del m ovi­ m ento a g ran d e e piccola v e ­ locità ... D iritti delle Legazioni e dei

C onsolati a ll’e ste ro ... T a ssa sulla fabbricazione degli

sp iriti, b irra , ecc... Dogane e d iritti m a rittim i.... D azi in te rn i di consumo... T a b a c ch i... ... S a li... L o t t o ... P o ste... T eleg rafi... S trad e fe rrate dello S ta to ... Serv izi d iv e rs i...

2,153,920 1,521,417 88,333 1,539,582 13,830,333 6,654,104 14,175,000 6,983.333 6.041.666 3.291.666 894,077 4,769,769 1,334,805 1,490,773 1,391,972 50,376 1,147,032 13,254,726 6,405,036 13,386, 384 '• 6,276,832 ■ 3,083,651 ■ 3,297,965 888,399! 1,500,000 1,150,333 662,147 - 139,445 • 37,957 - 392,530 - 575,607 - 249,068 - 788,616 - 707.501 -2,958,015 6,299 5,678 -3 ,2 6 9 , 769 - 184,472

Le im poste d irette risentendosi ogni due m esi, il confronto fra il preventivo e il riscosso, siamo co­ stretti a rim etterlo alla situazione del conto del T e ­ soro per il m ese di agosto.

Dal prospetto che abbiem o più sopra im postato apparisce pertanto che nel mese di luglio le en tra te, ad eccezione delle poste, furono su tutte le categorie inferiori alle previsioni dell’on. M inistro delle finanze.

Passiam o adesso alle spese. E sse sono preventivate p e r l’anno finanziario 1 8 8 4 -8 5 in L. 1 ,5 4 1 ,9 7 7 ,8 1 2 che, divise per dodici, danno L. 128,498,151 al m ese. N el com plesso dai dieci m inisteri furono spese nel Luglio L . 1 1 7 ,2 3 7 ,4 6 4 cioè a dire L. 11,2 6 0 ,6 8 7 m eno della som m a prevista.

m istero d el T eso ro ... L. 12.o della somma p reventi­ v ata 61,451,505 pagam enti nel luglio 1884 45,040,042 differenza — 16,411,463 Id. delle f in a n z e ... 14,551,571 9,551,3 68— 5,000,203 Id. d i g ra z ia giustizia e dei c u lti... 2,812,878 2,382,734 . 430,144 Id . degli affari esteri. 600,661 552,533 — 48,128 Id . d e ìì’istru z i. pubb. 2,645,376 2,433,595— 211,781

Id. dell’ in te r n o ... 5,197, 096 8,049,175 4- 2.852,079 Id . d ei lav o ri pubblici 15,360,235 18,599,691 4 - 3,239,456 Id. della g u e rra ... 20,107,743 23,673,551 4 - 3,565,808 Id . della m a r i n a ... 4,775,577 5,886,010 4- 1,110,463 Id . d e ll’agric. industr.

e com m ercio... 995,509 1,063,730 4- 73,221 To tale L . 128,498,151 117,498,151 — 11,260,687

F inalm ente se si confrontano i resultati del luglio 1 8 8 4 con quelli del luglio dell’anno scorso si hanno le seguenti variazioni :

Entrate ordinarie mese di lug. 1884 diff. col lug. 1883 R e d d iti p a t r im o n i a li... L . Im p o s ta f o n d i a r i a ... Im p o s ta s u i r e d d iti d i ric c h e z z a m o b ile ... T a ss e in a m m in is tra z io n e d ella D ire z io n e G e n e ra le d e l D e ­ m a n io ... T a s s a s u l p ro d o tto d e l m o v i­ m e n to a g ra n d e e p icco la v e ­ lo c ità su lle f e r r o v i e ... D ir it ti d e lle L e g a z io n i e d ei C o n s o la ti a l l ’ e s te ro ... T a s s a s u lla m a c in a z io n e ... T a s s a s u lla f a b b ric a z io n e d eg li alco o l, d e lla b i r r a , a c q u e g a ­ so se, e c c ... D o g an e e d ir i tti m a r i t t i m i . . . . D a z i i n t e r n i d i c o n s u m o ... T a b a c c h i... S a l i ... M ulte e p en e p e c u n ia r ie ... L o tto ... P o s t e ... T e le g ra fi... S tr a d e f e r r a te d e llo S ta to ... S e r v iz i d iv e r s i... R im b o rsi e co n c o rsi n e lle sp ese E n t r a te d i v e r s e ... P a r ti te d i g i r o ... E n t r a te s tr a o r d in a r ie effettiv e . M ovim ento d i c a p i t a l i ... T o ta le L . 1, 490,773_ 1,048,267 198,968 4 - 140,394 1,677, 531 - 2.954,118 18,486,334 4- 464,482 1,391,972 4- 134,311 50, 376__ 71,000 — — 4,838,063 1,147,052 291,202 13,251,726— 2,300,233 6,405,036 4- 123,874 13,386, 384 6,139,183 6,275,832 228,729 162— 95 3,083,651 — 2,137,656 3,297,965 4- 324,393 888,399— 29,933 1,500,000— 1,000,000 1,150,333— 280,941 1,870,783— 36,491 328,718— 8,782 5,671,766— 207.616 309,585 4- 95,686 7,564,269 — 2,774,152 89,451,030 —23,063,389

Da questo prospetto resulta che gl’incassi nel mese di luglio scorso furono inferiori di L. 23 ,0 6 3 ,3 8 9 a a quelli del luglio del 1883. C ontribuirono a pro­ d u rre questa differenza in m eno i redditi patrim oniali dello Stato, l’imposta sulla ricchezza m obile, 1’ abo­ lizione del m acinato, i tabacchi, il lotto, le dogane e i diritti m arittim i, le strade ferrate, ed il m ovim ento di capitali.

Il seguente prospetto contiene i pagam enti nel luglio dei due anni.

nel luglio 1884 diff. n el lug. 1884 M inistero del T eso ro ... L.

Id . delle fin a n z e ... Id. di g razia e giustizia. Id . degli affari e s te r i .. . Id . della p u b b .istru z . .. Id. dell’in te rn o ... Id . dei lav. p u b b lic i.. . . Id . della g u e rra ... Id . delia m a r i n a ... Id . dell’a g r. ind. e com..

To tale L. 45 ,040i 042 9,551,368 2,382, 734 552,533 2.433,595 8,049,175 18,599,691 23,673,551 5,886,040 1,068. 730 117,237,464 4-7,095,315 1.966.585 584,564 241,898 45,851 3.658.585 2, 853,567 729,217 169,563 175, 100 11,492,249

Nel luglio 1884 si spesero pertanto L. 4 1 ,4 9 2 ,2 4 9 più che nel luglio dell’anno scorso.

F acendo ora il confronto fra gl’ incassi e i paga­ m enti si avrebbe :

E n trate nel luglio 488 4 ... L. 8 9 ,4 3 4 ,0 3 0 P agam enti » » ... » 4 4 7 ,2 3 7 ,4 6 4

Differenza in più nei pagam enti L. 2 7 ,7 8 6 ,4 3 3 Nel luglio 488 3 si aveva avuto :

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