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Investimenti in Arte Contemporanea

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Academic year: 2021

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Corso di Laurea magistrale

in Economia e Finanza

Tesi di Laurea

Investimenti in Arte

Contemporanea

Relatore

Ch. Prof. Monica Billio

Laureando

Evelina Callegari

Matricola 816247

Anno Accademico

2012 / 2013

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INDICE

INTRODUZIONE 4

CAPITOLO I - L’arte e l’economia

7

1. Arte contemporanea 7

2. Economicizzazione dell’arte e culturalizzazione dell’economia 10

3. Mercato dell’arte contemporanea 12

3.1 Breve storia 12

3.2 Struttura e protagonisti del mercato 14

3.2.1 Artista 15

3.2.2 Critica e gatekeeper 17

3.2.3 Il mercato 18

4. Il bene artistico 21

5. Valore e prezzo delle opere 25

6. Nobody knows: ruolo dell’informazione nel mercato dell’arte 29

7. Mercanti, gallerie e musei d’arte contemporanea 31

8. Gli eventi dell’arte contemporanea: fiere e biennali d’arte 34

9. Il collezionismo 36

CAPITOLO II - Investire in Arte Contemporanea

39

1. Arte come investimento alternativo 39

2. Profilo degli investitori 43

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4. Rendimenti e Rischi 49

5. Investimenti aziendali 53

6. Art Banking e Art Advisory 60

7. Art Funds 63

7.1 Gestione del fondo 64

7.2 Strategie d’investimento 65

7.3 Breve panoramica sulla situazione attuale 67

CAPITOLO III - Investire in arte: un approccio analitico

68

1. Studi e ricerche sul mercato dell’arte 68

2. Il contributo di Baumol: il valore innaturale dei dipinti 73 3. Frey e Pommerehne: Why is a Rauschenberg so Expensive? 75

4. L’indice di Mei e Moses 80

5. Gli indici di prezzo del mercato dell’arte 86

5.1 Considerazioni introduttive 86

5.2 Metodi di costruzione degli indici di prezzo 90

5.2.1 Metodo dei testimoni privilegiati 90

5.2.2 Metodo delle vendite ripetute (o della doppia vendita) 91 5.2.3 Metodo della regressione edonica (o del dipinto grigio) 92

5.2.4 Metodo del dipinto medio 94

5.2.5 Metodo del dipinto rappresentativo 95

CAPITOLO IV - I mercati emergenti dell’arte contemporanea

98

1. La globalizzazione del mercato dell’arte 98

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3. India 110

4. Russia 115

5. Brasile 120

6. L’analisi empirica di Kraeussl e Logher 123

CONCLUSIONE 129

BIBLIOGRAFIA 132

(5)

INTRODUZIONE

Il mondo dell’arte ha sempre avuto un ruolo fondamentale nella mia vita: ha condizionato le mie letture, i miei viaggi e talvolta anche i miei pensieri. Non ho dunque trovato un modo migliore per concludere questo mio percorso di studi se non quello di unire le conoscenze economico-finanziarie apprese in questi anni di università, con quelle sull’arte contemporanea, acquisite visitando gallerie, musei, fiere d’arte, leggendo libri sugli artisti e lasciandomi affascinare dall’arte contemporanea in tutte le sue numerose forme espressive.

Uno degli obiettivi di questo elaborato è quello di presentare il mercato dell’arte contemporanea, analizzandone i protagonisti e le logiche che lo governano.

La prima volta che sono entrata in contatto con il mercato dell’arte è stato durante un periodo di stage effettuato in una galleria di arte contemporanea di Venezia. I mesi passati in galleria hanno costituito per me l’occasione per iniziare ad indagare sugli aspetti che legano l’astratto mondo dell’arte con quello economico, legato a parametri tangibili e dalla necessità di quantificarli. Questa esperienza è stata l’occasione per pormi le prime domande sulle dinamiche che regolano il funzionamento del mercato dell’arte contemporanea, prime fra tutte le logiche che consentono la determinazione dei prezzi delle opere. Tali logiche molto spesso risultano incomprensibili a chi si approccia a questo mondo con superficialità.

A questa e ad altri interrogativi ho progressivamente trovato risposte, che ho cercato di esporre ed indagare in questa tesi, arricchendole con la consultazione di manuali e la lettura di articoli sul settore.

Un’altra esperienza che ha influenzato la stesura di questo elaborato è stata un periodo di stage trascorso in India nell’estate del 2013. Questo ha costituito uno dei motivi che mi hanno indotto ad analizzare, nel capitolo conclusivo della tesi, come il mercato dall’arte si presenti nei Paesi emergenti.

In sintesi, tramite questa tesi ho voluto analizzare il mondo dell’arte contemporanea da un punto di vista economico e finanziario. Nonostante molte persone percepiscano l’arte e l’economia come realtà lontane, le interrelazioni che oggi esistono tra questi due mondi sono numerose e interessanti.

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Uno degli elementi che suscita una grande curiosità è la determinazione del prezzo e del valore delle opere, che sono spesso legati a dinamiche differenti da quelle dei tradizionali beni di consumo. Per le opere d’arte il prezzo non è infatti legato alle ore di manodopera e ai materiali utilizzati per crearle, ma entrano in gioco caratteristiche peculiari, come la reputazione dell’artista, della casa d’asta che ne ha gestito la vendita e della galleria che espone le opere. Le gallerie più famose funzionano talvolta come un vero e proprio brand nell’influenzare l’acquisto delle opere degli artisti che rappresentano. Il prezzo è quindi percepito come indice di qualità in questo mercato governato da logiche artistiche e capitalistiche che spesso possono risultare contradditorie.

Ho cercato dunque di trovare spiegazioni alla formazione dei prezzi delle opere, presentando gli attori che operano in questo settore ed esponendo le varie caratteristiche che fanno dell’arte un investimento alternativo a quelli tradizionali.

Proprio la visione dell’arte contemporanea alla stregua di un investimento, ha suscitato un gran numero di critiche. Molti tra gli artisti e gli amanti dell’arte vedono questo abbinamento come un’arrogante minaccia consumistica, tesa a scalfire con le sue dinamiche la sacralità di un mondo considerato così puro come quello dell’arte.

L’investimento in arte viene da loro visto alla stregua un mero hobby di individui mossi dall’insana euforia di assicurarsi un posto in un mondo per il quale non possiedono altre qualità per farvi parte. Se da un lato questo può essere vero, non è da sottovalutare il potenziale degli investimenti che, se effettuati nel giusto modo, possono certamente contribuire allo sviluppo dell’arte contemporanea.

L’interesse per l’arte contemporanea, e i benefici che è possibile trarre da essa sia in termini economici che di immagine, hanno coinvolto recentemente anche numerose banche e aziende. Queste hanno inserito l’arte nelle loro attività, sia creando delle collezioni aziendali, sia offrendo servizi ai clienti che desiderano investire in questo settore, fornendo la consulenza di esperti. Tale fenomeno ha gradualmente condotto alla nascita di nuove figure, come quella dell’art advisor, e di nuovi fondi di investimento, gli art funds.

Quello che interessa maggiormente gli investitori in arte è però costituito dalla possibilità di ottenere rendimenti elevati e dalla ricerca di investimenti alternativi, specialmente nei periodi di recessione del mercato finanziario. L’analisi di questo

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argomento ha suscitato l’interesse degli studiosi e dei ricercatori che hanno cercato di studiare analiticamente questo mondo, applicando le analisi già esistenti per i mercati finanziari o creandone di nuove, per cercare di quantificare rischi e rendimenti e analizzare l’investimento in arte in termini di allocazione di portafoglio.

Il progressivo diffondersi dell’interesse per l’arte contemporanea ha favorito la nascita di nuove gallerie, fiere e biennali d’arte in tutto il mondo. Questo ha certamente influito alla globalizzazione del mercato dell’arte: negli ultimi anni nuovi Paesi sono entrati a far parte di questo mondo e gli investitori stanno rivolgendo l’attenzione verso questi Paesi, attratti dal potenziale di crescita e dai livelli record di prezzi e di vendite registrati.

Nel primo capitolo ho descritto il mondo dell’arte contemporanea, inserendolo gradualmente in un contesto economico, tramite la descrizione dei vari legami oggi esistenti tra arte ed economia. Ho presentato i protagonisti del mercato dell’arte, ovvero l’artista e il bene artistico, nonché i luoghi dedicati all’arte, come i musei e le gallerie, e infine i collezionisti, i critici e le case d’aste. Ho analizzato quindi il ruolo dell’informazione in questo mercato.

Il secondo capitolo analizza l’arte contemporanea alla stregua di un investimento alternativo, presenta il profilo degli investitori, le principali caratteristiche che lo distinguono dai tradizionali investimenti finanziari e valuta i rendimenti e i rischi derivanti da questo investimento. Il capitolo prosegue con la descrizione delle varie tipologie di investimenti effettuabili dalle aziende, con la presentazione di come le banche hanno risposto all’interesse degli investitori verso questo settore. Infine sono presentati i fondi di investimento in arte.

Il terzo capitolo illustra alcuni studi sulle performance dell’investimento in arte e presenta vari strumenti analitici, come gli indici di prezzo dell’arte e le metodologie della loro costruzione.

L’ultimo capitolo, il quarto, è dedicato ai mercati emergenti dell’arte nei Paesi raggruppati dall’acronimo BRIC: Brasile, Russia, India e Cina. Viene analizzato il ruolo dell’arte contemporanea in queste economie e presentato un studio che tenta di analizzare la bontà degli investimenti in questi mercati.

(8)

CAPITOLO I

L’arte e l’economia

1. Arte contemporanea

L’obiettivo principale di questo lavoro è di dare una panoramica sulle relazioni tra mondi così apparentemente lontani come quello dell’arte contemporanea, da una parte, e dell’economia e della finanza, dall’altra. Tali mondi in realtà si incontrano e si intrecciano in numerose occasioni e sotto svariate forme, che verranno analizzate in questo elaborato.

Comincerò la trattazione tracciando i confini del periodo artistico di interesse: l’arte contemporanea.

Dare una definizione completa ed esaustiva dell’arte contemporanea è una questione delicata, poiché con tale termine non ci si riferisce unicamente a dipinti e sculture, che tradizionalmente si era soliti associare al termine “arte”, ma comprende tutta una serie di lavori quali: installazioni, performance e altre tipologie di realizzazioni con una forte accezione concettuale più che materiale.

Per capire ed apprezzare l’arte contemporanea è necessario conoscere questo mondo e non soffermarsi ad una superficiale e veloce visione delle opere, perché molto spesso è necessario interpretarle, conoscendo l’artista ed il messaggio che egli vuole trasmettere attraverso il suo lavoro. Raramente visitando una mostra o una galleria d’arte contemporanea ci si troverà di fronte ad un dipinto tecnicamente elaborato, con raffigurazioni classiche di temi religiosi, mitologici, ritratti di persone o momenti di vita quotidiana, tipiche dell’arte moderna: l’artista contemporaneo più che di pennello o di scalpello si serve di supporti elettronici o di altri “inusuali” mezzi che gli consentono di trarre in essere la sua opera. Ciò è più che mai evidente visitando la Biennale di Venezia, dove il visitatore si trova circondato da padiglioni in cui l’arte contenuta in ognuno di essi è presentata al pubblico sotto forma di installazioni audio, video, o opere costituite da un forte grado di interattività, create per coinvolgere lo spettatore, che non

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è più osservatore passivo ma diventa parte integrante dell’opera stessa, talvolta azionandola, modificandola e contribuendo al suo “funzionamento”.

Volendo inquadrare temporalmente l’arte contemporanea potremmo ricondurne la sua nascita agli anni ’60, quando Andy Warhol, all’interno della Factory, iniziò a produrre opere utilizzando tecniche di riproduzione industriale per imprimere su tele immagini di oggetti di consumo - come il barattolo di zuppa Campbell e le scatole Brillo - o di personaggi politici, famosi attori e cantanti, tra cui le icone Marilyn Monroe e Elvis Presley. L’arte contemporanea si è poi sviluppata fino ai giorni nostri manifestandosi in svariate tipologie tra le quali, a fianco di classici dipinti e sculture, troviamo media del tutto nuovi come video, opere sonore, performance, installazioni, fotografie ecc.

Tutte queste peculiarità dell’opera d’arte contemporanea rendono evidente come sia complicato assegnarle un valore e quindi un prezzo, elementi fondamentali dell’economia, che sono applicabili e indispensabili anche nel mondo dell’arte, poiché ne consentono l’esistenza e lo sviluppo.

Nonostante per molti il binomio arte ed economia o arte e mercato sia considerato quasi blasfemo, è innegabile che questi due mondi siano in un certo senso complementari: chi fa dell’arte la propria e unica professione ha inevitabilmente bisogno di un introito economico che gli permetta di sopravvivere. Quindi avrà la necessità di vendere la sua opera, di allocarla in un determinato mercato o di darle visibilità attraverso un’esposizione in una galleria. Questi fatti, se pur in maniera e con intensità diverse, innescano tutta una serie di rapporti economici e finanziari più o meno palesi.

Molti sono però gli artisti che attraverso le loro creazioni hanno voluto attuare una sorta di denuncia contro questa economicizzazione dell’arte, sfruttando le proprie opere come mezzo per esprimere il dissenso e utilizzando il mercato come strumento di provocazione, creando a tal fine lavori invendibili o elevando a opera d’arte oggetti di uso quotidiano. Altri, come Sherrie Levine e Louise Lawler, svolgendo indagini sui motivi che potevano indurre ad acquistare oggetti d’arte hanno criticato il fatto che le dinamiche del mercato interferissero con le merci culturali, facendo perdere alle opere il proprio valore artistico, abbassandole a mero oggetto di scambio e promuovendole a popolare strumento d’investimento1. L’artista concettuale americana Barbara Kruger ha promosso attraverso le proprie opere, costituite da frasi sovrapposte a fotografie in                                                                                                                

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bianco e nero, dei messaggi di denuncia, criticando il capitalismo e il consumo di massa. Ma secondo il sociologo francese Pierre Bordieu la denegazione dell’economia sarebbe proprio un requisito essenziale per un artista al fine di ottenere un profitto: muovendo critiche al mercato e allo stesso tempo lodando l’arte come espressione pura e priva di coinvolgimenti economici, gli artisti accumulerebbero un altro tipo di capitale, un capitale simbolico; ossia si creerebbero un nome e una reputazione. Il capitale simbolico col tempo si trasformerebbe nel capitale economico tanto criticato da certi artisti: la stessa Barbara Kruger non si fa scrupoli ad esporre le proprie opere nelle gallerie più conosciute di New York.2

                                                                                                               

2  VELTHUIS  OLAV,  Imaginary  economics.  Quando  l’arte  sfida  il  capitalismo,  Johan  &  Levi  Editore,  

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2. Economicizzazione dell’arte e culturalizzazione dell’economia

Nonostante le numerose critiche al connubio arte-economia, è certo che questi due ambienti abbiano numerose interrelazioni e si influenzino reciprocamente:

“…difficilmente può aversi progresso solo economico o solo artistico. Per queste ragioni appare del tutto ovvio riconoscere una valenza economica al sistema culturale di una nazione.”3

  Jan Mládek – Museum Kampa, Praga

Dall’unione di questi due mondi nasce la cosiddetta “economia dell’arte”, che studia e analizza i riflessi economici che l’arte ha nel mondo dell’economia e viceversa. È per questo che possiamo parlare oggi di una sorta di economicizzazione dell’arte, a cui corrisponde una progressiva culturalizzazione dell’economia4: come l’economia ha un ruolo fondamentale nel mercato artistico, così anche il capitale simbolico e culturale sta assumendo sempre più importanza all’interno delle imprese, che in numero crescente si                                                                                                                

3  CANDELA  G.,  SCORCU  A.,  Economia  delle  Arti,  Zanichelli,  2004  

4  VELTHUIS  OLAV,  Imaginary  economics.  Quando  l’arte  sfida  il  capitalismo,  Johan  &  Levi  Editore,  

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avvicinano al mondo dell’arte, costituendo collezioni aziendali, arricchendo i propri spazi lavorativi con opere di artisti contemporanei, fino a svolgere una vera e propria educazione artistica per il proprio personale, sensibilizzandolo e introducendolo in questo mondo che per molti era sconosciuto o probabilmente considerato superfluo. E sarebbe proprio l’economia a trarre spunto o emulare le dinamiche del mercato dell’arte agendo secondo una logica qualitativa oltre che quantitativa. L’economia mostra oggi più che in passato un’apertura verso la creatività e le numerose capacità innovative proprie del mondo dell’arte, dalle quali logiche spera di trarre vantaggio. Nella determinazione del risultato di un’impresa infatti non si tiene più solamente conto del capitale monetario, ma a questo bisogna aggiungere anche quello culturale e intellettuale.5 Nascono così le numerose interrelazioni tra arte ed economia che vanno dalle collezioni aziendali alle collaborazioni tra famose industrie e artisti di cui ci occuperemo nei prossimi capitoli.

                                                                                                               

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3. Mercato dell’arte contemporanea

3.1 Breve storia

L’arte è sempre stata oggetto di commercializzazione, se pur in forme parzialmente diverse da quelle che riscontriamo al giorno d’oggi: si pensi alle numerose opere commissionate agli artisti dai nobili o dagli ecclesiasti per aggiungerle alla loro collezione o per decorare chiese e palazzi, o al sostegno economico e materiale fornito agli artisti, tipico del mecenatismo, assai diffuso in Italia durante il periodo del Rinascimento.

Tra il Seicento e il Settecento la figura del mercante d’arte svolgeva un ruolo primario come intermediario tra artisti e ricchi borghesi desiderosi di acquisire prestigio allargando la loro collezione di opere. È però nel periodo successivo alla Rivoluzione Industriale che gli storici riconducono la nascita del moderno mercato dell’arte, con le dinamiche e gli intrecci che conosciamo oggi, nato per far incontrare in modo efficace ed efficiente domanda e offerta e per soddisfare il desiderio di possedere opere d’arte da parte dei collezionisti, mossi sia dalla passione per l’arte che per quella del capitale, costituendo un investimento per le loro risorse monetarie. Da quel momento, infatti, l’arte inizia ad essere largamente commercializzata, con un volume d’affari di dimensioni molto superiori al passato, grazie soprattutto alla fine della supremazia del fenomeno dei patroni e delle opere d’arte su commissione.

Il fulcro del mercato dell’arte nel diciottesimo secolo si trovava in Europa: in particolare Francia e Gran Bretagna costituivano i due epicentri del settore, ospitando una fiorente attività di scambio. I due Paesi riunivano i maggiori artisti, mercanti, acquirenti o appassionati e critici d’arte pronti con il proprio giudizio a influenzare la nascita della fama di certi artisti o correnti artistiche, o a determinarne il declino e la conseguente uscita di scena e dal mercato. Fu proprio in Gran Bretagna che nella seconda metà del diciottesimo secolo nacquero le prime grandi case d’asta, Christie’s e Sotheby’s, che ancora oggi mantengono un ruolo di supremazia in questo settore.

Tra il 1920 e il 1930 l’attenzione di artisti e commercianti si spostò oltreoceano e l’America iniziò ad avere un ruolo importante nel mercato dell’arte; l’Europa stava

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infatti attraversando un periodo di recessione, mentre gli acquirenti americani iniziarono a farsi largo acquistando numerose opere:

“Europe had plenty of art and America had plenty of money”

come sintetizzava l’inglese Joseph Duveen, considerato uno dei più famosi art dealers di tutti i tempi6.

Negli anni ’60 il mercato era dominato dunque da New York e Londra; a Parigi invece si era creato un clima sfavorevole per il commercio dell’arte, dovuto soprattutto all’introduzione di nuove normative, comprensive di un sistema di tassazione della vendita di arte.

All’inizio degli anni ’70, periodo caratterizzato da una forte recessione, l’acquisto di manufatti artistici inizia ad essere sempre più diffuso perché, oltre ai motivi estetici ed emozionali, il possesso di opere viene utilizzato come una potenziale copertura contro l’inflazione. Un sempre maggior numero di soggetti, siano essi imprese o clienti individuali, iniziano ad avvicinarsi a questo mondo.

Una delle conseguenze di questa forte crescita del mercato artistico fu l’emergere della necessità di dare visibilità alle numerose opere d’arte e avere dunque ambienti idonei dedicati a questo scopo. Nacquero e si diffusero così quelle che vengono chiamate “supergallerie”, ossia spazi espositivi che in breve tempo acquisirono fama mondiale. Durante gli anni ottanta fu assai popolare e spesso molto profittevole comprare arte, al punto che dal 1987 il mercato globale entrò in un periodo di “boom”, marcato dall’emergere di prezzi record alle aste per i lavori d’arte, specialmente nel settore moderno e contemporaneo e New York si qualificò come la capitale mondiale del mercato artistico.

L’inizio del ventunesimo secolo si è dimostrato un periodo di continua crescita, con un picco nel 2007, anno in cui si stima che abbia raggiunto un valore di $65 miliardi. L’arte contemporanea ha registrato la crescita maggiore, diventando la categoria più venduta dalle case d’asta.

                                                                                                               

6  McANDREW  CLARE,  Fine  Art  and  High  Finance,  Expert  Advice  on  the  Economics  of  Ownership,  

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Successivamente però, il mercato dell’arte ha avvertito fortemente il peggioramento che si è manifestato nell’andamento dell’economia mondiale ed ha risentito della crisi finanziaria e della recessione economica in cui si sono venuti a trovare molti Paesi. Così, dopo aver registrato i più alti tassi di crescita, l’arte contemporanea è stato il settore che ha maggiormente risentito della crisi, come testimoniato dal marcato declino della media dei prezzi alla fine del 2008.

Gli Stati Uniti e il Regno Unito continuano comunque a detenere una posizione dominante, costituendo assieme più dei due terzi del valore del commercio globale; al contempo si sta però registrando l’emergere di nuovi mercati come la Cina, che ormai rappresenta una quota considerevole del totale delle transazioni di opere d’arte, ed ha superato già altri affermati protagonisti come Germania e Francia.

La nascita di questo nuovo fronte non rappresenta un evento isolato: diversi cambiamenti sono avvenuti e stanno avvenendo nella struttura e negli attori del mercato dell’arte; altre nazioni che si segnalano in questo contesto sono la Russia, l’India, il Brasile e il Medio Oriente. L’aumento del benessere della popolazione e della ricchezza di tali Paesi ha comportato un notevole incremento della domanda di arte, rivolto in maniera significativa verso quella contemporanea.

3.2 Struttura e protagonisti del mercato

Quando un lavoro artistico viene collocato nel mercato per essere venduto, deve sottostare a tutti quegli aspetti che sono tipici degli scambi economici, ossia ne verranno determinati la qualità e il prezzo, dopodiché la domanda verrà fatta incontrare con l’offerta attraverso i vari agenti che si occupano della commercializzazione delle opere. Il mercato dell’arte è dunque dimora di due logiche contradditorie: quella capitalistica, propria di ogni mercato, e quella artistica. La prima è chiaramente una logica quantitativa e monetaria, il cui protagonista per eccellenza è il prezzo e l’obiettivo principale è la realizzazione del massimo profitto tramite l’allocazione ottimale delle risorse a propria disposizione; la seconda è invece una logica qualitativa, dominata da caratteristiche per la maggior parte immateriali e concettuali, quali l’immagine, il

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significato simbolico e l’interpretazione dell’opera7. Appare evidente come possa talvolta costituire una forzatura far convivere questi due mondi, specialmente volendo assegnare un prezzo a qualcosa che per sua natura è incommensurabile: ogni opera d’arte è unica e non paragonabile alle altre, ma quando il mercato assegna un prezzo ai lavori artistici li assoggetta ad un confronto, basato su fattori materiali ed estranei al mondo artistico.

È proprio questo conflitto di logiche che rende tale mercato così interessante, oggetto di numerosi studi sociologici che assegnano un ruolo fondamentale ai protagonisti di questo mercato, i quali non solo devono far incontrare domanda e offerta, ma devono anche mediare tra logiche contradditorie.

Le figure di spicco del mercato dell’arte sono: l’artista, ossia colui che crea le opere, il mercato, luogo di incontro tra domanda e offerta, dove cioè avvengono gli scambi delle opere, il critico e i “gatekeepers”, ossia coloro che attraverso vari giudizi e valutazioni contribuiscono ad assegnare valore alle creazioni artistiche, influenzando così i possibili acquirenti. Assieme, questi tre agenti e le loro reciproche interrelazioni costituiscono il cosiddetto triangolo dell’economia dell’arte.

3.2.1 Artista

L’artista è l’attore principale dell’offerta d’arte, egli crea le opere con caratteristiche fisiche e concettuali che dovrebbero rappresentare l’artista stesso e il suo pensiero, trasmettere un’idea, un messaggio, divulgare un concetto o promuovere una causa. Nell’immaginario collettivo, specialmente a causa dell’influenza della corrente romantica, l’artista era visto come un soggetto incompreso dalla società, destinato alla povertà e che difficilmente riusciva ad allocare le proprie opere, se non previo accordo con un mecenate finanziatore in cui venivano anche stabiliti il soggetto dell’opera, le dimensioni, il materiale, tanto da far presupporre l’esistenza di una correlazione negativa tra reddito percepito e genio artistico.

                                                                                                               

7  VELTHUIS  OLAV,  Talking  Prices,  Symbolic  Meanings  of  Prices  on  the  Market  for  Contemporary  Art,  

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Proprio a questo proposito numerose critiche vengono mosse verso il mercato dell’arte poiché esso con le sue dinamiche e meccanismi opera una sorta di interferenza per alcuni artisti, portandoli ad interessarsi più al valore monetario che a quello artistico. Essi infatti sarebbero sempre più indotti a creare opere commerciali, che incontrino il gusto di un potenziale acquirente, più che perseguire incondizionatamente le proprie idee e ispirazioni.

L’artista non è dunque del tutto estraneo alle pratiche commerciali e al mercato. Il reddito e la gestione del denaro sono fattori che egli deve tenere in considerazione e molti sono gli esempi, sia nell’arte moderna che contemporanea, di artisti che dedicarono molto interesse agli aspetti monetari del loro mestiere: si pensi ad esempio a Vincent Van Gogh che quasi ossessivamente calcolava come allocare il denaro inviatogli dal fratello Theo, e che non si dava pace per il fatto di non riuscire a ricavare un introito monetario vendendo le sue opere; o ad Andy Warhol che non ha mai nascosto il suo interesse per l’economia e il “far soldi” tanto da venir considerato il padre della Business Art, un Artista del Business come egli stesso voleva essere considerato:

“Voglio essere un Business Man dell’arte o un Artista del Business”8.

Quando un certo tipo di opere ottiene un riscontro positivo da parte del pubblico, risulta difficile per l’artista distaccarsi da questa tipologia per intraprendere percorsi nuovi e vi è la generale tendenza ad assecondare il mercato, offrendo ciò che il pubblico domanda. Si pensi ad esempio alla serie dei famosi “tagli” di Lucio Fontana, che dopo aver suscitato un iniziale scandalo e scalpore sono oggi molto apprezzati sia dal mercato che dalla critica, considerati un connubio di armonia ed eleganza.

Ma l’artista da solo non è di norma in grado di promuovere e rendere fruibili al pubblico le sue opere: egli necessita dunque degli altri attori del mercato per valorizzare e vendere i suoi lavori.

                                                                                                               

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  Lucio  Fontana  -­‐  "Concetto  Spaziale",  1968  

3.2.2 Critica e gatekeeper

I gatekeeper si dividono in due categorie: la prima è costituita dai professionisti del settore, ossia dai critici che valutano e giudicano le opere d’arte divulgando pubblicamente il proprio parere; la seconda è costituita dal cosiddetto “grande pubblico”, cioè dalla massa di acquirenti che con le loro preferenze e comportamenti d’acquisto esprime un indiretto giudizio sui lavori artistici, stabilendo tendenze e influenzando il successo e l’insuccesso dei vari artisti, opere o intere correnti artistiche9. Al contrario del mercato, il cui metro di giudizio è basato sul tangibile elemento del prezzo, il critico utilizza la categoria astratta dei concetti come metro di valutazione. È evidente di come egli assuma un ruolo fondamentale nella determinazione del successo                                                                                                                

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e del fallimento di un artista: attraverso il proprio giudizio (ma ciò vale ovviamente e in particolare per i critici più famosi e conosciuti) è in grado di influenzare sensibilmente la domanda d’arte, indirizzando i compratori verso determinati soggetti ritenuti più meritevoli o innovativi. È fondamentale che la critica mantenga un atteggiamento imparziale, giudicando secondo criteri il più possibile oggettivi e che non sia influenzato da interessi personali, come promuovere un artista di propria conoscenza o l’autore di opere che lui stesso possiede. Se opererà in tale maniera il prezzo dell’opera, che verrà successivamente stabilito tenendo conto di questi giudizi, sarà una rappresentazione significativa del merito artistico dell’opera, che da “semilavorato” si trasformerà in bene d’arte “finito” pronto per essere commercializzato.

È necessario però sottolineare che il merito artistico riconosciuto ad un soggetto non è un giudizio assoluto e perdurabile nel tempo, ma esso può alterarsi: così come alcune opere sono state inizialmente ritenute prive di valore e apprezzate poi nel corso del tempo, così altre hanno ricevuto lodi appena eseguite, per poi finire nel dimenticatoio.

3.2.3 Il mercato

Il mercato è costituito da una elaborata rete di interazioni fra persone, enti ed istituzioni, che creano una sorta di struttura organizzativa ed esercitano vari gradi di reciproca influenza. Anch’esso non deve essere considerato come un’unica e immutabile entità, ma è bensì costituito da numerose componenti e correnti che mutano nel tempo facendo posto a nuovi materiali, tecniche e attori.

Come molti sistemi complessi, anche il mercato dell’arte è in grado di auto-regolamentarsi, creando proprie regole, spesso non scritte, che definiscono comportamenti seguiti da tutti i membri: così ad esempio accade che un dipinto possa venire considerato di non grande valore qualora esposto sul banco di un mercatino di periferia, ed essere invece guardato come un innovativo capolavoro se esposto in una rinomata galleria, specialmente se corredato da giudizi favorevoli di autorevoli critici10. Talvolta sono direttamente i compratori a riconoscere il merito di determinati artisti o scuole, nonostante pareri e giudizi negativi da parte di critici ed esperti. Famoso nella                                                                                                                

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storia dell’arte moderna è l’esempio della corrente impressionista, la cui prima mostra ebbe luogo a Parigi nel Salon des Refusés nel 1873: i critici non ritennero i dipinti nemmeno meritevoli di essere considerati arte, ma il pubblico dimostrò un forte interesse verso i concetti e la tecnica innovativa presentati. I quadri furono venduti a prezzi elevati, e sono tuttora considerati grandi capolavori.

Una classificazione ricorrente nel mercato dell’arte lo divide in due categorie principali: il mercato primario e il mercato secondario.

Nel mercato primario vengono vendute opere che sono commercializzate per la prima volta: i collezionisti o i galleristi entrano direttamente in contatto con l’artista del quale vogliono acquistare l’opera. Gli acquirenti più audaci scommettono su artisti sconosciuti con lo scopo di dargli visibilità nel mercato e ottenere un introito elevato rivendendo l’opera in futuro. Generalmente i prezzi delle opere non sono molto elevati o comunque inferiori di quelli del mercato secondario. Queste transazioni sono spesso caratterizzate dalla mancanza di informazioni complete e affidabili e solitamente gli acquirenti devono pagare alti costi di transazione in termini di tempo, sforzi e commissioni. Per questi motivi acquistare opere nel mercato primario comporta un alto grado di rischio. Alcuni artisti hanno effettuato delle vendite direttamente tramite le case d’asta, come l’artista Damien Hirst quando nel 2008 ha venduto oltre duecento opere direttamente alla casa d’asta Sotheby’s, facendola entrare di diritto nel mercato primario. Ma questa eventualità è molto rara e limitata a famosi e affermati artisti.

Il mercato secondario è quello che domina gli scambi in termini di valore e volumi di negoziazione e costituisce un attivo gioco di intermediazione. In questo segmento la galleria costituisce l’agente principale e vende le opere ad altre gallerie o a soggetti privati; i costi per ottenere informazioni sono generalmente inferiori rispetto al segmento precedente, si vendono opere di artisti più stabiliti che hanno già un nome nel mercato e quindi tende a essere meno rischioso del mercato primario. La diminuzione del rischio è collegata inoltre ad una caratteristica peculiare del mercato dell’arte ossia che il valore tende ad aumentare invece che diminuire con il passare del tempo.

In questo segmento si svolge la maggior parte delle vendite all’asta, alle quali possono partecipare sia collezionisti privati che galleristi, direttori di musei sia pubblici che privati. Tale sistema di vendita impone il pagamento di commissioni sia per chi acquista che per chi vende. I prezzi delle vendite nelle case d’asta sono una delle poche fonti di

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informazione nel mercato dell’arte, grazie alla pubblicazione del catalogo d’asta in cui è possibile ritrovare i prezzi a fianco delle opere vendute. Due delle più conosciute case d’asta sono Sotheby’s e Christie’s, fondate rispettivamente nel 1744 e nel 1766.

Mentre le vendite nel mercato primario possono avvenire in qualunque luogo dove vi sia un artista disposto a vendere le proprie opere, quello secondario si concentra unicamente nelle principali città dove si commercia arte, e le aste costituiscono il settore meno diffuso di tutti perché sono presenti solamente in poche città o centri specializzati. Anche le caratteristiche delle opere variano a seconda del segmento in cui sono commercializzate: generalmente dal segmento primario a quello secondario cresce la reputazione dell’artista, che ha il suo apice nelle vendite all’asta. Inoltre cresce anche la liquidità del bene artistico venduto, ossia la capacità di essere trasformato in moneta senza subire perdite in conto capitale.

In ragione della categoria di mercato varia anche la concorrenza. Essa sarà alquanto elevata in quella primaria dove, come si è detto, vengono scambiate di norma opere di artisti poco conosciuti o emergenti: il grado di sostituibilità delle loro opere, dovuto anche ai prezzi simili, risulta essere molto alto.

Le opere degli artisti più quotati invece sono assimilabili a beni scarsi, a pezzi unici, e perciò talvolta questo mercato è paragonabile ad un monopolio.

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4. Il bene artistico

Se ci si trova di fronte ad una pala d’altare di Tintoretto, alla “Notte stellata” di Van Gogh o ad una scultura di Canova non si ha la minima incertezza nell’affermare che si è davanti ad un’opera d’arte. Ma quando le caratteristiche dell’opera si fanno meno tangibili o quando viene elevato ad opera d’arte un oggetto di uso, comune come un ferro da stiro o un orinatoio11, risulta difficile o sicuramente non immediato definire

cosa rientri nella categoria di “opera d’arte” e distinguerlo così da un bene artigianale o un prodotto industriale.

Alcuni elementi ritenuti fattori chiave per l’individuazione di un’opera come l’originalità, la complessità tecnica, l’assenza di scopo specifico o la realizzazione manuale non sono più ritenuti indispensabili. Nell’arte contemporanea ciò che identifica                                                                                                                

11  Il  riferimento  è  all’opera  “Cadeau”,  un  ferro  da  stiro  di  Man  Ray  (di  cui  è  presente  un’immagine),  

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un’opera sono caratteristiche come la creatività, il significato simbolico da trasmettere al pubblico e la proprietà individuale, come afferma David Throsby.12

Ragionando in una logica di mercato dobbiamo quindi sommare all’aspetto artistico del bene anche quello economico, ossia il prezzo dell’opera. Ciò che lo distingue in maniera netta dai beni industriali o artigianali è proprio il prezzo, che viene stabilito con dinamiche talvolta totalmente diverse da quelle classiche che calcolano il prezzo in base al costo di produzione e dei materiali utilizzati. Una delle peculiarità dell’arte contemporanea è l’inesauribile ricerca di novità che può sfociare non solo in idee originali, ma anche in materiali innovativi e talvolta deperibili. Famoso è il caso dello squalo di Damien Hirst: nella sua opera “The Physical Impossibility of Death in the Mind of Someone Living” immerse uno squalo di quattro metri in una enorme vasca di formaldeide e lo espose nel 1992 nella Saatchi Gallery di Londra. Ma poco dopo la prima esposizione l’opera presentò dei problemi: lo squalo infatti iniziò a decomporsi all’interno e un anno dopo erano visibili i sintomi della decadenza. Quando nel 2003 l’opera venne venduta a Steve A. Cohen, Hirst decise di sostituire lo squalo creando un’opera nuova, molto simile alla precedente. Questo destò immancabilmente numerose critiche, specialmente riguardanti il fatto che un’opera venisse sostituita con un’altra completamente nuova.

Un’altra caratteristica di molte opere d’arte contemporanea è il forte grado di incomprensibilità, non è raro di fronte ad alcune opere sentire la frase: “Questo avrei potuto farlo anche io!”; è per questo che l’arte contemporanea non è per tutti, solamente chi ha l’interesse e la volontà di conoscerla e interpretarla può far parte di questo mondo fatto di astrazione e concetti.

Così come il mercato dell’arte deve essere considerato un concetto dinamico e mutevole, così deve essere considerato l’oggetto di scambio di tale mercato, infatti nella categoria di opere d’arte entrano oggi a far parte lavori che in precedenza non venivano considerati come opere: è il caso ad esempio della fotografia, che inizia a divenire interesse di collezionisti e ad avere una considerevole domanda nel mercato solamente a partire dalla seconda metà degli anni ’90, grazie soprattutto al notevole spazio dedicato all’immagine fotografica da alcune famose manifestazioni, come Documenta di Kassel e la Biennale di Venezia, entrando così di diritto nel mondo dell’arte.

                                                                                                               

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Oltre a linguaggi artistici innovativi, ma che pur sempre possiedono caratteristiche tangibili, come uno scatto fotografico, entrano a far parte della categoria di beni artistici creazioni e performance per le quali sembra impossibile supporre una eventuale commercializzazione all’interno del mercato: ne sono un esempio le performance di Marina Abramović o le opere della Land Art. Con quest’ultimo termine vengono raggruppate le operazioni artistiche che intervengono nei territori naturali, allo scopo di abbandonare i canonici spazi espositivi dell’arte, come musei e gallerie, e per di più senza limitarsi a collocare opere nella natura, ma utilizzando la natura stessa come parte integrante dell’opera. L’esponente più famoso di questa corrente, Christo, impacchettava monumenti presenti nelle città o in luoghi naturali, come la scogliera di Little Bay in Australia. La peculiarità di tali lavori è che si tratta di opere di per sé sostanzialmente incommerciabili, oltre che talvolta immateriali e inaccessibili al pubblico perché collocate in luoghi improbabili, o deteriorate dal tempo e dalle intemperie. Ma in una prospettiva più allargata non si tratta di opere davvero inaccessibili al mercato, perché ciò che sempre rimane sono i loro progetti preparatori, le registrazioni video, le foto, che vengono puntualmente esposti in musei e gallerie, ossia in quegli ambienti da cui avevano dichiarato di voler sfuggire i “land artists”13. In alcune aste le opere di Christo sono state in grado di raggiungere prezzi elevati. Lo stesso è avvenuto per altri movimenti, che sembrerebbero fuori mercato, come la Body Art, l’Arte minimalista e l’Arte concettuale.

Infine, un bene artistico, per essere considerato tale deve essere in grado di raggiungere chi ne fa domanda tramite adeguati canali di commercializzazione. Hanno qui un ruolo fondamentale le gallerie d’arte, i mercanti e le case d’asta.

                                                                                                               

13  POLI  FRANCESCO  (a  cura  di),  Arte  contemporanea,  le  ricerche  internazionali  dalla  fine  degli  anni   ’50  a  oggi,  Mondadori  Electa  S.p.A.,  Milano,  2011  

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Christo  and  Jeanne-­‐Claude,  Wrapped  Reichstag,  Berlin,  1971-­‐95  ,  Photo:  Wolfgang  Volz  ,  ©  1995   Christo  

Christo  and  Jeanne-­‐Claude    Wrapped  Coast,  One  Million  Square  Feet,  Little  Bay,  Sydney,   Australia,  1968-­‐69    Photo-­‐  Harry  Shunk    ©  1969  Christo

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5. Valore e prezzo delle opere

Per divenire oggetto di scambio e circolare quindi nel mercato, un lavoro artistico ha necessariamente bisogno di un elemento fondamentale: deve essergli attribuito un prezzo. La questione della determinazione del prezzo delle opere d’arte è assai complessa perché molti sarebbero i fattori da prendere in considerazione per stabilire questo numero nel modo più scientifico possibile, ma la realtà risulta ben diversa e talvolta sembrano venire prediletti criteri discrezionali che variano anche a seconda della categoria di mercato in cui ci si trova ad operare.

Innanzitutto per attribuire il prezzo ad un bene bisogna conoscerne il valore, ma quando si ha a che fare con i beni artistici è chiaro come esso non sia determinato, o almeno non unicamente, dal costo di produzione come avviene per i beni industriali: con dei semplici colori ed una tela, infatti, i grandi maestri dell’arte moderna hanno creato capolavori dai prezzi elevatissimi che ben si discostano dal prezzo pagato per l’acquisto dei materiali o per le ore di manodopera necessarie per creare il dipinto. Un’altra ipotesi sarebbe quella di determinare il valore secondo l’utilità marginale che ne deriva dal consumo e quindi dal possesso di opere d’arte, ma anche questa spiegazione non sembra esaustiva per capire come venga determinato il prezzo di un’opera che sembra dunque seguire criteri non rigorosi e spesso discrezionali.

Nel 1957 Yves Klein esibì numerose opere in una mostra personale che ebbe luogo presso la Galleria Apollinaire di Milano. Il titolo della mostra era “L’epoca blu” e le opere esposte erano tutte uguali: undici monocromi della stessa tonalità di blu, brevettato dall’artista stesso il 19 maggio del 1960 con il nome di I.K.B. (International Klein Blue). Quello che rileva dal punto di vista economico di questa esibizione fu il fatto che nonostante le opere fossero tutte uguali i prezzi erano diversi:

“Certo che i prezzi sono diversi: è così che scopro quanto ogni dipinto vale davvero”14

affermò Klein quando gli vennero chieste le motivazioni.                                                                                                                

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È quindi più che mai evidente come il valore dell’opera e di conseguenza il prezzo siano determinanti caratterizzate da un forte grado di discrezionalità, che seguono logiche che variano secondo ogni artista, gallerista, mercante, e presentano ben poche affinità con ogni altra tipologia di bene. Auguste Renoir sintetizzava in maniera alquanto efficace la questione della determinazione del valore affermando:

“Nessuno conosce niente. C’è solo un indicatore per determinare il valore dei dipinti, ed è la sala di vendita15

Il prezzo di un’opera deve in ogni caso riflettere le caratteristiche principali dell’opera stessa e molti sono i fattori oggettivi che, se pur in percentuali e con importanza diversa, devono essere considerati nella determinazione del prezzo.

Alcuni fattori riguardano l’autore dell’opera e sono l’identità dell’artista, la sua nazionalità, la sua notorietà o gli anni trascorsi dalla data del decesso se si tratta di un artista non più vivente. Altri sono riconducibili al bene artistico, tra i quali rilevano il soggetto rappresentato, i materiali utilizzati per crearlo, la sua dimensione, il fatto di poterlo ricondurre ad uno specifico periodo dell’artista o l’appartenenza ad una serie di opere, nonché la sua unicità e il tasso di autenticità qualora non ci fosse piena certezza sul soggetto che l’ha creata. Infine si possono individuare elementi strettamente economici come l’attività svolta per promuovere l’opera, la galleria che supporta l’artista, l’identità della casa d’asta che ne ha eventualmente ospitato la vendita, il periodo e il luogo in cui è avvenuta la transazione, il livello delle quotazioni di vendite precedenti nonché il tasso di inflazione16.

La determinazione del prezzo segue inoltre criteri diversi a seconda della categoria del mercato in cui si vuole allocare l’opera: nel mercato primario vi è un contatto diretto tra acquirente e artista, questa è la fase in cui la determinazione del prezzo più si discosta dalle regole generalmente seguite dal mercato. Vige cioè un elevato grado di discrezionalità ed il prezzo può essere stabilito tramite il dialogo tra questi due attori. Se l’artista ritiene che la sua opera nelle mani di un determinato collezionista o gallerista potrebbe acquisire visibilità con conseguente incremento della fama dell’artista si può                                                                                                                

15  GOODWIN  JAMES  edited  by,  The  international  art  markets:  the  essential  guide  for  collectors  and   investors  -­‐  London  and  Philadelphia,  Kogan  Page,  2008  

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addirittura giungere al fenomeno della donazione, il ricavo dell’artista non sarà dunque immediato ma sarà misurato in futuro con la potenziale crescita della sua fama e conseguentemente all’aumento del numero e del prezzo delle opere vendute.

La maggior parte delle transazioni di arte visiva ha luogo nel mercato secondario in cui operano galleristi, mercanti e collezionisti privati. Per quanto riguarda questo segmento la determinazione del prezzo vede un ruolo fondamentale di colui che decide di vendere l’opera, il quale stabilisce un determinato prezzo e lo propone a chiunque sia interessato all’acquisto.

Per quanto riguarda le aste, qui il prezzo è determinato dall’incontro tra domanda e offerta per il bene, dal prezzo di partenza stabilito dalle case d’asta si può arrivare a cifre sostanzialmente superiori e non è raro, com’è accaduto negli ultimi tempi, che vengano raggiunte quotazioni record.

La scelta del prezzo è indubbiamente una fase importante per un’opera, ad esempio le opere con prezzi bassi vengono giudicate di scarsa qualità e poste in secondo piano negli scambi di mercato, al contrario opere con prezzi elevati e in ascesa vengono quasi automaticamente apprezzate su vasta scala. L’elevato prezzo è dunque sinonimo di qualità e stabilisce un ineludibile collegamento tra merito artistico e valore monetario. Più il prezzo sarà elevato e più ci sarà competizione tra i possibili acquirenti dell’opera, connessa con un diffuso riconoscimento della qualità artistica. Al contrario se vi sono numerosi lavori dello stesso artista la concorrenza sarà notevolmente ridotta e così di conseguenza il prezzo.

Un altro fattore che può far fluttuare immediatamente verso l’alto il prezzo delle opere è sicuramente la morte dell’artista: in tal caso l’offerta di opere si arresta a quelle esistenti. La domanda aumenterà esponenzialmente perché un sempre maggior numero di persone sarà interessato all’acquisto di quei lavori, sperando magari di rivenderli in futuro potendo lucrare sul prezzo.

Un esempio significativo è quello di Roman Opalka: egli nel 1965 iniziò a dipingere su tele con fondo nero, di dimensioni sempre uguali, numeri progressivi dipinti in bianco. Terminato un quadro la numerazione proseguiva su un’altra tela. Il fondo divenne sempre più chiaro mediante l’aggiunta di un centesimo di colore bianco ad ogni nuova opera. A ciascuna tela Opalka assegnò il titolo “Détail” e nel 1972 aggiunse una componente alle proprie fatiche: ogni sera, al termine della giornata lavorativa, l’artista

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si scattò una foto, sempre con la stessa espressione e con lo stesso sfondo. Questa operazione concettuale, che simbolizza lo scorrere del tempo e porta a coincidere arte e vita, si è interrotta solo con la morte dell’artista, nell’agosto 2012, venti giorni prima dell’ottantesimo compleanno. Le sue opere, già di per se scarse, vennero vendute dopo la morte dell’artista, a più di duecentomila euro l’una.

Roman  Opalka  –  L’immagine  raffigura  la  mano  dell’artista  che  meticolosamente  dipinge  la  serie  di  

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6. Nobody knows: ruolo dell’informazione nel mercato dell’arte

Molto spesso l’acquisto di un’opera d’arte è paragonato a quello di un titolo finanziario. Esiste però almeno una differenza sostanziale: per i titoli, ossia beni standardizzati, è presente un mercato, la Borsa, in cui vengono giornalmente registrate numerose informazioni, sia sui prezzi che sui volumi scambiati. Grazie a questi dati è possibile effettuare numerose analisi e previsioni, e gli investitori si trovano quindi ad operare in un contesto in cui possono prendere decisioni razionali riguardo alla migliore allocazione delle proprie risorse.

Nel mercato dell’arte tutto questo non esiste, l’informazione è quasi sempre disomogenea e molto difficile da elaborare. Il numero delle opere è molto elevato ed è quindi complicato e costoso tenere traccia di tutte le transazioni che avvengono con discontinuità e senza sedi definite.

A causa di questa carenza informativa le oscillazioni dei prezzi sono notevolmente amplificate, con marcata speculazione durante i periodi positivi e prezzi in rapida discesa in quelli di crisi.

I compratori si trovano dunque ad operare in un regime di incertezza dove “nessuno può sapere” (nobody knows) quale sia esattamente il merito e il valore artistico dei beni in circolazione sul mercato. Questa mancanza di informazione porta inevitabilmente alla riduzione della qualità media dei beni e di conseguenza la dimensione del mercato ne risente notevolmente, in quanto numerosi potenziali compratori decidono di non operare in un contesto così opaco.

Anche il prezzo dei beni scambiati risente di questa situazione, infatti esso è notevolmente dipendente dalla qualità percepita dall’acquirente, ma se egli è disinformato e non è in grado di conoscerla con certezza, il prezzo a cui vorrà acquistare un’opera sarà inferiore a quello che sarebbe disposto a pagare se avesse la completa conoscenza su quello che sta per acquistare.

La presenza di informazioni precise e complete sarebbe di notevole beneficio per il mercato dell’arte, in quanto ne consentirebbe di accrescere i volumi scambiati e favorirebbe la stabilità delle transazioni. Inoltre, a differenza del mercato finanziario, nel mercato dell’arte assumono rilevanza fenomeni del tutto peculiari a questo mondo,

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come la scoperta di artisti e opere prima sottovalutati sia sotto il profilo artistico che finanziario.

Esistono tuttavia vari strumenti che permettono di ridurre le asimmetrie informative presenti nel mercato. Uno è sicuramente costituito dai certificati di autenticità, ossia veri e propri documenti che attestino le credenziali dell’opera, come l’artista che lo ha eseguito e la data in cui è stata realizzata. Se tale documento manca, il bene d’arte perderà liquidità, continuando unicamente a soddisfare un bisogno estetico.

Un altro importante strumento è fornito dalle case d’asta ed è costituito dalla pubblicazione del catalogo di ogni asta, contenete i prezzi stimati delle opere, nonché listini riportanti i prezzi di scambio dei beni. Oltre ai prezzi vi sono informazioni riguardanti l’eventuale presenza di firme autografe, l’anno di realizzazione, il materiale utilizzato.

Una diretta conseguenza della mancanza di informazioni sulle transazioni dei mercati artistici è la difficoltà di misurare le effettive dimensioni di questo mercato. Tale problema è inoltre amplificato dall’esistenza, oltre al mercato ufficiale, del mercato sommerso. Mentre nel primo operano soggetti regolarmente iscritti alle Camere di commercio, in quello sommerso chi vi opera è privo di autorizzazione e di conseguenza sfugge ai vari controlli legali e fiscali.

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7. Mercanti, gallerie e musei d’arte contemporanea

Nel mercato dell’arte non vi è quasi mai coincidenza tra chi crea il prodotto artistico e chi lo commercializza. L’artista infatti necessita di figure esperte, come mercanti d’arte o i galleristi, per far arrivare le sue creazioni al pubblico di potenziali acquirenti.

La relazione che si instaura tra l’artista e il suo mercante va ben oltre quella semplicemente dettata da ragioni commerciali: una delle più famose e particolari forme di collaborazione tra artista e mercante d’arte è costituita dalla figura del pittore Vincent Van Gogh ed il fratello Theo, assistente del mercante d’arte Guopil di Parigi. Vincent durante tutta la sua vita è sempre stato ben attento alla questione “denaro”, stilando rudimentali quanto efficaci conti che periodicamente inviava al fratello Theo, il quale, mosso molto probabilmente più da uno spirito fraterno che da mercante, gli inviava del denaro permettendo così al fratello di continuare a dipingere e sviluppare il suo genio artistico. Dal canto suo Vincent era ben consapevole del debito che accumulava nei confronti di Theo e non smise mai di sentirsi colpevole per questo fatto e fu così che nel febbraio del 1884 Vincent decise che avrebbe spedito i suoi quadri al fratello considerando così il denaro ricevuto non più come una donazione ma come il meritato ricavo per la sua opera. Vincent incolpava il fratello di non aver venduto uno solo dei suoi disegni e di non cercare nemmeno di farlo. Il fratello dal canto suo lo spronava a fare opere sempre migliori, consigliandolo talvolta di creare dipinti più vendibili. Nonostante Vincent non abbia mai venduto un’opera in vita sua, non ha mai perso la stima del fratello, senza il supporto economico del quale, probabilmente oggi non potremmo ammirare molti dei suoi inestimabili capolavori. Il loro legame era talmente forte che alla morte di Vincent Theo non riuscì a sopravvivergli.

Al di là di questo estremo ma significativo esempio, è utile comprendere che la relazione che si instaura tra un artista e il suo mercante o gallerista non si ferma al semplice rapporto economico, ma spesso gli artisti cercano anche supporto morale e non è raro che si instauri una profonda amicizia tra i due, fondata sul rispetto e supporto reciproci. Tale relazione diventa spesso esclusiva e un artista può scegliere di concedere le sue opere in esposizione ad una sola galleria.

Dal canto loro i galleristi possiedono molto potere perché hanno tutto l’interesse a scegliere oculatamente a chi vendere le opere presenti nei loro spazi espositivi, infatti se

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le opere finiranno a far parte di prestigiose collezioni vi sarà un enorme ritorno d’immagina sia per il gallerista che per l’artista.

Le gallerie costituiscono il fulcro del mercato dell’arte contemporanea, consentono infatti agli artisti di esporre le proprie opere, sia a quelli già affermati e conosciuti nel mercato, sia quelli emergenti che sperano di conquistarsi un nome e trovare acquirenti per le proprie opere.

Il ruolo del gallerista consiste fondamentalmente nel gestire e allestire le esibizioni dei vari artisti, in modo da promuovere e sostenere il loro lavoro e la vendita delle loro opere. Se visitando un’esibizione si fosse interessati all’acquisto di un’opera esposta di un artista emergente o semi-sconosciuto è necessario prendere contatti con il gallerista, il quale ne stabilirà il prezzo e si potrà procedere così alla vendita. La faccenda diventa più complessa quando si tratta di esposizioni di artisti famosi, in quanto gli aspiranti compratori sono sovente inseriti in lunghe liste d’attesa, e spesso hanno la precedenza i collezionisti più famosi e rinomati.

Che la vendita delle opere d’arte risponde a meccanismi del tutto particolari lo si riscontra anche nei luoghi dove avviene la vendita, ossia le galleria d’arte. Queste sono solitamente collocate al di fuori delle zone più affollate, e difficilmente se viste dall’esterno è possibile intuire che siano gallerie. Entrando all’interno delle gallerie ci si trova in ambienti austeri, nella maggior parte dei casi con spoglie pareti bianche, dove l’unico elemento di arredamento è costituito dalle opere in esposizione. Tale parte della galleria costituisce il luogo consacrato all’arte, senza interferenze commerciali, tanto che nei cartellini collocati a fianco delle opere oltre al nome e al titolo dell’opera non si troverà mai o quasi mai esposto il prezzo. Le trattative riguardanti la vendita delle opere avvengono in un luogo separato, predisposto a questo scopo, tale è l’ufficio del gallerista.

È possibile distinguere le gallerie in due categorie: la prima è costituita dalle “gallerie di mercato”, il cui scopo principale è quello di acquistare le opere per la successiva rivendita a prezzi superiori potendo ottenere così un guadagno. Tali gallerie possono vantare solitamente si una vasta e solida rete di clienti. La seconda tipologia è costituita dalle “gallerie di scoperta” le quali focalizzano la loro attenzione su potenziali nuovi artisti da far entrare nel mercato. Generalmente il capitale a loro disposizione è esiguo ma svolgono un’ingente attività di promozione per far emergere nuovi talenti, sperando

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di ottenere un ritorno economico favorevole in caso in una loro affermazione nel mercato.

Le gallerie più importanti e influenti si trovano nelle città che costituiscono il fulcro del mercato dell’arte contemporanea come New York, Londra, Parigi e Berlino.

La massima consacrazione per l’opera di un artista è l’esposizione nei musei d’arte contemporanea, nati verso la metà degli anni ’80, che costituiscono il simbolo dell’affermazione in campo economico di quel periodo. La costruzione di alcuni musei è stata affidata ad architetti famosi come Renzo Piano, Frank Gehry e Richard Rogers, che hanno eretto veri e propri monumenti alla cultura.

Nonostante si sia soliti pensare che le scelte dei musei siano indipendenti dall’andamento del mercato dell’arte, è inevitabile che l’attività museale influenzi il mercato e viceversa. Un artista che vende le sue opere a prezzi elevati susciterà inevitabilmente le attenzioni del direttore di un museo che vorrà magari dedicargli un’esposizione temporanea; a sua volta l’attenzione dedicata ad un artista da parte di un museo può contribuire alla rivalutazione delle sue opere nel mercato.

Tra i musei più famosi ci sono sicuramente il MoMA (Museum of Modern Art) e il Solomon R. Guggenheim Museum a New York, le Tate Gallery di Londra e la Neue Nationalgalerie di Berlino.

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8. Gli eventi dell’arte contemporanea: fiere e biennali d’arte

Durante il corso dell’anno si svolgono in tutto il mondo numerosi eventi legati all’arte contemporanea. Le varie fiere d’arte costituiscono un’ottima occasione per i collezionisti per acquistare le varie opere e allo stesso tempo sono delle vetrine internazionali per chi volesse unicamente ammirare le opere. La selezione delle gallerie partecipanti avviene secondo criteri rigorosi, pertanto la qualità delle opere esposte è elevatissima. La diffusione delle fiere d’arte contemporanea è un fenomeno relativamente recente, nato nel 1967 quando a Colonia venne organizzata la prima vera fiera a cui parteciparono diciotto gallerie. Alcuni anni dopo, nel 1970 nacque l’ART di Basilea che ancora oggi rappresenta uno dei maggiori eventi del mercato dell’arte: Art Basel e Art Basel Miami Beach costituiscono le due fiere più importanti, con esposizioni di altissimo livello.

Da allora numerose fiere sono nate nei poli più attrattivi dell’arte in tutto il mondo. Tra le più importanti citiamo Frieze Art Fair, che si svolge a Londra e che, nonostante sia una delle più nuove, può già vantare un posto di eccellenza, essendo considerata la più importante dopo le due citate Art Basel. In Francia la fiera più famosa è sicuramente la FIAC, che si svolge nella capitale ogni ottobre. Per quanto riguarda l’Italia, le due più conosciute e prestigiose sono: Arte Fiera, che si svolge a gennaio a Bologna, e Artissima, ogni novembre a Torino.

Un altro evento importante nel mondo dell’arte contemporanea è costituito dalle biennali, che sono puri eventi culturali, in quanto le opere esposte non sono in vendita ma rappresentano un’occasione imperdibile per aggiornarsi sullo stato attuale dell’arte contemporanea, osservando opere di artisti già affermati e le nuove tendenze emergenti. La più antica del mondo è la Biennale di Venezia, nata nel 1895. Ogni due anni coinvolge tutta la città con numerose inaugurazioni ed esposizioni, oltre allo spazio dei Giardini dove si trovano padiglioni dedicati alle varie nazioni del mondo. Altre importanti esposizioni sono: Manifesta, che dal 1996 si svolge ogni volta in un luogo diverso; la tedesca Documenta, nata a Kassel nel 1955; la Berlin Biennial, che pone l’attenzione specialmente sui giovani artisti; la Whitney Biennial, che si svolge a New Yotk ed è unicamente dedicata all’arte contemporanea americana; la Bienal se Sâo Paulo, fondata nel 1951 con lo scopo di far conoscere l’arte occidentale in Brasile, e la

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giovanissima Prague Biennale, che costituisce un’importante vetrina per l’Europa dell’est.

Manifesto dellaPrima Esposizione Internazionale d’Arte della Città di Venezia - 1896

Il Palazzo dell'Esposizione - ESPOSIZIONE INTERNAZIONALE D'ARTE - Pro Arte – 1895

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9. Il collezionismo

Con il termine collezionismo s’intende la pratica dell’acquisto di arte contemporanea da parte di diversi soggetti: si distingue infatti in collezionismo privato, ossia quello dei privati e delle famiglie, collezionismo istituzionale, effettuato dalle imprese, banche e fondazioni e, infine, il collezionismo pubblico, che è quello operato dallo Stato e dai vari enti locali.17

L’elemento essenziale per chi decide di acquistare un’opera d’arte è la passione per questo ambiente, che si deve coltivare investendo tempo e studio per essere in grado di acquistare in modo consapevole, affinando così i propri gusti. Si parla infatti di due tipi di evoluzione legati al collezionismo d’arte: l’evoluzione orizzontale, secondo la quale viene accumulata conoscenza dopo ogni atto di consumo d’arte; e l’evoluzione verticale, per la quale una sempre più elevata capacità di comprensione dell’arte sarebbe la diretta conseguenza dell’accumulo di esperienza. Assieme spingono il collezionista sia ad aumentare il numero delle opere in proprio possesso, sia ad aumentarne il livello qualitativo.

La prerogativa essenziale per costituire una collezione sembrerebbe dunque il possesso di un ingente surplus di denaro da investire, ma ciò non è sempre vero, in quanto il consumo d’arte è una questione altamente soggettiva: alcuni soggetti lo considerano prioritario rispetto al consumo di altri beni e riescono col tempo a formare collezioni di elevato valore.

                                                                                                               

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